Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Anni venti del Novecento Marc Bloch sulla rivista Annales -> proposito un nuovo modo
di fare storia -> attenzione alla cultura materiale per interpretare la società del passato
4 tipi di paesaggio: rurale, agrario, insediativo, urbano
Storia del paesaggio si appoggia a storia archeologia e geografia
4 modi di studio:
Metodo regressivo: M. Bloch 1931 consiste nello studio a ritroso, obiettivo è tracciare
le principali linee evolutive dell'habitat. Studio del passato deve essere impostato sul
lungo periodo
Metodo morfogenetico: lettura diacronica, studio delle forme e della loro evoluzione
nel tempo
Ecologia storica: al centro le trasformazioni storiche dei processi biologici. Paesaggio
come realtà dinamica nella quale interagiscono flora e fauna secondo regole
scientifiche
Archeologia del paesaggio: centralità della cultura nelle relazioni uomo-ambiente,
manufatti significato inquadrando l'orizzonte culturale che lo hanno prodotto
4 periodi di trasformazione:
400-750 -> influenza con il mondo
750-1100 -> si supera il classico e c'è un momento di crescita
1100-1300 -> si completa il superamento del mondo classico e si arriva al culmine del
momento di crescita
1100-1500 -> momento di novità
Nel frattempo crescono anche i villaggi, con un numero di case sempre maggiore:
diminuisce anche se non scompare l’utilizzo del legno (materiale deperibile) a favore di
quello di pietra e di mattoni, aumenta il numero di fossati che non hanno una mera
funzione difensiva ma anche un valore giuridico, indicando lo spazio di giurisdizione
della comunità. Se nel X secolo il castello è un villaggio fortificato, il grande aumento
demografico porta le popolazioni a riversarsi anche fuori dal recinto fortificato, dando
vita a borghi veri e propri oltre le mura; addirittura possono formarsi più livelli, dal
castello al villaggio fino ad ulteriori case sparse oltre il fossato (Caresana nel
Vercellese). Il castello è comunque il centro di gravità del villaggio: in una situazione
notevolmente dinamica, il signore e la comunità modificano l’habitat per scopi
compatibili (il controllo sempre più stretto sulle genti e la vicinanza alle strutture di
difesa) e si realizzano continui spostamenti e ricostruzioni, con il centro rurale alle
volte addossato al castello.
Borgo nuovo
Un nuovo impulso di popolamento porta alla formazione di nuovi villaggi tra XII e XIII
secolo, chiamati borghi nuovi. Si tratta di iniziative di rielaborazione dell’habitat più
elaborate di quelle precedenti, in cui il potere monarchico e statuale hanno un ruolo
maggiore. Hanno un ruolo decisivo in un’ottica di colonizzazione degli spazi più che
dare un contributo militare e difensivo (c’è chi parla di “secondo incastellamento”).
Nell’Italia settentrionale questa formazione di nuovi borghi è promossa primariamente
dall’intervento comunale
Comunità di villaggio
Sempre dal XII secolo le comunità rurali si diffondono e si definiscono da un punto di
vista politico ed istituzionale, si dimostrano consapevoli e maturano una coscienza di
sé che permette loro di resistere a tentativi di intrusione esterni, questo crea un senso
di appartenenza ad una medesima comunità, aiutato anche dalla territorializzazione
della parrocchia, non più una unica di riferimento per più comunità ma una per ogni
villaggio, già iniziato durante il processo di incastellamento.
Infine si può distinguere ciò che è fuori dal villaggio, oltre il fossato, in tre cerchi:
- a ridosso del villaggio è situata la zona a produzione intensiva. Sono ubicati i fienili
(qui collocati per il rischio di incendi), un solco di acqua per il funzionamento dei mulini
e la produzione di farina ed eventualmente per l’irrigazione di culture intensive come
orti e frutteti;
- in una seconda zona i campi coltivati che seguendo la rotazione triennale, i terreni a
riposo sono aperti al libero pascolo di bestiame che concima la terra
- infine un terzo cerchio con l’incolto e le zone scoscese.
Questi accordi si vedono a partire dal XI secolo, ma con più frequenza nel XII, in
generale nell’Italia centrosettentrionale le comunità riescono ad ottenere una
maggiore disponibilità delle risorse, lasciando ai signori spesso un’autorità solo
formale, mentre al sud prevale la forma degli usi civici, con ampie prerogative
all’aristocrazia e alla monarchia. A partire dal XIII da beni comuni divengono beni del
comune: se ne perde l’accesso pubblico, possono essere affittati al singolo abitante e
questo può mettere a repentaglio la sopravvivenza di un povero contadino, mentre
l’elite si arricchisce
Confini → zonali, che designano intere aree di demarcazione (bosco) e possono creare
aree condivise fra comunità
→ lineari che stabiliscono limiti chiari tra territori adiacenti
E’ quindi dal XII secolo che le superfici incolte iniziano a perdere il loro carattere
d’incertezza e che inizia ad emergere un’area di pertinenza definita della comunità.
Al crescente sfruttamento delle risorse boschive (XI-XII secolo) segue una crescente
preoccupazione per la tutela delle stesse, non si tratta di una moderna sensibilità
ecologica, ma piuttosto di una pragmatica volontà di conservazione delle risorse
paesaggistiche in quanto centrali nel sistema economico locale. Possono essere
introdotti provvedimenti per la rigenerazione del bosco o il mantenimento delle
paludi.
Città comunali
Fra il XII secolo e i primi decenni del XIV secolo si sviluppano in Italia centro
settentrionale i comuni urbani: sono “città-Stato” che esercitano poteri sovrani (le
regalie), che prevedono la possibilità di avere una propria forza militare e di riscuotere
le tasse: sono di fatto (e poi formalmente) istituzioni indipendenti. Presentano una
società ben stratificata al loro interno (con conseguenti conflitti sociali) e la loro
autorità si estende anche all’esterno delle mura sulle campagne circostanti: i contadi.
E’ l’apogeo della dimensione collettiva dei paesaggi medievali, un potere di natura
statuale che parte dal basso capace di modellare i paesaggi, costruiscono e disgregano
lo
spazio collettivo. Occorre distinguere tre fasi di sviluppo:
- consolare (da fine XI a fine XII/inizio XIII secolo, la politica è prudente nei confronti
dell’aristocrazia),
- podestarile (prima metà XIII secolo, il comune si appropria degli spazi pubblici e
nascono i palazzi comunali)
- governi di popolo (da metà Duecento, forza ancora maggiore della parte di società
urbana che si impone).
In età consolare i luoghi pubblici utilizzati sono spazi già esistenti e sono in particolare
quelli legati al vescovo e al potere ecclesiastico, questo comporta un confine labile o
nulla tra spazi religiosi e civili all’interno delle città (cattedrali da tempo simbolo di
identità cittadina)
Dopo la Pace di
Costanza (1183), con cui l'imperatore riconosce le prerogative e l'autonomia dei
comuni si avviano operazioni di indagine atte ad affermare la sovranità del comune
sulle risorse collettive, affermando in modo chiaro la titolarità dei diritti per la prima
volta. I beni comuni diventano così beni comunali. Il risultato è la centralizzazione dei
beni comunali, sottratta ad altri organismi di quartiere, con la conseguente crescita di
un apparato burocratico specializzato.
Questo porta ad un’espansione territoriale dei comuni e la trasformazione di terreni
“sterili e infertili” in aree fertili diventa priorità assoluta, dato che l’espansione
demografica richiedeva una produzione agricola sempre maggiore da indirizzare a
mercati e magazzini urbani.