· leggi statali
· leggi costituzionali
· norme che non sono leggi come ad esempio i trattati dell’Unione
Europea, che sono recepiti e in
alcuni casi concepiti con legge.
Nel TESTO CONTRATTUALE abbiamo alla base il CONTRATTO che è
l’accordo tra due parti, e nel momento della conclusione del contratto, esso ai sensi
dell’art. 1372 c.c. acquista forza di legge tra le parti, si instaura dunque una
vincolabilità.
Il TESTO SENTENZA detiene al centro la problematica del conflitto.
La lite non può essere risolta come più di duemila anni fa con la legge del più forte
poiché essa è stata superata dalla formazione dell’ordinamento giuridico che
conferisce un nuovo modo per sciogliere i conflitti attraverso una procedura,
affidando la risoluzione a un organo (oggi Stato), o a un cittadino privato
imparziale che decida la controversia. Se colui che vince la controversia ha
ragione si può dire che sia stata fatta giustizia, al contrario se il vincitore non ha
ragione e chi perde non ha torto siamo di fronte ad una sentenza giudiziaria
ingiusta.
Nel mondo odierno il termine GIURISPRUDENZA non indica, come per le
istituzioni di diritto romano, i giuristi ma si indicano le sentenze dei giudici.
Quando si vuol fare riferimento alle opere dei giuristi si parla di DOTTRINA
GIURIDICA, di scienza giuridica.
Oggetto di studio della giurisprudenza è quello di un testo normativo e della sua
interpretazione.
“Il segno di distinzione di ogni comunità organizzata è il diritto. Con il termine
DIRITTO si fa riferimento al modo e alle forme in cui ciascuna società si
organizza, si ordina: di qui, l’altra espressione ordinamento giuridico; dettare
regole per i rapporti tra i consociati, stabilire attraverso quali meccanismi altre
regole possano essere stabilite, e possano venire, modificate o soppresse le norme
in vigore; affidare a determinate persone o collegi di persone il compito di
assicurarne il rispetto e di risolvere i contrasti che ne accompagnano la concreta
applicazione: così può descriversi in maniera elementare, l’ordinamento giuridico
in ogni comunità di uomini”
- Rescigno “Manuale di diritto privato”2000
La prima parte della frase del giurista fa riferimento alla produzione del diritto.
Il diritto è un prodotto artificiale, perché vi è quell’aspirazione da parte dell’uomo
di avere un catalogo di regole immodificabili. Dunque, si può intendere il diritto
come prodotto artificiale e storico.
Ad esempio, quando entrò in vigore il codice civile, la dignità umana in quella
fase storica in cui vi erano i campi di sterminio, aveva una diversa concezione. O
ancora, la differenza di genere sulla quale si fondavano istituti come il lavoro, la
famiglia non era come oggigiorno.
Nel vecchio testo dell’art 1 del c.c. riguardante la capacità giuridica, nel terzo
comma si riporta in nota la differenza tra genere e razza
Tutto ciò per spiegare che il diritto è di natura mutevole, esso è il prodotto di un
determinato contesto, sociale e culturale.
Quando si parla di “affidare a determinate persone o collegi di persone il compito
di assicurarne il rispetto e di risolvere i contrasti che ne accompagnano la concreta
applicazione” si fa riferimento al processo e alle sue regole. Il contrasto si risolve
attraverso l’applicazione di regole affidandone la risoluzione a determinate
persone o collegi di persone.
‘Il diritto è dominio sulla volontà altrui:
• dei governanti sulla volontà dei governati,
• del creditore sulla volontà del debitore, del proprietario sulla volontà di tutti i
consociati (ERGA OMNES)
• del giudice sulla volontà delle parti in causa”
Qui si parla del potere come dominio conferito dal diritto, ad esempio il creditore
detiene potere sul debitore, mentre quando si parla di un proprietario si fa
riferimento alla proprietà
La PROPRIETÀ viene qualificata dal giurista Gaio nelle ‘Istituzioni’ MEUM
ESSE, ossia si sottolinea la propria proprietà su un oggetto nei confronti di altri. Si
esercita il proprio dominio verso tutti e vi è quindi un concetto di esclusione, non
di inclusione.
Quindi cos’è il diritto? È uno strumento di potere regolamentato e non lasciato alla
forza fisica.
· IUS PUBLICUM.
Irti mette in evidenza anche due aspetti del diritto privato:
· lo schema creditore/debitore che ci rimanda al libro IV del Codice
Civile che è diviso in OBBLIGAZIONI (di cui ne vengono evidenziate
subito le fonti come il contratto e gli atti illeciti), poi il CONTRATTO
GENERALE, i CONTRATTI TIPICI che sono espressamente disciplinati
dalla legge) e le RESPONSABILITÀ CIVILI.
Il rapporto creditore/debitore è sempre un rapporto a due, anche se può esserci
una pluralità di creditori o debitori, ma nonostante questo il rapporto rimane
sempre a due
ARTICOLO 41.
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
ARTICOLO 42.
La proprietà è pubblica o privata.
I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi
di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e
di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo,
espropriata per motivi di interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria
e i diritti dello Stato sulle eredità.
Nel momento in cui si parla di fonti del diritto, si fa riferimento alla scala
gerarchica sul cui podio vengono riportate le leggi, i regolamenti, le norme
corporative. Quando entrò in vigore la Costituzione, quella scala gerarchica si
alterò perché mentre quella precedente prevedeva sul gradino più alto la legge,
adesso viene aggiunto un gradino superiore in cui vi è la Costituzione quindi dal
1° gennaio 1948 quell’elenco si arricchisce di una fonte del diritto fondamentale
che addirittura prende il primo posto nella scala gerarchica delle fonti. La scala
gerarchica divenne quindi:
COSTITUZIONE e LEGGI COSTITUZIONALI
LEGGI
REGOLAMENTI
USI
In questa struttura gerarchica delle fonti, la fonte sottordinata deve essere
conforme alla fonte sovraordinata ma una volta che si riscontri la eventuale
difformità potrà essere rimossa in tre modi:
• il legislatore interviene modificando la legge difforme da Costituzione e
introduce una nuova legge a disciplinare quella stessa materia conforme ai
principi della Costituzione. È esattamente ciò che accadde nel 1975 con
riferimento al diritto di famiglia e quindi per rendere conforme tutta la
disciplina codicistica sulla famiglia ai principi della Costituzione.
atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione
tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle
accuse promosse contro il Presidente della Repubblica a norma della Costituzione
ARTICOLO 135.
per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme
magistrature ordinaria ed amministrativa.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle
giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrativa, i professori ordinari di
università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per
ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente
nominati.
· la persona umana.
C'è anche una terza modalità d’impatto, ed essa riguarda tutti gli interpreti
(giudice, studioso, studente, avvocato).
Questa terza modalità avviene attraverso l’interpretazione costituzionalmente
orientata. Questo discorso si riallaccia all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge
in generale, che detta i criteri di interpretazione della legge (il criterio letterale e la
ratio legis), ebbene questi criteri sono integrati con questo.
Con l’entrata in vigore della costituzione, l’attività di interpretazione di un testo
normativo deve avvenire nel contesto costituzionale, all’interno dei principi sanciti
dalla costituzione.
Quindi l'attività dell’interprete si complica perché non basta tener conto del
significato delle parole (secondo la loro connessione logica, sintattica,
grammaticale, ortografica etc..) e non basta nemmeno tener conto della funzione
della norma (ratio legis), ma l’interpretazione deve avvenire nella cornice dei
principi costituzionali, essi diventano quindi un criterio interpretativo importante.
Oltre alle due valutazioni del giudice si aggiunge quindi un terzo elemento, che
non è stabilito dalla legge ma è stabilito dalla giurisprudenza costituzionale, cioè il
giudice deve rimettere alla corte costituzionale le questioni che non possano essere
da lui risolte in via interpretativa. Se il testo normativo consente di interpretare la
norma in modo costituzionalmente orientato non c’è
bisogno dell’intervento della corte costituzionale (lui fa l’interpretazione
costituzionalmente orientata).
Se invece le parole di cui si compone il testo normativo non consentono al giudice
di interpretarle in modo costituzionalmente orientato, egli deve rimettere la
questione alla corte costituzionale.
Un testo normativo di per sé è una composizione linguistica, ed un testo
linguistico difficilmente consente una sola interpretazione perché generalmente ne
consente una pluralità.
Quando una norma presenta dubbi di costituzionalità il giudice si deve interrogare
riguardo la possibilità di interpretarla in modo costituzionalmente orientato (se è
consentito dal testo normativo). Questo problema si pone anche all’avvocato,
come ad esempio la necessità di interpretare delle norme riguardo un parere del
suo cliente.
Se per esempio si danno tre interpretazioni di un testo normativo, se una di esse è
costituzionalmente orientata, quest’ultima è quella preferibile, perché è quella
orientata ad un determinato principio della carta costituzionale. Si tratta
principalmente di un criterio selettivo.
La costituzione entra quindi nell’interpretazione, non si può prescindere da essa,
perché i primi 15 articoli di essa sono i “principi fondamentali”.
Principi generali dell’ordinamento giuridico dello stato italiano furono contenuti
nella CARTA DEL LAVORO, che fu abrogata con la caduta del regime fascista.
Quei principi si trovano oggi nella costituzione.
Qual è il dibattito che si è posto una volta entrata in vigore la costituzione? Il
dibattito che si è acceso tra i costituzionalisti e all’interno della stessa corte
costituzionale è che si tratti di principi programmatici o principi che hanno una
loro precettività ?
Se si tratta di principi e quindi di un testo normativo programmatico, il programma
deve essere realizzato da qualcuno (cioè il legislatore). La costituzione fissa una
serie di principi che devono poi essere realizzati dal legislatore e questo fu
l’orientamento che sembrava prevalente all’inizio.
Il secondo orientamento invece, cioè la natura precettiva delle norme
costituzionali, è stato favorito dal fatto che il legislatore interveniva con grandi
ritardi per realizzare i programmi contenuti nelle norme. Ad esempio, la
costituzione è entrata in vigore nel 1948 e la riforma del diritto della famiglia
avvenne nel 1975, quindi 27 anni dopo. Questo indica una lentezza del legislatore
italiano nella traduzione, declinazione in disciplina legislativa dei principi
contenuti nella carta costituzionale. Questo ha favorito quindi il secondo
orientamento ovvero la precettività dei principi costituzionali.
Per precettività si intende una diretta applicabilità, ed essa è stabilita dalla corte
costituzionale con una decisione del 1956. La corte costituzionale ha detto “le
norme costituzionali sono di
immediata applicabilità” ciò significa che queste norme possono essere applicate
direttamente senza che un legislatore faccia da mediatore. Questa è diventata la
posizione nettamente prevalente.
Un esempio di utilizzo immediato della costituzione nelle sentenze è il principio di
solidarietà economica previsto nell’articolo 2 della costituzione nell’ultima parte
(spesso evocato dai giudici ordinari).
Esso è spesso evocato in controversie aventi ad oggetto l’interpretazione di un
contratto per riequilibrare il rapporto tra i contraenti, qualora esso fosse
squilibrato.
Un esempio recente è stato quando, durante il lockdown, dei servizi commerciali
hanno dovuto chiudere. I commercianti avevano un contratto di locazione
dell’immobile dove esercitavano la loro attività commerciale, quindi si sono rivolti
dapprima al locatore affermando che non potevano pagare il canone
di locazione perché non avevano potuto lavorare. Dato che il commerciante ha
firmato il contratto dove si impegna a pagare il prezzo di locazione, esso si rivolge
al giudice al fine di ridurre il canone di locazione, presumibilmente per un anno
dato che i clienti sono diminuiti significativamente e di disporre che non venga
pagato il canone di locazione per i mesi della chiusura obbligata. Dato che vi è un
contratto, come può intervenire il giudice?
Il giudice interviene sulla base del principio di solidarietà economica e sociale
previsto dall’articolo 2 della costituzione. Questo consente al giudice di entrare nei
contenuti del contratto e modificarli contro
la volontà della parte.
GIURISPRUDENZA I ANNO: DIRITTO PRIVATO 12/10/2020
Abbiamo visto che l’entrata in vigore della costituzione ha grande impatto sul
diritto privato e che la carta costituzionale entra nel “quotidiano
dell’interpretazione” dei testi normativi che attengono al diritto privato.
Al fine di dare una sistemazione definitiva all’elenco gerarchico delle fonti, è
necessario accennare alle fonti del diritto dell’unione europea. Le fonti del diritto
europeo primario vanno a collocarsi allo stesso livello della costituzione italiana.
Nel momento in cui le fonti dell’euro diritto primario che sono:
· TRATTATI DELL’UNIONE EUROPEA
· CARTA DI NIZZA
3. CARTA DI NIZZA
si vengono a trovare sullo stesso piano, non c’è un rapporto gerarchico tra loro e
tutti e tre si pongono sul piano della Costituzione.
Sul gradino più alto del nostro sistema delle fonti troviamo:
Costituzione, Trattato Dell’Unione Europea, Trattato Sul Funzionamento
Dell’Unione Europea, Carta di Nizza e Sentenze della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea
che sono sentenze interpretative vincolanti e analoghe a quella che la Corte
Costituzionale dei singoli Stati membri fornisce di alcune norme, laddove dica che
quelle norme siano considerate costituzionali a condizione che si interpretino in
questo modo.
Dal 2009 con il trattato di Lisbona si è avuta la consolidazione dei trattati.
Quindi dal 1° dicembre 2009 abbiamo che quello che era il trattato di Maastricht,
si è come spacchettato in due testi normativi di rango superiore, trattato UE e
trattato del funzionamento dell’Unione Europea.
Il diritto dell’Unione Europea si divide in DIRITTO PRIMARIO e DIRITTO
DERIVATO. Questo che abbiamo trattato finora è il diritto primario.
Il diritto derivato invece, è costituito da due grandi fonti:
• Trattato UE.
• Carta di Nizza.
5. deve far riferimento anche alle sentenze della Corte di Giustizia ovvero
l’unico sovrano interprete del diritto europeo.
6. deve far riferimento anche ai principi che sono contenuti nella Carta
Europea dei Diritti dell’uomo.
7. deve far riferimento anche alle interpretazioni di questi principi che viene
data dalla Corte di Strasburgo che è l’unica interprete europea della carta
dei diritti dell'uomo, omologa a quella di Giustizia.
Più il sistema delle fonti si complica, tanto più spazio ha la
discrezionalità/creatività del giudice e quanta più discrezionalità ha il giudice tanto
più è imprevedibile l'esito del giudizio.
Ecco perché si pone il problema della certezza del diritto e ci si chiede come si
può tornare ad un'accettabile prevedibilità della decisione giudiziaria.
In passato i testi normativi venivano studiati ed elaborati da giuristi, professionisti
e poi venivano approvati dal Parlamento con testi sufficientemente chiari.
Oggi non è più così, spesso la tecnica di redazione dei testi normativi è
improvvisata e non elaborata quindi l'interprete è chiamato a interpretare un testo
normativo poco chiaro e, in aggiunta a ciò, vi è anche il fatto che la legislatura
ordinaria, ha ceduto il passo alla legislazione straordinaria che, inizialmente
concepita come straordinaria, è divenuta ordinaria.
L’elaborazione dei decreti-legge di urgenza, sono ”pacchetti normativi” per
particolari fenomeni e danno luogo a delle modifiche che avvengono dopo 60
giorni. Bisogna sempre tener conto del periodo in cui sono stati in vigore, 60
giorni ,in forza di legge.
BREVE ACCENNO DEL SISTEMA GIUDIZIARIO
Nel nostro paese il sistema giudiziario prevede una giurisdizione ordinaria ,
amministrativa, contabile della Corte dei Conti e poi ci sono alcune giurisdizioni
speciali.
Quella ordinaria di giurisdizione è civile, penale e tributaria, ma com'è
organizzata?
In modo sommario, la struttura organizzativa del nostro ordinamento giudiziario è
una struttura fondata su tre gradi di giudizio:
Il primo grado davanti al tribunale ordinario diffuso sul territorio. Vi è un tribunale
in ogni città capoluogo di provincia ma ci sono anche città che non sono
capoluoghi di provincia ma sedi di tribunali.
Il TRIBUNALE esamina l'esito della controversia e da luogo alla sentenza di
primo grado.
Sopra ai tribunali vi sono le CORTI D’APPELLO, che sono inferiori rispetto al
numero dei tribunali, infatti vi è una Corte d'Appello in ogni regione.
Tuttavia, ci sono delle regioni che per la loro estinzione o per la loro tradizione
giuridica hanno una pluralità di corti d'appello ma in via generale ve n’è una per
ogni regione.
La sentenza del tribunale di primo grado può essere impugnata di fronte alla
Corte d'Appello.
La Corte d'Appello decide e a sua volta, la sua sentenza può essere impugnata
davanti alla CORTE DI CASSAZIONE che dal 1923 è una sola mentre prima vi
erano più Cassazioni a livello nazionale. Appunto dal 1923 è stata unificata
nell'unica Corte di Cassazione del regno avente sede a Roma, oggi è la Corte di
Cassazione della Repubblica Italiana.
La Corte di Cassazione è a sua volta organizzata in sezioni semplici: civile, penale
e tributaria perché si può arrivare davanti alla Cassazione anche per le
controversie che si hanno contro l’Agenzia delle Entrate.
Vi sono sezioni unite all'interno della Cassazione per risolve le questioni che
risultano essere controverse rispetto alle sezioni semplici.
Il problema della differenza di decisione è il fatto che per l'estrema discrezionalità
del giudicare in un sistema di fonti così caotico, può capitare che le stesse sezioni
della Cassazioni su controversie simili, abbiano orientamenti diversi ed assumano
decisioni diverse così da creare un contrasto di giurisprudenza all'interno della
Cassazione.
Quando siamo in presenza quindi di una questione della massima rilevanza oppure
di un contrasto giurisprudenziale interno alla Cassazione, intervengono le sezioni
unite.
Salvo alcune materie come ad esempio quelle della famiglia o dell’impresa, la
decisone di primo grado è monocratica, cioè vi è un giudice solo.
Per ciò che concerne invece il tema della famiglia e/o dell’impresa, le decisioni
sono assunte da un collegio di tre giudici (collegiali).
Il Collegio delle sezioni unite è composto da 15 giudici.
CHE FUNZIONE HA LA CORTE DI CASSAZIONE?
La funzione della corte di Cassazione è prevista dalla legge, ed in particolare
dall'ordinamento giudiziario degli anni 40, il quale prevede che essa abbai il
compito di assicurare:
“l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto
oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”
art.65 primo comma del regio decreto n.12
L'ordinamento giudiziario negli anni è stato evidentemente e profondamente
modificato ma nonostante questo, l’articolo sopra citato, dove sono previste le
funzioni della Corte di Cassazione è rimasto eguale. La Corte di Cassazione deve
applicare l'esatta osservanza, deve controllare una sentenza della Corte d'Appello,
esercitare un controllo di legittimità, per questo viene anche detto giudice di
legittimità.
La Cassazione non riesamina i fatti, perché i fatti vengono riesaminati dal
tribunale e li riesamina la Corte d'Appello, ma i fatti poi si consolidano, cioè si
consolida la verità processuale che non è detto coincida con la verità reale, anche
perché il giudice civile deve ricostruire i fatti secondo l'apparato di prove che gli
viene fornito.
Si consolida nel primo e secondo grado una verità processuale ed è quella che
conta e che viene interpretata dal diritto e su quella verità processuale il giudice
decide dando il torto o la ragione.
La Corte di Cassazione fa un controllo di legittimità, ovvero controlla come è
stata interpretata e applicata la legge e come sono stati applicati i testi normativi
coinvolti nella controversia rilevanti al fine del decidere. Nello svolgere questo
fondamentale compito deve assicurare l'esatta osservanza, ovvero che il diritto sia
interpretato correttamente secondo i canoni interpretativi dei testi normativi.
È molto difficile il compito della Corte di Cassazione e spesso si assiste a contrasti
giudiziali, proprio perché le sezioni unite devono comporre i contrasti fra le
sezioni semplici, o all'interno delle sezioni semplici.
Un presidente della Corte di Cassazione che si chiama Giovanni Canzio dichiara
in una relazione: “oggi siamo in presenza di un diritto liquido”, espressione
molto efficace per evidenziare l'imprevedibilità della decisione. L'aumentata
discrezionalità legata alla moltiplicazione e frantumazione del sistema delle fonti è
una grave patologia, quindi bisogna evitare la deriva del giudizio liquido, o del
diritto liquido cioè la deriva di una discrezionalità dei giudici, di una mancanza di
uniformità dell'interpretazione dei testi normativi tali da rendere assolutamente
imprevedibile la decisione giudiziaria.
Per rimediare a ciò, è necessario rendere i testi normativi più chiari, tuttavia la via
dei testi normativi chiari è un’aspirazione che sembra almeno per parecchio tempo
rimanere, quindi la via che è stata intrapresa è stata quella di rendere per legge
vincolanti i precedenti giudiziali. Che significa questo?
Noi viviamo in un sistema giuridico, invece nel sistema anglosassone il diritto è
essenzialmente giurisprudenziale. Infatti, c'è la regola del sottostare alle decisioni,
nel senso che i giudici sono vincolati dal rispettare il precedente, quindi il
precedente è vincolante ed eventualmente bisognate motivare la ragione per cui si
decide di non seguirlo.
Fino a una ventina di anni fa nel nostro ordinamento ci si poteva distaccare dal
precedente, da una giurisprudenza anche della Cassazione consolidata senza darne
adeguata motivazione, e questo faceva accentuare l'imprevedibilità. Mancava una
norma che vincolasse i giudici al rispetto dei precedenti giudiziali.
Oggi invece sono intervenute alcune riforme del processo civile, l'ultima della
quale è stata avviata da Giovanni Canzio, Presidente della Cassazione grazie alla
quale sono entrate in vigore delle norme, così da rendere vincolanti per legge i
precedenti giudiziali.
Il legislatore ha stabilito quali sono i precedenti vincolanti della Corte di
Cassazione che corrispondano a :
Stando all’art. 5 del Codice Penale, nessuno può invocare a propria scusa
l'ignoranza della legge. Tuttavia, su quest’articolo la Corte Costituzionale, con la
sentenza n° 364 del 1988, è intervenuta dichiarando che è illegittimo l'articolo 5
del Codice Penale nella misura in cui non esclude dalla inescusabilità per
ignoranza della legge penale, l'ignoranza inevitabile che si ha o quando il testo
normativo o quando vi è contrasto giurisprudenziale sull'interpretazione.
È una sentenza interpretativa additiva perché è come se aggiungesse un pezzo
all'interno della norma e introducesse una previsione all'interno della norma.
Da un punto di vista storico, l'Italia riparte all'inizio degli anni ʹ60 considerando
che gli anni ʹ50 sono anni in cui la nuova macchina dello Stato, i nuovi organi
cominciando dall'organo massimo di garanzia della Costituzione ovvero la Corte
Costituzionale che sono stati costruiti con la Costituzione, lentamente si mettono
in moto. In un passaggio così traumatico dato dal rimescolio della classe dirigente
del paese, salgono al potere uomini che erano stati esiliati condannati a morte,
magari erano fuggiti, erano stati perseguitati dal vecchio sistema.
Gli anni ʹ60 sono la svolta per il diritto e a partire da quegli anni fino ad oggi, si
possono distinguere tre periodi che sono all'incirca tre ventenni:
• i primi venti anni dal ’60 sono gli anni della grande svolta quando cioè i
principi della carta costituzionale, entrata in vigore il primo gennaio del
1948, incominciano a produrre i loro effetti. Questo primo ventennio 1960-
1980 lo si può qualificare con un'espressione inventata da uno studioso,
Natalino Irti:
l'età della decodificazione
CODICE CIVILE
LIBRO PRIMO
TITOLO I: DELLE PERSONE FISICHE
Quando il Codice utilizza il termine “persone”, non fa riferimento soltanto alle
persone in carne ed ossa, ma mette sullo stesso piano la persona fisica e la
persona giuridica.
La Costituzione ha una concezione diversa di persona umana rispetto a quella del
Codice del 42 e introduce un’importante espressione: dignità. Oggi quando si
parla di persona si fa riferimento alla persona umana, con la connotazione della
dignità.
Il Codice del 42 (vedi pag. 209) prevedeva anche un principio di disuguaglianza
sotto il profilo della CAPACITÀ GIURIDICA, che è la capacità di essere titolari
di rapporti giuridici, di diritti e doveri.
Oggi è connaturata con la nascita, addirittura la precede, e nessuno mette in dubbio
che spetti a chiunque. Il termine persona proviene dal latino persona, e questo
probabilmente dall'etrusco phersu (“maschera dell'attore”) e ci lascia capire come
dietro la maschera, possa celarsi qualcosa. È un termine che si addice più alla
nozione di persona giuridica che a quella di persona fisica.
La persona giuridica è infatti un qualcosa costruito artificialmente dagli esseri
umani dietro a cui si celano gli uomini stessi.
GIURISPRUDENZA I ANNO: DIRITTO PRIVATO 21/10/2020
Prima della Costituzione, il diritto tendeva solo a regolare gli aspetti patrimoniali
dell’uomo e della società. I diritti dell’uomo e tutto il dibattito riguardante la
soggettività giuridica si sviluppano nel modo in cui oggi lo conosciamo a partire
dalla metà del secolo scorso, quindi dopo la Seconda Guerra Mondiale.
È un diritto solo tra la persona ed il bene. Gli altri devono limitarsi a non
turbarlo.
I DIRITTI SOGGETTIVI RELATIVI sono quei diritti per cui il titolare può
soddisfare il suo interesse ed esercitare il suo diritto attraverso la cooperazione
altrui.
ES. diritto di credito, io ho il diritto al che il soggetto mi dia una somma di
denaro ma io per avere quella somma di denaro ho bisogno che il creditore
adempia alla consegna.
• DIRITTI REALI
• DIRITTO AL NOME
• DIRITTO ALL’IMMAGINE
Sono tutti quei diritti che attengono all’uomo come soggetto di diritto, e quindi
possiamo dire appartengono a tutti.
Possono però essere RINUNCIABILI entro certi limiti e per alcune categorie
specifiche:
ES. non possono essere donati e venduti gli organi. È reato perché va a ledere
l’integrità psicofisica; è permesso solo a fini terapeutici, solo quando sono
d’aiuto ad altri affinché guariscano. Attenzione! Non si parla di donazione
degli organi dopo la morte. Parliamo di donazione di midollo osseo, che è
ammissibile, donazione (e non vendita) del sangue, che è comunque una
lesione psicofisica ed una diminuzione, ammessa perché non comporta
problemi.
Per ciò che concerne il diritto alla reputazione e all’immagine sono rinunciabili ma
è sempre ammessa la regola del consenso
ES. quando viene data una nostra immagine a scopo pubblicitario in particolare si
parla di persone famose o sportivi vi è sempre un contratto che vincola. Non ci si
può sciogliere unilateralmente da un obbligo da contratto, se ha ad oggetto il
consenso di un soggetto di diritto della personalità è sempre ammissibile la regola,
come eccezione dei diritti della personalità.
Ovviamente ci può essere una forma di indennizzo, non proprio di risarcimento
perché se vi è risarcimento vuol dire che si è commesso un illecito, ma comunque
è lecito ed ammesso sempre revocare il consenso.
Quindi tutti i diritti della personalità sono IMPRESCRITTIBILI, INALIENABILI,
REVOCABILI con i limiti che abbiamo visto ed è sempre lecita la regola del
consenso.
CAPACITÀ GIURIDICA
è la capacità di essere titolari di ogni situazione giuridica soggettiva, essere
titolari di un diritto è come esercitarlo, la capacità giuridica non dà la capacità di
esercitare un diritto. Si acquista al momento della nascita.
CAPACITÀ D’AGIRE
capacità di esercitare i poteri e le facoltà che sono insite in un diritto. Si
acquista di regola con il compimento del diciottesimo anno di età. Infatti, fino ai
diciotto anni l’ordinamento prevede la figura del rappresentante legale, che nel
caso dei minori sono i genitori.
La capacità giuridica si acquista alla nascita, che è intesa come il momento in cui
il feto esce dal grembo materno ed esala un respiro. Nel caso in cui il feto uscisse
dal grembo materno ma non respirasse, non viene considerato nato. La
respirazione viene considerata l’unica funzione che durante la gravidanza,
all’interno dell’utero, non viene esercitata.
CODICE CIVILE LIBRO PRIMO: DELLE PERSONE E DELLA
FAMIGLIA
TITOLO 1
1. CAPACITÀ GIURIDICA
La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento
della nascita.
DIRITTO ALL’IMMAGINE
DIRITTO ALL’OBLIO
Si tratta del diritto alla riservatezza. Se quel carattere pubblico non è più attuale,
è illegittimo che un soggetto continui a vedere esposti fatti della propria vita.
ES. un personaggio pubblico che abbandona il mondo dello spettacolo ha diritto
alla riservatezza.
Un altro esempio può essere un caso della Cassazione che ha coinvolto la Rai.
La vicenda era questa:
un noto cantante che era in un ristorante con i suoi amici, si vede irrompere un
giornalista all’interno del locale per fargli delle domande. Il cantante ha una
reazione eccessiva e molto nervosa che verrà diffusa ovunque. Ai tempi era
legittimo che la Rai diffondesse queste immagini della reazione di quel noto
cantante in virtù del suo carattere pubblico. Dopo 5/6 anni la Rai rimanda in onda
questo servizio, all’interno di una rubrica che faceva una classifica dei personaggi
famosi più antipatici, riproponendo appunto quel video. Questa seconda
riproduzione venne giudicata dalla Cassazione come illegittima, proprio perché
quel servizio non aveva più un’attualità e un interesse pubblico, dato che il
cantante si era ritirato dalle scene.
La Cassazione, quindi, condannò la Rai proprio per aver violato il diritto all’oblio
di quel soggetto.
GIURISPRUDENZA I ANNO: DIRITTO PRIVATO 27/10/2020
PERSONE GIURIDICHE
Abbiamo sempre fatto riferimento alla persona fisica, ma nel tempo si è avvertita
l’esigenza di creare un nuovo centro di imputazione di interessi.
Questo perché tutte le volte che dei soggetti si uniscono per perseguire un fine, il
fine non è più il fine del singolo o dei singoli, ma è il fine di questo ente e questo
fa sì che sorga la necessità di creare un autonomo centro di imputazione che
andasse oltre la persona fisica. Vi era l’esigenza che i soggetti potessero associarsi
per perseguire degli scopi che potevano essere di lucro o meno e che venissero
regolate tutte quelle fattispecie che potevano essere l’imputazione del patrimonio o
chi rispondeva delle obbligazioni contratte nell’interesse dell’ente.
Nel Codice Civile si vede ancora lo scetticismo che c’era da parte dello Stato nei
confronti delle associazioni, ma dove si vede questo scetticismo? Dall’art. 12 del
libro primo che verrà abrogato nel 2000.
CODICE CIVILE LIBRO PRIMO: DELLE PERSONE E DELLA
FAMIGLIA
TITOLO II
12. PERSONE GIURIDICHE PRIVATO *ABROGATO*
Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la
personalità giuridica mediante il riconoscimento concesso con decreto del
Presidente della Repubblica. Per determinate categorie di enti che esercitano la
loro attività nell'ambito della provincia, il Governo può delegare ai prefetti la
facoltà di riconoscerli con loro decreto.
Notiamo quindi che secondo questo articolo non c’è una libertà piena di associarsi
quindi alcuni soggetti non possono liberamente associarsi e creare enti. È
possibile creare enti solo mediante il riconoscimento dello Stato che dà
l’approvazione. Viene fatto un controllo sullo scopo che deve essere lecito e
conforme ai valori perseguiti dallo Stato e veniva fatta anche una valutazione per
quanto riguarda il patrimonio che doveva essere idoneo allo scopo per il quale
l’ente stava sorgendo.
Un’altra limitazione la troviamo nell’art. 17, abrogato nel 1997.
CODICE CIVILE LIBRO PRIMO: DELLE PERSONE E DELLA
FAMIGLIA
TITOLO II
17. ACQUISTO DI MOBILI E ACCETTAZIONE DI DONAZIONI,
EREDITÀ E LEGATI
La persona giuridica non può acquistare beni immobili, né accettare donazioni o
eredità, né conseguire legati senza l'autorizzazione governativa.
Senza questa autorizzazione l'acquisto e l'accettazione non hanno effetto.
Capiamo quindi che vi era un controllo da parte dello Stato non solo alla nascita,
ma anche durante la vita dell’ente.
Questo controllo lo si vede anche allo scioglimento dell’ente con l’art. 27 di cui
l’ultimo comma fu abrogato nel 2000.
LE COOPERATIVE
Le COOPERATIVE non rientrano tra le associazioni e le fondazioni; esse sono
società che svolgono un'attività economica e perseguono un fine di lucro di tipo
mutualistico nei confronti di una determinata categoria di persone.
I COMITATI
I COMITATI, invece, sono una via di mezzo tra le associazioni e le fondazioni;
in questo caso, è presente l'ELEMENTO PERSONALE perché vi sono i
componenti del comitato, coloro che prendono l'iniziativa e istituiscono il
comitato. Non è presente, al contrario, un'assemblea o i soggetti che svolgono un
controllo sull'attività degli amministratori. I comitati sono molto specifici e i loro
componenti (più simili agli amministratori delle fondazioni che invece agli
associati delle associazioni) non possono modificare lo scopo fissato nell'atto
costitutivo. Possono, inoltre, essere sia RICONOSCIUTI che NON
RICONOSCIUTI (art.41 c.c.). I componenti, quindi, sono quella cerchia ristretta
che dà vita al comitato, i sottoscrittori sono quei soggetti che successivamente, una
volta sorto il comitato, ritengono di aderire, di aiutare quest'ultimo e devolvono
delle piccole somme affinché il comitato possa operare. I sottoscrittori però non
rispondono mai delle obbligazioni dei comitati, rispondono invece personalmente i
componenti.
CODICE CIVILE LIBRO PRIMO: DELLE PERSONE E DELLA
FAMIGLIA
TITOLO II
41. RESPONSABILITÀ DEI COMPONENTI. RAPPRESENTANZA IN
GIUDIZIO.
Qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica, i suoi componenti
rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte. I
sottoscrittori sono tenuti soltanto a effettuare le oblazioni promesse.
Il comitato può stare in giudizio nella persona del presidente.
GIURISPRUDENZA I ANNO: DIRITTO PRIVATO 02/11/2020
Vi è l’esigenza di trovare un’espressione “contenitore” che riesca a comprendere
le associazioni, le fondazioni, le associazioni NON riconosciute, i comitati e tante
altre figure che si incontrano nel c.c. e nella legislazione speciale. (espressione
usata dal professore: “Centro di imputazione di relazioni giuridiche”)
Il Codice Civile del 1942 riflette la FREDDA NOZIONE DI PERSONA, propria
dell’elaborazione concettuale ottocentesca.
Cosa vuol dire che la nozione è “fredda”? Si intende che:
“Il concetto primitivo del soggetto di diritto deve coincidere col concetto
dell’uomo.
Questo primitivo concetto può ricevere dal diritto positivo modificazioni. Può
cioè, in primo luogo, negarsi a taluni singoli uomini, in tutto o in parte, la
capacità giuridica. Può, in secondo luogo, estendersi la capacità a qualche
altro ente, e così può artificialmente formarsi una persona giuridica.”
-Friedrich Karl Von Savigny
Vediamo da questa citazione come la capacità giuridica non sia connaturata nella
natura umana, ma è il diritto positivo che la dà o la nega oppure la dà e poi la
toglie.
A partire dal codice del 1942, accadono varie cose per arrivare alla nozione attuale
di persona. Stefano Rodotà descrive nel suo libro “La rivoluzione della dignità”
due rivoluzioni avvenute nella quotidianità giuridica:
· SOCIETÀ SEMPLICE
Da questi articoli si può trarre una considerazione, cioè quando si parla di persona
giuridica vengono in gioco due tipi di classificazioni :
LA PERSONA
Il Codice civile ha una visione in cui pone sostanzialmente sullo stesso piano
PERSONA FISICA e PERSONA GIURIDICA, quindi, è una visione di
assimilazione: la persona giuridica è assimilata alla persona fisica. Il fatto di
aggiungere l'aggettivo “fisica” a “persona” è la prova che la nozione di persona è una
nozione non coincidente con la persona umana. Sembra dunque che sia una nozione
“fredda”.
Questa visione del codice, il codice del '42 in materia di persone, riflette le
elaborazioni concettuali ottocentesche della pandettistica, che in materia, direi, sono
esemplarmente testimoniate dalla citazione di SAVIGNY: da essa emerge con
chiarezza la visione, e quindi, si parla di soggettività, e Savigny è ben consapevole
del concetto primitivo di soggetto di diritto che coincide con l'uomo, con la persona,
ma questo concetto primitivo può, dal diritto positivo, subire modificazioni:
Oggi a seguito delle varie modifiche non c'è bisogno di utilizzare l'aggettivo fisica, la
nozione di persona è la persona umana.
FONTI NORMATIVE
LA PERSONA GIURIDICA
Nel codice queste due forme si trovano nel libro primo, le ASSOCIAZIONI e le
FONDAZIONI. La fondazione è un patrimonio che viene destinato in questo caso
alla fondazione persona giuridica, per realizzare un determinato scopo, poi è chiaro
che questo patrimonio-fondazione abbia degli organi di governo: un'assemblea, un
consiglio di amministrazione.
ES. L'eredità giacente cioè l'eredità non ancora accettata (tutt’oggi disciplinata nel
nostro codice): essa si trova in una sorta di limbo temporale. Dopo la morte del
titolare dell'eredità, essa non ha ancora un nuovo padre, un nuovo titolare perché
l'erede non ha ancora accettato e quindi si trova in una sorta di limbo. È eredità,
perché non c'è più il titolare.
ES. Si pensi ad un'eredità che consiste in un fondo agricolo, un'eredità che consista in
un edificio, un'eredità che consista in una impresa. Muore il titolare ed egli aveva
determinati crediti che fanno parte dell'eredità. Muore il titolare, aveva determinati
debiti ed essi entrano nell'eredità. Naturalmente questa eredità non può essere
abbandonata in attesa del nuovo padrone ma deve essere amministrata, gestita ed
allora essa che è un patrimonio senza titolare sarà a sua volta centro di imputazione di
relazioni giuridiche. Ha una sua “soggettività giuridica”.
ES. Tizio, Caio, Sempronio e Mevio danno vita ad una associazione, la dotano di un
patrimonio per realizzare la finalità dell'associazione, ne chiedono il riconoscimento
come persona giuridica. Il nome di questa persona giuridica supponiamo sia Alfa.
Prevedendo nell'atto costitutivo dell'associazione-persona giuridica l'assemblea un
consiglio di amministrazione, un presidente, un collegio di revisori, controllori,
diciamo revisori etc, nel momento in cui verrà riconosciuta nascerà la persona
giuridica.
Secondo il codice del '42 vi era il decreto del presidente della Repubblica, oggi
invece non serve, la procedura di riconoscimento è assai semplificata, viene iscritta
nel REGISTRO delle persone giuridiche e nasce la persona giuridica.
La persona giuridica Alfa è “ALTRO” (alter) rispetto a coloro che l'hanno costituita,
che ne compongono l'assemblea e magari l'amministrano. È altro rispetto alle persone
che hanno dato vita. È un nuovo soggetto di diritto e inoltre ha un proprio patrimonio,
di cui è stata dotata. Dietro la persona giuridica ci sono gli esseri umani, ci stanno
coloro che l'hanno fondata inoltre gli associati possono cambiare, coloro che ne
hanno dato vita possono uscire, possono entrarvi di nuovi, il patrimonio può crescere,
può aumentare, può diminuire.
QUINDI: quando nasce la persona giuridica, il patrimonio di cui gli associati hanno
dotato la persona giuridica per consentire alla stessa di realizzare i suoi fini il
patrimonio diventa il patrimonio della persona giuridica Alfa.
Se il soggetto fosse il creditore il suo debitore sarebbe Alfa dunque Tizio, Caio,
Sempronio e Mevio non sarebbero tenuti a rispondere per i suoi debiti.
AUTONOMIA PATRIMONIALE
ES. I debiti di Alfa sono 200. Il patrimonio di Alfa è 100. Mancano 100. Cosa può
fare il creditore? Nulla e il creditore non può rivolgersi nemmeno ai singoli associati.
Dal punto di vista giuridico possono esserci diversi livelli di imputazione giuridica.
Tra la persona giuridica e le persone che le hanno dato vita e l'hanno dotata di un
patrimonio e magari rimangono a governarla, c'è una barriera, uno schermo e nel caso
della persona giuridica è uno schermo invalicabile.
Negli anni '60, alcuni studiosi tra cui FRANCESCO GALGANO, parlavano della
necessità di superare la persona giuridica (perché spesso la persona giuridica
diventava strumento di malaffare, si parlava inoltre della patologia della persona
giuridica): Gargano sosteneva la necessità di “bucare” lo schermo, di superarlo.
Questo quando c'era la patologia, quando la persona giuridica era uno strumento per
eludere responsabilità.
Ma fra l'associazione non riconosciuta e i singoli associati non si può affermare che
vi sia uno schermo insuperabile: l'associazione non riconosciuta ha un suo patrimonio
che viene qualificato in modo diverso dal patrimonio della persona giuridica, come
FONDO COMUNE, e nel caso in cui il fondo comune non sia sufficiente per
rispondere dei debiti dell'associazione non riconosciuta, la conseguenza è che di quei
debiti rispondono, non gli associati, ma soltanto COLORO CHE AGISCONO IN
NOME E PER CONTO DELL'ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA.
Ma se si mettesse dalla parte dei terzi creditori della persona giuridica, avrebbe senso
di parlare di responsabilità limitata? sì e no. Dal PUNTO DI VISTA FORMALE
no, perché in realtà la persona giuridica risponde illimitatamente con tutti il suo
patrimonio.
Se si parla di responsabilità ci si mette dalla parte degli associati: sono loro che
attraverso lo strumento della persona giuridica riescono a LIMITARE la
responsabilità per le obbligazioni perché risponde la persona giuridica con tutto il suo
patrimonio.
Se ci si mette dalla parte dei creditori, questo tipo di responsabilità, dal punto di vista
giuridico- formale, è ILLIMITATA perché coinvolge l'intero patrimonio.
LA COMUNIONE E IL CONDOMINIO
Una cosa è il livello di imputazione del condominio, altra cosa sono i singoli
proprietari. Naturalmente non c'è barriera:
Oggi è cambiata la concezione delle persone giuridiche, oggi lo Stato non ha “paura”
delle persone giuridiche-associazioni. Ha abrogato l'art. 12, ha abrogato l'art.17, ha
semplificato i meccanismi di riconoscimento: non c'è più diffidenza verso la persona
giuridica.
Oggi se si dovesse chiedere cos’è la persona giuridica si dovrebbe rispondere: “È
UNO DEGLI STRUMENTI DI ARTICOLAZIONE DEL PATRIMONIO IN
COMPENDI SEPARATI”.
LA COSTITUZIONE
ARTICOLO 29.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi,
con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
Questo articolo, dunque, delinea la famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio, ove per SOCIETÀ si intende un aggregato di persone che mettono in
comunione la vita e ove l’individualità cede il beneficio allo sviluppo della famiglia
stessa, mentre il termine naturale sta a sottolineare che lo Stato non può utilizzare la
famiglia per perseguire i propri scopi cioè NON può tangerla o mutarla. Questo
perché la famiglia si costituisce prima del diritto e lo Stato, nonché l’Ordinamento,
non può far altro che disciplinarla senza coadiuvarla verso i suoi fini.
CODICE CIVILE
79. EFFETTI.
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato
giusto motivo al rifiuto dell’altro.
UNIONI CIVILI.
Nel 2016 con la LEGGE 76 sono entrate in vigore le unioni civili tra persone dello
stesso sesso a differenza delle CONVIVENZE DI FATTO, ora disciplinate anche ai
sensi della legge 76, che potenzialmente sono sempre state lecite e regolate con
qualsiasi contratto, in quanto aggregazione in cui si sviluppa la personalità umana. Le
uniche fattispecie delicate erano quelle in cui il soggetto era ancora separato o vi
erano i figli del compagno. Invece le unioni omosessuali non erano lecite, perché il
matrimonio è stato fondato come CONTRATTO soltanto tra un UOMO e una
DONNA, ora hanno un riconoscimento normativo e sono esattamente uguali ai
matrimoni civili tra persone di sesso diverso con però delle differenze, che
rispecchiano il fatto che non vi è un'unione destinata alla procreazione per l'essere
umano.
I componenti delle unioni civili di persone dello stesso sesso hanno gli stessi diritti e
obblighi tra loro come i coniugi di un unione civile di persone di sesso diverso, ma
NON hanno il DOVERE DI FEDELTÀ e non si parla di coordinare tra loro
l'INDIRIZZO a familiare questo perché la concezione di dovere di fedeltà che c'è nel
matrimonio è visto nell'ottica della PROCREAZIONE mentre
appunto non essendo presente tale ottica si è ritenuto opportuno di non inserirlo come
dovere dell'unione.
Altra novità sta nella struttura della famiglia che prima era composta da uomo, donna
e discendenti. Importanti sono a tal proposito i concetti di PARENTELA ed
AFFINITÀ PARENTELA: i parenti sono appunto i componenti della famiglia
nucleare (il padre la madre di discendenti) e ognuno ha i parenti i componenti della
famiglia d'origine; gli affini invece sono quei componenti che si vengono aggiungere
con il matrimonio. Erano esclusi i FIGLI FUORI MATRIMONIO che non avevano
gli stessi diritti dei figli legittimi, nati in costanza di matrimonio. Con la RIFORMA
DEL 2015 si eguagliano figli legittimi e figli illegittimi, non definendoli più tali e
riconoscendo gli stessi diritti compatibili con quelli della famiglia legittima e di
conseguenza allargando il concetto di parentela.
IL MATRIMONIO.
CODICE CIVILE
Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo
scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente
matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione
degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base
all’articolo 3, numero 2, lettere b) ed f), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e nei
casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a
generare, di uno dei coniugi.
Particolare giurisdizione c’è per la donna VEDOVA, la quale non può sposarsi se
non dopo 300 giorni dallo scioglimento del precedente matrimonio o
dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti del matrimonio, ove per
scioglimento si intende il divorzio, dunque, l’atto successivo alla separazione; per
cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio si fa riferimento al
matrimonio concordatario. Il tempo è indicativo alla visione della famiglia come
nucleo riproduttivo e quindi i 300 giorni servivano a garantire la PATERNITÀ DEL
FIGLIO.
CODICE CIVILE
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla
propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della
famiglia.
Il matrimonio implica diritti e doveri che sono uguali per ambo le parti effetto della
riforma del ’75: in primis vi è la FEDELTÀ, ASSISTENZA MORALE (rispetto
dell’altra persona e di esprimere al meglio la propria personalità) e MATERIALE,
COLLABORAZIONE all’interesse familiare e la COABITAZIONE; elementi
fondanti, inoltre, ai fini della separazione:
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza
della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia
stessa.
Altro elemento della riforma è questo articolo in forza del quale i coniugi concordano
CONGIUNTAMENTE l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della
famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa: a
ciascuno spetta il potere decisionale. Si SCARDINA così la STRUTTURA
PATRIARCALE della famiglia, ove il padre aveva qualsiasi potere decisionale,
concedendo alla donna di far parte delle decisioni per e con la famiglia. Con indirizzo
della famiglia si intendono tutte quelle DECISIONI ECONOMICHE,
EDUCATIVE e MORALI inerenti alla famiglia, tra cui anche la scelta di avere
figli. Prima della riforma qualsiasi atto che andava contro la decisione del marito era
considerato come una violazione dal punto di vista giuridico e normativo.
CODICE CIVILE
Gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per
effetto del matrimonio.
Nel matrimonio vi è massima autonomia, tuttavia, vi è un limite posto da questo
articolo che tratta dei diritti inderogabili, dunque, il fatto che i coniugi non possano
derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.
Tuttavia, possono essere DEROGABILI tutti quei diritti e doveri che nascono con il
matrimonio, difatti si può, ad esempio, derogare il diritto di fedeltà ai fini di un
eventuale separazione per prevenire l’addebito, cosa che deve essere fatta prima della
separazione stessa tramite un accordo per avere un onere probatorio. La norma fa
riferimento a diritti e doveri MERAMENTE PATRIMONIALI, come il diritto di
assistenza morale e materiale e il principio di proporzionalità.
LA PERSONA
Quel che non si prevedeva era l'ALTERITÀ delle Universitas rispetto alle singole
persone. Questo si riflette anche sul piano della RESPONSABILITÀ: laddove il
patrimonio dell’Universitas non risultasse sufficiente per soddisfare le pretese
creditorie, intervenivano i singoli associati con il loro patrimonio.
Tutto ciò porta ad una distinzione dei ceti creditori, perché quando più persone danno
vita ad un'associazione, chiedono riconoscimento e se questo viene dato nasce la
persona giuridica Alpha con il proprio patrimonio.
CODICE CIVILE
CODICE CIVILE
ES. I partiti politici, i sindacati: si sono tutti quanti dati la forma dell'associazione non
riconosciuta, perché non c'è il controllo. Vi è un altro controllo importante: modi di
approvvigionamento delle risorse economiche, i modi in cui questi soggetti si
finanziano, i modi in cui redigono il bilancio.
ES. Tutte le associazioni che non hanno come scopo finale il profitto ma il
volontariato o lo svolgimento di attività sportive e quant'altro, si organizzano secondo
delle leggi che prevedono sgravi fiscali e cioè l’alleggerimento del pagamento delle
imposte.
Dal punto di vista normativo, pensando alla legislazione speciale che è intervenuta
negli ultimi vent'anni, è stata una sorta di assimilazione delle associazioni non
riconosciute alle persone giuridiche e associazioni, nel senso che legislatore consente
dei BENEFICI FISCALI a prescindere dal fatto che quella data attività socialmente
utile venga portata avanti o con la figura dell'associazione riconosciuta o con la figura
della persona giuridica.
Articolo 7.
Uno Stato membro può non consentire la società unipersonale quando la sua
legislazione preveda, a favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire
imprese a responsabilità limitata ad un patrimonio destinato ad una determinata
attività.
Avviene la rottura del dogma giuridico della seconda metà dell’800 e di buona parte
del ‘900 secondo il quale SOLO la persona giuridica con società, in ambito
commerciale, potesse consentire la limitazione della responsabilità patrimoniale
dell'imprenditore e dunque gli imprenditori erano costretti a riunirsi in società dando
vita anche a delle società la cui forma giuridica societaria non corrispondeva alla
realtà economica (perché dietro la società si nascondeva un imprenditore individuale
che si metteva in società con la moglie, con un amico, tanto per poter dar vita alla
società: era una FINZIONE). Ecco allora l'intervento della 12a direttiva che diceva
di prevedere in ogni ordinamento la possibilità per l'imprenditore individuale di dar
vita a IMPRESE INDIVIDUALI A RESPONSABILITÀ LIMITATA (limitata
cioè ad un patrimonio destinato ad una determinata attività).
L’aver evidenziato in ambito commerciale che la persona giuridica altro non era che
uno strumento per organizzare l'impresa anche individuale a responsabilità limitata ad
un patrimonio destinato ad una determinata attività, significa aver posto in evidenza
questo fenomeno di EQUIVALENZA FUNZIONALE.
Se un imprenditore avesse fatto una cosa di questo tipo, fino alla società
unipersonale, non avrebbe dato vita ad una impresa individuale a responsabilità
limitata.
IL MATRIMONIO.
Nella comunione legale, per legale si intende cioè quella PREVISTA DALLA
LEGGE, ovvero che in assenza della volontà delle parti si applica il regime della
comunione legale. I coniugi possono comunque, anche al momento stesso del
matrimonio o successivamente, optare per un altro regime patrimoniale cioè quello
della SEPARAZIONE DEI BENI.
In teoria i beni che i coniugi ricevono per donazione o eredità non rientrano nella
comunione legale ma in una convenzione matrimoniale. Le parti possono prevedere
anche che beni che uno dei due coniugi dovesse ricevere da una donazione o a titolo
di eredità rientrino nella comunione. Non c’è alcun limite, tranne il dovere di
assistenza materiale e morale. Il regime può andare tutto a vantaggio di una persona o
di un’altra, questo attiene alla regolamentazione delle parti, purché l’altro coniuge
riceva l’assistenza materiale (quindi sia in grado di vivere DIGNITOSAMENTE).
ES. Non si può prevedere che due soggetti decidano di sposarsi e uno dovesse
affermare di vivere dei propri beni e ricavi dalla propria attività professionale e l’altro
soggetto che non abbia proventi o beni si debba arrangiare, che sia una questione che
non riguardi il primo soggetto.
Si può prevedere tutto separato ovvero se un soggetto avesse dei beni di proprietà
affinché essi rimangano di sua proprietà oppure che i proventi della sua attività non
rientrino in comunione ma comunque questi ultimi devono anche servire a mantenere
l’altro se quest’ultimo non ne abbia.
CODICE CIVILE
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo
scioglimento della comunione;
c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della
comunione, non siano stati consumati;
Durante il matrimonio tutto ciò che viene acquisito dai coniugi insieme o anche
separatamente, per il fatto stesso che l’acquisto è stato compiuto una volta stipulato il
matrimonio, rientrerebbe IMMEDIATAMENTE nella comunione dei beni. Essi
diventano quindi di proprietà di entrambi, anche se acquisiti da uno solo (è solo il
dato temporale) ad esclusione di quelli derivati relativi ai beni personali.
B) “i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo
scioglimento della comunione”.
I frutti dei beni personali dei coniugi in teoria non entrerebbero in comunione. Se uno
avesse un bene di sua proprietà personale perché acquisito prima del matrimonio e
percepisse dei canoni di locazione, essi sarebbero frutti del bene personale e questi
non rientrerebbero in comunione legale.
C) “i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della
comunione non siano stati consumati”.
CODICE CIVILE
I BENI PERSONALI
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:
a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali
era titolare di un diritto reale di godimento;
d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli
destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla
perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col
loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.
Essi sono:
A) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali
era titolare di un diritto reale di godimento.
ES. Se uno dei coniugi PRIMA DEL MATRIMONIO avesse una casa di proprietà
e un’autovettura (quindi beni mobili e immobili) essi non andrebbero in comunione
legale.
D) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli
destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione.
Tutti i beni strumentali grazie ai quali il coniuge possa svolgere la propria professione
non entrano nella comunione legale.
ES. Un soggetto è avvocato e nel suo studio ha una scrivania quindi un bene
strumentale così come un computer e l’arredo ma se lui per arredarlo avesse
posizionato un quadro particolarmente costoso all’ingresso, esso sarebbe un bene
strumentale solo perché si trova all’interno del suo studio ( perché gli serve come
immagine) oppure no?
Questo è un tipico esempio dei problemi che sorgono nei conflitti di matrimonio, per
quanto riguarda le separazioni e divisioni. Bisogna quindi capire cosa entri in
comunione e cosa no.
Quando il valore di un bene è talmente alto che esso smette di essere strumentale ma
è semplicemente anche una forma di investimento? La giurisprudenza valuta in base
al CONTESTO PROFESSIONALE del coniuge.
La comunione legale non è come la comunione vera e propria. Una volta che un bene
entra in comunione, il coniuge non può vendere ad un terzo la propria quota, ma è
titolare del bene insieme al coniuge e se la comunione si sciogliesse quel bene
sarebbe di comproprietà di entrambi, quindi o si dovrebbe vende (quindi meta ad uno
e meta ad un altro) oppure se ci fossero degli accordi si agirebbe sulla base di essi.
F) “i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o
col loro scambio, purché ciò sia espressivamente dichiarato all’atto dell’acquisto.”
Gli atti di ordinaria amministrazione sono gli atti di disposizione dei beni mobili di
scarso valore. Per quanto riguarda i beni immobili o beni mobili pregiati, essi
rientrano negli atti di straordinaria amministrazione in cui è necessario il consenso di
entrambi. Se l’atto di straordinaria amministrazione fosse necessario per il bene della
famiglia ed un coniuge si dovesse rifiutare, l’altro coniuge potrebbe ricorrere al
GIUDICE che con un suo intervento sostituirebbe il consenso del coniuge.
LA SEPARAZIONE.
I beni acquistati prima e tutto ciò che è acquistato durante il matrimonio è di proprietà
del coniuge che l’acquista. Ovviamente vi è il dovere di assistenza materiale dei
coniugi ma ciò non attiene al regime patrimoniale.
LE CONVENZIONI PATRIMONIALI.
ES. I coniugi possono prevedere che i proventi dell’attività professionale non entrino
come residuo ma in comunione.
CODICE CIVILE
Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento
in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data
di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi
al presidente, purché omologato. L'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a
vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione
dello scioglimento della comunione.
Nel caso di azienda di cui alla lettera d) dell'articolo 177, lo scioglimento della
comunione può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista
dall'articolo 162.
Se la separazione venisse addebitata ad uno dei due coniugi, quello a cui venisse
addebitata perderebbe l’assegno di mantenimento e il diritto di succedere. Questo è
anche uno dei motivi per cui se si ha una relazione extraconiugale si cerca di non
farla trapelare, perché se l’altro coniuge dimostrasse la suddetta relazione otterrebbe
l’addebito a carico dell’altra parte (quella del soggetto che ha la relazione).
ES. Se un uomo riuscisse a provare che la moglie lo abbia tradito non dovrebbe dare
l’obbligo di mantenimento e la moglie non succederebbe se l’uomo dovesse morire
prima del divorzio. In questo caso la donna non verrebbe abbandonata ma avrebbe
comunque il diritto (se sussistono i presupposti) agli ALIMENTI, che è diverso dal
mantenimento.
DIVORZIO
Con il divorzio cessa ogni diritto e obbligo tra i coniugi, però, è previsto l’assegno di
mantenimento. Finora l’assegno di mantenimento che andava dato al coniuge era
PARAMETRATO con lo stile di vita acquisito durante il matrimonio: non c’era
distinzione tra separazione e divorzio.
ACCORDO PREMATRIMONIALE.
Tramite questo accordo le parti regolano la loro separazione, ovvero regolano gli
aspetti patrimoniali tra loro nell’ipotesi in cui verrà lo scioglimento del matrimonio.
Nel nostro ordinamento questi tipi di accordi NON sono VALIDI, questo per dare
una forma di tutela verso il coniuge più debole.
CODICE CIVILE
LIBRO VI: DELLA TUTELA DEI DIRITTI
TITOLO III: DELLA RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE, DELLE
CAUSE DI PRELAZIONE E DELLA CONSERVAZIONE DELLA
GARANZIA PATRIMONIALE
2740. RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE.
Dunque, questo articolo prevede che gli atti pubblici di destinazione possano
essere trascritti e inoltre una forma di destinazione del patrimonio ad un
determinato scopo senza dar vita ad una persona giuridica. Questa norma era stata
pensata per le PERSONE DISABILI e infatti questo era l'interesse meritevole di
tutela ma poi tratta anche di ALTRI ENTI e PERSONE FISICHE. Quando si fa
questa destinazione nasce un patrimonio separato (non una persona giuridica) che
è destinato a quello scopo, che è opponibile ai terzi e che non può essere intaccato.
L’articolo introduce nell'ordinamento civilistico una FIGURA abbastanza
GENERALE di patrimonio separato, quindi, di patrimonio destinato ad uno
scopo, ma che non diventa fondazione.
RIASSUMENDO: con il patrimonio separato non si crea una persona giuridica e
si rientra nel secondo comma dell'art. 2740 del c.c. Però gli interessi devono essere
meritevoli di tutela, sennò si violerebbe l'art. 2740.
IN CONCLUSIONE: la persona giuridica OGGI non è più l'unico strumento per
dividere il patrimonio in compendi separati mentre nella VISIONE DEL
CODICE INIZIALMENTE, sì.
GIURISPRUDENZA I ANNO: DIRITTO PRIVATO 16/11/2020
LA PROPRIETA’
Il libro terzo del Codice civile è intitolato alla proprietà, il contenuto è più vario di
quello che emerge dalla rubrica, comprende anche una serie di diritti reali (che in
quanto reali attengono alla res) diversi dalla proprietà.
CODICE CIVILE
Costituzione.
Si deve capire in che senso anche la proprietà pubblica è anche essa una proprietà
individuale.
COSTITUZIONE
PRINCIPI FONDAMENTALI
ARTICOLO 1.
La persona giuridica è stata utilizzata per configurare lo Stato, gli altri enti territoriali,
gli enti diversi dallo Stato ecc.
È individuale perché lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali siano stati configurati
come PERSONE GIURIDICHE: la persona giuridica ha come caratteristica la
possibilità di nascondere una pluralità di figure all'interno anche se all'esterno appaia
come uno, come individualità.
Per questo motivo nella concezione degli ultimi due secoli sia la proprietà privata sia
quella pubblica sono state configurate entrambe come individuali.
ES. Per proprietà privata individuale si intende che questo codice sia mio, questo
vestito sia mio e quindi non vostro. Nella proprietà pubblica è più difficile capire la
natura individuale delle proprietà perché si necessita aver capito la nozione di
persona giuridica.
Paolo Grossi ha scritto nelle forme di appartenenza, nella concezione codicistica che
è la concezione ottocentesca:
Questa visione secondo la quale il bene sia considerato il piedistallo del proprietario è
un’espressione molto efficace, perché dà l'idea di un rapporto tra proprietario e bene
oggetto della proprietà che si configura in un certo modo nella visione codicistica e
dall'altro lato nella visione odierna.
Altro elemento è “in modo pieno ed esclusivo”: qui viene fuori l'ELEMENTO
INDIVIDUALISTICO e poi introduce un tema che oggi acquisisce una rilevanza
maggiore rispetto a quella del codice e cioè entro i limiti e con l'osservanza degli
obblighi dell'ordinamento giuridico.
CODICE CIVILE
833.ATTI D’EMULAZIONE.
Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere
o recare molestia ad altri.
Questo articolo si potrebbe dire che rientrerebbe tra i limiti di carattere generale e che
sia una sorta di corollario poiché l'articolo precedente afferma “di godere e disporre
in modo pieno ed esclusivo” ma se il proprietario facesse qualcosa solo per nuocere
ad altri ciò non sarebbe consentito. Questo articolo è divenuto importante negli anni
poiché nasce in relazione alla proprietà e poi diviene alla base della dottrina e della
giurisprudenza contribuendo a costituire la TEORIA DELL'ABUSO DEL
DIRITTO che significa esercitare un diritto in modo abusivo.
Questa figura creata nel nostro paese da studi importanti di PIETRO RESCIGNO
negli anni 60 nasce estratta dall’articolo 833 c.c. e poi estesa a tutti gli altri settori
dell'Ordinamento.
Oggi si parla di abuso del diritto con riferimento al diritto dell'obbligazioni, al diritto
societario a uso di posizione di maggioranza di un socio nella società o abuso di
minoranza con riferimento a una posizione di minoranza esercitata in modo abusivo
per nuocere l'altro ecc.
La proprietà: “affermazione suprema del diritto individuale, non può, come non può
l'individuo , andare disgiunto dal diritto sociale, onde la sua giusta misura è da
cercarsi nella temperata fusione di questi due elementi. Aspetti diversi di una stessa
cosa, l'individuo e la società non si possono senza errore considerare come cose
distinte. Non bisogna mai dimenticare che ciò che realmente esiste non è l'individuo
per sé stesso nella società per se stessa, ma bensì l'uomo. Trovare il punto in cui
l'unione sia perfetta ecco il problema”.
Questi sono i due poli entro cui si colloca il dibattito sulla proprietà: INDIVIDUO e
SOCIETÀ.
Lui ci dà l'impressione che la fusione di questi due elementi in realtà sia l'UOMO: la
persona umana.
Uomo e individuo sono due cose diverse: l'uomo è qualcosa che vive nella società ,
non si riesce a concepirlo come soggetto che vivere da solo mentre il proprietario si
deve confrontare nella società in cui il suo diritto di proprietà si colloca.
Vi sono dunque due angolature: una massima espressione del diritto individuale ma
che deve fare i conti con la società, ma dall'equilibrio tra questi due elementi nasce la
MISURA GIUSTA.
LA COSTITUZIONE
Il TERZO comma riguarda un istituto che è previsto anche dal c.c. cioè quello
dell’ESPROPRIAZIONE ed afferma che “La proprietà privata può essere , nei casi
preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse
generale.”.
Il QUARTO comma afferma che “La legge stabilisce le norme ed i limiti della
successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.”.
BENI PRIVATI
I beni privati sono beni che appartengono a privati. Questi beni subiscono delle
limitazioni in virtù degli interessi pubblici e alcune sono generali, cioè
appartengono a determinate categorie di beni.
ES. I terreni: una volta che si è proprietari di un terreno in teoria si ha il diritto di
poterci costruire ma questo diritto è limitato dato che non si può costruire su tutti i
terreni oppure su alcuni si potrebbe ma rispettando dei vincoli edificatori.
Vi sono limitazioni che sono volte a tutelare la CARATTERISTICA
PARTICOLARE del bene.
ES. I BENI CULTURALI non sono liberamente alienabili. Il Ministero dei beni
culturali ha un DIRITTO DI PRELAZIONE cioè se un soggetto è proprietario di
un’opera d'arte non la può liberamente vendere a terzi, bisogna prima informare il
Ministero dei beni culturali e quest’ultimo ha DIRITTO POTESTATIVO cioè
può decidere se acquistare lui stesso oppure, se non esercita tale diritto, il
proprietario potrà venderlo a terzi; perciò la vendita diretta a terzi è illegittima.
Il diritto di prelazione è il diritto che ha un soggetto (in questo caso lo Stato) di
essere preferito nella prelazione di un bene. Questo diritto lo hanno anche i privati:
ES. Nel caso della vendita di un bene immobile locato, il conduttore (inquilino) ha
il diritto di prelazione quindi se il proprietario voglia vendere il bene durante la
vigenza del contratto di locazione dovrà informare il conduttore.
I beni pubblici hanno totalmente un’altra disciplina.
DISTINZIONE TRA BENI MOBILI E BENI IMMOBILI
CODICE CIVILE
LIBRO TERZO: DELLA PROPRIETA’
TITOLO I: DEI BENI
812. DISTINZIONE DEI BENI.
Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le
altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò
che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo.
Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono
saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo
permanente per la loro utilizzazione.
Sono mobili tutti gli altri beni.
Questa distinzione non è priva di risvolti pratici. La proprietà di beni mobili passa
con la CONSEGNA. Per il trasferimento di beni immobili invece è necessaria la
SCRITTURA PRIVATA (l’atto del privato). L'ATTO PUBBLICO è un
documento redatto dal notaio con il quale si hanno tutta una serie di garanzie.
I BENI IMMOBILI.
Il nostro ordinamento ha interesse alla circolazione di beni immobili e soprattutto
che essa avvenga in sicurezza: non basta la scrittura privata, essa (o anche l’atto
pubblico) deve essere trascritta nel pubblico registro immobiliare (il registro dove
sono scritti tutti i beni immobili dello Stato e dove vengono trascritte tutte le
vicende circolatorie del bene). I professionisti hanno accesso a questi registri, nei
quali si può vedere chi è proprietario del bene e si possono vedere tutti i passaggi
del bene immobile. Il bene immobile, comunque, può circolare con una scrittura
privata senza essere trascritto, ma in questo caso il bene non è tutelato.
ES. Un soggetto A vende un bene immobile di sua proprietà al soggetto B e dopo
cinque minuti lo rivende al soggetto C: se vi è un atto trascritto tra A e B, il
soggetto C non acquisterà NULLA mentre se ci fosse stato un atto scritto solo tra
A e C, anche se B avesse acquistato prima il bene non ne diverrebbe il proprietario
poiché prevale colui con il quale vi è stata la trascrizione, che in questo caso è il
soggetto C.
Nel nostro ordinamento vige il principio della “CONTINUITÀ DELLE
TRASCRIZIONI” ovvero non si ragiona su chi è effettivamente il proprietario
ma si guarda il registro immobiliare.
ES. Un soggetto A vende un immobile di sua proprietà ad un soggetto B e questi
non trascrivono il contratto quindi nei registri immobiliari il proprietario rimane A.
Se dopo cinque minuti A vendesse nuovamente l’immobile ad un secondo
soggetto C e il contratto venisse trascritto, vi sarà il principio di continuità e quindi
si andrà a vedere dalle trascrizioni che A ha effettivamente venduto l’immobile al
secondo soggetto C.
Se più soggetti affermano quindi di vantare un diritto di proprietà, si andranno a
ricostruire le trascrizioni nel registro immobiliare e prevarrà il soggetto che ha
acquistato da colui che risultava proprietario nel registro immobiliare. È una forma
di tutela dei terzi. Si va dal notaio quindi per avere sicurezza e quindi perché egli
si assicuri che colui che vuole vendere il bene sia effettivamente il legittimo
proprietario (controllando sul registro immobiliare): questa è la maggiore garanzia
che fornisce l’atto pubblico rispetto alla scrittura privata.
ES. Se un soggetto viene truffato acquistando da un soggetto che non è il legittimo
proprietario, l’ordinamento non si disinteressa e quindi si avrà il diritto di
risarcimento del danno. Si è tutelati nel profilo economico (si cerca di recuperare il
corrispettivo che si è versato) ma non si acquista la proprietà poiché segue il
principio della continuità delle trascrizioni.
Provare di essere il proprietario di un bene immobile non è facile, tant’è che si
parla di PROBATIO DIABOLICA: per dimostrare di essere proprietario non è
sufficiente che in giudizio si depositi l’atto di compravendita perché si deve
provare di aver acquistato dal legittimo proprietario quindi colui che risultava nel
registro immobiliare come titolare del diritto di proprietà all’epoca del contratto.
Questo però non basta: bisogna risalire tutta la catena cioè verificare anche che
colui che è indicato come legittimo proprietario dai registri abbia acquistato il
bene immobile da colui che era il legittimo proprietario del medesimo bene
all’epoca del contratto e così via. Inoltre, si devono ricostruire i passaggi degli
ultimi 20 anni a causa dell’usucapione. Se dopo 20 anni c’è stato un passaggio
illegittimo colui che è attualmente proprietario ha usucapito, in virtù del possesso.
Ci si può fermare anche prima di 20 anni, nel caso in cui vi è stato prima un
acquisto a titolo originario (ES. Usucapione). Tuttavia, anche se si acquista una
proprietà per usucapione, comunque, si ha la necessità di trascrivere la sentenza di
accertamento dell’avvenuta usucapione: si ha quindi evidenza dell’acquisto a titolo
originario.
La TRASCRIZIONE è quindi ciò che rende l’atto opponibile a terzi infatti tutte
le volte che ci sono più trasferimenti in contemporanea l’ordinamento tutela colui
che ha trascritto per primo anche se avesse acquistato successivamente.
Per quanto riguarda i beni immobili vi è anche il CONCETTO DI
PERTINENZA.
CODICE CIVILE
LIBRO TERZO: DELLA PROPRIETA’
TITOLO I: DEI BENI
817. PERTINENZE.
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di
un'altra cosa.
La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi
ha un diritto reale sulla medesima.
Vi sono dunque due beni distinti ove uno è un bene PRINCIPALE e un altro è
SECONDARIO. Il bene secondario è destinato in modo durevole all’utilità del
bene principale.
CODICE CIVILE
LIBRO TERZO: DELLA PROPRIETA’
TITOLO I: DEI BENI
818.REGIME DELLE PERTINENZE.
Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono
anche le pertinenze, se non è diversamente disposto.
Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi i quali abbiano
anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale.
ES. Se un soggetto fosse proprietario di un immobile (bene principale) che ha una
cantina (pertinenza) e trasferisse l’immobile senza aver menzionato espressamente
di non trasferire anche la pertinenza, trasferirebbe anche la proprietà della
pertinenza. Per impedire ciò si deve quindi specificare di non voler trasferire la
pertinenza insieme alla cosa principale.
I beni mobili non costituiscono pertinenza.
I BENI MOBILI.
Per i beni mobili non c’è nessun requisito né di forma né di pubblicità. Vi è
sempre un contratto.
ES. Se un soggetto A dovesse dare un bene mobile ad un soggetto B, A sta
trasferendo il possesso, ma se B acconsentisse ciò diverrebbe un contratto orale e
A gli starebbe trasferendo la proprietà del bene in questione.
Per i beni mobili vale la regola del POSSESSO VALE TITOLO.
CODICE CIVILE
LIBRO TERZO: DELLA PROPRIETA’
TITOLO VIII: DEL POSSESSO
1153. EFFETTI DELL’ACQUISTO DEL POSSESSO.
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario, ne
acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento
della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.
La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal
titolo e vi è la buona fede dell’acquirente.
Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno.
ES. Un soggetto A vende un bene mobile a B e dopo cinque minuti lo vende a C.
Tra i due prevale chi ha avuto da A il possesso del bene. Se A consegna il bene a
B egli riceverà il possesso quindi anche se B avesse pagato ad A un corrispettivo e
non avesse ricevuto il bene, egli non sarà tutelato.
Il possesso è assimilabile per gli effetti alla trascrizione sul registro immobiliare.
Sono necessari due requisiti per quanto riguarda il passaggio di proprietà di beni
mobili:
BENI FUNGIBILI.
Un bene fungibile è quel bene che può essere liberamente scambiato con un altro
bene dello stesso genere ed è idoneo a produrre la stessa utilità. Sono beni che non
danno un’utilità per via di una caratteristica particolare, ma sono beni che
appartengono ad un GENUS.
ES. Un maglione comprato in un negozio. Se si trattasse di un maglione che è
stato indossato da Sophia Loren alla notte degli Oscar, che ha di conseguenza un
valore di mercato, quel bene diventerebbe infungibile in virtù di una qualità
particolare ovvero del fatto di esser stato indossato da una celebrità.
L'acquisto della proprietà di beni fungibili passa con il MERO CONSENSO
CODICE CIVILE
LIBRO IV: DELLE OBBLIGAZIONI
TITOLO II: DEI CONTRATTI IN GENERALE
1378. TRASFERIMENTO DI COSA DETERMINATA SOLO NEL
GENERE.
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel
genere, la proprietà si trasmette con l’individuazione fatta d’accordo tra le parti o
nei modi da esse stabiliti.
Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro,
l’individuazione avviene anche mediante la consegna al vettore o allo
spedizioniere.
Quindi quando si individua un bene fungibile è necessaria un’attività di
specificazione:
ES. Un soggetto prende un maglione, va alla cassa e afferma “voglio questo”.
ES. Se un soggetto andasse dal tabaccaio, chiedesse un pacchetto di sigarette e
successivamente pagasse: in questo caso ci sarebbe un contratto ma non un
trasferimento della proprietà. Il trasferimento si manifesterà quando il tabaccaio
estrarrà dal genus il pacchetto di sigarette e lo consegnà al soggetto: in quel
momento questo acquisterà il diritto di proprietà su quel pacchetto. Nel momento
in cui il tabaccaio ancora non ha dato le sigarette ma già vi è stato il contratto di
compravendita (soldi e scontrino) il soggetto non ha acquistato la proprietà su una
cosa determinata, ma ha acquistato l’obbligazione ovvero ha il diritto che il
tabaccaio gli venda un pacchetto: si acquista quindi l’obbligo.
La proprietà passa quindi al momento della specificazione. Per i beni infungibili
questo non vale.
BENI INFUNGIBILI.
I beni infungibili sono quei beni che non possono essere sostituiti da altri che
garantiscano la stessa utilità, questo in ragione delle qualità particolari che ha quel
bene.
CODICE CIVILE
LIBRO IV: DELLE OBBLIGAZIONI
TITOLO II: DEI CONTRATTI IN GENERALE
1376. CONTRATTO CON EFFETTI REALI.
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa
determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il
trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano
per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.
ES. Per quanto riguarda il maglione di Sophia Loren, la proprietà sul bene la si
acquista nel momento in cui si stipula il contratto.
I BENI.
Il bene rispetto alla visione codicistica ha un tale rilievo sul piano giuridico da
condizionare la disciplina della proprietà su quel bene (in questo senso, la
centralità dello studio dei beni). Per questo le classificazioni dei beni sono
importanti, oltre alla nozione di bene che è anch'essa molto importante.
Certamente la nozione di bene presente negli articoli del Codice civile del ‘42, a
parte l’articolo sulle energie, è una che fa pensare alle RES CORPORALES ma
oggi certamente forse rilievo maggiore hanno proprio le RES INCORPORALES,
quelle che non si possono toccare.
La classificazione tra beni mobili e bene immobili si riflette sul regime giuridico
della loro CIRCOLAZIONE. Certamente comprare un orologio è cosa ben
diversa da comprare un fondo, o un appartamento e ci sono dei beni che hanno un
regime ancora diverso, che è quello dei BENI MOBILI REGISTRATI, come le
imbarcazioni o un aereo o un’autovettura ecc.
Naturalmente parlando del differente regime di circolazione dei beni mobili e
immobili, non si può fare a meno di parlare dell’ISTITUTO DEL POSSESSO.
La disciplina della circolazione dei beni immobili e dei beni mobili si differenzia
perché la circolazione dei beni mobili poggia sul TRASFERIMENTO del
possesso (non solo possesso, ma è un istituto centrale per la circolazione della
proprietà dei beni mobili) invece per la circolazione dei beni immobili l'istituto che
ha rilevanza è l'ISTITUTO DELLA TRASCRIZIONE, cioè l'istituto che fa
riferimento alla pubblicità immobiliare.
Sono tante le classificazioni dei beni (fungibili, infungibili, consumabili ecc.) ma
le due grandi classificazioni dei beni sono: da una parte la classificazione tra beni
IMMOBILI e beni MOBILI, dall'altra parte la classificazione tra beni
PUBBLICI e beni PRIVATI.
Il criterio della classificazione in beni pubblici e privati è l'APPARTENENZA. I
beni sono pubblici in ragione dell'appartenenza ad un soggetto pubblico e questo è
il criterio adoperato dal codice del 1942.
L'altro criterio, che non è stato tenuto in considerazione dal Codice del 1942 ma
oggi è il criterio che sta emergendo, è quello che ha portato poi alla nozione di
beni comuni: il CRITERIO FUNZIONALE.
La funzione risponde alla domanda “A CHI SERVONO? A COSA
SERVONO?” che è diverso dal “DI CHI SONO?”, che è il criterio
dell'appartenenza.
La classificazione beni pubblici e beni privati del nostro codice è fondata sul
criterio dell'appartenenza: sono pubblici i beni che appartengono ad un soggetto
pubblico (si tratti dello Stato, si tratti di altri enti pubblici come comuni,
province...) e sono beni privati quelli che appartengono ad un soggetto privato.
Questa classificazione è stata criticata fortemente dalla dottrina, a partire dalla fine
degli anni '50-inizio anni '60 e in particolare il maggiore critico di questa
classificazione è stato il professore di diritto amministrativo de La Sapienza,
MASSIMO SEVERO GIANNINI, che in un corso fatto agli studenti sui beni nel
1962 criticava questa classificazione affermando che fosse una
CLASSIFICAZIONE FORMALE e NON una classificazione di tipo
SOSTANZIALE, proprio perché non va a vedere la funzione del bene. Se si
andasse a vedere la funzione del bene (a chi serve, a che cosa serve) allora la
classificazione formale pubblico/privato verrebbe attraversata e cioè la
classificazione in base al criterio funzionale porterebbe ad una classificazione
TRASVERSALE. Nel senso che ci possono essere beni privati aventi funzione
pubblica (aventi il soddisfacimento di interessi della collettività) e inoltre tra i beni
pubblici vi sono beni che il professore chiamava “A FRUIZIONE
COLLETTIVA” e beni che invece non sono a fruizione collettiva pur magari
presentando un interesse pubblico.
ES. Si pensi ad una caserma: essa è, in base al codice, un edificio pubblico perché
appartiene allo Stato e serve a un interesse pubblico ma non è un bene a fruizione
collettiva.
ES. Si pensi ad una strada, su di essa tutti possono camminarci e dunque è a
fruizione collettiva.
ES. Si pensi ad una strada privata che può essere assoggettata all'uso pubblico: ci
sono moltissime strade private su cui si può passare a piedi o con l'automobile.
L'elemento è la destinazione all'uso pubblico e all'uso della collettività.
Si deve porre attenzione a quando si usa l'espressione “pubblico” perché può
essere equivoca e dipende dal significato che si dà a questo termine: se pubblico è
dello Stato, se pubblico è dell'ente pubblico ma a volte si parla di interesse
pubblico in senso diverso cioè come interesse della collettività.
La classificazione beni pubblici e beni privati prevista dal Codice civile è tutt'ora
vigente, è di tipo formale, fondata sul criterio dell'appartenenza e criticata perché è
una che prescinde completamente dalla funzione del bene: è bene pubblico in
quanto appartiene ad un soggetto pubblico; è bene privato in quanto appartiene ad
un soggetto privato.
C'è una classificazione diversa basata sulla funzione, dove ci sono dei beni
cosiddetti a FRUIZIONE COLLETTIVA che possono essere sia di proprietà
PRIVATA sia di proprietà PUBBLICA o anche addirittura dal 2017 beni di
proprietà COLLETTIVA.
Questa classificazione vigente sull'appartenenza è entrata in crisi e ormai è emersa
una nozione di bene diversa da quella contenuta e sconosciuta al Codice civile: la
nozione di BENE COMUNE. La nozione di bene comune presente nel libricino
di Di Porto non è prevista da una norma ma è entrata nel diritto vivente a seguito
di alcune sentenze della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE a SEZIONI
UNITE CIVILI nel 2011, sentenze che hanno chiuso una famosa controversia
riguardante la natura pubblica o privata delle cosiddette VALLI DA PESCA
DELLA LAGUNA DI VENEZIA.
Il DIRITTO VIVENTE è il diritto che “vive”, non scritto nei libri ma è il diritto
visto nella sua dinamicità vitale. La Corte costituzionale afferma che si parla di
esso in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato della Corte di
Cassazione e quindi il diritto vivente può essere fondato su delle norme ma anche
su un diritto giurisprudenziale, cioè legato al risultato dell'interpretazione della
Corte Suprema della Cassazione.
Vi è stato un tentativo di modificare la classificazione presente nel nostro Codice
civile e quello più importante è avvenuto nel 2007 da una commissione presieduta
da STEFANO RODOTÀ (chiamata COMMISSIONE RODOTÀ, dal nome del
suo presidente). Quella commissione aveva predisposto una riforma degli articoli
del Codice civile inerente alla classificazione dei beni e aveva previsto, accanto
alla nozione di bene privato e accanto alla nozione di bene pubblico, una terza
categoria qualificata “BENE COMUNE”, realizzando inoltre un elenco, una
disciplina dei beni comuni.
Questa commissione ha presentato al Ministro il progetto di riforma che però è
rimasto nei “cassetti” del Ministero della Giustizia e quindi oggi ancora si ha la
classificazione del codice del 1942 ma quel che è cambiato è stato questo
intervento delle Sezioni Unite della Cassazione del 2011 che hanno introdotto
nell'ordinamento del diritto vivente la nozione di bene comune.
Non si deve intendere bene comune, come farebbe pensare la parola, appartenente
a tutti: proprio perché non indica l'appartenenza ma la funzione e quindi è bene
comune non il bene che appartiene a tutti ma il bene che è destinato all'interesse
della collettività. È bene comune il bene a fruizione collettiva a prescindere dal
fatto che il bene appartenga ad un soggetto privato, ad un soggetto pubblico o alla
collettività (domini collettivi).
Il bene comune ovviamente a qualcuno appartiene, ma quel che rileva ai fini della
individuazione è la funzione di bene, la sua destinazione e quindi essere bene a
fruizione collettiva.
Questa nozione di bene comune, dunque, esiste nel nostro ordinamento, è entrata
in via giurisprudenziale, in base alle sentenze della giurisprudenza, che essendo
Sezioni Unite è considerato diritto vivente (se fosse una sola sezione semplice
della cassazione non si potrebbe parlare di orientamento giurisprudenziale
consolidato) ed è entrata la nozione individuata non dal criterio di appartenenza
ma dal criterio di funzione. Quindi la Cassazione ha individuato il bene comune
pensando alla domanda “A CHI SERVE? A CHE COSA SERVE?” e non
pensando alla domanda “di chi è il bene comune?” ben potendo essere di un
soggetto privato, di un soggetto pubblico o di un dominio collettivo.
Naturalmente una questione che oggi non è stata risolta è la questione della
TUTELA. Il problema della tutela si può spiegare in questo modo: se un bene
comune subisce un danno a chi spetta la tutela? Se un bene comune viene
danneggiato, una strada destinata all'uso pubblico viene interrotta, se un fiume
viene inquinato, se un terreno destinato all'uso della collettività viene inquinato,
chi è che ha il diritto di tutelare questi beni? In realtà la norma è quella del Codice
civile e che rimette la tutela alla PUBBLICA AUTORITÀ proprio perché il
codice distingue in ragione dell'appartenenza e non in ragione della funzione.
Noi abbiamo l'uso del bene ma NON abbiamo il DIRITTO DI TUTELA del
bene. Questo è ancora un problema aperto, non essendo stata realizzata la riforma
che Rodotà aveva elaborato.
GIURISPRUDENZA I ANNO: DIRITTO PRIVATO 24/11/2020
POSSESSO.
1140. POSSESSO.
Il proprietario quando si trova nel possesso della cosa è proprietario e al tempo stesso
possessore ma può capitare che possesso e proprietà siano DISGIUNTI: io mi
comporto da proprietario ma non lo sono.
Nel nostro ordinamento si concepisce un solo tipo di possesso. Nel diritto romano
privato ci sono due tipi di possesso: un possesso analogo al nostro (POSSESSIO AD
USUCAPIONEM), ma poi c’è anche una forma di possesso (POSSESSIO AGER
PUBLICUS), quest’ultima è una forma di possesso che non si trasforma in proprietà
ma convive con l’esistenza di un proprietario (che in quel caso è il populus romanus):
possessore e proprietario coesistono cioè il possessore è ben consapevole
dell’esistenza di un proprietario diverso da lui.
ES. Se un soggetto venisse privato potrebbe attivare sue tutele sul bene, se fosse il
proprietario potrebbe rivendicarlo e devo dimostrare la proprietà però potrebbe anche
scegliere di difendersi ed esperire l'azione a tutela del possessore che è più facile sul
piano della prova nel processo perché il possessore non deve giustificare il titolo del
suo possesso ma deve limitarsi ad affermare la sua volontà di rientrare nel possesso
del bene perché la possedeva (non si va a chiedere a che titolo la si possedeva, è una
tutela immediata, più facile da ottenere).
L'ordinamento appresta una tutela a una situazione che si suole dire di fatto ma si
tratta di una SITUAZIONE DI FATTO che ha una RILEVANZA GIURIDICA
(non è una situazione di mero fatto): il possesso è una situazione di fatto perché la
tutela del possessore prescinde dall'accertamento del suo diritto di possedere e va a
tutelare il fatto in sé.
I requisiti necessari per poter divenire proprietari anche se il venditore fosse un ladro
sono dunque il TITOLO IDONEO ALL’ACQUISTO, come una vendita o una
permuta, BUONAFEDE e POSSESSO: ciò è una garanzia per la sicurezza dei
traffici, altrimenti l'accertamento della proprietà in capo al venditore nel momento in
cui un soggetto acquista un bene significherebbe appesantire la velocità dei traffici e
renderli insicuri, specialmente per i beni mobili che non sono assoggettati ad un
regime di pubblicità.
CODICE CIVILE
È possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto. La buona
fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.
ES. Un soggetto vede da lontano che una persona si impadronisce di una bicicletta
lasciata in un parcheggio e poi incontrandola questi gli propone la vendita di questo
bene. Le circostanze in cui quella bicicletta è stata presa dal parcheggio potrebbero
indurre una persona di buon senso a pensare che si fosse trattato di un furto: la buona
fede non può valere quando l’ignoranza dipenda da colpa grave.
Se si afferma che la buona fede sia presunta e basta che vi sia stata al tempo
dell'acquisto significa ESONERARE: è un altro elemento a vantaggio della tutela
del possesso perché non si deve provare la buonafede perché essa si presume. È chi
ha l’interesse a provare la malafede di un soggetto la deve dunque dimostrare ma il
soggetto non deve provare la sua buonafede.
Poi vi è un altro concetto di buonafede che si riferisce alla materia delle obbligazioni,
al libro IV c.c.: BUONA FEDE OGGETTIVA, di cui però non esiste una
definizione codicistica.
CODICE CIVILE
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario, ne
acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della
consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.
La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal
titolo e vi è la buona fede dell’acquirente.
PRESUNZIONI.
La buona fede nel processo non si deve dimostrare perché si presume perciò è l'altra
parte a dover dimostrare il contrario.
CODICE CIVILE
Il gioco della presunzione è un gioco che rende molto più facile la posizione nel
processo della parte a cui favore la legge stabilisce la presunzione.
CODICE CIVILE
Anche in questo caso dovrà essere l’altra parte a dimostrare che dalla data del titolo
alla data attuale non c’è stato possesso e dunque non essendoci stato possesso non si
potrebbe realizzare l’usucapione.
Tra gli obblighi e i diritti del possessore nel restituire la cosa ci possono essere:
CODICE CIVILE
Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno della
domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno. Egli, fino alla
restituzione della cosa, risponde verso il rivendicante dei frutti percepiti dopo la
domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando la
diligenza di un buon padre di famiglia.
ES. Si pensi ad un bene agricolo: esso dà i frutti che possono essere non soltanto
naturali, poi il rimborso delle spese per la produzione, il tema delle riparazioni
addizioni e miglioramenti. Se il possessore nel tempo in cui ha esercitato il potere
sulla cosa ha fatto dei lavori di riparazione o manutenzione, ha diritto a vedersi
rimborsato le spese delle riparazioni straordinarie anche sia possessore di malafede
poiché se ciò non avvenisse ci sarebbe un arricchimento ingiustificato del
proprietario, perché le riparazioni straordinarie andrebbero a beneficio del
proprietario laddove la cosa venga restituita a quest'ultimo.
L’ISTITUTO DELL’USUCAPIONE.
Il possessore del bene immobile può far accertare dopo 20 anni la avvenuta
usucapione in modo da togliere qualsiasi dubbio, perché potrebbe sempre capitare
che il proprietario si facesse vivo, quindi, per dare stabilità a questa situazione egli
potrebbe chiedere al GIUDICE di accertare l’avvenuta usucapione.
CODICE CIVILE
La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi
si acquistano in virtù del possesso continuato per vent’anni.
1159.USUCAPIONE DECENNALE.
Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di
un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto,
ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della
trascrizione.
La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri diritti reali di
godimento sopra un immobile.
In mancanza di titolo idoneo, la proprietà dei beni mobili e gli altri diritti reali di
godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per dieci
anni, qualora il possesso sia stato acquistato in buona fede.
I TRE PILASTRI
· PROPRIETÀ e BENI;
AUTONOMIA NEGOZIALE
Nel negozio giuridico vi è un rapporto tra GENUS e SPECIES, nel senso che
quando si tratta di negozio si fa riferimento a tutta una serie di atti di autonomia in cui
si manifesta la volontà dell'uomo, che contratti non sono.
La figura del negozio giuridico non la troviamo dentro il nostro Codice, penetra
invece nel
Questa definizione, elaborata per ricomprendervi tutti gli atti aventi rilevanza
giuridica frutto della
Nella teorizzazione del negozio giuridico di quegli anni questo fenomeno non era
pensato e quando venne elaborata la figura di negozio giuridico, la classificazione
fondamentale era tra:
• Due esempi:
1. TESTAMENTO;
È una nozione che riflette la situazione attuale, non quella del codice. Nella
definizione di Betti l’attenzione era tutta sul privato.
CODICE CIVILE
1321. NOZIONE.
Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro
un rapporto giuridico o patrimoniale.
CODICE CIVILE
CODICE CIVILE
I COMMA.
Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti
dalla legge.
II COMMA.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una
disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l'ordinamento giuridico.
Tutti i contratti, ancorché non appartengano ai tipi che hanno una disciplina
particolare, sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo.
Le norme contenute nel TITOLO DEI CONTRATTI IN GENERALE si applicano
a tutti i contratti, non solo ai contratti espressamente disciplinati dal legislatore ma
anche ai contratti che emergano dalla fantasia degli operatori economici dalla prassi
economica e sociale.
Il contratto è espressione della libertà e autonomia delle parti ma una volta che esso è
concluso ha FORZA DI LEGGE tra le parti, questo perché vincola in modo così
forte da divenire legge.
Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo
consenso o per cause ammesse dalla legge.
V COMMA.
Questa è la visione del codice del’42 che è coerente con la stessa nozione di
autonomia contrattuale: il contratto è ESPLICATIVO DELL'AUTONOMIA. È una
visione che fa pensare a due parti che si trovano sullo stesso piano e che hanno la
medesima forza.
Il contratto è il risultato di una libera negoziazione tra le parti, secondo il codice del
‘42.
Nella visione del Codice civile vi sono alcuni articoli che fanno pensare che ci siano
casi nei quali questa visione codicistica non funzioni: sono due articoli
SINTOMATICI.
Le clausole generali fanno pensare ad una serie di contratti e che ci sia il sintomo di
uno
II COMMA.
In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le
condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte , limitazioni di
responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero
sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre
eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o
rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza
dell’autorità giudiziaria.
Si afferma espressamente che ci siano delle condizioni del contratto, le quali per
essere valide hanno bisogno di una SPECIFICA APPROVAZIONE SCRITTA,
sono clausole messe da una parte per limitare la libertà dell'altra. Ciò fa percepire che
già nella visione del Codice vi siano delle norme che abbiano previsto una realtà
contrattuale diversa da quella nella quale il contratto è frutto della libertà
negoziazione delle parti: è evidente che vi siano i SINTOMI di una realtà
contrattuale tra parti non eguali, che non hanno la stessa forza.
IL CONTRATTO.
Il contratto nella visione del Codice è un contratto essenzialmente tra PARI, cioè tra
parti aventi la MEDESIMA FORZA e dunque fra parti in grado di portare avanti
una trattativa all’esito della quale sta la conclusione stessa del contratto.
Questa visione del Codice è tratta da due norme: una che contiene il principio
fondamentale, che è quello della AUTONOMIA CONTRATTUALE, nella quale
troviamo delle espressioni che fanno pensare all’autonomia delle parti, quali
liberamente.
CODICE CIVILE
LIBRO IV: DELLE OBBLIGAZIONI
Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti
dalla legge e dalle norme corporative.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una
disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l’ordinamento giuridico.
Si afferma dunque che le parti sono libere di determinare il contenuto del contratto,
anche per i contratti tipici; il secondo comma afferma invece che le parti hanno la
libertà di dare un assetto contrattuale diverso dalle fonti contrattuali che il legislatore
ha espressamente previsto e disciplinato.
In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le
condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di
responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero
sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di
opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita
proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla
competenza dell’autorità giudiziaria.
Rimanendo all’interno del Codice da un lato si è visto come la visione codicistica del
contratto sia espressione di una prassi contrattuale fra parti di pari forza. Questo
significa che il Codice si disinteressa del contenuto del contratto ? Se uno intende il
contratto come libera espressione delle due parti allora la risposta è affermativa, si
potrebbe dire che il legislatore si disinteressa del contenuto del contratto ( che
ovviamente non deve essere illecito ), si disinteressa di un eventuale squilibrio.
Infatti, nella visione codicistica, se una parte cercasse di introdurre dei contenuti
vessatori nel contratto, l’altra parte potrebbe opporsi, data la medesima forza
contrattuale dei due soggetti.
CODICE CIVILE
Questo criterio è quindi molto diverso da quello dell’interpretazione della legge, dove
in primo piano viene posto il senso letterale delle parole.
La lettura di questo articolo è un’altra prova della visione che il legislatore del ’42 ha
del contratto come risultato di una trattativa tra parti aventi pari forza. Nel caso
invece di squilibrio tra le parti, se una fosse più forte e prevaricasse l’altra, non si
potrebbe parlare di comune intenzione delle parti.
Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a
ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.
Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende
che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.
Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui
possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero
alcuno.
Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo
in cui il contratto è stato concluso.
Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel
senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
La prima, nel titolo terzo della parte prima della Costituzione, riguarda i rapporti
economici. Il titolo terzo, dall’articolo 35 fino all’articolo 40 riguarda il RAPPORTO
DI LAVORO e sono norme che ci dicono che il rapporto tra il datore di lavoro e il
lavoratore è squilibrato a favore del primo, tant’è che la Costituzione si pone a favore
del secondo, anche se l’attenzione a tutelare la parte debole oggi si è allentata.
LA COSTITUZIONE
ARTICOLO 41.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Il terzo comma fa riferimento sia alle parti private sia a quelle pubbliche, ma sempre
nell’ambito dell’attività d’impresa, che può essere esercitata anche da un soggetto
pubblico. Questa norma ha avuto un impatto indiretto sulla materia contrattuale
attraverso l’INTERPRETAZIONE, soprattutto da parte dei giudici.
LA COSTITUZIONE
PRINCIPI FONDAMENTALI
ARTICOLO 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo
sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Anche l’articolo 2 della Costituzione ha avuto un impatto indiretto; non si può dire
che quest’articolo si riferisca alla materia contrattuale, ma afferma un PRINCIPIO
GENERALE.
Queste sono le due principali norme costituzionali che sono state e saranno utilizzate
dalla DOTTRINA e dalla GIURISPRUDENZA in materia contrattuale per andare a
guardare il contenuto del contratto. Per fare ciò bisogna però rimarcare il presupposto
dello squilibrio di forza tra le parti, accettare che il contenuto del contratto non
esprima la comune intenzione delle parti.
È bene ricordare che le norme del Codice in materia di contratti, che si applicano a
tutti i contratti, non sono abrogate ed anzi sono tuttora in vigore.
ES. Il contenuto del contratto stipulato con il gestore telefonico ( Wind, Tim... ), non
è stato a noi sottoposto con l’intento di intavolare una trattativa, dato che si tratta di
contratti standard imposti da una parte all’altra; il massimo della nostra libertà è
rappresentato dal decidere con quale compagnia stipulare il contratto. La stessa cosa
succede nei contratti di assicurazione per macchine, motorini...
IL CONTRATTO
CODICE CIVILE
Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei
confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha
conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza.
In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le
condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di
responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero
sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre
eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o
rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza
dell’autorità giudiziaria.
Il legislatore, perciò, oggi ha preso sempre più consapevolezza di una realtà: la prassi
contrattuale, specie in alcuni settori, presenta una DISPARITÀ di forze tra le parti
(contraente più forte e contraente più debole). Preso dunque atto di questa realtà il
legislatore oggi, più di allora, si preoccupa di apprestare al contraente più debole una
tutela efficace poiché la tutela apprestata a tale contraente dal codice del 1942 era una
tutela altrettanto debole.
CODICE CIVILE
Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a
tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli
usi e l’equità.
ES. Laddove i contraenti prevedano una durata del contratto diversa da quella
prevista dal legislatore, la legge entra nel testo contrattuale e sostituisce la clausola
che le parti hanno previsto in contrasto con la legge con la durata del contratto
prevista dal legislatore (non inferiore a quattro anni).
I punti sui quali si limitava l'autonomia erano la DURATA e il CANONE. Il vecchio
rimedio utilizzato, rivitalizzato dai giudici che è diventata una chiave per tutelare il
contraente debole dalle sopraffazioni del contraente forte è la BUONA FEDE.
Quest’ultima entra nel contratto in tre momenti:
CODICE CIVILE
CODICE CIVILE
La tutela più forte che il legislatore possa offrire è quella di prevederela nullità della
clausola contenuta nel contratto, ma vessatoria per una delle parti.
Oltre al giudice che utilizza questi strumenti c'è anche l'AUTORITÀ ANTITRUST
a cui l'imprenditore e anche il consumatore si può rivolgere per avere tutela (di
carattere amministrativo).