Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
garantiscono e permettono l’offerta del servizio stesso. L’attività di front-office determina la
qualità del servizio offerto. È attraverso la relazione tra operatore e utente che si realizza un
servizio: il coinvolgimento di queste due persone e il loro reciproco impegno sono elementi
determinanti.
Se si toglie all’operatore la corresponsabilità nell’elaborazione di un progetto si apre una
distanza tra gli obiettivi formali e dichiarati e gli obiettivi sostanziali determinati dai
comportamenti dei soggetti coinvolti e viene così delegittimato e svalutato il ruolo
dell’operatore.
Nella progettazione degli interventi bisognerebbe coinvolgere sempre anche il soggetto che
ha il rapporto faccia a faccia con il cliente-utente che solitamente viene considerato “ultimo
anello della catena”.
Nei servizi alla persona è necessaria la capacità di attivarsi e modificarsi in funzione di stimoli
e necessità provenienti dai propri clienti e dall’ambiente esterno in generale. Un servizio
“rigido” è un’organizzazione centrata sulle procedure e sull’adempimento dei compiti dove
non si attivano processi di verifica diffusi e in itinere sui risultati.
La flessibilità organizzativa risulta necessaria laddove non è possibile avere ampi margini di
previsione, né standardizzare le pratiche di lavoro, né utilizzare soluzioni sperimentate in
precedenza.
La capacità di progettare e valutare continuamente i propri interventi rientra tra le
caratteristiche principali dei servizi più innovativi, di quei servizi capaci di adattarsi ai contesti
che cambiano.
Dimensione valoriale
Il lavoro nel sociale è carico di valenze etiche, affettive.
Nel sociale l’attività di progettazione può rappresentare il momento privilegiato in cui si
esplicitano i propri valori, modelli di riferimento, le teorie che implicitamente si utilizzano per
dare senso e spiegare dei fenomeni. Lo scopo se espresso nel progetto serve a sviluppare
identificazione, a dare spinte motivazionali e non ad orientare l’agire sulla base di vincoli o
limiti.
Tutte e organizzazioni si ispirano più o meno esplicitamente a dei valori, tuttavia, nella
maggior parte dei casi il rapporto tra persona e valore è mediato da qualcosa di tangibile, da
un prodotto ben identificabile da procedure, tecniche o norme deontologiche (ad esempio per
le professioni sanitarie). Nelle organizzazioni sociali e politiche sembra venir men questo
“oggetto intermedio” in quanto realizzano il proprio fine, quello di aggregare consenso,
direttamente intorno a valori ultimi (una causa) e non intorno a un oggetto definito e
controllabile (un servizio da erogare, un bene da produrre).
Articolare un progetto tra diversi soggetti, pensare alla coerenza tra le diverse parti (scopi,
tempi, operatori disponibili) significa problematizzare le prassi e fare i conti con il limite, con
la parzialità, e questo è proprio ciò che in alcuni contesti tende a essere rimosso.
La presenza di professionisti
L’identità dell’operatore sociale è fondata sull’appartenenza professionale oltre che
sull’appartenenza ad una specifica organizzazione. Il modo in cui si progetta è influenzato dal
fatto che all’interno delle organizzazioni operano molti “professionisti” diversi. Ciascun
professionista tende a sviluppare una sorta di microprogetto nella relazione duale con il
cliente: interpreta il bisogno, definisce il problema, pone obiettivi di intervento, definisce
tempi e metodi e modalità di verifica dello stesso. Il lavoro per progetti richiede quasi sempre
la collaborazione di più “saperi”.
La comunicazione tra operatori è spesso veicolata e favorita dal fatto che vi sia una
medesima professione in comune (es. talvolta ci sono più contatti tra assistenti sociali
appartenenti a organizzazioni diverse che tra operatori dello stesso servizio).
L’appartenenza professionale rappresenta un forte collante tra i vari servizi,
contemporaneamente rappresenta un fattore di differenziazione interna alle singole equipe
dei servizi.
La pratica prevalente dei servizi “sociali” è quella di strutturare il processo di lavoro attorno al
singolo caso. Laddove anche il lavoro con i singoli casi viene realizzato progettato e
supervisionato in équipe la progettazione diventa uno strumento di lavoro comune; esiste un
progetto condiviso tra un gruppo di operatori e a prescindere da chi realizzerà l’intervento,
esistono degli obiettivi comuni. Nei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali il lavoro sul
2
campo rappresenta spesso importante fattore di integrazione (più operatori si coordinano in
funzione dell’intervento con il singolo).
Organizzazione “a rete” dei servizi: dal progetto sul “singolo caso” al progetto tra
servizi
Nel sociale i progetti vengono quasi sempre realizzati grazie all’intenzione e al coordinamento
di una rete di organizzazioni.
L’elemento di difficoltà consiste nel fatto che le diverse organizzazioni del sociale sono spesso
enormemente diverse tra loro per struttura organizzativa e tipologia, dimensioni, settore,
mission, valori, ecc…
Inoltre le diverse organizzazioni parlano linguaggi diversi e hanno procedure e regole di
funzionamento diverse. I progetti che richiedono un intervento di “rete” sono
necessariamente condizionati dalle forme di integrazione e dal tipo di scambi presenti tra le
diverse organizzazioni.
Tra le diverse organizzazioni del sociale, convivono una pluralità di logiche organizzative e di
culture organizzative: quella della pubblica amministrazione, della comunitaria, quella
volontaristica, quella imprenditoriale ecc.
Un ulteriore distinzione tra organizzazioni a legami deboli e organizzazioni a legami forti.
Poiché molte organizzazioni nel sociale sono sistemi a legame debole, possiamo affermare
che le reti interorganizzative presenti nell’area sociale sono prevalentemente caratterizzate
da legami deboli.
Assumere questo dato nell’ambito dei processi di progettazione significa cercare di
ottimizzare i vantaggi che i sistemi a legame debole ci offrono.
3
2) progetto come prodotto cartaceo e stesura concreta di un disegno di intervento
4°realizzazione avvio delle prime attività, confronto e verifica in itinere per produrre
aggiustamenti necessari.
In ciascun approccio le 5 tappe logiche sono sempre presenti ma assumono pesi e rilevanze
diverse.
1.APPROCCIO “SINOTTICO-RAZIONALE”
Si tratta di un approccio meccanicista che rimanda ad una causalità di tipo lineare; In altre
parole si ipotizza sia possibile individuare nessi di causalità lineari relativamente alle
problematiche sociali e, in base a questi, programmare e prevedere il cambiamento sociale.
Secondo questo approccio:
È possibile circoscrivere i fattori causali alla base di disturbi/devianze individuali e sociali;
È possibile realizzare progetti che modifichino tali fattori e così prevenire effetti
indesiderati;
È possibile modificare i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone in funzione di
disegni pre-determinati.
Una tale impostazione comporta una forte stilizzazione e semplificazione delle situazioni che il
progettista si trova ad affrontare che invece sono il più delle volte situazioni in cui i problemi
non sono chiaramente definiti, l’ambiente è incerto e confuso, gli obiettivi sono espressi in
modo vago, sono variabili ecc.
All’interno delle 5 tappe questo modello considera cruciale ai fini della riuscita dell’intervento
la tappa della “Progettazione”. Le altre tappe si presume debbano seguire di riflesso. In tale
approccio la centratura è sul prodotto da realizzare, inteso come risultato previsto a
priori.
In un approccio di tipo “SINOTTICO” il progetto viene costruito a partire da una comprensione
a priori dei bisogni e il processo di progettazione non viene allargato a diversi soggetti ma
rimane una competenza specifica dell’esperto.
La valutazione di riferisce essenzialmente ad un processo di confronto tra output previsti e
output ottenuti.
Questo modo di intendere la valutazione è consono per attività sufficientemente
standardizzate.
Un esempio di progetto educativo di tipo sinottico-razionale: quando gli insegnati che si
riuniscono tra loro all’inizio del nuovo anno scolastico e tracciano il programma didattico, si
tratta di individuare gli obiettivi didattici e educativi generali, di scomporli in obiettivi specifici
ed infine individuare i criteri di verifica. Gli obiettivi vengono individuati a priori in un certo
senso a prescindere dalle specifiche caratteristiche sia dei futuri alunni, sia delle dinamiche di
classe che si svilupperanno. Si prevede quindi un percorso rettilineo.
Tanto più il contesto in cui si realizza l’intervento ha caratteristiche di complessità, di
incertezza e imprevedibilità, tanto più quest’approccio risulta inadeguato, perché non riesce
ad accettare le variazioni provenienti dall’ambiente e a modellarsi con velocità ai
cambiamenti che insorgono.
Detto questo, sebbene questo approccio sia il meno adatto ad orientare interventi di tipo
sociale, piace e ha successo. Piace perché è rassicurante per i clienti e i destinatari e ha
successo dal punto di vista commerciale. Spesso l’idea di progettazione di associa
automaticamente a tale approccio.
Esiste inoltre una distanza tra obiettivo dichiarato e obiettivo perseguito. Gli obiettivi di
partenza possono essere stravolti e il progetto può essere utilizzato unicamente a scopo
strumentale per accedere alle risorse, per aumentare la propria influenza o per altre ragioni
b) secondo punto critico è l’assunto che sia possibile sempre effettuare una
comparazione tra le diverse opzioni o strategie in base a un’ipotesi di
5
massimizzazione dei benefici. In caso di settore di intervento ancora “immaturo” il
decisore in realtà non possiede ancora adeguate conoscenze per individuare le
metodologie d’intervento più efficaci. In questi casi è fuorviante identificare tutte le tappe
della progettazione lasciando pochi spazi di sperimentazione, verifica e cambiamento
lungo il percorso. L’approccio sinottico-razionale non aiuta a pensare il progetto come
strumento flessibile; ci si aspetta che il progettista-decisore debba in un certo senso
predire il futuro e permanere nelle proprie scelte.
In questo secondo approccio si parte da un’ipotesi di cambiamento di una data realtà che è
confrontata e negoziata con i destinatari. Rispetto all’approccio precedente viene data
maggiore rilevanza alla tappa dell’attivazione (2°tappa).
6
Come si potrà notare, la stesura di una prima bozza del progetto rappresentata, in un
approccio “concentrativo”, solo una tappa del percorso complessivo e non il momento iniziale.
Si osservi come una serie di elementi costitutivi di un progetto diventino oggetto di analisi e
condivisione di più soggetti promotori del soggetto.
7
L’approccio euristico pone al centro del processo di intervento nel sociale la tappa
dell’attivazione; la progettazione di uno specifico intervento è intesa come prodotto di
percorso e non come luogo di partenza.
A seguito della tappa attivazione possono svilupparsi molteplici sotto-progetti e diversi nuclei
progettuali tra loro connessi, caratterizzati da un proprio percorso di progettazione,
realizzazione e verifica.
L’ipotesi sottostante a tale impostazione è che fare prevenzione significa “ridare dignità al
contesto” e valorizzare le risorse informali e formali presenti nel territorio. Rilevanza data alle
fasi di analisi del problema, del contesto, della comunità ed alla presenza di ricerche basate
sulla metodologia della ricerca-azione. Il successo di un intervento in questo caso dipende
dalla mobilitazione di iniziative della popolazione o dall’operare integrato di molteplici
soggetti organizzativi, allora il progetto inteso come strumento di una razionalità lineare,
risulta inefficace e disturbante.
2.3 un discorso sui modelli a partire dal lavoro con gli operatori
in questa seconda parte del capitolo parleremo dell’esperienza degli operatori, di coloro che
hanno il ruolo di progettisti o di attuatori.
All’interno di seminari di formazione sul tema della progettazione nel sociale si possono
prevedere momenti in cui viene esplicitata la cosiddetta “mappa cognitiva” del concetto di
progettazione presente nel gruppo. Il metodo consiste nel chiedere al gruppo di fare delle
libere associazioni sul tema “progettazione”; in seguito si raggruppano le libere associazioni
in alcune classi di significato e le si dispongono come fossero ramificazioni.
In tali mappe cognitive possiamo osservare che:
c’è un sovradimensionamento delle associazioni nella parte denominata “progetto
cartaceo: modello razionale”;
il termine obiettivo è quello più presente ed è quello che viene sempre citato nelle prime
associazioni; manca quasi sempre qualche associazione connessa al concetto di strategia;
la dimensione organizzativa, istituzionale e inter-organizzativa è poco presente;
raramente emerge il tema della conflittualità e del potere, si fa riferimento a sentimenti e
relazioni positive;
i soggetti, le persone, operatori e cittadini, venivano in un certo senso dimenticati, come se
il progetto fosse un oggetto distante dai soggetti che lo costituiscono, lo pensano e lo
utilizzano;
nella mappa non c’è spazio per l’errore e il fallimento, la riflessività, è previsto solo il
cambiamento in positivo, sebbene nella realtà le persone spesso sono frustrate nello
sperimentare il lavoro per progetti.
8
CAP.3 LE PRIME TAPPE DI UN PROGETTO: L’IDEAZIONE E L’ATTIVAZIONE
2. La definizione del problema dopo aver chiarito l’ambito e il fine del progetto che
intendiamo realizzare occorre individuare quel è il problema o il fenomeno relativamente
al quale stiamo per sviluppare un progetto. La definizione del problema viene fatta dal
progettista a seguito di un’analisi di tipo tecnico. Se viene utilizzato un approccio di tipo
“concentrativo” o “euristico” la definizione del problema rappresenta il frutto e il risultato
di processi di attivazione e di concentrazione tra diversi attori locali. Costruzione sociale
di un problema: perché un progetto abbia successo occorre non dare per scontato il
problema e considerare i diversi partner/attori e i destinatari come osservatori sui propri
mondi che possono tra loro comunicare per mettere in relazione le reciproche osservazioni
e i reciproci sistemi di osservazione. Infine è importante capire quali sono i tempi utili
per la presentazione e realizzazione di un progetto sia in termini di scadenze
connesse a erogazioni di finanziamenti e presentazioni a gare d’appalto, sia nei termini di
disponibilità dei diversi attori istituzionali.
3. La strategia del progetto e l’attivazione delle risorse le strategie sono delle
macro metodologie, riguardano approcci e convinzioni profonde; Le strategie orientano le
9
azioni sociali. il termine strategia deve essere utilizzato quando ci riferiamo a chiavi di
lettura, filosofie d’intervento e metodologie strutturate, sperimentate e definite. Due
esempi di strategie di intervento tratti da pratiche di lavoro:
o il lavoro sociale di rete adottato dai servizi sociali, che offre importanti strategie di
lavoro per i servizi sociali che hanno elaborato specifiche metodologie di intervento
finalizzate a valorizzare, stimolare, o sviluppare reti di supporto sociale.
o l’empowerment locale o empowerment economico nel lavoro con soggetti esclusi,
promosso da organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale. Il termine
empowerment è definibile come “un processo attraverso il quale le persone diventano
consapevoli delle cause della loro povertà e si organizzano per utilizzare le loro
competenze, esergie e risorse collettive per modificare tali condizioni. Si tratta di una
dinamica interna ai gruppi, risultato di una consapevolezza di gruppo.
esempio:
un’associazione può rappresentare uno dei “soggetti promotori” di un progetto insieme al
funzionario e all’assessore dei servizi sociali del comune. Il comune elabora il progetto
attraverso il quale richiede il finanziamento (es. Ministero dell’interno “finanziatore”),
diventando così il “soggetto titolare”. In seguito due associazioni locali diventato i
“realizzatori” e gestiscono tutte le attività socio-culturali. La rete di implementazione di un
progetto corrisponde a tutti i soggetti organizzativi realmente coinvolti nella fase
operativa per la realizzazione dello stesso.
In questo caso:
- soggetto promotore associazione
- soggetto titolare comune
- soggetto finanziatore ministero dell’interno
- soggetto realizzatore o attuatore associazioni locali
- soggetti della rete di implementazione insieme dei soggetti organizzativi coinvolti nella
fase operativa
10
-quelli che si sviluppano a seguito dell’accoglimento di una richiesta esterna
all’organizzazione.
Es. gli operatori di un nido possono ad esempio decidere di avviare nell’ambito della
programmazione educativa, un progetto di prevenzione dei disturbi del linguaggio. viceversa
il servizio sociale del comune a seguito di numerose richieste provenienti dagli operatori ASL,
da genitori o da operatori di nidi, potrebbe esso stesso proporre un intervento di prevenzione
dei disturbi del linguaggio.
In entrambi i casi il ruolo di coloro che promuovono e attivano un progetto può essere per
alcuni versi assimilabile al ruolo di un consulente organizzativo o di un formatore.
Per l’operatore è necessario capire come si colloca a livello relazionale e istituzionale, capire i
propri e altrui obiettivi rispetto al progetto, la rilevanza a livello sociale dello stesso e
immaginare la fattibilità.
Attraverso questo processo di decodificare e interpretare si può sviluppare un’analisi della
domanda. Constatazioni:
il cliente non esprime mai una domanda di cambiamento o di aiuto concernente una
disfunzione in quanto tale, un problema in quanto tale, ma nella domanda porta anche sé
stesso, il suo modo di intendere la relazione tra lui e il consulente e il suo modo di funzionare.
11
12
13
CAP.4 LA STESURA DI UN PROGETTO
4.1 Premessa
Se si è alle prese con la stesura di un progetto cartaceo che serve per richiedere
finanziamenti, bisogna essere sufficientemente precisi e documentanti per far capire
all’interlocutore che si possiede una buona competenza nel settore di pertinenza del
progetto e nella progettazione.
Nel caso si sia certi o quasi certi della possibilità di realizzare l’intervento, la stesura del
progetto serve come guida all0azione. La modalità di progettazione e l’importanza attribuita
a questa fase dipendono molto dal modello di progettazione utilizzato.
Nell’approccio razionale molti sforzi vengono dedicati alla progettazione ponendo
attenzione soprattutto agli aspetti logico-razionali e ritenendo che un buon progetto sia
garanzia di successo per l’intervento.
Nell’approccio concentrativo si da altresì importanza alla progettazione, ma si
enfatizzano le potenzialità di scambio, negoziazione e confronto collegate a questa tappa.
All’interno di questo approccio durante la progettazione, diversi attori debbono
necessariamente essere coinvolti, affinché la lettura del problema e gli obiettivi siano, se
non totalmente, almeno parzialmente condivisi.
Nell’approccio euristico inizialmente so potranno progettare solo le strategie di
coinvolgimento e d’attivazione della comunità. Solo successivamente potranno svilupparsi
progetti con obiettivi specifici, obiettivi che dovranno essere fissati autonomamente dai
membri della comunità. Nei percorsi di sviluppo di comunità la progettazione s’interseca con
la realizzazione del progetto.
14
chi nella comunità si sta già occupando di quel problema o del settore che include il
problema.
Sempre in questa fase bisogna stabilire alleanze, coinvolgere persone, gruppi e istituzioni che
possono contribuire alla riuscita dell’intervento per poi affidare la progettazione al team che
se ne occupa.
15
Dopo aver esplicitando su quali aspetti di benessere si desidera influire (sottoobiettivi),
bisognerà ulteriormente specificare i cambiamenti attesi e possibilmente la misura attesa del
cambiamento (obiettivi specifici).
16
saper realizzare le attività. In questi casi gli obiettivi delle attività formative possono essere
denominati obiettivi strumentali o intermedi, in quanto il loro conseguimento è “strumento”
per raggiungere l’obiettivo finale.
17
Ipotesi causali: ipotesi sull’influenza di uno o più processi o determinanti sul comportamento
o la condizione che il progetto cerca di modificare. Spesso l’ipotesi causale è già esplicitata
nell’analisi del problema, ma mentre nella fase di analisi si possono stabilire o elencare
diverse cause connesse con il problema, in fase di scelta del modello di intervento bisogna
esplicitare quali di esse si accoglie come punto di partenza per le attività proposte.
Scegliere un modello di intervento significa decidere di svolgere una serie di attività che
hanno elevata probabilità di provocare il cambiamento desiderato in quanto incidono
direttamente o indirettamente sulla o sulle cause ipotizzare del problema.
Un approccio più recente è quello che si basa sul potenziamento delle risorse personali.
All’interno di questo possiamo includere due modelli. Il primo discende dalla teoria
dell’apprendimento sociale e spesso si realizza attraverso il metodo dell’educazione tra pari.
Con l’educazione fra pari si coinvolgono e si formano ragazzi leader e poi questi propongono
ai compagni attività finalizzate alla prevenzione. L’educazione fra pari si è dimostrata molto
utile per la prevenzione del fumo e utile per i comportamenti sessuali a rischio di HIV.
Un secondo modello, sempre interno all’approccio del potenziamento delle risorse personali e
che viene maggiormente utilizzato nella realtà italiana, punta a rendere l’adolescente in
grado di affrontare i problemi quotidiani connessi alla sua esperienza di crescita, di analizzare
i diversi compiti evolutivi e di valutare criticamente i comportamenti adottati in rapporto ad
essi.
Un altro approccio che si fonda sulla strategia di sviluppo di comunità e utilizza come modello
quello della ricerca di intervento partecipante. Si cerca di attivare processi di ricerca,
riflessione, coinvolgimento da parte delle diverse componenti della comunità territoriale
potenziando le risorse e stabilendo nessi e connessioni tra i componenti di una comunità e
un'altra. Nella scelta del modello di intervento bisogna considerare oltre che l’efficacia, anche
i criteri, cioè scegliere attività che possano essere messe in pratica, considerando i vincoli del
progetto, e che possono provocare gli effetti nei tempi previsti dal progetto stesso.
La bassa fattibilità potrebbe essere dovuta al fatto che le modalità d’intervento proposte non
sono ben accette alla popolazione target o perché difficilmente conciliabili con le loro abitudini
di vita o perché distanti dalla loro cultura. Ancora la bassa fattibilità potrebbe essere dovuta
dal fatto che i finanziamenti non condividono l’ipotesi causale sulla quale si fonda l’intervento.
A volte l’accettazione può essere migliorata rendendo espliciti e conosciuti i nessi fra le
attività e le cause ipotizzate del problema.
Strategie di intervento
La scelta di una strategia piuttosto che un'altra influenza profondamente il progetto.
Ad esempio, se un intervento viene realizzato utilizzando una strategia di sviluppo di
comunità (empowerment di comunità) il progetto si porrà due ordini di obiettivi: i primi
riguarderanno il problema che si sta affrontando, il secondo la strategia scelta, quindi, nel
caso dello sviluppo di comunità, si punterà alla valorizzazione delle risorse della comunità e al
potenziamento delle stesse, al coinvolgimento attivo dei membri, ad incrementare le
connessioni fra gruppi ecc. Per raggiungere questi obiettivi non sarà possibile aderire al
modello logico-razionale della progettazione, ma si sceglierà il modello euristico o il modello
concentrativo.
18
Es. di un progetto rivolto a madri e adolescenti di classe sociale svantaggiata.
19
20
Avvio del progetto e contatto popolazione
Fino a ora ci siamo referiti alle attività primarie di un intervento, vale a dire quelle connesse
direttamente al cambiamento nei beneficiari. Accanto a queste attività, bisogna anche
considerare e progettare tutte quelle necessarie all’avvio del progetto stesso (acquisizione
risorse, preparazione materiale didattico, corsi di formazione ecc.) e quelle relative al contatto
della popolazione bersaglio. Nei progetti finanziati dalla comunità europea si utilizza il termine
azione per intendere delle macro-azioni, cioè un insieme di attività che sono raggruppabili
rispetto a un fine unitario. Nell’esempio riportato nello schema.2, ad es., una delle azioni è
costituita dalla ricerca.
Di seguito riportati due esempi di schemi utilizzati per il planning (tempi e sequenze delle
diverse attività).
21
22
4.6 Valutazione
È nella fase di progettazione che conviene stabilire se , e con quali modalità, verranno
intrapresi percorsi valutativi.
È importante per due motivi:
a) Per stimare i costi e le risorse necessarie alla valutazione e includerli nei costi
d’intervento;
b) Qualora si voglia procedere alla valutazione dell’efficacia, per capire se gli obiettivi
saranno raggiunti, è necessario realizzare una ricerca valutativa che in genere prevede
la rilevazione degli indicatori sia prima che dopo l’intervento.
Sara importante realizzare uno schema temporale per stabilire in quale ordine di tempo
debbono essere svolte le diverse attività.
23
In ambito di progetti finanziati il termine budget :
economico, quando il budget è inteso come previsione di costi da sostenere
finanziario quando il budget si riferisce alle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione
del progetto.
24
Può succedere che inizialmente si fissino obiettivi ambiziosi e che poi ci si renda conto che
non sono modelli e attività che portino al loro raggiungimento. Oppure che le risorse
disponibili non siano sufficienti per svolgere le attività previste. È chiaro che in questi casi
bisognerà rivedere l’intero progetto in modo che il risultato finale sia coerente in tutte le sue
parti.
25
26
27