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4.10.

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LEZIONE 1 : Introduzione all’Urbanistica: lessico, approcci e interventi


Approcciando per la prima volta una disciplina tanto complessa quanto l’urbanistica occorre partire da
alcuni semplici, basilari definizioni terminologiche. Qual è la differenza tra Urban Design e Planning? L’urban
design è la disciplina risultante dall’interazione sistematica tra le diverse pratiche inerenti alla
configurazione di spazi pubblici urbani di alta qualità, al fine di raggiungere l’equilibrio tra l’ambiente
naturale e quello costruito. Per planning intendiamo l’adozione di politiche immateriali e strategiche con lo
scopo di plasmare e rimodellare le città, spesso coinvolgendo una varietà di stakeholders.

La comprensione di questa pratica passa anche per la lettura di alcuni casi studio, che, nella varietà di
approcci adottati, restituiscono la complessità di questa disciplina che è l’urbanistica.

• Bruxelles, Belgio: il Belgio è un piccolo stato che presenta tre lingue ufficiali: olandese (58%),
francese (40%) e tedesco (1%). Se questi valori percentuali rappresentano l’intera regione, non
possiamo affermare lo stesso per la sua capitale, Bruxelles, dove vi è una maggioranza linguistica
francese. In questo specifico caso la progettazione ambientale si deve confrontare con aspetti
linguistici e socioculturali, allo scopo di appianare le divergenze esistenti, per una convivenza più
serena.
• Barcellona, Spagna: il processo trasformativo della città di Barcellona, capitale della Catalogna, ha
una storia relativamente recente, il cui inizio coincide con quella che viene chiamata Transizione
Spagnola. A partire dagli anni ‘80 la città subisce un processo di rinnovamento pubblico e
miglioramento infrastrutturale. La capitale rappresenta un progetto urbanistico di successo, dove
volontà della popolazione locale e dell’amministrazione pubblica coincisero.
• Skopje, Macedonia: Colpita nel 1963 da un terremoto, subì un processo di completa ricostruzione.
Purtroppo oggi, ancora più di un tempo, i cambiamenti climatici e le crisi ambientali stanno
interrogando il ruolo dell’urbanistica, chiamata a operare sempre più spesso in contesti
emergenziali.

Gentrificazione (in inglese gentrification) è un concetto sociologico che indica il progressivo cambiamento
socioculturale di un’area urbana da proletaria a borghese a seguito dell’acquisto di immobili, e loro
conseguente rivalutazione sul mercato, da parte di soggetti abbienti. Sinteticamente, può essere definita
come processo di imborghesimento di aree urbane un tempo appannaggio della classe operaia, la quale è
progressivamente rimpiazzata non potendo più economicamente sostenere i nuovi standard qualitativi del
luogo di residenza.

Governo del territorio e pianificazione spaziale

Le società umane, insediandosi in un luogo, ne controllano e organizzano lo spazio, permettendo


spostamento di merci, animali e veicoli...ecc. Controllare lo spazio significa gestirne pure le attività che si
svolgono al suo interno, in un processo di progettazione non solo territoriale ma anche sociale (Il passaggio
da nomadismo a sedentarietà ha determinato lo sviluppo dei primi villaggi, l’abitudine ad acquistare su siti
e-commerce sta modificando l’assetto delle nostre città, con apertura di snodi, centri di smistamento merci,
logistica integrata).

Quando nasce l’urbanistica moderna?

L’Urbanistica moderna nasce circa 200 anni fa, con l’avvento della seconda Rivoluzione Industriale. Per far
fronte all’intensivo esodo dalle campagne ai centri urbani (inurbamento massivo) si iniziano ad adottare
strumenti per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. I fenomeni conseguenti la Rivoluzione Industriale
hanno creato ambienti inquinati, insalubri e invivibili, richiedendo la messa in pratica di soluzioni complesse
e organizzate. Ancora oggi questo avviene nelle grandi metropoli cinesi, dove il tema della salubrità (città
sane) è ancora di primissima importanza.

10.10.22

LEZIONE 2: Urbanistica, una storia di definizioni


Luigi Piccinato (Legnago, 30 ottobre 1899 – Roma, 29 luglio 1983) è stato un architetto e urbanista italiano
che si è occupato di progettazione urbana dal 1920 al 1960 ca. La definizione, datata 1937 restituisce già la
complessità e multidisciplinarietà dell’urbanistica. “Approccio multidisciplinare (statistica, economia politica,
legislazione, igiene urbana, geografia...) che coinvolge tutti gli aspetti della città. In questo senso le
normative e i piani concorrono all’organizzazione di una vita urbana sana, comoda ed economicamente
consistente. Per ottenere un benessere generalizzato dei cittadini occorre una rigida pianificazione (piani
regolatori) e il benestare delle amministrazioni pubbliche”. In questa prospettiva la pianificazione urbana è
al centro del processo evolutivo della Città, essere vivente in continuo mutamento.

Giovanni Astengo (Torino, 13 aprile 1915 – San Giovanni in Persiceto, 26 luglio 1990) è stato un architetto e
urbanista che si è occupato di progettazione urbana dagli anni ‘40 agli anni ‘80. Alla base della sua azione
progettuale esiste una forte prospettiva storico-scientifica: lo studio urbano deve partire dallo sviluppo
storico e la riforma e riorganizzazione dei vari aggregati urbani prevedere un continuo rapporto con
l’ambiente naturale. Sua è una definizione di urbanesimo, urbanizzazione e inurbamento.

• Urbanesimo: condensazione dei fenomeni sociali in città, nuova cultura della città.
• Urbanizzazione: processo di formazione di città in una determinata area.
• Inurbamento: esodo popolazione dal contesto rurale ai centri urbani.

Giovanni Astengo fu un vero e proprio scienziato sociale: nel progetto urbanistico occorre considerare
l’aspetto demografico, quello legato alla produzione agricola e quello storico, in un vero e proprio approccio
scientifico alla disciplina. Per rinnovare la città occorre sì mettere al centro le attività economiche e gli asset,
ma anche dare anche un giudizio di merito alla qualità della vita e del centro storico. Per perseguire questo
obiettivo bisogna da un lato intervenire rimuovendo strutture decontestualizzate, dall’altro assegnare ad
alcune specifiche aree urbane delle funzioni essenziali (individuare aree dove collocare poli industriali e
produttivi).

Ludovico Quaroni (Roma, 28 marzo 1911 – Roma, 22 luglio 1987) definisce la città come insieme simbiotico
tra uomo e ambiente. A differenza dei due precedenti, in Quaroni emerge il tema della forma/figura. Il
progetto urbano è da intendersi come comunicazione visuale di una storia culturale. La progettazione
urbana non può essere pura scienza, bisogna restituire alla città un’immagine di un progetto futuro,
rimettendo la Forma al centro. Che Forma può creare una comunità e favorire dialogo, relazione? Ad ogni
progetto, nucleo urbano e sociale deve corrispondere la giusta forma.

Se negli Stati Uniti d’America il dibattito sulla figuratività dell’urbanistica era ampiamente sviluppata, anche
grazie all’opera di Kevin Lynch (MIT BOSTON) già negli anni ‘60, a Quaroni si deve il merito di aver portato in
Italia questo nuovo approccio, purtroppo con poco successo (bisogna porre al centro l’azione creativa, non
restauratrice del territorio).

Detti e Sica Esaurita la fase espansiva dell’urbanistica del boom economico italiano (‘60-’70), l’urbanistica
deve studiare nelle loro dinamiche i complessi insediativi e indirizzare l’azione politico-amministrativa. Non
esiste una definizione lineare e unica di Urbanistica, ma il convergere e sovrapporsi di termini scientifici e
definizioni. Questa proliferazione terminologica si sposa ad un’accelerazione dei processi urbani, sempre più
complessi. Da un lato bisogna tenere conto di tutte queste discipline, ma dall’altro anche della politica, che
sta muovendo masse di persone già insediate (per far fronte alle scelte urbanistiche scellerate fatte nei
precedenti anni).
Bernardo Secchi L’Urbanistica non deve esaurire il suo slancio immaginifico orientandosi al solo aspetto
figurativo e formale, ma adottando un approccio multidisciplinare per rispondere alla complessità del
contemporaneo (inclusione nel processo di discipline scientifiche, economiche, sociali...ecc.). L’urbanistica si
occupa delle persone, del territorio, delle tecniche e degli esiti delle trasformazioni, includendo in questa
definizione tutte le posizioni precedentemente espresso. Tutto ciò dilata notevolmente i limiti di questa
pratica: non è teoria, scienza, ma riguarda i modi di costruzione, l’arte del costruire, è confronto col passato
e immaginazione del futuro. Il sapere è un patchwork, fatto di pezzi accostati e rimodulati, e così è
l’urbanistica, imperfetta e non unitaria. È una scienza imperfetta, un sapere da interrogare.

11.10.23

L’evoluzione storica dell’urbanistica in Italia


Legge 17 agosto 1942, n. 1150

La storia dell’urbanistica è, in parte, anche la storia delle leggi che hanno regolato lo sviluppo urbano. La
Legge urbanistica (Legge n.1150 del 17 agosto del 1942), legge che definisce l’assetto e l’incremento edilizio
dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico del territorio italiano, viene approvata durante la Seconda guerra
mondiale. La legge n.1150, al tempo una delle più all’avanguardia d’Europa, esplicita le modalità con cui la
disciplina urbanistica deve agire. Come gestisce la rendita fondiaria l’urbanistica? Tramite il PRGC.

Il piano regolatore si compone di:

• Un apparato grafico (mappe, immagini, piante)


• Norme tecniche di attuazione (NTA)
• Relazione
• Ordinamento degli enti

Il piano regolatore può creare ricchezza, se un territorio viene definito edificabile, ne viene
immediatamente aumentato il valore, permettendo un continuo orientamento del mercato immobiliare.
Con questa prima regolamentazione i cittadini diventano attori della città: ogni volta che viene edificata una
casa si deve rispondere al piano regolatore.

1945-1968

Tutti i comuni dovettero dotarsi di un proprio piano regolatore, ma non tutte le città avevano i mezzi per
farlo. Si passò da una ricostruzione delle città distrutte dalla Seconda Guerra al raggiungimento di
determinati standard abitativi. Gli anni della ricostruzione sono anni di grande ottimismo e sviluppo
economico (dato dal Piano Marshall). A migliorate condizioni economiche seguono anche mutamenti
sociali: si modifica la struttura della famiglia (da sei a quattro persone per nucleo), si assiste a crescenti
fenomeni di migrazione interna ed estera, la domanda di alloggio da parte dei richiedenti asilo cresce...
Questa migrazione dal Sud al Nord ha coinvolto in 30 anni (1951-1981), il 30% degli abitanti del Meridione

Alla fine degli anni 60 diventa dirompente l’uso di risorse → rendita fondiaria

1969 → primo scipero in relazione alla CASA → in questo periodo storico era questa l’emergenza

Legge N.9 1949

Piani di ricostruzione, che si occupano di redistribuire fondi economici a pioggia, in maniera arbitraria.
Questi fondi porteranno ad un grande sviluppo delle città, ma senza programmazione urbanistica (scuole,
doposcuola, aree verdi...ecc.).

Legge Sullo, 1962


Prima di edificare servono le infrastrutture. Chi edifica deve avere gli oneri di mantenere salubre e in
funzione la zona. Ogni cittadino, inoltre, deve avere almeno a disposizione 18mq di servizi nel quartiere di
residenza. Nello stesso anno viene approvata la Legge 167 (Legge per la Casa), che dice che tutti i comuni
devono dotarsi di un PEEP piano di edilizia economica popolare. Ciò permette di costruire con criterio dei
quartieri.

Legge Ponte, 1967

L’1 settembre 1967 viene emanata la legge 6 agosto 1967 n. 765, recante modifiche e integrazioni della
legge urbanistica del 1942. Viene subito definita legge ponte. Con questa legge, rimedio temporaneo, si
cerca di portare un po’ di ordine nell’attività edilizia e urbanistica. La legge limita le possibilità di edificazione
nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici e cerca quindi di incentivare la formazione dei piani. Per i
comuni inadempienti è previsto l’intervento sostitutivo dello stato e più rigide sanzioni sono previste anche
per punire le illegittimità e gli abusi edilizi. La legge stabilisce anche che sono proibite le lottizzazioni nei
comuni sprovvisti di piano regolatore.

QUADRO SOCIO- ECONOMICO

Anni 70-80

Dal punto di vista socio-economico è un processo inverso da quello che abbiamo visto precedentemente →
la PROPRIETÀ della casa inizia ad avere una crescita vertiginosa:

- forte investimento e indebitamento per le famiglie


- aumenta il potere d’acquisto in questo settore rispetto al periodo precedente di mitigazione interna
(chi si spostava per lavoro non aveva il denaro per acquistare un immobile)

Anni 90-00

Dal punto di vista socio-economico sono caratterizzati da due fenomeni specifici:

- invecchiamento della popolazione


- arrivo di immigrazione straniera che va a compensare in qualche modo l’invecchiamento →
necessità di abitazioni e servizi

QUADRO URBANISTICO

Legge 865, 1971 → LEGGE PER LA CASA

In seguito agli scioperi del 1969 circa il tema della CASA viene approvata la legge 865, 1971. Programmi e
coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica: rilancio dell’edilizia pubblica, integrazione delle norme per
l’esproprio e stabilisce che il 40-60% del fabbisogno abitativo nel PRG deve essere soddisfatto dall’edilizia
economica e popolare.

Contestualmente si cerca di regolamentare il RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO: recupero dello stock
edilizio esistente con la proposta dei PIANI DI RECUPERO, considerato come ultimo tentativo di riformare la
legge urbanistica del ’42 → siamo alla fine degli anni ’90 → quadro di DEREGULATION → processo di
snellimento delle norme e dei regolamenti:

- Passaggio da uno stato PRODUTTORE a stato REGOLATORE → stagione di urbanistica


contrattata/consensuale (primi anni 2000) → si prova a mediare tra pubblico e privato
- Rilancio del piano paesaggistico → rilanciato con la legge 431 del 1985
- Condoni edilizi → uno nell’85 e uno nel 2003
- Si istituiscono i PIANI DI SETTORE → es. piano di bacino che considera tutte le acque
Rimangono tre questioni irrisolte:

- Il piano regolatore tratta i proprietari in maniera sperequata (non equa)


- Il tema dell’esproprio rimane una questione irrisolta
- Nel piano regolatore manca il “chi, come, quando” → non c’erano gli strumenti attuativi del piano
→ lo stato affida alle singole regioni il compito di definire le riforme regionali (titolo V della
costituzione)

Capitolo quinto della Costituzione, art.117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (Governo del territorio e
infrastrutture): la materia urbanistica, diventa materia delle regioni, ed emergono le tematiche ambientali
legate al recupero del territorio. Inizia così la stagione della sperimentazione, da urbanistica a governo del
territorio e da piano regolatore a piano operativo. Si passa dalla stagione espansiva alla valorizzazione in
chiave rigenerativa. Altro tema importante è la protezione dai rischi (idrici, idro-geologici) e lotta al
cambiamento climatico e consumo del suolo. Dalla ricostruzione post-bellica, alle grandi emergenze, al
boom edilizio, a nuove istanze, di tipo ambientale, che sollecitano il territorio, tematiche che provengono
dal basso, dalla comunità scientifica al dibattito pubblico, così si sono evolute le normative sull’urbanistica.

- Pasaggio dall’urbanistica al GOVERNO DEL TERRITORIO REGIONALE → le singole regioni mettono in


pratica l’urbanistica nel proprio territorio → stop al consumo di suolo → URBANISTICA
RIGENERATIVA che cerca di rigenerare il suolo preesistente (costruzioni, parchi ecc) → emergono
alcuni temi fondamentali:
- mitigazione dei rischi
- cambiamenti climatici
- consumo di suolo

Al quadro conoscitivo dei piani regolatori regionali partecipano anche nuove figure professionali oltre agli
urbanisti come sociologi, agronomi…

Il Piano Regolatore Regionale si compone di due parti:

- Parte strutturale → definisce un sistema di vincoli, tutele e strategie generali


- Parte operativa → piano di interventi che conforma il territorio e attribuisce i diritti a
costruire → è quello che serve per dialogare con il privato

18.10.22

Una nuova questione urbana e nuove condizioni


Oggi l’urbanistica si deve confrontare con nuove questioni:

• Esplosione demografica: aumento esponenziale della popolazione umana durante gli ultimi
decenni del XX secolo. Tale aumento è correlato all’aumento della densità di popolazione nelle
specifiche aree del pianeta;
• Fragilità ambientale: deriva dalla combinazione di Sensibilità Ecologica e Pressione Antropica.
Evidenzia le aree più sensibili e più “pressate” dal disturbo antropico;
• Consumo di risorse ed economia circolare: la città ha un suo metabolismo e va rispettato, noi
viviamo nella città e dobbiamo riprodurci socialmente, crescere in una comunità che rispetta il
territorio;
• Mobilità e accessibilità: ogni cittadino deve accedere ad un servizio congruo di mobilità;
• Disuguaglianze sociali
- Nuove condizioni che richiamano un nuovo approccio sostenibile

SOSTENIBILITÀ: nelle scienze ambientali ed economiche viene definita come condizione di uno sviluppo in
grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. Dove per sviluppo economico si intende un
fenomeno durevole nel tempo consistente nella crescita di alcune variabili reali del sistema: produzione,
consumi, investimenti, occupazione…

Il concetto di sostenibilità è fortemente legato al processo di cambiamento, dove lo sfruttamento delle


risorse, gli investimenti e l’integrazione tecnologica lavorano assieme per valorizzare non solo il potenziale
attuale, ma anche quello futuro. Il dibattito sulla sostenibilità inizia nel 1972, con la prima conferenza
dell’ONU. Nel 1987 si intensifica ulteriormente, con la stesura del Rapporto Brundtland, prima formulazione
di proposte attive e iniziative. Proprio in questo vivace contesto nasce la definizione di sostenibilità
sopracitata, che non si lega esclusivamente al soddisfacimento dei nostri bisogni, ma anche a quelli della
seguente generazione. Il Rapporto Brundtland constatava che i punti critici e i problemi globali
dell’ambiente sono dovuti essenzialmente alla grande povertà del Sud e ai modelli di produzione e di
consumo non sostenibili del Nord. Il rapporto evidenzia quindi la necessità di attuare una strategia in grado
di integrare le esigenze dello sviluppo e dell’ambiente, invitando i paesi più ricchi a diminuire il proprio
impatto ambientale, e i paesi emergenti a crescere in maniera rispettosa dei ritmi di sviluppo del pianeta
Terra.

La sostenibilità in termini ambientali discende dallo studio dei SISTEMI ECOLOGICI (possibilità di
autoregolazione, capacità di carico, resilienza/resistenza).

Definizione ecologia

Per ecologia si intende lo studio delle interrelazioni che intercorrono tra gli organismi e l’ambiente che li
ospita → si occupa di tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni, comunità.

Definizione sistema

Per sistema si intende l’insieme di interazioni e relazioni tra variabili in un ecosistema complesso. Maggiore
è l’equilibrio di un sistema, maggiore sarà la sua capacità di autoregolazione: è quindi importante
preservare l’equilibrio. In un sistema i fattori di disturbo sono le relazioni che gli ecosistemi stessi instaurano
con un altro ecosistema (quello antropico e quello naturale, ad esempio). Un ecosistema è un sistema
complesso.

Definizione dinamicità

La sostenibilità è un concetto dinamico, in quanto le relazioni tra sistema ecologico e sistema antropico
possono essere influenzate dallo scenario tecnologico che, mutando, potrebbero allentare alcuni vincoli
relativi, per esempio, l’uso di fonti energetiche.

Sotto il profilo operativo, l’assunzione del paradigma dello sviluppo sostenibile implica l’adozione di un
sistema di valutazione che determini la sostenibilità di interventi, progetti, sistemi e settori economici.

Sostenibilità è anche compatibilità tra sviluppo delle attività economiche e salvaguardia ambientale. Lo
sviluppo economico deve comunque avere come fine ultimo il rispetto dell’ambiente. Se esiste una
correlazione tra rigenerazione e urbanistica, possiamo capire come la sua presenza sia diventata una
disciplina sempre più importante, in grado di dare risposte tangibili tramite un processo multidisciplinare.
Gli ambiti interessati sono principalmente tre:

• Ambito ambientale;
• Ambito economico;
• Ambito sociale.

Un sistema COMPLESSO è un ECOSISTEMA (es. quartiere di una città che non è più solo elementi costruiti
ma anche le persone, gli animali, le specie viventi ecc.)

Un ecosistema in EQUILIBRIO è intrinsecamente SOSTENBILE. I fattori che disturbano questo equilibrio sono
le relazioni che gli ecosistemi stessi instaurano con gli altri sistemi complessi → ad esempio con l'ecosistema
umano → da queste relazioni possono nascere delle alterazioni irreversibili per cui non è più possibile
ristabilire l'equilibrio precedente.

Dinamicità del concetto di sostenibilità: è dinamico perché le relazioni tra sistema ecologico e sistema
antropico possono essere influenzate dallo scenario tecnologico che mutando potrebbe alterare alcuni
vincoli relativi (uso di fonti energetiche).

Sotto il profilo operativo l'assunzione del paradigma dello sviluppo sostenibile implica l'adozione di un
sistema di valutazione che determini la sostenibilità di interventi, progetti, sistemi e settori economici.

La sostenibilità è un concetto MULTIDIMENSIONALE → dalla prima definizione legata agli aspetti ecologici si
è evoluta verso un significato globale che tiene conto della dimensione ambientale, economica e sociale. La
sostenibilità implica un BENESSERE (ambientale e sociale economico) COSTANTE e possibilmente
CRESCENTE lasciando alle generazioni future una qualità di vita non inferiore a quella attuale.

Relazione tra sostenibilità, sviluppo sostenibile e rigenerazione urbana

- Sempre più rilevante, soprattutto negli ambiti della rigenerazione urbana che hanno a che fare con
l’interazione delle iniziative di supporto all’economia e alla qualità dell’ambiente urbano
- Necessità di trovare una SINTESI tra politiche ambientali, sociali ed economiche affinché i tre ambiti
che compongono lo sviluppo sostenibile non entrino in contrasto tra loro.

L’integrazione dei diversi scopi necessita che ogni politica abbandoni i propri “paradigmi” di sostenibilità per
sviluppare nuove categorie di riferimento:

- Efficienza allocativa di lungo periodo


- Efficienza distributiva
- Equità ambientale

Città come ECOSISTEMA

La gradualità dell’espansione della città e la natura settoriale dell’impoverimento delle risorse non aiutano a
comprendere la dimensione globale degli impatti. Per trattare i conflitti generati dall’eccessivo sfruttamento
dei sistemi è necessario un approccio integrato allo studio delle singole funzioni che consideri il
funzionamento del SISTEMA URBANO come COMPLESSO UNITARIO. Mettere un limite allo sfruttamento dei
sistemi, considerare i principi dei loro funzionamenti e renderli sostenibili sono gli scopi qualificanti di un
modello di pianificazione territoriale sostenibile.

Impronta ecologica

Indicatore che misura in unità metriche (solitamente ettari) l’estensione totale di territorio necessario per
sostenere la vita di una persona singola, come pure di una famiglia, di una città o di un impianto industriale:
ad ogni soggetto o contesto può essere associata un’impronta ecologica. Nel conto globale di superficie
biologicamente attiva del pianeta vanno quasi del tutto eliminate le aree urbane: l’ambiente costruito infatti
rende il territorio non utilizzabile per gli scopi di sostentamento o di compensazione di rifiuti ed emissioni.
L’impronta ecologica è un indicatore complesso utilizzato per valutare il consumo umano di risorse naturali
rispetto alla capacità della Terra di rigenerare. Oggi una delle priorità è preservare i suoli liberi, la comunità
ha bisogno del territorio come supporto ecologico.

• Distinzione tra città e campagna/centro e periferie: l’urbanistica deve tenere in considerazione


anche questi aspetti, in un contesto in cui si fa sempre più evidente il tema della città diffusa, che
non si compone di grandi agglomerazioni, ma è formata da un tessuto pulviscolare e rarefatto;
• Economia circolare: non si può continuare a sfruttare il territorio indiscriminatamente. Negli anni,
per creare nuovo spazio pubblico, sono stati tombati fiumi, senza riflettere sulle conseguenze di tali
azioni.

25.10.22

The Urban dimension of the European Commission, intervento a cura di C. Fioretti


Come attuare strategie urbane integrate (in base alle linee guida della commissione europea)? Occorre
un’azione integrata dei Centri di ricerca della Commissione Europea (sedi in Spagna, Italia ecc.) La missione
è supportare le politiche europee, anche attraverso la comunicazione delle nuove conoscenze, in un
processo di Knowledge management (gestione e alla condivisione della conoscenza ed è portato avanti fin
dall'antichità con lo sviluppo di biblioteche e strumenti di comunicazione).

Cosa sono i Knowledge Center e come contribuiscono a questa missione? I Knowledge Center fanno parte di
una rete di centri che si occupano di diversi settori e contribuiscono alla diffusione del sapere. In particolare,
si tratterà la Urban dimension of the EU policy e di politiche urbane. Le politiche urbane sono gestite
solitamente a livello regionale (come accade in Italia), difficilmente è in scala nazionale, ma esiste una
direzione europea.

• A partire dagli anni ‘90 serie di accordi che hanno dato l’agenda europea sui temi principali (1990-
2000: problematiche come traffico, disoccupazione, sicurezza ecc)
• Dal 2007 la dimensione urbana è stata parte integrante di una politica più grande.

Lo strumento della Urban agenda si basa sul principio di collaborazione. Costituita da partnership tra diversi
attori come organizzazioni (es. EuroCities) che formano gruppi di lavoro che lavorano su una serie di temi
fondamentali per l’UE, tra cui: Transizioni climatiche, Sicurezza negli spazi pubblici, Sviluppo sostenibile…

7.11.22

Agenda: principi ed ispirazioni, intervento a cura di Mara Cosso


Gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono una serie di 17 obiettivi interconnessi, definiti dall’ONU come
strategia “per ottenere un futuro migliore e più sostenibile per tutti”. Sono conosciuti anche come Agenda
2030, dal nome del documento che porta per titolo “Trasformare il nostro mondo”. L’Agenda 2030 per lo
sviluppo sostenibile riconosce lo stretto legame tra il benessere umano, la salute dei sistemi naturali e la
presenza di sfide comuni per tutti i paesi, concentrandosi su tre obiettivi: sviluppo economico, sviluppo
istituzionale, sviluppo ambientale. I 17 obiettivi sono l’esternazione di un programma ambizioso che
affonda le proprie radici nel 2015, anno in cui si sono sviluppati altri quattro piani:

• PARIS AGREEMENT
• SENDAI FRAMEWORK
• ISTANBUL SUMMIT
• ADDIS ABABA ACTION

A partire dal 2015 le nazioni unite si sono coordinate per portare avanti questi 17 obiettivi. Dal 2015 ogni
anno le assemblee si riuniscono aggiornandosi sull’applicazione dei punti. Il 2023 si farà un’assemblea post
2030, per iniziare a stabilire nuovi obiettivi, anche se in questi ultimi anni il Covid-19 si è insinuato in queste
politiche, modificandole.

La SNSvS

La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) disegna una visione di futuro e di sviluppo
incentrata sulla sostenibilità, quale valore condiviso e imprescindibile per affrontare le sfide globali del
nostro paese. Si compone di tre fasi: disegno e ideazione del progetto, condivisione e consolidamento,
attuazione Forum. Importante è il tema dei PILOT PROJECT, progetti sviluppati in Italia che pongono il
territorio al centro della ripresa, della sostenibilità e dello sviluppo socio-economico. Le azioni pilota
integrate adottate in realtà urbane devono rispondere ad almeno due goals dell’agenda e avere carattere
sperimentale e potenzialmente scalabile e riutilizzabile.

14.11.22

Territori e paesaggi produttivi all’epoca della grande accelerazione, intervento a cura di


Alessandra Marcon

La ricerca approfondisce la relazione tra agricoltura e territorio, facendo dialogare il tema della produzione
(piccola impresa di impianto locale, piccola e media industria, piccoli tessuti industriali) a quello degli
insediamenti urbani. Il rapporto tra produzione e insediamento, in Europa, trova rappresentazione in due
particolari correnti di pensiero:

• Europa Nord: affermazione di un esistente rapporto tra produzione e contesto urbano (research by
design)
• Europa meridionale: rapporto tra produzione e territorio (economia, territorio e società).

Un primo approccio al tema passa per la lettura del libro Ritorno al territorio (2009), punto di partenza
dell’intera ricerca. Nel volume si analizza il modello italiano del distretto, auspicando un “ritorno al
territorio”: dall’industria, alla manifattura, alla creatività delle piccole e medie imprese e delle loro vitali
interazioni e sinergie con le comunità locali. Se la deurbanizzazione ha cambiato l’assetto urbanistico, come
l’ha cambiata la riterritorializzazione? Quali sono i modi di vita che sono cambiati in questo processo e come
stanno di nuovo cambiando in questo nuova riappropriazione di spazi prima abbandonati (dispersione
urbana e coabitazione tra economie di tipo contadino e piccola industria e ibridazione urbano-rurale)?

La grande accelerazione e l’urbanistica

Nel 2014 viene pubblicato il libro The Great Acceleration, che tratta l’influenza dell’attività umana
sull’ambiente mettendo il focus sul processo di accelerazione e su alcuni specifici trends come:

- Parametri socio-economici (es, aumento demografico, PIL…)


- Parametri legati al sistema terra (es. diossido di carbonio, acidificazione degli oceani ecc)

Questi due tipi di parametri risultano estremamente legati, dimostrano l’influenza che l’attività umana ha
sull’ambiente.

A partire dagli anni ’70 questi trends accelerano in modo vertiginoso


Processo di strutturazione spaziale dei sistemi produttivi

Alterazione di territori e paesaggi

IL REGIME DEL VISIBILE IL REGIME DELL’INVISIBILE

Stato di caos e disordine, . Perturbazione dell’equilibrio


ibridazione tra infrastrutture ecosistemico: es variazione di
tecnologiche, spazi naturali, zone temperatura, riduzione delle
agricole, aree urbane, risi delle biodiversità e fenomeni di
vecchie letture dicotomiche città- alterazione biochimica.
campagna, città-periferia.

Nuove alleanze tra discipline urbanistiche e altre discipline

Considerare queste condizioni di alterazione come leve per il progetto di paesaggio e territorio

Come si è riverberata sull’ecosistema questa accelerazione umana dal 1950 in poi?

• Mumford, Technics and civilization


• Carson, Silent Spring
• Jacobs, The Death and Life of Great American Cities
• Meadows, The Limits of growth
Questo movimento, nato da prima in America nell’ambito ambientale e scientifico, ha poi trovato sviluppo
nel mondo dell’economia. Quando si arresterà questa crescita? Nel rapporto Meadows è stato stabilito il
2100. Negli anni ‘70 e ‘80, con la crisi petrolifera, si è iniziato un dibattito sul tema del clima e
dell’approvvigionamento delle risorse energetiche. Conferenze di questi anni hanno tracciato un rapporto
tra economia ed ecologia (vedi Rapporto Bruntland 1987, dove nasce la parola SVILUPPO SOSTENIBILE).

Concepire la città come un organismo ibrido, un cyborg

Libri di testo a conferma di questa posizione possono essere i seguenti cinque:

• Manifesto Cyborg
• Cybernetic or control and communication in the animal and the machine
• The machine in the garden
• La ville territoire des cyborgs
• Cyborg landscapes: Choreographing resilient interactions between infrastructure, ecology, and
society

15.11.22

City Studio, intervento a cura di Marta De Marchi


CIRCULAR CITY STUDIO: è un laboratorio per gli studenti di pianificazione dove si relazionano al progetto in
termini di tematiche ambientali. Laboratorio formato da tre moduli:

1. approccio analitico che osserva le dinamiche della città


2. planning e urban design
3. modulo di design

Perché cambiare l’approccio al progetto urbano? Cosa è cambiato rispetto alla visione dello sviluppo e del
futuro di trent’anni fa? C’è bisogno di cristallizzare nuovi modi per trasmettere conoscenze i termini di
progetto urbano.

Circolarità

Contrariamente all’economia neoclassica, in cui la produzione, il consumo e la valutazione di beni e servizi


sono modellati teoricamente rispetto all’offerta e alla domanda, e determinati dalla massimizzazione del
profitto, l’economia ecologica riconosce i sistemi economici come incorporati nell’ecosistema più ampio
della Terra, enfatizzando la conservazione del capitale naturale. Dagli anni ‘70 in poi, i modelli economici
attenti alle risorse sono stati guidati principalmente dall’attenzione per le risorse del pianeta.

Circolarità – I limiti della crescita → concetto che germoglia negli anni 70 → passaggio da un’economia che
si basa sull’ottimizzazione del profitto a un’economia che riconosce come indispensabile prendere in
considerazione una dimensione ecosistemica ben più ampia della produzione in sé e per sé.

Dagli anni 2000

Nella progettazione dei prodotti > Cradle to Cradle (letteralmente “dalla culla alla culla”) - evitare la
produzione di rifiuti (McDonough e Braungart, 2002).

• Nell’urbanistica > Città di transizione: aumentare l’autosufficienza delle comunità locali;

• In politica > Pacchetto Economia Circolare (CE) dell’Unione Europea del 2016 - per ridurre la dipendenza
europea da materie prime critiche.

Prima

• Le risorse naturali erano considerate inesauribili;


• Gli ecosistemi erano in grado di rigenerarsi;
• Il mondo era apparentemente illimitato;
• Le risorse naturali potevano essere sostituite da tecnologie;
• La specie umana credeva di poter gestire la natura;
• La crescita era potenzialmente illimitata.
Oggi

• Le risorse naturali sono esauribili;


• Gli ecosistemi sono in grado di rigenerarsi entro certi limiti;
• Il mondo è limitato;
• Le risorse naturali non possono essere sostituite da risorse tecnologiche;
• La specie umana non può controllare e gestire la natura
• La crescita è limitata
Quali sono le sfide urbane?

SFIDE URBANE
1. URBANIZZAZIONE → entro il 2050 oltre il 70% del mondo sarà urbanizzato → cambiamenti sociali,
economici ed ambientali.
2. INQUINAMENTO → causato dalle attività umane
3. CAMBIAMENTO CLIMATICO
- Riscaldamento globale indotto dall’uomo
- Livello attuale di riscaldamento – 1,2°C
- Proiezione scenario intermedio – da 2,1°C a 3,5°C
- Proiezione scenario molto elevato – da 3,3°C a 5,7°C
➔ Eventi atmosferici sempre più estremi:
siccità
ondate di calore
uragani
tornado
incendi
precipitazioni estreme

DUE STRATEGIE PER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO:


- MITIGAZIONE → limitare il cambiamento climatico – consiste nel ridurre le emissioni di gas a
effetto serra e nell’eliminarle dall’atmosfera
- ADATTAMENTO → significa anticipare gli effetti negativi del cambiamento climatico attraverso un
approccio alla progettazione che minimizza gli effetti negativi

4. CONSUMO DI RISORSE
L’umanità attualmente consuma il 75% in più di quanto gli ecosistemi del pianeta possano
rigenerare (acqua, suolo, minerali, energia, gas naturale, animali, piante/alberi)

Le città rappresentano al contempo una sfida e un’opportunità per i problemi ambientali: una sfida perché
le città sono uno dei principali focolai di inquinamento.

Il nuovo approccio nel planning e nell’urban design si basa dul principio di circolarità attraverso due teorie di
base: economia circolare e metabolismo urbano.

ECONOMIA CIRCOLARE
L’economia lineare ha degli input e output, ingresso e uscita, alimentare il processo con agenti (combustibili,
manodopera, materie prime…). Durante il processo vengono prodotti rifiuti da scartare. Nell’economia
circolare questi scarti vengono reimpiegati all’interno di altri cicli produttivi (il letame prodotto dai bovini
viene usato come fertilizzante…ecc.) + tema del disassemblaggio e riassemblaggio, riciclo e sul
prolungamento della vita delle risorse. Economia circolare considera gli scarti del ciclo produttivo come
materiale che può essere ancora riutilizzato in un nuovo processo/ciclo produttivo → riduzione al minimo
dello scarto.

Anche l’economia circolare ha dei limiti:


1. Paradosso di Jevons: l’effetto rimbalzo → nell’ottimizzare l’efficientamento dei rifiuti c’è bisogno di
utilizzare sempre più rifiuti → aumenta la domanda degli scarti
2. Il riciclo dei materiali non è gratuito o illimitato → costi economici e energetici
3. La circolarità nell’uso di biomasse e materiali rinnovabili consente di migliorare l’efficienza delle
risorse, ma non garantisce di per sé la sostenibilità sociale e ecologica.

METABOLISMO URBANO

Cos’è? Interpreta la città come un bio-organismo che sopravvive grazie all’immissione di risorse che
permettono di svolgere le sue funzioni → parte di queste risorse vengono poi scartate dal sistema

INPUT → energia, cibo, acqua, persone e materiali di varia natura

OUTPUT → calore, acque reflue, inquinamento, scarto

È un quadro di riferimento per modellare i flussi di sistemi urbani complessi – acqua, energia, cibo, persone
ecc – come se la città fosse un ecosistema → può essere utilizzato per analizzare il funzionamento delle
aree urbane in relazione all’uso delle risorse e alle infrastrutture sottostanti, nonché il rapporto tra le attività
umane e l’ambiente naturale. Può essere utilizzato come sistema di analisi della città ma anche come
approccio progettuale.

L’analisi dei flussi a supporto della pianificazione e della progettazione deve comprendere i diversi flussi e le
diverse scale della città e del suo hinterland, nonché le infrastrutture corrispondenti.

Esempi di flussi:

- Acqua: es acqua potabile


- Rifiuti: es smaltimento
- Cibo: es distribuzione
- Persone: es trasporti

Esempi di progetti

- NYC Lower East Side Community Gardens (USA) → proprietà sfitte trasformate in attraenti spazi
versi dalle comunità di quartiere
- R-Urban Colombes (Francia) → progetto di ricerca che indaga come l’approccio del metabolismo
urbano possa creare comunità
- Visualizing Waste (Belgio) → progetto per la gestione dei rifiuti di Bruxelles

CIRCULAR CITY STUDIO: 2021-2022 studio results

Flows

Waste/people/water/food/energy

Products

➢ Circular Dynamics: flow map / selection of indicators / flows connections


➢ Circular Planning: diagnosys map / vision / spatial strategy
➢ Circular Design: stakeholders’ map / spatial design of interventions

CIRCOLARITÀ - conclusioni

La circolarità consiste nel comprendere il contesto, il quadro generale di come vive l’ambiente costruito e
come gli esseri umani e non umani vivono in questo ambiente.
La circolarità delle città è strutturata dalle decisioni umane, legate all’ambiente costruito o allo stile di vita.

La pianificazione urbana e l’architettura devono tenere conto di questi parametri e riflettere u certo ethos
della città: non sono neutrali.

CIRCOLARITÀ - Criticità

Il concetto di circolarità rimane in gran parte guidato dalla tecnologia, apolitico, centralizzato e orientato al
mercato…

Pregiudizio teorico un futuro di economia circolare in cui i rifiuti non esistono più è praticamente
impossibile…

La distinzione tra nutrienti biologici e nutrienti tecnici riproduce una divisione tra natura e cultura, inquadra
la natura come un oggetto di ingegneria, di tecno-fissazioni e di controllo…

Ad esempio considerare i rifiuti come una risorsa può persino, paradossalmente, aumentare la domanda di
rifiuti piuttosto che ridurne il volume.

CIRCOLARITÀ – Design

La ricerca di nuove forme di organizzazione collettiva di acqua, energia, rifiuti e cibo… la richiesta di nuove
infrastrutture, politiche, pratiche…

In che modo i processi progettuali contemporanei si comportano in modo ecologico, democratico e sociale,
e in che modo contribuiscono consapevolmente e apertamente a rendere visibili e afferrabili altri sistemi
planetari e sociali più grandi?

Quale operatività del metabolismo urbano e del CE nel design?

Mappare un metabolismo, progettare un metabolismo, progettare con un metabolismo

Visione del mondo oggettivista: si concentra sulle prestazioni e sull’efficienza e interviene nello spazio
“dall’esterno”, considerando le persone come oggetti di controllo, risorse umane o massimizzatori di utilità
razionali.

VS

Visione del mondo costruttivista: si concentra sul potenziale, agendo dall’interno dello spazio di intervento
con materiali e risorse situazionali, come le persone.

DESIGN – esplorare sistemi complessi

Verso una comprensione ecologica/relazionale >>>> i sistemi complessi esistono e non possono essere
completamente governati.

Progettare per evidenziare il sistema di relazioni che guidano tali sistemi e guidare/mediare/facilitare (o
ostacolare) la loro trasformazione/riorganizzazione lavorando con diversi saperi (esperti e non), identità
plurali, diversi immaginari (vecchi e nuovi).

Design (secondo Mitrasinovic)

Design professionale: domini della pratica professionale, spesso autorizzata, come il design architettonico, il
design strategico, il design della comunicazione, il design del prodotto o il design urbano…

Design diffuso: aspetti e ambiti del processodi progettazione distribuiti tra vari soggetti, come
l’identificazione delle opportunità attraverso le intuizioni, l’ideazione e la critica di gruppo, la
concettualizzazione di visioni condivise, o le tecniche e i metodi per la visualizzazione della complessità.
Tutti progettano: il design come capacità umana fondamentale di trasformare situazioni “esistenti” in
configurazioni “preferite”.

29.11.22

Rapporto tra città ed ecosistemi, le Garden Cities


Ebenezer Howard (Londra, 29 gennaio 1850 – Welwyn, 1º maggio 1928), Garden cities: città di nuova
concezione datata 1898.
Howard aveva come obiettivo l’espansione della città, tramite il decentramento della popolazione. Ciò
avrebbe permesso una transizione dalla città industriale al nuovo concetto di città green. La città green di
nuova concezione può essere vista come l’insieme di tre poli: città, campagna e garden city (unione dei due
precedenti poli). Quale era il clima culturale del tempo? Se John Ruskin e William Morris promuovevano
nuove idee in ambito artistico (progetto di estetizzazione diffusa attraverso l’artigianato), Howard lo faceva
in ambito urbano, ponendo anch’egli l’uomo al centro di un processo migliorativo. Il progetto delle Garden
city intendeva affrontare i problemi delle città tardo-ottocentesche, sovraffollate e inquinate. Howard non
progettò solo una bella città, ma una vera e propria utopia sociale. L’architetto non si limitò a progettare un
piano urbanistico, ma a definire diagramma, uno schema applicabile a diversi contesti.
GARDEN CITY: visione di una città nuova di fondazione concepita nel 1898 da Ebenezer Howard →
espansione della città e programmazione del decentramento della popolazione dalla città industriale verso
questo modello nuovo di città. La città industriale era insalubre e costituita da una miscellanea di funzioni
che non potevano stare vicine. Concept in cui la città è rappresentata da tre magneti → commistione tra la
città e la campagna → garden city. Volontà di dare un ambiente di vita degno a tutte le persone al di fuori
dalle fabbriche. Cerca di affrontare la problematica del sovraffollamento che caratterizzava la città in seguito
alla migrazione dalla campagna alle zone industriali. Questi sovraffollamenti generavano dei conflitti urbani.
Orienta la sua proposta verso una prospettiva di tipo utopico. Progetta una sorta di diagramma declinabile a
diversi tipi di città → la città poteva poi adattarsi a queste linee guida.
Parco centrale attorno a cui si distribuiscono tutte le aree residenziali che dovevano essere a bassa densità
(abitante/km2). Aree servite da ampi viali e una cinta di binari/infrastruttura ferroviaria che la circonda →
questione dell’approvvigionamento → flussi in entrata e in uscita.

Lui immagina poi una diffusione di questo modello di città → città principale al centro con altre città
satellite intorno. Nasce anche un movimento chiamato Garden City Movement. Queste città
dovevano essere collocate principalmente nel verde. Principalmente la città doveva essere costituita
da spazi aperti, destinati anche all’agricoltura. Una parte più contenuta invece era destinata alla
parte residenziale della città. La densità doveva essere di 60 abitanti per ettaro in città e 1 abitante
per ettaro nella campagna.
La Garden city si forma attorno a un parco centrale, attorno al quale si dispongono aree residenziali a bassa
densità abitativa. La città è circondata da una fitta rete ferroviaria, per garantire flussi in entrata e uscita.
Nelle idee di Howard non vi era alcuna implicazione storico-formale, ma la volontà di sviluppare un progetto
utopico a tuttotondo. Nelle città progettate dall’architetto lo spazio abitato ammontava al 16%, il resto al
verde o aree coltivate.
• LETCHWORTH, 1903: 60 ab. per ettaro nelle città, 1 nelle campagne.
•WELWYN, 1920: si parte dall’analisi storica della città, del suo stato di urbanizzazione ma soprattutto le
aree verdi, che vengono reintegrate sempre più nelle città.
Se prima tutta la forza lavoro veniva impiegata nelle campagne, nelle enclosures, a partire dal 1800, in
seguito all’inurbamento, iniziarono a porsi molte problematiche legate all’esodo dalle campagne alle città.
Le idee di Howard, oltreoceano, attecchiscono immediatamente negli USA, a New York (Radburn, 1929). A
partire dagli anni ‘30 negli Stati Uniti iniziano ad essere applicati interventi di tipo suburbano (suburban
assessment): nascono così nuovi modelli più vicini alla scala umana, rispetto a Chicago e New York, con un
rinnovato rapporto uomo-natura. L’idea era la creazione di un modello autonomo e indipendente (con
attività legate al welfare, alla produzione, servizi per la residenza, uffici amministrativi…).
A Redburn si progettò così un quartiere autosufficiente di un miglio quadrato con 29.000 abitanti, di cui
però ne furono invece edificati soltanto 144 acri. Correva l’anno 1929, anno della Grande Depressione, con
inevitabile contrazione del mercato immobiliare e del settore edile. Redburn, tuttavia, fu un parziale
insuccesso, determinato non solo dalla crisi economica, ma anche dalla natura programmatica del progetto,
che poco si adattava alle abitudini di vita del tempo: nel centro del quartiere non si poteva circolare in
automobile, i carrabili erano soltanto all’esterno dell’isolato, gli ambienti in ogni casa erano invertiti…ecc.
Clarence Stein, progettista della città di Redburn, fece parte del RPAA (Regional planning association of
America), associazione di architetti alla ricerca di una nuova dimensione etica dell’abitare gli spazi urbani. Il
gruppo portò avanti studi di pianificazione su larga scala, al fine di evitare la dispersione urbana. La
progettazione della città partiva da questo assunto: “quanto suolo serviva per alloggiare ogni persona?” Il
resto sarà adibito a verde.
L’RPAA è un’organizzazione che, pur avendo avuto il suo momento d’oro tra il ‘23 e il ‘33, ha continuato a
progettare fino al 1936. L’idea di questa azione pubblica in grado di combattere la speculazione urbana in
mano ai privati, così, cessò. Ciò che è rimasto, però, è l’idea che ad ogni abitante debba corrispondere una
determinata superficie di servizi pubblici (scuola elementari, parchi, università, ospedali…ecc.).
Scala di progetto diversa rispetto alle Garden cities, ma soprattutto diversa configurazione, più libera di
quella di Howard (approccio più organico e meno rigido). Il rapporto è 160 ettari urbani, 840 non urbani.
Ogni nucleo di 30 miglia quadrate ospita 1 mln di abitanti. Ogni regional city è unita ad un’altra con reti
stradali regionali. Ancora oggi in Italia ci sono delle regioni affrontabili in temi ecopolitani (che hanno un
rapporto suolo verde e urbano vicino a quello delle garden cities). Queste sono Puglia, Trentino, FVG,
Marche… BIOREGIONE: l’uomo è solo uno degli abitanti delle regioni, assieme ad una ricca flora e fauna.
Siamo parte di un tutto più grande. Bio Regione → regione come fenomeno biologico ma anche storico-
antropico. Può appartenere a un determinato elemento naturale che la contraddistingue come bio-regione
di una pianura o di una catena montuosa.
5.12.22

Ecopoli intervento a cura di Sandro Fabbro e Moreno Baccichet


Ecopoli, Visione Regione 2050 – Sandro Fabbro

Visione di città-territorio, città-regione con una data simbolica che è il 2050 (metà del secolo, data su cui
sono proiettate una serie di scadenze di politiche europee importanti in tema di transizione ecologica).

Scala regionale
➢ Cos’è Ecopoli e come rappresentarla
Il nome ecopoli è stato scelto per definire una visione spaziale coerente con la missione ecopolitica
indicata da Morin (2020). Questo termine non è nuovo, ma ha una sua genesi all’interno della storia
dell’urbanistica → era una visione che cercava di evitare la deriva della metropoli (città ideale del
sistema capitalistico) che si stava affermando come modello urbano principale, favorendo lo
sviluppo di centri più contenuti e con una particolare visione ecosostenibile. Il giardino diventa
l’immagine dominante nel nuovo modello di città (visioni di Manford e Howard).

I principi di Ecopoli sono riassumibili in:

- Una rete regionale policentrica


- Piccole e medie città, centri e aree rurali
- Autogovernata
- Vasti e importanti ecosistemi naturali e seminaturali
- Limitata dipendenza da fonti energetiche fossili
- Sufficientemente autonoma nell’utilizzo e gestione delle proprie risorse di base (acqua, suolo,
cibo, energie rinnovabili)
- Con prevalenti filiere corte tra i produttori

Garden City di Howard → è la prima visione urbanistica alternativa alla visione metropolitana → città
policentrica in mezzo al verde.

Regional City di Stein → città raffigurata come un quadrato di 50x50 km suddivisa in nove ecosistemi minori
→ cluster/unità di vicinato di 5mila abitanti ciascuno. Questa immagine corrisponde a una piccola regione
italiana o a una grande provincia (intorno al milione di abitanti). Distribuzione omogenea sul territorio che si
articola fino alla minima unità abitativa.

Regional city risente di due limiti: a differenza di una città vera e propria è un modello spaziale piuttosto
astratto perché ha una continuità (è sempre uguale) e non tiene conto che il territorio presenta delle
diversità geomorfologiche (mare, promontori, baie ecc). Nella realtà questa geomorfologia impedisce che il
modello possa essere disteso così come previsto da Stein. Un secondo limite è quello dell’epoca in cui viene
concepito il modello → epoca industriale fossile in cui il bisogno di spazio era diverso da quello che
possiamo avere oggi (grandissimi edifici industriali come opifici, industrie tessili ecc) → queste enormi
industrie oggi si sono ridimensionate grazie alle tecnologie.

Ecopoli – Friuli-Venezia Giulia

Regione prevalentemente naturale → arco alpino, altopiano carsico, mare adriatico, pianura padana →
quattro ecoregioni: alpina, padana, alto-adriatico, carsica.

Nell’epoca romana il territorio naturale friulano viene sottoposto a un processo di umanizzazione → il


territorio viene occupato e viene poi difeso dall’impero romano. Ciascuna fase storica ha un suo modo di
ordinare lo spazio → se Roma organizza grandi spazi (prima della repubblica e poi dall’impero), il basso-
medioevo si caratterizza in un’altra forma: dopo il crollo dell’impero si afferma un modello di organizzazione
spaziale più amministrativo, legato anche prevalentemente al potere ecclesiastico (abazie, castelli, borghi
ecc) che si consolida attraverso la costruzione di luoghi. Tanti piccoli nuclei che hanno una forte aderenza
alle caratteristiche del territorio → umanizzazione cristiana del territorio, forte visione religiosa anche della
terra e della comunità sulla terra. Il medioevo ci lascia questa diversa concezione dello spazio composto da
piccoli nuclei e comunità più diffuse legate principalmente a centri religiosi. Fase preindustriale o proto-
industriale (600/700) → iniziano a diffondersi insediamenti proto-industriali dovuti alla presenza di fonti
energetiche, principalmente l’acqua → realizzazione di mulini e utilizzo dell’energia meccanica prodotta
dall’acqua → questa tipologia di insediamento prende avvio principalmente nella regione alpina in cui il
dislivello produce maggiore energia. Successivamente prende avvio l’epoca industriale → nel Novecento i
piccoli centri si sono spopolati e la popolazione si concentra nei grandi centri industriali per lavorare e
vivere. Il centro principale si è ingrossato a scapito degli altri centri minori. Più recentemente questi grandi
centri iniziano a entrare in crisi → crisi post-industriale, ricerca di un nuovo assetto e di una nuova
dimensione, ricerca di un nuovo modello socioeconomico. Nuovo modello dove il centro maggiore ritrovi un
suo equilibrio e funzionalità ma anche i centri minori siano riterritorializzati e ritrovino il loro spazio →
riterritorializzazione della valle. Serie di insediamenti lungo il fiume vanno ripensati e ridimensionati
(demolizioni per poter ricostruire gli ambienti fluviali) → legame tra città, valle e rete di territori minori → è
per queste esigenze che si ripesca il modello di Ecopoli.

I driver di Ecopoli

Probabilmente il primo passo verso Ecopoli è la rigenerazione delle regioni e dei territori non metropolitani
affinché possano perseguire un futuro non subordinato alla Megacittà.

Per raggiungere questi obiettivi è necessaria l’azione di alcuni potenti driver:

- driver politico
- driver economico-energetico
- driver della resilienza → principi di organizzazione diversi da quelli classici dell’industria
capitalistica → reinterpretazione del territorio in termini di anti-fragilità, capacità di reagire alle
calamità naturali
- driver sociale
- driver della riorganizzazione dei tempi e degli spazi della città

PREPARARE LA BASE CARTOGRAFICA → come rappresentare e comunicare l’Ecopoli?

- Base fisica (territorio del friuli che rappresenta i principali caratteri fisici costruita con QGis)
- Elementi basici dell’assetto territoriale esistente come centri urbani, cinture verdi periurbane,
elementi naturali a rete (fiumi, laghi ecc), aree agricole (boschi, foreste, aree naturali), strade
principali, strade secondarie, sentieri, ferrovie.

Intervento di Moreno Baccichet

Corridoio → grande direttrice di flussi

L’ecopoli non è una città monocentrica, ma una rete policentrica regionale, con commistione tra aree
naturali e artificiali. Le ecopoli vantano la presenza di vasti ecosistemi naturali o seminaturali (parchi, fiumi,
laghi, lagune…). Nell’ottica di una totale autosufficienza energetica non esiste dipendenza da risorse fossili e
la filiera tra produttore e consumatore è pressoché inesistente. Qual è la differenza tra le Garden city prima
e le Regional city di Stein dopo e il FVG? Le Regional city si sviluppano su una superficie di circa 50*50 km,
con popolazione pari a un milione di abitanti. Il Friuli-Venezia Giulia, con un’area di 90*90 km e una
popolazione di 1,2 mln di abitanti, risulta piuttosto comparabile.
La Regional city, tuttavia, resta un modello territoriale astratto e sempre uguale a sé stesso. Un territorio, al
contrario, presenta precise e diverse caratteristiche morfologiche (idrografia, orografia… ecc.). Va
sottolineato come tutti i modelli hanno base astratta, e quello delle Regional city non ne è da meno, eppure
ragionare il contesto territoriale di alcune regioni italiane in questi termini, può aiutare meglio a leggerlo.
Altro aspetto da considerare è il contesto in cui è nato il concetto di Regional city: quello dell’espansione
urbana di inizio ‘900 in USA, dove gli spazi sono molto più ampi.
Il FVG, invece, presenta limiti fisici e territoriali: a nord la catena alpina, a sud l’Adriatico, a Est il Carso. Il
FVG, per costituzione, si è consolidato attorno a quattro eco-regioni: carsica, alpina, pianura e lagunare. La
domanda, a questo punto, sorge spontanea: è giusto o sbagliato adattare la natura ad un modello tecnico-
economico? È sbagliato, perché porta ad un’alterazione degli equilibri di un sistema naturale. Al contrario,
bisogna ragionare su quali sono le invarianti strutturali: quali quegli elementi territoriali sono rimasti
invariati nei millenni?
• TOLMEZZO e ARCO ALPINO: da struttura pulviscolare caratterizzata da piccoli centri, a popolamento
di Tolmezzo e esodo dai piccoli centri (industrializzazione), a crisi postindustriale (spopolamento del
centro).
• Oggi bisogna ripopolare la valle, tramite progettazione e ripensamento di queste zone secondarie:
APPLICARE UN NUOVO MODELLO, partendo da una rinaturalizzazione del territorio, migliorare il
rapporto tra uomo e natura.
Moreno Baccichet: territorializzazione
Scarpe e cervello: escursioni che vogliono dimostrare il valore qualitativo del territorio friulano (foce fiume
Stella, set di “La Medea” di Pasolini). Come questi segni, artificiali o no, possono diventare parte del
repertorio visivo di chi abita questi luoghi? Come comunicare la presenza di strade romane, set di un film o
scavi archeologici? Ogni territorio si porta una storia, da raccontare, ma se raccontare la storia antica di un
territorio è facile, raccontare quella recente è un processo davvero complesso. Recuperare è valorizzare, ma
Ecopoli deve prima riconoscersi.

6.12.22

Il futuro del progetto di territorio, intervento a cura di Giacomo Magnabosco


Il percorso sviluppato da Giacomo Magnabosco si configura come perimetrazione concettuale
dell’adattamento, anche dal punto di vista territoriale. Il progetto di adattamento è quasi sempre un
processo vincolato a una razionalità prettamente emergenziale. Progetto che tendono a reiterare gli errori
del passato perché volti ad una cultura emergenziale.
From ego to eco
Esiste una frattura tra scale fisiche e amministrative del progetto; emerge uno scollamento tra intenzioni e
capacità finanziarie espresse in ambito politico e il reale processo di scrittura fisica del territorio.
L’adattamento non produce sempre trasformazioni positive. Occorre quindi osservare l’adattamento in
modo nuovo, anche attingendo a definizioni e concetti cari alla biologia e teorie dell’evoluzionismo:
• Preadattamento: Nell’adattamento un carattere evoluto per una particolare funzione ne assume
una nuova, indipendente dalla primitiva. Un classico esempio è costituito dalle piume degli uccelli,
evolute dai dinosauri presumibilmente per scopi di isolamento termico e poi rivelatesi utilissime per
il volo.
• Adattamento: per adattamento si intende l’adeguamento di un organismo, una specie o di un
sistema ambientale al modificarsi delle condizioni esterne (formazione di artigli).
L’evoluzione avviene a partire da caratteri anatomici, fisiologici, per poi investire l’ambito comportamentale:
aumento battito cardiaco, miglioramento visivo, cambiamento stile di vita… è facilmente intuibile,
trasponendo in ambito urbanistico e territoriale queste teorie, come una selezione attenta dei caratteri
possa portare ad un’evoluzione del territorio positiva. Ancora una volta le metafore e lo slittamento
semantico permettono di cogliere aspetti del paesaggio altrimenti di difficile lettura e interpretazione.

13.12.22

Cambiamento climatico e città: il caso di Venezia. Intervento a cura di C. Federico dall’Omo


Il caso di Venezia – Carlo Federico dall’Omo
Parlare di cambiamenti climatici e di cosa ne sappiamo realmente

1. Cosa dice il mondo sul cambiamento climatico? Una panoramica generale


2. Cosa sappiamo del cambiamento climatico?
3. Cosa comporta il cambiamento climatico per il “nostro” habitat?
4. Venezia, in equilibrio tra terra e acqua

Cambiamento climatico → non si tratta di eventi su grande scala, ma di una concatenazione di piccoli eventi

ANTROPOCENE: era geologica, impronta che l’uomo lascia sul pianeta

CLIMA: condizioni dell’atmosfera in una particolare località per un lungo periodo di tempo; è la somma a
lungo termine degli elementi atmosferici in cui viviamo ogni giorno.

CAMBIAMENTO CLIMATICO: modifica periodica del clima terrestre causata da cambiamenti nell’atmosfera
e da interazione tra l’atmosfera e vari altri fattori geologici, chimici, biologici e geografici all’interno del
sistema terra.

FONTI UFFICIALI → ipcc, united nations, cop25, FAO, European Environment Agency, Noaa

COP di Parigi → evento mondiale sul clima, ulrimo con un approccio positivo

Scenari sul cambiamento climatico:

Report IPCC → grafico che mostra il rapporto tra i quantitativi di giga tonnellate di CO2 emesse ogni anno
nell’atmosfera e l’aumento della temperatura → sono rappresentati degli scenari legati all’aumento della
temperatura → più aumenta la temperatura più il clima è instabile.

Più il clima è instabile, più si verificano eventi catastrofici legati al clima.

Dimensione economica/morfologica della città/ambiente/patrimonio dell’umanità

Venezia, tra terra e acqua

Si sta abbassando la quota zero della città → Venezia è un ambiente artificiale e un sistema che stiamo
mettendo sotto stress. Capacità di adattamento di un sistema urbano → la città si adatta a certe condizioni
e lo fa a costo basso economicamente/per la comunità/per le attività/per la città.

Il tema del cambiamento climatico e della sua lotta introduce ulteriori concetti, primo tra tutti quello di
Antropocene, la cui definizione è stata coniata nei primi anni 2000. Segue quella di Clima, riassunto
sinteticamente come umore, status della nostra atmosfera, cui segue immediatamente quello centrale di
Cambiamento Climatico (alterazione di questa massa umida chiamata atmosfera ad opera di attività
antropiche (allevamento, industrie, mobilità) che producono emissioni di gas serra (biossido di carbonio,
metano, ossido di azoto…).
Il tema del cambiamento climatico, come detto, è ampiamente dibattuto e trattato, e noi, che siamo “nativi
digitali, nativi europei, e di questa dialettica ambientale, siamo costantemente immersi in questa retorica
ambientalista, ora rassicurante e positivista, ora catastrofista. La visione di due filmati, il primo ad opera
della Comunità Europea, il secondo con coinvolgimento dell’attivista Greta Thunberg, pone bene in evidenza
i differenti approcci al tema. Il primo video è un atto dichiarativo della comunità internazionale, più
informativo, conciliante e indirizzato ad un pubblico più giovane, il secondo parla al singolo, mettendolo di
fronte alla reale possibilità di cambiare l’attuale corso degli eventi.
Oggi quali sono le fonti ufficiali per la raccolta di dati sul tema del cambiamento climatico? Solo le più
importanti e autorevoli sono IPCC, FAO, EAA e NOAA. Ogni anno ognuna di queste associazioni viene stila un
report di 800-1000 pagine. Ma quanto irreversibile è l’aumento della temperatura ad oggi?
Per rispondere a questa domanda è opportuno guardare al crescente numero di eventi climatici che si sta
abbattendo sul nostro territorio. Tra questi:

• Scioglimento dei ghiacciai, polari e alpini, con conseguente innalzamento del livello del mare
• Abbattimento di eventi climatici forti su aree urbane, ambiente costruito e antropizzato: alluvione
Amburgo (2013) e Cinque Terre (2011)
• Perdita di habitat (incendi in Australia 2020)
• Danni economici (uragano N.Y. 2012)
• Perdita e danneggiamento di patrimoni dell’umanità (Acqua alta a Venezia, 2019)
Come elencato i cambiamenti climatici si abbattono sia su una dimensione morfologica che urbana
dell’ambiente, impattando su tutta l’umanità.

Venezia, tra terra e acqua


Venezia è una città storica e altamente fragile, in cui possiamo riconoscere diversi layer di profondità:
laguna, servizi ecosistemici, porto Marghera, Fincantieri. Venezia è un ambiente dinamico, perché?
Partiamo dal presupposto che Venezia non dovrebbe esistere, è un ambiente artificiale, ed in quanto tale è
soggetto a fenomeni ambientali, subsidenza (affossamento del terreno) e TARASSIFICAZIONE (la laguna
diventa parte del Mare Adriatico).
Venezia: turismo, città come valore, città come heritage, patrimonio culturale. Le forme di reddito che un
residente in centro storico può percepire sono: affitto, e poco altro. Negli ultimi anni, tuttavia, lo
spostamento delle persone verso Mestre è sempre più frequente per motivi economici, ambientali e di
opportunità. Fa più male un male lieve esposto per molto tempo? Stress. Oppure uno elevato per poco?
Shock. Con i cambiamenti ambientali si assiste alla sovrapposizione dei due eventi. Venezia è una città o un
prodotto economico? Quale retorica prevale? Quella del cambiamento oppure quella del turismo? Gestire
con minor spesa e massima resa oppure fare interventi per preservare l’ecosistema a lungo termine?
Problematiche e approcci, quali sono le risposte, in termini di interventi, che stiamo facendo oggi per
tutelare la laguna?
Il Mose, di cui vediamo solo alcuni interventi più tangibili, le paratie, ma in realtà fa parte di un progetto
molto più ampio e ventennale (terraformazione, paratie…). Per un’alzata i costi sono dai 100 ai 300.000
euro. Costa più un allagamento controllabile (fino ai 130 cm) oppure costo nominale ed energetico di alzare
il Mose? E soprattutto fino a quando il Mose riuscirà a contenere le maree, dato il trend ambientale
negativo in corso? Ci si salverà se tutti hanno a cuore il destino di tutti, non con risposte minime e puntuali.
Cos’è l’adattamento e l’adattamento ambientale?
Adattamento è la donna che va a fare la spesa con gli stivali alti. Venezia ha un’alta capacità di adattamento
rispetto al fenomeno dell’acqua alta. Venezia è capacità di adattamento di un ambiente urbano, ad un costo
relativamente basso rispetto ad altre città. Ma il Mose quanto costa? Più o meno rispetto al danno fatto
dall’allagamento?
• THE BIG U, video N.Y. (Squintopera)
• Collettivo NEOM, what is The line?
Catastrofismo emancipativo: quando costruiamo dispositivi estremamente all’avanguardia pensando di
risolvere i problemi ambientali, dobbiamo stare attenti che il costo in termini ambientali di questi nuovi
dispositivi non ne annulli gli effetti benefici.

9.01.23

La trasformazione territoriale della transizione energetica, intervento a cura di F. D’Angelo


La città intesa come corpo diventa utile metafora per descriverne anche i bisogni energetici: un sistema
aperto che ha bisogno di input energetici per funzionare. Che strutture legate alla produzione ed estrazione
di energia possiamo osservare sul territorio?

• Strutture per trasporto delle risorse (gasdotto, oleodotto)


• Strutture per lo stoccaggio delle risorse Sistemi di produzione (centrale elettrica e centrale termica)
• Sistema di trasporto (flusso energetico: tralicci, elettrodotti)
Vaclav Smil (Plzeň, 9 dicembre 1943), accademico e ricercatore in Scienze ambientali, descrive l’evoluzione
del sistema energetico nella storia:
• Paleolitico: energia somatica, dei muscoli
• Neolitico: energia prodotta dagli animali
• Medioevo: energia meccanica (territorio costellato da strutture meccaniche: mulino a vento e ad
acqua)
• XIX secolo: Risorse fossili
• Risorse rinnovabili
Il passaggio alle risorse rinnovabili è stato stimolato, in parte, anche dall’adozione di Politiche di Transizione,
incentivi economici per accelerare il processo di transizione. Dal 2009 al 2013 il forte incremento di energia
ottenuta da risorse rinnovabili si accompagna alla grande costruzione di impianti. Dai 10.000 pannelli
fotovoltaici del 2009, al milione del 2020, questo è l’entità della transizione. Ma quali sono le ricadute
territoriali di questo processo?

• ENERGY SPRAWL: il sistema produttivo si polverizza in modo puntiforme, diffusione e


polverizzazione dei sistemi su tutto il territorio, ove prima erano concentrati in pochi siti produttivi.
• MAGGIOR CONSUMO DI SUOLO: la diffusione puntiforme dei sistemi di produzione dell’energia
richiede un maggior consumo di suolo;
• ALTA VARIETA’ DI NUOVI PAESAGGI ENERGETICI: se prima eravamo abituati solamente a centrali
elettriche o termoelettriche, la varietà di risorse energetiche rinnovabili impiegate si riflette in una
maggiore varietà di strutture, centrali.

Altre conseguenze della transizione energetica sono: conflitti territoriali, nuove pressioni su risorse
ambientali e inasprimento di disuguaglianze socio-spaziali. Alla luce di tutto ciò emerge la necessità di
riterritorializzare la transizione, e per farlo l’utilizzo di rappresentazioni cartografiche può esserci d’aiuto: su
chi ricadono i problemi della transizione energetica? L’energia, pur essendo una risorsa invisibile e
impalpabile, ha la capacità di ridisegnare indelebilmente un territorio: se prima eravamo abituati a vedere i
centri di produzione energetica dislocati in pochi punti, oggi li vediamo in molta varietà di forme e
polverizzate.

Il caso del Veneto, Fotovoltaico

Il Veneto è tra le regioni italiane ad aver subito di più il processo di transizione energetica.
Dall’autosufficienza energetica grazie alla diffusione di centrali a carbone (primi anni 2000), all’adozione di
politiche a partire dal 2009, il Veneto ha impiegato dieci anni per tornare ai livelli di energia prodotta prima
della transizione. Analizzando le mappe dell’energia in Veneto prima e dopo il 2009, possiamo proprio
osservare quella smaterializzazione dei centri di produzione energetica: nel cuore industriale del Veneto i
pannelli fotovoltaici sono prevalentemente posizionati sui tetti degli stabilimenti produttivi E’ più facile
installare i pannelli sui tetti dei capannoni, aventi una superficie più ampia. Dal centro Veneto, a vocazione
industriale, al sud, cambia il paesaggio energetico. Nell’area del Polesine e del rodigino, ad alta vocazione
agricola, i pannelli fotovoltaici si concentrano prevalentemente in grandi impianti a terra. Questi impianti
escludono intere aree di territorio, creando un’interruzione di reti ecologiche. Si crea così un impatto non
solo visivo, ma anche economico, consumando inevitabilmente suolo agricolo.
L’idroelettrico in Veneto

Le nuove tecnologie permettono una valorizzazione non solo dei grandi fiumi, ma anche piccoli corsi
d’acqua (piccolo idroelettrico in alta montagna nelle Dolomiti). Va considerato però il grande impatto di
queste strutture su un ecosistema ad alto rischio e richiamo naturalistico. Nel contesto prealpino gli impianti
idroelettrici sfruttano vecchi mulini e opifici meccanici. Qui la transizione energetica del territorio valorizza
già i vecchi centri produttivi, innestandosi positivamente su essi. In alta pianura si assiste ad una costruzione
di impianti su canali di irrigazione.

La biomassa solida

La produzione da biomasse solide si distingue in più filiere:

• Biomassa ottenuta da scarti forestali, concentrando la produzione su superficie forestale


accessibile dalle macchine.
• Biomassa prodotta dal comparto agricolo (scarti di lavorazione o coltivazioni dedicate).
• Biomassa prodotta da scarto industriale: scarti di lavorazione di legno (trucioli, pallet…ecc.)

Biogas

Ottenuto dalla fermentazione di biogas, richiede la costruzione di diversi stabilimenti, che rispondono alle
diverse caratteristiche e destinazione del territorio:

• Biodigestore urbano: vengono impiegati fanghi delle acque reflue e scarti industriali. Posti vicino a
discariche.
• Biodigestore agricolo: Biogas ottenuto da sottoprodotti dell’allevamento.
• Biogas da colture dedicate: utilizzo terreni agricoli per produzione di biogas. Ciò ha creato un
ambiguo cortocircuito. Oggi in Veneto esistono più aree agricole destinate alla produzione
energetica che alimentare.

TRANSIZIONE ENERGETICA raccontata attraverso la cartografia

Sistema energetico suddiviso in 6 parti

3 parti relative alla GESTIONE di una risorsa:

- estrazione di una risorsa

- trasporto di una risorsa (es gasdotti)

- stoccaggio della risorsa (punti nella crosta terrestre in cui la risorsa viene conservata e lavorata)

Le altre tre parti sono relative al FLUSSO energetico

-Produzione di energia (spazi di produzione che vedono come protagonista le centrali)

- Sistema di trasporto che dipende dal flusso energetico (trasporto di energia elettrica --> grandi quantità di
energia in grandi distanze attraverso il sistema degli elettrodotti o un sistema di distribuzione attraverso la
corrente pubblica)

- Consumo di energia (tutto ciò che viene alimentato con energia diventa oggetto di consumo)

Epocali transizioni energetiche:

1. PALEOLITICO: energia somatica

2. NEOLITICO: energia da animali


3. ETA ANTICA: energia meccanica --> mulini a vento e ad acqua

4. XIX secolo --> energia fossile, sfruttando il carbone si produce l'energia fossile --> da carbone a
idroelettrico, a prodotti petroliferi, a gas, a nucleare

5. OGGI: energie rinnovabili

Le radici della transizione contemporanea

Crisi energetica globale (anni '70) --> necessità di ripensare il sistema energetico in modo indipendente dalle
fonti fossili (che in europa scarseggiavano). Inoltre il pensiero inizia a cambiare --> negli anni '60 si inizia a
pensare al legame tra ambiente e energia --> le fonti fossili sono impattanti sull'ambiente, è necessario
sviluppare un sistema diverso

Nel 2009 c'è un'imposizione di una politica energetica di TRANSIZIONE comune all'interno dell'UE --> la
politica segue obiettivi divisi nel 2020, 2030, 2050

Per stimolare la transizione sono stati introdotti importanti strumenti di incentivazione economica oltre che
stimoli all'innovazione tecnologica --> forte impulso verso l'energia da fonti rinnovabili --> tra il 2009 e il
2013 c'è una forte "corsa alle rinnovabili"

Questo forte incremento dell'energia rinnovabile è accompagnato da una forte costruzione di impianti -->
aumento esponenziale della costruzione di impianti fotovoltaici, eolici, centrali energetiche e geotermiche

Dal punto di vista energetico ed economico è un grande successo, ma dal punto di vista territoriale si
generano condizioni che non erano state preventivate.

Nuove caratteristiche territoriali:

- ENERGY SPRAWL → sistema che si polverizza e si diffonde su tutto il territorio (non è più concentrata in un
unico punto) → diffusione di energia sul territorio

- CONSUMO DI SUOLO → c'è bisogno di più territorio per produrre energia rinnovabile rispetto a energia da
fonti fossili

- ALTA VARIETÀ DI NUOVI PAESAGGI ENERGETICI → nuove costruzioni e nuove caratteristiche spaziali
diverse dal sistema precedente

NUOVE CARATTERISTICHE SPAZIALI + A-SPAZIALITà DELLE POLISTICHE DI TRANSIZIONE = RICOSTRUZIONE


ACCIDENTALE DEI SISTEMI ENERGETICI → CONFLITTI TERRITORIALI

La transizione energetica non era stata pensata a livello territoriale → tensione su risorse ambientali,
depauperamento dell'ecosistema presente

Disuguaglianze socio-spaziali --> le politiche di transizione energetica sono ricadute per lo più in territori di
paesi e comunità più deboli

NECESSITÀ DI RITERRITORIALIZZARE LA TRANSIZIONE

MAPPING THE ENERGY TRANSITION --> mappare lo spazio fisico è importante per conoscere dove e come
ricadono gli effetti della transizione energetica per risolvere gli aspetti critici --> la rappresentazione spaziale
permette di avere il controllo sulla situazione

Disegnare l'energia è difficile perché è invisibile e impalpabile, inoltre non è più facilmente riconoscibile sul
territorio (si sono ampliate la infrastrutture), inoltre il processo di transizione è ancora in corso --> l'energia
è sempre soggetta a repentini cambiamenti.
Abbiamo bisogno di comprendere quali potenzialità offre un territorio per la riterritorializzazione dei sistemi
energetici.

CASO STUDIO: IL VENETO --> regione che maggiormente ha subito una riterritorializzazione del sistema
energetico. Il territorio si modifica con la chiusura delle centrali a carbone (2001) e con l'avvio della politica
di transizione europea (2009). Fino agli anni 2000 era autosufficiente dal punto di vista energetico. Prima
della transizione il sistema energetico si basava sull'utilizzo di fonti fossili (concentrata in due punti
principali)<, porto marghera e porto tolle) e energia idroelettrica (area montana). In seguito alle politiche di
transizione questi sistemi si polverizzano sul terrritorio.

PRODUZIONE FOTOVOLTAICA: due tipologie di impianti

- Impianti con potenza minore (impianti intergati --> pannelli sugli edifici)

- Impianti con potenza maggiore (impianti a terra --> utility-scale)

Gli impianti integrati sono concentrati nelle zone industriali del Veneto --> es. capannone fotovoltaico -->
sistema diffuso e frammentato sul territorio che genera una risorsa per la produzione fotovoltaica --> tanti
piccoli capannoni diffusi su tutto il territorio diventano una risorsa per il fotovoltaico

Gli impianti utility-scale si concentyrano nella bassa pianura veneta caratterizzata da estese superfici
coltivate --> polesine, zone dedicate alla produzione agro-alimentare, paesaggi di bonifica e scarsamente
abitati --> in questi territori troviamo i grandi impianti a terra, elementi più scomodi della produzione
enrgetica fotovoltaica. Pannelli che si portano dietro delle infrastrutturazioni molto pesanti. Sistema di
membrane costituiti da recinzioni. Interruzione della fruizione dei territorio sia da parte degli abitanti sia dal
punto di vista delle reti ecologiche. Entra in concorrenza la priduzione agricola con la produzione enrgetica -
-> l'uso di suolo per la produzione di energia entra in conflitto con la produzione agricola di quei territori -->
consumo di suolo agricolo.

La dispersione insidiativa rappresenta un'opportunità per la transizione enrgetica, mentre il conflitto tra
energia e agricoltura rappresenta un ostacolo.

PRODUZIONE IDROELETTRICA

Nuove tecnologie che permettono lo sfruttamento anche di corsi d'acqua minori per la produzione
idroelettrica.

Ci sono grandi impianti che sfruttano i fiumi maggiori della regioone (sono i più vecchi) e nuovi piccoli
impainti che sfruttano i corsi d'acqua minori. Area alpina, contesto prealpino e oggi anche contesto della
pianura (possibile grazie alle nuove tecnologie).

Contesto alpino: contesti fluviali ad alta naturalità, piccoli torrenti montani liberi da altre concessioni,
tipologia di impianto a bacino. Questi impianti generano grandi ricadute sull'ecosistema di questi bacini.

Contesto prealpino: paesaggio con centri urbani storici e aree rurali, presenza di canali, rogge e fiumi con
alvei storicamente artificializzati, impianti ad acqua fluente --> questi impianti recuperano infrastrutture
preesistenti legati a altri sistemi energetici. Recupero di manufatti storici che fino ad oggi non avevano
trovato una riconfigurazione.

Contesto alta pianura: paesaggio con centri urbani e aree agricole, idrografia composta da canali di
irrigazione --> minore impatto su corsi fluviali vergini.

PRODUZIONE BIOENERGETICA: le filiere delle biomasse solide

Bruciando risorse legnose si produce calore che alimenta il sistema energetico


La produzione bioenergetica sfrutta risorse provenienti da diverse filiere:

- COMPARTO FORESTALE --> scarti di lavorazione di lavori forsestali --> zone forestali accessibili dalle
macchine

- COMPARTO AGRICOLO --> può usare scarti di lavorazione di vigneti e frutteti e coltivazione dedicate -->
coltivazioni chiamate short rotation forestry --> coltivazioni che crescono velocemente e servono per essere
bruciate.

- COMPARTO URBANO/INDUSTRIALE --> scarti di lavorazione del legno (segherie, falegnamerie e filiera
urbana) --> queste risorse possono essere sfruttate per produrre biomasse.

Impianti industriali difficili da non notale nel paesaggio --> c'è una centrale e un sistema di fornitori della
centrale. Per la sostenibilità ambientale ed energetica di una filiera è necessario per normativa che la
centrale e i fornitori si trovino all'interno di un raggio di 70 km --> FILIERA CORTA

PRODUZIONE BIOENERGETICA: le filiere del biogas

Sostanze organiche ad alto contenuto di acqua --> sostanze organiche che fermentano in grandi contenitori
per produrre biogas --> il residuo della lavorazione del biogas può essere utilizzato come fertilizzante per
l'agricoltura. Nel biogas ci sono due principali filiere:

- FILIERA URBANA --> utilizza gli scarti di rifiuto organico urbano e utilizza i fanghi delle acque reflue. le
centrali si trovano soprattutto presso gli ecocentri.

- FILIERA AGRICOLA --> utilizza letame e liquami provenienti da allevamenti --> insediamenti zootecnici. Si
utilizzano poi anche le coltivazioni come il mais, l'orzo, il grano tenero, il sorgo --> queste coltivazioni sono
prodotte per produrre energia --> anche in questo caso si genera un conflitto tra energia e agricoltura.

RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE: STRUMENTO DI PROGETTO

Necessità di rivalutare e ricostruire il rapporto che c'è tra territorio e transizione energetica

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