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La programmazione sociale, principi metodi e strumenti.

MERLO

CAP. 1
1.1.Politica, pianificazione e programmazione:

la programmazione nasce da una visione politica che indica orientamenti e obbiettivi, dimensionandola
come atto conseguentemente tecnico. Dal punto di visto teorico è un principio che rimanda al principio di
separazione tra sfera politica e gestionale e tra attività di indirizzo e controllo e attività di gestione.
Utilizzeremo in modo intuitivo il termine di politica, per intendere coloro che detengono il potere e la
responsabilità delle decisioni sulle politiche pubbliche e il particolare sulla redistribuzione delle risorse
materiali e immateriali.
In questo senso la programmazione è uno degli strumenti di una politica pubblica intesa come “un costrutto
socio istituzionale complesso e deliberato”. Le definizioni di politica pubblica per Howlett e Ramesh sono
varie e contrastanti, ma possiamo evidenziarne alcuni elementi. Innanzitutto l’attore decisivo del policy
making è il governo, ciò significa che le decisioni imprenditoriali private o decisioni prese da organizzazioni
di beneficienza, gruppi di interesse, individui non sono politiche pubbliche quando parliamo di politiche
pubbliche, parliamo delle azioni dei governi.
Il termine governo deve essere interpretato nella sua accezione più ampia, comprendendo le molteplici
articolazioni dello stato nelle diverse competenze e nei vari poteri loro attribuiti. Per gli autori anche
l’operato dei tecnici non può essere considerato politica pubblica “ la soluzione proposta dai professionisti
non costituisce di per sé una linea di politica pubblica; politica pubblica è l provvedimento preso dagli
organi di governo. Secondo gli autori, difficilmente il governo affronta il problema con una singola
decisione, di solito ne servono molteplici. Ne deriva una definizione delle politiche pubbliche come
comportamento del governo finalizzato a uno scopo, e messa in campo dei mezzi per raggiungerlo. Nella
distinzione weberiana tra scopo e mezzo, quando parliamo dei mezzi per raggiungere l’obbiettivo di una
politica pubblica e del grado di efficacia con cui riescono a raggiungerlo, possiamo individuare una fase e un
campo separati che vanno a costituire la programmazione pubblica, distinguendola dalla fase della
decisione (politica).
Anche nei processi di decision making si possono distinguere due momenti e attori: chi forma le decisioni e
che prende le decisioni.
Solo in astratto la programmazione è un atto separato dalle decisioni: è un momento in cui i due momenti
si rincorrono e si autoalimentano soprattutto nella fase di conoscenza delle diverse opzioni relative al
fenomeno che si vuole affrontare.
Si tratta di responsabilità cui corrisponde un potere tutt’altro che differente e che derivano non solo dalle
enormi abilità e competenze, ma anche dalla loro persistenza nel tempo, che avvantaggia gli stessi
funzionari della burocrazia rispetto all’esecutivo eletto.
In questo rapporto tra tecnica e politica si possono individuare due fattori discriminanti: la competenza,
cioè la conoscenza analitica del fenomeno, e la forza dell’indirizzo politico.
Nel campo della programmazione sociale vi è il caso della sanità, in cui la distinzione è difficile a causa
dell’attuale natura delle ASL, che be rende confusa la potestà programmatoria: da un lato non sono
istituzioni politiche legittimate a scelte che si riflettono sulla vita dei cittadini, dall’altra hanno autonomia.
Nell’uso quotidiano del termine programmazione e pianificazione, vengono usati nel senso di prevedere
qualcosa e preparare un intervento. Si tratta di un’attività naturale dell’uomo che si estende dal personale
al collettivo. Queste sono attività che affondano le loro radici nell’urbanistica. Il termine stesso di
pianificazione indica l’attività processuale, di tipo concettuale e empirico che si conclude con la redazione di
un piano contenente indicazioni a carattere tecnico-amministrativo. Nel tempo, il termine pianificazione ha
trovato applicazione in altri settori, assumendo significati diversi in relazione al suo contenuto. Si avrà una
pianificazione economica se l’oggetto è costituito da problemi riguardanti la produzione di beni e servizi; la
pianificazione è un meccanismo di ideazione, collaborazione, attuazione e verifica degli interventi
espressione della discrezionalità amministrativa.
dal loro canto Gomez e Requena parlando del sociale, indicano come la programmazione presupponga una
visione generale che superi il contingente nonchè un potere di orientamento. Funzioni che nella società
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sono tipiche dello stato: la programmazione pubblica presenta caratteristiche di centralizzazione e
asimmetria, contrapponendosi alle forme di autoregolazione tipiche del mercato.
Politiche, funzioni dello stato, centralizzazione, asimmetria e autoregolamentazione del mercato sono temi
che impattano tutta la tematica della programmazione. La programmazione è lo strumento operativo di una
politica tramite cui certi soggetti cercano di influenzare la dinamica di un sistema, orientandolo verso
obbiettivi prefissati e l’utilizzo di strumenti adeguati.
Il favore per il termine “programmazione” è da attribuire alla connotazione ideologica del termine di
pianificazione sociale, soprattutto se riferito all’attività degli ex paesi dell’Unione Sovietica.
Per questo il termine è stato associato all’immagine di una società centralizzata, altamente burocratizzata.
A livello terminologico si può distinguere tra pianificazione intesa come processo strutturato su tempi
lunghi, in cui vengono n definite le relazioni con l’ambiente esterno e le politiche generali di intervento, con
obbiettivi ed effetti in periodi brevi, esponendo le modalità da seguire e gli strumenti da utilizzare.
Coraglia e Garena, parlando dei servizi sociali e sanitari, associano al termine programmazione un
significato di sequenze di decisioni in base alle capacità di rilevare i bisogni ed evidenziarne le priorità, di
fissare gli obbiettivi e individuarne le alternative. Tegno evidenzia come tra piano, programma e progetto,
in una catena che si muove dal macro al micro, obbiettivi e soluzioni non sono altro che i fini e i mezzi delle
diverse attività previste dal processo. La pianificazione inizia specificando parti complesse per scomporle in
frazioni più semplici e dettagliate. A livello europeo il sistema di programmazione si è progressivamente
modificato e affinato nel tempo, mantenendo sostanzialmente il medesimo sistema concettuale e
terminologico:
- Piano di sviluppo: l'analisi della situazione tenuto conto degli obiettivi e delle esigenze per
prioritarie connesse al conseguimento di tali obiettivi nonché la strategia e la priorità di azione
previste, i loro obiettivi specifici e le relative risorse finanziarie indicate;
- Programmazione: il processo di organizzazione, decisione e finanziamento effettuato per fasi
successive e volto ad attuare l'azione dei membri al fine di conseguire gli obiettivi; Programma
operativo: fissa una strategia di sviluppo con una serie coerente di assi prioritari articolati, dal
realizzare con misure pluriennali;
- Asse prioritario: ciascuna delle priorità strategiche contenute in un programma operativo
comprendente un gruppo di operazioni connesse tra loro cui si accompagnano le corrispondenti
risorse finanziarie, nonché una serie di obiettivi specifici misurabili;
- Misura: lo strumento tramite il quale un asse prioritario trovato azione su un arco di tempo
pluriennale e che consente il finanziamento delle operazioni;
- Operazione: ogni progetto o azione realizzato dai beneficiari finali degli interventi che consente il
conseguimento degli scopi dell’asse prioritario a cui si riferisce.

1.2 progettazione:
Appare difficile in astratto distinguere la progettazione della programmazione, cioè definire quando si parla
di un progetto complesso, magari articolato in diverse sotto azioni, o di una strategia generale: è il
“paradosso del sorite”. In generale, un progetto viene visto come un’entità autonoma che parte da una
precisa e delimitata esigenza di cambiamento, introduzione di novità viene realizzazione o sperimentazione
di nuove opportunità o servizi. Nel nostro campo un progetto può essere uno strumento di una strategia
che ha caratteristiche di generalità e complessità di cambiamento, coinvolge un numero spesso molto
articolato di attori e può comprendere anche molti altri elementi. Nel rapporto con la programmazione,
Bruni sottolinea come “un progetto è definito dal contribuire e dal realizzare una finalità, da un obiettivo
concreto e misurabile, si suddivide a sua volta in fasi e tempi, si esplicita in un complesso di attori, risorse
azioni. La progettazione traduce il percorso delineato nella programmazione sociale in una serie di obiettivi
concreti che consentono di soddisfare le finalità della pianificazione sociale. Archibugi invece, sottolinea la
dimensione temporale per cui un programma ha una dimensione prolungata e tende a protrarsi nel tempo
e un progetto ha dimensione più ristretta e una chiara definizione del suo inizio e della sua fine. La storia
della progettazione in campo sociale ha oramai un'ampissima letteratura e documentazione che spazia
degli aspetti più generali fino ad arrivare a specifici manuali. Sono materiali e strumenti di grandissimo
interesse anche per la programmazione in quanto rimandano a schemi logici operativi ormai ben
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consolidati ma che difficilmente possono essere utilizzati direttamente, anche solo perché l'ordine di
grandezza dei temi e dei problemi tipici della programmazione li rende inadeguati e ne palesano il loro
necessario pragmatico schematismo.

1.3 Regolazione:
Si può parlare di regolazione quando si ha una restrizione intenzionale della scelta nell’attività di un
soggetto operata da un'entità esterna che in campo pubblico diventa la guida con mezzi amministrativi di
un'attività privata nell’interesse pubblico in campo economico, lo stato regolamenta l'attività delle imprese
nel tentativo di proteggere i lavoratori, i consumatori e l'ambiente, assicurare un ordinato funzionamento
dei mercati, mentre in campo sociale disciplina, innanzitutto, sia i comportamenti degli individui che quelli
delle istituzioni e delle imprese, soprattutto attraverso lo strumento legislativo, realizzando due sotto
funzioni: orientare il loro comportamento nella direzione desiderata, risponde ai fallimenti del mercato. Il
termine può avere anche un significato più ristretto: quello di definire regole per modificare o disciplinare i
specifici fatti o fenomeni in base a determinate esigenze. In quest’ottica si possono richiamare alcuni
elementi caratteristici della regolazione pubblica indicata da La Spina in campo economico: un soggetto
pubblico dotato di potere coercitivo; L'intento di modificare il contesto d'azione e in definitiva il
comportamento di altri soggetti; La definizione ufficiale di certi valori, beni, vengono interessi, posizioni
come meritevoli di tutela. La regolazione pubblica è un'attività che si attua attraverso l'emanazione di
norme che sono una delle più potenti leve della programmazione. Nel nostro campo gli ambiti in cui si
esplicitano le forme di regolazione si riferiscono essenzialmente da una parte ai singoli individui e dall'altra
al sistema economico: i comportamenti individuali; Alcune forme di produzioni particolari di particolari
beni, attività e servizi; La tutela della qualità di prodotti dei sistemi produttivi nonché la disponibilità e il
prezzo di beni servizi socialmente meritevoli.
Per la Spina esiste una vasta gamma di opzioni regolative. Possiamo immaginare un continuum che va dalle
azioni meno intrusive, meno modificative della condotta dei privati, man mano fino alle opzioni più
invadenti, vincolanti e restrittive, nonché opzioni basate sulla volontarietà che mirano a tenere la condotta
desiderata senza predisporre alcun tipo di sanzione o dei servizi sociali e opzioni di incentivo in campo di
regolazione pubblica attraverso l'erogazione di un beneficio per indurre il soggetto a modificare la propria
condotta. A questo proposito vale la pena riprendere l'attenzione che gli autori pongono sui rischi della
iper-regolazione quando la produzione normativa pubblica diviene quantitativamente eccessiva,
suggerendo che ne venga fatta una valutazione ex ante ex post per scegliere l'opzione meno onerosa per i
destinatari. Questa annotazione sui pericoli della iper-regolazione si pone all'incrocio tra le competenze
politiche e quelle tecniche: mentre le prime definisco e indicano le motivazioni di un intervento regolativo
in un determinato campo, le seconde devono trovare le soluzioni affinché queste questo avvenga nella
maniera più efficiente ed efficace possibile. Buona parte delle critiche alla burocrazia nascono proprio dalle
forme di iper-conformismo dei tecnici nelle loro responsabilità e concreta applicazione delle norme. Si
utilizza l'espressione regolazione programmatoria quando il potere pubblico intende regolare l'azione di
soggetti esterni al fine di collegarla con la propria per perseguire obiettivi di rilevanza collettiva. Cioè
avviene quando vi è una mutua convenienza a cooperare tra poteri pubblici privati o un'assunzione di
finalità pubbliche da parte del privato.

1.4. Promozione e sostegno:


con il termine promozione ci si riferisce ad azioni similari come: dare inizio o proporre qualcosa di nuovo,
fare in modo che qualcosa insorga con particolare intensità oppure che questa venga aumentata, mettendo
in atto una serie di azioni e intervento al fine di far progredire qualcosa di già presente. È un’azione che può
svilupparsi sia sul versante dei singoli sia quello delle organizzazioni.
Seguendo il pensiero di Sien si potrebbe dire che la promozione e il sostegno possono essere indirizzati sia
verso il “funzionamento” sia verso la capacitazione.
Per Bosi è chiaro il rapporto con la corrente di pensiero dei teorici dello sviluppo umano, con particolare
riguardo a Sen e Nussbaum: “nasce così un nuovo paradigma di Stato sociale in cui l'idea di equità e di
giustizia fondativo di sistemi di welfare deve portare alla valorizzazione della capacità di ciascuno individuo
che viene così messo in grado di esercitare il proprio progetto di vita”. È il superamento del welfare fordista
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che prendendo in considerazione i risultati dell’agire socio economico cerca di intervenire a favore degli
svantaggiati senza però fare riferimento ad altri aspetti quali i progetti di vita o la previsione di difficoltà.
Così come nel campo delle politiche del lavoro, possiamo riformulare il senso che diamo all'espressione
“politica attiva” intendendola come “politica di attivazione”, in contrapposizione con quelle passive che
mirano a ridurre il disagio sociale connesso alla disoccupazione attraverso sistemi di protezione sociale e
meccanismi di sicurezza. In questo senso la strategia europea occupazionale ha rappresentato una vera e
propria svolta, ponendo come principio politico l'obiettivo della prevenzione e dell’attivazione precoce nelle
politiche occupazionali, nella convinzione che le sole politiche passive non permettano di risolvere la
disoccupazione in modo definitivo attraverso strumenti quali: ricerca attiva, l'incrocio di domanda e offerta,
formazione, la riqualificazione.

1.5. Programmazione sociale:


Il tema di cosa siano le politiche sociali e la conseguente programmazione è vasto in continua evoluzione,
con progressivi allargamenti di ottica. Pur nell’incertezza nell’utilizzo dei due termini, politica e programma,
nel nostro campo si può dire che la politica sociale e ciò che lo stato fa per il benessere dei cittadini, in
risposta a un determinato rischio sociale a partire da alcuni principi di base e attraverso un insieme di
specifiche norme in modalità operative che coinvolgono sfere sociali differenziate. Si parla di benessere e
rischio, termini antitetici, che lasciano aperta la discussione su quale possa essere il contenuto e i modelli di
intervento. Storicamente il welfare è stato prevalentemente visto come un costo per la società nel
tentativo di riparare le distorsioni dello sviluppo economico e sociale quando questo non garantisce la
sicurezza delle persone e in particolare quando vieni incontro a segmenti di popolazione emarginati. Le
risposte la chiarezza la richiesta di sicurezza sono state storicamente, geograficamente, culturalmente e
politicamente diverse, fino all' affermazione dell'universalismo delle prestazioni. per oltre un secolo
l'approccio ideologico e quello pragmatico hanno convissuto in armonia, ma soprattutto da quando la spesa
connessa è progressivamente aumentata sono iniziate obiezioni di fondo. Negli ultimi vent'anni a livello
mondiale ed europeo ha preso forma e consistenza un dibattito sul rapporto tra sviluppo economico,
equità sociale e rispetto dell'ambiente in un’ottica ancora ispirata a un principio di solidarietà, piuttosto che
a una sostenibile ricerca della compatibilità economica. Si possono rintracciare tre modi differenti,
sviluppatesi per parti successive.
1. La giustapposizione tra sviluppo economico e coesione sociale, tipica dell’orientamento esortativo
della strategia di Lisbona che invita gli Stati membri a prendere in considerazione gli aspetti sociali
in sede di programmazione, sviluppo e attuazione delle rispettive politiche e iniziative. Un modo
ideologico di tenere insieme due approcci profondamente diversi per quanto riguarda il sistema di
valori, le priorità e gli obiettivi. Dal momento che si parla di politiche pubbliche, i costi della
coesione sociale vengono principalmente sottratti dalla ricchezza prodotta, mentre si cerca una
forma di responsabilizzazione dell’apparato produttivo, affinché nella propria programmazione
tenga conto anche degli aspetti di coesione della società.
2. La valutazione delle ricadute sociali dei piani di sviluppo economico, come modalità essenzialmente
pragmatica che pone le risultanze di carattere sociale come variabile dipende anche dalla
programmazione dello sviluppo. Assunto che lo sviluppo economico produttivo si basa sulla
creazione di profitto e valore economico, ci si domanda quali saranno le modificazioni che questo
produrrà sul tessuto sociale, e pertanto si elaborano modelli di osservazione per analizzare ed
eventualmente mettere a punto azioni per prevenirle e contrastarle. Si passa da semplici indicatori
di sviluppo economico ad indicatori più complessi articolati, quali quelli relativi alla qualità della
vita. Le politiche sociali assumono allora una funzione di regolazione dello sviluppo al fine di ridurre
il costo sociale o semplicemente di riparazione del danno. Nel primo caso la regolazione tende a
ridurre l'autonomia e l'arbitrio economico, nel secondo la società se ne assume i costi attingendo
alla fiscalità.
3. Il sociale come valore capitale di un di un territorio, capacità di attrazione di investimenti motore di
sviluppo su differenti aspetti. Il primo vede il capitale umano e sociale come precondizione per lo
sviluppo territoriale come importante risorsa per le imprese in contrapposizione a territori a scarsa
coesione sociale. Un secondo ha a che fare con la presenza di infrastrutture sociali le cui carenze
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rendono più difficile la vita degli individui, si ripercuote sull’assiduità della presenza sui luoghi di
lavori. Un terzo aspetto richiama il fatto che i servizi sociali sanitari rappresentano già oggi una
notevole opportunità di lavoro nel sistema pubblico o privato. Si nota che il sociale avendo una
bassa intensità di capitale a tecnologia produce a parità di investimenti maggiori posti di lavoro
rispetto ad altri comparti e maggiore ricaduta sul territorio, mentre in un’ottica generalistica, esiste
ancora una domanda non soddisfatta che può essere interpretata come potenziale di impresa.
Questi aspetti portano ad un approccio che tende a coniugare lo sviluppo economico e la coesione
sociale nella programmazione territoriale, spostando il punto di vista delle scelte di carattere
tipicamente politico a una visione più pragmatica. Al di là dell’adozione di un punto di osservazione
diverso, è una concezione che si basa sulla considerazione di una serie di fattori che negli ultimi decenni
ha modificato profondamente l’assetto sociale: una generale trasformazione della società, sempre più
orientata alla terziarizzazione, una modificazione della cultura e della struttura sociale, cambiamenti
demografici, un aumento dei costi del sistema pubblico, la presenza di una forte immigrazione con
l’offerta di manodopera disponibile a lavori totalizzanti e poco appetibili per il nostro stile di vita,
l’evanescenza dei conflitti di inclusione di conflitti tra inclusione ed esclusione, tra sicurezza e
vulnerabilità, un allargamento del cosiddetto quasi mercato con lo sviluppo di organizzazioni del terzo
settore. Secondo questo approccio la coesione sociale e lo sviluppo economico non appaiono più
contrapposti, giustapposti, o l'uno dipendente dall'altro, ma coniugare un sistema di valori sociali con
quelli economici può produrre un aumento del capitale individuale sociale, con un possibile vantaggio a
livello sia macroeconomico che microeconomico.

1.6. Perimetro di osservazione e programmazione:


Il termine di coesione sociale, inclusione e conseguentemente degli interventi programmatori assume
connotazioni molto ampie, con un superamento della storica concezione di azioni rivolte a soggetti in
difficoltà o a fasce emarginate per guardare la popolazione generale. Si tratta di definire quale
perimetro di osservazione e programmazione si vuole adottare, in quanto si può spaziare dallo sviluppo
complessivo della società ai singoli temi.
La programmazione presuppone un soggetto pubblico dotato di un potere definito dalla legge. è il
concetto di giurisdizione e competenza che definisce la sfera di poteri e facoltà di uno specifico organo,
in particolare su tre aspetti: il potere di emanare disposizioni, quello di agire e spendere e il territorio su
cui agire. La definizione del perimetro di osservazione e programmazione deriva da due elementi
fondamentali: le scelte e l'intenzionalità della politica di occuparsi di una certa materia, ma anche la
competenza amministrativa. Per questo risulta estremamente importante definire per ciascun organo e
livello di intervento i contenuti e i limiti delle possibili azioni. A livello europeo la questione ha avuto la
sua ultima definizione con il trattato di Lisbona del 2010. A livello italiano la questione della
competenza tra i diversi livelli dell’organizzazione dello Stato trova la sua definizione nella riforma del
titolo quinto della costituzione del 2001, mentre dal punto di vista dei contenuti occorre partire dal
decreto legislativo del 31 Marzo del 1998 numero 112, che relativamente alla tutela della salute parla di
funzioni e compiti rivolti alla promozione, alla prevenzione, al mantenimento e al recupero della salute
fisica e psichica della popolazione, definisce come “servizi sociali” tutte le attività relative alla
predisposizione ed erogazione di servizi gratuiti e a pagamento o di prestazioni economiche.
Successivamente la legge 328/2000 definisce come le politiche sociali promuovono il diritto al
benessere, a sviluppare e a conservare le proprie capacità fisiche e a svolgere una soddisfacente attività
di relazione, affermando il passaggio da un approccio di tipo riparativo, alla creazione di un sistema di
protezione sociale attivo che cerca di promuovere il benessere della comunità e delle persone che la
abitano. Dal punto di vista dei contenuti sociali, il Primo Piano Nazionale degli interventi 2001-2003
definisce 5 punti di intervento in cui sviluppare servizi e prestazioni a livello locale: valorizzare e
sostenere le responsabilità familiari, rafforzare i diritti dei minori, potenziare gli interventi di contrasto
alla povertà, sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti. Nei successivi diversi
rapporti sulle politiche contro la povertà e l'esclusione sociale si prendono in considerazione man mano
quelle esplicitamente assistenziali. Mentre il quadro strategico nazionale indica l'occupazione, lo
sviluppo delle risorse umane e l'inclusione sociale. Dal punto di vista delle dimensioni economiche,
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complessivamente tra protezione sociale, sanità, assistenza e ammortizzatori sociali a cui vanno
aggiunte le spese per l'istruzione per le politiche dell’abitazione, si tratta da della parte più rilevante
della spesa pubblica del paese.

1.7. ambiti territoriali di programmazione:


Possono essere definiti ambiti territoriale di programmazione gli spazi fisici, spesso corrispondenti alle
partizioni amministrative su cui insistono le politiche e la programmazione conseguente. La scelta di
uno specifico ambito territoriale può discendere da diversi elementi di carattere amministrativo,
politico e pragmatico e operativo. Una politica e un programma che insistono su un determinato
ambito territoriale hanno infatti come obiettivo quello di intervenire su un aspetto della vita sociale che
viene visto come unitario in quello stesso ambito territoriale. In Italia le politiche previdenziali hanno un
ambito territoriale nazionale in quanto si ritiene che tutti i cittadini italiani debbano avere gli stessi
diritti e le stesse condizioni a livello nazionale. In campo sanitario la questione è più articolata, in
quanto esiste un servizio sanitario nazionale e la normativa prevede la determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale, ma le regioni hanno ampia autonomia normativa, economica, gestionale e
operativa. Nel campo dei servizi sociali la questione è meglio definita in quanto la competenza è a
livello locale, eccetto per la determinazione dei livelli essenziali. Il rapporto tra servizi sociali e sanitari
spesso presenta alcuni problemi per la mancata corrispondenza in alcuni territori dei rispettivi ambiti
territoriali di programmazione.

1.8. Programmazione per tema e di ambito:


La programmazione sociale si occupa di temi e problemi molto differenti che rimandano a due approcci.
Da una parte vi è un approccio che chiameremo “di tema”, in quanto parte da una specifica
problematica o da una precisa condizione dei soggetti interessati, della scarsezza o la mancanza di
distribuzione dei beni. Dall'altra parte troviamo un approccio che, partendo da una visione generale
delle società, si occupa di specifici territori nella logica di modificare complessivamente in meglio le
condizioni di chi ci vive, che chiameremo “di ambito”. Ovviamente le modalità sono interconnesse e
inscindibili ma si ribaltano su modelli operativi della programmazione in quanto si potrebbero definire
una specialista, e l'altra generalista. Al di là della distinzione concettuale, è un problema di competenze
sia sul versante del “a chi compete” che del “chi conosce” : nella programmazione per tema vi sono
attori come strutture pubbliche, private, esperti, componenti sociali che costituiscono stakeholder
primari, principali, ben individuabili limitando in questo modo la complessità del campo, mentre in
quella di ambito appare difficile definire chi siano gli stakeholder principali in quanto in qualche
maniera tutti ne sono coinvolti.

CAP. 4 I MODELLI DI PROGRAMMAZIONE

4.1. il modello Sinottico:


La programmazione della prima parte del secolo scorso è connaturata al ruolo centrale dello Stato con
una programmazione centralizzata e razionale che prevede uno schema a cascata. Questa concessione
parte essenzialmente da due assunti di base: vi è un'unica entità di programmazione che definisce gli
obiettivi, assicura di piena coincidenza dell'interesse collettivo con quello individuale e quindi anche i
criteri valutativi; Tale entità possiede una conoscenza completa, complessiva, sintesi dei differenti punti
di vista del problema che la programmazione intende risolvere. Il ciclo della programmazione segue
uno schema logico ben definito in cui ogni passaggio è determinato da scelte di tipo razionale con forte
prevalenza degli aspetti tecnici:
Analisi della situazione dei bisogni; Definizione degli obiettivi; Selezione degli obiettivi secondo scelte di
valore chiaramente espresse; Analisi di strutture di tutte le alternative di intervento e loro confronto in
termini di costi benefici; Scelta dell'alternativa che permette la massima possibilità di raggiungere
obiettivi specifici e di minimizzare i costi; Costruzione del piano.
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Una razionalità intesa come sistematica considerazione e valutazione dei mezzi alternativi alla luce degli
obiettivi da raggiungere secondo certi standard e di consistenza e di logica.
Dei due elementi si noti come spesso storicamente anche laddove il riferimento alla certezza della
razionalità a volte può essere piuttosto incerto, quello dell’obbedienza tende a emergere e diventare
elemento fondante. Un'obbedienza derivante dal potere, della struttura normativo istituzionale e
politico sociale, ma anche dal sistema centralizzato di finanziamenti. Vi possono essere delle fasi
storiche in cui la politica sociale viene concepita come un disegno inizialmente globalizzante di “vita
buona” che dal centro cerca di dare coerenza e coesione alla società garantendo uno sviluppo adeguato
e socialmente equilibrato anche attraverso una serie di norme rigidamente definite che impongono ai
diversi attori le azioni da svolgere e quelle da evitare. Per Siza la programmazione sinottica diventa un
elemento elettivo di governo e di coordinamento dell’intervento dello Stato nella vita sociale, orientata
a “razionalizzare l'azione” ma anche a “fondare finalmente su criteri obiettivi le scelte distributive”. In
questo approccio l'autore individua oltre al modello di programmazione, anche uno stile a esso
connesso che definisce autoreferenziale in quanto si sviluppa secondo modalità e scelte definite
autonomamente da chi li progetta, fortemente standardizzato, applicabile con margini e variazioni a
ogni contesto.
Si tratta quindi di un approccio inizialmente semplice, o più spesso che tende a semplificare. Al centro
vi sono una serie di elementi tra loro strettamente connessi: potere unitario, la conoscenza completa
del problema, una razionalità logico lineare di tutto l'iter programmatorio.
È un approccio che tende a essere poco costoso in termini sia di tempo, in quanto le decisioni possono
essere assunte rapidamente, sia di risorse, in quanto queste possono essere totalmente orientate alla
soluzione individuata. È un approccio che ha caratterizzato l'attività di pianificazione attuata nei paesi
dell'ex Unione Sovietica a partire dagli anni 20 o in epoca fascista. L' approccio lineare, razionale, logico
deduttivo essenzialmente semplificatorio essendo tra l'altro molto accattivante non è tuttavia
appannaggio di quel solo periodo storico e se ne ritrovano tracce ancora oggi.
Vi sono poi alcune situazioni in cui questo approccio appare efficace. Sicuramente tutti i casi in cui la
risposta tempo appare limitata o occorre prendere decisioni in tempi rapidi e quando le risorse
disponibili sono molto limitate. Al di là degli insuccessi storici, in parte derivanti da forme degenerative
della programmazione sinottica, applicata a sistemi complessi, nel tempo due assunti di base sono
entrati e progressivamente in crisi, essenzialmente per due ordini di motivi. Il primo ha a che vedere
con il progressivo affermarsi e svilupparsi della società in molteplici articolazioni orizzontali e verticali e
la conseguente affermazione e riconoscimento del fatto che non solo in campo sociale, il suo sviluppo è
frutto di una molteplicità di forze diverse non sempre ordinati in termini gerarchici, ciascuna con propri
ambiti e compiti. Per Siza “il modello ideale sinottico è un futile tentativo verso una sovraumana
globalità”. La decisione è il risultato dell’interazione tra una molteplicità di attori, e il programmatore
non può che esplicitare la sua attività n processi decisionali decentrati, dipendente dalla retroazione sui
mezzi e sui fini, focalizzati su interazioni sociali fra soggetti non disposti in modo gerarchico. Il secondo
motivo ha a che vedere con quello che Colozzi definisce un cambiamento di paradigma teorico.
Pur riconoscendo che spesso la programmazione è il prodotto di una serie di interazioni anche di fattori
non immediatamente riconducibili a scelte razionali, sottoporle a un “test di razionalità” può essere di
estremo interesse in termini di conoscenza utile a nuove fasi di programmazione e di produzione in altri
contesti.
Occorre esplicitare le teorie del programma, individuarne gli assunti, il modello di cambiamento e al
termine guardare ai risultati per verificare se le teorie fossero pertinenti.

4.2. i modelli incrementali:


i fallimenti dell’approccio sinottico applicato ai grandi sistemi, ma anche alla pratica quotidiana, hanno
portato a vedere la programmazione come un processo. Il modello sinottico come base dei sistemi di
programmazione entra in crisi per il superamento dei suoi assunti di base. Nel nostro campo i due
aspetti sono strettamente connessi: riconoscere che vi siano più attori della programmazione significa
riconoscere che vi siano più visioni e soluzioni. Visioni significa approccio, culture, storie. In questo
ambiente un aspetto innovativo è il superamento della concezione che la programmazione sia un fatto
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esterno alla situazione, figlio della definizione dell’Interesse pubblico. La qualificazione di interesse
pubblico appare complessa. In campo di programmazione il problema è risolto chiarendo come il
processo di un’osservazione plurima condivisa, trovi al suo termine un momento di scelta, decisione
che si coagula in atti formali che definiscono il carattere pubblico di assunzione di responsabilità.
In ogni situazione di programmazione, si crea un modello diverso frutto delle condizioni dipendenti
dalla tipologia dalla qualità degli attori e della quantità degli attori coinvolti. Ci troviamo di fronte ad
una famiglia denominata come incrementale che presenta alcuni elementi comuni: la programmazione
è pluricentrica e pluriattore, a livello si a orizzontale che verticale, e ogni soggetto contribuisce a partire
dal proprio potere, interesse e conoscenza; la conoscenza è un processo di progressivo avvicinamento
alla realtà a cui partecipano molti soggetti con diversi punti di vista; La decisioni sono orientate al
meglio delle conoscenze disponibili nei tempi concessi per programmare; Il processo decisionale è non
solamente orientato alle conoscenze, ma si arricchisce continuamente di elementi di carattere
valoriale. La strategia di programmazione che deriva da questa impostazione sia limita a stabilire le
premesse di successive decisioni. In questo senso si parla di incrementalismo: lo stato del sistema
cambia attraverso continui aggiustamenti e adattamenti agli esiti imprevisti che l'interazione con
l'ambiente di riferimento produce. è evidente che una posizione di questo genere quando è portata
all'estremo conseguenze, nega l'idea stessa di programmazione. Teagno sottolinea come la strategia
dei piccoli passi quando sia priva di una solida regia può arrivare a non consentire di adottare nei fatti
alcuno strumento di programmazione ma a procedere nella direzione di una sostanziale riconferma
delle direzioni già in atto rivelandosi incapace di governare un processo tanto frammentario; Si può
quindi parlare di “incrementalismo sconnesso”. Operativamente in questo approccio esiste una
costante tensione tra il vecchio modello sinottico e un’impostazione duttile in continuo adattamento
alla situazione che viene risolta attraverso una serie di metodi che verranno approfonditi parlando dei
sistemi di programmazioni complessi. Negli ultimi 20 anni si è anche molto parlato di sistemi di
programmazione cosiddetti bottom up e al contrario top down, senza che di essi si è stata fornita una
definizione. Sibilla individua il primo come una forma di coscientizzazione della società civile, in quanto
gli interventi realizzati dalle istituzioni politiche partono da distanze mosse dai cittadini, distinguendo
tra principio di prossimità e principio di sussidiarietà. Per bottom up si intende un processo che inizia
dal basso e prosegue verso l'altro per influenzare e definire le scelte, ovvero dal livello locale o più
decentrato a quello più ampio, coniugando la sussidiarietà con il superamento dell’approccio sinottico.
A livello europeo vi è stato il passaggio dall’originario approccio top down a quello bottom up, per cui il
locale ha avuto un peso progressivamente maggiore nella definizione degli obiettivi e nell’adeguamento
dei programmi, mentre in Italia l'accento sulla dimensione locale è all'origine di quella che è stata
chiamata “programmazione negoziata”. Il territorio assume una connotazione differente: non solo
come spazio fisico nel quale ricadono gli interventi programmati, ma come un luogo nel quale le
soggettualità presenti possono condividere progetti di sviluppo, concentrare le loro azioni, ripartire le
azioni da svolgere, stipulare accordi. In questo senso sia parla di “pianificazione pluralistica”
caratterizzata dalla presenza simultanea di più punti di vista che può sfociare in un “pluralismo
collaborativo” o “conflittuale”. L' approccio incrementare alla programmazione ha generato molteplici
modelli astratti. Il modello “pluricentrico” privilegia la relazione tra stato e mercato, ma ne rovescia la
prospettiva: presuppone la centralità del mercato e la sua efficienza allocativa e si pone di tenere il
corretto funzionamento attraverso limitati interventi di supporto, quali l'acquisto di beni e servizi,
diffusione di informazioni utili a definire le strategie di investimento delle imprese e lo sviluppo delle
interazioni. Dal punto di vista metodologico questa programmazione prevede un forte decentramento
decisionale. Gli organi centrali definiscono solo le priorità e gli obiettivi, mentre l'elaborazione di
progetti, l'individuazione degli strumenti, la definizione dei costi viene lasciata a livelli più bassi.
Il “modello partecipativo” fa riferimento a un insieme diversificato di esperienze accomunate dall’idea
di partecipazione attiva dei cittadini, di coinvolgimento delle comunità locali nei processi di formazione
di piani. La programmazione assume un ruolo politico di azione collettiva, e il ruolo di pianificatore
consiste nello stimolare la capacità dei cittadini o della società civile di scoprire i bisogni e i modi per
soddisfarli.

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Il “modello relazionale” pone l'accento sulla costruzione di sistemi di osservazione, diagnosi e
orientamento degli interventi in sintonia con il terzo settore e non presuppone né la separatezza né
fusione fra le sfere del sociale e fra i sistemi e attori, ma il loro essere in una relazione tra conoscenza e
intervento. Anche la programmazione per progetti può costituire il momento fondante di un processo
di programmazione, non solo quando questi siano formulate sulla base di un piano di priorità
chiaramente esplicitati, ma anche quando i progetti siano valutati non come iniziativa e se stanti, ma
per il loro contributo che possono garantire al perseguimento degli obiettivi formulati, e quando le
priorità del piano rappresentino realmente i criteri di scelta fra progetti concorrenti. Altri studiosi
individuano anche una modalità di programmazione “per prove ed errori” in cui, reagendo a
stimolazioni occasionali, la definizione degli obiettivi non è separata e le alternative sono valutate sulla
base del consenso espresso dell’attore principale, scegliendo quella che raccoglie il maggior consenso,
indipendentemente da ogni giudizio sulla sua adeguatezza ad affrontare il problema. Troviamo infine la
“pianificazione strategica” definita da Siza come la prospettiva più innovativa e più ricco di sviluppo.
Nel manuale per la “pianificazione strategica per lo sviluppo dei territori” del dipartimento della
funzione pubblica sono indicati gli elementi caratterizzanti una forte leadership della politica locale
connessa ad altrettanta autorevolezza delle amministrazioni. In questo caso il ruolo dell’ente pubblico
non è più quello tradizionale di costruttore del piano, ma anche quello di promotore e facilitatore e
valutatore della compatibilità e solo di parziale realizzatore, da cui deriva che anche le risorse su cui si
fonda il piano sono la risultante della convergenza di quelle del bilancio delle amministrazioni con
quelle private. La programmazione intesa in modo dinamico è caratterizzato da tre tipi di incertezze: le
informazioni disponibili, la definizione degli obiettivi e la necessità di coordinamento degli attori.
Siza indica alcune specificità della programmazione strategica: l'osservazione e la raccolta dei dati non
costituiscono il fondamento su cui impostare la pianificazione, in quanto la conoscenza si produce nel
corso dell'azione, l'analisi si sviluppa in un processo continuo di confronto con le risorse conoscitive,
non sono solo quelle classiche disciplinari; È un processo di apprendimento sociale in cui i pianificatori
formulano obiettivi come punti di partenza, mentre le scelte sono individuate e sostenute in base a
valutazioni non solo teoriche e non solo tecniche; In sede di attuazione l'attenzione è rivolta agli
ostacoli che si frappongono alla realizzazione in quanto la pianificazione è un processo di adattamento
all'ambiente; Lo scostamento dagli obiettivi prefissati non indica necessariamente un fallimento; Le
verifiche sono continue e non solo semplicemente tecniche, ma riguardano il complesso degli obiettivi
e dei consensi che ricevano. Anche la struttura classica del ciclo della programmazione risulta messo in
discussione, mentre il carattere interattivo dell’approccio incrementale di natura riflessiva, prevede
azioni di valutazione periodica in cui si ridefiniscono contesti e priorità di intervento assumendo una
logica di ricerca di significato.

4.3 la scelta del modello:


Esistono delle precise condizioni in cui è possibile una cessare la scelta del modello più adeguato punto
lo schema è quello di tompson Student che descrive due variabili da considerare per mettere in atto un
adeguato processo di pianificazione e progettazione sociale: il grado di consenso sugli obiettivi tre
letture del processo e il livello di conoscenza sulle strategie e sulle tecniche per conseguire gli obiettivi.
- Quadrante A: è il caso in cui tra gli attori della pianificazione esiste un consenso sugli obiettivi da
perseguire e un diffuso livello di conoscenza dei problemi e delle strategie di azione. In questo caso
il metodo di pianificazione e progettazione più adatto è quello sinottico, che prevede un'attenta
previsione delle conseguenze che derivano dall'attuazione delle diverse alternative.
- Quadrante B: è il caso in cui è presente un conflitto tra gli attori sugli obiettivi da perseguire, pur
essendo abbastanza condivisa la conoscenza delle strategie d'azione. Si tratta di mettere in campo
una negoziazione per individuare le strategie che soddisfino il più possibile i diversi obiettivi in
campo: il tipico caso della programmazione pluriattore.
- Quadrante C: è il caso in cui esista un sostanziale consenso sugli obiettivi della pianificazione, ma
non sia approfondita la conoscenza delle possibili strategie e dei loro effetti come nel caso di
pianificazione che affrontano questioni nuove. La parola spetta essenzialmente ai tecnici e la
pianificazione dovrà assumere una logica sperimentale.
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- Quadrante D: è il caso in cui esiste un conflitto tra gli attori della pianificazione in merito agli
obiettivi da raggiungere e, non vi sono adeguate e omogenee conoscenze sulle strategie e sulle
tecniche di intervento. È necessario favorire gli attori nella definizione del tema e la costruzione di
una rappresentazione condivisa dei problemi da affrontare.

4.4. la programmazione plurale


4.4.1. Gli attori:
Nel mettere a confronto i due modelli di programmazione abbiamo evidenziato come quello sinottico
appare più semplice e lineare, mentre quelli incrementali risultano più complessi articolati per motivi
differenti ma essenzialmente a causa della differenza fondamentale che deriva dagli attori coinvolti. nel
primo un'unica entità, nel secondo una pluralità, che corrisponde al passaggio dal government alla
governance. L'individuazione e la mobilitazione di possibili attori non è un semplice fatto organizzativo
ma un componente qualitativo del processo, riguarda le modalità con cui la leadership coinvolge gli altri
soggetti per produrre la partecipazione, discussione organizzativa, decisioni condivise, quindi efficienza,
efficacia e stabilità dei processi. La questione introduce notevoli complessità, riconducibile per Busso a
più dimensioni:
- Lo spazio delle relazioni tra gli attori, ma anche quelle esterne in quanto il campo della
programmazione non è una realtà isolate le interazioni all'esterno possono avere forti influenze;
- Gli elementi strutturali che attengono alle differenti forme di gestione delle partite sociali e
sanitarie, alla possibile mancata corrispondenza degli ambiti territoriali, alla genitorialità, alla
eterogeneità delle dimensioni degli enti, alle differenti dimensioni della spesa e delle funzioni a cui
è possibile aggiungere aspetti di autorità, leadership e ruoli maturati nel tempo;
- Gli elementi culturali, ovvero l'universo simbolico legato alla dimensione locale della
programmazione, la cultura delle politiche sociali che si ripercuotono nelle differenti letture dei
territori;
- L’eterogeneità e frammentazione interna, come risultato delle differenze nei contesti socio
economici, percorsi produttivi di servizi in ciascun territorio, esistenza di vere e proprie culture
locali di servizi.
A questo punto proviamo a delineare quali sono i diversi attori che possono essere coinvolti nel
processo.
L'Onu: non ha potere né competenze in campo di programmazione ma molti dei suoi atti sono
importanti punti di riferimento per la programmazione nazionale e locale.
Il Consiglio d'Europa e l'unione europea: troviamo la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
che riconosce una serie di diritti personali politici economici e sociali dei cittadini e dei residenti,
fissando la legislazione dell'unione europea, ma anche raccomandazioni e convenzioni sul
maltrattamento dei minori, le violenze intrafamiliari, l'adozione internazionale, diritti dei fanciulli. Dal
punto di vista della promozione e della coesione sociale, lo strumento fondamentale di
programmazione è costituito dai fondi strutturali europei, mentre alcuni concetti costituiscono
elemento di notevole importanza nella programmazione sociale.
La Repubblica italiana: costituiti da quattro grandi settori:
1. i soggetti pubblici che svolgono secondo l'ordinamento una funzione pubblica di cura degli interessi
generali articolati per poteri, organi, funzioni, competenze, territori. Ne fanno parte i comuni, le
province, le regioni ministeri ma anche organismi di diritto pubblico.
2. I soggetti economici del mercato come definito dall’articolo 2082 del codice civile;
3. Gli organismi del terzo settore;
4. La famiglia intesa come società naturale.
Esaminiamo i compiti dello stato, regioni, province e comuni ai fini della programmazione sociale:
- Lo stato: con le sue principali funzioni di regolamentazione, ridistribuzione, garanzia ed eventuale
produzione di servizi, nel nostro campo mantiene per sé rapporti con gli organismi internazionali, il
coordinamento dei rapporti con gli organismi dell'unione europea operante nel settore delle
politiche sociali, gli adempimenti previsti dagli accordi internazionali della normativa dell'unione
europea, nonché le specifiche funzioni di indirizzo, coordinamento regolazione. Su richiesta degli
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enti locali e territoriali lo Stato può svolgere compiti di assistenza tecnica, di raccordo in materia di
informazione e circolazione dei dati concernenti le politiche sociali ai fini della valutazione
monitoraggio dell’efficacia della spesa per le politiche sociali. In termini di sussidiarietà vertical, allo
stato sono ancora riservati gli interventi di prima assistenza in favore dei profughi limitatamente al
periodo necessario alle operazioni di identificazione e fino alla concessione del permesso di
soggiorno.
- Le regioni: a esse sono conferite tutte le azioni e i compiti amministrativi nella materia di servizi sociali
che, tramite apposita legge, devono regolare i rapporti con Province e Comuni. Alle regioni spettano
pertanto con modalità di collaborazione, azioni coordinate con gli enti locali nonché forme di
consultazione con gli organismi del terzo settore.
- Le province: quali enti intermedi e soggetti di programmazione decentrata della politica regionale di
coordinamento del territorio, al di là di specifiche attribuzioni derivanti dalla normativa regionale,
concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e nei programmi della regione;
Formulano e adottano i propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale,
provvedono alla loro specificazione attuazione; Promuovono il coordinamento dell'attività
programmatoria dei comuni e sono il tramite attraverso cui la regione organizza l'esercizio delle
funzioni amministrative a livello locale eccetera..
- Il comune: è l’ente che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo
sviluppo; è titolare di funzioni proprie e di quelle conferite dallo Stato o dalla regione, secondo il
principio di sussidiarietà. Il comune è titolare delle funzioni amministrative nel settore dei servizi sociali,
dei compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali, nonché dei compiti di progettazione e
realizzazione della rete dei servizi anche con il concorso delle province.

4.4.2. Gli atti di intesa:


Come si è visto a proposito dei modelli di programmazione, in particolare trattando l'approccio bottom up e
la programmazione negoziata diventano basilari le intese che devono essere formalizzate tra le diverse
parti per lo sviluppo del programma. Si tratta di definire gli strumenti tecnico amministrativi della decisione
politica, cioè in quale modo ciascuno partecipa allo sviluppo del programma stesso in termini di risorse. In
particolare, la programmazione negoziata indica un processo formalizzato di decisione che utilizza come
strumento di concertazione tra i soggetti pubblici, le parti sociali e le associazioni di categoria interessate
allo sviluppo locale del territorio. Tra tali strumenti si può individuare un primo livello caratterizzato dal
fatto che l'iniziativa è proposta dallo stato dalle regioni e coinvolge gli enti locali e tutti i soggetti interessati
alla realizzazione dei programmi.
L'intesa istituzionale di programma (IIP) è il livello più elevato di concertazione e si caratterizza per
l'approccio top down, utilizzato nella definizione di programmi di sviluppo i cui elementi caratterizzanti
sono individuati dall’alto. Essa rappresenta la modalità attraverso cui il governo centrale, e quello regionale,
definiscono gli obiettivi da conseguire per favorire lo sviluppo e i settori per i quali si rende necessaria
un'azione comune. Questa si traduce in un atto preliminare di tipo strategico riveste un’importanza
assoluta proprio perché rappresenta il riferimento programmatico per tutte le azioni di sviluppo del
territorio e il momento di raccordo tra le diverse tipologie negoziali realizzate in ambito regionale. Il lavoro
coordinato tra il governo nazionale e la giunta regionale conduce alla definizione del piano pluriennale di
interventi di interesse comune, da attuarsi nei territori di ciascuna Regione e provincia autonoma dopo la
verifica delle risorse finanziarie disponibili e delle procedure amministrative attivabili. Con la sottoscrizione
di questo i firmatari si impegnano a collaborare e attuare quanto disegnato nel piano.
L'accordo di programma quadro (APQ) è l'accordo promosso dai sottoscrittori dell’IIP stipulato con gli enti
locali e altri soggetti pubblici o privati al fine di definire il programma esecutivo degli interventi previsti
nell’IIP stessa. Rappresenta la fase successiva del IIP in quanto contiene la specificazione e il dettaglio delle
iniziative individuate secondo un raggruppamento tematico o un raggruppamento per omogeneità
territoriale.
Un secondo livello è contraddistinto da un maggiore coinvolgimento delle autonomie locali e di soggetti
non istituzionali. Si tratta di contatti programmatici con tutti i soggetti del partenariato sociale locale,
giuridicamente vincolanti e contenenti i tempi e le scadenze del programma.
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Il contratto di programma (CDP) viene stipulato da tra un’amministrazione centrale e grandi imprese. La
caratteristica peculiare di questa tipologia di programmazione negoziata è che il CDP deve racchiudere un
impegno sottoscritto da parte pubblica e privata per la realizzazione di interventi atti a generare ricadute
sull’apparato produttivo mediante l'attivazione di nuovi impianti e la creazione di occupazione aggiuntiva.
Il contratto d'area (CDA) è uno strumento operativo promosso della rappresentanza dei lavoratori e dei
datori di lavoro in situazione di rilevante crisi occupazionale, con l'obiettivo di ripristinare un contesto
economico produttivo favorevole all'attivazione di nuova iniziativa imprenditoriale e alla creazione di nuova
occupazione.
Lo strumento dei patti territoriali (PT) si riferisce ad accordi tra i soggetti pubblici e privati per
l'individuazione ai fini di una realizzazione coordinata di interventi di diversa natura, finalizzate alla
promozione dello sviluppo locale delle aree depresse del territorio nazionale.
L'accordo di programma (ADP) tra enti locali entri pubblici e privati, esecutivo di interventi di interesse
comune o funzionalmente collegate, indica attività e interventi da realizzare, tempi e modalità; I soggetti
responsabili dell'attuazione, le eventuali conferenze di servizio, convenzioni necessarie per l'attuazione
dell'accordo.
I contratti di quartiere (CDQ) sono strumenti urbanistici consistenti in progetti di recupero urbano
promosso dai comuni in quartieri segnati da diffuso degrado delle costruzioni e dell’ambiente urbano, e da
carenza di servizi con il diretto coinvolgimento degli abitanti dei quartieri nell’elaborazione di progetti.
Particolare attenzione posta la presenza di una scarsa coesione sociale di una di un marcato disagio
abitativo. Rientrano nella tipologia dei programmi complessi delle esperienze comunitarie URBAN e dei
contract De ville francesi e belgi. Il loro fondamento è da ricercare nella promozione del territorio in
coerenza con i programmi per lo sviluppo umano a livello locale promossi dalle Nazioni Unite e nel quadro
di riferimento dell’agenda 21.

4.5. La programmazione a più livelli:


In un approccio alla programmazione di tipo sinottico, il problema dei diversi livelli di programmazione non
si pone in quanto sistema, anche se articolate, viene visto come unitario. Nel superamento di tale
approccio, nel passaggio dalla gerarchia alla sinergia, sorgono al contrario molto problemi non sempre tutti
chiaramente espressi risolti. Il tema assume tutta la rilevanza con l'assunzione del principio di sussidiarietà
verticale come principio costituzionale dell’Unione europea e assunto in Italia con la modifica del titolo
quinto della costituzione. La funzione amministrativa corrisponde alla messa in campo di azioni che
permettono un reale utilizzo del bene comune da parte dei cittadini del territorio interessato: l'esercizio
unitario rimanda al fatto che lo stesso bene comune deve essere disponibile a tutti i cittadini di uno stesso
ambito territoriale; Allo stato spetta la determinazione degli standard minimi validi a livello nazionale. Dalla
definizione di bene comune discende quello del livello territoriale della programmazione, all'interno del
quale ci si deve porre l'obiettivo di ridurre le differenze e pertanto quello dei confini all'interno dei quali il
bene è disponibile. Nasce a questo punto il problema di chi può definire le priorità e gli obiettivi, nonché di
individuare le azioni necessarie; Si tratta del problema della programmazione più livelli tra Europa, Stato,
Regioni, Province e Comuni.

4.5.1. i sistemi di programmazione semplici:


Nei sistemi di programmazione semplici vi è una completa corrispondenza tra l'ambito territoriale in cui si
opera e il sistema di programmazione: sarebbe a dire che le azioni che si tendono a mettere in campo per
affrontare un determinato tema non fanno parte di un sistema più ampio di programmazione e non si
articolano in sotto ambiti, i quali loro a volta possono avere ulteriori livelli di definizione della
programmazione.

4.5.2. I sistemi di programmazione complessi:


Normalmente, un’azione programmatoria si colloca all'interno di un sistema complesso a più livelli di
aree sempre più ristrette: l'unione europea, lo stato, le regioni, la provincia, il comune. A sua volta il
livello comunale può articolarsi da un lato attraverso la formazione di forme consortili, e dall'alto
attraverso partizioni interiori quali la circoscrizione in una città. In un approccio che non sia di tipo
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sinottico la programmazione diventa piuttosto complessa. Negli ultimi anni si è parlato del
superamento del modello top down, che in questo caso si identifica sostanzialmente con l'approccio
sinottico, contrapponendolo a quello bottom up che nasce dal riconoscimento del principio di
sussidiarietà verticale e pertanto dell'importanza delle specificità locali anche nella programmazione. In
campo sociale in Italia il modello bottom up inizia a delinearsi con la legge 285/1997 e trova una chiara
definizione con la legge 328/2000. Le criticità nascono dalla relativa novità del modello bottom up, che
in un approccio rigido e schematico pone due tipi di problema tra loro connessi: la programmazione del
“livello superiore” non sarebbe altro che la sommatoria di quanto definito a livello inferiore; Ciascuno si
occuperebbe esclusivamente delle problematiche del proprio livello. Sarebbe a dire che ogni territorio
presterebbe attenzione ai problemi interni, ma nessuno si porrebbe il problema di un’eventuale
differenza della situazione nei diversi territori. Inoltre vi sono tematiche di programmazione che non
possono o hanno gravi difficoltà per loro natura a essere affrontate al solo livello locale.

4.6. Le dimensioni ottimali della programmazione a più livelli:


Il quadro istituzionale normativo definisce l'articolazione dello Stato e le sue partizioni, nonché i
corrispondenti beni comuni oggetto della programmazione, ma ci si può chiedere se l'attuale partizione
corrisponde una logica programmatoria coerente e più in generale se e quando sia necessario
introdurre un livello di programmazione di più vasta area. Dal punto di vista della programmazione il
tema è quello della definizione di livello ottimale delle dimensioni degli ambiti territoriali, mentre dal
punto di vista amministrativo rimanda ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione nell’
allocazione delle funzioni. Si possono utilizzare in linea generale alcuni indicatori: alcuni numeri
assoluti, come la popolazione e il numero di comuni; la dispersione alla variabilità orizzontale; La
dispersione e la variabilità verticale. Al di là degli altri fattori di tipo qualitativo, l'introduzione di un
livello di più vasta area ha senso come strumento di articolazione della programmazione quando vi è
un’adeguata distanza in termini di indicatori rispetto all'unità più piccola. Le problematiche che
nascono dalla programmazione a più livelli possono essere affrontate in differenti modi anche in
reciproca sinergia o integrazione.

4.6.1. il modello assi- misure azioni:


Nel trattare i problemi di definizione, dall'unione europea arriva uno schema logico a tre livelli. Gli assi
rappresentano un insieme di indirizzi per la realizzazione degli obiettivi preposti, sviluppati attraverso
misure che rappresentano le aree e le tipologie di intervento nell'ambito in cui ci si trova a operare, al
fine di raggiungere gli scopi prestabiliti per mezzo di azioni concrete da sviluppare. In questo senso la
programmazione può essere di tipo:
- orientativo: pone direzione di sviluppo e obiettivi di tipo generale;
- Indicativo: ricerca le sue articolazioni anche nella specificità territoriali;
- Operativo: traduce in azioni specifiche e progetti attuativi la politica definita.
In questo modello appare di fondamentale importanza comprendere l'autonomia dei diversi livelli: se
l’autorità centrale scende dalla programmazione orientativa, definisce quella indicativa, e così a
cascata, quella indicativa, definisce quella operativa, saremo in un contesto di mera esecutività dei
diversi livelli (top down); così se a ciascuno di questi è assegnata una dotazione finanziaria non
modificabile per quegli stessi interventi che essa ha definito. Questo schema può essere facilmente
applicato a tre diversi differenti livelli di programmazione, passando dagli ambiti generali a quelli più di
area più ristretta e delimitata.

4.6.2. L’analisi dei determinanti:


Un secondo metodo per affrontare le problematiche della programmazione a più livelli prende il via
dall'analisi dei determinanti del fenomeno in questione ai diversi livelli e ambiti territoriali. Pur
partendo dalle priorità individuate dal livello di più vasta area, queste si articoleranno in peculiari
priorità locali a seconda del peso che diversi fattori dei determinanti assumono nello specifico ambito
territoriale di intervento. In questo caso la priorità generale resterà la stessa, ma l'azione
programmatoria si differenzierà a livello locale a seconda del peso che ciascun determinante assume
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nello specifico ambito di intervento. Si vedrà come un programma che abbia quale obiettivo la
riduzione del rischio sociale di una popolazione, pur mantenendo la stessa priorità tutti i livelli di
programmazione, possono differenziarsi in virtù delle differenze di peso che i diversi fattori hanno nelle
differenti situazioni e nei vari territori.

4.6.3. La concertazione a più livelli:


Un altro modo è quello di mettere in campo un sistema di concertazione che corrisponde a diversi livelli
di programmazione, dal livello più ampio a quello progressivamente più delimitati. Operativamente il
problema di fondo è quello del grado di libertà e autonomia di ciascun livello e pertanto delle regole
per la soluzione di eventuali disaccordi o conflitti. Il tema delle regole che stanno alla base dei processi
di programmazione plurilivello è di particolare importanza. Analizziamo il modello adottato dall'Europa
in campo di fondi strutturali per il periodo 2007-2013 che sviluppa il precedente modello di
programmazione assi-misure-azioni coniugando un chiaro e importante approccio alla concertazione
tra i diversi livelli. L'approccio alla programmazione strutturale è incentrato su tre livelli che si
traducono in tre documenti di programmazione a cui si aggiungono un meccanismo di
implementazione e uno di follow up.
1. Orientamenti strategici comunitari per la coesione (OSC): quadro strategico comunitario elaborato
dalla commissione europea, ha il compito di delineare le priorità strategiche di intervento per la
futura programmazione;
2. Quadro nazionale di riferimento strategico (QSN): ogni Stato membro in applicazione del principio
del partenariato redige un QSN che si riferisce alle priorità di ciascun paese alle principali leve che
intende utilizzare;
3. Programmi operativi (PO): i programmi operativi nazionali o regionali derivano dal QSN e sono
proposti dai singoli Stati membri o dalle singole regioni per essere assoggettati alla decisione finale
della commissione;
4. Gestione dei programmi e selezione di progetti: passo successivo è costituito dalla gestione dei
programmi la selezione dei relativi progetti, competenza puramente nazionale o regionale;
5. Follow up strategico di dibattito annuale: questa fase è costituita da un monitoraggio di come i
programmi nazionali e regionali stanno contribuendo alla realizzazione delle priorità comunitarie.
Dal momento che questo follow up strategico è annuale, esso offre la possibilità di correggere
continuamente sia il quadro strategico regionale che quello nazionale e i programmi.
Siamo in presenza di un sistema di programmazione a più livelli piuttosto complesso e articolato che si basa
essenzialmente sui seguenti elementi: la concertazione è un processo di costruzione del programma che
trova la sua conclusione in una decisione dell’ente che ne ha la competenza e tiene le risorse; È un processo
prevalentemente politico in cui si integrano e si confrontano le priorità generali con quelli locali; Esiste un
rapporto costante tra i diversi livelli; L' autonomia programmatoria dei livelli inferiori è limitata dal quadro
di riferimento definito dal livello superiore; La scelta dei progetti di implementazione del programma è
lasciata all'autonomia locale. Tale situazione può essere rappresentata attraverso una piramide rovesciata.

4.6.4. La doppia piramide rovesciata:


Un sistema di programmazione complesso a più livelli potrà prevedere due momenti successivi di
impostazione: una prima fase in cui si raccolgono dai diversi ambiti le informazioni per definire le
proprie priorità generali, e una seconda fase in cui tale priorità generale si articola nei diversi ambiti,
ricercando le specificità locali. Tale processo può essere rappresentato schematicamente attraverso
una doppia piramide rovesciata. In questo modello l'osservazione e la definizione delle priorità
procedono tendenzialmente dal basso, dalla specificità locale, verso l'alto, per essere progressivamente
sintetizzati a livello superiore al fine di individuare le linee di programmazione generali, e che la
programmazione si articoli con il modello assi-misure-azioni, in orientativa, indicativa e operativa.

4.6.5. Il sistema a spirale:


Un caso particolare di sistema di programmazione complesso si determina quando vi siano diversi
programmi autonomi che interagiscono tra loro. Si dia il caso che in ambito regionale, sia operante un
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piano sociale regionale, alcuni piani provinciali e diversi piani di zona, in assenza di una specifica
normativa che definisca in modo cogente le relazioni tra gli stessi. In questo caso appare ragionevole
che si instauri un meccanismo di mutuo adattamento, per cui ciascun piano nella sua impostazione
tende a tener conto degli altri cercando di integerare la propria azione in sinergia con quelle degli altri o
lavorando per differenza, cioè andando a intervenire sulle dimensioni tematiche lasciate scoperte. Si
crea in questo modo un sistema di programmazione che può essere denominato a spirale, in cui ciascun
piano segue le sue logiche di impostazione, ma in qualche modo influenza anche quelle degli altri.

CAP. 7 LE LEVE DELLA PROGRAMMAZIONE:

7.1. Le norme:
Le norme sono prescrizioni in cui ogni città traduce i valori nei quali si riconosce, con la finalità di far
confrontare a tali valori la condotta dei propri membri. in ambito di programmazione pubblica il
sistema delle norme è elemento di fondamentale importanza ai fini di una modificazione della
situazione che si intende affrontare sia sul piano dell’organizzazione comprensiva della scelta, sia dei
comportamenti individuali. Le norme possono e prescrivere, regolare, agevolare, facilitare, indirizzare e
sanzionare. Per loro natura le norme hanno una doppia valenza: da una parte tendono a regolare il
sistema sociale in quelle situazioni che vengono ritenute importanti e in questo senso registrano e
definiscono in maniera cogente i comportamenti che si ritengono giusti e corretti sanzionandone il
contrario; dall'altra parte possono avere la funzione di stimolare il sistema sociale in nuove direzioni e
tendono a innescare comportamenti nuovi e differenti. Nel nostro campo possono sia vivere
autonomamente diventando loro stesse un programma, oppure possono essere delle leve di un
programma complesso e articolare atto al fine di rendere cogenti alcuni comportamenti.

7.2. le risorse finanziarie:


La seconda leva della programmazione è rappresentata dalle risorse finanziarie disponibili da investire
per raggiungere gli obiettivi. È una leva duttile in quanto il denaro si presta a molteplici utilizzi ed è
facilmente trasferibile laddove sia necessario; attraverso sistemi di osservazione è possibile rilevare ove
destinarlo per il raggiungimento degli obiettivi e pertanto definire le regole adeguate affinché questo
avvenga. In generale si può ricordare che la leva finanziaria può essere utilizzata con diverse funzioni:
- Funzione allocativa, che riguarda la destinazione di risorse disponibili con l'obiettivo di migliorare
l'efficienza del sistema economico;
- Funzione redistributiva, che riguarda gli interventi volti a modificare la distribuzione del reddito;
- Funzione stabilizzatrice, che attiene all'uso della politica di bilancio per il controllo del ciclo
economico.
Da questo quadro generale possibile enucleare alcune politiche di grande interesse per la programmazione
sociale virgola che possono essere raggruppate in due logiche differenti: interventi sul meccanismo della
domanda a sostegno di interventi degli attori della programmazione locale.

7.2.1. i prezzi pubblici:


Quando lo stato interviene sul prezzo di beni e servizi di pubblica utilità, si parla di politiche tariffarie che si
possono ispirare diversi di fini. In particolare si parla di:
- Prezzi privati: quando l'operatore pubblico produce beni o servizi e li colloca sul mercato alle stesse
condizioni ed esattamente come farebbe un privato;
- Prezzi pubblici: quando ci si riferisce a servizi di carattere individuali, che per ragioni di politica
sociale, non sono correlati a valutazioni di convenienza economica particolare dell’azienda pubblica
che li eroga bensì a valutazione di convenienza e opportunità per la comunità;
- Prezzi politici: quando i ricavi totali non riescono a coprire i costi di produzione.
I prezzi pubblici e i prezzi politici spesso vengono raggruppati sotto la voce tariffe pubbliche. In Italia è il
comitato interministeriale che stabilisce il prezzo per alcuni beni o fissa dei tetti massimi praticabili. Caso
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particolare è tutto il sistema di accreditamento in campo sociale e sanitario, in cui si cerca di coniugare gli
aspetti del costo di servizi con quelli quello della qualità erogata dando anche al cittadino dei riferimenti sui
servizi di cui può usufruire.

7.2.2. incentivi alle famiglie:


Un altro settore in cui il pubblico può intervenire quello di incentivare le famiglie che per aumentare le loro
capacità di acquistare i servizi necessari, stimolando in modo diretto anche l'offerta privata che potrebbero
essere insufficiente. In questa direzione vanno gli assegni familiari e le varie detrazioni fiscale, i fondi per le
famiglie, ecc.. Uno degli strumenti operativi che maggiormente si sta sviluppando in questa direzione è
quello dei voucher sociali. Più classica è l'erogazione di sussidi o buoni sociali, nei casi in cui il singolo o la
famiglia non sia in grado di far fronte alle proprie necessità, ma essendo erogazioni finanziarie dirette e non
finalizzata, l'utilizzo del denaro non sempre si risolve nell’acquisto di servizi specifici. Casi particolari in via di
sperimentazione sono quelli relativi alla set building e al microcredito. Nel primo caso si tratta di aiutare i
soggetti nella definizione di un percorso personale di risparmio di medio periodo, finalizzato ad affrontare
spese importanti per il miglioramento delle condizioni di vita del nucleo familiare; Nel secondo si tratta di
prestiti offerti dal sistema pubblico a soggetti considerati non bancabili, perché sprovviste di garanzie, ma
che dimostrano di essere affidabili quando viene loro data fiducia e viene loro offerta una possibilità di
crescita.

7.2.3. incentivi alle imprese:


Tra le diverse politiche degli incentivi alle imprese in cui lo stato investe risorse economiche al fine di
sostenere l'offerta, si possono rintracciare alcune direzioni differenti. Orientare lo sviluppo economico in
cui le risorse economiche, prevalentemente quelli derivanti dei fondi strutturali europei, vengono utilizzate
per sostenere lo sviluppo non di indifferenziato del tessuto produttivo, ma orientandole in specifici settori.
Tale orientamento nasce dalla constatazione che tali servizi assolvono a differenti funzioni: infrastruttura
produttiva, potenziale di impresa e politiche occupazionali. Aiuti alle imprese per gli inserimenti lavorativi
che si rivolgono a particolari fasce di popolazioni, spesso associati a sostegno dei singoli attraverso forme di
voucher per particolari servizi. Altri interventi in questa direzione sono: agevolazioni fiscali e contributi a
fondo perduto per le imprese che adottano azioni per migliorare la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro, per le imprese del mezzogiorno che occupano le donne ecc..

7.2.4. finanziamenti diretti agli enti:


Occorre porre attenzione al sistema di allocazione delle risorse cioè le regole con cui finanziamenti vengono
erogati ai fini di una politica e di un programma. L’allocazione territoriale delle risorse finanziarie può
fondarsi su alcuni gruppi di criteri che si pongono principalmente in una logica di sussidiarietà verticale in
quanto le regolazioni finanziarie contribuiscono alle autonome azioni programmatorie di enti più vicini al
cittadino, senza proporre o indicare linee programmatiche da parte dell'erogatore:
1. Criterio di copertura ex post della spesa, che consiste nel finanziare le spese effettivamente
sostenute al termine dell’esercizio;
2. Criterio della spesa storica, per cui fissata la spese sostenute e consuntivo in un dato esercizio,
questo ammontare viene a costituire il riferimento per le assegnazioni successive, che possono
essere rivalutate attraverso indicatori dell’inflazione;
3. Criteri basati su indicazioni dell’offerta, come quelli di efficienza operativa e indicatori di volume
delle prestazioni.
Questi primi criteri con l'approvazione della legge del 5 maggio del 2009 numero 42, si affianca per la prima
volta in Italia il concetto di “costo standard” che indica il costo di un determinato servizio, che avvenga nelle
migliori condizioni di efficienza e appropriatezza, garantendo i livelli essenziali di prestazione. È un concetto
legato all’ottimizzazione e a rendere efficiente il sistema produttive e il contenimento dei costi. Secondo la
legge, i costi standard sono definiti prendendo come riferimento la regione più virtuosa. La sua definizione
operativa si basa su una serie di indicatori economici di spesa per unità di servizio o di funzione, tra cui la
dimensione dei territori degli enti destinatari in rapporto alla composizione geografica, il sistema
infrastrutturale di sostegno, le condizioni fisiche e socio-economiche e le caratteristiche delle popolazioni
16
interessate. L'obiettivo della norma è quello di permettere la rideterminazione del fabbisogno standard
ideale, il suo costo nei diversi territori regionali e quindi l'ammontare delle risorse da trasferire. Le
autonomie territoriali che spenderanno di più dovranno procurarsi le risorse aggiuntive, mentre è prevista
una perequazione comprensiva per situazioni particolari posta a garanzia dell'esigibilità dei livelli essenziali
delle prestazioni che concernono i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale. Vi sono poi altre modalità di finanziamento orientate a sviluppare linee programmatorie
complesse con l'obiettivo di ridurre differenze sincroniche e diacroniche. Sono da considerarsi come criteri
basati su indicatori della domanda volti a perseguire l'obiettivo dell'equità nella distribuzione delle risorse
in considerazione dei bisogni delle caratteristiche della popolazione nelle diverse aree territoriali. Dato un
programma con i propri obiettivi vi sono due diverse logiche possibili per erogare finanziamenti a soggetti
che possono concorrere alla sua implementazione: la quota capitaria, quando i finanziamenti vengono
distribuiti per quote proporzionali alla popolazione di riferimento; E la gara di progetti, quando si finanziano
le iniziative migliori per raggiungere gli obiettivi dichiarati.
- La quota capitaria: un criterio che non considera né la variabile geografica dei singoli bisogni né
l’efficienza operativa dei servizi. Nella sua forma più semplice si distribuiscono i finanziamenti in
proporzione al numero di abitanti. Può avere un senso solo se nel caso in cui la problematica che si
intende affrontare sia effettivamente uniformemente distribuita sul territorio. Diversamente si
troverà ad agire in una sorta di iniquità in quanto tutti ne riceveranno una parte
indipendentemente dalla distribuzione territoriale del problema che si intende affrontare. Una
seconda variante detta “quota capitaria ponderata” consiste nell’individuare uno o più indicatori
del problema che si intende affrontare e di distribuire i finanziamenti in proporzione alla loro
distribuzione territorial. In questa variante il problema sarà di individuare gli indicatori adatti e
quello di dare loro il giusto peso.
- La gara di progetti: può essere lo strumento operativo per un programma le cui azioni possono
essere realizzate da autori diversi. L'approccio presenta un aspetto problematico di fondo: da un
lato esiste un programma con i propri obbiettivi, dall'altro si creano dei possibili attori che si
candidano a contribuire alla sua realizzazione, ma ciascuno di questi avrà i propri obiettivi e non
sempre vi potrà essere precisa coincidenza. In parte questo problema può essere affrontato
attraverso le logiche di programmazione concertata, ma resta sempre sullo sfondo portando a due
possibili conseguenze: l’implementazione operativa di programmini sarà un complesso tra gli
obiettivi generali e quelli degli attuatori oppure gli attuatori si troveranno a essere “eterodiretti”
pur di accedere ai finanziamenti. In questo quadro, la gara di “progetti semplice” è quella della
concorrenza tra soggetti diversi e del premio, contributo per le iniziative ritenute migliori. Il primo
passo è l'individuazione dei possibili concorrenti che possono essere soggetti pubblici o del privato
sociale, in alternativa o in concorrenza tra loro, in una logica di sussidiarietà. Il secondo è
l'individuazione di criteri di selezione e di costruzione di graduatorie per l'erogazione di
finanziamenti. In ultimo, occorre definire l’ammontare del trasferimento di ciascun progetto. Tutte
le decisioni sono di carattere politico in quanto attengono al sistema di valori sottostante al
programma, mentre al tecnico è riservata l'applicazione metodologica più corretta. La logica della
gara di progetti semplici pone una serie di problemi. il primo è quello della specificità territoriale:
dato che si tende a premiare i migliori non è detto che questi operano esattamente nei territori che
presentano le problematiche più importanti. Per correggere questo tipo di errore programmatorio
sono possibili due soluzioni:
1. Ex ante: articolare il bando per sub ambiti territoriali definiti secondo la prevalenza del
problema, assegnando a ciascun sub ambito una specifica dotazione finanziaria e una specifica
graduatoria.
2. Ex post: mantenere unitario un ambito territoriale e la graduatoria ma assegnare dei punteggi
aggintivi a quei progetti che insistono sui sub ambiti in cui la prevalenza è maggiore.
Un secondo problema di carattere generale è relativo al fatto che si tende a premiare la
competenza progettuale, ma non si può essere sicuri che a questa corrisponda un’analoga
competenza nell’implementazione. Infatti, un ente può mettere in campo buone competenze
progettuali nella realizzazione ma può poi essere in difficoltà nella realizzazione. in caso di bandi
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ricorrenti si può correggere un tale errore e attribuendo dei punteggi relativi all'andamento di
eventuali progetti presentati precedentemente.

7.3. la produzione pubblica di beni e servizi:


A cavallo dei due grandi temi appena sviluppati è possibile individuare una terza leva della programmazione
sociale, costituita dalla possibilità che lo stato offra direttamente o indirettamente bene e servizi ai cittadini,
al fine di garantire loro l'effettiva fruibilità dei diritti collegati. Nel nostro campo, lo stato da sempre
garantisce in forme diverse la produzione di beni pubblici “puri” e l'offerta di servizi sociali, ma anche la
produzione e l'offerta di beni e servizi di pubblica utilità che attengono al benessere della popolazione. A di
là dei differenti approcci politici, le modalità pubbliche di produzione e di erogazione possono essere
differenti anche dal punto di vista della ripartizione di risorse impiegate tra pubblico e privato. Essi sono
riconducibili a tre tipologie: direttamente dallo stato e i propri enti territoriali, ma anche attraverso la
propria articolazione, come le aziende autonome o gli enti pubblici economici e non, le aziende speciali o
enti strumentali e di imprese a partecipazione statale; Tramite forme di esternalizzazione; Attraverso
aziende concessionarie.

7.4. le azioni di sistema:


Rispetto agli obiettivi principali di un programma, se ne possono individuare altri di tipo sussidiario che
intervengono su precondizioni e avviano processi collaterali. Almeno in campo sociale, stiamo parlando di
un'area di possibili interventi piuttosto vasta, ma definite e concettualmente poco districabile, ma può
essere sintetizzata in due piani interconnessi: il sistema di governance e gli strumenti di formazione
indirizzati sia ai decisori politici che ai tecnici del settore. Al di là dei differenti ambiti di competenza, la
stretta connessione che esiste tra le due figure deve affrontare e facilitare la costruzione di visioni,
superando eventuali scarse competenze, settorialità e prevalenza dell’esperienza di gestione. In campo di
programmazione dei FSE vi è molta attenzione a questo aspetto, tanto non vi sono specifiche dotazioni
finanziarie e specifici programmi con l'obiettivo di migliorare la capacità istituzionale della pubblica
amministrazione, di contribuire a migliorare l'attuazione dei programmi operativi. Il programma operativo
nazionale governance e azioni di sistema, per l'attuazione dei FSE, evidenziano come la funzione pubblica
sia una componente della competitività del paese, ma anche della qualità di vita dei cittadini e che il
contesto in cui si opera è fortemente squilibrato presentando sacche di arretratezza inefficienza e
inefficienza accanto a espressioni di eccellenza, su sette assi di priorità ne individua due dedicati a questi
aspetti. Si tratta di un investimento sul capitale umano e sociale del territorio coinvolto nella
programmazione, nella consapevolezza che questi sono i principali strumenti per la buona efficiente ed
efficace realizzazione. Il tema risulta tanto più importante in un approccio incrementale pluri-istituzionale a
più livelli, in cui vengono coinvolti molti differenti attori. A questo si aggiunga quanto sostenuto
sull’importanza della performance istituzionale del capitale sociale governativo della civicness, nonché della
necessità di costruire una visione generale complessiva del bene comune. L'analisi della storia dei territori
in cui si è assistito a più cicli di programmazione, rende evidente come nel tempo si crea localmente un
sistema di apprendimento collettivo che progressivamente facilità e aumenta la capacità di lavorare in
collegamento, migliora le competenze e riduce i tempi di produzione

7.5. le risorse umane e strumentali:


In quanto insieme del personale impiegato e delle dotazioni, le risorse umane e strumentali rappresentano
due classiche leve della gestione di sistemi organizzati e anche della programmazione. Per quanto riguarda
le risorse umane la principale annotazione è che quasi sempre ci si trova di fronte a una forma di
riconversione di chi fino a quel momento si è occupato di gestione e deve assumere un ruolo è totalmente
differente. All'interno del campo sociale ci si muove in sistemi aperti in cui è possibile raggiungere uno
stesso risultato finale partendo da differenti condizioni iniziali, attraverso differenti percorsi e modalità
organizzative. Affinché questo avvenga, occorrono degli investimenti mirati.
L'altra classica leva è rappresentata dalle risorse strumentali che riguardano un insieme di strumenti e
attrezzature. In un’accezione allargata di risorsa strumentale, vi sono alcuni aspetti piuttosto importanti e il

18
cui valore in termini di impegni e trasferimenti di finanziari può essere anche piuttosto oneroso pur se non
valutato e contabilizzato. I sistemi informativi, definiti anche a livello normativo.

CAP. 9 DURATA E CICLICITA’ DI UN PROGRAMMA

La durata di un programma è principalmente connessa agli obiettivi che si propone e alla sua
dimensione finanziaria. Ad esempio, la programmazione europea per le politiche di coesione e sviluppo
ha un ciclo della durata di 7 anni, muovendo nell’ultima tornata 348 miliardi di euro, mentre in Italia si
assiste ad una tendenza a costruire programmi che hanno dimensioni economiche sicuramente
inferiori, della durata di tre anni. Quando si tratta di politiche di lungo respiro, si assiste alloro
traduzione operativa in cicli di programmi successivi. In ogni caso esistono modalità concettualmente e
operativamente differenti per organizzare la programmazione. quando si parla di un ciclo ad esempio di
tre anni, si aprono due approcci differenti:
sequenziale: partendo da una determinata data, il ciclo si sviluppa per i tre anni seguenti, al termine dei
quali può ripartire un nuovo ciclo;
sovrapposto: ogni anno si programma per i tre anni successivi.
Le motivazioni di una scelta di ciclo sovrapposto può nascere dalla constatazione che il fenomeno che si
vuole affrontare nel corso di tre anni potrebbe aver subito trasformazioni tali da rendere inefficace il
programma messo appunto all'inizio del ciclo. I due approcci appena descritti portano a due modelli
operativi differenti.

9.1. modello stop and go:


In questo caso le diverse fasi della programmazione seguono tempi predeterminati, al termine dei quali
si riapre nuovo ciclo. Dal punto di vista logico e razionale è un modello coerente in quanto non pare
possibile aprire un nuovo ciclo di programmazione fino a che non si siano valutati i risultati del periodo
precedente, e pertanto concettualmente è figlio di un approccio alla programmazione razionale. Dal
punto di vista pratico avviene però che al termine dell'implementazione, dovendosi ancora effettuare la
valutazione e immaginando che il ciclo riprenda con le fasi di osservazione e decisione, si crea un
periodo di latenza degli interventi. Se si tiene conto che la fase realmente operativa è solo quella
dell'implementazione e che le altre fasi possono essere anche piuttosto lunghe, i limiti di questo
modello possono essere importanti. nella costruzione di un ciclo di programmazione di durata
predefinita è possibile imporre solo la durata della valutazione finale, mentre è difficile definire in
astratto la durata della fase di preparazione ed implementazione e così alla realizzazione può essere
dedicato solo al tempo rimanente. La durata della preparazione dipende dal contesto in cui ci si muove.
In generale pur restando all'interno di questo modello si possono utilizzare approcci tipo quello
sovrapposto, in cui ogni anno partono successive ondate di progetti che si sovrappongono nei loro
tempi di realizzazione; Oppure adottare modalità di osservazione e di valutazione non come momenti a
sé stanti ma come attività processuali che affiancano la realizzazione di interventi o ancora accorparle
effettuare contemporaneamente dedicandogli uno spazio adeguato non solo periodicamente.

9.2 modello continuo:


A partire dalle considerazioni appena fatte è possibile sviluppare un modello tipicamente incrementale
in cui l'attività di programmazione è un processo continuo e diverse fasi avvengono operativamente in
contemporanea, contaminandosi reciprocamente. Un'applicazione molto vicina a questo modello
teorico la si può ritrovare nell'ultima fase di programmazione dei fondi strutturali europei, in cui vi è
stato un continuo orientamento dei loro utilizzi per poterli adattare alle modificazioni del contesto in
cui ci si trovava e operare alle e alle retroazioni che il sistema complessivo forniva. Nei fatti sarebbe a
dire che superare le fasi iniziali di una nuova programmazione, già mentre si realizzano gli interventi, si
mette in campo un sistema di valutazione che viene utilizzato come osservazione per decisioni di
orientamento, aggiustamento e modificazione del programma preso in itinere. Si si tratta di un modo di
operare che rischia di eliminare ogni specificità delle singole fasi, trasformandosi in attività caotica e
19
non ben indirizzata. La differenza consiste in alcuni elementi: in primis va sottolineato il ruolo del
programmatore che deve essere in grado di coniugare un forte competenza tecnica con la massima
duttilità operativa. in questo caso si tratta di trovare la migliore soluzione possibile al momento dato
per il problema che viene posto. In secondo elemento sta in quell’approccio alla valutazione che supera
i canoni classici di momento a sé stante verso un processo continuo collegato agli interventi.

CAP. 10 IL CICLO DELLA PROGRAMMAZIONE

10.1. TRA teoria e pratica:


I diversi modelli di programmazione sono a loro volta connessi con diversi approcci alle politiche sociali,
per cui l’analisi del ciclo della programmazione deve essere visto come un doveroso tentativo astratto
di tipo metodologico, una traccia del lavoro, l'individuazione di una serie di punti individuati come
necessari, una seria attività indispensabili affinché il rocesso possa avere luogo con coerenza e
completezza. Non sempre lo schema logico corrisponde a quello cronologico, così come la stessa
distinzione tra decisione e attuazione è puramente di natura logica in quanto è in sede di attuazione
che non solo si precisano e si modificano ma si addirittura talvolta cambiano gli obiettivi. All'interno di
un approccio di tipo razionale tutte le attività saranno sviluppate secondo lo schema logico che verrà
deciso, mentre secondo approcci di tipo incrementale il processo si svilupperà secondo logiche più
complesse stravolgendo la sequenza descritta e a volte anche incorporando qualche passaggi. Al di là di
eventuali schieramenti si può dare per assodato che il modello razionale sinottico difficilmente riesce a
sopravvivere all'impatto con la realtà nella situazione sociale, politica e relazionale in cui ci troviamo a
operare. La programmazione è un processo tendenzialmente irrazionale in continua evoluzione,
adattivo, un'attività razionale più o meno contaminata, un processo decisionale che si fonda
sull’applicazione della razionalità. Si potrebbe dire che è un “mito razionalizzato”. Tutto ciò è diverso
dall' idea che la programmazione possa essere un quasi processo, un'attività improvvisata, anche se a
volte da un’osservazione superficiale. La programmazione tende a orientare la realtà nella direzione
desiderata, ma che i tempi con i quali si intende agire non possono quasi mai attendere le logiche che
teoricamente sarebbero necessarie. Particolare attenzione va posta il problema della relazione tra
tecnica e politica. Si tratta di avere ben chiari quali sono i campi, temi e le prerogative che in astratto
attengono alla politica e quelli invece di dominio specifico dei tecnici, per essere poi in grado di trovare
continui adattamenti alla situazione reale di contaminazione, integrazione, “interazione bidirezionale”
caratterizzata dalla continua negoziazione di una prospettiva comune.

10.2. ideazione e atti di indirizzo:


Indipendentemente dalle motivazioni per cui si innesca un processo programmatorio, nonché dei
possibili modelli di leadership, è il momento della maturazione dell'idea in cui il soggetto che svolge la
funzione di leadership fornisce proposte, spunti e mezzi per far crescere l'idea di un programma, il
momento delle scelte politiche che si prefigge di definire i fini e gli obiettivi sociali della pianificazione.

10.2.1. definizione di campo:


Un programma nasce danno indicazione un suggerimento una decisione di carattere politico, normativo
quando occorre occuparsi di un determinato tema, problema anche sulla base di quanto già presente
nel campo di attenzione. Nel corso del lavoro sono necessarie specificazioni che scaturiranno
dall’approfondimento dei contenuti: si apre in questo modo un rapporto continuo bidirezionale tra
decisori politici, che indicano la direzione da percorrere, e tecnici alla ricerca delle soluzioni possibili.

10.2.2. indicazione del quadro valori, diritti, obbiettivi:


Il secondo elemento indispensabile per iniziare a lavorare è l'indicazione del quadro di valori, diritti e
obiettivi che sta alla base del futuro programma, deve orientare la stesura e individuarne le azioni
conseguenti. Conseguentemente al quadro di valori e diritti è auspicabile che vengano indicati già in
questa fase gli elementi relativi alle priorità ed eventuali obiettivi che il decisore politico intende
perseguire affinché possano diventare priorità operative del tecnico nello sviluppare il proprio lavoro a
20
cominciare dall’osservazione e raccolta delle informazioni sul tema, nonché il possibile impianto di
valutazione.

10.2.3. ambito territoriale:


Il terzo elemento p la definizione dell'ambito territoriale a cui ci si riferisce. Appare elemento scontato
ma se si richiamano le considerazioni fatte a proposito del bene comune si vedrà che appare di
notevole importanza in quanto in tale ambito i cittadini avranno gli stessi diritti.

10.2.4. individuazione e mobilitazione degli attori:


L'individuazione dei possibili autori che si intendono coinvolgere nel processo programmatorio dipende
dalla definizione del campo del possibile intervento, ma anche da possibili scelte di inclusione ed
esclusione: la mobilitazione degli attori non è un semplice fatto organizzativo ma una componente
qualitativa, essa riguarda le modalità per con cui il soggetto a cui compete la leadership coinvolge gli
altri soggetti.

10.2.5. le regole e i principi operativi:


La stesura di un programma può essere effettuata con modalità molto differenti a seconda
dell'impostazione che la parte politica intende adottare e che saranno indicati in documenti contenenti
i principi operativi e le regole conseguenti. È il tema della determinazione della governance e delle
modalità di funzionamento. In molti casi le regole e i principi operativi, nonché il vero e proprio modello
operativo, diventano un documento specifico che affianca a struttura tutto il processo. Elemento
fondamentale del sistema di regole è la definizione del sistema di costruzione del programma e in
particolare il sistema di regia e coordinamento, responsabilità e i limiti di ciascuna parte, le eventuali
strutture di supporto, i luoghi e i metodi per affrontare le criticità ed eventualmente i conflitti.

10.2.7. le risorse:
Ogni programma ha una storia a sé che anche su questo piano, dalla chiarezza delle risorse disponibili
già nella fase iniziale come nel caso di stanziamenti ad hoc su cui costruire un programma operativo, a
indicazioni generiche sulle possibilità di reperire finanziamenti proprio sulla base del programma che ci
si appresta a studiare. Il tema è di importanza basilare poiché sempre senza alcuna indicazione, almeno
sull’ordine di grandezza delle cifre disponibili, appare piuttosto difficile attivare qualsiasi processo. Il
rapporto bidirezionale tra tecnica e politica risulta in ogni caso fondamentale nel trovare un punto di
equilibrio tra i desiderata e le reali possibilità operative. In caso di mancanza di chiarezza in questa fase
di maturazione dell'idea è possibile pensare di lavorare su alcuni scenari generici sulla base dei quali
provare a ricercare adesioni e risorse per possibili realizzazioni. Nella fase di pre-programmazione
potranno essere indicati ulteriori elementi a seconda del livello di definizione che decisione politico
avrà adottato, sui temi già esposti sia sulle possibili integrazioni con altri programmi in atto o in
elaborazione, su che cosa ci si aspetta esso contenga, sulle possibili articolazioni eccetera. Ogni
ulteriore livello di definizione nella fase di pre-programma restringer l’operato del tecnico e gli
permette di focalizzare meglio la sua situazione. Tutti questi aspetti dovrebbero essere contenuti in una
documentazione o in atti con valore vincolante che possano diventare la road map indicata all'esterno e
consegnata ai tecnici per il loro lavoro di input.

10.3. input:
è la fase tipicamente tecnica distruttore delle decisioni sul tema in oggetto. Si tratta di fornire tutti gli
elementi che si ritengono necessari affinché le decisioni possano essere prese al meglio della
conoscenza sull'argomento definito nella fase di pre-programma. È un esempio tipico dei fenomeni
organizzativi che viene definito come “supporto alla decisione”.

10.3.1. sintesi delle conoscenze del fenomeno:


Il primo passaggio è rappresentato dalla sintesi delle conoscenze scientifiche consolidate sul fenomeno
in questione. Sono elementi che il tecnico deve ben conoscere portandoli all'attenzione del decisore
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politico anche se non è detto debbano trovare spazio nella vera e propria stesura del programma. In
particolare, occorre arrivare a una sintesi su almeno quattro aspetti: gli schemi teorici di riferimento e
determinanti, la potenza degli interventi e il costo per ciascuna unità di risultato atteso. In mancanza di
tali informazioni analitiche non si esclude ovviamente un atto di programmazione, ma si dovrebbero
ipotizzare interventi programmatori di carattere sperimentale che producano per eventuali successive
generalizzazioni proprio le informazioni mancanti nei diversi aspetti. Ciò che interessa è di portare a
sintesi le conoscenze che verranno messe alla base e orienteranno la programmazione nonché la loro
chiara enunciazione alla fine di evidenziare la catena logica sottostante e cercando di superare gli
approcci pregiudiziali e intuitivi, ma anche di pre-costruire modalità di valutazione del processo.

10.3.2. gli schemi teorici di riferimento e dei determinanti:


Non esiste solo un modello teorico, i modelli non sono dati a priori: costituiscono strumenti scientifici
che vanno costruiti sulla base della prassi operativa, della sperimentazione, della ricerca, alla luce di
ipotesi teoriche. In questo ambito si colloca anche la conoscenza dei determinanti, in quanto orientata
a conoscere in generale le regole con cui il fenomeno nasce e si sviluppa, indirizzare l'osservazione
nell'ambito in cui ci si trova a operare e ricercare la presenza e valutarne la forza e la direzione in modo
da orientare possibili interventi.

10.3.3. valutazione tecnica del precedente periodo di programmazione:


Qualora ci si trovi nella situazione di un ciclo di programmazione che ne segue un altro, l'aspetto della
valutazione della fase precedente è ovviamente di grande rilevanza. Al di là di quanto detto in tema di
valutazione se ne possono richiamare alcuni elementi, ponendo l’accento sulle acquisizioni tecniche: la
tenuta del sistema di ipotesi e conoscenza del fenomeno che erano state messe alla base; L'indicazione
del grado di raggiungimento degli obiettivi che ci si era proposti e l'analisi degli eventuali scostamenti
con particolare attenzione agli effetti inattesi e imprevedibili che risultano assai più significativi rispetto
a quelli previsti e perseguiti intenzionalmente. La raggiungibilità di questi due obiettivi dipende in gran
parte dal livello di esplicitazione messo appunto nella programmazione del ciclo precedente.

10.3.4. osservazione:
In un sistema razionale si postula sia possibile osservare la realtà in tutti i suoi aspetti connessi al
problema in oggetto per poi ipotizzare scenari diversi di intervento con possibili diversi obiettivi del
programma. Ma se assumiamo che l'osservazione sia un'operazione fortemente opinabile in parte
rispetto agli strumenti che si intendono utilizzare e sicuramente rispetto a che cosa si vuole osservare, i
due passaggi tendono a contaminarsi reciprocamente. Dal punto di vista del cosa osservare,
riprendendo l'idea che cogliere gli oggetti sociali nella loro interezza, nella loro essenza o nel loro senso
ultimo è del tutto chimerica.
Il primo elemento è costituito dei bisogni della domanda. ;olto si è discusso e approfondito in merito
alla tematica dei bisogni degli individui, dei gruppi della popolazione, ma appare importante richiamare
solamente alcuni elementi che da un lato suggeriscono cautela nell’affrontare l'argomento, mentre
dall'altro indichino alcune direzioni per l'osservazione.
Per Neve, che sviluppa una revisione critica sul tema, innanzitutto la stessa definizione di bisogno
dipende dalle diverse visioni della società, rendendo impossibile una definizione univoca, nonché da
diverse letture mediante una forma di “diaframma” costituito da modelli culturali di comportamento,
dalle norme e valori. A questi elementi si aggiunge che i bisogni non sempre sono chiaramente espressi
o anche percepiti; Che alcuni sono in qualche modo reali oggettivi, mentre altri sono specificatamente
soggettivi, a volte prevalentemente indotti o deviati dall'offerta dei servizi. A partire da questi elementi
di cautela l'attenzione dell'osservazione dovrà essere indirizzata alla ricerca delle differenze presenti
nell’ambito di riferimento in termini sia di bisogno, di benessere, sia di disagio. Nello specifico campo di
bisogno e dell'offerta di servizi sociali, Martini suggerisce che il fabbisogno sociale esprime
In forma sintetica la domanda di servizi sociali che emerge dalla società, distinguendo tra “fabbisogno
attuale”, come quantità e qualità di servizi sociali necessari al momento, e “fabbisogno futuro”, come
frutto di protezioni derivanti dalle previsioni demografiche, dall’analisi dell’utenza e dall’ipotesi di
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sviluppo economico territoriale. L'autore suggerisce anche una prima lista di ambiti di osservazione. Su
altri temi e problemi dovranno essere le expertise e la conoscenza dei diversi attori a provare a
costruire una lista di osservazione.
Un secondo elemento è quello delle risorse del contesto. Aspetto peculiare è quello delle risorse di
capitale sociale e umano presenti nell'ambito territoriale. Strumento oltremodo utile è quello
dell'analisi SWOT. A ciò si aggiungono le risorse strumentali e finanziarie pubbliche. Sul piano
finanziario si possono perseguire strade del tipo “bilancio consolidato del territorio”, inteso come la
rilevazione di tutte le risorse finanziarie che insistono su un determinato territorio finalizzata al tema in
questione, che possono fornire indicazioni sia su quanto realmente viene investito, sia sulle priorità
reali che i diversi attori perseguono nello stesso ambito territoriale. Particolare attenzione deve essere
prestata alle possibilità di finanziamento che è possibile attivare sulla tematica attraverso la
partecipazione a bandi di progettazione sul tema e magari attivando nuovi canali del privato nella logica
della responsabilità sociale delle imprese. Tutt'altro che indifferente è la definizione del luogo
dell'osservazione, inteso come livello di ambito territoriale. Affinché l'osservazione possa portare al
momento decisionale le informazioni utili, occorre che questa sia effettuata dallo stesso livello locale.
Un ultimo elemento è costituito dagli strumenti di lettura e di sintesi. L'osservazione orientata
all'intervento è un processo complesso e articolato che può produrre una quantità anche notevole di
informazioni più o meno standardizzate su molteplici versanti, per cui è indispensabile utilizzare metodi
e strumenti per la riduzione della complessità affinché il decisore politico possa trovare sul suo tavolo
solo le informazioni utili alla decisione. Nel caso di programmazioni generaliste, cioè che si occupano
complessivamente dello sviluppo di un territorio in contrapposizione con altre che si occupa di uno
specifico tema, si può fare riferimento ad alcuni strumenti sufficientemente standardizzati che possono
essere utilizzati per avere una traccia di lavoro nella costruzione di un profilo della situazione esistente.

10.3.5. risorse, efficacia, efficienza:


Analizzato e conosciuto un fenomeno si pone il problema di prevedere gli interventi conseguenti.
Spesso questo avviene con il metro del buon senso, o meglio con l'esperienza dei tecnici del settore che
sanno come agire. In molti campi è sicuramente un metodo importante ma non sempre
adeguatamente formalizzato, in quanto tale rende più incerta e difficile la decisione in merito agli
investimenti di risorse comunque sempre limitate. Siamo di fronte a due ambiti tra loro interconnessi
che hanno trovato poco spazio in cambio di programmazione sociale: quello della definizione della
potenza di intervento, e quello dell'analisi dei costi-benefici; Il primo si chiede essenzialmente quanto
ciascun intervento sposti o modifichi la situazione esistente, mentre il secondo mette a confronto i
benefici che si potranno ottenere a fronte degli investimenti effettuati. L'obiettivo è quello di vedere se
e in quel contesto conviene fare un investimento. Appare chiaro che in alcuni casi questo approccio
verrà messo da parte e la programmazione andrà avanti indipendentemente dalla valutazione di questo
tipo, ma in tutti gli altri casi la scelta ne potrà tenere conto soprattutto per indirizzare risorse limitate. Il
poco spazio che questi metodi hanno finora trovato in campo di programmazione sociale nascono
prevalentemente da alcuni problemi di fondo in quanto si confrontano grandezze incommensurabili
come risorse finanziarie e benefici umani e sociali tra loro difficilmente definibili e comparabili. A
questo si aggiunge la complessità di procedure che chiedono competenze professionali e culturali non
in possesso degli operatori sociali.

10.3.6. la sintesi finale per la decisione:


L'ultimo passo della fase di input è la costruzione di una sintesi finale complessiva comprendente tutti
gli aspetti precedentemente discussi con l'obiettivo di fornire al decisore tutti gli elementi che gli
permettono di orientare scientificamente il programma in questione. Essa dovrà contenere: una
rappresentazione della lista delle priorità individuate; Suggerimenti sulle possibili strategie anche
alternative; Possibili obiettivi e azioni; Eventuali ipotesi su possibili effetti non previste dal programma;
Tempistica operativa. Siamo all'essenza della funzione di supporto alla decisione che il tecnico deve
svolgere al meglio delle proprie competenze e che nel linguaggio della programmazione europea viene
spesso denominata come “sintesi orientata all'intervento” o evidence based.
23
10.4. decisione:
La terza macro fase del ciclo di programmazione è costituita dal momento della decisione sugli indirizzi
del programma: è il momento dell’assunzione di responsabilità. Dal momento che la decisione è
anch'essa un processo, il tecnico affiancherà il decisore con ultimi approfondimenti, suggerimenti e
altre indicazioni che possono avvenire dal suo campo in una modalità che si configura come circolare.
Se la prima fase è di specifica competenza tecnica, questa è la fase della politica. Innanzitutto, deve
essere chiaro che le scelte politiche possono avere importanti suggerimenti nel campo tecnico ma
avvengono per logica obiettivi che tengono in conto e moltissimi altri aspetti. Questo è un tema che
almeno due versanti: da un lato pone il tecnico in posizione secondaria e prevalentemente esecutiva
perché la responsabilità politica e istituzionale è solo del decisore; Dall’altro il tecnico può ritrovarsi a
dover supportare politiche e interventi che rispetto alla sua personale visione politica della scelta non
trova congruenti. In questi casi estremi sarà la sua conoscenza a dargli la dimensione della dicotomia
per decidere se restare o meno all'interno del programma che si desidera. Il processo di definizione
delle scelte può essere orientato dal sistema razionale, ma sicuramente terrà conto della sensibilità
politica che deriva dall’appartenenza a uno schieramento; Dal loro sistema di valori, i principi ispiratori,
dalla sensibilità individuale e di genere; Dal loro campo di interesse azione e provenienza eccetera. Se si
tiene conto del sistema di programmazione entro il quale, in questa fase storica, ci si trova a operare si
comprenderà che non solo la fase della decisione può essere lunga e complessa ma che il risultato sarà
sempre una forma di accordo/compromesso tra tutti i possibili decisori. Si tenga in conto del fatto che
ciascun attore che concorra alla decisione ha una sua specifica appartenenza definite da una propria
mission, da norme e competenze che ne orientano la visione del fenomeno. Ci troviamo in una fase
processuale anche per quanto riguarda le prime indicazioni del piano operativo del programma: infatti
se al termine della fase di input il tecnico avrà ipotizzano alcune soluzioni per lo sviluppo del
programma, solamente quando si entra nella fase decisionale tali prime possibili proposte saranno
vagliate, sottoposte a inevitabili critiche, suggerimenti, verificate alla luce delle competenze politiche.
Gli ambiti della decisione possono essere sintetizzate nei seguenti elementi.

10.4.1. definizione delle priorità e degli obbiettivi.


La fase della decisione è un secondo momento politico incentrato sulla scelta delle priorità, delle linee
di indirizzo operative e su cui il programma dovrà essere costruito e sugli obiettivi che si intendono
perseguire. Nella definizione degli obiettivi la funzione tecnica torna affinché questi siano
progressivamente articolati dal generale allo specifico fino all'operativo affinché siano realmente
osservabili, misurabili. Il sistema degli obiettivi può essere molto articolato e porsi a diversi livelli:
obiettivi generali che vengono progressivamente specificati arrivando a livelli di dettaglio gradualmente
maggiori. In questo senso si può seguire il modello assi-misure-azioni che richiede un rapporto stretto
tra parte politica e tecnica.

10.4.2. indirizzi e strategia operativa:


L'analisi e l'osservazione del fenomeno avranno portato indicazioni sull'origine, lo stato attuale, i
determinanti e i suoi aspetti salienti; Tali elementi saranno stati a loro volta analizzati e interpretati dal
decisore politico all'interno di una visione generale della società e del suo sistema di valori di
riferimento. Tutto ciò porterà a esplicitare come si intende agire. In questa direzione particolare
attenzione sarà dedicata al sistema di governance del programma, cioè a definire le regole e i principi
operativi già delineati in fase di pre-programma; Poi si individueranno i cardini e le leve che si
intendono adottare nella considerazione che, quanto più un fenomeno sarà articolato e complesso,
tanto più ci si aspetta dal programma che intende affrontarlo. Infine, potranno essere previste
eventuali azioni di sistema e più in generale azioni collaterali e di sostegno al programma stesso.

10.4.3. quantificazione e allocazione delle risorse finanziarie:


Tra le diverse leve della programmazione quelle delle risorse finanziarie richiedono un particolare
approfondimento in quanto sicuramente si tratta della più duttile e della più utilizzata anche per
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sostenere la produzione di beni e servizi. Sulla base delle risorse assegnate sarà possibile iniziare a
preparare un programma operativo che provi a contemperare i diversi vincoli che derivano dalla fase di
decisione. Un programma ha dei suoi costi operativi diretti, rappresentati da specifici interventi, ma
anche da costi indiretti, che tendono ad aumentare proporzionalmente alla dimensione del programma
stesso. La valutazione dei costi indiretti è spesso un elemento sottovalutato che può inficiare lo stesso
sviluppo del programma: in particolare vanno ricordate tutte le azioni che accompagnano il nucleo
centrale del programma e ne garantiscono il contesto in cui si sviluppa e i costi della strategia operativa,
e in particolare della regia del processo. Tali costi vanno conteggiati in maniera analitica a carico delle
risorse del programma. Un altro elemento è relativo al fatto che il quadro delle risorse messe a
disposizione del programma può essere anche piuttosto articolato. Nel caso di programmi integrati sui
fenomeni complessi si può distinguere tra risorse direttamente assegnate, cioè che sono a disposizione
del programmatore per preparare il piano operativo, e risorse che il programma si propone di
indirizzare pur non essendone a diretta disponibilità.

10.4.5. collegamento con altri strumenti di programmazione territoriale:


Il sistema di programmazione socio economica del nostro paese sia avvale di molteplici strumenti di
programmazione su base territoriale, in qualche modo tutti riconducibili all'obiettivo generale di
migliorare il benessere. Il tecnico può indicare quali possano essere le connessioni tra i diversi
strumenti, ma è il campo politico quello che attiene a ciò che abbiamo chiamata intenzionalità
dell'integrazione.

10.5. costruzione e implementazione del programma:


Sulla base delle indicazioni del decisore si apre ora la fase della costruzione del programma operativo,
in cui la parte tecnica torna ad assumere prevalenza. Si tratta di mera prevalenza in quanto anche la
costruzione operativa del programma deve confrontarsi continuamente con il decisore affinché si
verifichi costantemente che le opzioni tecnico operative corrispondono alle indicazioni politiche. La
costruzione del programma è il momento centrale di tutto il processo. Il grado di definizione del
programma sarà diverso a seconda del livello a cui si pone il programma stesso, potendo spaziare da
una programmazione generale di tipo orientativo o indicativo, fino alla programmazione locale di
dettaglio molto operativo, secondo l'approccio analizzato nella relazione tra piani, programmi e
progetti. Da questo dipenderanno anche gli obiettivi, i metodi e gli strumenti di ricostruzione e anche
della sua valutazione. Nella costruzione del programma si dovranno inserire alcuni elementi.

10.5.1. regia e competenze tecniche:


Quanto più un programma è complesso e articolato tanto più richiede la definizione di una forma di
regia, di un sistema operativo ed esecutivo che ne supervisioni l'andamento in tutte le sue articolazioni.
Per la sua speicifcità è un compito a cavallo tra la competenza tecnica e quella politica e, nella
programmazione di ambito, normalmente essa viene effettuata da due organismi differenti che
dialogano tra loro. Mentre sul piano politico si tratta di facilitare confluenze sulle priorità, sul piano
tecnico si tratta di mettere in campo energie e confronti in un approccio definito “debole e nutritivo”:
cioè che promuove la capacitazione e aumenta il know how. In un campo che presenta notevoli
analogie con il nostro, quello dei processi decisionali inclusivi, Bobbio affronta il tema di chi li avvia,
segue, accompagna e gestisce, individuando due funzioni: di garanzia che il processo vada avanti; E di
una leadership orientata al buon andamento del processo, che si adoperi all'interno perché le cose
funzionino. Diciamo che il social planner è chiamato a svolgere un'attività lavorativa particolarmente
complessa che assomma a sei più funzioni, richiede un impegno in numerose attività e necessita da
parte del lavoratore di un elevato grado di responsabilità. Occorre aver presente il fatto che la regia per
essere realmente efficace è costosa.

10.5.2. il sistema di monitoraggio:


Uno degli strumenti fondamentali di lavoro della regia è il sistema di monitoraggio, funzione continua
che utilizza la raccolta sistematica di informazioni per fornire in corso d'opera indicazioni sullo stato di
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avanzamento, sul conseguimento degli obiettivi, sull’utilizzazione di fondi allocati, permettendo di
verificare e controllare che il programma segua le modalità e la tempistica prevista in tutte le sue
possibili articolazioni. L'applicazione di tale sistema di supporto è compito del tecnico, ma i risultati di
tale attività sono da riportarsi nella loro sintesi nella regia politica del programma. Sul piano
quantitativo uno dei macro-strumenti adottati e la costruzione di un cronoprogramma delle
azioni/relazione tra le diverse partizioni che permettono di organizzare tutto il processo e
conseguentemente di monitorarlo. Collegato a questo è possibile mettere appunto un sistema di
indicatori di processo che permettono di avere una visione per punti dello Stato di realizzazione del
programma, nonché specifiche schede di progetto per ciascuna articolazione del programma, e mettere
in campo altri specifici strumenti di osservazione per la verifica dell’effettiva situazione di realtà. Sul
piano qualitativo, è possibile programmare interviste a interlocutori privilegiati o focus group che
permettono di avere un'immagine dell'andamento del programma. Tema di particolare importanza è
quello di individuare le informazioni interessanti in modo che arrivino alla regia del programma e al
tavolo dei decision maker. Il monitoraggio dovrà tenere sotto controllo il grado di completamento,
l'andamento dei costi, il coinvolgimento della popolazione/tema bersaglio.

10.6. approvazione:
Al termine della costruzione del programma, questo sarà sottoposti ad approvazione affinché diventi
documento cogente da realizzare secondo gli impegni assunti. Nei modelli incrementali pluri attori si
assisterà a un’articolazione delle modalità di approvazioni per ogni gruppo di attori, ciascuno secondo
le proprie regole interne, ma tutto l'iter dovrà terminare con un atto che risponde al principio di
responsabilità. Per i programmi di carattere strategico e di ampio respiro, inizia una prima fase di
accountability attraverso forme di comunicazione all'esterno. È una questione di pubblicità nel senso
più profondo del termine di “rendere pubblico”, a “rendere noto”.

CAP. 11

11.1.1 Theory Based Evaluation:


La TBE, sviluppatasi a partire principalmente dal lavoro di Weiss testa i nessi tra cosa si ritiene che le
attività del programma dovrebbero innescare, in termini di cambiamento, nonchè cosa viene lungo il
percorso e gli outcomes complessivi, permettendo di individuare non solo il cosa accade come esito del
programma ma anche il come e il perché. Vengono studiati in modo sistematico e cumulativo i
collegamenti logici per cui ogni azione è al contempo un fine dell'azione precedente e un mezzo di
quella successiva, secondo un approccio logico che può essere moltiplicato più volte in schemi
cosiddetti ad albero. Sono previsti tre passaggi successivi: enunciazione delle teorie soggiacenti ai
programmi; Esplicitazione de legame causale tra attività e risultati attesi e del ruolo delle variabili
esterne del contesto; Loro scomposizione in micro-fasi, micro-riassunti predisponendo in questo modo
una valutazione ex ante sulla tenuta logica della catena logico concettuale ed ex post sulla verifica di tali
passaggi.

11.2. Analisi SWOT


L'analisi SWOT conosciuto anche come matrice TOWS è uno strumento di pianificazione strategica che
si presta bene a essere utilizzata in forma partecipata per valutare i punti di forza e debolezza, le
opportunità e le minacce di un progetto di un'impresa o di ogni altra soluzione in cui un’organizzazione
o un individuo deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo. L'analisi può riguardare
l'ambiente interno o esterno di un'organizzazione. A partire dagli anni 80 è stata utilizzata come
supporto alle scelte di intervento pubblico per analizzare scenari alternativi di sviluppo. Oggi l'uso di
questa ricerca è stato esteso alle diagnosi territoriali e alla valutazione di programmi regionali. I
regolamenti comunitari ne chiedono l’utilizzano per la valutazione di piani e programmi. L'analisi SWOT
è un’analisi ragionata del contesto settoriale o territoriale in cui si realizza un programma di intervento
al fine di definire le opportunità di sviluppo di un'area territoriale o di un settore o di un ambito di
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intervento, che derivano da una valorizzazione dei punti di forza e da un contenimento dei punti di
debolezza alla luce del quanto di opportunità e rischi che deriva. I punti di forza e di debolezza sono
propri del contesto di analisi e sono modificabili grazie all'intervento proposto, rappresentano il centro
della programmazione mentre le opportunità e i rischi derivano dal contesto esterno e non sono quindi
in prima istanza modificabili e normalmente sono utilizzati come vincoli positivi o negativi.

11.3. Analisi PEST:


La PEST, che nasce nei contesti aziendali è un modello per esplorare il macro ambiente esterno in cui si
opera: è una metodologia che si basa su alcune variabili del contesto che riescono a tratteggiare lo
scenario esistente nell'ambito in cui si opera, al fine di individuare quali variabili possono essere
rilevanti nel processo decisionale e nelle scelte strategiche e operative. Le riflessioni su tali variabili
possono essere sviluppate anche in chiave prospettica con l'intento di individuare i principali elementi
di discontinuità con il quale ci si vuole confrontare. L'acronimo inglese individua quattro macrovariabili
principali che determinano opportunità o minacce per le imprese in un determinato mercato. Le
opportunità e le minacce sono infatti fattori esterni controllabili che possono contribuire nel creare o
distruggere valore. In quanto tale l’analisi PEST può essere utilizzata nel quadro dell’analisi SWOT per gli
elementi esterni. Per ogni micro variabile si studiano i fattori principali e le relative ripercussioni sulla
strategia:
Fattori politici: stabilità politica, legislazione in materia di concorrenza, politica fiscale, legislazione del
lavoro, protezione, ecc ;
Fattori economici: sviluppo economico, tassi di interesse, spesa pubblica ecc;
Fattori tecnologici: tasso di riferimento tecnologico, spesa pubblica ricerca e sviluppo, ecc ;
L'analisi a cui si presta è relativamente semplice e poco costosa, viene affrontata attraverso
metodologie desk come ad esempio: sessione di brainstorming in alcuni casi l'analisi comprende due
ulteriori variabili: l'aspetto normativo e quello ambientale.

11.4. Project management:


Con l'espressione project management ci si riferisce in generale alle attività volte alla realizzazione di un
progetto e in particolare alle fasi di pianificazione, esecuzione e monitoraggio, con una particolare
attenzione alla gestione delle risorse, dei tempi, dei costi, della qualità, all'impiego delle risorse umane,
controllo dei rischi. Applicabile alla conduzione di progetti di qualsiasi dimensione, risulta una tecnica
gestionale particolarmente efficace ove i progetti siano complessi o composti da più sotto progetti
contemporanei, con un significativo livello di rischio di fallimento. Il concetto di base è quello di
suddividere un progetto complesso in entità più semplici, tenendo bene evidenza le relazioni tra queste
entità. Alcuni approcci prevedono la definizione della work breakdown structure che consiste
nell’individuazione delle attività elementari nella quale suddividere il progetto, le quali vengono a loro
volta raggruppati in macroattività. A ciascuna attività vengono poi assegnate le risorse umane e
materiali necessarie oltre al tempo utile per completarle e ai vincoli che la legano alle altre attività. In
modo da definire il “percorso critico” del progetto, ovvero la catena di attività la cui durata influisce
direttamente sui tempi di completamento del progetto. Analogo approccio della critica chain che
focalizza l'attenzione sulla disponibilità delle risorse oltre che sulle dipendenze logiche tra attività di
progetto. Tra i vari strumenti più usati vi sono il diagramma di Gantt e quello PERT.

11.5. Diagrammi di flusso:


Un diagramma di flusso, o a blocchi, è un linguaggio formale di tipo grafico per rappresentare algoritmi.
Obbligando a definire in modo formale e standardizzato i flussi di processo produttivo, è uno strumento
ampiamente utilizzato tutte le procedure di qualità in tutti i settori. Consente di descrivere le differenti
operazioni sotto forma di uno schema in cui le diverse fasi del processo e le differenti condizioni che
devono essere rispettate vengono rappresentate da simboli grafici detti “blocchi elementari”, ciascuno
con una sua specifica forma grafica associata a un particolare azione del processo. In questo modo
rappresentandolo con un diagramma di flusso possiamo comprendere immediatamente chiaramente
l'esatto funzionamento del ragionamento che sottintende il processo produttivo.
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11.6. Diagramma di Gantt:
Il diagramma di Gantt a è uno strumento di supporto alla gestione dei progetti, utilizzato
principalmente nelle attività di project management che mostra le varie fasi che costituiscono il
progetto come linee che partono nel diagramma dalla data in cui devono essere intraprese, e
terminano alla data in cui devono essere ultimate. In questo modo il diagramma mostra la successione
temporale delle diverse attività in sequenza ed evidenzia quelle che possono essere svolte
contemporaneamente o quelle che sono in relazione con altre. Le relazioni tra le attività consentono di
modificare il percorso critico e di calcolare la durata della programmazione. Un diagramma di Gantt
permette dunque la rappresentazione grafica di un calendario di attività, utili al fine di pianificare,
coordinare e tracciare specifiche attività in un progetto fornendo la base per una chiara illustrazione
dello stato di avanzamento del progetto rappresentato; Di contro uno degli aspetti poco tenuti in
considerazione è l’interdipendenza delle attività sottostanti, caratteristica invece della programmazione
reticolare, cioè del programma PERT.

11.7. Diagramma PERT:


È un sistema di gestione di progetti che deriva dalla fusione delle due tecniche in un’ottica di
programmazione reticolare. La tecnica, sviluppata nei primi anni 70 dalla Marina degli Stati Uniti, serve
a tenere sotto controllo le attività di un progetto utilizzando una rappresentazione reticolare che tiene
conto dell'interdipendenza tra tutte le attività necessarie al completamento del progetto. La tecnica
CPM invece, è nata per individuare nell'ambito di un diagramma a rete la sequenza di attività più critica
ai fini della realizzazione di un progetto. Individuato il percorso critico si tengono sotto stretto controllo
le attività che lo compongono in quanto un ritardo di qualsiasi di queste comporta un ritardo dell'intero
progetto. Con queste tecniche si rappresenta il flusso logico dell'attività mediante percorsi reticolari con
la loro durata, formati da attività, con i dati di indicazione delle risorse necessarie, frecce, che
rappresentano le relazioni tra loro, e nodi, punti di inizio/fine delle attività che rappresentano gli eventi
nel tempo. In questo modo le componenti principali di un reticolo sono le attività, i vincoli tra loro, le
date prefissate e il calendario, mentre i traguardi intermediari diventano le milestones. I legami tra le
attività possono essere di quattro tipi.

11.8. L’identificazione di bacini d’utenza:

- La isocrone:
Sono definite isocrono le linee che uniscono tutti i punti raggiungibili nello stesso periodo di tempo.
Le mappe isocrone sono pertanto delle specie di territori deformati. Adottando il metodo delle
isocrone il tempo di percorso può essere calcolato con l'utilizzo dei mezzi sia privati sia pubblici. Il
primo caso che si attaglia il calcolo dello spostamento sia di chi deve partire dal baricentro per
fornire un servizio sia del cittadino che converge, è un calcolo netto, mentre nel secondo caso
occorre introdurre l’ulteriore variabile degli orari e della frequenza dei mezzi disponibili. Secondo
questo approccio il bacino può essere pertanto raffigurato secondo:
Isodistanze: stessa distanza dal baricentro;
Isocrone: stesso tempo di percorrenza per raggiungere il baricentro;
Isopopolazione: numerosità della popolazione presente all'interno di isodistanze o isocrone.
Nel caso ideale di una rete di viabilità e trasporti distribuita uniformemente sul territorio e di
uguale capacità di flusso, il bacino sarà formato da cerchi concentrici.

11.8.2. indici di accessibilità:


L’identificazione di bacini di utenza e il calcolo dell'accessibilità può essere risolto anche con un altro
metodo. È possibile costruire degli indici di accessibilità che misurano le difficoltà di accesso dell’utenza
a presidi locali, tenendo in conto, ad esempio, della distanza chilometrica e della fascia oraria di
fruibilità del servizio, a cui si dovrà assegnare un peso relativo. Valori bassi dell'indice segnaleranno una
facile accessibilità mentre valori alti segnaleranno difficoltà.
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