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cui la socializzazione dei rischi è storicamente sbilanciata sui to adeguamento dei livelli istituzionali di governo in relazione
fattori di “reciprocità” che orientano l’istituzione familiare, alla trasformazione dei contesti territoriali (Calafati 2009a).
quelle intermedie e di volontariato – e per questo si parla nel Si tratta di questioni che ancora solo in modo larvato lasciano
caso italiano di sistema di welfare familistico – e una certa fun- tracce nell’agenda del discorso pubblico. Anche se sul piano
zione redistributiva affidata all’informalità con la quale le au- del governo del territorio, l’attuale crisi, economica, sociale e
torità amministrative di vario grado negoziano l’utilizzo di ri- ambientale, ha necessariamente messo in discussione i para-
sorse territoriali e finanziarie, fra interessi pubblici o collettivi digmi anche disciplinari sin qui operativi, rispetto al ruolo del-
e interessi privati. l’azione pubblica per il governo di una “rivoluzione territoria-
128 Non si tratta di una facile dimostrazione quantitativa, ma alcu- le” che non ha esaurito il proprio ciclo evolutivo, ma che mani-
ni macrofenomeni, meglio individuabili oggi in una stagione in festa compiutamente la sua scarsa sostenibilità e che ha inve-
cui al welfare è richiesta una riorganizzazione su scala territo- stito l’intera nazione con procedure abbastanza assimilabili
riale o areale ai fini di una razionalizzazione delle risorse di- anche fra contesti molto differenti (da nord a sud), caratteriz-
sponibili sul piano nazionale, possono essere assunti come in- zati da un lato dalla dispersione insediativa di vario grado e da
dizi e spunti di riflessione. un intenso uso di risorse non rinnovabili, e dall’altro da un
sempre più complicato adeguamento delle parti consolidate, suolo – e sia sul piano dell’efficacia nella dotazione e localiz-
sul fronte della definizione di una vera e propria infrastruttura zazione dei servizi, è stata messa in discussione a partire dal-
urbana (e territoriale) del servizio largamente inteso. l’emergere di due questioni: da una parte specificatamente sul
piano urbanistico con il concetto di “qualità urbana” comples-
SERVIZI E CITTÀ IN ITALIA OGGI: DAGLI STANDARD siva, della città e dei territori; dall’altra dalle innovazioni isti-
ALLE STRATEGIE PUBBLICHE PER LA QUALITÀ URBANA tuzionali discendenti dalla riforma del Titolo V della Costitu-
E SOCIALE? zione che sposta la potestà legislativa al livello regionale in
Nel contesto italiano, la regolamentazione urbanistica del rap- numerose materie relativamente ai servizi (salute e urbanisti-
porto fra città e servizi pubblici è stata avanzata con la legge ca) e, in particolare, di quella del sistema assistenziale e so-
755 del 1967 e poi successivamente formalizzata con il noto dl cio-sanitario a partire dalla legge 328 del 2000; quest’ultima,
1444 del 1968 – sugli standard –, che sanciva due diritti fonda- infatti, accogliendo sollecitazioni di matrice europea basate
mentali del cittadino. Come ricorda Luigi Falco: il primo è sul principio di sussidiarietà verticale e orizzontale – cioè fra
quello di «vivere in un insediamento dotato di un piano urbani- amministrazioni di vario livello e fra pubblico e privato – e as-
stico, disegnato e gestito secondo interessi collettivi, unanime- sumendo una prospettiva territoriale nella gestione e pro-
mente condivisi»; il secondo riguarda specificatamente quello grammazione delle politiche sociali, sulla scorta di un’evolu-
«di avere assicurata una quantità minima di aree sulle quali zione della realtà del lavoro sociale, già orientata verso il co-
costruire i servizi» (Falco 2002). Tale vicenda urbanistica, isti- siddetto welfare mix (Ascoli, Ranci 2003; Monteleone 2007),
tuzionale e politica si colloca in un frangente storico del Paese apre ad un significativo cambiamento del ruolo divenuto cen-
in cui la città è teatro di una nuova contesa culturale e tecnica, trale dell’offerta locale e della geografia complessiva del ser-
in cui lo sviluppo urbano poneva questioni strettamente legate vizio, sempre più articolato sul piano sia delle tipologie e sia
alle necessità di determinate “condizioni abitative” di una clas- dei soggetti erogatori fra sociale di matrice pubblica, privato
se lavoratrice in espansione, espresse nell’accesso al “bene sociale – fra cui il no profit – e terzo settore (Ombuen 2002;
casa” - non soggetto a speculazioni del mercato – e ai servizi Karrer, Ricci 2003, 2006).
primari (Falco 1982). Sul fronte del dibattito relativo alla “qualità urbana”, gli stan-
Con il decreto 1444/1968, la pratica urbanistica si dota di uno dard urbanistici sono sottoposti ad un’osservazione critica,
strumento che tiene insieme la trasformazione della città e il orientata a mettere in evidenza il fatto che essi non sono più di
suo progressivo adeguamento in misura dei servizi da collo- per sé garanti di una qualità dell’ambiente urbanizzato deter-
carvi, operando una successiva zonizzazione rispetto a quella minabile a priori, né della definizione di un patrimonio di suo-
che già attua il piano regolatore. Le cosiddette aree a standard lo pubblico usufruibile appieno solo facendo leva su di un con-
sono una compensazione in ordine di suolo pubblico – o mone- trollo minuto degli usi del suolo, proveniente dalle zonizzazio-
taria – a partire da un processo di valorizzazione di comparti ni del piano (Curti 2002). Il significato di ciò che intendiamo per
sui quali già prima di ogni trasformazione ha agito il piano, in- “qualità urbana”, fra l’altro, è venuto, negli ultimi anni, acqui-
dicando dimensioni ed usi delle future trasformazioni. Si trat- sendo un nuovo spessore, non più declinabile esclusivamente
ta di un sistema per il reperimento di aree da parte dell’ammi- con valutazioni sul piano delle forme fisico-spaziali. È emersa,
nistrazione pubblica, attraverso le quali pianificare un’infra- parallelamente all’affermarsi del concetto di sostenibilità,
struttura di aree a servizi e spazi aperti giudicata ottimale, an- un’idea di “qualità urbana” complessa, transcalare, multidi-
che in prospettiva, per i nuovi contesti insediativi. mensionale, integrata e negoziata, che può essere associata
In anni piuttosto recenti, la validità delle aree a standard, sia più all’idea di “città più vivibile”, come luogo «che consente a 129
come strumento garante di una redistribuzione ottimale sul tutti i suoi diversi abitanti la possibilità e la libertà di stare bene
piano fiscale e al contempo spaziale, sia come processo istitu- nel proprio spazio di vita» e che allude ad un «vasto comples-
zionale capace di orientare l’allocazione del surplus derivato so di beni e condizioni» (Nussbaum, Sen 1992; Bellaviti 2009).
dalle trasformazioni urbane – senza entrare in merito alle Si parla di “città sane”, in sostituzione di “qualità urbana”, in
questioni relative alla rendita e ai processi di valorizzazione del cui non solo sono rilevanti e rilevabili parametri relativi alla
qualità dell’aria, del suolo – acqua e terra –, che partecipano ra di un “interesse collettivo”, aprendo a nuovi scenari su come
al benessere complessivo degli abitanti e sono strettamente e da chi possa essere formulata una valutazione sulle azioni,
correlati a scelte di natura urbanistica, ma anche quelli ri- procedure, manufatti, infrastrutture e localizzazioni, conside-
guardanti la valutazione di determinate configurazioni urbane rate tali.
e spaziali in rapporto alle pratiche degli abitanti, orientate a Il ruolo dell’azione pubblica, pertanto, trasla da agente opera-
sostenere coesione e inclusività sociale, qualità delle reti so- tivo principale a gestore e garante dei processi attraverso i
ciali, sicurezza e libertà di movimento nel ciclo di vita, parteci- quali si sostengono, si erogano e si costruiscono i servizi, po-
pazione e attivazione nei processi che coinvolgono i propri con- nendo in primo piano questioni quali trasparenza e pertinen-
testi abitativi (Bellaviti 2006). “Qualità urbana” dunque, dive- za della valutazione dell’interesse collettivo, costruita e ali-
nuta più complessa, perché attiene ad una logica sistemica che mentata da dinamiche decisionali e operative, orientate alla
assume come rilevanti i processi dinamici ed evolutivi; tran- negoziazione, alla partecipazione e all’inclusione. Ciò mette
scalare, perché non è solo definibile in base alla compartimen- in figura la “qualità sociale”, come una dinamica degli effetti
tazione di specifici contesti, e a cui partecipa, invece, anche di azioni da valutare, negoziare, partecipare, in un’ottica rela-
l’“area vasta”, con le sue strutture ambientali e paesaggistiche zionale come metro di una maggiore o minore “qualità” dei
e i sistemi urbani in nuce, con le sue aree e ramificazioni fun- processi. Si è parlato in questo senso di uno slittamento dal-
zionali (Calafati 2009b); multidimensionale, poiché comprende le strutture, intese come luoghi deputati al servizio socio-sa-
e intreccia diverse dimensioni, fisico-spaziale, ambientale, so- nitario e non solo, ai processi, che garantiscono la qualità so-
ciale, sanitaria, culturale...; integrata, oltre la settorialità del- ciale – e anche la sostenibilità economica – dell’espletamen-
l’azione pubblica standardizzata; negoziata, fra i diversi bisogni to del servizio, che non può arrestarsi entro i confini spaziali
e aspirazioni degli attori in gioco che con la loro partecipazio- e organizzativi del solo servizio, ma che deve necessariamen-
ne attiva ne attestano la legittimità sociale ed economica. te aprirsi al contesto fisico-spaziale e sociale in cui acquisi-
Dal punto di vista, invece, delle innovazioni istituzionali in ma- sce, o tenta di acquisire, senso e operabilità (Bifulco, de Leo-
teria di politiche socio-sanitarie, la relazione fra standard ur- nardis 2003). Nelle politiche sociali, servizi e sistemi di servi-
banistici e welfare urbano – o lo star bene in città – è posta in zi «tendono a misurare l’azione e i suoi esiti non sulle presta-
discussione sulla base delle costellazioni di attori, soggetti, zioni erogate (per esempio sulla quantità) bensì sulle relazio-
pratiche e luoghi, attraverso cui si articola la nuova dimensio- ni attivate, sulle reti istituite, e per l’appunto sui processi or-
ne del lavoro e della politica sociale. È mutato in primo luogo lo ganizzativi; non su singole operazioni ma su connessioni» (de
scenario in cui si muove l’attore pubblico e in secondo luogo il Leonardis 2005).
proprio “campo di azione” e di regolazione in tema di servizi per Un orientamento che predilige la dimensione processuale tan-
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la città, tenendo conto che «non è, o non è più necessario e suf- to della pianificazione – sia urbanistica che sociale – quanto
ficiente che gli attori siano pubblici perché l’azione sia pubbli- dell’erogazione e della funzionalità del servizio destituisce in-
ca»; e ancora, che «non possiamo più riconoscere ciò che è direttamente il paradigma dominante della teoria del bisogno,
pubblico a partire da un’autorità pubblica, e dagli attori e dalle in cui si procedeva ad una modellizzazione del fabbisogno, in
azioni in cui essa si esprime; non possiamo più, cioè, identifi- virtù della quale poter corrispondere con un’offerta standar-
carla come attributo di una sfera separata e oggettiva nello dizzata. In una prospettiva relazionale e processuale è nella
Stato e nelle istituzioni politiche e amministrative. Ciò che è natura stessa della rete di relazioni che si destina la possibili-
pubblico non è dato, bensì è una proprietà emergente, che tà di intercettare i bisogni e, allo stesso tempo, suggerire, in-
130 prende forma da processi nei quali un regime di azione diventa dirizzare e abilitare verso il loro soddisfacimento, in modo con-
– se lo diventa – pubblico» (Bifulco, de Leonardis 2005). testuale e relativo a specifici ambiti territoriali.
Come abbiamo già ricordato, infatti, dal punto di vista delle po- Ciò comporta anche il riorientamento degli strumenti e delle
litiche sociali, il campo si apre in orizzontale, includendo uni- metodologie chiamate a rilevare una domanda di servizi dive-
versi di azione, di soggetti operanti nei contesti locali, siano nuta più eterogenea e opaca se affrontata con paradigmi de-
essi di natura pubblica, privata o mista, che agiscono in misu- terministi: i bisogni, come si usa dire, sono divenuti sempre
meno oggettivi e sempre più soggettivi, legati alle differenti garanti di un vero e proprio “interesse collettivo”, non sono
condizioni reali individuali, difficilmente omogeneizzabili in così facili da spazzare via.
etichette prestabilite e basate su modalità interpretative co- La situazione in Italia, anche sulla questione dei servizi socia-
struite utilizzando modelli di rappresentazione statici. Alla ri- li e della loro relazione con la città è interpretata in modo ibri-
gidità di tale legame si sono riconosciuti limiti anche sul piano do. Da una parte la necessità o la richiesta del superamento di
dell’efficienza dal punto di vista della prestazione, dell’effica- un’esperienza della modernità novecentesca non sempre me-
cia nell’adeguatezza delle risposte ai bisogni, e della stessa tabolizzata stenta a produrre nuovi ordini, e dall’altra i prodot-
sostenibilità economica, relativa alla scarsa capacità anche di ti del welfare state, che della modernizzazione sono comun-
restituire e individuare l’adeguato dimensionamento a fronte que un lascito rilevante non solo come deposito fisico di strut-
della rapida mutabilità dei contesti e la difficoltà di aggiornare ture fisiche ma anche come configurazioni epistemologiche
le modalità con le quali si costruiscono basi informative perti- che si sono stratificate, non riescono ad essere risignificati
nenti, di orientamento alle scelte in materia di pianificazione e compiutamente da nuove epistemologie emergenti.
di azione pubblica.
Sono tutte questioni che in qualche misura hanno influito e VERSO LA SPAZIALIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIALI,
continuano a partecipare alla recente riflessione, aperta anche FRA OSTACOLI, MANCANZE E PROSPETTIVE
in sede legislativa regionale in materia urbanistica e ancora in Le condizioni attuali
evoluzione su come garantire produzione di valore nelle tra- Lo scenario attuale delle politiche di welfare pone questioni al-
sformazioni urbane, capacità finanziaria delle amministrazio- larmanti da una parte, sul fronte di uno smantellamento pre-
ni locali e dimensionamento e qualità dei servizi. Un processo cipitoso di strutture dedicate e di servizi erogati di stampo uni-
che continua però a non prestarsi a vere e proprie valutazioni, versalistico, e contemporaneamente annuncia nuove poten-
misurabile sul piano degli effetti. zialità ancora non diffusamente e compiutamente espresse
Se gli standard urbanistici, pertanto, come strumento di ga- per il superamento di un empasse dell’epistemologia welferi-
ranzia della qualità urbana e sociale, non possono più essere sta che si protrae ormai da oltre quarant’anni. La lunga crisi
considerati un dato certo, attestabile a-prioristicamente al li- del welfare state, che alcuni fanno risalire originariamente
vello di norma nella determinazione quantitativa e parametri- alla crisi petrolifera del 1973 (Ocse 1981; Flora, Heidenheimer
ca di piano, recepita come abbiamo detto dalle riforme regio- 1983) e alla stagione successiva di bilanci nazionali più fragili
nali in materia urbanistica, tendenzialmente orientate a favo- degli stati europei, ha prodotto una molteplicità di definizioni
rire negoziazione, perequazione, premialità e credito edilizio, orientate al suo superamento, che si sono succedute, e spes-
a fronte dell’attestazione dell’interesse collettivo in loco della so rapidamente consumate, senza un effettivo radicamento
valorizzazione del suolo prodotta dal piano, delle trasforma- nella realtà sociale ed economica delle città. Si pensi alla no-
zioni private di comparto e di una domanda di servizi più diffi- zione di welfare society, avanzata da Giddens, che sposta l’at-
cile da determinare, il dibattito recente dà voce anche a chi tenzione sul corpus sociale come generatore di benessere
considera tale slittamento sul piano negoziale della determi- piuttosto che sulle procedure stataliste di assistenza (Giddens
nazione dello standard come un indebolimento sostanziale 1999); o ancora, a quella di welfare community (Ranci 1999),
della capacità regolativa di tale strumento e di conseguenza fondata sulle capacità e competenze localizzate che a partire
anche dei diritti costitutivi di cui è stato portatore (Falco 2002, da una situazione data si organizza per il fronteggiamento di
De Lucia 2006; Salzano 2010). E se da una parte si ha la per- rischi e disagi e per migliorare le condizioni della qualità so-
cezione che le critiche siano in qualche modo caratterizzate da ciale e urbana di uno specifico contesto. 131
una resistenza ad accettare cambiamenti che sono comunque In Italia, la nozione di welfare mix, che apre ad orizzonti di parte-
avvenuti concernenti il rapporto fra azione pubblica e azione nariato fra pubblico e privato (caratterizzato da una sostanziale
privata, la percezione è che sul piano dei principi (rendita, tas- presenza del terzo settore; no profit, volontariato e self-help a
sazione, redistribuzione del surplus, ecc.) i dubbi avvallati sul- carattere associativo) per l’erogazione di servizi di natura socio-
la credibilità e legittimità dei processi di negoziazione come sanitaria, coincide con l’innovazione istituzionale relativa alla ri-
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