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INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE

L'interpretazione giuridica è l'attività volta a chiarire e stabilire il significato


delle disposizioni in vista della loro applicazione nei casi concreti.

L’Articolo 12 delle Preleggi costituisce la norma cardine del cosiddetto “diritto


dell’interpretazione generale”, cioè quella classe di disposizioni che disciplinano
l’attività interpretativa.

Si parla di Interpretazione Letterale quando, leggendo la norma, si attribuisce a ogni


parola il suo preciso significato di contesto, giungendo quindi alla comprensione
letterale della norma giuridica.

Un significato più ampio si può avere quando l'interprete della disposizione


normativa provvede alla Interpretazione Logica, ovvero all'analisi della disposizione
in base alla ratio (ragione pratica) da cui tale norma è scaturita.

L'interpretazione si distingue, sulla base di chi la compie, anche in:


- Autentica (quando è compiuta dal potere legislativo)
- Giudiziale (quando è compiuta dal giudice in un caso concreto)
- Dottrinale (quando è compiuta dai giuristi)
- Ufficiale (quando è compiuta da pubblici ufficiali che svolgono le proprie funzioni)
CARATTERI DELLA NORMA GIURIDICA
Una norma giuridica indica un insieme di regole che concorrono a disciplinare i
comportamenti degli individui all’interno della società.

I caratteri fondamentali di una norma giuridica sono i seguenti:

- Generalità (in quanto non è riferita a un singolo soggetto ma si riferisce a una


pluralità di soggetti, ovvero a tutti coloro che si trovano nella situazione
disciplinata).
- Astrattezza (in quanto la norma fa riferimento a un'ipotesi astratta e non al
singolo caso concreto).
- Bilateralità (in quanto la norma riconosce un diritto a un soggetto e in
contrapposizione impone un dovere o un obbligo a un altro soggetto).
- Relatività (la norma giuridica è relativa perché varia nel tempo e nello spazio,
cioè all'interno dello Stato stesso e da Stato a Stato. Il diritto di uno Stato
infatti non è sempre uguale a sé stesso, ma si modifica nel corso del tempo
per effetto delle trasformazioni della società).

Tali postulati, seppur non validi in assoluto, vanno tenuti presente alla luce
dell’art.3 (comma 1) della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza formale di tutti i
cittadini di fronte alla legge, in modo tale che una legge che disponesse a favore o a
danno di singoli individui sarebbe censurabile per incostituzionalità.

FONTI DEL DIRITTO PRIVATO


Le fonti del diritto privato sono gli fatti o i atti emanati attraverso gli appositi
procedimenti che, dall’avvento della Costituzione, sono articolati col seguente
ordine gerarchico decrescente:

• Costituzione e Leggi costituzionali

• Regolamenti e Direttive dell’Unione Europea (i regolamenti europei sono atti che


contengono disposizioni direttamente applicabili dai giudici degli Stati membri. La
Corte Costituzionale reputa che prevalgano sulle leggi ordinarie in ipotesi di
conflitto.

Le direttive sono invece rivolte agli organi legislativi degli Stati membri e, come tali,
non sono in genere direttamente applicabili dai giudici nei rapporti tra i privati.

Tutte queste limitazioni della sovranità dell’ordinamento giuridico italiano sono


giustificate, facendo riferimento all’art. 11 della Costituzione).

• Legge Ordinaria ed atti equiparabili per valore e forza (decreti legislativi e decreti
legge).

• Leggi Regionali (disciplinate dall’art. 117 della Costituzione).

• Regolamenti (governativi, ministeriali, regionali).

• Usi normativi o Consuetudine (si tratta di una fonte non scritta che consiste nella
ripetizione generale e costante, in un certo ambiente, di un comportamento con la
convinzione, da parte dell’ambiente sociale, che esso sia giuridicamente doveroso.

Gli usi normativi sono quindi delle vere e proprie norme giuridiche che producono
effetti a prescindere dalla loro effettiva conoscenza da parte degli interessati).

SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE


Una situazione giuridica soggettiva indica la posizione che assume un soggetto di
diritto nell'ambito di un rapporto giuridico.

Il soggetto al quale è attribuita una situazione giuridica soggettiva è


detto titolare della stessa, mentre con titolarità si intende la relazione tra una
situazione giuridica soggettiva e il suo titolare.

Le situazioni giuridiche soggettive possono essere distinte in attive e passive, a


seconda che comportino un vantaggio o uno svantaggio per il loro titolare.

La forma elementare di rapporto giuridico prevede, nella maggior parte dei casi,
un soggetto attivo titolare di una situazione giuridica attiva, e dall’altra parte un
soggetto passivo titolare di una situazione giuridica passiva.

Sono situazioni giuridiche attive:

- Diritto soggettivo (riconoscimento di una pretesa, che implica un altrui


obbligo di non fare o di fare).
- Potere giuridico (riconosce al soggetto la possibilità di soddisfare un interesse
proprio o altrui giuridicamente rilevante).
- Potestà (consiste nell’assegnazione di un potere a un soggetto allo scopo di
tutelare un interesse altrui).
- Diritto potestativo (consiste nell'attribuzione di un potere a un soggetto allo
scopo di tutelare un suo interesse).
- Facoltà (consente al soggetto di diritto di tenere un determinato
comportamento consentito dalla norma).
- Aspettativa (indica una posizione di attesa relativamente ad un effetto
acquisitivo incerto).
- Interesse legittimo (è la pretesa di un privato affinché l'amministrazione
eserciti un potere pubblico in modo da poter conseguire o conservare
un'utilità)
- Onere (un soggetto è tenuto a mantenere un determinato comportamento
nel proprio interesse).

Sono situazioni giuridiche passive:


- dovere (soggetto di diritto deve tenere un determinato comportamento
imposto dalla norma).
- obbligo (soggetto di diritto che deve tenere un certo comportamento imposto
dalla norma nell'interesse di un altro soggetto).
- soggezione (soggetto di diritto subisce gli effetti giuridici dell'esercizio del
potere altrui).

Per alcune delle situazioni ora elencate, quali la potestà o l'onere, la classificazione
tra le attive o passive non è netta, presentando le stesse sia un aspetto di vantaggio
che uno di svantaggio per il titolare.
DIRITTI SOGGETTIVI ASSOLUTI E RELATIVI
I diritti soggettivi riguardano il riconoscimento, da parte dell’ordinamento giuridico,
di avanzare una pretesa che implica un altrui obbligo (di fare o non fare).

Pertanto si distingueranno:

- Diritti Soggettivi Assoluti (che il titolare può far valere nei confronti di
chiunque, erga omnes).

- Diritti Soggettivi Relativi (che il titolare può fare valere nei confronti di uno o
più soggetti determinati, in personam).

Tra i Diritti Soggettivi Assoluti si distinguono:

- Diritti della Personalità (che sono tantissimi e tra i quali ricordiamo…)


alla vita, all'integrità fisica e alla salute
all'immagine, all'onore (o integrità morale) e alla privacy
al nome, all'identità personale e all'oblio
tutti quelli di libertà personale (es. pensiero, di religione, di associazione)

- Diritti Patrimoniali (ovvero quelli che hanno per oggetto i beni, fra i quali
rientrano i diritti reali).

Tra i Diritti Soggettivi Relativi si distinguono:

- Diritti di Credito (pretesa di un soggetto, il creditore, nei confronti di un altro


soggetto, il debitore, affinché quest'ultimo esegua una determinata
prestazione).
- Diritti di Famiglia (che riguardano i rapporti che intercorrono tra i componenti
del nucleo familiare).
CAPACITÁ GIURIDICA
La capacità giuridica, nell'ordinamento giuridico, indica la suscettibilità di un
soggetto a essere titolare di diritti e doveri.

Le persone fisiche acquistano la capacità giuridica con la nascita e la perdono alla


morte (vi sono casi particolari in cui viene limitata in caso di scomparsa).

L'articolo 22 della Costituzione inserisce delle garanzie ulteriori, sottolineando


che «nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica».

La capacità giuridica è riconosciuta non solo ai cittadini, ma anche agli stranieri, col
solo limite del Principio di Reciprocità, secondo cui lo straniero è ammesso a godere
dei diritti civili in Italia nella misura in cui il cittadino italiano è ammesso al
godimento dei medesimi diritti nel Paese dello straniero.

Tuttavia ci sono dei limiti al Principio di Reciprocità, dal momento che allo straniero
situato sul territorio italiano sono riconosciuti comunque, in ogni caso, i diritti
fondamentali della persona umana.

Per quanto riguarda le persone giuridiche possiamo affermare che esse sono titolari
della capacità giuridica generale e godono di tutti i diritti che non sono legati alla
fisicità della persona fisica.
CAPACITÁ DI AGIRE
La capacità di agire, nell'ordinamento giuridico, indica l'idoneità del soggetto a
compiere azioni in grado di incidere sulle posizioni giuridiche di cui è titolare.
La capacità d'agire si acquista al compimento dei 18 anni ma può essere limitata o
revocata in sede giurisdizionale, per esempio con una sentenza di inabilitazione o di
interdizione.

L'articolo 2 del codice civile presume infatti che al compimento dei 18 anni il
soggetto abbia raggiunto la necessaria maturità psicofisica per esercitare i diritti e
adempiere gli obblighi in maniera civile e responsabile.

Il possesso della capacità di agire è requisito di validità degli atti negoziali, ma allo


stesso tempo la sua assenza non può essere sfruttata dai soggetti minorenni per
commettere atti illeciti senza subire azioni punitive.

Sono reputati incapaci di agire i soggetti che non sono in grado di curare i propri
interessi senza la presenza di un terzo soggetto che li tuteli.

Si distinguono 3 tipi di incapacità:

- Incapacità assoluta (in questa categoria vengono racchiusi i minorenni e viene


affidata a loro la figura di un tutore, che li sostituisce come rappresentante
legale).

- Incapacità relativa (in questa categoria sono inseriti i minorenni emancipati e


gli inabilitati, che possono compiere atti di ordinaria amministrazione, come
acquisti di vario genere, ma non atti di straordinaria amministrazione, come
redigere un testamento, per i quali devono essere assistiti da una figura
preposta, il curatore).

- Incapacità naturale (questi soggetti non possiedono la capacità di agire solo in


determinati momenti, poiché anziani o sotto effetto di stupefacenti e
di alcolici, o perché si trovano in stato di ipnosi).

AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
L'amministratore di sostegno è una figura introdotta con la legge n.6 del 9 gennaio
2004, la cui funzione è quella di affiancare il soggetto privo di autonomia (in tutto o
in parte), con la minore limitazione possibile della sua capacità di agire.

Secondo la norma infatti, chi si trovi nella impossibilità, anche temporanea, di


provvedere ai propri interessi, ha diritto di essere coadiuvato da un amministratore
di sostegno nominato dal giudice tutelare.

Ad ogni persona può essere designato più di 1 amministratore di sostegno, purché i


soggetti indicati siano in subordine. La priorità serve a:

- In caso di indisponibilità del primo, farlo sostituire dal 2°amministratore.


- Stabilire una prevalenza nelle decisioni (in caso di divergenze sarà prevalente
la decisione del 1° amministratore di sostegno rispetto a quelli in subordine).

Alcuni esempi di soggetti per i quali è stato ideato l’inserimento della figura
dell’amministratore di sostegno sono i soggetti disabili, gli alcolisti, i
tossicodipendenti, i soggetti colpiti da ictus cerebrale, i ludopatici.

La nomina dell'amministratore di sostegno può essere revocata in ogni momento in


cui vengano meno le condizioni che ne hanno generato la necessità (tuttavia la
revoca non è automatica e deve essere disposta dal giudice tutelare).

PROPRIETÁ, DETENZIONE, POSSESSO


Il termine “proprietario” si riferisce al soggetto che ha il diritto di godere e di
disporre delle cose di sua proprietà in modo pieno ed esclusivo, entro determinati
limiti, e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.

Col termine “possessore” invece ci riferiamo al soggetto che si comporta nei


confronti di un bene come se ne fosse il legittimo proprietario (anche senza averne
necessariamente il titolo).

Le figure del proprietario e del possessore, che almeno moralmente dovrebbero


coincidere, hanno in comune 2 fattori fondamentali:

- la materiale disponibilità della cosa (è evidente infatti che nessuno potrebbe


esercitare un potere di fatto su una cosa se non ne avesse la materiale
disponibilità).

- l’intenzione di possedere, detta “Animus Possidendi”, ovvero il cosiddetto


elemento psicologico del possesso che deve essere chiaramente manifestato
dal soggetto.

Con il termine “detentore”, al contrario, ci si riferisce al soggetto che dispone


concretamente di un bene altrui, ma non manifesta l’intenzione di comportarsi da
proprietario (manca l’Animus Possidendi).

Di solito all’origine della detenzione c’è un contratto come ad esempio un contratto


di locazione, di noleggio, di deposito, di comodato, di lavoro.

INTEGRITÁ MORALE
Il diritto all’integrità morale è l’interesse della persona al godimento del suo onore
e del suo decoro sia come singolo che come membro di una collettività.

L’onore in senso soggettivo è l’insieme delle qualità che il soggetto si auto-


attribuisce, mentre l’onore in senso oggettivo è l’opinione positiva che gli altri si
sono formati del soggetto stesso. 

L’onore rientra tra i diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.) e spetta in uguale
misura a tutti gli uomini senza distinzioni di sesso, razza, religione, opinioni politiche.

Dall’onore deve essere tenuto distinto il decoro, ossia il rispetto di cui ognuno è
degno in quanto persona.

INTERDIZIONE LEGALE
L’interdizione legale (disciplinata dagli articoli 343 e successivi e dagli articoli 414 e
successivi del c.c.) è una pena accessoria che viene disposta nei confronti dei
soggetti che:

- sono stati condannati all’ergastolo


- sono stati condannati alla pena della reclusione per un periodo di tempo non
inferiore ai 5 anni

A seguito della condanna, il soggetto perde la capacità d’agire, e di conseguenza


viene nominato un tutore, il quale avrà il compito di amministrare i beni del
soggetto interdetto fino a quando non sarà stata espiata la pena e quest’ultimo
tornerà in possesso della sua capacità di agire.

Rientrano nella gestione del tutore i beni immobili, le pensioni, eredità in ingresso,
donazioni, indennizzi e crediti, oltre che il denaro che aveva con sé nel momento in
cui è stato emanato il provvedimento di interdizione.

Il soggetto legalmente interdetto è in grado di intendere e di volere, dunque potrà:

- contrarre un matrimonio
- riconoscere un figlio
- fare validare un testamento.

Va precisato che, secondo art. 32 del codice penale, a differenza dell'interdizione


giudiziale, che è disposta a protezione dell’interdetto, come nel caso dell’infermo di
mente, l’interdizione legale è disposta con l’obiettivo di generare una più intensa
punizione.

ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE
Tutte le associazioni, qualunque sia la forma associativa che le caratterizza,
rientrano tra le associazioni riconosciute o tra quelle non riconosciute.

Le associazioni riconosciute sono quelle che hanno ottenuto il riconoscimento della


personalità giuridica da parte dello Stato.

La personalità giuridica consente alle associazioni di avere un’autonomia


patrimoniale perfetta, ovvero si determina la separazione del patrimonio dell’ente
da quello dei soci.

Le associazioni riconosciute possono usufruire di particolari benefici previsti dalla


legge, come per esempio:

- richiedere contributi da parte di enti pubblici


- ricevere eredità e donazioni
- comprare immobili

Per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica è necessario stanziare un


capitale che rimarrà vincolato e non potrà essere utilizzato per altri scopi
dall’associazione, proprio perché rappresenta la garanzia della solvibilità
dell’associazione stessa.

ASSOCIAZIONI NON RICONOSCIUTE


Le associazioni non riconosciute sono la maggioranza, dal momento che il
riconoscimento richiede tempo e oneri economici non trascurabili.

Sono prive di personalità giuridica e non hanno un riconoscimento istituzionale.

Non godono di un’autonomia patrimoniale perfetta, cioè, nel loro caso non c’è
separazione tra patrimonio dei membri e patrimonio dell’ente.

L’atto costitutivo non prevede, per legge, alcuna particolare formalità. Esso è valido
anche se in forma orale o se redatto con una scrittura privata, senza bisogno di
ricorrere a un notaio (anche se è sempre consigliabile e necessario se si intendono
acquistare immobili per esempio).

Chi intende costituire un’associazione non riconosciuta deve comunque trovare un


accordo su:

- scopo dell’associazione
- condizioni di ammissione degli associati
- regole, ordinamento interno e amministrazione
- denominazione
- sede
- patrimonio

E’ opportuno precisare che sia le associazioni riconosciute che quelle non


riconosciute possono ottenere la qualifica di Onlus.

In definitiva possiamo riassumere che la prima tipologia è sicuramente più


impegnativa ma garantisce benefici e un riconoscimento istituzionale, mentre la
seconda è più agile e diffusa, adatta per chi vuole mettersi alla prova.

FONDAZIONI
La fondazione è un’organizzazione stabile che si avvale di un patrimonio per il
perseguimento di uno scopo non economico.

La fondazione trae vita da un atto di autonomia, ovvero un atto unilaterale


denominato “atto di fondazione”.

Quest’ultimo può essere:

- un atto inter vivos (acquista efficacia mentre il soggetto è ancora in vita)

- contenuto in un testamento (acquista efficacia alla morte del soggetto)

L’atto di fondazione deve contenere le seguenti indicazioni:

- denominazione dell’ente
- scopo, patrimonio e sede
- norme sull’ordinamento e sull’amministrazione
- criteri e modalità di erogazione delle rendite

Essenziale, per la fondazione, è che la stessa sia dotata di un patrimonio, destinato


a consentirle la realizzazione delle proprie finalità. Questo viene costituito attraverso
il cosiddetto “atto di dotazione”.

Da alcuni anni, invece che limitarsi alla gestione del patrimonio raccolto, le
fondazioni possono svolgere attività d’impresa con l’obiettivo di ricavare utili da
destinare allo scopo non lucrativo della fondazione.

ELEMENTI DEL CONTRATTO


Il contratto si inserisce entro la più ampia figura del negozio giuridico, di cui
presenta gli elementi essenziali ed accessori.

Gli elementi essenziali sono quelli che non possono mancare all’interno del
contratto, che altrimenti risulta invalido e inefficace.

Gli elementi accessori sono invece meramente eventuali, quindi le parti sono libere
di inserirli o meno, senza che ciò pregiudichi la validità del contratto.

Secondo l’art. 1325 del c.c. gli elementi essenziali sono:

- l’accordo
- la causa
- l’oggetto
- la forma

Al contrario gli elementi accessori più comuni sono:

- la condizione
- il termine
- il modo (o onere)

L’accordo è l’elemento essenziale definito dall’incontro delle manifestazioni di


volontà dei contraenti, ovvero quella di chi propone il contratto e quella di chi
accetta.

La causa è un altro elemento essenziale, ed è comunemente definita come la


funzione economico-sociale del contratto.

In base alla causa è possibile distinguere:

- contratti tipici (in cui l’operazione economica perseguita dai contraenti è


disciplinata in un modello già previsto dalla legge)
- contratti atipici (le parti sono libere di concludere in forza dell’autonomia
contrattuale, pur con evidenti limiti)

In pratica, la causa del contratto consiste in un giudizio di meritevolezza da parte


dell’ordinamento, che nei contratti tipici è effettuato a priori dal legislatore, mentre
nei contratti atipici è effettuato volta per volta dal giudice.
L’oggetto è l’elemento essenziale costituito dalla”, “cosa dal “comportamento”,
dalla “promessa” o dal “conferimento” oggetto dello scambio.

Secondo l’art. 1346 c.c. l’oggetto del contratto dev’essere:

- possibile (se si tratta di una cosa deve esistere o comunque deve poter
esistere, mentre se è un comportamento umano deve essere compatibile con
le caratteristiche di chi è chiamato ad attuarlo)
- lecito (l’oggetto non dev’essere contrario a norme, ordine pubblico e buon
costume)

La forma è l’elemento essenziale con cui si manifesta la volontà negoziale ed è


fondamentale, in quanto ogni volontà non manifestata è giuridicamente irrilevante.

La volontà può manifestarsi in modo:

- espresso (mediante parole, scritti o qualsiasi altro mezzo)


- tacito (ovvero tramite un comportamento che sarebbe incompatibile con una
volontà diversa)

Relativamente alla forma il dichiarante può manifestare la volontà nella forma che
preferisce, tuttavia in alcuni casi specifici la validità del contratto è limitato
all’utilizzo della forma scritta.

La condizione è un evento futuro e incerto con cui le parti concordano l’efficacia o


la cessazione degli effetti del contratto.

Si parlerà di Condizione Sospensiva quando il verificarsi dell'evento futuro e incerto


determina l'efficacia del contratto.

Si parlerà di Condizione Risolutiva quando il verificarsi dell'evento futuro e incerto


determina la cessazione degli effetti del contratto.

Ovviamente l’evento in condizione dev’essere possibile e lecito, dal momento che la


condizione illecita rende nullo il contratto.
Una volta verificatasi la condizione, la situazione giuridica diventa definitiva con
efficacia retroattiva.

Il termine è un evento futuro e certo in cui le parti concordano l’efficacia o la


cessazione degli effetti del contratto.

Trattandosi di un avvenimento certo, il termine, a differenza della condizione, non


mette in dubbio gli effetti del contratto ma li fa cessare in un momento successivo.

Il modo (o onere) è un elemento accidentale relativo ai soli atti di liberalità


(istituzione di erede, legato, donazione).

Viene definito modo o onere proprio perché si tratta di un peso imposto al


destinatario dell’atto, allo scopo di limitarne gli effetti.

Es. ti dono la casa con l’obbligo di ospitarvi i miei parenti ogni estate.

L’impossibilità sopravvenuta del modo libera l’obbligato dall’obbligo.

RESPONSABILITÁ PRECONTRATTUALE
Quando parliamo di responsabilità precontrattuale, anche definita “per culpa in
contrahendo”, ci riferiamo a quel tipo di responsabilità che può sorgere nell'ambito
delle trattative, ossia nella fase antecedente a quella della conclusione del
contratto.

Il termine nasce dal contributo del giurista tedesco Rudolf von Jhering che, nel
1861, sostenne per la prima volta la necessità della “per culpa in contrahendo”.

Nel 1942 il legislatore riconosce per la prima volta tale necessità e ufficializza
l’articolo 1337 del Codice Civile, rubricandolo “Trattative e responsabilità
precontrattuale”.

La buona fede rappresenta l'elemento fondamentale, che viene garantito attraverso


una serie di doveri di condotta, tra i quali emergono:

- Dovere di non recedere ingiustificatamente dalle trattative (l’eventuale


violazione si verifica quando una delle parti si ritira a trattativa ormai prossima
alla conclusione e senza un giustificato motivo).
- Dovere di informazione relativamente a cause che invalidano il contratto (se
una delle parti conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto
ma non ne dà notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno).
- Dovere non indurre la controparte a stipulare un contratto con l'inganno (se
un soggetto induce un altro a stipulare un contratto traendolo in inganno, il
contratto è annullabile e si è obbligati a risarcire la controparte).
- Dovere di non indurre la controparte a stipulare un contratto pregiudizievole
(se il contratto è tecnicamente valido ma sono presenti condizioni oltremodo
svantaggiose per la controparte, esso rimane valido, ma si è tenuti a risarcire
la controparte).

CONTRATTO PRELIMINARE
Il contratto preliminare è un particolare tipo di contratto ove le parti in causa si
obbligano vicendevolmente alla stipula di un futuro contratto, ovvero il contratto
definitivo.

Il contratto preliminare è spesso utilizzato per vincolare le parti alla stipula di


contratti definitivi quali la vendita, la permuta o la locazione ed è ammesso per
qualsiasi tipo di contratto fatta eccezione per la donazione.

A tale tipo di contratto si ricorre per vari motivi:

- le parti credono che gli elementi mancanti sono di secondaria importanza o


sicuramente concordabili successivamente
- si crede che per un accordo definitivo vi sia bisogno di ulteriori controlli e
verifiche

All’interno del preliminare deve essere determinato il contenuto essenziale del


contratto definitivo e le eventuali aggiunte devono essere consensuali.

Il contratto preliminare può vincolare ambedue le parti o una sola (in tal caso si
parlerà di promessa unilaterale).

L’inadempimento del contratto preliminare produce una responsabilità


contrattuale, e oltre al risarcimento danni è possibile ricorrere ad una sentenza in
grado di far realizzare gli effetti che avrebbe dovuto produrre il contratto.

VIZI DEL CONSENSO


La volontà che muove un soggetto a concludere un determinato contratto deve
formarsi in modo libero e consapevole.

Talvolta, invece, la volontà viene a formarsi in modo anomalo a causa di un errore,


di un dolo, o di una violenza (secondo l’art.1427 c.c.).

Tali vizi del consenso (anche chiamati vizi della volontà) non producono il grave
effetto della nullità del negozio, ma quello dell’annullabilità.

L’errore si determina quando il contraente ignora situazioni che sono determinanti


ai fini della decisione di stipulare o meno un contratto. L’errore può essere di 2 tipi:

- Errore vizio (è quello ordinario, consistente nella falsa rappresentazione della


realtà appena citata).
- Errore ostativo (è quello che ricade sulla dichiarazione, cioè nel momento di
esternazione della volontà. Per esempio dico 100 ma volevo dire 1000).

La violenza consiste nella minaccia di un male per cui il contraente è indotto a


stipulare un contratto che altrimenti non avrebbe stipulato (o che avrebbe stipulato
in condizioni diverse).

Il dolo si ha quando un contraente è indotto a raggiri o inganni per stipulare un


contratto che:
- non avrebbe stipulato (si parlerà di dolo determinante)
- avrebbe stipulato in condizioni diverse (si parlerà di dolo incidente)
LE FORME DI INVALIDITÁ
ANNULLAMENTO E NULLITÁ
L’annullabilità è la forma minore di invalidità, che si verifica quando il negozio si
pone in contrasto con principi dell’ordinamento che non sono fondamentali, dal
momento che tutelano interessi particolari.

Le ipotesi di annullabilità fondamentali previste dal codice sono:

- incapacità di una delle parti


- errore
- violenza
- dolo
L'annullabilità inoltre:
- è soggetta a prescrizione (solitamente nel termine di 5 anni)
- è sanabile mediante convalida
- è generalmente relativa (l’avvio dell’azione di annullamento può essere
generato esclusivamente dalla parte interessata)

La nullità è la forma più grave di invalidità, che si verifica quando il negozio si pone
in contrasto con principi fondamentali dell’ordinamento.

A differenza dell’annullabilità, l'azione di nullità può essere esercitata da chiunque


ne abbia interesse o anche rilevata d'ufficio dal giudice.

I casi di nullità sono generati da:

- contrarietà a norme imperative


- mancanza di un elemento essenziale (come la causa o l'oggetto)
- illiceità della causa o dei motivi
- altri casi stabiliti dalla legge (nullità speciali).

La differenza fondamentale fra annullabilità e nullità è quindi la seguente:

- la nullità è un vizio grave, tanto che il giudice non può far altro che dichiarare
la nullità del contratto, prendendone semplicemente atto.

- l’annullabilità ricorre in presenza di vizi meno gravi e scatta se un soggetto


ricorre al giudice. Senza la sentenza che annulla il contratto l’accordo resta
valido, nonostante i vizi.
RESCISSIONE DEL CONTRATTO
La rescissione del contratto è disciplinata dall’art. 1447 del codice civile, e la sua
funzione è quella di far venir meno gli effetti del contratto qualora si verifichi una
delle ipotesi previste dalla legge. Le ipotesi sono 2:

- Rescissione contratto concluso in stato di pericolo (disciplinata dallo stesso


articolo 1447 del codice civile, consente alla parte che ha assunto
un'obbligazione contrattuale di richiedere la rescissione se la conclusione del
contratto è stata determinata dalla necessità, nota alla controparte, di salvare
sé o altri da un danno grave alla persona).

- Rescissione contratto per lesione ultra dimidium (disciplinata


all'articolo 1448 del codice civile, se vi è sproporzione tra la prestazione di una
parte e quella dell’altra, dovuta ad uno stato di bisogno di una parte e l'altra
ne ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare
la rescissione del contratto.)

La lesione ultra dimidium, per determinare la rescissione, deve:

- perdurare fino al tempo in cui viene effettuata la domanda


- eccedere la metà del valore che la prestazione

La rescissione può essere evitata mediante l'offerta di una modificazione del


contratto sufficiente a riequilibrarne l’equità.
RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
La risoluzione del contratto è disciplinata dall’art. 1453 del codice civile, e si riferisce
a una disfunzione del rapporto contrattuale causata da 3 possibili fattispecie:

Risoluzione per Inadempimento

La risoluzione per inadempimento, disciplinata dall’articolo 1453 del codice civile,


può verificarsi quando, nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, uno dei
contraenti non adempie le sue obbligazioni e di conseguenza la parte adempiente
si mobilita per la risoluzione dello stesso.

È infatti evidente che se una parte ha eseguito le sue obbligazioni, si aspetta che
l'altra faccia altrettanto. Di fronte al perdurare dell'inadempimento dell’altra parte,
quella danneggiata può:

- chiedere l'adempimento del contratto;


- chiedere la risoluzione del contratto.

Questo potere di scelta ha dei limiti: se viene chiesto l'adempimento si può sempre
chiedere poi la risoluzione, ma se è stata chiesta prima la risoluzione non è poi più
possibile chiedere l'adempimento.

Per portare alla risoluzione, è necessario tuttavia che l’inadempimento:

- sia imputabile
- sia rilevante

In situazioni specifiche è inoltre possibile ricorrere alla Eccezione di Inadempimento


(art. 1460 codice civile). Si tratta di una forma di autodifesa privata attraverso cui
una parte si può rifiutare di adempiere la propria obbligazione se l'altra non
adempie contemporaneamente la propria obbligazione.

Risoluzione per Impossibilità Sopravvenuta

La risoluzione per Impossibilità Sopravvenuta, disciplinata dall’articolo 1256 del


codice civile, può verificarsi quando la prestazione diviene impossibile per una
causa non imputabile ad una delle parti (l’obbligazione si estingue).

In particolare l’estinzione dell'obbligazione si realizza quando l'impossibilità è:


- Sopraggiunta (deve verificarsi dopo che è sorta l'obbligazione)
- Oggettiva (l'adempimento è oggettivamente impossibile).
- Assoluta (l'impedimento non può essere superato anche con sforzo intenso).
- Non imputabile (l'impedimento non può derivare da azioni del debitore).

Esistono inoltre casi molto particolari di impossibilità sopravvenuta:

- Impossibilità Temporanea (la prestazione è attualmente irrealizzabile ma


verrà eseguita non appena sarà possibile).
- Impossibilità Parziale (la prestazione di uno dei contraenti è divenuta
impossibile solo in parte).

Risoluzione per Eccessiva Onerosità

La risoluzione per eccessiva onerosità, disciplinata dall'articolo 1467 del codice


civile, può verificarsi quando l'esecuzione di una prestazione diventa decisamente
più costosa rispetto al momento della stipula del contratto.

La risoluzione per eccessiva onerosità può essere richiesta esclusivamente in


presenza di contratti in cui la prestazione si protrae nel tempo, dal momento che
l’eccessiva onerosità presuppone un cambiamento sopraggiunto nel tempo e
inizialmente imprevedibile.

Sono un valido esempio i contratti relativi alla telefonia, luce, gas, contratti di
locazione, ma anche acquisti la cui esecuzione venga rinviata a un momento
successivo.
RAPPRESENTANZA
La rappresentanza, disciplinata dall’articolo 1387 del codice civile, consiste nella
sostituzione di un soggetto, denominato rappresentato, con un altro soggetto,
denominato rappresentante, nel compimento di una o più attività giuridiche.

Esistono diverse tipologie di rappresentanza:

- Rappresentanza Diretta (il rappresentante porta vanti un’attività negoziale


spendendo il nome del rappresentato e in questo modo gli effetti negoziali si
producono direttamente in capo al rappresentato).

- Rappresentanza Indiretta (il rappresentante non spende il nome del


rappresentato, cosicché, generalmente gli effetti della negoziazione non si
producono in capo al rappresentato ma in capo al rappresentante).

- Rappresentanza Organica (il rappresentante ha funzione di organo esterno di


un ente giuridico e ha il potere di manifestare la volontà di quest'ultima, come
ad esempio l'amministratore di una società)

Si parla di Procura Apparente quando un soggetto si comporta come


rappresentante di un’altra persona, senza però averne, di fatto, il potere.

Il caso di Falsus Procurator, previsto dall’art.1398 del codice civile, è esattamente


l’opposto, dal momento che il soggetto in questione conclude un negozio con un
terzo affermando espressamente di rappresentare qualcuno, senza però averne, di
fatto, il potere (sarà proprio il falsus procurator a rispondere dei danni).
SIMULAZIONE DEL CONTRATTO
La simulazione del contratto, disciplinata dall’art. 1414 del codice civile si verifica
quando 2 soggetti stipulano un contratto con l'accordo che il medesimo non
produca alcun effetto tra le parti, allo scopo di poterlo invocare di fronte ai terzi.

Esistono fondamentalmente 2 tipologie di simulazione:

- Simulazione Assoluta (le parti simulano la conclusione di un contratto, ma in


realtà non vogliono concludere alcun contratto. Questo accade per esempio
quando viene simulata una vendita con l’intenzione di sottrarre la cosa
venduta al pignoramento da parte dei creditori).
- Simulazione Relativa (le parti simulano la conclusione di un contratto, che
prende il nome di contratto simulato, mentre in realtà ne vogliono concludere
un altro, che prende il nome di contratto dissimulato).

Secondo l’articolo 1322 del codice civile, il contratto simulato è ammesso


dall’ordinamento a condizione che non celi un intento fraudolento o illecito.
NEGOZIO INDIRETTO
Il negozio indiretto è un tipo di contratto stipulato tra le parti per realizzare interessi
differenti da quelli individuabili nella causa.

Un esempio è la vendita di un bene per una per somma irrisoria, con la quale le
parti vogliono, in realtà, effettuare una donazione.

Il negozio indiretto può essere usato anche per perseguire scopi illeciti (in tal caso
abbiamo una combinazione di atti che presi singolarmente sono leciti, ma combinati
tra di loro producono un risultato vietato).

Il negozio indiretto si distingue nettamente dalla simulazione del contratto: infatti


nella simulazione del contratto le parti si accordano per escludere gli effetti dell’atto,
mentre in quello indiretto le parti desiderano ottenere realmente gli effetti del
negozio, sebbene poi si prefiggano scopi ulteriori.

NEGOZIO FIDUCIARIO
Il negozio fiduciario è una ipotesi di negozio indiretto che si basa sul trasferimento
di un bene fra le parti, con l’accordo che il bene sarà utilizzato secondo le istruzioni
impartite dall’alienante ed è sempre valido se non intende perseguire scopi illeciti.

L’alienante assume la veste di fiduciante, mentre l’intestatario del bene assume la


veste di fiduciario.

Per esempio è possibile trasferire un pacchetto azionario con l’accordo che


l’acquirente voti all’assemblea dei soci nel modo indicato dall’alienante.
CONTRATTO DI OPZIONE
Il contratto d’opzione, o patto d’opzione, regolato dall'articolo 1331 del codice
civile, è un particolare tipo di contratto in cui le parti convengono che una di esse
rimane vincolata alla propria dichiarazione, che diventa irrevocabile, mentre l'altra
ha facoltà di accettarla o meno.

Normalmente il patto di opzione è caratterizzato da 2 elementi fondamentali:

- Termine prestabilito (sarebbe inverosimile un vincolo indefinito)


- Pagamento di una somma (ovviamente concordato precedentemente)

Il venditore, ad esempio, può vincolarsi a vendere un immobile all’acquirente senza


che quest’ultima si impegni, ma solo per un determinato periodo di tempo e
riscuotendo, in ogni caso, una somma che compensa tale concessione.

Ovviamente il venditore prende l’impegno di non vendere a nessun altro entro il


termine prestabilito, anche qualora gli capitasse una situazione più favorevole.
DIRITTI REALI
I diritti reali sono diritti soggettivi che conferiscono al titolare un potere assoluto ed
immediato su un bene.

Le caratteristiche principali dei diritti reali sono le seguenti:

- Tipicità (sono ammessi solo i diritti elencati dal legislatore)


- Immediatezza (il titolare può soddisfare i propri interessi in maniera diretta)
- Assolutezza (il titolare può far valere il proprio diritto erga omnes)

I diritti reali si distinguono in 3 categorie fondamentali:

- Diritto di Proprietà

- Diritti Reali di Godimento


Superficie
Enfiteusi
Usufrutto
Uso
Abitazione
Servitù prediali

- Diritti Reali di Garanzia


Pegno
Ipoteca

La Superficie è un diritto reale di godimento, disciplinato a partire dall'art. 952 fino


all'art. 956 del codice civile, che permette di edificare una costruzione al di sopra o
al di sotto di un fondo di proprietà altrui e di rivendicare la proprietà della
costruzione o dell'opera.

Tale diritto è in grado di sospendere il principio di accessione, secondo cui qualsiasi


elemento appartiene al proprietario del fondo su cui giace tale elemento.

Il diritto di superficie può essere a tempo determinato o indeterminato. E può


costituirsi attraverso Contratto (a titolo gratuito o oneroso) o Testamento.
L’Enfiteusi è un diritto reale di godimento, disciplinato a partire dall'art. 957 fino
all'art. 977 del codice civile, che consiste nel cedere ad altri il pieno godimento di
un fondo con l’obbligo per quest’ultimi di:

- Migliorare lo stesso fondo


- Pagare al concedente un canone in denaro o con i frutti della terra
- Pagare le imposte che gravano sul fondo

I soggetti implicati nel rapporto sono 2: il concedente, ossia colui che cede ad altri il
fondo, e l’enfiteuta, ossia colui che riceve il fondo.

L’Enfiteusi è sottoposta ad una durata temporale minima di 20 anni, mentre non vi


sono limiti massimi (può essere anche perpetua).

L’Usufrutto è un diritto reale di godimento, disciplinato a partire dall’art. 978 fino


all’art. 1020 del codice civile, che permette ad un soggetto (usufruttuario) di godere
di un bene di proprietà di un altro soggetto (nudo proprietario), ma con l'obbligo di
rispettarne la destinazione economica.

Per fare un esempio di usufrutto, possiamo pensare a una madre malata che lascia
la sua abitazione in eredità al figlio, con diritto di usufrutto per la nonna anziana.

È evidente che una restrizione così importante non può durare in eterno… infatti
l’usufrutto è sottoposto a una durata massima di 30 anni nel caso degli enti e della
vita per le persone fisiche.

L’usufrutto si può costituire per:

- Contratto (il proprietario di un bene cede a un soggetto l’usufrutto oppure


vende il bene riservando per sé l’usufrutto)

- Testamento (una persona riserva ad un’altra il diritto di usufrutto su di un


bene che lascia ad altri in eredità)

- Usucapione

- Disposizione di legge (è la legge a dettare le ipotesi di usufrutto).


Uso e Abitazione sono diritti reali di godimento, disciplinati a partire dall’art. 1021
fino all’art. 1025 del codice civile.

L’Uso infatti è il diritto di godere di un bene altrui, limitatamente ai bisogni propri e


della famiglia, mentre l’Abitazione è il diritto di abitare una casa altrui,
limitatamente ai bisogni propri e della famiglia.

Il concetto di famiglia utilizzato dal legislatore è ampio e pertanto vanno incluse


tutte le persone conviventi in quel nucleo familiare, quale può essere ad esempio un
collaboratore domestico.

L’uso è quindi una specie limitata di usufrutto, mente invece l’abitazione è a sua
volta una specie particolare di uso.

Le Servitù Prediali sono diritti reali di godimento, disciplinate a partire dall’art. 1027
fino all’art. 1099, che consistono nel peso o limitazione imposto a un fondo (detto
servente) per l'utilità di un altro fondo (detto dominante).

Il peso può consistere nell’obbligo di tollerare una data attività oppure di non fare
una certa attività.

Presupposti di questo diritto sono l’esistenza di 2 fondi appartenenti a proprietari


diversi, non necessariamente vicini, ma tali da risultare legati da un rapporto di
utilità, anche futura.

Principio cardine dell’istituto è quello che il bisogno del fondo dominante deve
essere soddisfatto con il minor aggravio possibile per il fondo servente.

Ecco alcune possibili classificazioni delle servitù prediali:

- Servitù Coattive o Volontarie (le prime vengono imposte anche contro la


volontà, mentre le seconde si originano liberamente su base contrattuale).

- Servitù Affermative o Negative (le prime consistono semplicemente in un


lasciar fare, mentre le seconde consistono in un obbligo di non fare).

- Servitù Permanenti o Temporanee (le prime durano più di nove anni, le


seconde ne durano al massimo nove).
Il Pegno e l’Ipoteca sono diritti reali di garanzia, disciplinati a partire dall’art. 2784
fino all’art. 2899 del codice civile.

L’ipoteca consente d’impegnare, come garanzia, un bene immobile in favore del


creditore che, in caso d’inadempienza, può espropriarlo. L’esempio più chiaro
d’ipoteca è quello sulla casa.

Bisogna specificare che anche quando un bene è ipotecato, il proprietario continua


a usufruirne fino al suo eventuale esproprio.

Ci sono 3 tipi d’ipoteca:

- Volontaria (avviene tramite contratto tra debitore e creditore, e deve essere


registrata in forma scritta, pena la nullità).

- Giudiziale (viene attuata per mezzo di una sentenza dal Tribunale).

- Legale (va esercitata contro la volontà del debitore).

Il Pegno, a differenza dell’ipoteca, è un contratto reale che consente d’impegnare,


come garanzia, un bene mobile in favore del creditore, il quale riceve subito
l’oggetto e ne diventa proprietario.

Questo avviene per 2 motivi fondamentali:

- evitare che il debitore danneggi il bene mobile


- evitare che il bene mobile venga ceduto a terzi

Anche il creditore ha degli obblighi da rispettare, come la conservazione


dell'oggetto fino al termine del pagamento, in quanto nel caso in cui il rimborso
avvenisse, dovrebbe restituire l'oggetto dato in pegno al debitore.

Tra gli oggetti su cui si può fare il pegno spiccano orologi, gioielli, collane, anelli,
auto, smartphone, televisioni e, in genere, tutto ciò che può essere spostato.
USUCAPIONE

L’usucapione, disciplinato a partire dall’art. 1158 del codice civile fino all’art. 1167
del codice civile, è una modalità di acquisto della proprietà mediante il possesso
continuativo del bene immobile o mobile per un periodo di tempo minimo
determinato dalla legge.

Esso rappresenta fondamentalmente il premio per chi per anni e anni si prende cura
del bene di fronte all'inerzia ed al disinteresse del proprietario.

L’Usucapione ha possibilità di realizzazione purché vi siano i seguenti requisiti:

- deve trattarsi di un possesso continuativo, pacifico e pubblico


- deve trattarsi di un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà
- occorre che il possesso si protragga per molti anni (nella maggior parte dei
casi almeno 20 anni)
- ci sia l'intenzione di esercitare un potere sulla cosa.

E’ irrilevante che il possesso sia di buona o di malafede, dal momento che questo
può influire esclusivamente sulla durata del possesso necessario per l'usucapione.

Strettamente correlato all’Usucapione è il principio del "possesso vale titolo", valido


per i beni mobili, secondo cui se una persona diversa dal proprietario della cosa
cede la stessa ad un altro soggetto, quest'ultimo ne diviene proprietario, purché:

- l’acquirente sia in buona fede alla consegna della cosa


- sussista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento
TUTELA DELLA PROPRIETÁ
Le azioni a tutela della proprietà, disciplinate a partire dall’art. 948 fino all’art. 951
del codice civile (anche dette azioni petitorie) sono azioni che spettano al
proprietario per difendere il suo diritto contro turbative altrui. Esse sono:

Azione di Rivendicazione

L'azione di rivendicazione ha una finalità restitutoria tramite la quale il proprietario


a cui è stato sottratto un bene, chiede la condanna alla restituzione dello stesso.

Chi agisce in rivendicazione deve sempre fornire la dimostrazione del suo diritto di
proprietà. Tale prova può presentare aspetti di particolare difficoltà (probatio
diabolica) soprattutto quando si tratti di beni immobili.

Azione Negatoria

Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri
sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.

Azioni di Nunciazione
Le Azioni di Nunciazione mirano a prevenire possibili danni materiali al bene
oggetto del possesso, così da tutelare il diritto del proprietario di continuare a
godere del bene nello stato in cui si trova.

Tali azioni sono la “denuncia di nuova opera” e la “denuncia di danno temuto”.

Azione di Regolamento dei confini

Quando il confine tra 2 fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia
stabilito giudizialmente.

Azione di Apposizione dei Termini

Quando il confine fra 2 fondi manca o è diventato irriconoscibile, ciascuno dei


proprietari ha diritto di chiedere che essi siano ristabiliti a spese comuni.
TUTELA DEL POSSESSO

Le azioni a tutela del possesso, disciplinate a partire dall’art. 1168 fino all’art. 1171
del codice civile, (anche dette azioni possessorie) sono azioni che spettano al
possessore per difendere il suo diritto contro turbative altrui. Esse sono:

Azione di Manutenzione

L’azione di Manutenzione si verifica nel caso in cui il possessore sia stato molestato
relativamente al possesso di un immobile e consiste nel far cessare la molestia in
atto e di impedire future turbative.

L’azione di manutenzione deve essere esercitata entro 1 anno dall’inizio della


turbativa ed è effettuabile se il possesso da tutelare durava da oltre 1 anno, in modo
continuo e non interrotto.

Azione di Reintegrazione

L’azione di reintegrazione è l’azione volta a reintegrare nel possesso del bene chi sia
stato vittima di spoglio violento o clandestino e può essere esercitata entro 1 anno.

E’ doveroso precisare che l'Azione di Reintegrazione è concessa, nella maggior parte


dei casi, anche a chi ha la detenzione del bene.
DIRITTO POTESTATIVO
Il diritto potestativo è la situazione giuridica soggettiva che consiste nell'attribuzione
di un potere a un soggetto allo scopo di tutelare un suo interesse.

Si contrappone nettamente alla potestà, nella quale il potere è attribuito al soggetto


a tutela di un interesse altrui.

Un esempio di diritto potestativo si verifica quando un bene è di proprietà di più


soggetti (cioè in comunione) e ognuno di loro può chiedere la divisione dello stesso
senza degli che altri possano fare nulla per impedirlo.

Abbiamo quindi, da una parte una posizione di "potere", mentre dall'altra una
posizione di "soggezione".

INTERESSE LEGITTIMO
L’interesse legittimo consiste nella pretesa di un privato affinché l'amministrazione
eserciti un potere pubblico in modo da poter conseguire o conservare un'utilità.

L'interesse a conseguire un'utilità è detto pretensivo (ad es. vincere un concorso


pubblico), mentre quello a conservarla è detto oppositivo (ad es. proteggere una
proprietà da un'espropriazione).

ONERE
L’onere è la situazione giuridica soggettiva di un soggetto che è tenuto a mantenere
un determinato comportamento nel proprio interesse (poiché in mancanza non si
produrrebbe un effetto giuridico a lui favorevole).

Tuttavia a differenza dell’obbligo o del dovere il soggetto sul quale grava l'onere è
libero di tenere o meno il comportamento (il mancato adempimento dell'onere non
comporta alcuna sanzione ma il non realizzarsi dell'effetto giuridico favorevole).

Questo ha portato a definire l'onere, con un apparente ossimoro, dovere libero.

L'esempio classico è rappresentato dall'onere della prova, enunciato dall'art. 2697


del Codice civile, secondo cui chi agisce in giudizio per far valere un diritto deve
fornire la dimostrazione dei fatti su cui tale diritto si fonda, così come chi gli oppone
un'eccezione deve dimostrare i fatti su cui essa si fonda; se la parte non assolve
all'onere della prova, il giudice deciderà la causa in modo sfavorevole alla stessa.
OBBLIGAZIONI
L'obbligazione è un rapporto giuridico in forza del quale un soggetto, denominato
debitore, è tenuto a fornire una determinata prestazione a favore di un altro
soggetto, denominato creditore.

Gli elementi dell’obbligazione sono quindi i soggetti (debitore e creditore), la


prestazione (che deve sempre essere possibile, lecita, determinata e deve poter
essere quantificabile in denaro), e il vincolo giuridico (cioè l’obbligo del debitore ed
il diritto del creditore).

Le categorie in cui si differenziano le obbligazioni sono le seguenti:

- Semplici (quando vi è un solo creditore ed un solo debitore)


- Multiple (quando vi sono un debitore e più creditori o viceversa)

- Civili (quando ci si può rivolgere al giudice per il caso di inadempimento)


- Naturali (quando non ci si può rivolgere al giudice per l’inadempimento)

- Divisibili (quando l’oggetto può essere scomposto)


- Indivisibili (quando l’oggetto non può essere scomposto)

- Determinate (quando l’oggetto è determinato nella sua individualità)


- Indeterminate (quando l’oggetto è indicato solo nel genere)

- Cumulative (quando sono previste diverse prestazioni e il debitore è


obbligato ad eseguirle tutte per liberarsi)
- Pecuniarie (quando l’adempimento delle stesse consiste nel versare al
creditore una somma di denaro).
- Solidali (quando più creditori hanno diritto alla stessa prestazione e
l'adempimento verso uno di essi libera il debitore nei confronti anche degli
altri… oppure quando più debitori devono eseguire la stessa prestazione e
l'adempimento da parte di uno di essi libera anche gli altri).

- Facoltative (quando c’è 1 una sola prestazione da eseguire ma il debitore può


liberarsi eseguendo una prestazione diversa già prevista dalle parti.
- Alternative (quando vi sono 2 prestazioni che però non devono essere
eseguite entrambe ma l'una al posto dell'altra)
OBBLIGAZIONI CUMULATIVE

Le Obbligazioni Cumulative si verificano quando sono previste diverse


prestazioni e il debitore è obbligato ad eseguirle tutte per liberarsi.

Il debitore verrà considerato libero dall'obbligazione solo nel momento in cui


avrà eseguito tutte le prestazioni, anche se dovesse svolgerle in momenti
diversi.

Ad esempio viene deciso che Fabio, per saldare il debito che ha con Luca,
debba consegnargli il suo PC, comprargli una bicicletta e potare gli alberi del
suo giardino.

Se Fabio consegna subito il PC e la bicicletta a Luca ma continua a non


occuparsi del giardino, l'obbligazione resta, e sarà saldata solo nel momento
in cui Fabio eseguirà l’ultima prestazione.

OBBLIGAZIONI PECUNIARIE
Le Obbligazioni Pecuniarie, disciplinate dagli art. 1277 e seguenti del codice civile, si
verificano quando l’adempimento delle stesse obbligazioni consiste nel versare al
creditore una somma di denaro.

Le obbligazioni pecuniarie si possono distinguere in:

- Obbligazioni Pecuniarie di Valuta


- Obbligazioni Pecuniarie di Valore

La differenza fondamentale fra le 2 categorie è che quelle di valuta si basano sul


Principio Nominalistico, essendo caratterizzate dal pagamento dell’ammontare di
denaro concordato a prescindere dall’eventuale svalutazione/valutazione della
moneta nel tempo.

Quelle di valore al contrario, per esempio relative al risarcimento di un danno, non si


basano sul Principio Nominalistico, perché l'ammontare del debito deve essere
sempre equivalente al valore effettivo del danno.
OBBLIGAZIONI SOLIDALI
Le Obbligazioni Solidali, disciplinate dagli articoli 1292 e successivi del codice civile,
si verificano quando:

- più creditori hanno diritto alla stessa prestazione e l'adempimento verso uno di
essi libera il debitore nei confronti anche degli altri

- più debitori devono eseguire la stessa prestazione e l'adempimento da parte di


uno di essi libera anche gli altri

Nel primo caso si parlerà di Obbligazioni Solidali Attive, mentre nel secondo caso si
parlerà di Obbligazioni Solidali Passive.

Relativamente alle Obbligazioni Solidali Passive emerge il concetto di “Azione di


Regresso”, secondo cui il condebitore che provvede per intero al pagamento
dell'obbligazione ha diritto di rivolgersi agli altri debitori solidali per ottenere dagli
stessi il pagamento della parte per la quale ciascuno era obbligato.
OBBLIGAZIONI FACOLTATIVE
Le Obbligazioni Facoltative si verificano quando c’è 1 una sola prestazione da
eseguire ma il debitore può liberarsi eseguendo una prestazione diversa già
prevista dalle parti.

Nell’obbligazione facoltativa l’impossibilità di effettuare la prestazione originaria


comporta generalmente l’estinzione dell’obbligazione, dal momento che il debitore
non ha l’obbligo di prestare cosa diversa da quella pattuita.

Un esempio tipico di obbligazione facoltativa è rappresentato dal contratto


estimatorio, disciplinato dall’art. 1556 del codice civile, in cui il debitore è tenuto a
pagare il prezzo delle merci che riceve in consegna potendo tuttavia liberarsi anche
restituendo le stesse entro un determinato termine.

OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE
Le Obbligazioni Alternative si verificano quando vi sono 2 prestazioni che però non
devono essere eseguite entrambe ma una al posto dell'altra.

Sarà quindi necessario scegliere quale delle 2 prestazioni eseguire e tale scelta è
chiamata "concentrazione", disciplinata dall’art. 1286 del codice civile.

La scelta spetta normalmente al debitore a meno che non si è stabilito di attribuirla


al creditore o ad un terzo.

Nel caso in cui la prestazione divenga impossibile prima della concentrazione è


sempre necessario eseguire la prestazione rimasta, mentre nel caso in cui la
prestazione divenga impossibile dopo la concentrazione l’obbligazione si ritiene
generalmente estinta.
CESSIONE DEL CREDITO
La cessione del credito, disciplinata dall’art. 1260 e successivi del codice civile, è un
accordo attraverso cui il creditore trasferisce ad un altro soggetto il suo credito, a
titolo oneroso o gratuito.

Ogni creditore può trasferire a terzi il suo credito anche senza il consenso del
debitore, dal momento che per quest’ultimo è indifferente il soggetto a cui
effettuare il pagamento.

Non ci sono particolari limitazioni al trasferimento di un credito ma è necessario:

- che il cedente sia effettivamente titolare del diritto che intende trasferire
- credito stesso non abbia carattere strettamente personale
- il trasferimento non sia vietato dalla legge

Inoltre si richiede che la cessione del credito vada sempre notificata al debitore per
metterlo al corrente dell'avvenuto trasferimento: la cessione ha effetto solo quando
è stata notificata al debitore.

Se infatti il debitore, in buona fede, dovesse saldare il debito col cedente prima di
venir a conoscenza della cessione, è comunque liberato dall'obbligazione (non ha
l’onere di verificare che il soggetto creditore sia cambiato).

E’ possibile distinguere 2 tipologie di cessione del credito:

- Cessione Pro Soluto (il cedente si limita a garantire l'esistenza del credito al
momento della cessione e l'inesistenza di cause di nullità, annullabilità o altri
vizi che possano far venir meno il credito).

- Cessione Pro Solvendo (il cedente garantisce non solo l'esistenza del credito,
ma anche la solvenza del debitore).
DELEGAZIONE
La delegazione è l'incarico che un soggetto, detto delegante, conferisce a un altro
soggetto, detto delegato, e consiste nel pagare o di promettere di pagare un terzo,
detto delegatario.

La delegazione, insieme ad accollo ed espromissione, è una forma di modificazione


soggettiva del rapporto obbligatorio dal lato passivo.

Può essere distinta in 2 tipologie fondamentali:

- Attiva (quando il delegante è creditore del delegato e dispone del suo diritto
di credito imponendogli di obbligarsi a favore del delegatario. Ovviamente
l'adempimento non potrà essere superiore al valore dell'obbligazione che
intercorre fra delegante e delegato).

- Passiva (quando il delegante è debitore del delegatario e incarica il delegato


di pagare al suo posto).

La delegazione passiva può presentarsi a sua volta in 2 forme:

- Delegazione di Pagamento (detta Delegatio Solvendi, si ha quando il debitore


assegna al creditore un nuovo debitore, il quale paga il debito per conto
dell'originario debitore).

- Delegazione di Debito (detta Delegatio Promittendi, si ha quando il debitore


assegna al creditore un nuovo debitore, il quale promette di pagare il debito
in futuro).
ACCOLLO
L'accollo è la convenzione con cui un terzo (accollante) si assume il debito che un
soggetto (accollato) ha verso un creditore (accollatario), il quale può intervenire
attivamente o rimanere estraneo rispetto all’accordo.

L’accollo, insieme alla delegazione e all’espromissione, è una forma di modificazione


soggettiva del rapporto obbligatorio dal lato passivo.

L'accollo può essere di 2 tipologie fondamentali:

- Accollo Interno (prevede il solo accordo tra l’accollante e l’accollato, senza


l’adesione del creditore. Questa tipologia di accollo tuttavia non è prevista
esplicitamente dal Codice Civile).

- Accollo Esterno (prevede il consenso del creditore, che interviene


attivamente nella stipula del contratto. In tal caso l’accollo assume la forma di
un contratto plurilaterale o di un doppio negozio).

ESPROMISSIONE
L'espromissione è il negozio giuridico attraverso cui un terzo, detto espromittente, si
obbliga a pagare nei confronti del creditore, detto espromissario, quanto dovuto dal
debitore, detto espromesso, senza incarico di quest'ultimo.

Elemento essenziale dell'espromissione è la spontaneità dell'intervento del terzo


che assume su di sé l'obbligazione senza incarico da parte del debitore.

Si differenzia quindi con forza dalle altre forme di modificazione soggettiva del
rapporto obbligatorio dal lato passivo, ovvero delegazione e accollo.

Esistono 3 diverse tipologie di espromissione:

- Cumulativa (il terzo diviene obbligato in solido insieme all’espromesso)


- Privativa (il terzo diviene unico debitore ma si rimane nello stesso rapporto)
- Novativa (il terzo diviene unico debitore ma il vecchio rapporto si estingue)
NOVAZIONE
La novazione, disciplinata dagli art. 1230 e successivi del codice civile, consiste
nell’estinzione di un rapporto di obbligazione tra 2 parti (creditrice e debitrice) con
conseguente nascita di un nuovo rapporto mutato nel titolo o nell'oggetto.

Per parlare di novazione è necessario che risultino alcuni elementi fondamentali:

- volontà da entrambe le parti (animus novandi)


- indicazione del nuovo titolo e del nuovo oggetto (aliquid novi)
- indicazione dell'obbligazione originale che si vuole mutare in quella nuova
(obligatio novanda)

Relativamente alla novazione, è necessario distinguere fra 2 tipologie:

- Novazione Soggettiva Attiva (nel caso in cui vi sia mutamento della persona
del creditore).
- Novazione Soggettiva Passiva (nel caso in cui vi sia mutamento della persona
del debitore).
MORA
Con il termine mora si intende il ritardo ingiustificato e imputabile relativamente
all’adempimento di un'obbligazione, qualora essa possa essere eseguita anche dopo
la scadenza.

Si ha mora del creditore (o mora credendi) nell'ipotesi in cui il creditore, senza


motivo legittimo, non vuole accettare la prestazione originariamente prevista nel
rapporto o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere
l'obbligazione.

Ad esempio si verifica quando il creditore si rifiuta di ricevere le prestazioni alle


singole scadenze, chiedendo poi di ricevere le stesse in un'unica soluzione.

Si ha mora del debitore (o mora debendi) quando il debitore ritarda senza


giustificato motivo l’adempimento dell’obbligazione.

Si tratta di un’ipotesi di inadempimento parziale, in quanto il debitore fa ancora in


tempo a rimediare, sebbene in ritardo.

La mora produce degli effetti giuridici sfavorevoli per il debitore, e quindi è


importante stabilire esattamente da quale momento il debitore può essere
considerato in mora.

Se per esempio mi impegno a consegnare un quotidiano a Giorgio in mattinata, ma


poi lo consegno alle 14, subentra la mora oppure no?

Il codice stabilisce che il debitore è in mora dal momento in cui il creditore gli
chiede l'adempimento in modo formale (per iscritto) salvo i casi previsti dalla legge.
REMISSIONE DEL DEBITO
La remissione del debito, disciplinata dagli art. 1236 e successivi del codice civile, è
l'atto giuridico con il quale il creditore rinuncia volontariamente al proprio credito,
generando l'estinzione dell'obbligazione, la liberazione del debitore e di tutti coloro
che ne avevano garantito l'adempimento.

La remissione è un negozio giuridico:

- Unilaterale (è sufficiente la volontà del creditore di rinunziare al credito)

- Recettizio (per avere effetto il debitore deve chiaramente essere messo a


conoscenza della remissione)

Il debitore ha inoltre la facoltà di rifiutare la remissione, ma in tal caso è suo


compito comunicare il rifiuto al creditore entro un termine congruo.

La remissione può avvenire mediante:

- dichiarazione del creditore di rimettere il debito


- restituzione volontaria del titolo originale del credito

CORRETTEZZA E DILIGENZA
L’art. 1175 del codice civile afferma che sia il debitore che il creditore devono
comportarsi secondo le regole della correttezza.

L’art. 1176 del codice civile afferma che nell'adempiere l'obbligazione il debitore
deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

In particolare nell'adempimento delle obbligazioni relative ad attività professionali,


la diligenza deve essere valutata tenendo conto della natura dell'attività esercitata.

DONAZIONE
La donazione, disciplinata dagli art. 769 e successivi del codice civile, è un contratto
con il quale una parte (donante) per spirito di liberalità arricchisce l’altra
(donatario) a titolo gratuito, trasferendo verso quest’ultima un suo diritto o
assumendo verso quest’ultima un’obbligazione.

Il contratto di donazione richiede la piena capacità del donante di disporre e può


avere ad oggetto qualunque bene che si trova nel patrimonio del donante, mentre è
vietata la donazione di beni futuri e beni altrui.

Il contratto di donazione deve essere effettuato attraverso atto pubblico, con 2


testimoni, pena la nullità.

Possiamo distinguere diverse tipologie di donazioni:

- Donazione Remuneratoria (è una donazione effettuata in segno di


riconoscenza o dei meriti del donatario. Non è soggetta a revoca per
ingratitudine e per sopravvenienza di figli. Il donatario non è tenuto agli
alimenti a favore del donante).

- Donazione Obnuziale (è una donazione effettuata in vista di un futuro


matrimonio, fra gli sposi, da altri a favore degli sposi o da altri a favore dei figli
nascituri di questi. Non obbliga agli alimenti e non è revocabile)

- Donazione Indiretta (è una donazione effettuata con lo scopo di arricchire


un’altra persona servendosi di atti che hanno una causa diversa da quella
della donazione).

SUCCESSIONE
Le successioni, disciplinate dagli art. 456 e seguenti del codice civile, sono il
subentrare in un rapporto giuridico, di un soggetto giuridico detto successore, a un
altro soggetto giuridico detto autore.

Generalmente è possibile distinguere 2 diverse tipologie di successioni:

- tra vivi (detta “inter vivos” si verifica quando l’autore mantiene la sua
soggettività giuridica dopo la successione).

- a causa di morte (detta “mortis causa”)

La successione a causa di morte è l'istituto giuridico attraverso il quale uno o più


soggetti subentrano nella titolarità, di un patrimonio o di singoli diritti patrimoniali,
al precedente titolare, il decuius, a seguito della morte di quest'ultimo.

EREDI E LEGATARI
I soggetti che subentrano nella titolarità del patrimonio o di una quota del
patrimonio prendono il nome di eredi.

I soggetti che invece subentrano nella titolarità di singoli diritti patrimoniali


prendono il nome di legatari.

La distinzione tra erede e legatario è sostanziale, in quanto l’erede subentra sia nei
rapporti attivi che in quelli passivi, e quindi risponde anche dei debiti del defunto.

Inoltre, a differenza degli eredi, i legatari possono essere designati solo con
testamento (la disposizione testamentaria che li individua prende il nome di legato).

E’ necessario specificare che il de cuius può essere esclusivamente una persona


fisica, mentre eredi e legatari possono anche essere persone giuridiche.

Ad esempio, capita spesso che il defunto nomini un soggetto come suo erede, ma
disponga di un singolo bene (come per esempio un gioiello) in favore di un altro
soggetto.

TESTAMENTARIA, NECESSARIA, LEGITTIMA


Gli eredi e i legatari possono venire individuati dallo stesso de cuius, quando è
ancora in vita, con un apposito negozio giuridico che prende il nome di testamento
(si parlerà di successione testamentaria).

Nella maggior parte degli ordinamenti, la libertà di disporre con testamento del
proprio patrimonio è limitata da una quota di riserva, generalmente a favore dei
legittimari, i quali hanno diritto, a prescindere dalla volontà del defunto, a una
determinata quota del suo patrimonio (si parla di successione necessaria).

In mancanza di testamento gli eredi sono individuati dalla legge e corrispondono


alle persone che intrattenevano i più stretti rapporti di parentela con il de cuius (si
parlerà di successione legittima).

Nel caso in cui il de cuius abbia disposto per testamento solo una parte dei suoi
beni, verrà applicata la successione legittima limitatamente ai beni che non sono
stati citati.

TESTAMENTO
Nell’ambito della successione testamentaria emerge la figura chiave del testamento,
ovvero quell’atto giuridico mediante il quale una persona manifesta il proprio volere
e dispone dei propri diritti per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

Il testamento si fonda su alcuni concetti fondamentali:

- è un atto unilaterale
- è mortis causa
- non recettizio
- di natura personale

Le dichiarazioni in esso contenute sono in grado di produrre effetti giuridici e hanno


contenuto patrimoniale. Tuttavia spesso il testamento può contenere anche
dichiarazioni di tipo morale, filosofico, politico.

La revocabilità del testamento consente al testatore di revocare o mutare le


disposizioni testamentarie fino all'ultimo momento di vita. La revoca può essere:

- Espressa (attraverso un atto emerge la volontà del testatore di revocare in


tutto o in parte le precedenti disposizioni testamentarie).

- Tacita (attraverso un testamento posteriore contenente disposizioni


incompatibili con le precedenti o nel caso del testamento olografo, la sua
distruzione o lacerazione da parte del defunto).

SOSTITUZIONE TESTAMENTARIA
La sostituzione testamentaria, disciplinata dagli art. 688 e successivi del codice civile,
è un istituto di diritto successorio che si determina quando il testatore istituisce
come erede o legatario una determinata persona e al tempo stesso dispone che ad
essa debba subentrare un'altra persona, qualora si verifichi un determinato
avvenimento.

Esistono 2 forme di sostituzione testamentaria previste dall’ordinamento giuridico:

- Sostituzione Ordinaria
- Sostituzione Fedecommissaria (semplice o assistenziale)

Si ha Sostituzione Ordinaria quando il testatore prevede di sostituire l'erede o il


legatario nel caso in cui il soggetto non voglia o non possa accettare la successione.

Si ha Sostituzione Fedecommissaria Semplice quando il testatore impone ad un


soggetto istituito erede o legatario l'obbligo di conservare i beni ricevuti in eredità o
in legato e di restituirli alla sua morte ad un altro soggetto scelto dal testatore (non
ammessa dall’ordinamento italiano).

Si ha Sostituzione Fedecommissaria Assistenziale quando la disposizione


testamentaria è finalizzata alla tutela di una persona giuridicamente incapace col
fine di assicurarne le cure (ammessa dall’ordinamento italiano).

ACCETTAZIONE EREDITÁ
Il diritto di accettare l’eredità può essere esercitato entro 10 anni dal giorno
dell’apertura della successione ed è irrevocabile una volta compiuto.

L’accettazione ha efficacia retroattiva, e si diventa eredi dal momento dell’apertura


della successione. Essa può essere:

- Espressa (attraverso un atto si accetta l’eredità e si assume il titolo di erede.


Non sono ammesse condizioni e l’accettazione non può essere parziale).

- Tacita (si compiono atti che confermano la volontà di accettare l’eredità e che
comunque non si avrebbe il diritto di compiere se non in qualità di erede).

Relativamente all’accettazione dell’eredità emerge il concetto di “Accettazione con


Beneficio di Inventario”, uno strumento che può essere adoperato nel caso si
sospetti che il lascito ereditario sia gravato da debiti.

In questo modo si evita la “confusione dei beni del defunto con i beni dell’erede”
limitando la responsabilità dell’erede nel pagamento dei debiti limitatamente al
valore dei beni che gli sono stati lasciati dal defunto.

RINUNCIA EREDITÁ
Il diritto di rinuncia all’eredità può contemplarsi solo dopo l’apertura della
successione e prima della accettazione (quindi non si può rinunciare all’eredità di
una persona vivente).

La rinuncia è un atto unilaterale talmente impegnativo che può ritenersi valido solo
attraverso un atto pubblico.

Come l’accettazione, anche la rinuncia non ammette l’apposizione di termini o


condizioni e non può essere parziale.

Inoltre la rinuncia ha efficacia retroattiva, e quindi chi rinuncia si considera come se


non fosse mai stato chiamato all’eredità.

A differenza dell’accettazione si può revocare la rinuncia se non è ancora scaduto il


temine dei 10 anni dall’apertura della successione (sempre che nel frattempo
l’eredità non sia stata accettata da altri).

RIFORME 1942 e 1975


Il concetto di matrimonio viene originariamente disciplinato attraverso il Regio
Decreto n. 262 del 16 marzo 1942 Titolo VI, ove emergono decine di concetti che
oggi sarebbero definiti quantomeno singolari, come per esempio:

- Età minima matrimoniale pari a 16 anni per gli uomini e 14 per le donne
- Marito capo della famiglia e decide ove posizionare la residenza

… ma anche concetti che possiamo definire attuali, come per esempio:

- Obbligazione di mantenere, educare e istruire la prole

La legge n. 151 del 19 maggio 1975 viene promulgata con l’obiettivo di riformare la
materia del diritto di famiglia ai principi costituzionali e all’evolversi della società.

In particolare le innovazioni più importanti sono le seguenti:

- Tutela della libertà matrimoniale e del consenso


- Rapporto paritario tra coniugi nella direzione della famiglia
- Introduzione del regime di comunione legale dei beni
- Riconoscimento dei figli adulterini
- Diritto del minore di vivere in famiglia
- Ricerca illimitata della paternità naturale giuridicamente ammissibile
- Miglioramento della posizione successoria del coniuge e dei figli
- Intervento giudice in casi di contrasto tra coniugi nella direzione della famiglia

MATRIMONIO
Il matrimonio è l'atto con il quale 2 persone maggiorenni di sesso diverso
formalizzano la loro volontà di realizzare una comunione di vita spirituale e
materiale.

Tale comunione può essere intesa attraverso una duplice accezione: come Rapporto
e come Atto.

Il matrimonio come Rapporto è l'insieme dei diritti e degli obblighi che legano tra
loro i coniugi, come per esempio l’obbligo:

- alla reciproca fedeltà


- all'assistenza morale e materiale
- alla collaborazione nell'interesse della famiglia
- alla coabitazione

Inoltre il matrimonio come Rapporto prevede che entrambi i coniugi contribuiscano


ai bisogni della famiglia, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria
capacità di lavoro professionale o casalingo.

Il matrimonio come Atto invece si riferisce al consenso che 2 persone si scambiano


con la celebrazione del matrimonio e che dà origine a una famiglia legittima.

L'atto di matrimonio non può essere sottoposto a termine o a condizione.

Esistono 2 tipologie di atti matrimoniali riconosciuti dall’ordinamento italiano:

- Matrimonio Civile (celebrato dinanzi all'ufficiale di stato civile)


- Matrimonio Concordatario (celebrato dinanzi a un ministro del culto cattolico
e poi trascritto nei registri di stato civile).

DIRITTI E DOVERI CONIGALI


I diritti e i doveri coniugali sono disciplinati dagli art. 143 e seguenti del codice civile.

La premessa è che attraverso il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli


stessi diritti e assumono i medesimi doveri, tra i quali emergono:

- Obbligo alla reciproca fedeltà


- Obbligo all'assistenza morale e materiale
- Obbligo alla collaborazione nell'interesse della famiglia
- Obbligo alla coabitazione
- Obbligo a contribuire ai bisogni della famiglia
- Obbligo di mantenere, istruire, educare eventuali figli
- Diritto a fissare la residenza famigliare di comune accordo
- Diritto a chiedere l’intervento del giudice in caso di disaccordo

E’ chiaro che alcuni di questi obblighi, se visti dalla prospettiva del coniuge, possono
divenire dei diritti a tutti gli effetti, come per nel caso dei primi 2 obblighi per
esempio, i quali si trasformano rispettivamente nel:

- Diritto a non essere traditi


- Diritto all’assistenza morale e materiale

REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA


Il regime patrimoniale della famiglia è l’insieme delle norme del codice civile che
disciplinano i criteri di distribuzione tra i coniugi della ricchezza acquisita durante il
matrimonio. Esistono fondamentalmente 3 criteri:

Comunione dei Beni

Comunione Universale (riunisce in un unico patrimonio tutti i beni dei coniugi,


eccetto i beni propri per legge, e nessun coniuge può disporre della sua quota
autonomamente, dal momento che la comunione è indivisa).

Comunione d’acquisti (i beni comuni sono limitati agli acquisti, cioè ai beni
acquisiti da ogni coniuge, a titolo oneroso, durante il regime matrimoniale).

Partecipazione agli Acquisti (si tratta di un regime misto attraverso il quale i coniugi
vivono in separazione dei beni durante il matrimonio e in comunione d’acquisti al
momento dello scioglimento).

Separazione dei Beni (ogni coniuge è titolare esclusivo dei beni acquisiti durante il
matrimonio e in caso di scioglimento non farà altro che mantenerne il possesso).

E’ necessario sottolineare che il regime della comunione d’acquisti è il regime legale


italiano, vale a dire che opera nel caso in cui non sia diversamente stabilito dagli
sposi tramite convenzione matrimoniale.

UNIONI CIVILI
L'unione civile è l’atto con il quale 2 persone maggiorenni dello stesso sesso
formalizzano la loro volontà di unirsi, attraverso una dichiarazione, di fronte
all'ufficiale di stato civile.

In Italia l’unione civile ha fatto l'ingresso ufficiale all'interno dell'ordinamento


giuridico con la legge n. 76 del 20 maggio 2016 (cosiddetta Legge Cirinnà).

E’ bene sottolineare come non è sempre possibile costituire un'unione civile, in


particolare nei casi in cui:

- vi sia incapacità di uno o entrambi i soggetti


- vi sia un rapporto di parentela fra gli stessi
- una delle parti è stata condannata per omicidio (o tentato omicidio) nei
confronti dell’altra parte o di un soggetto già unito civilmente con l'altra parte
- se una delle parti è già sposata o ha un'unione civile con un altro soggetto

A livello generale valgono le stesse regole del matrimonio, anche se vi sono alcune
differenze veramente importanti.

Si segnala, per esempio, che la legge Cirinnà non fa alcun riferimento né all'obbligo
di fedeltà né a quello di collaborazione, che invece scaturiscono dal matrimonio.

Nell’unione civile inoltre il cognome viene scelto dalla coppia tra i loro, mentre nel
matrimonio è la moglie che aggiunge al proprio cognome quello del marito.

Infine alle parti di un’unione civile non è legalmente consentito:

- adottare minori in stato di abbandono


- procedere ad adozione co-parentale, ovvero adottare il figlio del partner

Ciò nonostante, la giurisprudenza italiana, nei fatti, ha ammesso quest’ultima


possibilità attraverso la cosiddetta “adozione in casi particolari”, seppur con ovvie
limitazioni.

DIVORZIO E SEPARAZIONE
La separazione, disciplinata a partire dall’art. 150 del codice civile, è un istituto
giuridico attraverso il quale i coniugi non pongono fine al rapporto matrimoniale,
ma al contrario ne sospendono gli effetti nell'attesa di una riconciliazione o di un
provvedimento di divorzio.

La separazione può essere di 2 tipologie fondamentali:

- Legale (consensuale o giudiziale)


- Di fatto (allontanamento dei coniugi senza l'intervento di un Giudice)

La Separazione Legale rappresenta, nella maggioranza dei casi, un passaggio


necessario per poter divorziare, e devono trascorrere:

- 6 mesi se la separazione è stata consensuale


- 12 mesi se la separazione è stata giudiziale

Il divorzio, introdotto e disciplinato dalla legge n. 898 del 01.12.1970 consiste nello
scioglimento del matrimonio, ovvero di tutti i doveri, di tutti i diritti e di tutti gli
effetti, sia sul piano personale sia sul piano patrimoniale.

Solo a seguito di divorzio che i coniugi possono convolare a nuove nozze.

Tuttavia mentre l’uomo può intraprendere immediatamente le pratiche per la


celebrazione di un nuovo matrimonio, la donna è invece tenuta ad aspettare un
periodo di 300 giorni.

L’ordinamento tende infatti a tutelare eventuali nascituri, evitando situazioni


d’incertezza in merito alla paternità del nuovo figlio.

DIRITTI E DOVERI DEI FIGLI


La disposizione contenuta nell'art. 315 del codice civile afferma che “tutti i figli
hanno lo stesso stato giuridico" e quindi funge da connessione fra la disciplina della
filiazione e quella relativa alla responsabilità genitoriale.

In particolare ogni figlio ha dei diritti che devono essere garantiti dai genitori,
ovvero:

- essere mantenuto
- essere educato e istruito
- essere assistito moralmente
- crescere in famiglia
- mantenere rapporti significativi con i parenti

Tutti i diritti elencati devono essere non solo garantiti ma vanno conseguiti nel
rispetto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.

Inoltre ogni figlio ha fondamentalmente 2 doveri, che consistono nel:

- rispettare i genitori
- contribuire al mantenimento della famiglia, finché convive con essa, in
relazione alle proprie capacità.

POTESTA’ GENITORIALE
La potestà genitoriale, o responsabilità genitoriale, è disciplinata dall’art. 316 del
codice civile, e va esercitata di comune accordo, tenendo conto delle capacità, delle
inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.

Più in dettaglio i genitori stabiliscono la residenza abituale del minore, e in caso di


contrasto su questioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere
al giudice.

Il giudice, dopo aver sentito i genitori e ascoltato il figlio (nel caso in cui egli abbia
compiuto 12 anni o sia comunque in grado di discernere) ha il compito di suggerire
le modalità di risoluzione più idonee.

Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere decisionale al genitore che


ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio nel singolo caso.

Va precisato che ogni genitore che riconosce un figlio esercita la responsabilità


genitoriale sullo stesso, e nel caso in cui avviene il riconoscimento di un figlio nato
al di fuori del matrimonio da parte di entrambi i coniugi, l’esercizio della
responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale ha normalmente il compito


di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

PARENTELA E AFFINITA’
La legge italiana distingue diverse tipologie di rapporto nell'ambito della famiglia, in
particolare distinguendo nettamente fra parentele e affinità.

Si parla di parentela solo tra i soggetti che discendono da uno stesso stipite, ovvero
uno stesso ascendente.

Per fare un esempio, secondo la legge, sono parenti i fratelli, perché hanno in
comune lo stesso genitore, sono parenti un padre ed un figlio, perché hanno in
comune uno stesso ascendente, ovvero il nonno.

Relativamente alla parentela, la legge distingue 2 linee, ovvero:

- Linea Retta (persone di cui l'una discende dall'altra, come un padre e un figlio)
- Linea Collaterale (persone che, pur avendo un ascendente comune, non
discendono una dall'altra, come i fratelli precedentemente citati).

E’ importante sottolineare inoltre che legge italiana non riconosce il vincolo di


parentela oltre il sesto grado.

L’affinità è il vincolo esclusivo che si crea tra un coniuge e i parenti dell'altro


coniuge: ciò significa che a seguito del matrimonio non si creano vincoli di alcun tipo
tra parenti di un coniuge e parenti dell'altro coniuge.

Ancora diverso è il rapporto che si crea tra coniugi, che non rientra né nella
parentela né nell’affinità: si parlerà in questo caso di coniugio.

STATUS DI FIGLIO
Con il termine status si indica la posizione di un soggetto in relazione a un
determinato contesto sociale.

Lo status può essere di diritto pubblico (ad esempio quello di cittadino) o di diritto
privato (ad esempio, quello di figlio o di coniuge).

Nell’ambito del diritto di famiglia vale la pena approfondire lo status di figlio, che
indica l’insieme delle circostanze idonee ad accertare il rapporto di filiazione con i
genitori.

In passato si distingueva fra figli legittimi (nati nel matrimonio) e naturali (nati al di
fuori del matrimonio), ma attraverso una serie di interventi legislativi ogni
trattamento differenziale è stato abolito.

Ciò non toglie tuttavia che possano sorgere controversie circa la paternità del figlio,
e l’esistenza del matrimonio comporta la:

- Presunzione di Paternità (si presume che il marito sia il padre del figlio
concepito durante il matrimonio, secondo l’art. 231 del codice civile)

- Presunzione di Concepimento (si presume concepito durante il matrimonio il


figlio nato quando non sono ancora trascorsi 300 giorni dal divorzio)

L'accertamento della maternità, invece, non pone particolari problemi poiché, come
afferma il famoso detto latino "mater sempre certa est".

FILIAZIONE
La filiazione è il rapporto che intercorre tra i genitori e i figli ed assegna ai primi il
dovere di istruirli ed educarli, indipendentemente dalla loro condizione di figli
legittimi o naturali.

Si distinguono infatti diverse condizioni di procreazione che possono dare origine a:

- Figli Legittimi (concepiti all’interno del matrimonio)


- Figli Naturali (concepiti al di fuori dal matrimonio)
- Figli Incestuosi (concepiti tra parenti e affini)

Accanto alle forme di filiazione appena citate la legge introduce una 4° fascia non
dovuta a procreazione, che prende il nome di Filiazione Adottiva.

Ciò non toglie che possano sorgere controversie circa la paternità del figlio, e
l’esistenza del matrimonio comporta la:

- Presunzione di Paternità (si presume che il marito sia il padre del figlio
concepito durante il matrimonio, secondo l’art. 231 del codice civile)

- Presunzione di Concepimento (si presume concepito durante il matrimonio il


figlio nato quando non sono ancora trascorsi 300 giorni dal divorzio)

L'accertamento della maternità, invece, non pone particolari problemi poiché, come
afferma il famoso detto latino "mater sempre certa est".

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