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Il lavoro nel sociale è carico di valenze etiche, affettive ed emozionali, investe i valori e le
credenze più profonde sia degli operatori che dei clienti/destinatari/utenti/beneficiari. Nel
sociale l' attività di progettazione può essere anche intesa come momento in cui è possibile
esprimere i propri valori, credenze, i propri modelli di riferimento, le teorie che implicitamente
si utilizzano x dare senso e spiegare i fenomeni e con cui si confrontano vari sistemi di valori. La
progettazione costringe a fare i conti con il limite, a rapportare obiettivi, attese, propositi con
orientamenti di valore, scelte concrete e risorse. Articolare un progetto tra i diversi soggetti,
pensare alla coerenza tra le diverse parti(tempi, scopi, operatori disponibili … ) significa fare i
conti con il limite, con la parzialità, che non deve essere rimossa, come al contrario accade in
alcuni contesti.
Professionisti:
le professioni e le para-professioni sono caratterizzate da:
• riferimento ad un corpus di saperi, teorie e tecniche
• responsabilità elevata sui risultati
• curriculum formativo comuni e norme deontologiche a cui riferirsi.
L' operatore sociale tende a sviluppare una sorte di micro-progetto nella relazione duale con il
cliente: interpreta il bisogno, definisce il problema, pone obiettivi di intervento, definisce tempi
e metodi e modalità di verifica dello stesso. Il progetto sul singolo caso è spesso il punto di
partenza x rinforzare processi di integrazione e avviare altri tipi di progetti rivolti ad esempio
alla comunità.
L’identità lavorativa e la comunicazione dell’operatore sociale si fonda fortemente
sull’appartenenza professionale, prima ancora che organizzativa. Questo influenza il modo di
progettare e facilita lo sviluppo di “microprogetti” basati sulla relazione duale con il cliente che
rischiano di staccarsi da un contesto, soprattutto nelle professioni più “forti” (psicologo,
medico). Il lavoro per progetti richiede un passaggio ulteriore alla progettualità condivisa in
équipe e tra servizi ed organizzazioni. Anche laddove si debba lavorare sul “singolo caso”, la
progettazione deve essere uno strumento di lavoro comune basato su strategie, attività e
verifiche.
Chi si occupa di progetti nel sociale deve confrontarsi con una difficoltà: nel sociale i progetti
vengono quasi sempre realizzati grazie all' interazione, alle intese e al coordinamento di una
rete di organizzazioni pubbliche, private e del privato sociale. L' elemento di difficoltà consiste
nel fatto che le diverse organizzazioni del sociale sono spesso diverse tra di lodo a livello di
organizzazione della struttura, delle tipologia delle diverse dimensioni, del settore, della
mission (finalità), dei diversi codici linguistici … una tipica difficoltà è data infatti dal fatto che
le diverse organizzazioni parlano linguaggi differenti ed hanno procedure e regole di
funzionamento diverse. I progetti che richiedono un intervento di rete sono condizionati
necessariamente dalle forme di integrazione e dal tipo di scambi preesistenti tra le diverse
organizzazioni.
Controlli. Un altro aspetto critico riguarda il controllo; quando la distanza tra l’erogatore del
finanziamento e l’ente esecutore è notevole, il controllo ne risente, limitandosi ad aspetti
formali e alla rendicontazione amministrativa. Alcune cooperative sociali che gestiscono servizi
in convenzione con comuni e ASL redigono “progetti mensili” sui casi presi in carico che in realtà
hanno il solo scopo di documentare le prestazioni erogate perché siano remunerate; il progetto
diventa così un adempimento amministrativo privo di programmazione e di verifica dei risultati.
Situazioni di questo genere sono favorite da situazioni protette e garantiste che escludono
un’adeguata concorrenza. La logica amministrativo-burocratica e quella operativo-progettuale
sono entrambe necessarie, ma per molti aspetti in conflitto tra loro.
Organizzazione “a rete” dei servizi. Nel sociale, l’interazione tra organizzazioni pubbliche,
private e del privato sociale è quasi sempre necessaria e questo rappresenta una difficoltà
notevole. Questa forma di coordinamento richiede metodo e progettualità, non può essere
attivata in emergenza o su accordi stabiliti di volta in volta. I diversi enti sono spesso diversi per
struttura organizzativa, dimensioni, mission, settore di attività, cultura organizzativa; spesso
hanno linguaggi, valori, regole e procedure diversi. Basta pensare alle diversità tra pubblica
amministrazione, associazioni di volontariato, cooperative, imprese, organi politici. In ambito
sociale, i progetti richiedono sempre più di essere concepiti come progetti “di” e “tra”
organizzazioni diverse connesse da legami deboli.
Alcuni tipi di organizzazioni non investono molte energie nella fase di attivazione e, per ottenere
i finanziamenti, presentano progetti “standard” (comunque, in generale si presenta un progetto
generale e solo successivamente si esegue una progettazione operativa più dettagliata). La
rilevanza delle diverse fasi dipende dal modello di progettazione adottato (nell’approccio
euristico, la fase di attivazione assorbe la maggior parte delle energie e il progetto cartaceo è
propriamente uno dei risultati del percorso). Inoltre, è sempre importante proporre progetti con
un certo grado di apertura, passibili di aggiustamenti in seguito al confronto continuo con gli
interessati. Un progetto sociale non dovrebbe tanto prescrivere quanto orientare un percorso,
garantendo le risorse necessarie e il loro coordinamento.
• QUARTA TAPPA → REALIZZAZIONE
realizzazione dell' intervento. Attraverso l' avvio delle prime attività si verificano le
proprie ipotesi, si attuano gli interventi ed i cambiamenti necessari x sostenere il
progetto, si sviluppano processi di confronto e verifica in itinere x produrre gli
aggiustamenti necessari.
• QUINTA TAPPA → VERIFICA
verifica conclusiva e riformulazione, ridefinizione o conclusione del progetto stesso.
Queste tappe sono poste in un ordine sequenziale, tuttavia esse possono essere accavallate e
sovrapposte.
La verifica è posta come ultima tappa anche se processi di monitoraggio e valutazione si attivano
lungo il percorso ad ogni tappa, cosi pure il processo di attivazione può proseguire
parallelamente alla realizzazione dell' intervento.
I diversi modelli di riferimento attribuiscono a queste fasi importanza diversa. Il modello
adottato configura in maniera caratteristica già le prime tappe di un intervento, stabilendo il
livello di apertura e flessibilità del progetto. Si distinguono 3 approcci lungo un continuum:
E' da come si configurano le prime tappe dell' intervento sarà possibile capire quale approccio
viene utilizzato e agito.
Approccio:
Cornice teorica al cui interno si sviluppa una visione della realtà e la spiegazione di fenomeni
sociali
Modello:
Oggetto o termine atto a fornire un conveniente schema di punti di riferimento ai fini della
riproduzione, dell’imitazione, talvolta dell’emulazione.
Tre approcci:
E' quindi un approccio meccanicista derivante dal modello classico della scelta razionale che
assume una causalità lineare per cui è possibile:
- Individuare i fattori causali del problema sociale;
- Il problema, gli obiettivi e i criteri di valutazione non presentano ambiguità, non sono
soggetti ad interpretazioni diverse e non possono essere ridiscussi in seguito;
- Esiste una struttura ordinata di preferenze sulle conseguenze di ogni possibile opzione
che non si modifica nel corso del processo.
La semplificazione è eccessiva e tanto più il contesto è complesso/imprevedibile, tanto più
questo approccio è inadeguato. Pur essendo il meno adatto all’intervento sociale, ha molto
successo perché sottende certezze, prevedibilità, ordine e controllo del cambiamento.
Esempio 1: Programmazione didattica tradizionale. Si tracciano a priori, indipendentemente
dalle caratteristiche degli alunni e dalle dinamiche di classe che si svilupperanno, obiettivi
didattici/educativi generali e specifici che vengono associati criteri di verifica. Non si
prevedono opportunità o incertezze, non si valorizzano risorse o possibilità emergenti.
- Non è sempre possibile comparare le diverse opzioni e operare una scelta sulla base della
massimizzazione dei benefici, soprattutto nei settori di intervento meno esplorati;
Gli obiettivi sono in parte definiti e in parte lasciati alla definizione nel corso del
processo decisionale → sono “partecipati”.
- Gli attori devono confrontarsi in tutte le tappe del progetto come portatori di
aspettative, presupposti e posizioni di potere diversi;
L’enfasi viene quindi posta sulla fase dell’attivazione; inoltre, il modello non descrive un
percorso a senso unico che attraversa le diverse fasi, ma a partire dalla fase dell’attivazione
prevede anche la ripresa delle fasi precedenti a causa dell’influenza reciproca delle une sulle
altre, creando aperture sugli obiettivi.
Gli assunti sono:
- Nei problemi sociali non esiste una causalità lineare;
- I bisogni non sono definiti a priori; esistono letture e ipotesi interpretative diverse;
3. APPROCCIO EURISTICO
Come l’approccio "partecipato" pone al centro la tappa attivazione, ma rispetto ad esso:
-Si rinuncia a conseguire obiettivi predeterminati a monte dagli operatori-progettisti
-Il progetto è in continua costruzione ed i protagonisti sono i suoi destinatari
-L’operatore-progettista fa da promotore, stimolo, impulso per la comunità
-Misurare la riuscita di un progetto in base al conseguimento di un risultato predefinito
può indurre a porre in secondo piano i "processi", che sono il risultato reale
dell’intervento sociale
-Si pone contro il processo di "etichettamento" , quel meccanismo che accentua la
marginalità. p.es. : rivolgersi pubblicamente a ragazzi deboli, sviluppa identità e
appartenenze emarginanti
-La progettazione è intesa come prodotto di un percorso e non come luogo di partenza
("modello sinottico")
-Dalla tappa di attivazione può non scaturire un unico progetto bensì tanti sotto progetti
tra loro connessi con un proprio percorso di progettazione, realizzazione e verifica
-Il progetto inteso come strumento di razionalità lineare risulta gravemente disturbante e
inefficace, quando il successo di un intervento dipende da iniziative della popolazione o
dall’operare integrato di molteplici soggetti organizzativi
-L’approccio euristico si fonda su un approfondito lavoro di ricerca, analisi del contesto,
del problema, della comunità, e sulla presenza di ricerche basate sulla metodologia della
ricerca-azione (action-ricerca).
- Nella dimensione relazionale raramente emergono i temi della conflittualità e del potere,
mentre si fa spesso riferimento a sentimenti e relazioni positivi;
L’attivazione: Tra l’intuizione e la realizzazione di un progetto serve una fase intermedia per
la creazione delle condizioni di fattibilità dello stesso. Serve creare consenso e legittimazione
sviluppando alleanze, accordi e partnership tra enti, agenzie e organizzazioni diversi e giungere
a una definizione condivisa del problema e del campo di azione, serve individuare le strategie e
individuare le risorse necessarie. E’ anche importante valutare i vincoli temporali esistenti:
scadenze, stagionalità di alcuni servizi (es. scuola), tempi per la costituzione formale di gruppi,
associazioni, cooperative o altro.
L’attivazione serve:
• A sviluppare partnership e alleanze significative con altre organizzazioni.
• Ad individuare ed attivare possibili risorse: risorse umane, capacità professionali, competenze
organizzative, risorse finanziarie, legittimità sociale e consenso, visibilità.
• Ad individuare ed esplicitare le strategie alla base del progetto.
• A sviluppare una costruzione sociale della definizione di problema insieme ad altri attori locali.
Essa crea le condizioni per la fattibilità del progetto stesso.
Dopo aver chiarito l’ambito e il fine del progetto, bisogna dare una definizione del problema.
A seconda dell’approccio che si intende utilizzare, essa sarà:
• Fatta dal progettista in seguito ad un’analisi di tipo tecnico (approccio sinottico-razionale),
• Costruita socialmente come risultato di processi di attivazione e di concertazione (approccio
concertativo ed approccio euristico).
Un problema viene percepito come tale per una varietà di fattori che esulano dal semplice stato
di benessere o disagio delle persone: il problema entra nell’agenda politica di coloro che hanno
più potere di influenza e di decidere perché nei gruppi di interesse l’hanno reso visibile o perché
esiste un finanziamento diretto a risolvere quel problema e non un altro o perché, ancora,
affrontando quel problema si evita di prendere atto di problemi più complessi.
Soggetti interessati alle fasi di ideazione e attivazione:
Consideriamo un progetto per la realizzazione di un centro di aggregazione giovanile. I soggetti
organizzativi coinvolti sono diversi:
La funzione di un progetto sociale non dovrebbe essere tanto quella di prescrivere, quanto
quella di orientare un percorso e garantire le risorse necessarie ed il loro coordinamento.
Nella stesura di un progetto, sviluppiamo in un primo momento una progettazione di massima ed
in un secondo una ri-progettazione di dettaglio.
Per questo motivo, l’attivazione non può essere concepita come rigida fase temporale cui
consegue la stesura del progetto, ma possono esserci sovrapposizioni.
1. quelli che nascono da un’iniziativa autonoma interna ad un’organizzazione; in questo caso gli
operatori dovrebbero analizzare e decodificare le motivazioni che li spingono a progettare nuovi
interventi; l’analisi delle relazioni riguarderà:
• il rapporto persona/organizzazione
• il rapporto organizzazione/organizzazioni.
Il “cliente” non esprime mai una domanda di cambiamento o di aiuto concernente una
disfunzione in quanto tale, ma nella domanda porta anche se stesso, il suo modo di intendere la
relazione tra lui e il consulente e il suo modo di funzionare. E’ a partire dalla domanda che può
svilupparsi una proposta tridimensionale del lavoro tra consulente, cliente e il problema.
Iniziative interne.
Committente Committente
interno esterno
Operatore Utenti
destinatari
LA STESURA DI UN PROGETTO:
La stesura di un progetto può essere fatta con due scopi diversi che possono più o meno
sovrapporsi:
1. se si è alle prese con la stesura di un progetto cartaceo per chiedere dei finanziamenti,
bisogna essere sufficientemente precisi e documentati per far capire all’interlocutore che si
possiede una buona competenza nel settore di pertinenza del progetto e nella progettazione;
contemporaneamente bisogna prevedere una certa flessibilità per poi realizzare l’intervento
secondo come si evolve la situazione.
2. nel caso si sia certi, o quasi, della possibilità di realizzare l’intervento, la stesura del progetto
serve come guida all’azione: è necessario essere più precisi, operare scelte in modo da limitare
la discrezionalità successiva.
Per interventi complessi sarà utile operare una progettazione per fasi o macro-fasi, in cui ogni
macro-fase può considerarsi come un progetto e un intervento a sé stante.
Inevitabilmente, la definizione e l’analisi del problema sono legate a valori, credenze e costrutti
personali; per questo è importante la condivisione, così come comprendere eventuali opposizioni
al progetto, sia nell’ottica di un ampliamento di vedute, sia per prevenire possibili interferenze.
In questo momento si stabiliscono anche alleanze tra entità e soggetti che possono contribuire
alla riuscita e si deve evitare di escludere chi potrebbe risentirne.
Un intervento è sempre un tentativo di ridurre la discrepanza fra una situazione desiderata e ciò
che si ha attualmente.
Prima di definire gli obiettivi specifici, vengono fissati uno o più scopi generali.
Lo scopo generale è una dichiarazione di intenti, desideri, formulato ancora in modo molto vago.
Ne sono esempio il miglioramento dell’adattamento scolastico dei bambini extracomunitari, la
diminuzione del disagio giovanile, la prevenzione della tossicodipendenza. Solo successivamente
segue la specificazione di obiettivi specifici (o operativi o risultati attesi) che siano:
- Operazionalizzabili in termini di cambiamenti attesi in un target definito;
- Associabili ad indicatori adeguati, cioè a variabili in grado di informare sull’efficacia
dell’intervento.
Quando gli scopi generali sono molto ampi, prima di definire gli obiettivi specifici è possibile
definire una gerarchia di sotto-obiettivi che definiscano meglio gli scopi da raggiungere.
Questo deve essere seguito da obiettivi più chiari, che indichino chiaramente quali cambiamenti
ci si aspetta: si definiscono obiettivi specifici o risultati attesi.
Esempio. Scopo generale: prevenire nei ragazzi che frequentano la scuola l’abuso di
alcool e i rischi associati.
Quando si scelgono e si definiscono gli obiettivi, bisogna preoccuparsi che essi siano rilevanti
rispetto al problema da cui si è partiti, ragionevolmente raggiungibili e, per gli obiettivi
specifici, formulati chiaramente.
Esistono alcuni accorgimenti utili per specificare gli obiettivi specifici: usare un verbo forte (cioè
un verbo orientato all’azione e che descrive un comportamento osservabile e misurabile che
dovrebbe accadere), specificare un solo effetto finale o desiderato, specificare il tempo
ipotizzato per il suo raggiungimento.
Quando vengono fissati degli obiettivi è indispensabile la collaborazione di chi si occuperà di
valutare l’efficacia dell’intervento; sarà importante che per ogni obiettivo specifico si possano
individuare degli indicatori idonei (variabili che, misurate, diano delle indicazioni sull’efficacia
dell’intervento), misurabili e pertinenti, sempre compatibilmente con le risorse disponibili.
Contatto della popolazione: molte delle attività previste dai progetti presuppongono un
coinvolgimento attivo della popolazione bersaglio, che dovrà essere contattata e dovrà dare la
propria adesione al progetto; molti progetti falliscono perché le persone che vi aderiscono sono
diverse dal target immaginato. Spesso si dà per scontato che i beneficiari siano interessati o
disponibili a partecipare; la non partecipazione del target può dipendere da molti fattori: non
sono stati raggiunti dall’informazione; l’informazione non è stata per loro comprensibile o non
ha reso attraente la partecipazione; c’è sfiducia in chi propone l’intervento; le attività non sono
adeguate alle loro abitudini e ai loro valori; il cambiamento proposto non è congruente con i loro
desideri; il problema non è percepito. Contatto della popolazione
In tutti i casi in cui, come in genere accade, il target è direttamente coinvolto, il contatto può
avvenire in condizioni diverse:
Il contatto esaurisce l’attività. Campagna per aumentare le conoscenze sul contagio da
HIV attraverso i mass-media.
Lo studio del recidivismo criminale ha mostrato che non riuscire a trovare un impiego legittimo
dopo la scarcerazione comporta una maggiore propensione a procurarsi il reddito in modo illegale:
l’ipotesi causale è che il recidivismo dipenda dalla mancata occupazione.
Nel metodo RAT, l’apprendimento di una tecnica di rilassamento può ridurre la tensione,
riducendo il dolore e i tempi del parto. A questo punto serve affrontare altre questioni: è possibile
apprendere in tempi adeguati una tecnica di rilassamento? Come si fa? Potrà essere applicata nel
momento del travaglio e del parto? Le diverse tecniche di rilassamento sono diversamente
efficaci? Esistono vincoli nel progetto (competenze, risorse, accettabilità del metodo)?
Nel caso de recidivismo criminale, le ipotesi di intervento potrebbero essere fornire una
qualificazione professionale, fornire incentivi fiscali a chi assume ex-carcerati o assistere questi
ultimi nella ricerca di un lavoro. Un progetto potrebbe mettere a confronto le diverse opzioni e
verificarne la fattibilità e l’efficacia.
Nella prevenzione delle tossicodipendenze, alcuni anni fa si riteneva che la scarsa informazione
sulla natura e gli effetti delle sostanze fosse la principale causa dell’abuso; così si sceglieva di
trasmettere informazioni in tal senso. Tale attività, però, non si è dimostrata in grado di
modificare questo comportamento. Approcci più recenti mirano invece il potenziamento delle
risorse personali (autostima, immagine di sé). Un’altra strada considera l’influenza del contesto
sociale e punta a superare le scarse possibilità di aggregazione giovanile.
Analogamente, la ricerca ha mostrato che un importante fattore di rischio per gli adolescenti è il
comportamento e l’atteggiamento del gruppo dei pari e la difficoltà a resistere alle pressioni
sociali. È nata così l’educazione tra pari: si formano ragazzi “leader”che poi propongono ai
compagni attività finalizzate alla prevenzione. I risultati per la prevenzione del fumo e i
comportamenti sessuali a rischio sono buoni.
Un modello di intervento particolare è quello della ricerca intervento partecipante, in cui si
cerca di attivare percorsi di riflessione e coinvolgimento della diverse componenti di una
comunità territoriale stabilendo o ripristinando collegamenti fra i giovani e le altre componenti
della comunità stessa. Alcuni aspetti da valutare con attenzione riguardano la fattibilità
dell’intervento, il rischio di produrre effetti indesiderati e la compatibilità con abitudini di vita e
fattori culturali.
Scegliere un modello di intervento significa decidere di svolgere una serie di attività che hanno
elevate probabilità di provocare il cambiamento desiderato in quanto incidono direttamente o
indirettamente sulla o sulle cause ipotizzate del problema.
Un approccio recente si basa sul potenziamento delle risorse personali.
Per affrontare il disagio giovanile, si cerca di attivare dei percorsi di ricerca, riflessione, coinvolgimento
da parte della comunità territoriale, potenziando le risorse e stabilendo collegamento tra i giovani e tra i
giovani e la comunità.
Nella scelta del modello di intervento bisogna considerare, oltre l’efficacia, anche altri criteri,
cioè scegliere attività che possono essere messe in pratica, considerando i vincoli del progetto, e
che possono provocare gli effetti nei tempi previsti dal progetto stesso.
Bambini a rischio per: maggiori livelli di mortalità, maggiori problemi di apprendimento, QI più basso. Il
rischio è legato alle condizioni sociali ed economiche, associate a inadeguatezza delle cure pre e post-
natali.
Anche la valutazione deve essere pianificata della fase di progettazione, stabilendo le modalità
dei percorsi valutativi, definendo gli indicatori di efficacia, i momenti della loro rilevazione (pre
e post-intervento) e prevedendo i costi e le risorse necessarie per queste attività.
Valutazione → È conveniente stabilire durante la fase di progettazione se, e con quali modalità,
verranno intrapresi dei percorsi valutativi; questo al fine di:
• Stimare le risorse e i costi necessari alla valutazione ed includerli nei costi totali
dell’intervento,
• Qualora si voglia procedere alla valutazione dell’efficacia, per capire se gli obiettivi saranno
raggiunti, è necessario realizzare una ricerca valutativa che prevede la rilevazione degli
indicatori sia prima sia dopo l’intervento.
La stesura del budget → La traduzione delle diverse risorse previste nel progetto (umane,
gestionali, strumentali) permette, a ritroso, di puntualizzare e verificare la coerenza stessa del
progetto e la sua compatibilità complessiva con le risorse finanziarie attivabili o attivate. La
definizione del budget rappresenta, quindi, un momento critico.
Stesura del budget
La qualità di un intervento dipende anche da una buona progettazione economica. Il progetto
sociale deve essere coerente con il progetto economico, che a sua volta deve essere coerente
nelle varie componenti di costo. La definizione del budget è un momento critico da non delegare
a figure esterne alla logica del progetto. Si tratta di stendere un programma gestionale che
quantifichi e qualifichi costi (attrezzature, personale, immobili e infrastrutture, spese di viaggio
e soggiorno, spese generali, ecc.), ricavi e risorse necessarie.
Nel caso di progetti finanziati da istituzioni pubbliche, forma e livello di dettaglio del budget
devono in genere rispettare modalità predefinite. Nei progetti di grandi dimensioni si prevedono
spesso budget articolati per macroattività assegnati a ruoli di responsabilità distinti anche se
coordinati nell’insieme.
Quando si utilizza il termine budget nell’ambito di progetti finanziati, gli aggettivi che possono
identificarlo sono:
• Economico: quando è inteso come previsione dei costi da sostenere,
• Finanziario: quando si riferisce alle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del
progetto.
Le previsioni del budget vengono comparate con la rendicontazione effettiva sia nel corso
dell’implementazione del progetto sia al termine dello stesso.
Il politico, essendo interessato alla rilevanza sociale del problema, valuta il progetto alla luce
della conformità normativa e legislativa;
L’operatore considera l’efficacia del progetto ed il suo impatto, cioè l’insieme di eventuali
ulteriori cambiamenti indotti dallo stesso;
Il consulente e il ricercatore assumeranno l’ottica del proprio committente.
La valutazione può divenire un’occasione importante per la crescita professionale e la
motivazione degli operatori psicosociali se viene realizzata innescando un processo di scambio e
di riflessione.
In genere gli operatori sono motivati e collaborano volentieri alla valutazione dei progetti di
intervento per diversi motivi:
1. La valutazione è l’unico modo per avere un feed-back, per capire se il lavoro produce
cambiamenti o meno,
2. Perché lavorando in equipe è necessaria una verifica condivisa,
3. Per rendere visibili i risultati,
4. Per prevenire il burn-out,
5. Per contribuire alla condivisione di conoscenze tra gli operatori.
Da un punto di vista generale, la valutazione riguarda l’efficacia e il monitoraggio
dell’intervento. Esistono due approcci di base alla valutazione:
Approccio realista o razionalista alla valutazione: esistono situazioni oggettive, cioè date
indipendentemente dai presupposti delle persone che osservano e dal contesto nel quale avviene
tale osservazione, che determinano modalità di realizzazione e risultati degli interventi sociali.
Il compito del valutatore è quello di trovare i metodi più adatti per misurare i risultati
dell’intervento. Quest’approccio alla valutazione si fonda sugli stessi presupposti sui quali si
basa il metodo logico-razionale alla progettazione. Ciò che viene osservato è oggettivo e
indipendente dall’osservatore e dal contesto. Il valutatore deve trovare i metodi più adatti per
misurare i risultati. La valutazione, pur essendo importante, non è un fattore costitutivo della
progettazione. Valgono i medesimi presupposti dell’approccio razionale alla progettazione.
Approccio costruttivista alla valutazione: ha gli stessi fondamenti dell’approccio concertativo
alla progettazione; secondo tale approccio non esistono condizioni di oggettività in termini
assoluti, cioè indipendenti dall’osservatore. Non esiste un’oggettività indipendente
dall’osservatore e la valutazione non può essere ridotta a procedure asettiche e neutrali; i
risultati si misurano attraverso un accordo tra osservatori diversi, che stabiliscono i criteri di
valutazione. La valutazione è un fattore costitutivo della progettazione. Valgono i medesimi
presupposti dell’approccio concertativo alla progettazione.
Ciò che distingue i due approcci non sono i metodi di misurazione, ma il senso attribuito alla
valutazione. Nell’approccio costruttivista, i percorsi valutativi coinvolgono sia i valutatori, sia
chi lavora alla realizzazione del progetto per comprendere se gli obiettivi dichiarati sono stati
raggiunti, per avere suggerimenti sugli indicatori da impiegare, per raccogliere informazioni utili
alla valutazione.
Soprattutto nei modelli concertativo ed euristico alla progettazione, la valutazione è ciò che
determina la non linearità del percorso, inserendosi in esso come processo continuo e parallelo:
Progettazione (stesura del progetto e progettazione operativa). Qui si valuta l’adeguatezza della
formulazione del progetto come guida per la progettazione operativa e la fase di
implementazione (livello di dettaglio, completezza, ruoli, workplanning), la congruenza interna
fra le diverse parti del progetto e rispetto alle risorse attivabili ed infine l’impegno delle risorse
impiegate.
Nella tappa di ideazione il progetto è solo un’idea; ciò non significa che l’idea non venga
valutata, anzi è proprio basandosi su una serie di giudizi che chi ha avuto l’idea e chi ne viene a
conoscenza, decide se abbandonarla o proseguire.
La tappa di attivazione ha l’obiettivo di creare le condizioni per passare alla definizione del
piano o progetto d’intervento; questa fase assume più o meno rilevanza secondo l’approccio alla
progettazione cui si fa riferimento.
In questa tappa è utile rilevare:
• La quantità e la qualità dei contatti attivati
• La rilevanza percepita del problema da parte dei diversi soggetti contattati
• La condivisione rispetto al problema
• La quantità e la qualità delle informazioni raccolte
• La possibilità di attivare le risorse per realizzare il progetto.
Nella tappa di progettazione (che comprende la stesura del progetto e la progettazione
operativa) si cerca di stimare a priori la validità del progetto e verificare la congruenza del
disegno concettuale.
Una parte della valutazione del piano o progetto cartaceo, consiste nel controllo di errori di tipo
logico, contenutistico e formale e le componenti da considerare sono:
• Rilevanza: attinenza del progetto e problematiche ritenute rilevanti.
• Adeguatezza della formulazione del progetto in modo che possa fungere da guida per la
progettazione operativa e per la successiva fase di realizzazione, e che sia comprensibile per
tutti i soggetti coinvolti.
• Congruenza interna tra le diverse parti del progetto e fra progetto e risorse attivabili.
• Sforzo, inteso come risorse impiegate per questa fase.
Anche per la progettazione operativa si controllano prevalentemente errori di tipo logico-
formale:
• Adeguatezza della formulazione
• Congruenza o coerenza interfase
• Sforzo.
Nella tappa della realizzazione/implementazione da una parte l’attenzione si rivolge alla
raccolta di informazioni di tipo descrittivo, per capire chi aderisce al progetto; cosa da chi e in
quale tempo viene realizzato; le risorse impiegate (monitoraggio); dall’altra parte si rivolge ai
processi messi in atto. Questa valutazione dovrebbe seguire passo passo la realizzazione
dell’intervento, in itinere, per costruire un ritratto complessivo del funzionamento del progetto.
La tappa di verifica di un progetto sociale si fa ex-post e serve a verificare i risultati ottenuti
stimando:
• L’efficacia: la capacità del progetto di raggiungere gli obiettivi fissati,
• L’impatto: tutti i cambiamenti indotti dal progetto, esclusi quelli connessi agli obiettivi,
• La rilevanza: ovvero la capacità del progetto di incidere su problemi di rilevanza sociale,
• L’efficienza: intesa come rapporto costi/ricavi,
• La produttività: ossia il rapporto fra risorse impiegate e output ottenuti,
• La trasferibilità e riproducibilità del modello, in termini di metodologie, know how, buone
prassi e soluzioni organizzative attivate dal progetto.
Per una buona valutazione sono necessari degli indicatori → intesi come caratteristiche, o
variabili, osservabili (o calcolabili) che ci danno un’indicazione su un certo fenomeno, che
deve comunicare delle informazioni. Un indicatore deve essere chiaro e comprensibile nella
sua forma finale e deve rappresentare proprio ciò per cui è stato costruito. Gli indicatori devono
rispettare sia requisiti metodologici (validità, attendibilità), sia requisiti legati a problemi di
natura concettuale (pertinenza, rilevanza, specificità, sensibilità) e, prima di decidere quali
indicatori utilizzare, bisognerà fare una scelta legata alla fattibilità, cioè che tenga conto dei
costi e degli sforzi necessari per rilevarli.
Requisiti concettuali Pertinenza Riflette una caratteristica essenziale del fenomeno
dell’indicatore rilevato. Riduce i rischi di falso negativo.
Rilevanza Riflette l’importanza della caratteristica colta.
Specificità Capacità di cogliere una caratteristica esclusiva del
fenomeno rilevato. Riduce i rischi di falso positivo.
Sensibilità Capacità di evidenziare differenze nell’intensità del
fenomeno rilevato.
Requisiti metodologici Validità Misura proprio il fenomeno che interessa. Validità di
delle misure costrutto, di contenuto, predittiva, concorrente. La
validità di uno strumento di misura costruito per altre
lingue/culture deve essere nuovamente verificata.
Attendibilit Si riferisce alla precisione e alla ripetibilità della
à misurazione.
Requisiti pratici Fattibilità Considera le risorse necessarie per l’impiego
dell’indicatore.
Risultato grezzo = Risultato netto + Efffetti da fattori estranei + Effetti del disegno di ricerca
Quando è possibile stimare il risultato netto controllando gli effetti dei fattori estranei e del
disegno di ricerca, si ha validità interna.
Effetti da fattori estranei. Tendenze a lungo termine (es. diminuzione negli anni della
mortalità infantile), maturazione dei soggetti, eventi che accadono ai soggetti (es.
malattie, variazioni del reddito) o in comunità (es. disastri naturali), selezione dei
soggetti (es. in partecipazione volontaria, chi aderisce è più disponibile al cambiamento o
avverte maggiormente il problema).
Effetti del disegno di ricerca. Misure poco precise e attendibili ed effetti casuali.
Risultati grezzi e risultati netti → per poter attribuire il cambiamento con elevata probabilità
proprio all’intervento è necessario riuscire a distinguere fra risultati grezzi e risultati netti.
Per risultato grezzo si intende il cambiamento avvenuto nelle variabili oggetto di indagine,
mentre per risultato netto la parte di cambiamento causato dall’intervento.
E’ rilevante il concetto di validità interna: si ha validità interna quando si può provare che le
modifiche nei risultati sono attribuibili proprio all’intervento e quindi quando è possibile stimare
il risultato netto, controllando gli effetti dovuti ai fattori estranei e al disegno di ricerca.
I fattori estranei più importanti sono: tendenze a lungo termine, maturazione dei soggetti,
fattori legati alla selezione dei soggetti.
Gli effetti dovuti al disegno di ricerca che contribuiscono al cambiamento grezzo possono essere
dovuti all’uso di misure poco precise e attendibili, oppure ad effetti di natura casuale.
Per stimare il risultato netto bisognerà realizzare una ricerca valutativa, riferendosi ad adeguate
metodologie di ricerca nella scelta di cosa misurare, quando e su chi misurare.
Nella valutazione dell’efficacia è consigliabile utilizzare indicatori forti, cioè misure
“oggettive”, accanto ad indicatori soffici, cioè misure più soggettive.
Laddove gli obiettivi specifici del progetto sono molteplici, si impone una scelta per renderli
meno numerosi, che si basa su 2 criteri: quello di fattibilità, e quello di rilevanza dell’indicatore
rispetto al progetto complessivamente considerato.
Gli indicatori che riguardano il comportamento sono ritenuti più oggettivi rispetto ad indicatori
che riguardano atteggiamenti; per la scelta degli indicatori è necessario partire dagli obiettivi
esplicitati nel progetto o da una discussione e ridefinizione degli obiettivi da parte degli attori
coinvolti.
Valutare l’efficacia significa stimare se l’intervento ha prodotto o meno i cambiamenti
desiderati. La procedura più idonea è il confronto fra i valori degli indicatori dopo l’intervento
(post-test) con i valori rilevati prima dell’intervento (pre-test).
La ricerca serve per aumentare le conoscenze, l’intervento per produrre cambiamenti; tuttavia,
il momento conoscitivo e quello trasformativo sono strettamente connessi: il primo è premessa
del secondo, che a sua volta incide sul primo. Si distinguono:
Esiste un continuum sul quale collocare gli indicatori che va dalla massima oggettività (indicatori
“forti” – es. n. di bambini nati) alla massima soggettività (indicatori “soft” – es. dichiarazioni dei
soggetti, come il n. delle ore trascorse a guardare la tv). Gli indicatori soft sono esposti a
sotto/sovrastime in base all’accettabilità sociale o di altri fattori. Indicatori relativi ai
comportamenti sono in ogni caso considerati più oggettivi di indicatori relativi ad atteggiamenti,
opinioni, intenzioni, percezioni.
In presenza di obiettivi numerosi, si impone una scelta degli indicatori. I criteri sono due:
fattibilità e rilevanza.
Registrazione delle attività del progetto e dei servizi coinvolti. Utenza, partecipanti;
Test. Rilevano costrutti anche complessi. In alcuni settori sono le uniche misure
adeguate. In molti casi richiedono tempo e competenze specifiche per la
somministrazione.
• Il disegno sperimentale: è quello più rigoroso dal punto di vista metodologico. La sua
caratteristica è la costituzione di due o più gruppi scelti con procedura casuale; il gruppo che
viene sottoposto al trattamento/intervento è definito “sperimentale”, l’altro “di controllo” (non
sottoposto al trattamento). Per la costituzione dei gruppi, prima bisogna estrarre casualmente i
soggetti dalla popolazione cui si vuole generalizzare i risultati e poi, sempre casualmente,
assegnarli ad uno dei due gruppi.
Nella ricerca sperimentale classica si prevedono due rilevazioni: prima e dopo l’intervento.
In alcuni casi si possono avere effetti particolari. Negli USA il progetto DARE, finalizzato a
prevenire l’uso di alcool e droghe in adolescenti è talmente diffuso che è diventato
difficile formare gruppi di controllo, soprattutto in relazione al fatto che è importante la
ricerca a lungo termine. Tuttavia, anche quando ciò è stato possibile, non si sono trovate
differenze rilevanti tra il gruppo sperimentale e quello di controllo, rilevando un uso di
droghe molto contenuto in entrambe le condizioni; un’ipotesi è che la diffusione massiva
del programma abbia creato un clima favorevole nelle scuole che ha interessato anche
chi non vi partecipa.
2) La scelta casuale del gruppo sperimentale non è possibile oppure opportuna e l’adesione
è di fatto non volontaria. Esempio: un preside introduce un progetto, ma avendo bisogno
della collaborazione degli insegnanti potrà realizzarlo solo in alcune classi; i soggetti da
includere nei gruppi sperimentale e di controllo non potranno essere scelti casualmente e
non possono scegliere di aderire o meno. In tal caso si applica il metodo quasi-
sperimentale, cercando di formare un gruppo di controllo il più possibile simile a quello
sperimentale; utile la tecnica dell’appaiamento uno-a-uno, in cui si abbinano soggetti
simili nelle caratteristiche generali e in quelle connesse alla ricerca.
- Non uso del gruppo di controllo. Non è detto che la ricerca valutativa non debba esse
fatta se, per questioni etiche, non è possibile costituire un gruppo di controllo. Il
progetto ADM (Assistenza Domiciliare ai Minori) del comune di Milano è oggi esteso a
tutte le zone della città. L’intervento è prescritto dal Tribunale di Minori e un gruppo di
controllo non può esistere. La valutazione dell’efficacia dell’intervento viene effettuata
a partire dalle schede individuali nelle quali viene formulato il progetto specifico e gli
operatori annotano regolarmente il grado di raggiungimento degli obiettivi posti.
Considerando che la durata dell’intervento non è definita (2-3 anni mediamente per ogni
singolo caso) e l’assenza di una fine programmata per l’intero programma, il confine tra
progetto e servizio diventa molto sfumato.
Non si parlerà più di progetto, ma di programma, nel senso che si porranno degli obiettivi da
raggiungere, che potranno essere fissati dall’amministrazione locale e poi diversi progetti
verranno attivati contemporaneamente e, tutti insieme, perseguiranno l’obiettivo fissato.
Se il progetto che si rivolge all’intera comunità può utilizzare come indicatori variabili che
vengono regolarmente registrate da enti, istituti, ecc. allora per la verifica dell’efficacia si
potrà utilizzare il metodo delle serie temporali.
Se non si dispone di dati già regolarmente rilevati da altri, si potranno raccogliere direttamente
informazioni attraverso interviste, scale o questionari prima e dopo l’intervento.
Oppure si può effettuare la ricerca separatamente in sottogruppi omogenei rispetto ad alcune
caratteristiche (età, classe sociale, professione) così da poter valutare se l’intervento abbia
prodotto risultati differenziati nei diversi sottogruppi.
Con questo metodo si rilevano soprattutto cambiamenti avvenuti nelle persone appartenenti alla
comunità e non cambiamenti strutturali della comunità stessa.
Quando si vogliono rilevare i cambiamenti strutturali nella comunità, il focus si sposta dagli
individui alle organizzazioni, all’ambiente, all’offerta di servizi, ai rapporti fra questi, ai
regolamenti della comunità.
Nei progetti che si rivolgono all’intera comunità, oltre a registrare i pareri dei
servizi/operatori/beneficiari coinvolti direttamente nel progetto è utile registrare anche quelli
di persone che occupano un ruolo importante nella comunità, cioè coloro che hanno un ruolo
chiave nell’amministrazione della comunità, dei servizi sanitari, nel volontariato. Si possono
utilizzare in questo caso tecniche qualitative.
In altre parole: La valutazione diventa più complessa, dovendo essere effettuata a vari livelli:
intraindividuale, interindividuale, intergruppo, intersistemico, strutturale. Inoltre, si parlerà più
di programma che di singolo progetto e anche la valutazione rifletterà questa impostazione più
articolata. Come indicatori saranno facilmente disponibili serie temporali regolarmente
registrate da enti nel corso di periodi anche molto lunghi sia prima che dopo l’intervento.
Un problema, però, è quello di disporre di una seconda comunità che funga da controllo; anziché
individuare una comunità simile (per area geografica, numero di abitanti, attività prevalenti,
reddito, occupazione, cultura, ecc.), oggi si preferisce fare riferimento ai dati aggregati di
un’area geografica più estesa (es. l’intera regione), in modo da limitare il rischio che particolari
avvenimenti in seno alla comunità di controllo possano interferire.
Se non sono disponibili dati elaborati da altri, le informazioni dovranno essere espressamente
raccolte attraverso questionari, interviste e altre modalità prima e dopo l’intervento. Tuttavia,
questo metodo consentirà di rilevare soprattutto i cambiamenti nelle persone e non nella
struttura della comunità.
I cambiamenti strutturali vengono riflessi da indicatori più ampi (es. livello di inquinamento,
numero delle poste ciclabili, livello di occupazione, spazi pubblici, sicurezza).
Oltre a registrare i pareri dei beneficiari e degli operatori, nella comunità è utile registrare
anche le opinioni di persone-chiave che occupano ruoli importanti, come responsabili di
associazioni di volontariato, culturali o ricreative, di cooperative, commercianti, pastori di
culto, alcuni professionisti. Queste persone possono essere intervistate individualmente o in
focus group in relazione alla rilevanza del problema, agli effetti dell’intervento percepiti o alle
aspettative, anche attraverso l’impiego di tecniche qualitative, sempre più utilizzate nella
valutazione.
ESEMPIO DI IMPIANTO DI VALUTAZIONE: IL PROGETTO YOUTHSTART
Progetto finalizzato a migliorare le capacità di ingresso nel mercato dei lavoro dei giovani nel
quale si valuta l’azione dei protagonisti del programma durante la sua realizzazione (procedure,
meccanismi di implementazione, loro efficacia e rilevanza), piuttosto che eseguire una
valutazione finale di tipo sommativo. Inserito e cofinanziato nell’ambito di un programma della
Commissione Europea, al suo interno prevede specifiche azioni di valutazione, concepita anche
come strumento per l’adattamento dell’intervento in tempi opportuni.
I criteri di valutazione, essendo frutto della collaborazione fra attori diversi, non hanno
carattere universale e gli indicatori di esito non si legano a visioni tecniche delegate a un
esperto.
Il progetto
Lo scopo era sviluppare a livello regionale la messa in rete di servizi per l’orientamento dei
giovani con meno di 20 anni esclusi da percorsi scolastici e a rischio di esclusione dal mercato
del lavoro. Due valutatori esterni, uno per gli aspetti amministrativi e finanziari (qui non
trattati) e l’altro per la valutazione in termini di esiti, processi e impatto; particolarmente
critica la messa a punto di impianti di valutazione fattibili e sostenibili,cioè effettivamente in
grado di attivare processi di valutazione. I passi del progetto valutativo:
1) Comprensione della domanda di valutazione. Perché si valuta, che cosa e per chi.
Condivisione con il committente dell’approccio, delle condizioni e delle implicazioni:
costi, impatto decisionale, disponibilità a ridefinire parzialmente il progetto;
10) Scelta dei parametri della valutazione. Criteri, strumenti, indicatori di esito/processo.
Il punto 5 è particolarmente delicato, poiché la formulazione cartacea sconta quasi sempre
distorsioni, imprecisioni e incompletezze. Tipicamente si tratta di adeguamenti alle priorità e
finalità del finanziatore, scadenze connesse ai bandi di assegnazione, incompletezza nella
formulazione degli obiettivi (in genere riferiti solo all’offerta); una serie di assunti
autoreferenziali che riflettono la produttività del progetto, ma dicono poco sulla sua utilità.
Partendo da quello originario, ai fini della valutazione, il progetto è stato scomposto e
ricomposto in fasi oggetto, appunto, di valutazione, sulla base di criteri quali l’omogeneità delle
attività, il tipo di prodotto e i referenti organizzativi. Solo in seguito a questa riorganizzazione è
stato possibile fissare con chiarezza modalità operative, tempi e strumenti per la valutazione.
Le diverse fasi nelle quali si scompone un progetto hanno obiettivi specifici che non sono gli esiti
finali, ma che sono strumentali al loro raggiungimento. L’idea che l’efficacia e l’efficienza
complessive dipendano dal grado di raggiungimento degli obiettivi delle varie fasi e che si
leghino a questi in termini sommativi non è corretta. Non sempre esiste un “albero degli
obiettivi”; in un progetto complesso e innovativo esistono sotto-obiettivi coerenti con una
finalità generale, ma non semplicemente sommabili in quanto variamente interconnessi tra loro.
Per questo si parla di valutazione differenziale non sommativa.
In generale, la valutazione dei risultati ottenuti mostra benefici altamente significativi per ciò
che concerne la messa in rete degli Informagiovani, gli obiettivi relativi alla
professionalizzazione dei loro operatori, l’uso di tecnologie informatiche/telematiche, le reti
interorganizzative con il mercato del lavoro e l’organizzazione cooperativa RES (titolare del
progetto); esiti decisamente più modesti per il network regionale. L’obiettivo di raggiungere e
coinvolgere una maggiore porzione del target non risulta invece raggiunto, nonostante l’utenza
complessiva degli IG sia raddoppiata. Lo scarso successo con la popolazione target di giovani < 20
anni a bassa scolarità ed a rischio di esclusione dal mercato del lavoro si connette a fattori
diversi del contesto:
- Solo 1/3 degli IG ha sperimentato i moduli di orientamento innovativi Youthstart, non
condividendo l’impostazione e ritenendo che nel contesto regionale questo target
esprime altri bisogni e non necessita di particolari misure di orientamento al lavoro;
- I moduli sperimentali del target < 20 anni sono terminati solo due mesi prima della
chiusura del progetto ed i tempi per una valutazione delle ricadute effettive in termini di
cambiamento dell’utenza sono ancora troppo brevi. Un eventuale cambiamento potrà
essere apprezzato non prima di un periodo di 6-12 mesi;
- Richiesta da parte di Assessorati comunali ai servizi sociali di una seconda edizione del
corso formativo per operatori IG (maggiore riconoscimento istituzionale degli IG).
Un servizio che decide di incrementare il lavoro per progetti, approcciando una logica di
programmazione a scapito dell’emergenzialità, risente di importanti implicazioni
nell’organizzazione interna e nei rapporti con l’esterno. Il lavoro per progetti ha sempre
ripercussioni sui processi organizzativi, di comunicazione e di coordinamento, su ruoli, funzioni,
sistemi decisionali, procedure amministrative e di controllo e sulla cultura organizzativa. Questi
problemi e le relative modalità di soluzione cambiano con il contesto organizzativo: l’impatto
presso l’Assessorato ai Servizi Sociali di una grande città sarà diverso da quello su una
cooperativa sociale o un istituto educativo.
All’interno di un’organizzazione, la differenziazione stabilisce “chi fa che cosa” e quindi
compiti, sistema dei ruoli e specializzazioni. Tuttavia, dividere compiti e funzioni non basta per
produrre organizzazione: le diverse attività vanno anche rapportate ad unità che, grazie al
processo di integrazione, basato su gerarchie, norme e procedure, agiscono in modo organico.
Le funzioni di differenziazione e integrazione sono supportate dalle tecnologie, ma in ambienti
mutevoli e ad alta complessità, al di là di queste servono strategie e programmi per indirizzare
le attività e sistemi di valori condivisi dati da culture e sottoculture organizzative.
I servizi centrati sulla divisione di compiti e funzioni (es. accoglienza dell’assistente sociale,
psicoterapia dello psicologo, cure del medico) che passano al lavoro per progetti devono
reinterpretare e ridefinire le funzioni e le forme di coordinamento. La divisione delle funzioni
sulla base delle specializzazioni non garantisce un adeguato coordinamento di un progetto, che
necessita di un referente identificabile anche attraverso criteri diversi dal titolo di studio o dalla
posizione gerarchica (es. progetto con operatori allo stesso livello o in cui la competenza non è
connessa al livello gerarchico).
Sono quindi necessarie assunzioni di responsabilità e capacità imprenditive più diffuse, oltre che
una sufficiente condivisione della logica del lavoro per progetti a tutti i livelli che legittimi il
coordinamento. Chi coordina un progetto deve infatti poter influenzare o controllare alcune
risorse e gestire interconnessioni con altri ambiti.
Dal punto di vista strutturale, all’interno dell’organizzazione serve costituire gruppi di lavoro,
anche intersettoriali, interistituzionali e nuclei di coordinamento, tenderanno cioè a svilupparsi
modelli organizzativi a matrice, caratterizzati da una doppia dipendenza: l’unità alla quale si
risponde e la funzione svolta. Questa logica del lavoro si raggiunge per gradi.
- Spontaneamente e al di fuori dei canali formali, si creano piccoli gruppi che condividono
idee, metodologie e culture di riferimento;