Sei sulla pagina 1di 27

COSTRUIRE E VALUTARE PROGETTI NEL SOCIALE

CAP.1 CARATTERISTICHE DELLA PROGETTAZIONE NEL SOCIALE

1.1 Il processo di progettazione


La progettazione è un’attività fondamentale unitaria, orientata all’invenzione e realizzazione
di artefatti anche molto complessi.
il progetto può essere inteso come momento di transizione tra sogno, desiderio e azione
trasformativa intenzionale. Nel progetto si sistematizzano connessioni, intuizioni, ipotesi in
modo scomposto, non con sequenze lineari. Si dà ai propri propositi e ai percorsi dell’agire
che si intendono perseguire una forma comunicabile. La progettazione è un’attività cognitiva
che riguarda la trasformazione di materiali e condizioni. Talvolta l’idea di progetto è associata
ad immagini meccaniche, ma non è sempre così.
Le cose sono prevedibili, ma i margini di libertà sono consentiti. L’influenza dei fattori di
contesto è a volte decisiva.

DA IDEA RIGIDA DI PROGETTO (COME ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA)  A


PROGETTAZIONE INTESA COME ATTIVITA’ ESPLORATIVA, ATTIVITA’ DI
PRODUZIONE DI MONDI POSSIBILI.

La progettazione intesa come attività cognitiva sposta l’attenzione sulle competenze


progettuali possedute dagli attori sociali e viene definita come “attività di produzione di
mondi possibili”, come “attività esplorativa e costruttiva volta alla ricerca e alla definizione
dei problemi”.
Infine si può progetta in solitudine, ma più frequentemente si co-progetta.

1.2 La progettazione nel sociale


Caratteristiche della progettazione nel sociale:
1. Si producono servizi in particolare servizi alla persona
2. Forti valenze valoriali, affettive ed etiche connaturate al lavoro
3. Presenza di personale professionista o semi-professional (educatori, sociologi,
insegnanti, medici, psicologi..)
4. Molteplicità degli attori e frammentazione delle competenze istituzionali
5. Molteplicità e pluralità delle tipologie organizzative, delle culture organizzative e delle
culture professionali. Quasi sempre i progetti richiedono un’organizzazione a “rete”.
6. Complessità dei fenomeni oggetto di intervento
7. Forte dipendenza da finanziamenti pubblici

Perché lavorare per progetti:


1. Forte esigenza di innovazione sperimentazione e verifica
2. Necessità di evitare inadeguatezza e sprechi nella divisione del lavoro per funzioni
3. Esigenza di sviluppare collaborazioni e partnership con altre organizzazioni sulla base
di accordi e obiettivi comuni; necessità di sviluppare lavoro di rete tra servizi.
4. Modalità prevalente di accesso a risorse finanziarie (convezioni con enti locali,
finanziamenti regionali o nazionali, co-finanziamenti, ecc..)

Tre principali motivazioni che spingono gli operatori a elaborare progetti:


1. Motivazioni connesse alla scarsità di risorse finanziarie disponibili per le politiche
sociali;
2. Necessità di produrre a parità di risorse servizi innovativi e maggiormente rispondenti
alle esigenze ed ai bisogni degli utenti/clienti;
3. Spinta alla “organizzazione a rete dei servizi” data dalla necessità di sviluppare
strategie tra diverse organizzazioni pubbliche e private nella gestione dei reciproci
servizi.

Tipologia di offerta di servizi


Nei servizi vi è una parte di front-office, che si realizza frontalmente nel rapporto con il
cliente, e una parte di back-office che corrisponde ad altre funzioni di supporto che

1
garantiscono e permettono l’offerta del servizio stesso. L’attività di front-office determina la
qualità del servizio offerto. È attraverso la relazione tra operatore e utente che si realizza un
servizio: il coinvolgimento di queste due persone e il loro reciproco impegno sono elementi
determinanti.
Se si toglie all’operatore la corresponsabilità nell’elaborazione di un progetto si apre una
distanza tra gli obiettivi formali e dichiarati e gli obiettivi sostanziali determinati dai
comportamenti dei soggetti coinvolti e viene così delegittimato e svalutato il ruolo
dell’operatore.
Nella progettazione degli interventi bisognerebbe coinvolgere sempre anche il soggetto che
ha il rapporto faccia a faccia con il cliente-utente che solitamente viene considerato “ultimo
anello della catena”.
Nei servizi alla persona è necessaria la capacità di attivarsi e modificarsi in funzione di stimoli
e necessità provenienti dai propri clienti e dall’ambiente esterno in generale. Un servizio
“rigido” è un’organizzazione centrata sulle procedure e sull’adempimento dei compiti dove
non si attivano processi di verifica diffusi e in itinere sui risultati.
La flessibilità organizzativa risulta necessaria laddove non è possibile avere ampi margini di
previsione, né standardizzare le pratiche di lavoro, né utilizzare soluzioni sperimentate in
precedenza.
La capacità di progettare e valutare continuamente i propri interventi rientra tra le
caratteristiche principali dei servizi più innovativi, di quei servizi capaci di adattarsi ai contesti
che cambiano.

Dimensione valoriale
Il lavoro nel sociale è carico di valenze etiche, affettive.
Nel sociale l’attività di progettazione può rappresentare il momento privilegiato in cui si
esplicitano i propri valori, modelli di riferimento, le teorie che implicitamente si utilizzano per
dare senso e spiegare dei fenomeni. Lo scopo se espresso nel progetto serve a sviluppare
identificazione, a dare spinte motivazionali e non ad orientare l’agire sulla base di vincoli o
limiti.
Tutte e organizzazioni si ispirano più o meno esplicitamente a dei valori, tuttavia, nella
maggior parte dei casi il rapporto tra persona e valore è mediato da qualcosa di tangibile, da
un prodotto ben identificabile da procedure, tecniche o norme deontologiche (ad esempio per
le professioni sanitarie). Nelle organizzazioni sociali e politiche sembra venir men questo
“oggetto intermedio” in quanto realizzano il proprio fine, quello di aggregare consenso,
direttamente intorno a valori ultimi (una causa) e non intorno a un oggetto definito e
controllabile (un servizio da erogare, un bene da produrre).
Articolare un progetto tra diversi soggetti, pensare alla coerenza tra le diverse parti (scopi,
tempi, operatori disponibili) significa problematizzare le prassi e fare i conti con il limite, con
la parzialità, e questo è proprio ciò che in alcuni contesti tende a essere rimosso.

La presenza di professionisti
L’identità dell’operatore sociale è fondata sull’appartenenza professionale oltre che
sull’appartenenza ad una specifica organizzazione. Il modo in cui si progetta è influenzato dal
fatto che all’interno delle organizzazioni operano molti “professionisti” diversi. Ciascun
professionista tende a sviluppare una sorta di microprogetto nella relazione duale con il
cliente: interpreta il bisogno, definisce il problema, pone obiettivi di intervento, definisce
tempi e metodi e modalità di verifica dello stesso. Il lavoro per progetti richiede quasi sempre
la collaborazione di più “saperi”.
La comunicazione tra operatori è spesso veicolata e favorita dal fatto che vi sia una
medesima professione in comune (es. talvolta ci sono più contatti tra assistenti sociali
appartenenti a organizzazioni diverse che tra operatori dello stesso servizio).
L’appartenenza professionale rappresenta un forte collante tra i vari servizi,
contemporaneamente rappresenta un fattore di differenziazione interna alle singole equipe
dei servizi.
La pratica prevalente dei servizi “sociali” è quella di strutturare il processo di lavoro attorno al
singolo caso. Laddove anche il lavoro con i singoli casi viene realizzato progettato e
supervisionato in équipe la progettazione diventa uno strumento di lavoro comune; esiste un
progetto condiviso tra un gruppo di operatori e a prescindere da chi realizzerà l’intervento,
esistono degli obiettivi comuni. Nei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali il lavoro sul
2
campo rappresenta spesso importante fattore di integrazione (più operatori si coordinano in
funzione dell’intervento con il singolo).

Progettazione nel sociale e attivazione di finanziamenti: alcuni nodi critici


Notoriamente i contenuti dei progetti si piegano alle forme di finanziamento offerte e
utilizzate.
Attraverso I fondi strutturali europei (FSE, FESR, FEOGA, SFOP) rappresentano uno stimolo per
enti, organizzazioni del privato sociale, aziende, amministrazioni pubbliche. Attraverso questi
fondi tentano di raggiungere i propri obiettivi preesistenti alle finalità indicate dallo specifico
finanziamento o viceversa ampliano le proprie attività o creano strutture ad hoc per gestire
progetti di intervento totalmente estranei alle loro precedenti esperienze; l’obiettivo
principale è quello di “garantire reddito alcune persone” e non quello di “fare qualcosa
per ...”.
Elaborare un progetto può diventare un atto tecnico, addirittura appaltato a consulenti esterni
poco interessati alla realizzazione dello stesso e ai contenuti del progetto. Esiste anche la
pratica della copiatura dei progetti che indice a tenerli gelosamente riservati.
Fattore a favore della riuscita dei un progetto è rappresentato dalla presenza di scarsi
finanziamenti e quindi di risorse poco appetibili. Abbassando il livello di competizione sulle
risorse economiche aumenta la garanzia che coloro che collaborano al progetto non abbiamo
come interesse immediato quello del ritorno economico, ma abbiano una motivazione
intrinseca al progetto.
Nodo critico legato all’attivazione di progetti tramite finanziamenti è legato alle funzioni di
controllo.
L’ente erogatore del finanziamento ha interesse a verificare che questo sia realizzato secondo
quanto previsto e che le risorse economiche messe a disposizione vengono davvero
impegnate per il progetto e non per altro. L’elemento principale del controllo è dato dalla
rendicontazione amministrativa. Spesso i progetti rispondono a esigenze d’ordine
amministrativo contabile più che di tipo operativo e metodologico.
Due logiche indispensabili ma che necessariamente confliggono quella amministrativo-
burocratica e quella operativa di progetto.

Organizzazione “a rete” dei servizi: dal progetto sul “singolo caso” al progetto tra
servizi
Nel sociale i progetti vengono quasi sempre realizzati grazie all’intenzione e al coordinamento
di una rete di organizzazioni.
L’elemento di difficoltà consiste nel fatto che le diverse organizzazioni del sociale sono spesso
enormemente diverse tra loro per struttura organizzativa e tipologia, dimensioni, settore,
mission, valori, ecc…
Inoltre le diverse organizzazioni parlano linguaggi diversi e hanno procedure e regole di
funzionamento diverse. I progetti che richiedono un intervento di “rete” sono
necessariamente condizionati dalle forme di integrazione e dal tipo di scambi presenti tra le
diverse organizzazioni.
Tra le diverse organizzazioni del sociale, convivono una pluralità di logiche organizzative e di
culture organizzative: quella della pubblica amministrazione, della comunitaria, quella
volontaristica, quella imprenditoriale ecc.
Un ulteriore distinzione tra organizzazioni a legami deboli e organizzazioni a legami forti.
Poiché molte organizzazioni nel sociale sono sistemi a legame debole, possiamo affermare
che le reti interorganizzative presenti nell’area sociale sono prevalentemente caratterizzate
da legami deboli.
Assumere questo dato nell’ambito dei processi di progettazione significa cercare di
ottimizzare i vantaggi che i sistemi a legame debole ci offrono.

CAP.2 APPROCCIO E MODELLI DELLA PROGETTAZIONE

2.1 Tappe di un progetto di intervento


il termine progetto doppio significato:
1) Progetto come percorso complessivo di realizzazione di un intervento

3
2) progetto come prodotto cartaceo e stesura concreta di un disegno di intervento

Utilizzeremo il termine “progetto” riferendoci al processo complessivo di ideazione,


realizzazione e gestione a meno che non parliamo esplicitamente di progetto “cartaceo”.

Fig. 1 le tappe di un progetto

1°TAPPA 2° TAPPA 3°TAPPA 4°TAPPA 5°TAPPA


IDEAZIONE
ATTIVAZION PROGETTAZI REALIZZAZI VERIFICA
E ONE ONE
1°ideazione  momento in cui una o più persone ipotizzano di realizzare un progetto, di fare
o proporre qualcosa.

2°attivazione  verifica delle risorse a disposizione (umane, finanziarie, strumentali…),


indentificare le strategie di intervento, ottenere consenso, analizzare la domanda della
committenza.

3°progettazione  elaborazione di un progetto cartaceo, programmazione delle diverse fasi


dell’intervento.

4°realizzazione  avvio delle prime attività, confronto e verifica in itinere per produrre
aggiustamenti necessari.

5°verifica  verifica conclusiva riformulazione e ridefinizione e conclusione del progetto


stesso.

La verifica è posta come ultima tappa, anche se processi di monitoraggio e valutazione si


attivano lungo il percorso ad ogni tappa.

2.2 Approcci alla progettazione


Esistono diversi modi di intendere la progettazione a seconda del modello di riferimento
utilizzato.

TRE APPROCCI ALLA PROGETTAZIONE

SINOTTICO- CONCENTRATIVO O EURISTICO


RAZIONALE PARTECIPATO Min pre-
Max pre-strutturazione strutturazione

In ciascun approccio le 5 tappe logiche sono sempre presenti ma assumono pesi e rilevanze
diverse.

1.APPROCCIO “SINOTTICO-RAZIONALE”
Si tratta di un approccio meccanicista che rimanda ad una causalità di tipo lineare; In altre
parole si ipotizza sia possibile individuare nessi di causalità lineari relativamente alle
problematiche sociali e, in base a questi, programmare e prevedere il cambiamento sociale.
Secondo questo approccio:
 È possibile circoscrivere i fattori causali alla base di disturbi/devianze individuali e sociali;
 È possibile realizzare progetti che modifichino tali fattori e così prevenire effetti
indesiderati;
 È possibile modificare i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone in funzione di
disegni pre-determinati.

Problema della progettazione per tale approccio = una serie di presupposti:


- l’ambiente deve essere pre-determinato
- si dà per scontato che il problema sia chiaro e non ambiguo
4
- obiettivi esplicitati fin dall’inizio, chiari e trasparenti e non soggetti a libere interpretazioni
- gli obiettivi non possono essere modificati o ridiscussi nel corso della progettazione
- i mezzi alternativi e le opzioni di scelta sono dati in modo distinto dai fini
- si presuppone che sia data una struttura ordinata di preferenze relative alle conseguenze
della scelta.

Una tale impostazione comporta una forte stilizzazione e semplificazione delle situazioni che il
progettista si trova ad affrontare che invece sono il più delle volte situazioni in cui i problemi
non sono chiaramente definiti, l’ambiente è incerto e confuso, gli obiettivi sono espressi in
modo vago, sono variabili ecc.
All’interno delle 5 tappe questo modello considera cruciale ai fini della riuscita dell’intervento
la tappa della “Progettazione”. Le altre tappe si presume debbano seguire di riflesso. In tale
approccio la centratura è sul prodotto da realizzare, inteso come risultato previsto a
priori.
In un approccio di tipo “SINOTTICO” il progetto viene costruito a partire da una comprensione
a priori dei bisogni e il processo di progettazione non viene allargato a diversi soggetti ma
rimane una competenza specifica dell’esperto.
La valutazione di riferisce essenzialmente ad un processo di confronto tra output previsti e
output ottenuti.
Questo modo di intendere la valutazione è consono per attività sufficientemente
standardizzate.
Un esempio di progetto educativo di tipo sinottico-razionale: quando gli insegnati che si
riuniscono tra loro all’inizio del nuovo anno scolastico e tracciano il programma didattico, si
tratta di individuare gli obiettivi didattici e educativi generali, di scomporli in obiettivi specifici
ed infine individuare i criteri di verifica. Gli obiettivi vengono individuati a priori in un certo
senso a prescindere dalle specifiche caratteristiche sia dei futuri alunni, sia delle dinamiche di
classe che si svilupperanno. Si prevede quindi un percorso rettilineo.
Tanto più il contesto in cui si realizza l’intervento ha caratteristiche di complessità, di
incertezza e imprevedibilità, tanto più quest’approccio risulta inadeguato, perché non riesce
ad accettare le variazioni provenienti dall’ambiente e a modellarsi con velocità ai
cambiamenti che insorgono.
Detto questo, sebbene questo approccio sia il meno adatto ad orientare interventi di tipo
sociale, piace e ha successo. Piace perché è rassicurante per i clienti e i destinatari e ha
successo dal punto di vista commerciale. Spesso l’idea di progettazione di associa
automaticamente a tale approccio.

La distorsione e i punti critici dell’approccio sinottico-razionale

a) distorsioni relative al ruolo del decisore ed alla definizione dell’obiettivo: si


presume vi sia un unico decisore in grado di individuare il problema, individuare gli
obiettivi, vagliare le ipotetiche alternative, scegliere la soluzione più adatta. Ma non esiste
un unico decisore in grado di orientare e controllare un intervento senza processi di
negoziazione, co-decisione, corresponsabilità con altri soggetti. L’individuazione di un
obiettivo si realizza grazie a processi di negoziazione tra attori coinvolti.
Fig.4

Esiste inoltre una distanza tra obiettivo dichiarato e obiettivo perseguito. Gli obiettivi di
partenza possono essere stravolti e il progetto può essere utilizzato unicamente a scopo
strumentale per accedere alle risorse, per aumentare la propria influenza o per altre ragioni

b) secondo punto critico è l’assunto che sia possibile sempre effettuare una
comparazione tra le diverse opzioni o strategie in base a un’ipotesi di
5
massimizzazione dei benefici. In caso di settore di intervento ancora “immaturo” il
decisore in realtà non possiede ancora adeguate conoscenze per individuare le
metodologie d’intervento più efficaci. In questi casi è fuorviante identificare tutte le tappe
della progettazione lasciando pochi spazi di sperimentazione, verifica e cambiamento
lungo il percorso. L’approccio sinottico-razionale non aiuta a pensare il progetto come
strumento flessibile; ci si aspetta che il progettista-decisore debba in un certo senso
predire il futuro e permanere nelle proprie scelte.

2.APPROCCIO “CONCETRATIVO O PARTECIPATO”


Dall’approccio concentrativo derivano i modelli di progettazione partecipata e condivisa.
Questo approccio si muove da una critica dell’approccio “sinottico-razionale”, in quanto tale
approccio ha tralasciato proprio la dimensione processuale, il livello dell’interazione sociale ed
il livello cognitivo ed emotivo.
Considerare la dimensione sociale ci rimanda alle questioni del “punto di vista” e a quella del
“potere”.
- La prima questione sottolinea la necessità di tenere conto del fatto che durante il processo
di progettazione interagiscono diverse prospettive da cui si definisce il problema e si
struttura l’ambiente in modo non sempre coincidente.
- In stretta connessione quindi la questione del potere. Il processo di progettazione appare
infatti costellato di decisioni che ne orientano il corso e che sono anche esse frutto di
processi di negoziazione tra diversi attori implicati in funzione della loro posizione
nell’organizzazione.

L’approccio cui facciamo riferimento quando parliamo di “approccio concertativo-


partecipato”, rappresenta un insieme piuttosto eterogeneo di importazioni teoriche
provenienti da diversi ambiti disciplinari che condividono l’assunto secondo il quale la
conoscenza non si basa sulla corrispondenza con la realtà esterna, ma sempre e solo sulle
costruzioni di un osservatore.
Siamo abituati a pensare che la realtà può essere “scoperta”. Il costruttivismo, al contrario,
sostiene che ciò che definiamo realtà è un costrutto personale, un’interpretazione costruita
attraverso l’esperienza e la comunicazione.
Secondo tale approccio la realtà non sarebbe quindi scoperta ma invenzione.

Sul piano del processo di progettazione le conseguenze sono che:


 il problema e l’ambiente non sono dati a priori come fatti oggettivi:
 il processo di interazione tra diversi attori coinvolti nel processo di progettazione prosegue
in tutte le sue tappe;
 pur condividendo un impianto logico comune, ogni attore continua ad essere portatore di
aspettative, presupposti, posizioni di potere diverse.

In questo secondo approccio si parte da un’ipotesi di cambiamento di una data realtà che è
confrontata e negoziata con i destinatari. Rispetto all’approccio precedente viene data
maggiore rilevanza alla tappa dell’attivazione (2°tappa).

6
Come si potrà notare, la stesura di una prima bozza del progetto rappresentata, in un
approccio “concentrativo”, solo una tappa del percorso complessivo e non il momento iniziale.
Si osservi come una serie di elementi costitutivi di un progetto diventino oggetto di analisi e
condivisione di più soggetti promotori del soggetto.

Alla base di questo approccio c’è la convinzione che:


- i problemi sociali non sono caratterizzati da una causalità lineare;
- esistono sempre più letture dei bisogni e più ipotesi interpretative;
- il ruolo dei servizi e degli operatori non è quello di distribuire ricette e soluzioni ma di
aiutare ad “aiutarsi”, promuovere empowerment a livello di individui e di comunità;
- le persone hanno grandi potenzialità e
sono in grado di auto organizzarsi, di
attivare risorse, impegnarsi in azioni;

Questo approccio rifiuta una lettura dei


bisogni dell’utenza a priori. Scambiare e
confrontare le reciproche percezioni del
problema, confrontare i dati in possesso
sulla cui base gli operatori esprimono dei
giudizi e definire con chiarezza ruoli e
funzioni di diversi soggetti coinvolti in un
progetto, sono alcuni passaggi
indispensabili che si collocano a monte
di un progetto.

Ciascuno dei soggetti facente parte della


rete di servizio potrebbe essere coinvolto
nel progetto sin dalle prime tappe iniziali.
Il momento e la modalità con cui
coinvolgere altri soggetti sono cruciali ai
fini della riuscita di un progetto; talvolta
prevale una pratica di lavoro per
compartimenti stagni che spinge gli
operatori a considerare come risorsa
solamente il proprio lavoro “diretto”. Le
persone vengono chiamate a collaborare
sulla base di progetti predefiniti, chiusi,
senza spazi di contrattazione, sulla base di
scelte già fatte. Invece avere un ruolo
attivo all’interno di un progetto significa,
co-progettare, essere partecipi anche
nella elaborazione di alcune scelte strategiche ed operative.
Co-progettare significa attivare confronti e negoziazioni, ma anche allungare i tempi di una
decisione, gestire conflitti e dinamiche di potere tra servizio e persone, rinunciare a disegni
lineari e preordinati, stabilire ruoli, funzioni e modalità di coordinamento.

3.APPROCCIO “EURISTICO” (eurisko = ricerco)


Nell’approccio euristico si rinuncia a conseguire obiettivi predeterminati a monte dagli
operatori-progettisti.
Mentre l’approccio concentrativo realizzava una progettazione flessibile in cui si definivano
alcuni obiettivi e altri rimanevano aperti, questo terzo approccio non individua proprio
obiettivi specifici a priori.
L’assunto alla base di questo approccio è che la centratura sul “prodotto”, può indurre a porre
in secondo piano l’attenzione ai “processi”.

7
L’approccio euristico pone al centro del processo di intervento nel sociale la tappa
dell’attivazione; la progettazione di uno specifico intervento è intesa come prodotto di
percorso e non come luogo di partenza.
A seguito della tappa attivazione possono svilupparsi molteplici sotto-progetti e diversi nuclei
progettuali tra loro connessi, caratterizzati da un proprio percorso di progettazione,
realizzazione e verifica.
L’ipotesi sottostante a tale impostazione è che fare prevenzione significa “ridare dignità al
contesto” e valorizzare le risorse informali e formali presenti nel territorio. Rilevanza data alle
fasi di analisi del problema, del contesto, della comunità ed alla presenza di ricerche basate
sulla metodologia della ricerca-azione. Il successo di un intervento in questo caso dipende
dalla mobilitazione di iniziative della popolazione o dall’operare integrato di molteplici
soggetti organizzativi, allora il progetto inteso come strumento di una razionalità lineare,
risulta inefficace e disturbante.

2.3 un discorso sui modelli a partire dal lavoro con gli operatori
in questa seconda parte del capitolo parleremo dell’esperienza degli operatori, di coloro che
hanno il ruolo di progettisti o di attuatori.
All’interno di seminari di formazione sul tema della progettazione nel sociale si possono
prevedere momenti in cui viene esplicitata la cosiddetta “mappa cognitiva” del concetto di
progettazione presente nel gruppo. Il metodo consiste nel chiedere al gruppo di fare delle
libere associazioni sul tema “progettazione”; in seguito si raggruppano le libere associazioni
in alcune classi di significato e le si dispongono come fossero ramificazioni.
In tali mappe cognitive possiamo osservare che:
 c’è un sovradimensionamento delle associazioni nella parte denominata “progetto
cartaceo: modello razionale”;
 il termine obiettivo è quello più presente ed è quello che viene sempre citato nelle prime
associazioni; manca quasi sempre qualche associazione connessa al concetto di strategia;
 la dimensione organizzativa, istituzionale e inter-organizzativa è poco presente;
 raramente emerge il tema della conflittualità e del potere, si fa riferimento a sentimenti e
relazioni positive;
 i soggetti, le persone, operatori e cittadini, venivano in un certo senso dimenticati, come se
il progetto fosse un oggetto distante dai soggetti che lo costituiscono, lo pensano e lo
utilizzano;
 nella mappa non c’è spazio per l’errore e il fallimento, la riflessività, è previsto solo il
cambiamento in positivo, sebbene nella realtà le persone spesso sono frustrate nello
sperimentare il lavoro per progetti.

Nell’attività formativa si può cercare di favorire una rielaborazione del concetto di


progettazione e di sviluppare alcune categorie di analisi che tengono conto dei processi di
progettazione sperimentati dalle persone, come operatori e come membri di organizzazioni.

8
CAP.3 LE PRIME TAPPE DI UN PROGETTO: L’IDEAZIONE E L’ATTIVAZIONE

3.1 Come nasce un progetto nel “sociale”

3.2 La prima tappa: l’ideazione


Nasce prima l’idea di un intervento o dal fare nascono idee?
Osserviamo che esiste una circolarità che va dall’azione al pensiero e viceversa e che i
progetti non nascono in un vuoto sociale: l’ideazione è sempre connessa alle precedenti
esperienze e ai processi di lavoro realizzati dalle persone sia singolarmente sia come gruppi
all’interno delle organizzazioni.
Le prime tappe sono profondamente radicate nell’esperienza, non esiste l’idea geniale
staccata dal contesto, si tratta piuttosto di un lungo e laborioso lavoro di incubazione di idee e
tessitura di relazioni.
La tappa dell’ideazione non è rintracciabile attraverso documenti scritti e può essere
ricostruita attraverso le storie dei diversi soggetti coinvolti.
Solitamente un progetto nasce perché qualcuno ha constatato che esistono una serie di
bisogni sociali cui non viene data risposta o perché si desidera migliorare l’ambiente
educativo o le condizioni sociosanitarie e la qualità della vita di alcuni destinatari. Un progetto
di intervento nasce per dare risposta a dei problemi, per promuovere maggiore benessere o
per ridurre la possibilità che cambiamenti indesiderati intervengano .
I soggetti promotori di un progetto sono solo in alcuni casi gli stessi soggetti che poi dovranno
elaborarlo e realizzarlo.

3.3 La seconda tappa: l’attivazione


In questa fase intermedia bisogna occuparsi fondamentalmente di 4 aspetti:

1. Legittimazione e sviluppo di partnership e alleanze  Prima ancora di sviluppare un


progetto è necessario attivare il consenso sul campo d’azione di colore che si ritengono
indispensabili per la realizzazione del progetto stesso.

2. La definizione del problema  dopo aver chiarito l’ambito e il fine del progetto che
intendiamo realizzare occorre individuare quel è il problema o il fenomeno relativamente
al quale stiamo per sviluppare un progetto. La definizione del problema viene fatta dal
progettista a seguito di un’analisi di tipo tecnico. Se viene utilizzato un approccio di tipo
“concentrativo” o “euristico” la definizione del problema rappresenta il frutto e il risultato
di processi di attivazione e di concentrazione tra diversi attori locali. Costruzione sociale
di un problema: perché un progetto abbia successo occorre non dare per scontato il
problema e considerare i diversi partner/attori e i destinatari come osservatori sui propri
mondi che possono tra loro comunicare per mettere in relazione le reciproche osservazioni
e i reciproci sistemi di osservazione. Infine è importante capire quali sono i tempi utili
per la presentazione e realizzazione di un progetto sia in termini di scadenze
connesse a erogazioni di finanziamenti e presentazioni a gare d’appalto, sia nei termini di
disponibilità dei diversi attori istituzionali.

3. La strategia del progetto e l’attivazione delle risorse le strategie sono delle
macro metodologie, riguardano approcci e convinzioni profonde; Le strategie orientano le

9
azioni sociali. il termine strategia deve essere utilizzato quando ci riferiamo a chiavi di
lettura, filosofie d’intervento e metodologie strutturate, sperimentate e definite. Due
esempi di strategie di intervento tratti da pratiche di lavoro:
o il lavoro sociale di rete adottato dai servizi sociali, che offre importanti strategie di
lavoro per i servizi sociali che hanno elaborato specifiche metodologie di intervento
finalizzate a valorizzare, stimolare, o sviluppare reti di supporto sociale.
o l’empowerment locale o empowerment economico nel lavoro con soggetti esclusi,
promosso da organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale. Il termine
empowerment è definibile come “un processo attraverso il quale le persone diventano
consapevoli delle cause della loro povertà e si organizzano per utilizzare le loro
competenze, esergie e risorse collettive per modificare tali condizioni. Si tratta di una
dinamica interna ai gruppi, risultato di una consapevolezza di gruppo.

La tappa dell’attivazione nell’approccio concentrativo ha un ruolo fondamentale anche se non


centrale per questo si differenzia da un progetto euristico. Ricordiamo che tali modelli spesso
non si assumono consapevolmente, ma sono adottati dalle persone in funzione della cultura
organizzativa di provenienza. Nell’approccio euristico si può affermare che il classico percorso
della progettazione viene invertito e che la fase di attivazione assorbe la maggior parte delle
energie.
La funzione di un progetto sociale non dovrebbe essere tanto quella di prescrivere, quanto
quella di orientare un percorso e garantire le risorse necessarie ad il loro coordinamento.
Precauzioni raccomandabile stesura di un progetto: non precisare in modo dettagliato le
diverse attività in modo tale da poter margini di flessibilità nel momento in cui si svilupperà la
progettazione di dettaglio a seguito dell’approvazione del progetto. In altri termini,
sviluppiamo in un primo momento una progettazione massima ed in un secondo una
riprogettazione di dettaglio. Ecco perché la tappa attivazione non può essere concepita come
una rigida fase temporale cui consegue la stesura del progetto, ma possono esservi
sovrapposizioni.

3.4 i soggetti interessati alle tappe di ideazione e attivazione


molti possono essere i soggetti organizzativi coinvolti in un progetto:
- soggetto promotore
- soggetto titolare
- soggetto finanziatore
- soggetto realizzatore o attuatore
- soggetti della rete di implementazione

esempio:
un’associazione può rappresentare uno dei “soggetti promotori” di un progetto insieme al
funzionario e all’assessore dei servizi sociali del comune. Il comune elabora il progetto
attraverso il quale richiede il finanziamento (es. Ministero dell’interno “finanziatore”),
diventando così il “soggetto titolare”. In seguito due associazioni locali diventato i
“realizzatori” e gestiscono tutte le attività socio-culturali. La rete di implementazione di un
progetto corrisponde a tutti i soggetti organizzativi realmente coinvolti nella fase
operativa per la realizzazione dello stesso.
In questo caso:
- soggetto promotore  associazione
- soggetto titolare  comune
- soggetto finanziatore  ministero dell’interno
- soggetto realizzatore o attuatore  associazioni locali
- soggetti della rete di implementazione  insieme dei soggetti organizzativi coinvolti nella
fase operativa

3.5 decodifica delle motivazioni e analisi della domanda


i contesti e setting in cui si realizzano i progetti in campo sociale sono solitamente complessi
e caratterizzati da un fitto intreccio di relazioni.
Risulta utile distinguere due tipologie di progetti:
-quelli che nascono con iniziativa autonoma interna a un’organizzazione

10
-quelli che si sviluppano a seguito dell’accoglimento di una richiesta esterna
all’organizzazione.

Es. gli operatori di un nido possono ad esempio decidere di avviare nell’ambito della
programmazione educativa, un progetto di prevenzione dei disturbi del linguaggio. viceversa
il servizio sociale del comune a seguito di numerose richieste provenienti dagli operatori ASL,
da genitori o da operatori di nidi, potrebbe esso stesso proporre un intervento di prevenzione
dei disturbi del linguaggio.

Nel caso di un’iniziativa autonoma, interna all’organizzazione, gli operatori dovrebbero


analizzare e decodificare le motivazioni che li spingono a progettare nuovi interventi. L’analisi
delle relazioni riguarderà:
 il rapporto persona-organizzazione: inteso come relazione tra singolo operatore che
promuove un progetto e organizzazione di cui è membro;
 il rapporto organizzazione-organizzazione: inteso come analisi della rete dei servizi

Nel caso dell’accoglimento di una richiesta posta da un’organizzazione “esterna”, l’analisi


della relazione riguarderà:
 il rapporto persona organizzazione : quando un operatore viene interpellato come
consulente libero professionista
 il rapporto organizzazione-organizzazione: quando uno o più operatori vengono
interpellati come membri di un’organizzazione
 il rapporto tra organizzazioni: quando sono coinvolte o si presume di coinvolgere
diverse organizzazioni;

In entrambi i casi il ruolo di coloro che promuovono e attivano un progetto può essere per
alcuni versi assimilabile al ruolo di un consulente organizzativo o di un formatore.
Per l’operatore è necessario capire come si colloca a livello relazionale e istituzionale, capire i
propri e altrui obiettivi rispetto al progetto, la rilevanza a livello sociale dello stesso e
immaginare la fattibilità.
Attraverso questo processo di decodificare e interpretare si può sviluppare un’analisi della
domanda. Constatazioni:
il cliente non esprime mai una domanda di cambiamento o di aiuto concernente una
disfunzione in quanto tale, un problema in quanto tale, ma nella domanda porta anche sé
stesso, il suo modo di intendere la relazione tra lui e il consulente e il suo modo di funzionare.

Iniziative interne ai servizi:


frequentemente non esiste un “committente” esterno al servizio identificabile; esistono delle
pressioni, delle richieste, auto committenze che vanno comprese e analizzate. Bisogna allora
interrogarsi sul ruolo di chi interpreta il bisogno e sulle motivazioni che lo spingono ad
attivarsi. Parlatemene all’analisi delle motivazioni e delle fantasie attese del servizio e dei
singoli operatori può essere realizzata una più accurata analisi dei fati in possesso.
Molto spesso si attivano progetti sulla base di intuizioni e pre-comprensioni, si presume di
essere interpreti oggettivi e neanche si utilizzano le informazioni in possesso.

Accoglimento di richieste esterne al servizio (quando la domanda di attivazioni proviene da


organizzazioni esterne)
Spesso l’operatore di un servizio pubblico deve collaborare e mettersi a disposizione di altre
agenzie e soggetti presenti sul territorio. Si può parlare in questo caso di doppia committenza
interna ed esterna.
Schema:

11
12
13
CAP.4 LA STESURA DI UN PROGETTO

4.1 Premessa
Se si è alle prese con la stesura di un progetto cartaceo che serve per richiedere
finanziamenti, bisogna essere sufficientemente precisi e documentanti per far capire
all’interlocutore che si possiede una buona competenza nel settore di pertinenza del
progetto e nella progettazione.
Nel caso si sia certi o quasi certi della possibilità di realizzare l’intervento, la stesura del
progetto serve come guida all0azione. La modalità di progettazione e l’importanza attribuita
a questa fase dipendono molto dal modello di progettazione utilizzato.
Nell’approccio razionale  molti sforzi vengono dedicati alla progettazione ponendo
attenzione soprattutto agli aspetti logico-razionali e ritenendo che un buon progetto sia
garanzia di successo per l’intervento.
Nell’approccio concentrativo  si da altresì importanza alla progettazione, ma si
enfatizzano le potenzialità di scambio, negoziazione e confronto collegate a questa tappa.
All’interno di questo approccio durante la progettazione, diversi attori debbono
necessariamente essere coinvolti, affinché la lettura del problema e gli obiettivi siano, se
non totalmente, almeno parzialmente condivisi.
Nell’approccio euristico inizialmente so potranno progettare solo le strategie di
coinvolgimento e d’attivazione della comunità. Solo successivamente potranno svilupparsi
progetti con obiettivi specifici, obiettivi che dovranno essere fissati autonomamente dai
membri della comunità. Nei percorsi di sviluppo di comunità la progettazione s’interseca con
la realizzazione del progetto.

Il termine fase ricorre ripetutamente trattando temi connessi a progettazione e valutazione


delle volte con significati diversi. A volte utilizzato il termine fase come sinonimo di tappa
all’interno del percorso di progettazione. Si può anche utilizzare il termine macro-fase, per
indicare un singolo progetto all’interno di un intervento complesso. In questo caso ogni
macro fase può considerarsi un progetto e un intervento a sé stante. Invece in progetti con
una certa durata temporale e che implicano diverse attività o azioni da compiere in
sequenza si parla di fasi all’interno del progetto, ognuna delle quali presuppone propri
obiettivi e proprie attività. In questo caso le fasi possono essere previste già inizialmente.

Al di là dell’approccio che viene utilizzato il progetto dovrebbe rispondere al requisito di


logicità e congruenza tra le sue diverse parti, che sono:
 definizione e analisi del problema;
 identificazione degli obiettivi;
 beneficiari dell’intervento;
 modello di intervento e attività che verranno svolte;
 valutazione;
 mezzi, risorse.

4.2 Definizione e analisi del problema


È necessario acquisire o possedere sia una conoscenza generale del problema, sia
una conoscenza di come esso si manifesta e delle sue peculiarità nel gruppo o
territorio dove si svolgerà l’intervento.
L’analisi di un problema avviene esplicitando i seguenti punti:
 Su quale problema si intende intervenire;
 qual è la definizione del problema e se c’è o no condivisione rispetto alla definizione;
 in che modo si manifesta il problema;
 quali sono le cause del problema, di che natura sono;
 per chi e perché è rilevante quel problema e se le persone che sono coinvolte
direttamente dal problema lo percepiscono come tale e desiderano un cambiamento;
 qual è la sua entità e se è in espansione o meno;
 perché si ritiene importante intervenire su quel problema;
 quali altri problemi genera a sua volta;

14
 chi nella comunità si sta già occupando di quel problema o del settore che include il
problema.

Sempre in questa fase bisogna stabilire alleanze, coinvolgere persone, gruppi e istituzioni che
possono contribuire alla riuscita dell’intervento per poi affidare la progettazione al team che
se ne occupa.

4.3 Identificazione degli obiettivi

Obiettivo o scopo generale e sotto-obiettivi


bisognerà ora identificare i deversi obiettivi congrui con l’analisi effettuata del problema.
Porre gli obiettivi significa esplicitare cosa si desidera cambiare, in chi, in che senso, in quale
misura.

I cambiamenti e quindi gli obiettivi possono riguardare:


 caratteristiche dei singoli individui ( LIVELLO INTRAPERSONALE) come ad esempio:
conoscenze, competenze (genitoriali, sociali, ecc.), atteggiamenti (verso la
partecipazione attiva, verso il lavoro autonomo, ecc.), comportamenti (uso di droghe,
comportamenti a rischio, ecc.) stati affettivi (ansia, depressione, ecc.) , livello di
soddisfazione, concetto di sé (autostima), disponibilità ai bene materiali, ecc.
 rapporti fra due o più persone (LIVELLO INTERPERSONALE) o tra due o più sistemi (LIVELLO
INTERSISTEMICO)
 le caratteristiche (della struttura, della cultura, il clima…) di servizi, gruppi, organizzazioni,
o dell’intera comunità territoriale

A volte si può effettuare un intervento con


l’obiettivo di far si che non avvenga un
cambiamento, ma per prevenire un
peggioramento in assenza dell’intervento.
Prima di fissare gli obiettivi specifici,
vengono fissati uno o più scopi generali. Lo
scopo generale è una dichiarazione di
intenti, desideri, formulato in modo
abbastanza ampio e vago.
Esempi di come piò essere formulato uno
scopo generale sono:
- favorire il benessere del bambino nei
primi mesi di vita
- diminuire il disagio giovanile
- prevenire la tossicodipendenza, ecc.

Gli scopi così formulati sono adeguati come


punto di partenza, ma devono poi essere
seguiti da obiettivi chiari e specifici che
diano meno spazio a interpretazioni
soggettive.
La formulazione di obiettivi specifici è
indispensabile se si vuole valutare l’efficacia
di un intervento.
Come si potrebbe valutare se sia aumentato
il benessere del bambino nei primi mesi di
vita se non è stato specificato cosa si
intende per benessere in questa fascia di
età? Per benessere si potrebbe intendere:
assenza di patologie, accrescimento
adeguato, attaccamento alla figura
materna, la propensione al sorriso e tanto
altro ancora.

15
Dopo aver esplicitando su quali aspetti di benessere si desidera influire (sottoobiettivi),
bisognerà ulteriormente specificare i cambiamenti attesi e possibilmente la misura attesa del
cambiamento (obiettivi specifici).

Diversi livelli di obiettivi in un progetto:


- SCOPO GENERALE = indica un’aspirazione o una direzione, una formulazione abbastanza
astratta;
- SOTTOBIETTIVI = dividendo lo scopo in sottobiettivi dai quali discenderanno gli obiettivi
specifici. I sottobiettivi sono ancora abbastanza ampi, ma già delimitano e definiscono
meglio gli scopi. Da ogni sottoobiettivo discendono poi uno o più obiettivi specifici.
- OBIETTIVI SPECIFICI = indicano con chiarezza cambiamenti e risultati attesi.

Formulazione degli obiettivi specifici


Gli obiettivi si possono distinguere in assoluti e relativi.
In genere porsi un obiettivo assoluto è troppo ambizioso allora è utile specifica la percentuale
di cambiamento attesa, cioè un obiettivo relativo.
Quando invece gli obiettivi riguardano cambiamenti negli atteggiamenti, o negli stati affettivi
dove esiste una gradualità, è difficile se non impossibile stabilire gli obiettivi in termini
assoluti e relativi. In questi casi l’obiettivo può essere formulato come esempio “diminuzione
significativa del livello di ansia”.
Accorgimenti per specificare obiettivi sono: usare un verbo forte; specificare un
solo effetto finale; specificare il tempo ipotizzato per il suo raggiungimento.
Un verbo forte indica un verbo orientato all’ azione che descrive un comportamento
osservabile e misurabile che dovrebbe accadere. Verbi forti sono: incrementare, aumentare,
diminuire, trovare; mente ad esempio: promuovere, facilitare o incoraggiare sono verbi troppo
deboli e vaghi.
L’altro suggerimento è specificare separatamente i diversi risultati desiderati.
È utile specificare quanto tempo è necessario per raggiungere i singoli sottoobiettivi. A volte
infatti gli interventi si pongono obiettivi a scadenza diversa.
Un indicatore è una variabile che, misura, da delle indicazioni sull’efficacia dell’intervento.

Obiettivi individualizzati  Si parla di obiettivi individualizzati quando all’interno di alcuni


scopi generali, si fissano obiettivi specifici e diversi per i singoli casi, di cui il progetto si fa
carico. Questi vengono decisi possibilmente in equipe e ad intervalli regolari.
Obiettivi e valori Porsi degli obiettivi significa saper fare delle scelte di valore.
Obiettivi strumentali e intermedi  se un progetto per essere realizzato ha necessità di
svolgersi in più fasi, allora gli obiettivi delle prime fasi possono non riguardare i benefici, ma
per es., la preparazione di materiale didattico, o l’esito di corsi di formazione necessari a

16
saper realizzare le attività. In questi casi gli obiettivi delle attività formative possono essere
denominati obiettivi strumentali o intermedi, in quanto il loro conseguimento è “strumento”
per raggiungere l’obiettivo finale.

4.4 Beneficiari dell’intervento o popolazione bersaglio


Dal momento in cui si delinea lo scopo generale e ancor più quando si fissano gli obiettivi
specifici, si sono individuati i beneficiari dell’intervento, cioè su quale popolazione sono attesi
i cambiamenti desiderati.
Importante conoscere le loro principali caratteristiche socio-demografiche, come pure i valori,
le credenze e le abitudini. Quanto e in che modo i beneficiari percepiscono il problema sul
quale si cerca di intervenire? Desiderano il cambiamento cui mira l’intervento? Quante
persone potrebbero usufruire dell’intervento?
Il caso più comune è quello dove le persone/gruppi beneficiari del intervento sono le stesse
che sono direttamente coinvolte nelle attività previste.
Se i destinatari sono minori spesso si sceglie di lavorare con gli insegnanti o con i genitori.
Quando le attività sono rivolte direttamente ai beneficiari, sue situazioni sono più frequenti.
Nella prima, il progetto s’interessa solamente di fornire competenze, conoscenze, lasciando
poi all’iniziativa delle singole persone (es. educatori, medici), che si sono formate, di applicare
o no le competenze apprese con i beneficiari e sviluppare autonomamente progetti o
iniziative. Nell’altro caso, il progetto iniziale prevede più fasi. In una fase le attività di
formazione sono rivolte a es. educatori e medici ecc. e nella fase successiva questi ultimi
applicano le nuove competenze sotto la supervisione degli operatori impiegati nella fase di
formazione.

Contatto della popolazione


Molte delle attività previste dai progetti presuppongono un coinvolgimento attivo della
popolazione bersaglio, che quindi dovrà essere contattata e dovrà dare la propria adesione al
progetto.
Bisogna già prevedere in fase di progettazione la modalità di contatto da utilizzare.
Si possono ipotizzare le seguenti situazioni:
a) Le attività finalizzate al cambiamento coincidono con il contatto; in questo caso non ci
sarà una fase preliminare di contatto con la popolazione target.
b) La popolazione target si trova in una condizione di limitata libertà di scelta rispetto alla
partecipazione alle attività del progetto. Una fase preliminare di contatto con i
destinatari dovrebbe essere realizzata per conoscere il loro livello di informazione, di
motivazione, ecc.
c) Il progetto viene realizzato all’interno di un servizio già esistente e già conosciuto e
rientra nella normale prassi di erogazione del servizio.
d) Il progetto viene realizzato all’interno di un servizio già esistente, ma si rivolge a
persone che potrebbero anche non avere mai frequentato il servizio per altri motivi.
e) L’intervento non viene realizzato in un servizio/struttura già esistente, ma questa
“nasce” assieme al progetto, oppure il progetto è frutto di una collaborazione fra varie
strutture. In questa situazione una delle difficoltà è proprio quella di fare in modo che le
attività vengano frequentate da quelle persone per le quali le stesse erano state
pensate. Molti progetti falliscono anche perché le persone che aderiscono sono diverse
dal target immaginario.

4.5 Modelli di intervento e attività


Stabiliti gli obiettivi bisognerà decidere deve essere fatto per ottenere i cambiamenti
desiderati nella popolazione target. La scelta della popolazione target e del modello di
intervento sono strettamente connesse.
Un modello di intervento è un tentativo di tradurre le conoscenze che riguardano la relazione,
modificazione e il controllo di comportamenti, atteggiamenti, reazioni psico-fisiche, sulle quali
possono basarsi le azioni. Queste ipotesi possono basarsi su studi sperimentali, su teorie di
tipo clinico, sui risultati conseguiti da altri progetti e a avolte sull’esperienza accumulata da
altri.
Nel modello di intervento bisognerebbe specificare le ipotesi causali e le ipotesi di intervento.

17
Ipotesi causali: ipotesi sull’influenza di uno o più processi o determinanti sul comportamento
o la condizione che il progetto cerca di modificare. Spesso l’ipotesi causale è già esplicitata
nell’analisi del problema, ma mentre nella fase di analisi si possono stabilire o elencare
diverse cause connesse con il problema, in fase di scelta del modello di intervento bisogna
esplicitare quali di esse si accoglie come punto di partenza per le attività proposte.

Ipotesi di intervento e di azione: è un affermazione che specifica la relazione fra un


progetto, quello che verrà fatto e il processo, con il comportamento o la condizione che si
vuole cambiare.

Scegliere un modello di intervento significa decidere di svolgere una serie di attività che
hanno elevata probabilità di provocare il cambiamento desiderato in quanto incidono
direttamente o indirettamente sulla o sulle cause ipotizzare del problema.
Un approccio più recente è quello che si basa sul potenziamento delle risorse personali.
All’interno di questo possiamo includere due modelli. Il primo discende dalla teoria
dell’apprendimento sociale e spesso si realizza attraverso il metodo dell’educazione tra pari.
Con l’educazione fra pari si coinvolgono e si formano ragazzi leader e poi questi propongono
ai compagni attività finalizzate alla prevenzione. L’educazione fra pari si è dimostrata molto
utile per la prevenzione del fumo e utile per i comportamenti sessuali a rischio di HIV.
Un secondo modello, sempre interno all’approccio del potenziamento delle risorse personali e
che viene maggiormente utilizzato nella realtà italiana, punta a rendere l’adolescente in
grado di affrontare i problemi quotidiani connessi alla sua esperienza di crescita, di analizzare
i diversi compiti evolutivi e di valutare criticamente i comportamenti adottati in rapporto ad
essi.
Un altro approccio che si fonda sulla strategia di sviluppo di comunità e utilizza come modello
quello della ricerca di intervento partecipante. Si cerca di attivare processi di ricerca,
riflessione, coinvolgimento da parte delle diverse componenti della comunità territoriale
potenziando le risorse e stabilendo nessi e connessioni tra i componenti di una comunità e
un'altra. Nella scelta del modello di intervento bisogna considerare oltre che l’efficacia, anche
i criteri, cioè scegliere attività che possano essere messe in pratica, considerando i vincoli del
progetto, e che possono provocare gli effetti nei tempi previsti dal progetto stesso.
La bassa fattibilità potrebbe essere dovuta al fatto che le modalità d’intervento proposte non
sono ben accette alla popolazione target o perché difficilmente conciliabili con le loro abitudini
di vita o perché distanti dalla loro cultura. Ancora la bassa fattibilità potrebbe essere dovuta
dal fatto che i finanziamenti non condividono l’ipotesi causale sulla quale si fonda l’intervento.
A volte l’accettazione può essere migliorata rendendo espliciti e conosciuti i nessi fra le
attività e le cause ipotizzate del problema.

Strategie di intervento
La scelta di una strategia piuttosto che un'altra influenza profondamente il progetto.
Ad esempio, se un intervento viene realizzato utilizzando una strategia di sviluppo di
comunità (empowerment di comunità) il progetto si porrà due ordini di obiettivi: i primi
riguarderanno il problema che si sta affrontando, il secondo la strategia scelta, quindi, nel
caso dello sviluppo di comunità, si punterà alla valorizzazione delle risorse della comunità e al
potenziamento delle stesse, al coinvolgimento attivo dei membri, ad incrementare le
connessioni fra gruppi ecc. Per raggiungere questi obiettivi non sarà possibile aderire al
modello logico-razionale della progettazione, ma si sceglierà il modello euristico o il modello
concentrativo.

18
Es. di un progetto rivolto a madri e adolescenti di classe sociale svantaggiata.

19
20
Avvio del progetto e contatto popolazione
Fino a ora ci siamo referiti alle attività primarie di un intervento, vale a dire quelle connesse
direttamente al cambiamento nei beneficiari. Accanto a queste attività, bisogna anche
considerare e progettare tutte quelle necessarie all’avvio del progetto stesso (acquisizione
risorse, preparazione materiale didattico, corsi di formazione ecc.) e quelle relative al contatto
della popolazione bersaglio. Nei progetti finanziati dalla comunità europea si utilizza il termine
azione per intendere delle macro-azioni, cioè un insieme di attività che sono raggruppabili
rispetto a un fine unitario. Nell’esempio riportato nello schema.2, ad es., una delle azioni è
costituita dalla ricerca.
Di seguito riportati due esempi di schemi utilizzati per il planning (tempi e sequenze delle
diverse attività).

21
22
4.6 Valutazione
È nella fase di progettazione che conviene stabilire se , e con quali modalità, verranno
intrapresi percorsi valutativi.
È importante per due motivi:
a) Per stimare i costi e le risorse necessarie alla valutazione e includerli nei costi
d’intervento;
b) Qualora si voglia procedere alla valutazione dell’efficacia, per capire se gli obiettivi
saranno raggiunti, è necessario realizzare una ricerca valutativa che in genere prevede
la rilevazione degli indicatori sia prima che dopo l’intervento.

4.7 Progettazione operativa


Quando si è certi che il progetto sarà realizzato, bisognerà passare alla fase della
progettazione operativa, vale a dire sviluppare un piano per organizzare concretamente le
diverse azioni. Sviluppare un piano d’azione significa convertire il progetto in una sequenza
logica di compiti e d’azioni (es. attività di : ricerca, selezione, intervento, verifica e
restituzione meeting e coordinamento, tavole rotonde, ecc.). Significa evidenziare chi deve
fare cosa e quando.
È necessario organizzare:
 le attività di avvio, che possono consistere in attività di selezione, formazione del
personale o d’acquisizione di beni e strumenti necessari per le attività;
 le attività di contatto della popolazione target;
 le attività strettamente connesse al cambiamento, relative alle modalità di intervento;
 le attività connesse alla valutazione;
 le attività di collegamento con eventuali altri servizi, progetti, istituzioni;
 attività di coordinamento generale dell’intervento.

Sara importante realizzare uno schema temporale per stabilire in quale ordine di tempo
debbono essere svolte le diverse attività.

La stesura del budget


È necessaria coerenza tra il progetto “sociale” e progetto “economico”. La qualità degli
interventi dipende anche da una buona progettazione economica.
Nel progetto si possono individuare 4 tipi di attività:
 primarie= il cui risultato contribuisce direttamente a erogare i prodotti e i servizi previsti
 secondarie= che sono a supporto delle attività primarie
 obbligatorie = che si devono svolgere in quanto previste da diversi livelli normativi
 discrezionali = che sono svolte in base a valutazioni soggettive fatte dai responsabili di
progetto

il termine budget rappresenta un programma di gestione il cui processo di formulazione è


lungo e complesso e si compone di più documenti.

23
In ambito di progetti finanziati il termine budget :
economico, quando il budget è inteso come previsione di costi da sostenere
finanziario quando il budget si riferisce alle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione
del progetto.

Schema 4 esempio struttura tipo di budget

4.8 Congruenza interna al progetto

24
Può succedere che inizialmente si fissino obiettivi ambiziosi e che poi ci si renda conto che
non sono modelli e attività che portino al loro raggiungimento. Oppure che le risorse
disponibili non siano sufficienti per svolgere le attività previste. È chiaro che in questi casi
bisognerà rivedere l’intero progetto in modo che il risultato finale sia coerente in tutte le sue
parti.

25
26
27

Potrebbero piacerti anche