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CAP 2.

IL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI:


Se il Diritto pubblico disciplina l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici, regolando la loro azione,
ed impone ai privati il comportamento che sono tenuti a rispettare per finalità pubbliche, il Diritto privato
invece disciplina piuttosto le relazioni interindividuali, sia dei singoli che degli enti privati, lasciando alla
iniziativa personale anche l’attuazione delle singole norme. Si chiama “Privato” perché è un diritto che il
singolo segue senza trovarsi di fronte a un potere pubblico, operando su un piano di eguaglianza con altri
individui. Ovviamente, non tutto ciò che riguarda soggetti pubblici, beni pubblici, attività pubbliche, appartiene
solo al diritto pubblico: infatti, i soggetti pubblici possono operare anche “Iure privatorum”, come ad esempio
le scuole private, che svolgono comunque servizi di pubblico interesse (si veda il confine sottile tra il diritto
pubblico e quello privato). Inoltre, è da aggiungere che spesso un medesimo fatto è disciplinato sia da norme
di diritto pubblico che da norme di diritto privato: l’investimento di un pedone da parte di un automobilista fa
scattare sia la sanzione penale per lesioni colpose sia la sanzione civile del risarcimento del danno.

NORME COGENTI E NORME DEROGABILI: Le norme di diritto privato si distinguono in Derogabili (o


dispositive) e Inderogabili (o cogenti). Sono Inderogabili quelle norme la cui applicazione è imposta
dall’ordinamento, a prescindere dalla volontà dei singoli; sono Derogabili, invece, le norme la cui
applicazione può essere evitata mediante un accordo degli interessati. Naturalmente, anche l’osservanza
delle norme privatistiche inderogabili richiede, in caso di violazione, l’iniziativa del singolo, non essendo
compito degli organi pubblici far rispettare le norme di diritto privato. Così, ad esempio, qualora un lavoratore
subordinato abbia previamente rinunciato all’aumento di retribuzione per le ore di lavoro straordinario,
soltanto l’interessato resta arbitro di decidere se denunciare l’invalidità dell’accordo e pretendere la maggior
retribuzione che gli è garantita dalla legge.

FONTI DELLE NORME GIURIDICHE:


Per Fonti legali di produzione delle norme giuridiche si intendono gli Atti e i Fatti che producono diritto. Le
Fonti di cognizione sono invece i documenti e le pubblicazioni ufficiali da cui si può prendere conoscenza
del testo di un atto normativo (es. Gazzetta Ufficiale). Le fonti possono poi distinguersi in Materiali (atti o fatti
produttivi di norme generali ed astratte) e Formali (atti o fatti idonei a produrre diritto, a prescindere dal
contenuto della fattispecie). Ogni ordinamento deve stabilire “ante omnia” i valori gerarchici delle norme: in
Italia, la gerarchia delle fonti è un ambito in continua evoluzione sin dal 1900. Ad oggi, ossia con l’entrata in
vigore della Costituzione repubblicana, la gerarchia delle fonti interne è così ricostruita:
1) Princìpi supremi o fondamentali, da cui derivano i diritti inviolabili.
2) Disposizioni della Carta costituzionale e delle leggi di rango costituzionale.
3) Leggi statali ordinarie e le altre fonti.

LA COSTITUZIONE: La Costituzione regola il procedimento di formazione delle leggi, stabilendo la


disciplina degli atti normativi e limitando l’attività del legislatore. Infatti, i princìpi supremi enunciati dalla
Costituzione costituiscono limiti al potere del legislatore costituzionale. Una legge ordinaria dello Stato non
può né modificare la Costituzione (o altra legge di rango costituzionale) né avere un contenuto che vada in
contrasto con norme costituzionali. A presidio di questa rigidità della nostra Costituzione interviene la Corte
costituzionale

LEGGI DELLO STATO E LEGGI REGIONALI: Le leggi statali ordinarie sono approvate dal Parlamento con
una particolare procedura disciplinata dalla Costituzione. Esse possono modificare o abrogare qualsiasi
norma non avente valore di legge, e possono essere a loro volta abrogate con referendum popolare. Di
recente innovazione invece è il ruolo delle Leggi regionali e il loro rapporto con quelle statali: l’art. 117 della
Costituzione italiana definisce le relative competenze; lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materie
come la giurisdizione, le norme processuali, l’ordinamento civile e penale, la giustizia amministrativa. Le
materie non espressamente riservate alla legislazione dello Stato sono quindi attribuite alle Regioni.

I REGOLAMENTI: Subordinate alle leggi vi sono tante altre fonti i diritto, come i Regolamenti e le
Consuetudini. I regolamenti sono fonti secondarie del diritto, e possono essere emanati dal Governo, dai
ministri e da autorità amministrative non statali. Hanno contenuto normativo in quanto pongono norme
generali ed astratte. I regolamenti disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dei pubblici uffici,
regolano specifiche materie in forza di una delega o autorizzazione contenuta in una legge.
LE FONTI COMUNITARIE: Le fonti normative di matrice comunitaria si distinguono in:
1) Regolamenti: contengono norme applicabili dai giudici dei singoli Stati membri, come se fossero leggi
dello Stato. Nel caso italiano, in caso di contrasto tra un regolamento e una legge interna, prevarrà il
regolamento di matrice comunitaria (artt. 10, 11 Cost. Ita.).
2) Direttive: si rivolgono agli organi legislativi degli Stati membri e hanno lo scopo di armonizzare le
legislazioni interne dei singoli Paesi. Le direttive devono però essere attuate mediante l’emanazione di
apposite leggi. Uno Stato che si renda inadempiente all’obbligo di attuare una direttiva entro il termine
previsto dalla stessa direttiva, può essere sanzionato dagli organi comunitari.

LA CONSUETUDINE: Una consuetudine è tale quando ricorrono la Ripetizione costante di un certo


comportamento per un tempo protratto; un Atteggiamento di osservanza di quel comportamento ritenuto
doveroso (opinio iuris sive necessitatis); la Prassi (diuturnitas) di quel determinato comportamento; la forma
Non scritta (infatti, la consuetudine è tale poiché non è scritta, anche se ultimamente alcune norme
consuetudinarie sono state codificate). Esistono tre tipi di consuetudine:
1) Secundum legem: operano in accordo con la legge, facendo rinvio agli usi esistenti in materia.
2) Praeter legem: operano al di là della legge, relativamente a materie non disciplinate da finti normative
scritte.
3) Contra legem: quelle che si pongono contro la legge.

IL CODICE CIVILE:
Nella storia moderna, intorno al 1700, ha assunto importanza rilevante il movimento per la codificazione, sia
in campo costituzionale (Dichiarazioni dei diritti dell’uomo approvate in Francia nel periodo della Rivoluzione
francese – Costituzione americana del 1787 ecc.), sia nel campo del diritto privato. In ogni caso, sappiamo
che l’idea di codice è storicamente un prodotto dell’Illuminismo (infatti i Codici civili odierni sono nipoti del
Codice napoleonico ottocentesco). Il Codice civile, nei paesi di diritto scritto (non common law), riveste un
ruolo di centralità nel sistema del diritto privato, regolando i soggetti fisici e giuridici, i beni (es. la proprietà),
l’attività (es. il contratto). Il primo grande codice di diritto privato risale all’età moderna, ed è il Codice
Napoleone del 1804, sorto dall’ideologia della Rivoluzione francese: la maggior parte dei codici emanati
successivamente in altri Paesi è di stampo Napoleonico, come ad esempio quello del Regno d’Italia,
emanato nel 1865 e per larga parte ispirato al codice francese. Il codice civile in Italia è stato modificato più
volte a partire dal 1942 in poi.

In generale, il Codice Civile contiene punti di riferimento normativo volti a regolare e quindi disciplinare i
rapporti tra Privati. Quello italiano è diviso in sei “libri”, ognuno dei quali regola una precisa area/materia:

- Libro I: “Delle persone e della famiglia”  Le persone sono soggetti fisici (persona in sé, l’individuo) e
giuridici (ente astratto che rappresenta una congregazione di persone fisiche unite da uno stesso interesse).
La Famiglia è fondata sull’Atto matrimoniale.

- Libro II: “Delle successioni”  Subentro a causa di morte: fenomeno di subentro, per il quale il figlio
succede al genitore (es. quando il genitore muore, il figlio diventa l’erede: successione per decesso – il
genitore morto diventa “De cuius”); Subentro a causa di contratto tra vivi (inter vivos): la successione può
avvenire anche tramite Contratto (es. il diritto di proprietà può essere ceduto attraverso un contratto).

- Libro III: “Della proprietà”  La proprietà è un Diritto su una Cosa, ossia un Diritto reale (res: cosa), ma è
diversa dal Possesso e dalla Detenzione. Infatti, la Proprietà riguarda un Diritto su un bene, mentre il
Possessore o il Detentore non sono titolari di un diritto su quel bene (es. depositando l’automobile in un
parcheggio, il proprietario del garage è il Depositario, quindi diventa il Detentore. Questo non può usufruire
dell’automobile poiché non ne ha i diritti, ma ha un Potere, ossia la “Situazione di detenzione”).
Il Libro III parla anche dell’Usufrutto: è quando si diventa titolari di un Diritto Reale su una cosa altrui,
limitatamente al tempo indicato sul contratto.
- Libro IV: “Delle obbligazioni”  Obbligazioni da contratto: comportamento obbligatorio di fare / non fare /
dare qualcosa; l’obbligazione lega due o più persone (Creditore e Debitore, quest’ultimo legato al primo da
rapporto obbligatorio). Obbligazioni da fatto illecito: l’art. 2043 del Codice civile afferma che “qualunque fatto
doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il
danno” (dare pecunia).

- Libro V: “Del lavoro”  In materia del Diritto commerciale.

- Libro VI: “Della tutela dei diritti”.

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