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ASSUNTA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
TITOLO TESI
DAL PIANO SOCIALE REGIONALE AL PIANO DI ZONA
FROM REGIONAL SOCIAL PLAN TO AREA PLAN
RELATORE
Prof.ssa Marinella Sibilla
CANDIDATO
Claudia Caforio
Matricola 3033/L
INTRODUZIONE…………………………………………………………... pag. 5
CAPITOLO PRIMO
PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E ANALISI
1. La pianficazione sociale……………………………………………... pag. 9
CAPITOLO SECONDO
IL PIANO DI ZONA
1. La valenza del Piano di zona………………………………………… pag. 21
CAPITOLO TERZO
DAL PIANO REGIONALE AL PIANO DI ZONA
1. Il Piano regionale delle politiche sociali in Puglia ………………..... pag. 35
CONCLUSIONI……………………………………………………………... pag. 49
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………. pag. 52
3
4
INTRODUZIONE
Una delle novità più rilevanti introdotte dalla legge quadro n. 328/2000 è il Piano di
zona: alcuni lo definiscono come il piano regolatore dei servizi socio sanitari. Più
triennale, con il quale, in ciascun ambito territoriale, Comuni, Aziende Sanitarie Locali
e altri soggetti istituzionali o privati mettono a punto le politiche socio sanitarie rivolte
alla popolazione.
Il Piano di zona si configura come uno strumento di fondamentale importanza per gli
integrato di interventi e servizi sociali, con la sinergia di più soggetti attuatori. Il valore
e il significato del Piano di zona risiedono nel fatto che esso costituisce un’occasione
per veicolare una impostazione nel governo delle politiche sociali orientata alla
L’innovazione che caratterizza il Piano di zona deve essere intesa in senso dinamico
come processo continuo di sviluppo che tenga conto della mutevolezza degli scenari e
interventi e dei servizi sociali e dell’analisi dei bisogni, che trovano una chiara
collocazione nel modello di azione pubblica e nel riconoscimento normativo della loro
La trattazione del tema intende poi focalizzare la valenza del Piano di zona e
l’apporto fondamentale di tutti gli attori e operatori sociali coinvolti nella sua
5
costruzione e realizzazione, basati su precisi capisaldi legislativi, ragion per cui si è
disquisito nel corso del secondo capitolo sull’aspetto della partecipazione del Terzo
tende a costruire risposte originali e creative ai bisogni piuttosto che replicare modelli
standardizzati.
In base alla legge quadro sui servizi sociali, il Piano di zona deve contenere obiettivi
Risulta così chiaramente delineata l’importanza del Piano di zona quale strumento di
sviluppo che guarda alle politiche sociali e sanitarie come azioni di promozione e
riflessione è rivolto alla dinamica che va dalla programmazione regionale, e dunque dal
principale atto di indirizzo della Regione (il Piano sociale regionale), alla formulazione
6
Passando così dal piano teorico al piano operativo, il lavoro si propone di illustrare il
contesto in cui opera e la struttura in cui si articola il Piano sociale regionale 2013/2015
e il Piano di zona di Taranto 2013/2015. L’analisi viene attuata con un focus specifico
L’individuazione dei valori, dei contenuti e della metodologia del Piano di zona
rappresentati in questo testo sono basati sulla raccolta e lo studio di materiali vari, utili
Piano regionale e quello locale nonché ad elementi di tipo storico o quantitivativo e dati
che ai contesti che influenzano i quattro elementi chiave della definizione degli obiettivi
di una policy (politico, che influenza le finalità), sociale (che influenza i bisogni),
per affrontare la materia nella sua complessità oggettiva, al di là degli specifici ambiti
disciplinari.
7
8
CAPITOLO PRIMO
1. La pianficazione sociale
L’uomo ha da sempre avuto la necessità di ricorrere ad una pianificazione razionale delle sue
azioni per risolvere i problemi della quotidianità. La pianificazione sociale, invece, come prassi
consapevole e volutamente indirizzata alla modificazione del sistema sociale per migliorare la condizione
Gli effetti congiunti delle grandi trasformazioni strutturali intervenute nel sistema
sociale e l’emergere di una cultura più attenta alle esigenze dei singoli e dei gruppi
hanno indotto nella gestione delle politiche sociali nuovi modelli di welfare e
cambiamenti nei concetti e nelle categorie dell’aiuto alla persona e del servizio sociale
L’origine della pianificazione sociale può essere ricondotta, dunque, a ragioni che
ricalcano i modelli idealtipici d’azione weberiani: essa, cioè «ha inzio da un problema,
interventi e servizi sociali, fondata sull’analisi puntuale del territorio, delle sue risorse e
1
BRUNI C., La pianificazione sociale nel quadro della teoria sociologica, in BRUNI C., FERRARO U. (a
cura di), Pianificazione e gestione dei servizi sociali. L’approccio sociologico e la prassi operativa,
FrancoAngeli, Milano, 2009, p. 11.
9
delle sue carenze, con il coinvolgimento della comunità nella realizzazione dei servizi
[…] la scelta di di una politica e di una programmazione sulla base di fatti, proiezioni nel futuro e
3
applicazioni di valori […] .
Quasi dieci anni più tardi Bailey (1975) lega la nascita della pianificazione sociale
pianificatore sociale ha a che fare con gli aspetti sociali dello sviluppo urbanistico,
che consiste nella fissazione dei fini e degli obiettivi di un’azione complessa, nella
definizione dei tempi entro cui raggiungerli e nell’individuazione dei mezzi e delle
future. Essa si basa innanzitutto sulla capacità di definire lo stato attuale e quello
possibile dei bisogni reali e delle priorità. Alla base del processo di pianificazione vi è
una dimensione conoscitiva che richiede una scelta di obiettivi politici che tengano
conto delle tendenze, dei bisogni e dei valori di una collettività e che indichino una
2
Cfr. BRUNI C., FERRARO U., Pianificazione e gestione dei servizi sociali. L’approccio sociologico e la
pressi operativa, FrancoAgneli, Milano, 2009, p. 7.
3
KAHN A. J., Teoria e pratica della pianificazione sociale, Fondazione Zancan, Padova, 1974, p. 31.
4
MARSELLA A., Pianificare, valutare, comunicare. Metodi e strumenti del lavoro sociale, Armando
Editore, Roma, 2004, p. 17.
10
volontà politica capace di tradurre in programmi concreti le previsioni. Il processo di
produrre cambiamenti.
[…] la definizione di una politica e la sua realizzazione per mezzo di scelte razionali […]5
dei bisogni e delle risorse disponibili, dalla valutazione dei valori condivisi, si passa poi
alla formulazione degli indirizzi generali per una programmazione locale adeguata, alla
continuità nei processi, integrazione tra servizi sociali, sanitari ed educativi, riforme e
sviluppo nei programmi alla luce dei bisogni effettivi, regolarizzazione delle priorità
nella destinazione delle risorse umane e finanziarie ed attuazione delle scelte idonee.
Con la legge n. 328 dell’8 novembre 2000 «Legge quadro per la realizzazione del
zona sono stati istituiti come strumenti formali di governance per la programmazione
5
FALBO E., Servizi Sociali oggi. Politica sociale, programmazione, legislazione, Armando Editore,
Roma, 2002, p. 24.
11
2. La funzione della programmazione: attori, contenuti e obiettivi
Per realizzare i diritti sociali e per garantire a tutti i cittadini un livello di vita
costituisce un validissimo aiuto per chi deve mettere in campo le risposte pubbliche alle
situazioni di disagio e sofferenza. Il sistema di welfare non può fare a meno della
ridurre le differenze nella fruizione di beni comuni, nella costruzione del benessere in
tutte le sue molteplici componenti e del valore di un territorio; ma anche come segnale
di un progresso nella storia dell’uomo: lavorare nel presente per assicurarsi un futuro.
programmazione orientata a fini sociali. Alfred Kahn individua una pluralità di ambiti
problematiche sociali, fino a giungere alla pianificazione degli aspetti sociali della
[…] Nell’uso quotidiano i termini di programmazione e pianificazione vengono utilizzati nel senso
8
di pre-vedere qualche cosa ed in conseguenza pre-parare un intervento, pre-ordinare una strategia […] .
Alla fase della pianificazione sociale segue pertanto quella della programmazione
per mezzo di programmi, che consentono la loro concreta attuazione e la loro efficacia
6
Crf. CARLONE U., Introduzione alla programmazione sociale. Come, cosa, perché, Morlacchi Editore,
Perugia, 2014, p.11.
7
Cfr. SIZA R., Progettare nel sociale. Regole, metodi e strumenti per una progettazione sostenibile,
FrancoAngeli, Milano, 2002, pp. 17-18.
8
MERLO G., La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci Faber, Roma, 2014, p. 17.
12
operativa9. La programmazione sociale si riferisce ad interventi che hanno come
limitare gli effetti sociali della crescita e ad affermare priorità di ordine sociale,
consente di realizzare l’esigenza di destinare risorse a tutela delle classi sociali più
povere per favorirne l’integrazione. Ciò in un’ottica di politica sociale che affida la
piano quinquennale a cavallo degli anni sessanta, inteso a portare una trasformazione a
lungo termine nell’economia e nella società italiana. In quel periodo gli assistenti sociali
formazione teorica e pratica di detti operatori era in parte orientata ad un rapporto con la
esigenze di specifiche realtà sociali, tenendo conto delle risorse economiche ed umane
9
MARSELLA A., Pianificare Valutare Comunicare. Metodi e strumenti del lavoro sociale, Armando
Editore, Roma, 2004, p.17.
13
collettivi. Più recentemente, la stessa tendenza si è evidenziata nello sviluppo di sistemi
progetti sociali e dei Piani di zona, anche a seguito dell’approvazione della legge quadro
attiene alla distribuzione delle risorse del welfare considerate nel loro complesso e nelle
economica della crescita, affermando priorità e azioni che non mettono comunque in
costituito dalla programmazione dei servizi sociali. Tale ambito ha trovato il suo
massimo sviluppo nella fase istituzionale delle politiche sociali come modalità
presentato come espressione di uno stato che intendeva proporsi in termini sempre più
inclusivi di nuovi diritti e nuovi bisogni intervenendo in ogni aspetto della vita sociale,
che organizza la sua azione per meglio svolgere la sua crescente funzione regolativa e
distributiva. Il suo sviluppo ha coinciso con la fase espansiva delle politiche sociali, la
sua crisi con il progressivo ridursi dell’intervento pubblico e il moltiplicarsi degli attori
14
della politica sociali. Oltre alla funzione prettamente programmatoria, riguardante
dei singoli soggetti che compongono il sistema. Intende promuovere, in rapporto alle
specifiche richieste dell’utenza e del contesto, dei mix sinergici di risorse, combinazioni
intersettoriali più efficaci e reti composte dal mercato, dallo Stato, dal settore informale
e quello non profit. La programmazione sociale elabora nuove modalità decisionali, più
riconoscano il ruolo che essi possono avere come partners attivi piuttosto che destinari
Regioni e Province vengono chiamati a mettersi fra loro in relazione per attivare il
che, sul territorio, si impernia sul Piano di zona. L’istituzione però non può limitarsi al
mero assolvimento dei compiti istituzionali nel dare servizi, ma li deve offrire in una
prospettiva di sviluppo sociale e civile, tenendo conto dei cambiamenti in atto nella
società: a tale compito debbono contribuire gli operatori sociali che per primi sono in
grado di rilevare le esigenze di tali cambiamenti, stante il loro rapporto con l’utenza10.
10
Cfr. CORTIGIANI M., Nascita e sviluppo della programmazione sociale, in MARI A., La
programmazione sociale. Valori, metodi e contenuti, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN),
2012, p. 37.
15
3. L’analisi dei bisogni nel contesto del Piano di zona
offerta costituita dai servizi sociali e socio sanitari, non sempre adeguata sotto il profilo
diritti sanciti a vari livelli risultino esigibili. D’altro canto, è necessario sviluppare una
approfondita conoscenza della natura del problema sul quale si vuole agire e dei bisogni
Si comprende così bene come l’analisi dei bisogni sia uno strumento di supporto
alla decisione utilizzabile per l’allocazione delle risorse, la precondizione per il disegno
di politiche, servizi, progetti e lo sviluppo dei programmi e degli interventi nel campo di
tutti i servizi alla persona. Attraverso l’analisi si può effettuare una stima dei bisogni o
tal senso questo strumento è particolarmente adatto e flessibile per l’avvio e lo sviluppo
Il Piano di zona è l’occasione offerta alle comunità locali per leggere, analizzare,
diversi soggetti per analizzare i bisogni ed i problemi della popolazione sotto il profilo
prescindere, dunque, da un’attenta analisi dei bisogni. Il Piano di zona assurge così a
organizzative dei servizi e di forme di rilevazione dei bisogni e delle risorse. L’analisi
che sono i bisogni (le esigenze, le aspirazioni, i desideri, le aspettative) di una comunità
o di un gruppo di persone
16
[…] Il Piano deve essere realizzato con la principale finalità di assicurare nuove e sostenibili risposte al
bisogno di interventi e servizi per la collettività, attraverso la definizione delle relazioni e dei diversi ruoli
che si devono instaurare fra i soggetti istituzionali che operano nell’ambito, e dei rapporti che questi
devono tessere con altri soggetti che, a diverso titolo, operano sul territorio, gestendo programmi e servizi
sociali […]11.
Lo sviluppo del servizio sociale va di pari passo con quello delle moderne
l’obiettivo dichiarato.
scala dei bisogni, ha ben chiarito come, raggiunto uno stato qualsiasi di benessere, esso
tende a divenire inavvertito, quasi fosse una realtà ormai scontata, mentre subito si fa
avanti un nuovo bisogno12. I bisogni possono essere quindi graduati lungo una sorta di
scala gerarchica, partendo dai cosiddetti bisogni primari o naturali, legati alla
sopravvivenza fisica, per poi salire a quelli legati allo sviluppo personale/sociale, ossia
comunità umane. Si cercano in tal modo opportunità possibili sulle quali intervenire
11
BATTISTELLA A., Costruire e ricostruire i Piani di zona, in BATTISTELLA A., DE AMBROGIO U., RANCI
ORTIGOSA E. (a cura di), Il Piano di zona, Carocci Faber, Roma, 2004, p. 49.
12
Cfr. FOLGHERAITER F., Teoria e metodologia del servizio sociale. La prospettiva di rete, FrancoAngeli,
Milano, 1998, p.87.
17
L’analisi dei bisogni è resa complicata dalla straordinaria complessità del concetto
[…] una mancanza di determinate risorse materiali o non materiali, oggettivamente o soggettivamente
necessarie ad un certo soggetto (individuale o collettivo) per raggiungere uno stato di maggiore benessere,
efficienza o funzionalità – ovvero di minore malessere o inefficienza o disfunzionalità – rispetto allo stato
13
attuale, sia essa sentita o accertata o anticipata dal medesimo soggetto oppure da altri per esso […] .
cimentate lungamente con il tema del bisogno contribuendo a generare uno straordinario
numero di varianti di significato. Ciò che rimane centrale tuttavia è l’idea che i bisogni
siano ritenuti cause dirette o indirette dell’azione sociale, abbiano quindi una funzione
motivazionale che spinge ad agire. A livello di Piano nazionale degli interventi e dei
servizi sociali, la situazione di bisogno viene definita come criterio di accesso al sistema
definizione di bisogno e la modalità con cui esso viene percepito in una data collettività
varia nel tempo e differisce per culture e ambienti sociali. Variano inoltre i modi e le
strategie che vengono ritenuti più adatti per affrontare un dato tipo di bisogno, così
meccanismi che generano nuovi bisogni. Nel settore dei servizi sociali l’accezione piena
della nozione di bisogno delle persone e delle famiglie mette in crisi taluni meccanismi
di mercato che risolvono le relazioni sociali nei puri termini del calcolo utilitaristico;
per altro verso l’eccessiva attenzione posta sul bisogno rischia di innestare pratiche
13
GALLINO L., Dizionario di sociologia, Utet, Torino, 2006.
18
opportunistici. Per tutto questo il processo di individuazione dei bisogni e, soprattutto,
un processo dinamico che deve tenere conto di due dimensioni: quella temporale basata
sull’interpretazione del passato e sui possibili sviluppi degli scenari futuri, e quella
sincronica relativo allo stato attuale del sistema, che mostra la complessità e
ed economico e le possibili direttrici della loro evoluzione e di dati più soggettivi che
problema dei bisogni in modo innovativo. I risultati ottenuti dall’analisi dei bisogni
devono, infine, essere comunicati ai soggetti coinvolti nel processo di costruzione dei
conoscitiva del decisore al fine di ridurre i margini di incertezza insiti in ogni processo
rispondano in maniera più congrua alle situazioni di bisogno rilevate nella popolazione
19
20
CAPITOLO SECONDO
IL PIANO DI ZONA
Il Piano di zona è la più significativa innovazione nella realtà delle politiche e dei
servizi sociali del nostro paese degli ultimi decenni. La rilevanza e la portata innovativa
dei Piani di zona sta in primo luogo nell’aver superato un cronico limite dei primi attori
La legge n. 328/2000 colloca il Piano di zona al capitolo IV tra gli «strumenti per
il Piano sociale di zona ha durata triennale ed è definito dai Comuni singoli o associati, d'intesa
con le Aziende Unità Sanitarie Locali, sulla base delle indicazioni del Piano regionale e con la piena
partecipazione dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera c), che, attraverso l'accreditamento
o specifiche forme di concertazione, concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del
Piano.
cittadini, per una crescente condivisione di responsabilità di indirizzi, rischi ed esiti delle
scelte di politica sociale. La valenza del Piano di zona risiede anche nella possibilità di
realizzare la tanto auspicata integrazione fra servizi sociali e servizi socio sanitari in una
21
logica di concertazione fra soggetti autonomi e di pari dignità. Un ruolo fondamentale
nella costruzione del Piano di zona è attribuito al Comune, o meglio all’insieme dei
farsi promotori di iniziative di mobilitazione di tutti gli altri attori locali, pubblici e del
privato sociale.
dei Sindaci, Direttore del Distretto e Comitato dei Sindaci di Distretto), e gli atti
Programma delle attività territoriali (PAT), Piano sociale regionale e Piano di zona) che
essi devono produrre. Le funzioni e le attività di carattere socio sanitarie devono essere
tanto gli uni che le altre debbono, infatti, impegnare risorse di varia natura per rispondere
sociali ideate e attivate di concerto con gli altri attori del privato sociale radicati nel
territorio, facendosi garante nei confronti dei cittadini rispetto alle prestazioni erogate da
adeguati standard di qualità. Il ruolo dei diversi attori pubblici e privati può essere
ricondotto a tre sostanziali funzioni: una funzione di governo, una funzione di produzione
e una funzione di tutela e promozione dei diritti sociali. La funzione di governo del
sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli Enti locali, alle Regioni e allo
sistema coinvolgendo altri enti e organizzazioni operanti nel settore sociale. La funzione
22
di produzione di servizi, interventi e prestazioni si sostanzia nelle attività che vanno dalla
gestione all’offerta dei servizi cui provvedono i soggetti pubblici nonché gli organismi
al raggiungimento dei fini istituzionali (qualità della vita, pari opportunità, non
base delle indicazioni dei Piani nazionali e regionali i Comuni provvedono a definire il
Piano di zona volto a favorire la creazione di una rete di servizi e interventi flessibili,
requisiti di qualità degli stessi anche attraverso forme di concertanzione con gli enti non
profit erogatori di servizi sociali, enuclea le modalità per garantire integrazione fra servizi
nell’ambito della solidarietà sociale e della comunità locale. Il valore e il significato del
Piano di zona risiede nel fatto che costituisce un’occasione per veicolare una
impostazione nel governo delle politiche sociali orientata alla sussidiarietà sia verticale
che orizzontale, nella logica di fornire autonomia ed empowerment ai territori, con una
miglioramento continuo nello sviluppo della comunità locale14. Il Piano di zona realizza
territorio chiamato ambito o zona, definiti dalle Regioni e coincidenti solitamente con i
Distretti socio sanitari, come auspicato dalla legge, dimensione necessaria per
14
Cfr. RANCI ORTIGOSA E., Valore e significato dei Piani di zona, in BATTISTELLA A., DE AMBROGIO U.,
RANCI ORTIGOSA E. (a cura di), Il Piano di zona, Carocci Faber, Roma, 2004, p. 37.
23
l’organo di governo del Piano di zona nel Comitato dei Sindaci di Distretto, organo
composto dai Sindaci dei Comuni dell’ambito territoriale con qualche possibile variante,
formalizzate negli accordi di programma che approvano i Piani di zona; con l’accordo di
programma più enti assumono come proprio il contenuto del Piano di zona, entrando a far
altresì il ruolo, i diritti e i doveri di ogni soggetto e la regolazione interna delle relazioni
distributivo di risorse.
Distretto) e con l’organo di rappresentanza tecnica (il tavolo tecnico distrettuale) 15.
L’ufficio di piano è solitamente composto da responsabili dei servizi sociali dei Comuni
facenti parte dell’ambito, rappresentanti politici, tecnici delle istituzioni e della comunità
costituisce un punto focale del modello di intervento disegnato dal Piano di zona, in
quanto la complessità di molti bisogni richiede la capacità di erogare risposte fra loro
sistemi a rete.
15
Cfr. LAZZAROTTO L., Ruoli e funzioni dell’ufficio di piano, in BATTISTELLA A., DE AMBROGIO U., RANCI
ORTIGOSA E. (a cura di), Il Piano di …, cit., p. 67.
24
2. La costruzione del Piano di zona
costruzione dei Piani di zona che sia adeguato al mutare dei bisogni sociali e alla
raggiungere per poi mettere a punto le tecniche per conseguire quanto prefissato. Quando
sussiste il consenso tra i decisori sugli obiettivi da perseguire e le tecniche per intervenire
sono conosciute, si parte dall’analisi della situazione per definire vantaggi e svantaggi, si
«razional-sinottico». Più complesso è il caso in cui vi sia un conflitto tra decisori sugli
obiettivi del progetto, ad esempio diversi soggetti portano avanti istanze tra loro in
contrasto rispetto a servizi con una lunga tradizione (assistenza domiciliare, comunità per
limitate; in questi casi è necessario arrivare ad una mediazione iniziale. Quando invece
definire un primo progetto da mettere alla prova per intervenire con successivi
16
Cfr. RANCI ORTIGOSA E., Costruire e ricostruire i Piani di zona, in BATTISTELLA A., DE AMBROGIO U.,
RANCI ORTIGOSA E. (a cura di), Il Piano di …, cit., pp. 51-52.
25
Le fasi della costruzione dei Piani di zona sono principalmente quattro:
la prima fase riguarda la costruzione della rete dei soggetti chiamati alla definizione
partecipata del Piano e alla individuazione del ruolo di ogni attore locale;
la seconda fase di analisi dei bisogni e dell’offerta, consiste nella raccolta dei dati
sulla domanda e offerta di servizi per costruire la base conoscitiva su cui fondare le
proprio Piano di zona, non ha alcun senso se non inserita in un processo programmatorio
completo e se non attuata attraverso l’attivazione della rete dei soggetti chiamati alla
Il contenuto del Piano, in linea di massima, potrebbe essere articolato in tre capitoli:
capitolo I: il contesto socio economico del territorio, analisi della domanda sociale
e dell’offerta;
17
Cfr. Ibidem, p. 55.
26
3. I riferimenti legislativi
In materia di organizzazione dei servizi sanitari e dei servizi sociali la riforma del
titolo V, parte seconda, della Costituzione ha introdotto importanti modifiche per quanto
Province e ai Comuni, rispetto alle materie di cui all’art. 117 della stessa Costituzione,
materie che oggi vanno a confluire nell’area che attiene ai servizi sanitari, socio sanitari e
gestione, ancorché indiretta, dei servizi, mentre allo Stato competono i poteri di
lato la sanità e dall’altro il sociale. La prima legge organica in materia sanitaria che
prospetta una programmazione articolata sul territorio è la legge n. 833/1978 istitutiva del
Servizio Sanitario Nazionale (SSN); tale legge, con le successive riforme avvenuta nel
1992 con il d.lgs. n. 502 e nel 1993 con il d.lgs. n. 517, avvierà una nuova gestione dei
servizi sanitari mediante la costituzione delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) per poi
giungere alla riforma ter con il d.lgs. 229/1999 meglio conosciuta come legge Bindi.
Nella materia concernente i servizi sociali, putroppo, vi sarà una vacatio non solo
temporale ma anche in via sostanziale; lo Stato per quasi venti anni, non riconosce ai
questa lacuna.
Con la legge n. 328/2000 gli Enti locali, organi di governo del territorio, diventano
sociali nel territorio di propria competenza. La detta legge fa esplicito riferimento alla
27
programmazione sociale come strumento politico, metodologico e tecnico atto a garantire
nazionale circa gli obiettivi di politica sociale dello Stato che devono essere perseguiti,
ma soprattutto mette in evidenza che sono gli enti più direttamente responsabili di fronte
ai cittadini (Province e Comuni) che devono porre in rapporto gli indirizzi generali con le
quello della programmazione degli interventi e delle risorse, che deve necessariamente
della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni,
L’intento della legge è quello di creare uniformità dei sistemi locali quanto ad
competenze istituzionali per creare interventi capaci di misurarsi con aspettative e bisogni
mutati e sempre più complessi. Con la legge quadro n. 328/2000 si è infatti inteso
superare l’accezione tradizionale di assistenza quale luogo di bisogni che possono essere
partecipata nei costi dai cittadini secondo criteri di equità, con un ventaglio più ampio di
28
servizi ed opportunità e con percorsi personalizzati a misura delle persone e delle loro
strumento per accrescere, a fronte dei mutati bisogni delle persone e delle famiglie,
pratica operativa dei servizi non è certo un’operazione priva di complessità; consapevole
di questa difficoltà, il legislatore ha previsto all’interno della stessa legge n. 328/2000 uno
strumento ad hoc all’interno del quale l’analisi dei bisogni dovrebbe rivestire un ruolo di
come sede di progettazione, gestione e controllo delle azioni finalizzate alla promozione
del benessere e della salute. Tale indirizzo ben si incontra nell’elaborazione del Piano
sviluppo del sistema locale dei servizi socio sanitari e sociali. In tal modo, si può
29
4. La partecipazione del Terzo settore ai Piani di zona
l’importanza di uno sviluppo delle relazioni fra più soggetti che si presentano come attori
sulla scena sociale. Uno dei principi caratterizzanti la legge n. 328/2000 è l’idea di un
vasto coinvolgimento di attori che operano nelle comunità locali nel processo di
ma anche sostanziale.
si realizza con la collaborazione concertata di tutti i soggetti attivi nel territorio, incluso il
Terzo settore, intesa come compartecipazione alle decisioni in pari dignità con le
welfare allargato non hanno molta letteratura e soprattutto non sono ancora
specificatamente esplorati dalla ricerca empirica, tuttavia sono oggi avvertiti in tutta la
loro importanza, sia a livello delle sedi nazionali di rappresentanza che a livello locale
dei cittadini nella partecipazione diretta e informata alla cosa pubblica per l’interesse
volontariato, pur essendo un fenomeno per sua natura composito e variegato al suo
interno, non può sottrarsi ad un ruolo di partecipazione diretta alla programmazione, alla
30
concertazione e alla coprogettazione, nonché alla valutazione delle politiche sociali del
territorio.
modernizzazione operata nella seconda metà degli anni settanta attraverso la densa
non profit vengono prima considerate come attori complementari e poi come autori e
forte interazione ed integrazione delle risorse e degli intenti tra il Comune, prima unità di
governance del welfare locale, e gli altri soggetti che concorrono all’accompagnamento
tutte le fasi della pianificazione sociale, i soggetti non istituzionali attivi sul territorio,
quelli cioè appartenenti al cosiddetto Terzo settore e del volontariato, dando attuazione al
consultazione.
Gli organismi rappresentativi del Terzo settore che operano nel territorio, in
particolare gli organismi non lucrativi di utilità sociale, gli organismi della cooperazione
progettazione e realizzazione della rete delle unità d’offerta sociali e socio sanitarie. Tra
questi, il volontariato ha un ruolo specifico rispetto agli altri soggetti non lucrativi; esso
consiste nella realizzazione di progetti innovativi e sperimentali, tali cioè che una volta
provata la loro validità vengono affidati a soggetti che possono svolgerli in modo
31
convenzionamento per la gestione dei servizi e assume un vero e proprio significato di
partnership con l’Ente pubblico per la definizione del disegno complessivo del sistema di
welfare locale. All’interno del Piano di zona, per realizzare una programmazione dei
servizi e degli interventi sociali, i Comuni aggregano tutti gli enti pubblici e privati
presenti nel territorio che sono vicini ai bisogni della gente coinvolgendoli nella
concertazione e negoziazione.
In tal modo gli attori che intendono collaborare alla elaborazione e gestione del
responsabilità, come ben evidenziato nel rapporto di ricerca del Centro Servizi
Volontariato di Taranto.
Gli enti del Terzo settore sono chiamati a lavorare attivamente per la realizzazione
della rete dei servizi territoriali mettendo a disposizione anche proprie risorse. Il ruolo
che assumono i soggetti che aderiscono al Piano non è pertanto quello di avvallare,
essere interlocutori preparati e validi che concorrono a ridefinire gli obiettivi posti nella
18
Cfr. Centro Servizi Volontariato di Taranto, Partecipazione delle organizzazioni di volontariato
alla programmazione locale delle politiche sociali per l’attuazione dei Piani di zona nella Provincia di
PIANIDIZONATARANTO.pdf
32
programmazione zonale, di concordare la definizione delle priorità di intervento, di
considerazione.
Gli strumenti di collaborazione possono essere quelli che prevedono nuovi modelli
attività di tutela, interpretazione ed espressione sia dei bisogni sociali che delle risorse
di accesso prioritario alle prestazioni sociali e socio sanitari; attraverso queste azioni, i
soggetti del Terzo settore hanno potuto meglio esprimere le loro potenzialità non solo in
Il nuovo welfare deve poter contare sulla partecipazione del volontariato i cui
basilari valori sono la centralità della persona, il carattere partecipativo degli attori
difficoltà, come ad esempio quella delle diverse componenti del Terzo settore a esprimere
troppo stretti date dalle scadenze ravvicinate di presentazione dei Piani di zona, ma che
certamente vale la pena di intraprendere per costruire modelli di risposte più originali e
creative ai bisogni e dunque più efficaci nel trattamento dei problemi complessi e delicati
33
34
CAPITOLO TERZO
detta ai Comuni, che hanno la titolarità politica e gestionale nei settori delle politiche e
rivoluzionaria del Piano sociale regionale sta nell’opportunità che questo strumento può
essere il volano per un welfare per lo sviluppo decisivo che coinvolge cittadini singoli e
associati, istituzioni, enti locali e forze sociali. Si passa così da un approccio al welfare
tradizionale che guarda alla tutela e, alla protezione, ai bisogni e alle risposte ad un
approccio che fa leva sulla promozione, sui diritti, sulla libertà e l’emancipazione.
La Regione Puglia, giova ricordarlo, è arrivata alla definizione del primo Piano
sociale regionale nel 2004, con tre anni di ritardo rispetto alla ridefinizione dei fondi
nazionali e quindi rispetto alla legge n. 328/2000. Questo ha consentito alla Giunta
dei primi due cicli dei precedenti Piani sociali. Non è più stato così per il terzo ciclo di
utilizzato in Puglia per compensare la riduzione dei fondi prodottasi a seguito dei tagli
dei trasferimenti dal Fondo nazionale sociale da parte del Governo nazionale negli anni
Il Piano delle politiche sociali regionali 2013-2015 porta alla ribalta l’idea della
piena inclusione sociale per tutti, un welfare pugliese inclusivo, ovvero la possibilità di
al bisogno.
35
L’idea non è quella di rispondere ai bisogni sempre più nuovi e diversi che
tutela e la protezione dei soggetti più deboli, esposti all’abbandono e agli abusi.
Il percorso che ha portato alla definizione del terzo Piano regionale delle politiche
sociali è stato condiviso, fin dal suo esordio, con il territorio; un intenso ed articolato
attori, istituzionali e non, necessario per la successiva stesura e l’attuazione dei nuovi
Nella programmazione sociale regionale sono state introdotte diverse novità; tra
tutte, spicca l’introduzione di precisi obiettivi di servizio nell’area del contrasto delle
sociale (mensa sociale, alloggio d’emergenza per adulti senza fissa dimora, banco
di indigenza estrema.
Questi vanno ad aggiungersi agli obiettivi di servizio che già nel secondo Piano
regionale furono introdotti nel 2009; in tutta la Puglia ormai, ci si confronta con un
sostenere e potenziare gli sforzi di protezione e di promozione sociale delle persone che
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marginalità per quei nuclei familiari e quelle persone che, a causa della carenza di
sono sovraesposte rispetto al rischio delle nuove povertà: giovani coppie con bambini,
famiglie con anziani non autosufficienti, persone con disabilità, nuclei familiari
Sono sei gli assi portanti della programmazione sociale regionale per il triennio
2013-2015:
1) sostenere la rete dei servizi per la prima infanzia e la conciliazione dei tempi di
autosufficienze;
dei minori.
declinazione degli obiettivi specifici di intervento e dei risultati attesi con indicatori
puntuali, quando possibile, e degli obiettivi di servizio verso cui tendere nel triennio di
riferimento.
scolastica e di trasporto scolastico per gli alunni disabili che frequentano le scuole
37
organizzazioni del Terzo settore e le Organizzazioni sindacali più rappresentative in
Tra le altre novità, infine, criteri più stringenti sulla composizione dell’ufficio di
compartecipazione dei Comuni ai servizi previsti nel Piano sociale di zona. Si tratta, ad
esempio, del trasporto e integrazione scolastica disabili, delle rette per minori fuori
famiglia,dei centri famiglia e servizi per le responsabilità familiari, degli interventi per
welfare plurale con responsabilità ed obiettivi condivisi tra i diversi attori sociali ed
regia regionale che si riunisce periodicamente, lungo l’intero triennio, per assicurare il
alle eventuali fasi di riprogrammazione. Essa è composta, tra l’altro, dai referenti degli
L’obiettivo del terzo Piano regionale della Puglia è il consolidamento del sistema
di servizi sociali e socio sanitari a livello regionale anche attraverso un maggior grado di
discriminazione tra cittadini rispetto alle effettive opportunità di accesso ad una rete
19
Cfr. ASSESSORATO AL WELFARE DELLA REGIONE PUGLIA, Inserto speciale Piano Regionale Politiche
38
Gli ambiti sono chiamati infatti ad assicurare reali competenze attuative, unica
garanzia di risposte concrete offerte alle comunità locali e alla platea dei beneficiari
parti:
1) una prima parte dedicata alla descrizione del contesto socio demografico
regionale;
2) una seconda parte dedicata alla definizione delle strategie e delle priorità del
triennio;
3) una terza parte riservata alla ricostruzione del quadro complessivo delle risorse
organizzativo/gestionali.
ambiti territoriali;
le tavole dei riparti per ambito territoriale relative a tutti fondi attribuiti al
presa in carico delle persone con fragilità, al fine dell’inclusione sociale dei soggetti
39
2. Le linee guida regionali per la programmazione territoriale e la stesura dei
Piani di zona
all’integrazione socio sanitaria. Il Piano sociale di zona deve esprimere i principi e gli
obiettivi che le linee guida regionali intendono valorizzare per quanto riguarda lo
affrontare nel Piano di zona sulla base di criteri unitari regionali, idonei a favorire
intervento, i ruoli, le competenze e gli assetti relazionali dei soggetti che, a diverso
parallelamente a come questi soggetti si muovono per definire i propri ruoli, confini e
La definizione dei Piani sociali di zona quali strumenti attuativi del Piano
regionale a livello locale e gli strumenti operativi per l’esercizio concreto da parte dei
nazionale, avviene con la partecipazione di tutti i soggetti che sono parte attiva del
sistema di welfare plurale con responsabilità ed obiettivi condivisi tra i diversi attori
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diverse fasi del processo di costruzione della rete locale dei servizi. Le linee guida
dei soggetti sociali che operano su un territorio, allo scopo di superare una logica
nel prendersi cura dei suoi membri. In particolare, la governance del terzo Piano
raccordo tra Enti pubblici, terzo settore e società civile organizzata nel triennio di
raggiungere gli obiettivi regionali né, più in generale, costruire una politica sociale
Uno dei principali indicatori di efficacia per un sistema locale dei servizi è dato
dall’intensità e dalla qualità delle relazioni tra gli attori, elemento capace di agevolare i
Gli allegati al Piano Regionale delle Politiche Sociali del triennio 2013-2015
recano le indicazioni operative sulla composizione e sul contenuto dei Piani sociali di
zona e delle relazioni sociali annuali, i riparti per ambito territoriale sociale delle risorse
riferimento per la struttura come da linee guida regionali, in modo che lo stesso rechi gli
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cronoprogramma e gli assetti organizzativi indispensabili per la configurazione del
In modo speculare rispetto alla struttura del Piano Regionale delle Politiche
Sociali, gli ambiti territoriali pugliesi redigono pertanto il rispettivo Piano sociale di
principali bisogni sociali e delle principali criticità nell’organizzazione delle rete dei
della rete dei servizi per obiettivi di servizio, la composizione della dotazione
delle politiche sociali con le politiche relative ad altri settori, in primis quello sanitario,
Sindacati.
possono portare alla perdita del lavoro, all’interruzione dei rapporti familiari,
temporanei, mentre nei casi più gravi si rende necessaria un’azione concertata dei
42
popolari, accoglienza protetta, inserimento lavorativo, cura, rieducazione e
reinserimento sociale.
È pure cambiato lo scenario sociale all’interno del quale si svolge l’azione delle
famiglie e il numero delle donne che lavorano, delle separazioni coniugali, delle
economica. La famiglia, negli ultimi anni, ha visto così modificare il suo tipico ruolo di
protezione sociale, riducendosi nelle dimensioni, nei consumi e nell’impiego del tempo
libero.
Per quanto riguarda gli anziani, cresce l’indice di vecchiaia a Taranto (circa 140,9
anziani ogni 100 giovani); essi chiedono risposte adeguate ai loro bisogni, servizi
ricovero a causa della solitudine e ricoveri in strutture residenziali quando non è più
possibile la domiciliarità. Per tale ragione, nel Piano di zona viene attuato il
potenziamento dei servizi di cura per gli anziani, con specifico riferimento all’offerta di
Al disagio sociale che si vive nel capoluogo Jonico a causa della grave crisi
l’emergenza abitativa che coinvolge molte famiglie tarantine per le quali lo sfratto è più
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che un paventato rischio. Nel contrastare la situazione di povertà nella quale versano
molte famiglie di Taranto sono state erogate somme importanti a titolo di contributo
abitativo alle famiglie aventi i requisiti necessari per accedere al beneficio, le somme
contrasto alla povertà sono operativi altri tipi di interventi economici di natura
straordinaria come l’acquisto di farmaci non coperti dal Servizio Sanitario Nazionale,
il servizio civico che consente, a chi non lavora ed ha figli minori a carico, di percepire
la somma di 450 euro mensili per la durata di 6 mesi, l’assegnazione di alloggi popolari
e via dicendo. Per la città di Taranto è stato inoltre attuato un programma di recupero
urbano per la conservazione del Borgo antico, riaprendo i vicoli e mettendo in sicurezza
regionali di riforma del welfare tese ad accentuare lo sviluppo delle comunità locali e
l’alleanza tra attori pubblici ed attori della società, cittadini, famiglie, organizzazioni
private profit e non profit e parti sociali per la promozione delle opportunità e del
Gli attori coinvolti nel percorso di programmazione partecipata per la stesura dei
Piani di zona sono lo Stato, garante del principio di uguaglianza sociale; il mercato
cittadini e le famiglie che con le proprie reti informali di aiuto quotidiano assolvono a
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Fulcro dell’intero processo è l’ambito territoriale sociale, titolare di tutte le
concertazione, luogo di lavoro comune al quale partecipano tutti gli attori sociali e
sanitari; i tavoli di lavoro suddivisi per aree tematiche (area disabili, area anziani, area
area inclusione attiva, area politiche giovanili) e l’Ufficio di Piano per la redazione della
Per ogni area tematica il Piano di zona rileva le criticità specifiche, ad esempio per
l’area famiglia si registrano l’aumento della fragilità delle famiglie monoparentali con
conseguente criticità nella gestione del ruolo genitoriale, elevati livelli di multi-
interventi di taglio psico sociale ed educativo, con grande varietà di prestazioni che
favore di donne con assistenza sociale, sostegno psicologico e consulenza legale, oltre
dipendenze, poi l’area anziani unitamente all’area famiglie e gli interventi per i minori,
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in coda l’area disabilità, i progetti di inclusione socio lavorativa e le prestazioni relative
servizi accreditati che offrono servizi socio assistenziali e socio sanitari a sostegno di
minori, disabili, anziani e persone con problematiche psico sociali. Molto sviluppato
risulta essere il sistema dell’offerta nell’area socio educativa con una maggioranza di
alla notevole riduzione della natalità che inducono ad un aumento della popolazione
anziana. Per tale ragione, nel tempo sono state potenziate le Residenze Socio Sanitarie
imperniata sulla definizione di una serie di obiettivi di servizio verso cui tendere, con
performance registrate.
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disbrigo di pratiche amministrative e gli interventi domestici. L’Assistenza
favore delle famiglie e dei minori disabili o a rischio di devianza o entrati nel
i servizi comunitari a ciclo diurno (centri aperti polivalenti per minori, per persone
anziane e per persone disabili, centri antiviolenza), i centri socio educativi per
i servizi per la prima infanzia (asilo nido) e sostegno economico (assegni di prima
dote per i nuovi nati, buoni servizio a favore di famiglie con minori, erogazione di
latte formulato in favore di minori nella fascia di età 0-6 mesi appartenenti a
infanzia;
i servizi residenziali (Casa per la vita per persone con problematiche psico sociali,
famiglie con minori, tirocini formativi e borse lavoro per minori e pazienti
sociale);
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misure a sostegno delle responsabilità genitoriali inerenti ad affidi ed adozioni,
azioni a sostegno psicologico nei riguardi del minore affetto da patologie e della
politiche di welfare capaci di dare centralità alle comunità locali per lo sviluppo
opportunità tra uomo e donna e la qualità della vita attraverso la conciliazione dei tempi
di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé delle persone
residenti nell’ambito.
Una delle priorità del welfare pugliese è quella di dotare o consolidare sul
territorio la rete dei servizi e delle strutture di pronta accoglienza per alcune categorie di
persone (immigrati, senza fissa dimora, persone con problematiche di dipendenza, ecc.),
alcuni progetti speciali, di cui il più significativo è il progetto «Taranto oltre confine»
Il Piano è stato accolto dalla Regione Puglia senza alcuna prescrizione, ottenendo
sanitaria, in considerazione del fatto che l’importo pro capite del Comune di Taranto sui
48
CONCLUSIONI
il potenziamento della rete dei servizi per promuovere opportunità e benessere sociale,
fondamentale l’idea della visione del proprio territorio quale fattore originario di ogni
Per scegliere una direzione da seguire, gli operatori sociali, gli amministratori
condizione futura auspicabile e desiderata del loro territorio (vision). Chi ha una visione
sa dove vuole andare (essa indica una precisa destinazione, e insieme una via da
interrompere il futuro, il futuro del nostro lavoro, il futuro del nostro territorio, il futuro
20
Cfr. FINIZIO M., Le linee del piano sociale regionale, in “Basilicata Regione Notizie”, n. 105, 2003, p.
54.
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Tutto ciò non può limitarsi a considerare soltanto la mera realtà attuale spesso
peraltro modesta, ma guarda a quanto è ricco invece il suo potenziale; è nel potenziale
attuale del bruco e quanto è ricco invece il suo potenziale futuro di farfalla! Sarebbe
persone sono soprattutto le potenzialità che esprimono e non i problemi che presentano
del bruco malato, e la qualità del lavoro sociale e politico si misura dalla quantità delle
visto e spiegato nella dimensione potenziale, ossia nella prospettiva contenuta in una
dello sviluppo pianificato e condiviso. Anche qui il paradigma della metafora della
qualcos’altro; uno è il miracolo operato dalla natura, l’altro il progresso operato dalle
Il potenziale di ricchezza sociale che risiede nel sociale, nella dimensione civile o
nella sfera pubblica, si può tradurre in cultura e sviluppo e non soltanto in mera crescita
economica.
21
Cfr., Ibidem, p. 55.
50
È questa, a mio avviso, la vera sfida del Piano di zona, una sfida per il
cambiamento per una società più equa e uno sviluppo più sostenibile per le future
generazioni.
piuttosto che mera realizzazione e gestione dei servizi sociali di una comunità,
51
BIBLIOGRAFIA
Testi
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BRUNI C., FERRARO U., Pianificazione e gestione dei servizi sociali. L’approccio sociologico e la prassi
operativa, FrancoAngeli, Milano, 2009.
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Perugia, 2014.
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2002.
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Milano, 1998.
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Romagna (RN), 2012.
MARSELLA A., Pianificare, valutare, comunicare. Metodi e strumenti del lavoro sociale, Armando
Editore, Roma, 2004.
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FrancoAngeli, Milano, 2002.
Siti
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www.csvtaranto.it
www.fondazioneterzopilastro.it
www.provincia.taranto.it
www.regione.puglia.it
Riviste
ASSESSORATO AL WELFARE DELLA REGIONE PUGLIA, Inserto speciale Piano Regionale Politiche Sociali
2013-15, in “PugliaSocialeNews”, n.11, 2013, pp. 2-3.
FINIZIO M., Le linee del piano sociale regionale, in “Basilicata Regione Notizie”, n. 105, 2003, p. 55.
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