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Archeologia Barbarica 2

Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano


Dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell'Arte
Scuola di Specializzazione in Beni archeologici

in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli

Città e campagna:
culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

II Incontro per l’Archeologia barbarica


Milano, 15 maggio 2017

a cura di Caterina Giostra

SAP Società Archeologica s.r.l.


Mantova, aprile 2018
Collana: Archeologia Barbarica

Responsabile scientifico:
Caterina Giostra, Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano

Membri del Comitato scientifico:


Ermanno A. Arslan, Accademia Nazionale dei Lincei - Roma; Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo - Spoleto
Angela Borzacconi, Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli
Gian Pietro Brogiolo, già Università degli Studi di Padova
Vincenzo Gheroldi, Storico dell’Arte
Silvia Lusuardi Siena, Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano
Egle Micheletto, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo
Elisa Possenti, Università degli Studi di Trento
Dieter Quast, Römisch-Germanisches Zentralmuseum - Mainz
Marco Sannazaro, Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano, Brescia
Tivadar Vida, Eőtvős Loránd University - Budapest
Luca Villa, Archeologo
Daniel Winger, Universität Rostock

La collana viene sottoposta a peer review.

La pubblicazione del presente volume è stata resa possibile anche grazie al sostegno finanziario offerto dal Museo
Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli.

Composizione e impaginazione:
SAP Società Archeologica s.r.l.

2018, © SAP Società Archeologica s.r.l.


Strada Fienili 39a - 46020 Quingentole (Mn)
Tel. 0386 42591
www.archeologica.it

ISSN 2532-3202
ISBN 978-88-99547-21-9
Sommario

7 Presentazioni
Marco Sannazaro
Caterina Giostra

Abitati rurali
13 Insediamenti rurali della Francia settentrionale fra VI e IX secolo: forme, tipologie, funzioni ed
economia
Isabelle Catteddu

37 I villaggi della Germania sud-occidentale fra VI e VII secolo


Dieter Quast

57 L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale


Gian Pietro Brogiolo

75 Potenzialità di un approccio multidisciplinare per lo studio del popolamento antico: il territorio di


Bergamo tra tarda antichità e alto medioevo
Maurizio Marinato

97 I beni pubblici della corona dall’Impero romano ai Longobardi: il caso di Roselle (Grosseto)
Elena Chirico, Carlo Citter

121 Miranduolo in Alta Val di Merse (Chiusdino-Siena). Un villaggio del regno longobardo tra
vocazione mineraria e rurale: VII-VIII secolo
Marco Valenti

141 Faragola: un esempio di ‘curtis’ nel Mezzogiorno longobardo?


Maria Turchiano, Giuliano Volpe

161 L’insediamento rurale: note a margine


Paolo Delogu

Castra e città
167 Lomello - Villa Maria tra tardo antico e alto medioevo
Rosanina Invernizzi

177 Tortona in età gota e longobarda. Nuove ricerche


Alberto Crosetto

197 Mantova fra la tarda antichità e la dominazione longobarda: una città in trasformazione
Grazia Facchinetti, Daniela Castagna, Elisa Possenti, Alberto Manicardi
235 La necropoli presso la ferrovia a Cividale del Friuli
Angela Borzacconi, Caterina Giostra

267 “... infra muros civitatis Foroiuliuensis in loco qui dicitur Vallis …” Archeologia di un centro di potere
nella Cividale longobarda
Luca Villa

I contesti, i materiali e l’arte


293 Il nucleo funerario di Caravaggio, loc. Masano (Bergamo)
Maria Fortunati, Caterina Giostra, Lorenza Bronzoni, Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli, Maurizio Marinato, Mariagrazia Vitali

351 Usi dell’azzurro egizio. Due esempi di ricostruzione storica


Vincenzo Gheroldi, Sara Marazzani
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne
tra mobilità e riequilibrio territoriale

Gian Pietro Brogiolo*

L’archeologo, l’ho ribadito più volte1, deve ricostruire mento dei Longobardi costituisce una fase importante,
sequenze sulla base delle proprie fonti e solo alla fine che non può essere compresa se non ricostruendo l’in-
del proprio percorso di ricerca confrontarle con le testi- tero processo.
monianze scritte. Tanto più se si occupa dell’insedia-
mento dei Longobardi, per il quale i testi accennano 1. Le fonti scritte
assai sbrigativamente al diritto di hospitalitas e alla loro
organizzazione sociale. Le fonti scritte relative alle prime fasi di stanziamento
A sua volta l’archeologia, nonostante i numerosi ritrova- dei Longobardi in Italia, in particolare Paolo Diacono e
menti degli ultimi anni2, si è in genere limitata a docu- l’editto di Rotari, ci offrono più spunti di riflessione, sui
mentare nuclei insediativi e necropoli. Prevalente- quali peraltro l’interpretazione è alquanto variegata,
mente di breve durata, suggeriscono abbandoni e una rispetto ai due problemi che più ci interessano: le
forte mobilità, in contraddizione con gli abitati di suc- modalità e la struttura sociale dell’insediamento.
cesso, giunti sovente sino a noi senza soluzione di con- Paolo Diacono, in due celebri passi, riferisce di come i
tinuità dall’età romana. L’insediamento dei Longobardi Longobardi regolarono i loro rapporti con i Romani
si intreccia inoltre con altri due temi che riguardano attraverso l’hospitalitas, strumento giuridico utilizzato
l’evoluzione delle campagne: le trasformazioni delle per l’acquartieramento dell’esercito. Nel primo, rac-
aziende romane centrate sulle ville, le cui architetture contando del periodo dell’interregno, afferma che i
raramente si conservano, forse in virtù di una loro fun- Romani, per hospites divisi, furono assoggettati (come
zione pubblica3, mentre quasi sempre sono sostituite tributarii) al pagamento della terza parte dei raccolti6.
da strutture povere4; la lenta costruzione (tra cattolice- Nel secondo aggiunge che, come populi adgravati,
simo e arianesimo) della rete ecclesiastica. Rimossa furono suddivisi tra gli hospites longobardi7. Gli storici
dall’agenda di storici e archeologi è invece la scom- ne hanno proposto differenti interpretazioni. Alcuni,
parsa dell’organizzazione, prevalentemente di natura come Walter Goffart, ritengono che l’hospitalitas impli-
fiscale, dei pagi romani, un tema che andrebbe ripreso casse solo e sempre un pagamento di rendite; altri,
nel quadro più generale della trasformazione delle sulla base di varie testimonianze o congetture, riten-
campagne nel primo millennio5. Di questa lo stanzia- gono che comprendesse il conferimento di terre, ipo-

* Già Università degli Studi di Padova; gpbrogiolo@gmail.com. eventuale continuità in CHAVARRíA ARNAU c.s.b; in rapporto ai cimiteri
1 Mi limito a citare l’impostazione del mio volume sulla città (BRoGIoLo CHAVARRíA ARNAU c.s.a.
2011b), ma per la più ampia problematica si veda WICkHAM 2007. 5 BRoGIoLo c.s., premessa del presente contributo; insieme costitui-
2 Sui quali si vedano, da ultimo, PoSSENTI (a cura di) 2014 e GIoSTRA scono la prima parte di una più ampia ricerca.
(a cura di) 2017. 6 Hist. Lang., II, 32.
3 BRoGIoLo, CHAVARRíA ARNAU 2005 e 2014. 7 Hist. Lang., III, 16.
4 Un aggiornamento sul significato della fine delle ville e sulla loro
58 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

tesi questa particolarmente rilevante per chi intenda comune e che rimasero nella disponibilità pubblica,
ritrovarne le tracce sul terreno8. che ne fece poi dono alle aristocrazie laiche ed eccle-
Per quanto riguarda la loro struttura sociale, la discus- siastiche.
sione ruota invece attorno al significato di tre termini: Quello comunitario è peraltro solo un aspetto dell’inse-
“fara”, “exercitales”, “arimanni”. diamento longobardo. Nell’Editto di Rotari, nei capitoli
Le “fare”, secondo Paolo Diacono clan familiari allar- sulle campagne, alcune prescrizioni riguardano
gati (generationes vellineas9), erano ancora attive nel soprattutto le curtes, aziende agricole non solo pubbli-
643, quando l’Editto di Rotari specifica che, guidate che ma anche private che potevano essere oggetto di
da un uomo libero, avevano il diritto, con il permesso compravendita. Nei documenti dell’VIII secolo compa-
del re, di spostarsi ovunque volessero all’interno del iono spesso proprietari privati di aziende, talora rice-
regno, con una sola limitazione: restituire i beni che vute in dono dal re, e un problema chiave è di capire
avevano ricevuto in dono dal duca o da un altro uomo come interagissero i beni collettivi degli arimanni con
libero10. quelli dei singoli privati, all’interno di un sistema nel
Gli “exercitales”, secondo l’Editto di Rotari, come quale, come specifica la legislazione coeva, singoli pri-
indica il nome, erano i componenti dell’esercito cam- vati tendevano ad accaparrarsi beni pubblici.
pale o delle guarnigioni che difendevano città e castelli Le curtes potevano essere territorialmente concentrate
(in exercito o in sculca11); non potevano sottrarsi al loro o costituite da poderi sparsi ma con gestione unitaria16.
duca, al quale dovevano prestare assistenza nel suo Recinzioni vegetali (iderzum = sepe aliena; sepe stan-
compito di rendere giustizia12. Per tale ruolo, impor- taria, ovvero steccato17) e fossati le proteggevano ed
tante nel controllo del territorio e in rapporto diretto con era fatto divieto a chiunque, libero o servo, di entrare di
il livello più alto del potere13, godevano di una duplice notte nella corte di un altro (riferito genericamente alla
tutela: se maltrattati dal duca, il gastaldo regio li proprietà o al centro aziendale?)18. Per inciso, le nume-
avrebbe assistiti nell’accertamento dei fatti; viceversa, rose prescrizioni sulla violazione delle proprietà tradi-
sarebbe stato il duca a intervenire, se a insidiarli fosse scono una condizione di insicurezza che traspare
stato il gastaldo14. anche da due altri capitoli dell’Editto che accennano
Si è discusso se gli exercitales della fine del VI-VII agli assalti ad opera di bande di contadini (concilium
secolo corrispondano agli arimanni. Questi compaiono rusticanorum19) e alle azioni contro i villaggi20, unico
nelle fonti agli inizi dell’VIII secolo, dunque ancora in accenno questo a insediamenti accentrati.
età longobarda, nel capitolo 44 delle Leggi di Liut-
prando15 e continuano poi ad essere menzionati fino al 2. Insediamenti polifocali e di breve durata
XII secolo come detentori di beni fiscali, che sfruttano
in comune, in cambio dell’assistenza nella giustizia e di L’organizzazione sociale e i tipi di insediamento dei
prestazioni in favore dell’imperatore. Accettando Longobardi sono stati sinora dedotti dai cimiteri a file, a
l’equivalenza tra i due termini, come proposto anche partire dallo studio pionieristico di Jørgensen del 1992
da Giovanni Tabacco, uno storico pur assai critico su Nocera Umbra e Castel Trosino21. Almeno alcuni
rispetto alla storiografia della prima metà del XX cimiteri si sviluppano topograficamente con nuclei
secolo, dobbiamo ammettere un insediamento longo- costituiti da gruppi familiari allargati di 10-15 persone;
bardo distinto rispetto a quello romano, organizzato e attorno al capofamiglia e alla moglie, riconoscibili dalla
controllato dall’alto con la concessione agli exercita- posizione centrale delle tombe e dal prestigioso cor-
les-arimanni di terre (braidae) e boschi (gahagia o, con redo, si collocano figli e parenti adulti con offerte pari-
termine latino, silvae arimannorum), da essi gestiti in menti significative, bambini con doni più ridotti e indivi-

8 GoFFART 1980; BARNISH 1986; DURLIAT 1988; LIEBESCHUETZ 1997; 15 Sulla questione degli arimanni: TABACCo 1966 e CASTAGNETTI 1996.
ancora GoFFART 2013. Per l’età gota: PoRENA 2012; ARNoLD et alii Per la corrispondenza tra exercitales e arimanni: TABACCo 1969, pp.
2016; BRoGIoLo 2011a. 255-258. Una riconsiderazione del problema in GASPARRI 2006.
9 Hist. Lang., II, 9. 16 Sull’organizzazione delle corti: AZZARA 2015.
10 Roth. 177. 17 Roth. 285, 287.
11 Roth. 21. 18 Roth. 32, 33, 277, 278.
12 Roth. 20, 22. 19 Roth. 279.
13 Lo ricorda Paolo Diacono, riferendo della battaglia combattuta a 20 Roth. 280.
Cornate, nel 688, tra il re Ariperto e l’usurpatore ariano Alahis (Hist. 21 JøRGENSEN 1992, con differenti interpretazioni RUPP 1997. In gene-
Lang., V, 40). rale: GIoSTRA 2017b; CHAVARRíA ARNAU c.s.a, c.s.c. Per le necropoli
14 Roth. 23, 24. longobarde in Lombardia: DE MARCHI 2007.
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 59

dui senza corredo, probabilmente servi e aldii. Di que-


sta organizzazione sociale, quali tracce possiamo
scorgere negli insediamenti? Tra gli abitati scavati, non
sempre integralmente e in modo accurato22, i più signi-
ficativi paiono quelli che si possono mettere in rela-
zione con le aree cimiteriali.

Sacca di Goito (Mantova)


Un buon esempio è quello di Sacca di Goito, località
Strada Calliera (fig. 1), un insediamento con più fasi di
capanne in relazione con quattro aree cimiteriali e, per
il VII secolo, una struttura gerarchica espressa dalla
posizione e dalla qualità degli edifici. Esteso su un’area
di tre ettari e con una sequenza compresa tra l’età
romana e l’altomedioevo, dal 1968 al 1994 è stato
oggetto di più campagne di scavo; rimane ora da com-
pletare l’indagine di un edificio in solida muratura che,
sulla base del toponimo “Chiesazza” o “Chiesa vec-
chia del Dosso”, è stato identificato con la pieve di
Goito, documentata nel 103723 e trasferita nella sede
attuale nel XV secolo24. Il vicus Godi è attestato qual-
che anno prima, nel 1031, in una donazione da parte di Fig. 1. Sacca di Goito, strada Calliera, l’area della chiesa (da
un presbiter di nome Martinus al monastero di San Google 2016).
Genesio in loco Bersello (Brescello)25, mentre il titolo
della chiesa (San Martino de Godio) compare solo nel
1200 tra le coerenze di una proprietà del monastero di capanne e nuclei distinti di sepolture le si distribui-
San Benedetto di Polirone 26, sita in località Breda. scono all’intorno.
L’identificazione della Chiesazza con la plebs Gudi Scavi parziali hanno portato all’elaborazione di due dif-
pone una serie di problemi, che esulano dai temi qui ferenti planimetrie dell’edificio di culto e mancano
affrontati: dal modello insediativo nel quale si inserisce, ancora una documentazione e una interpretazione
alla sua relazione con il vicus omonimo sul quale non della sequenza29. Dello scavo del 1968 è stata pubbli-
abbiamo dati archeologici. cata, nel 1980, una pianta30 con quattro murature di
Per quanto riguarda gli insediamenti della Strada Cal- vario spessore (fig. 2, rilievo in nero), tutte legate tra
liera, dopo varie note preliminari, relative soprattutto loro (A, B, D, E), alle quali se ne addossano altre due
alle necropoli27, Chiara Marastoni, a partire dalle ine- (C, F), il tutto interpretato come parte di un’aula rettan-
dite relazioni di scavo, ha recentemente ricostruito golare (muri A, B, C) provvista di un’abside (D, F). Si fa
quattro distinti nuclei di capanne di età longobarda28, anche cenno a sepolture, alcune in nuda terra non
tutti sviluppatisi nelle vicinanze della chiesa, elemento posizionate in pianta, e due in cassa di muratura. La
chiave in quanto baricentro degli insediamenti altome- prima, pure non ubicata, era coperta da mattoni manu-
dievali. Non ne conosciamo la data di fondazione, ma briati disposti a doppio spiovente e conteneva lo sche-

22 Tra questi, possiamo ricordare l’insediamento di Brega di Rosà confermata da don Giuseppe Rubini, che ha in corso una pubblica-
(Vicenza) (CoBIANCHI et alii 2009) e quelli con capanne e sepolture di zione sulla chiesa.
Collegno (Torino) (PEJRANI BARICCo, a cura di, 2004), le capanne 25 ToRELLI 1914, n. 55, p. 40. Altra attestazione nel 1044 (n. 65, p. 52).
seminterrate presso la necropoli di Povegliano Veronese, loc. ortaia 26 ToRELLI 1914, n. 665, p. 420.
(GIoSTRA 2014), l’insediamento con capanne e sepolture di VII secolo
27 PICCoLI 1980, dopo un accenno senza immagini in PICCoLI 1975;
di Cornate d’Adda, loc. Paradiso (Monza e Brianza) (SIMoNE ZoPFI
2006, con reinterpretazione in BRoGIoLo 2008); nel mantovano, il vil- MENoTTI 2006, 2014, pp. 370-375; MENoTTI, MANICARDI 2006, pp. 441-
laggio accentrato di Curtatone, loc. Buscoldo (MARASToNI 2017) e 445.
quello di VII-VIII secolo, sorto su una villa romana, di Mantova San 28 MARASToNI 2017.
Giorgio (RoDIGHIERo, CARRARA 2013). 29 La revisione, qui proposta sulla base dell’edito, intende stimolare
23 Diploma di Corrado II del 1037 in favore del vescovo di Mantova i nuovi funzionari della Soprintendenza di Mantova a completare la
(CoNRADI II DD., n. 235). ricerca per promuoverne poi una pubblicazione scientifica.
24 L’identificazione, proposta in MENoTTI 2014, mi è stata gentilmente 30 PICCoLI 1975, 1980, Tav. III.
60 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

Fig. 2. Sacca di Goito, strada Calliera, la “Chiesazza”. La


pianta pubblicata in PICCoLI 1980 (in nero) rispetto a quella
rielaborata in MENoTTI 2014 (in rosso).

letro di due inumati senza corredo. La seconda era


addossata, dall’interno, al perimetrale nord dell’aula ed
era coperta da una lastra di pietra. Conteneva, “stretta-
mente abbracciati”, un inumato anziano e un bambino;
presso la testa del primo è stata trovata una crocetta
aurea31 (fig. 3,a-b). Sulla lastra di copertura si appog-
giava una “cassetta” di cm 50 x 50, delimitata da
muretti con piccoli ciottoli, frammenti di laterizi e di una
lastra di arredo liturgico della seconda metà dell’VIII
secolo (fig. 4). All’esterno della sepoltura, alla profon-
dità da 40/45 a 80 cm e al di sopra di sabbie alluvionali
naturali, è stato riconosciuto un piano in battuto sab-
bioso/ghiaioso sul quale vi era poi “uno strato di crollo
con frantumi di intonaci con traccia di combustione”32.
Nel 1991 sono state messe in luce le rasature di altri
muri, pubblicati senza alcun commento in una pianta
schematica33, nella quale si riconoscono (fig. 2, rilievo
in rosso): (a) un’aula rettangolare (di m 16 x 8,50, al Fig. 3a-b. Sacca di Goito, strada Calliera. Le due facce della
lordo delle murature, spesse 60 cm), alla quale si crocetta aurea rinvenuta nella tomba addossata, dall’interno,
addossa, da est, un’absidiola ad arco ribassato; (b) un al perimetrale nord della chiesa.
portico verso ovest, chiuso su tre lati (verso est dalla
facciata dell’aula, verso nord e ovest da una muratura
assai più consistente, con spessore tra m 1,10 e 1,20, inoltre, alla distanza di poco meno di due metri, un’ulte-
rinforzata da due pilastri per lato) e senza che sia stata riore muratura, parallela al lato nord dell’aula. Conside-
vista la terminazione verso sud. Il sito non è stato rando tutti questi elementi, la pianta sembrerebbe il
musealizzato e, da quanto si osserva attualmente sul risultato di più fasi costruttive, rispetto alle quali pos-
terreno, il perimetrale est dell’aula e l’abside presen- siamo solo argomentare che: (a) lo sviluppo del muro
tano una tecnica costruttiva in ciottoli, pressoché privi ovest del portico e la presenza di una muratura esterna
di legante, assai diversa rispetto ai perimetrali e al “por- al perimetrale nord fanno ipotizzare un edificio più
tico” costruiti con pietre spaccate, ciottoli e frammenti ampio di quello pubblicato (a tre navate?), il che
di laterizi legati da abbondante malta; si intravvede potrebbe giustificare il differente spessore delle mura-

31 PICCoLI 1975, p. 57 e 1980; MENoTTI 2014, p. 370. 33 MENoTTI 2014, ripresa senza modifiche da MARASToNI 2017.

32 PICCoLI 1980, pp. 571-575.


L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 61

Fig. 4. Sacca di Goito, strada Calliera. Frammento di arredo


liturgico dell’VIII secolo (da PICCoLI 1980).

ture; (b) la piccolissima abside, del tutto inattendibile


per una chiesa plebana, potrebbe dunque essere il
risultato di una riduzione della pianta originaria, forse a
seguito della perdita della sua funzione plebana; (c)
non sappiamo se la chiesa sia sorta su precedenti strut-
ture e nemmeno se fin dall’origine abbia avuto una fun-
zione battesimale (non è stata sinora trovata traccia del
battistero); (d) la tomba con crocetta in oro di VII secolo
ne testimonia un uso funerario, mentre il frammento di
scultura altomedievale databile all’VIII secolo, perti-
nente a un apprestamento liturgico prestigioso, ben si
addice a una chiesa plebana; (e) infine, non sappiamo
a quando risalga l’intitolazione a San Martino, un santo
antiariano che poco si addice a un insediamento con
una fase visigota e nemmeno possiamo escludere cor-
risponda a una reintitolazione di una chiesa ariana.
In conclusione, allo stato delle ricerche, con tutti questi
problemi aperti, risulta difficile un’interpretazione defi-
nitiva delle capanne e delle sepolture distribuite
attorno alla chiesa (fig. 5). Sono però sufficienti per una
sequenza complessiva e per porre una serie di
domande che possiamo poi estendere anche ad altri
insediamenti.
Alcune canalizzazioni di età romana ci dicono anzitutto
che siamo all’interno di un paesaggio agrario ben strut-
turato, nel quale si inseriscono, dal V al VII secolo, inse-
diamenti e necropoli. Una ventina di metri ad ovest
della chiesa, è stata scavata una prima necropoli con
38 tombe degli inizi del V secolo. Hanno variegato Fig. 5. Sacca di Goito, strada Calliera. Chiesa, necropoli e
orientamento e sono distribuite senza un ordine, con capanne (rielaborata da MARASToNI 2017).
62 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

ampi spazi tra l’una e l’altra; sono inoltre in nuda terra,


salvo una in tronco d’albero. Sette sono state danneg-
giate da lavori agricoli, per cui solo per una si può
escludere un corredo; in trenta di esse, gli oggetti con-
servati sono pertinenti alla cultura di Cerniakov, propria
dei Visigoti34. L’insediamento è stato perciò riferito
all’invasione di Alarico del 401 o a un contingente mili-
tare inserito nell’esercito romano.
Si sovrappongono in parte a queste inumazioni, pur
senza intaccarle, una quarantina di sepolture con
orientamento ovest-est, datate al VI-VII secolo. Nei
pressi, a sud della chiesa, sono stati messi in luce due
edifici in legno: uno interpretato come long house per
le dimensioni di m 26 x 7 e uno con pianta irregolar-
mente circolare del diametro di m 6,5 (fig. 5, C).
Ancora più ad ovest (fig. 5, B), separata da un canale
rispetto al sepolcreto di inizio V secolo, è stata docu-
mentata una grande necropoli a file di oltre 150 tombe;
orientate ovest-est, sono databili al VII secolo e tra i
corredi si segnalano scramasax, punte di lancia, col-
telli, frecce, elementi di cintura ageminati, crocette in
lamina d’oro. Una fossa rettangolare di m 3,30 x 4,20
ca., con quattro buche di palo agli angoli, all’interno
della quale non è stato rinvenuto alcun reperto, è stata
interpretata come una casa mortuaria: sarebbe la più
antica del cimitero, per il solo motivo che “in un amplia-
mento laterale” è stata rinvenuta la testa di un cavallo,
che si è dedotto fosse stato “sepolto accanto ad un
cavaliere”, del quale non vi è peraltro alcuna traccia35.
In realtà, potrebbe trattarsi di una struttura tipo
capanna seminterrata, forse utilizzata per qualche
peculiare rituale che prevedeva la sepoltura della testa
di cavallo, come a Povegliano, dove due teste sono
state trovate ai margini dell’area cimiteriale36. È invece
senza dubbio residenziale, a sud-ovest dell’area fune- Fig. 6. Sacca di Goito, “chiesa vecchia del dosso” e strada
raria, un edificio rettangolare di m 8x4, al quale se ne Calliera (1), Ca’ Franchini (2), Cascina Boritiero (3), Cascina
addossa un secondo di m 4x3, costruiti entrambi con Mussolina (4).
pali verticali.
A est della chiesa (fig. 5, D), a una distanza di una tren-
tina di metri e presso una dozzina di altre sepolture, con sepolture vi sono almeno tre aree di insediamento
una struttura seminterrata di m 4x4 ca. è del tutto simile polifocale con case di legno: alcune sono capanne
a quella identificata come “casa mortuaria”. Una terza seminterrate e altre a livello del terreno37. In mancanza
struttura seminterrata, a pianta circolare di m 3,50 con di uno studio approfondito, al di là di una gerarchia
quattro buche probabilmente per palo, è stata identifi- sociale suggerita dai corredi e dalle differenti tipologie
cata, al limite est dello scavo, ca. 150 metri dalla chiesa degli edifici, è impossibile chiarire se i vari nuclei con
e a nord di un canale (fig. 5, E). Nei pressi sono state edifici e le relative aree funerarie siano stati utilizzati
messe in luce cinque sepolture e numerose buche di contemporaneamente o in successione. Si tenga anche
palo con allineamenti tra loro ortogonali, riferibili verosi- conto che nella zona, a breve distanza dalla via Calliera
milmente ad almeno altri quattro edifici. (fig. 6, n. 1, chiesa, necropoli e abitati) sono state sca-
In conclusione, nei pressi della via Calliera, in relazione vate altre tre necropoli altomedievali: presso Cascina

34 SANNAZARo 2011. 36 GIoSTRA 2014.


35 MENoTTI 2014, p. 375. 37 MARASToNI 2017, p. 131.
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 63

Mussolina (fig. 6, n. 4), un intero cimitero di 240 tombe un’altra convinzione, peraltro mai provata, ovvero che
(di cui 98 a cassa in muratura con copertura a lastre o a nel medesimo cimitero venissero sepolti quanti, in vita,
cappuccina, le altre in nuda terra) in un’area di 2.200 abitavano in aziende vicine tra loro38.
mq; tra i corredi sono stati segnalati guarnizioni di cin- Numerose rimangono peraltro le domande inevase. In
tura, otto scramasax, due punte di lancia e quattro particolare, le tre necropoli di VII secolo della Chie-
frecce. A Ca’ Franchini (fig. 6, n. 2, nell’area di un abi- sazza, tutte collegate ad aree abitative, a cosa corri-
tato del Bronzo Finale), sono venute alla luce quattro spondono dal punto di vista sociale? A una comunità
tombe, una delle quali conteneva un pettine in osso, e gerarchicamente articolata (tipo “fara”) o a singoli
presso la Cascina Boritiero (fig. 6, n. 3), undici tombe, in gruppi familiari con distinte proprietà?
una delle quali è stato trovato un vago in pasta vitrea. La composizione numerica degli insediamenti longo-
Le sette necropoli di Sacca di Goito, per tre delle quali bardi è stata finora desunta dai relativi cimiteri: divi-
sono stati individuati anche i relativi piccoli abitati, si dendo il numero di inumati per generazione (stimata in
trovano a poco più di due chilometri da Goito, dove la ca. 40 anni), la maggior parte dei cimiteri altomedievali
via Postumia, non lontana da questi insediamenti, sembra essere riferibile a poche unità familiari, tutt’al
incrociava la strada da Brescia a Mantova e superava più clan allargati. A Sacca, le 240 tombe per quattro
poi il fiume Chiese diretta a Verona (fig. 7). L’ipotesi su generazioni, presso la cascina Mussolina, potrebbero
cui lavorare è che i siti altomedievali di Sacca, come essere riferibili a 60 individui ogni 40 anni, che pos-
quelli più a sud, sempre in prossimità del fiume, di Cur- siamo confrontare con i 35 inumati (3-4 nuclei familiari)
tatone località Buscoldo e di Rodigo, si siano svilup- per generazione di Collegno, i 40 di Spilamberto, i 60 di
pati, alla fine del VI secolo, nell’ambito dell’espansione Povegliano, mentre sono in maggior numero (70-80) a
longobarda ai danni di Mantova, rimasta sotto il con- Leno e Nocera Umbra (100)39.
trollo dell’impero fino al 603 probabilmente grazie a un Anche la durata degli insediamenti40 è stata ricavata
sistema di difesa approntato sia lungo il fiume Chiese soprattutto da quella dei cimiteri: nell’arco di una gene-
sia lungo il Mincio. Possiamo anche osservare che razione per alcuni, indice di una notevole mobilità; più
questi insediamenti non erano difesi, bensì inseriti in lunga, anche un paio di secoli, per altri. Lo sposta-
aree agricole di età romana. Inoltre, si può escludere mento non sarebbe legato solo alla prima fase, durante
la quale molti duchi operarono singolarmente, talora in
appoggio agli imperiali, come nei noti casi dei capi
militari Ariulfo e Droctulfo41; anche in seguito, e lo si è
già detto, un uomo libero aveva il diritto di migrare con
la sua fara42. Questo potrebbe spiegare alcuni dei tanti
precoci abbandoni, pur senza chiarirne le possibili
cause (spostamento, al seguito di un capo, in nuovi ter-
ritori sottratti ai Romani, oppure, di propria iniziativa, in
un vicino villaggio di nuova fondazione, in un castello o
nella città) e le conseguenze (con possibile diserzione
dell’azienda non più redditizia, suggerito dalla scom-
parsa dell’intera toponomastica antica). In molti casi la
persistenza della toponomastica suggerisce una conti-
nuità delle coltivazioni, pur da un nuovo insediamento
sorto nelle vicinanze, e in questo si aprono altre ipotesi,
per le quali dovremmo comunque sempre disporre sia
dei dati sui cimiteri sia sugli abitati. La fine di un cimi-
tero potrebbe talora semplicemente indicare un cam-
Fig. 7. Goito. Via Postumia, la strada Brescia - Mantova e la bio di ritualità, magari in rapporto a una chiesa (come a
Chiesazza di Sacca (carta militare austriaca della prima metà Leno, con il passaggio da Campo Marchione a San
del XIX secolo). Giovanni 43) o a una maggiore integrazione con la

38 Ipotesi avanzata anche per il cimitero di Sant’Albano Stura (in Pie- 41 DELoGU 2016 in base alla composizione dei corredi di Castel Tro-
monte) di ca 800 inumati, riferito a più villaggi: GIoSTRA 2017a, p. 23. sino, dove due comandanti sono stati sepolti con insegne tipiche dei
39 GIoSTRA 2017a, pp. 23-25. generali bizantini.
40 FRANCoVICH, HoDGES 2003; VALENTI 2004; BRoGIoLo, CHAVARRíA 42 Roth. 177.

ARNAU, VALENTI (a cura di) 2005; BRoGIoLo, CHAVARRíA ARNAU 2005. 43 GIoSTRA 2011, pp. 16-19.
64 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

collettiva dell’incolto (pascoli, boschi, acque). In parti-


colare, i toponimi gahagium (bosco pubblico) e braida
(pascolo e/o campi coltivati presso il villaggio) indi-
cano come, al pari delle antiche comunità preromane e
romane, anche quelle longobarde basassero la loro
economia sullo sfruttamento integrato delle risorse
dell’agricoltura e dell’incolto. Suggeriscono altresì fasi
di riconversione di paesaggi abbandonati, accanto
alla conquista di nuovi spazi agrari e di incolto che
caratterizza l’Italia longobarda a partire dal VII secolo.
Questo aspetto è già stato sottolineato, sulla base dei
toponimi e delle fonti documentarie dell’VIII-IX secolo,
da Gabriella Rossetti nel suo studio sul territorio di
Fig. 8. Chiari. Disegno ricostruttivo dell’insediamento di VII- Cologno Monzese pubblicato nel 196845; esso è stato
VIII secolo. riconsiderato anche in successive ricerche 46 , ad
esempio a Montichiari, loc. San Zeno, sul quale mi
sono soffermato in un recente articolo47 o nel Saltus
popolazione locale. L’esempio della Chiesazza attesta Dedriensis (Drena, nel Trentino), dove possiamo iden-
invece che la chiesa sopravvive a lungo (almeno fino al tificare due poli dell’insediamento altomedievale (fig.
XV secolo con la funzione plebana) e continua ad 9). Quello di altura, dove uno scavo ha restituito mate-
accogliere sepolture, anche dopo l’abbandono degli riali dal VI secolo e una chiesa dedicata a San Martino,
insediamenti circostanti, che non sappiamo però dove provvista di un arredo liturgico alla fine dell’VIII secolo,
si siano trasferiti. è probabilmente identificabile con una curtis, sulla
In conclusione, l’archeologia di emergenza, più attenta quale sorgerà poi un castello annoverato tra i beni del
alle aree rurali (in occasione delle grandi opere infra- vescovo di Trento, nominato, nel 1037, funzionario
strutturali) che alla tutela dei centri minori, ha documen- imperiale. Ai piedi del castello, si sviluppa invece un
tato nelle campagne insediamenti longobardi di breve villaggio con attorno campi coltivati, prati (braida) e
durata (VI-VII secolo). Numerosi sono peraltro quelli di bosco (gahagium)48.
successo, ancor oggi esistenti, per i quali è necessaria
un’agenda della ricerca con i metodi dell’archeologia Manerbio (Brescia)
urbana, che preveda una valutazione della loro poten- Un bell’esempio è quello di Manerbio, nella pianura
zialità attraverso alcuni strumenti (topografia, topono- meridionale di Brescia, presso la strada romana Bre-
mastica, fonti scritte, prospezioni geofisiche) in grado di scia - Cremona e il fiume Mella. Si ipotizza, senza
fornire indizi su una presenza longobarda, che spetta peraltro alcuna prova, che provenga da questo centro
poi allo scavo stratigrafico confermare: è il caso di Chiari almeno una delle quattro epigrafi che ricordano il vicus
(Brescia), a pianta circolare e difeso da fossato (fig. 8), Minervii49. Nel comprensorio comunale di questo cen-
spalto e palizzata/siepe, un modello che nella Pianura tro sono numerose le testimonianze dell’insediamento
Padana è in genere attestato dal X al XIII secolo, ma in celtico e romano, mentre non ve ne è, finora, alcuna
questo caso è stato datato al VII-VIII secolo44. traccia nel nucleo antico del castello50, riconoscibile,
nella mappa napoleonica, nel dosso quadrangolare
3. Villaggi di successo circondato da fossato (fig. 10). Sembra però presen-
tare due fasi, la più antica corrispondente al settore
Dati archeologici, toponimi e paesaggi agrari testimo- nord, più largo e con angoli arrotondati, dove si trova-
niano comunità altomedievali basate su una gestione vano le chiese di San Lorenzo e San Martino. Lo scavo,

44 VENTURINI 2013 e in generale SETTIA, MARASCo, SAGGIoRo 2013. 50 Nel 1091, durante la contesa con Matilde di Canossa, Enrico IV
45 RoSSETTI 1968. occupa Minervia (DoNIZoNE, Vita Mathildis, in RRIISS, V, p. 371),
46 LUSUARDI, GIoSTRA (a cura di) 2012. identificata da oDoRICI 1855, IV, p. 180, con Manerbio, mentre è più
probabile si tratti della Rocca di Manerba, nella quale, nel settembre
47 BREDA 2007, riconsiderato in BRoGIoLo 2017, pp. 394-398.
del 1090, era presente Uberto, figlio del defunto conte di Parma
48 BRoGIoLo2016. Arduino (BETToNI 1880, III, n. 7), appartenente alla famiglia degli
49 CIL 4421. L’ipotesi deriva dal fatto che aveva proprietà a Manerbio Arduini (CASAGRANDE 1989) in stretti rapporti con la contessa Matilde
la famiglia Di Rosa di Brescia, che la conservava. (WIkIPEDIA, pagina Ugoni-Longhi, modificata il 20 sett. 2017).
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 65

Fig. 9. Drena. Toponimi (tra cui Gazzo e Breda) attorno al vicus e alla villa, sorti in piano, ai piedi del castello.

Fig. 10. Manerbio. Nel castello le chiese di San Lorenzo e di San Martino e, tra le due, l’area dove è stato sca-
vato l’abitato longobardo di VII secolo. All’esterno le località di Breda, Guato, Inziano, la chiesa di San Fau-
stino, a nord-est della quale si trova la località Gazzanega.
66 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

comunia, la cui proprietà, ancora nel 1192, veniva rife-


rita a un gruppo di arimanni. Contro le pretese dei
domini de Manervio, un teste sostiene infatti che i
domini de curte Manervii non sono universales; ci sono
alii milites, gli arimanni appunto, che tengono quei
boschi per diretta concessione dell’imperatore (ari-
manni… qui dicunt se debere tenere nisi per imperato-
rem)53. Anche a Manerbio i diritti degli arimanni, cui si
è già fatto cenno come sinonimo degli exercitales ricor-
dati nell’Editto di Rotari, continuavano ad essere riven-
dicati ancora alla fine del XII secolo.
Ritornando alla sequenza del centro storico, occorre
Fig. 11. Manerbio, capanne longobarde (da Breda 1986). menzionare il nucleo abitato di Inziano (“Scià”, in dia-
letto), dalla forma ovale, formatosi a nord-ovest del
castello; se il toponimo corrisponde a un prediale (Scil-
lianum in un documento del 104154), potremmo ipotiz-
zare (ovviamente in attesa di conferma) un iniziale
condotto da Andrea Breda nell’area tra i due luoghi di insediamento romano. Certamente successivo è il pro-
culto, ha documentato, direttamente al di sopra dei gressivo ampliamento dell’abitato che lo ingloba unita-
depositi alluvionali, quattro fasi di capanne in legno mente al castello.
(fig. 11) che hanno più volte mutato orientamento. La Questa organizzazione degli spazi produttivi con la
ceramica longobarda a stralucido, rinvenuta in asso- braida e il gahagium si ritrova in molti altri casi, a con-
ciazione a ceramica invetriata e grezza e a pietra ferma del successo di un buon numero di essi, tra i
ollare, consente di datarne l’avvio nella fase della con- nuovi insediamenti altomedievali. I più antichi si
quista, mentre una moneta di Ariperto I ne conferma la devono probabilmente a scelte attuate durante o
vitalità alla fine del VII secolo. subito dopo la prima fase della conquista, ma il ritro-
L’abitato si estendeva tra due chiese. Di San Lorenzo, varli in molte aree del regno, in quelle dell’alta pianura
attestata nel 1041 nella donazione del suo arciprete e del pedemonte come attorno alle sedi ducali e ai
Arderico in favore del monastero di San Pietro di castelli, suggerisce che sia proseguito nel tempo, a
Serle51, sono state documentate in uno scavo alcune conferma di un modello di sfruttamento integrato delle
murature, peraltro non datate; le sono state però riferite risorse del territorio. La condizione economica era
sei sepolture a fossa trapezoidale o antropoide prive di abbastanza simile a quella delle comunità più antiche,
corredo, sulle quali si impostò poi, tra XI e XII secolo, ma certo assai diversa rispetto al moltiplicarsi delle
l’espansione dell’abitato52. La chiesa dedicata a San aziende private rappresentate dalle ville romane. Ci
Martino, non più esistente e priva di riscontri archeolo- manca ancora, nei singoli territori, una quantificazione
gici, ha il medesimo titolo che, come si è ipotizzato per degli insediamenti di successo rispetto ai molti abban-
la Chiesazza, potrebbe nascondere una riconsacra- donati assieme all’azienda e ai nomi dei luoghi. Siamo
zione al culto cattolico. L’ipotesi che vi fossero, in età dunque ancora lontani da una valutazione economica
altomedievale, due distinti luoghi di culto (la chiesa complessiva: alla fine di questa evoluzione, quanto
battesimale cattolica di San Lorenzo e quella ariana misuravano gli spazi produttivi, quante persone erano
reintitolata poi a San Martino) necessita ovviamente di necessarie per coltivarli e quali rendite assicuravano,
una conferma. oltre al sostentamento degli addetti ai lavori?
Più concreti i toponimi altomedievali: a est dell’abitato,
oltre la strada romana, si estendeva un’ampia area pia- Averga e Fara Olivana (Bergamo)
neggiante denominata Breda, al limite nord-est della Un riequilibrio tra i vecchi insediamenti dei Romani e
quale sorse poi la chiesa di San Faustino in Breda, non quelli nuovi dei Longobardi lo esemplifica il diverso
lontano dal guado del fiume Mella. Presso il fiume, successo, in età medievale, degli abitati di Averga e di
dalle sponde ancora oggi parzialmente boscose, i Fara olivana, nella bassa bergamasca (fig. 12), un ter-
toponimi Gazzadiga e Gazzanega ricordano un gaha- ritorio strategico che possiede numerose testimo-
gium, da riconoscere nei nemora quae appellabantur nianze longobarde (da Fornovo San Giovanni a Fara

51 Cdlm, San Pietro in monte di Serle, 15. 53 oDoRICI 1857, VII, n. 230, 14 agosto 1192.
52 BREDA 1986, 1991, ma vedi anche BREDA 2008. 54 Cdlm, San Giovanni de foris, n. 37.
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 67

Fig. 12. Sulla carta militare austriaca sono posizionati: Averga, la necropoli di Carvaggio, Fornovo e i ritrovamenti di Fara olivana
(1. Abitato, 2. San Vito, 3. San Pietro, 4. Insediamento tardo antico, 5. Necropoli longobarda, 6. Necropoli La Tène D1, 7. Inse-
diamento tardo antico, 8. Necropoli romana).

Gera d’Adda, per citare i più importanti) all’interno di un Non abbiamo invece dati archeologici per il vicino abi-
sistema insediativo che risale all’età celtico-romana. tato di Fara olivana (fig. 14), il cui nome associa il ter-
Un chilometro a nord di Bariano, lo scomparso Averga mine “fara” a un aggettivo “Libani” forse derivato dal
(sulla base del toponimo derivato dal celtico “berga” e nome del proprietario di un fundus romano. Nella car-
del nome, pure celtico, di due individui ricordati in tografia storica si vede un nucleo antico, protetto da un
un’epigrafe), è considerato un vicus. Vi si conservano fossato, successivamente ampliato, all’interno del
in elevato due grandiosi ambienti, pertinenti a un com- quale sorgeva la chiesa di Santo Stefano, elevata al
plesso della prima età imperiale che si ipotizza pub- ruolo di pieve al posto di quella più antica di Santa
blico, riutilizzati il primo come chiesa plebana di Santa Maria di “Averga”.
Maria, il secondo come battistero di San Giovanni (fig. Nelle campagne circostanti Fara, dove sono invece
13). In rapporto ai due edifici sono state scavate più attestati i toponimi germanici “feld” e “braida” e le
fasi di sepolture, databili dal IV-V al XV secolo. La chiese di San Pietro e San Vito, è stata scavata una
prima comprende 15 tombe, una sola delle quali con- necropoli longobarda nei pressi di un più antico cimi-
teneva un’anforetta biansata e una coppa in ceramica; tero di età romana repubblicana, all’incrocio tra due
alla seconda, di età longobarda, sono state riferite cin- località contraddistinte da toponimi (Campetto e
que tombe a cassa (con murature miste, fondo in late- Valazza) che ne descrivono esclusivamente la morfolo-
rizi, intonacatura interna, copertura in lastre di grandi gia, senza alcun riferimento a un abitato. Una parte
dimensioni). In tre di esse è stata trovata una crocetta delle 113 tombe è stata depredata; solo alcune ave-
d’oro, una priva di decorazione e due con motivi orien- vano ancora un ricco corredo di armi con 9 spade, 8
tali (rispettivamente con tre figure danzanti sovrastate umboni e numerosi scramasax56.
da un erote e con grifoni), circostanza che ha suggerito “Fara Libana”, attestata con case nel 915, poi sede ple-
di attribuirle a un contesto di Romani55. bana e infine, nel XII secolo, comune rurale, è una

56 FoRTUNATI et alii 2014, pp. 150-160; FoRTUNATI 2017.


55 FoRTUNATI et alii 2014.
68 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

tombe di età tardo antica


tombe di età longobarda
tombe di età altomedievale
tombe di età medievale
in rosso edifici di età romana
in giallo ampliamento occidentale chiesa monastica

0 10 m

Fig. 13. Averga, la chiesa (da FoRTUNATI et alii 2014).

comunità di successo e sarebbe interessante, attra- necropoli e le altre due suggerite dai nomi delle due
verso l’archeologia, ricostruirne, come per Manerbio, chiese) inserite, al pari di Fara, in un preesistente inse-
la struttura e l’evoluzione in rapporto al probabile inse- diamento celtico-romano (fig. 12)57. All’interno di un
diamento di una fara longobarda. Ci aiuterebbe a riequilibrio che, secondo le fonti scritte della vicina
capire la minor fortuna non solo dell’abitato di Averga, Isola Brembana, è conseguenza dell’affermazione, nel
ma anche delle tre aziende (quella cui è riferibile la corso dell’XI secolo, di nuovi poteri che riorganizzano il

57 Ricco peraltro di testimonianze di età longobarda (BRoGIoLo 2007,


pp. 804-805).
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 69

storici58. I nomi dei luoghi possono infatti rientrare, a


pieno titolo, nella ricerca se si utilizzano non occasio-
nalmente, ma nel quadro di analisi sistemiche e
transdisciplinari59: l’interpretazione di un singolo topo-
nimo può anche essere sbagliata, considerati i tanti fat-
tori linguistici che ne condizionano l’evoluzione fone-
tica, ma non quando si ripetono sistematicamente e
hanno il conforto del dato archeologico.
In base alle ricerche condotte recentemente in alcuni
territori, solo parzialmente accennate, per limiti di spa-
zio, in questo contributo, credo si possano avanzare
alcune preliminari considerazioni:
(a) i Longobardi si inserirono in un popolamento rurale
nel quale le comunità (che gestivano beni comuni) e le
aziende private coesistevano da lungo tempo, almeno
dalla romanizzazione. Alcuni gruppi, che potrebbero
corrispondere alle “fare” e che dall’VIII secolo si quali-
ficano come arimanni, ottennero in “usofrutto” beni che
gestirono in comune, nel quadro della hospitalitas cui
fa cenno Paolo Diacono;
(b) l’archeologia mostra, per la maggior parte degli
insediamenti longobardi, una notevole mobilità, anche
Fig. 14. Fara olivana, l’abitato nella mappa napoleonica. se il dato è sovrastimato in assenza di scavi in abitati di
successo. Inoltre, mancano ancora sintesi sulle fonda-
zioni del VII secolo avanzato e dell’VIII secolo, quando
territorio fondando castelli, nei quali si trasferiscono, l’assenza di corredi funerari ci priva di cronologie e si
più o meno spontaneamente, molti tra quanti vivevano accompagna all’incertezza delle datazioni assolute;
negli insediamenti sparsi nelle campagne. (c) da approfondire e quantificare è anche la tipologia
degli insediamenti: quanti sono simili a quello polifo-
4. Tra fonti scritte e archeologia cale di Goito, loc. Chiesazza, e quanti all’abitato tra le
due chiese di Manerbio o a quello accentrato di Chiari
Le fonti scritte, alle quali si è accennato all’inizio, sugge- che, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere
riscono una serie di domande, alle quali solo gli archeo- il risultato dell’evoluzione di un originario insediamento
logi possono dare una risposta: è possibile individuare aperto?
sul terreno le “fare”? Riusciamo a riconoscere, nelle (d) se dall’abitato ci spostiamo all’organizzazione di un
modalità dell’insediamento, traccia del sistema della territorio, l’impressione è che, laddove non interven-
tertia? Qual era la condizione giuridica delle proprietà nero situazioni ambientali sfavorevoli, come in alcune
da occupare: beni fiscali e/o aziende espropriate ai pro- aree di pianura, oggetto di sconvolgimenti ambientali e
prietari romani? E la loro struttura sociale, con al vertice dove fu indispensabile una radicale riorganizzazione, i
gli uomini liberi e il sottostante entourage di aldii e servi, nuovi arrivati non stravolsero l’insediamento preesi-
è rilevabile, oltre che nei cimiteri, anche negli abitati? stente. Si stabilirono sia nelle aziende romane con pic-
Alcune risposte sono possibili sulla base di ricerche coli nuclei, molti dei quali fallirono, sia in aree abbando-
sistematiche che non solo leghino tra loro insediamenti nate o di nuova conquista, con un’economia basata
e cimiteri longobardi, ma analizzino un intero bacino sull’integrazione dell’agricoltura con l’allevamento e lo
insediativo nella lunga durata. Laddove è ancora rico- sfruttamento del bosco. Molti di questi insediamenti
noscibile, una base territoriale utile è quella del pagus, ebbero successo, ed è su questi, sinora trascurati, che
organismo che sopravvive fino almeno alle fasi finali si dovrebbe concentrare la ricerca archeologica, con
dell’impero. In questa prospettiva, oltre al dato archeo- una prima fase di valutazione che tenga conto delle
logico, occorre a mio avviso recuperare la toponoma- fonti scritte più tarde e della toponomastica e successi-
stica, superando gli ormai superati anatemi di alcuni vamente con gli strumenti dell’archeologia;

58 Su cui vedi GASPARRI 2006. 59 Come nella storiografia inglese (JoNES 2015; GELLING 2011).
70 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

(e) centrale è anche la relazione tra insediamenti, logici confermano come siano state portate dai nuovi
necropoli e chiese (cattoliche e ariane): come interpre- arrivati, soprattutto longobardi.
tarne l’assenza in molti insediamenti e necropoli di fine Sebastian Brather62 ha recentemente analizzato crono-
VI e VII secolo e fino a che punto, dove vennero logia, varianti costruttive, ingressi, funzioni in relazione
costruite, rappresentarono un elemento di stabilità. a focolari e forni, divisioni interne, distanze e aree pro-
Nel loro insieme queste osservazioni ci aiutano a duttive delle capanne dei piccoli insediamenti rurali in
inquadrare i problemi delle modalità e le caratteristiche Slovacchia, Polonia, Moravia e Germania. Secondo lui
sociali dell’insediamento longobardo, ma per com- questi insediamenti sono riferibili a gruppi familiari o
prenderne le caratteristiche occorre anche valutarne il parentali che gestiscono in comune le aree produttive;
livello economico. Rispetto al popolamento tardoan- inoltre le capanne seminterrate, il tipo più diffuso, sono
tico, appare assai più basso, conseguenza di un regno in parte abitazioni in parte annessi.
longobardo che rimase, almeno fino al VII secolo, poli- Anche in Italia le architetture erano prevalentemente in
ticamente ed economicamente frammentato e non riu- legno. Nell’Editto di Rotari ben tre capitoli le riguardano
scì mai ad estendersi all’intera Italia: una situazione espressamente, prevedendo pene per chi rubi una
dunque assai diversa rispetto non solo al tardo impero, trave o una scandola da una casa o danneggi o faccia
ma allo stesso regno dei Goti, che controllava gran crollare una cassina o un tectum (tettoia) fuori da una
parte delle terre affacciate sul Mediterraneo nord-occi- corte 63 . Le caratteristiche tecniche ne favorivano
dentale. È in questa prospettiva, oltre che per la fine senza dubbio lo spostamento, ma questo non spiega
delle aristocrazie tardoantiche (un aspetto su cui si è la mobilità, testimoniata dagli abbandoni, più o meno
peraltro riflettuto più volte 60), che si spiega il venir rapidi, di molti insediamenti rurali, che sembra indicare
meno delle architetture residenziali di qualità, in grado una scarsa resilienza di fronte a imprevisti.
di attivare un mercato complesso di artigiani e mate- Per completare il quadro del popolamento in età longo-
riali. Di questa distinzione erano perfettamente consa- barda è peraltro necessario sviluppare ulteriori ricerche
pevoli i contemporanei, che distinguevano tra un’archi- sull’avanzato VII e VIII secolo, quando con la fine della
tettura “gallicana” (in legno o terra) e una in “opera mobilità del periodo precedente e con lo spostamento di
romanense” o quadrata, per le quali il riferimento, alcuni centri religiosi e di potere nei nuovi insediamenti
come ha osservato Alexandra Chavarría Arnau61, sem- di successo, non solo si realizzò un riequilibrio, ma ven-
bra essere non ai Romani antichi ma a quelli del VI-VII nero pure assorbite alcune delle peculiarità dell’organiz-
secolo sotto il controllo dell’impero, che gli storici zazione sociale e di cultura materiale introdotte dai Lon-
hanno ribattezzato “bizantini”. Una definizione storio- gobardi. Quelle espresse nella ritualità della morte fini-
grafica, questa, che ne accentua un’estraneità rispetto rono con la conversione al cattolicesimo e il più tardo svi-
ai Romani che vivevano nei regni barbarici, non perce- luppo, presso le chiese, dei cimiteri cristiani. La cultura
pita dalle fonti contemporanee. materiale, soprattutto quella delle architetture residen-
onnipresente, non solo nelle campagne ma anche ziali “povere” rimase attiva più a lungo, in aree marginali
nelle città, è l’architettura “povera”. Rigettando le attri- fino all’età moderna, ma scomparvero le capanne
buzioni a squatter o a Romani convinti che abitare in seminterrate. Espressione del livello sociale più basso
capanne fosse più confortevole rispetto alle ville con i della società longobarda, quello dei servi, furono sosti-
mosaici, sembra più corretto riferirle a contadini, liberi tuite da residenze meno precarie, nel quadro di una
o servi, che continuavano a lavorare la terra. E per ripresa economica, testimoniata, nell’VIII secolo, dal fio-
quanto riguarda le capanne seminterrate, i dati archeo- rire degli investimenti nelle architetture religiose.

60 BRoGIoLo , CHAVARRíA ARNAU 2005 e, più in generale, WICkHAM 62 BRATHER 2016.


2005. 63 Roth. 289, 379.
61 CHAVARRíA ARNAU 2018, pp. 154-155.
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale 71

Abstract
L’insediamento dei Longobardi nelle campagne tra mobilità e riequilibrio territoriale
Le fonti scritte, in particolare l’editto di Rotari e Paolo Diacono, ci offrono più spunti di riflessione sullo stanziamento dei Longo-
bardi in Italia, sia sulla hospitalitas, sia sul significato di alcuni termini (“fara”, “exercitales”, “arimanni”) che alludono alla loro
composizione sociale.
La sfida per l’archeologo è confrontare queste informazioni con le interpretazioni desunte da autonome agende di ricerca, sem-
pre più complesse se frutto di indagini sistematiche. In questa sede si discutono un paio di aspetti: il primo relativo all’individua-
zione, negli insediamenti, di quanto suggerito dalle fonti scritte; il secondo sul grado di mobilità, tra breve durata di alcuni siti
(abitati e necropoli) e successo di altri.

Longobard settlement in the countryside: mobility and territorial re-equilibrium


Written sources, in particular the Edict of Rothari and Paul the Deacon, provide a number of points for reflection on the Longob-
ards’ distribution in Italy, regarding “hospitalitas”, and the meaning of certain terms (“fara”, “exercitales”, “arimanni”) that refer to
their social composition.
The challenge for the archaeologist is to compare this information with the interpretations derived from independent research
agendas, which are increasingly complex if they are the result of systematic investigations. Here a couple of aspects are dis-
cussed: the first concerns the physical identification in settlements of what is suggested by written sources; the second the
degree of mobility, given the short duration of some sites (residential and funerary) and the success of others.
72 Città e campagna: culture, insediamenti, economia (secc. VI-IX)

Bibliografia

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