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Organizzazione
aziendale
per il Corso di Laurea in Economia Aziendale
di
Marco Giannini
Università di Pisa
Dipartimento di Economia e Management
Premessa |2
3 | Premessa
Premessa
Le organizzazioni nell’attuale
scenario competitivo
• I confini tra le unità organizzative così come quelli tra le organizzazioni stanno diventando
più labili con l’emergere della necessità di rispondere più velocemente ai cambiamenti
dell’ambiente
• Interdisciplinarietà degli studi che riguardano l’organizzazione. Si può interpretare
un’organizzazione come una sorta di prisma che può essere analizzato sotto diverse
prospettive:
▪ una prospettiva tecnico-ingegneristica: studio di come l’evoluzione delle soluzioni
tecnologiche, nel momento in cui sono adeguatamente valorizzate, sia in grado di
apportare miglioramenti nello svolgimento delle diverse attività e, quindi, anche elle
performance della stessa organizzazione
▪ una prospettiva informatica: studio delle opportunità offerte dall’evoluzione delle
tecnologie informatiche per migliorare l’elaborazione di un crescente numero di dati e la
condivisione e la diffusione delle informazioni, indispensabili supporti sia per le attività
di natura decisionale e sia per quelle più operative
▪ una prospettiva digitale: studio delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale
propria della quarta rivoluzione industriale che stanno contribuendo a cambiare le
modalità di svolgimento di un crescente numero di attività; in effetti, la trasformazione
digitale sta cambiando e cambierà non solo le modalità di comunicazione, la ricerca di
informazioni ma anche le modalità di progettazione e il modo stesso di lavorare
▪ una prospettiva legata alla sociologia dell’organizzazione: studio delle relazioni
interpersonali che si vengono a creare nei rapporti con i colleghi, con il diretto
responsabile, all’interno di gruppi o team di lavoro con l’obiettivo di riuscire a gestire
eventuali situazioni di conflitto, di creare un clima di relazioni positivo, collaborativo
▪ una prospettiva legata alla psicologia dell’organizzazione: studio della persona all’interno
di un’organizzazione, delle sue caratteristiche, delle sue motivazioni, dei suoi
comportamenti, del suo grado di soddisfazione rispetto all’attività svolta, tutti aspetti che
sono tali da incidere sulla prestazione della stessa persona
▪ una prospettiva legata alla medicina del lavoro: studio delle conseguenze di non adeguate
condizioni di lavoro, dell’esposizione a sostanze pericolose, del fatto di essere interessati
da situazioni che possono generare forme di stress correlate allo svolgimento del lavoro,
tutti elementi che possono incidere sulla salute di chi opera all’interno
dell’organizzazione al fine di individuare opportune misure di intervento
▪ una prospettiva economico-aziendale: studio di come un’adeguata gestione
dell’organizzazione possa, anche considerando gli aspetti evidenziati nelle diverse
prospettive di analisi citate, riuscire a migliorare le modalità di funzionamento della stessa
e la sua capacità di perseguire migliori risultati in termini di performance.
Nell’affrontare gli aspetti indicati si incontrano una serie di concetti, entrati ormai nel
linguaggio corrente ma che devono essere correttamente interpretati:
• Efficacia: un’azione realizzata, una soluzione organizzativa, le modalità di gestione di
un’organizzazione sono efficaci nella misura in cui riescono a perseguire gli obiettivi definiti
con riferimento alle stesse
• Efficienza: lo svolgimento di un’attività, una soluzione organizzativa adottata, le modalità
di gestione di un’organizzazione risultano efficienti nella misura in cui le risorse sono state
impiegate nel modo migliore, non presentandosi significativi sprechi; emerge, nella gestione
di una realtà organizzativa, l’obiettivo di riuscire a raggiungere in modo congiunto
condizioni di efficacia e di efficienza
Flessibilità: riguarda la capacità di riuscire ad adeguarsi ai cambiamenti del contesto in cui
si opera. Si tratta di capire come poter migliorare i livelli di flessibilità in termini:
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Si può affermare che, per perseguire questi obiettivi la pubblica amministrazione si trova
oggi ad affrontare diverse sfide alle quali cercare di dare delle risposte concrete:
• sfida della semplificazione; al riguardo ci si può chiedere: come si può cercare di semplificare
un iter procedurale?
Il punto di partenza è dato dal fatto di analizzare come attualmente si svolge l’iter
procedurale considerato nei suoi diversi passaggi.
Si tratta poi di individuare eventuali criticità quali, ad esempio: appesantimenti procedurali
che determinano un incremento dei tempi di svolgimento della stessa procedura non
aggiungendo valore a ciò che si sta realizzando, richieste eccesive di autorizzazioni con le
relative firme, il passaggio tra diversi uffici che può generare il rischio di ulteriori
inefficienze.
Punto successivo è quello di chiedersi come cercare di affrontare le individuate criticità,
venendosi a presentare due diverse possibilità di intervento:
▪ valorizzando le opportunità offerte dalle nuove soluzioni tecnologiche, come, ad
esempio, la trasformazione dei documenti cartacei in documenti digitali, il ricorso alla
firma digitale, l’adozione di mirati strumenti informatici
▪ valutando la possibilità, sul piano organizzativo, di rivedere le modalità stesse di
svolgimento delle fasi procedurali
Punto successivo è quello di valutare il grado di efficacia degli interventi realizzati
• sfida di saper gestire i cambiamenti superando le relative resistenze
• sfida legata allo sviluppo del management pubblico
• sfida della trasformazione digitale
• sfida nei cambiamenti nelle modalità di svolgimento delle attività lavorative (ricorso allo
smart working); si può sottolineare come lo sviluppo del ricorso allo Smat working abbia
comportato anche nella pubblica amministrazione significativi cambiamenti rispetto alle
tradizionali modalità di svolgimento delle attività lavorative. Si parla, infatti, di:
▪ mancata previsione di un rigido orario di lavoro da rispettare
▪ mancata richiesta di spostamenti per raggiungere il posto di lavoro
▪ cambiamenti nelle modalità di controllo delle attività svolte
▪ cambiamenti nelle relazioni tra responsabile e dipendente.
• sfida del miglioramento della qualità sia dei servizi erogati e sia delle modalità di svolgimento
delle attività
• sfida legata ai cambiamenti nelle competenze professionali richieste; ciò comporta
l’esigenza di investire nella formazione del personale già dalle prime fasi di inserimento nel
lavoro per poi accompagnare il dipendente nel tempo nel suo percorso lavorativo.
• sfida legata ai cambiamenti nelle modalità di gestire il personale inteso come risorsa;
• sfida legata al fatto di riuscire a creare il cosiddetto valore pubblico; se nell’organizzazione
privata l’obiettivo è quello di cercare di creare valore per i propri clienti, nella PA si presenta
l’obiettivo di riuscire a creare e migliorare nel tempo il valore pubblico, facendo riferimento
ad un complesso di azioni promosse da un’organizzazione pubblica che può consentire di
generare un miglioramento di natura economica, sociale, educativa, ambientale a favore del
territorio di riferimento e del tessuto di attività che caratterizza lo stesso territorio.
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• Un controllo che riguarda le prestazioni dei soggetti coinvolti nel progetto in termini di
contributi (risultati ottenuti e comportamenti tenuti nello svolgimento della propria attività)
alla realizzazione delle diverse fasi dello stesso. A questo riguardo, il responsabile del
progetto può interagire con chi opera all’interno del progetto allo scopo di individuare e
attivare possibili idee in grado di contribuire ad un miglioramento delle modalità di
svolgimento del progetto
• Un controllo che riguarda i risultati finali del progetto (qualità del progetto) con l’analisi
degli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi definiti.
tempi di attesa dovuti a disfunzioni o ritardi nelle fasi a monte, difetti, utilizzo di risorse più
costose del necessario, ecc.)
• Esternalizzazione di attività che si ritiene più conveniente portare all’esterno: per un’azienda
è elemento importante individuare il proprio core business, cioè l’insieme delle attività nelle
quali la stessa azienda ha i suoi punti di forza rispetto ai propri competitor. Su queste attività
l’azienda concentra le proprie risorse, i propri sforzi volti alla ricerca del miglioramento
continuo. Le attività che non rientrano nel core business si possono distinguere in:
• attività lontane dal core business: l’azienda decide di rivolgersi all’esterno scegliendo
l’azienda esterna sulla base di una valutazione di convenienza economica (costi più
convenienti) e dando luogo ad un rapporto solo di natura contrattuale che definisce diritti
e obblighi delle controparti
• attività vicine al core business ma che non rientrano nello stesso: si presentano due
possibilità, cioè o esternalizzare totalmente tale attività (ad esempio, attività di
manutenzione, attività di trasporto) oppure svolgere internamente solo determinate attività
(ad esempio, nell’ambito della direzione del personale si possono esternalizzare attività
legate all’amministrazione del personale, nell’ambito dell’area della logistica esternalizzare
le attività legate alla gestione del magazzino, ecc.).
Quali i principali vantaggi della scelta di outsourcing?
Questi possono riguardare:
• vantaggi in termini di costi legati sia alla trasformazione di un costo fisso in un costo
variabile e sia al fatto che l’azienda esterna, essendo specializzata in quel tipo di attività, è in
grado di svolgere la stessa ad un costo più basso
• vantaggi in termini di qualità dell’attività svolta rientrando questa nel core business
dell’azienda esterna
• vantaggi legati al fatto che in questo modo l’azienda può concentrare le proprie risorse,
prima impegnate in queste attività, sul suo core business
A fronte di tali vantaggi emergono, però, alcuni rischi legati alla scelta di esternalizzare, in
particolare legati all’affidabilità (qualitativa, temporale, ecc.) della stessa azienda esterna.
Come fronteggiare questo rischio?
• Realizzare un’attenta selezione dell’azienda alla quale rivolgersi basata non solo sul prezzo,
ma sulle capacità gestionali, organizzative, professionali della stessa
• Definire un sistema di valutazione delle prestazioni dell’azienda considerata nonché delle
sue capacità di miglioramento
• Agire in ottica di prevenzione rispetto ad alcuni aspetti gestionali critici (qualità, sicurezza
sul lavoro, sicurezza ambientale), ove per prevenzione vuol dire, in termini generali, cercare
di ridurre la probabilità che un dato evento rischioso possa concettizzarsi con le relative
conseguenze negative; così, ad esempio, i costi che un’organizzazione sostiene per fare
qualità si distinguono proprio in costi di controllo (creare un efficace sistema di controllo
della qualità) e in costi di prevenzione con l’obiettivo di intervenire prima che il problema
si presenti (si pensi al fatto di agire sulla formazione del personale per migliorare il
contributo dello stesso nel fare qualità, di realizzare un’attenta selezione e valutazione dei
fornitori)
• Cercare di sviluppare relazioni con altre organizzazioni basate sui citati concetti di
integrazione e di collaborazione: ciò può consentire anche di svolgere determinate attività
o progetti, condividendo rischi e costi, che la singola organizzazione non sarebbe stata in
grado di svolgere da sola. Emerge l’obiettivo di cercare di creare, mantenere, migliorare
relazioni con:
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▪ Clienti
▪ Fornitori
▪ Organizzazioni con le quali sono in atto rapporti di collaborazione
▪ Il mondo della formazione istituzionale
▪ Enti di ricerca
▪ Consulenza
▪ Associazioni professionali
▪ Istituzioni locali.
Un’altra sfida è quella legata alla capacità di operare in un contesto globale.
• Si può parlare dei problemi posti da un’internazionalizzazione non solo commerciale ma anche
produttiva.
• Al riguardo si possono mettere in evidenza i seguenti aspetti.
• In primo luogo, le recenti tensioni geopolitiche, gli effetti della pandemia Covid 19 prima e poi dei
conflitti che stanno ancora interessando l’Ucraina, i rapporti tra Israele e i palestinesi, la crisi del
Mar Rosso hanno posto una serie di domande:
• rispetto alla scelta di rivolgersi a fornitori anche situati in paesi geograficamente distanti,
non solo per le materie prime ma anche per parti di prodotto assemblate fino all’intero
prodotto (vantaggi in termini di costi.), si è avuto un aumento dei rischi di interruzioni delle
forniture da tali fornitori: ciò porta e porterà ad una revisione delle scelte in termini di
composizione del parco fornitori delle aziende del nostro paese, così come in termini di
gestione delle scorte?
• Si può parlare di una tendenza alla deglobalizzazione che vede un numero significativo di
aziende a livello europeo decidere di rivedere le scelte adottate anche in termini di
trasferimento di proprie attività in paesi esteri?
Certamente gli indicati rischi portano e porteranno le aziende a valutare con maggiore
attenzione come riuscire a fronteggiare gli stessi, ma ciò non mette in discussione la dimensione
globale del mercato con il quale le aziende devono sapersi confrontare.
Infatti, si può evidenziare come il commercio internazionale, dopo gli effetti del Covid,
abbia manifestato significativi, pur in presenza delle ricordate tensioni internazionali, segnali
di ripresa; così anche i flussi di investimenti diretti esteri siano tornati al di sopra dei livelli pre-
pandemia.
Ciò determina per le aziende del nostro paese di dover riflettere attentamente su una serie
di aspetti:
• opportunità di operare in aree anche molto lontane geograficamente pur dovendo
affrontare i relativi problemi gestionali
• confrontarsi con la concorrenza dei paesi emergenti (problemi di competitività)
• rapida circolazione di informazioni e tecnologie
• sviluppo di forme diverse di presenza nei mercati esteri: da forme di tipo commerciale (o
avvalendosi di intermediari commerciali o creando una propria rete di vendita), a forme di
tipo relazionale (sviluppando accordi con organizzazioni operanti nel paese estero), a forme
di tipo produttivo (o acquisendo una realtà già operante nel paese estero o creando una
nuova unità operativa o delocalizzando un’unità già operante nel paese di origine)
• valutare le possibili soluzioni distributive nei diversi mercati
• avere sempre presente che la ricerca della soddisfazione dei clienti pone l’esigenza di
adattare i propri prodotti alle preferenze dei diversi stessi clienti
• necessità di saper gestire il personale nei diversi paesi di insediamento, adattando le
soluzioni organizzative adottate, ad esempio rivedendo le modalità di organizzare il lavoro
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e le modalità di gestione dello stesso personale alle caratteristiche della forza lavoro di quel
paese: si parla di internazionalizzazione della gestione del personale
Per il personale che opera in Italia in un’azienda che opera in un mercato globale e che è
presente in tale contesto con proprie sedi commerciali o produttive, si presentano diverse
possibilità:
• Spostamenti temporanei all’estero per svolgere un incarico all’estero salvo per poi rientrare
nella sede originaria al termine di tale attività senza che ciò determini una variazione di
posizione nella gerarchia organizzativa; tali spostamenti possono contribuire ad una crescita
in termini di capacità ed esperienza personale (mobilità orizzontale all’estero)
• Possibilità di crescere professionalmente anche in sedi dell’azienda fuori dall’Italia con una
variazione di posizione gerarchica (mobilità verticale all’estero).
Per le figure professionali che sono chiamate a gestire le contrattazioni con fornitori o con
clienti esteri, occorre tener presente che il fatto di operare all’estero richiede, al di là delle
conoscenze linguistiche (condizione ritenuta necessaria ma non sufficiente) e oltre ad adeguate
capacità di negoziazione, anche la capacità e la disponibilità di conoscere ed integrarsi con la
cultura e le tradizioni locali, un’adeguata apertura mentale, buone capacità comunicative e di
relazioni interpersonali (si parla di Cross Cultural Management).
Altro aspetto che possiamo solo citare è la presenza nell’azienda italiana di personale
immigrato (si parla di multietnicità e di Diversity Management).
Un’altra sfida riguarda la domanda di adeguate competenze professionali a tutti i livelli
dell’organizzazione.
Cosa si intende con il concetto di competenza professionale?
Si fa riferimento ad un mix di:
• Conoscenze (sapere)
• Capacità professionali (saper fare)
• Capacità personali (saper essere)
che il soggetto esercita nello svolgimento della sua attività.
Il concetto di competenza professionale, quindi, comprende:
• le cosiddette hard skill che fanno riferimento al mix di conoscenze (si parla di bagaglio di
conoscenza di una persona) acquisite nel percorso formativo scolastico, così come alla
capacità di applicarle in un dato contesto lavorativo (si pensi alla capacità di utilizzare
strumenti tecnologici connessi all’attività da svolgere). Tali capacità possono essere fatte
proprie dalla persona interessata grazie ad esperienze lavorative che consentono di
migliorare il proprio saper fare (si parla di capacità professionali)
• Le cosiddette soft skill o competenze trasversali (si dicono trasversali nel senso che possono
trovare applicazione in qualsiasi attività lavorativa) che fanno riferimento ad un mix di
capacità soggettive proprie della persona (il saper essere nella propria attività lavorativa).
Se, infatti, le hard skill sono fortemente connesse alle conoscenze acquisite nel percorso
educativo e costituiscono il nucleo dei requisiti professionali di una data posizione lavorativa,
le soft skill sono strettamente connesse agli atteggiamenti e ai comportamenti personali.
Secondo un recente rapporto di Deloitte entro il 2030 in almeno due terzi di tutti i posti di
lavoro elevata e crescente sarà l’importanza delle soft skill. Le stesse sono già oggi sempre più
imprescindibili in qualsiasi contesto organizzativo e, quindi, per le aziende è importante
chiedersi se e come poter sviluppare le soft skill possedute dal proprio personale. La risposta
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può essere individuata nella progettazione di mirate iniziative formative (ad esempio nelle
banche particolare attenzione è prestata alla realizzazione di corsi di formazione per migliorare
le capacità relazionali del personale che si trova ad operare a stretto contatto con la clientela).
Non è un caso che diverse ricerche evidenzino come proprio le aziende che investono nella
formazione per aiutare il proprio personale a migliorare le sue soft skill siano anche quelle che
riescono a migliorare le loro performance.
Lavorare nella realtà attuale comporta per ogni persona l’esigenza di possedere le
competenze richieste; non solo la dinamicità della stessa realtà richiede una formazione e un
aggiornamento professionale continui.
Anche per trovare un lavoro è necessario valutare con attenzione l’eventuale divario tra le
competenze possedute e quelle richieste oggi dal mondo delle aziende.
Parlando di competenze professionali ci possiamo, allora, chiedere: quali competenze sono
oggi richieste dal mondo del lavoro?
In primo luogo, si parla di un adeguato bagaglio di conoscenze, tra le quali si riconosce una
particolare importanza a:
• conoscenze di base risultato del proprio percorso di studio fino al livello universitario
• conoscenze più specifiche che possono essere acquisite con la partecipazione a master che
devono essere orientati ad una specifica attività (ad esempio, la gestione delle risorse umane,
il Project Management, ecc.), devono prevedere un adeguato mix di contributi accademici
ed aziendali e periodi di tirocinio veramente formativi preso le aziende che sponsorizzano
il master
• il bagaglio delle conoscenze della persona è completato da un mix di ulteriori conoscenze
rispetto alle quali la stessa persona è chiamata ad autovalutare i propri punti di forza e di
debolezza, e cioè:
▪ conoscenze linguistiche: in un contesto economico sempre più globalizzato, le aziende
hanno la necessità di disporre di personale che sia in grado di comunicare in modo
efficace con i propri interlocutori esteri. Saper comunicare e comprendere, in particolare,
l’inglese è oggi una conoscenza ritenuta indispensabile per poter lavorare in molti settori
e per poter crescere professionalmente. La conoscenza della lingua inglese è presentabile
non solo in termini scolastici, ma anche legata alla frequenza di corsi in madrelingua,
periodi di permanenza all’estero, conseguimento di livelli di conoscenza riconosciuti;
apprezzata è anche la conoscenza di altre lingue
▪ conoscenze informatiche: il computer è ormai uno strumento quotidiano di lavoro ed è
importante, partendo dal conseguimento della patente europea,
conoscere i principali programmi informatici di base che poi troveranno la loro specifica
applicazione nella realtà aziendale nella quale si svolge l’attività lavorativa
▪ conoscenze digitali: si fa riferimento al fatto di saper utilizzare le strumentazioni digitali
oggi presenti in ambito lavorativo, in particolare per quanto riguarda la capacità, tramite
tali strumenti, di analizzare dati e informazioni; si tratta di conoscenze per le quali, come
vedremo, emergono ancora significative criticità.
Si parla poi di capacità professionali (il saper fare di una persona) frutto di eventuali
significative esperienze di lavoro. Vi rientrano la capacità di svolgere concretamente certe
attività, di far fronte a situazioni impreviste, di affrontare e cercare di risolvere i problemi che
si possono presentare.
Se le hard skill sono specifiche per una determinata tipologia di lavoro, fortemente connesse
alle conoscenze acquisite nel percorso formativo e che costituiscono il nucleo dei requisiti
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professionali di una data posizione lavorativa, le soft skill sono, invece, sono strettamente
connesse, come ricordato, agli atteggiamenti e ai comportamenti personali.
Le soft skill hanno visto aumentare la loro importanza a seguito dell’influenza che le
specifiche capacità personali hanno sulle prestazioni dello stesso personale tenendo conto dei
cambiamenti che stanno interessando il modo stesso di lavorare, il modo di gestire le relazioni
a livello interpersonale, dando più spazio alle abilità comportamentali.
Le stesse soft skill diventano anche spesso dei requisiti richiesti espressamente nella fase di
reclutamento.
Tra le soft skill più richieste possiamo ricordare le capacità comunicative, le capacità
relazionali, la capacità di lavorare in team, la capacità di negoziazione, la capacità di gestire
situazioni di stress, la creatività, ecc.
In tale ottica è importante che anche le caratteristiche personali del soggetto siano in linea
con quanto richiesto nell’offerta lavorativa (“la persona giusta per la nostra azienda”).
Emerge, altresì, l’importanza attribuita alla disponibilità della persona all’apprendimento,
alla mobilità, alla collaborazione.
Con riferimento alla disponibilità all’apprendimento (si parla anche di disponibilità, con un
gioco di parole ad “imparare ad imparare”) si possono evidenziare alcuni aspetti di particolare
importanza.
E’ importante, infatti, da parte dell’organizzazione, curare la formazione e l’aggiornamento
del proprio personale lungo tutta la loro vita professionale (life-long-learning), prevedendo
l’utilizzo anche di strumenti innovativi; la formazione continua è diretta a migliorare nel tempo
il livello di qualificazione e di sviluppo professionale delle persone interessate.
Le competenze vanno, in ogni caso, continuamente rinnovate, il che comporta che una
brillante carriera lavorativa non può essere tale senza un aggiornamento continuo.
Dal punto di vista della singola persona, si parla, al riguardo, di:
• “learnability”, cioè l’attitudine a rimanere costantemente aggiornati e a continuare ad
imparare
• “employabiliy” cioè il fatto di possedere quelle conoscenze e quelle capacità richieste oggi dal
mondo del lavoro.
In termini organizzativi possiamo fare riferimento anche ad alcuni altri importanti concetti.
Nel momento in cui una persona presenta domanda per poter entrare a lavorare all’interno
di un’organizzazione, la stessa viene valutata, nella fase di selezione, in base a che cosa?
Posiamo individuare un cambiamento che ha interessato la stessa fase di selezione: si valuta
la persona non solo in termini di idoneità a svolgere una certa attività, quanto in relazione al
profilo professionale ricercato.
Per profilo professionale si intende l’insieme delle conoscenze, delle capacità professionali
e delle capacità personali che l’organizzazione intende ricercare relativamente alla posizione da
ricoprire al suo interno.
Una volta entrata nell’organizzazione, la persona andrà ad occupare quella data posizione
(ad esempio addetto alle vendite).
Tale posizione fa parte di una determinata area gestionale (nel nostro esempio la funzione
commerciale).
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Alla stessa posizione occupata corrisponde la relativa mansione da svolgere, cioè l’insieme
di compiti che in quella organizzazione sono previsti e che chi occupa tale posizione deve
essere in grado di svolgere.
Incontriamo una domanda, prima di proseguire il nostro cammino relativo alle sfide che
interessano le organizzazioni: cosa si aspetta l’organizzazione da tale persona?
Possiamo rispondere: una prestazione di qualità.
Ma proprio parlando di prestazione professionale, possiamo evidenziare come tale concetto
è cambiato nel tempo.
Siamo passati da un concetto che vedeva la prestazione legata solo ad un corretto
svolgimento dei compiti assegnati (responsabilità legata alla mansione da svolgere), ad un
concetto in base al quale la prestazione è legata al raggiungimento di determinati risultati
(responsabilità legata ai risultati) e al possesso di quelle capacità personali che si concretizzano
in determinati comportamenti e che sono ritenute necessarie per lo svolgimento dell’attività
considerata (ad esempio, capacità comunicative, relazionali, ecc.).
Si può parlare di una prestazione professionale di qualità nella misura in cui riesce a
soddisfare le aspettative professionali dell’organizzazione.
All’interno di un’organizzazione si incontra spesso la seguente domanda: come si può
cercare di migliorare le prestazioni del personale?
Si possono individuare degli aspetti, che avremo modo di incontrare di nuovo nel nostro
percorso, quali:
• agire sulla motivazione delle persone
• agire sulle competenze professionali possedute
• agire sul contenuto del lavoro svolto: ad esempio, sulla coerenza tra attività richieste e
conoscenze e capacità possedute, sui carichi di lavoro, sugli orari di lavoro, sul grado di
autonomia concesso, ecc.
• agire sul contesto nel quale il lavoro è svolto: ad esempio, sulle relazioni interpersonali, sul
livello di sicurezza sul lavoro, ecc.)
• agire sul modo in cui il lavoro stesso è organizzato
• agire sulle opportunità offerte dalle soluzioni tecnologiche per migliorare le modalità di
svolgimento del lavoro.
Considerando, invece, l’insieme delle competenze professionali presenti all’interno di
un’organizzazione, si può parlare di capitale umano o capitale intellettuale posseduto dalla
stessa.
Una volta introdotto il concetto di capitale umano, possiamo evidenziare alcuni aspetti sui
quali riflettere.
Incontriamo la seguente domanda: come un’organizzazione può favorire lo sviluppo del
proprio capitale umano?
Emerge il ruolo della formazione del personale i cui obiettivi sono:
• arricchire il bagaglio di conoscenze possedute dalle persone (agisce sul sapere)
• migliorare le capacità personali delle stesse persone (corsi di formazione per il personale a
diretto contatto con i clienti per migliorare le loro capacità relazionali; corsi di formazione
per figure con responsabilità direttive per migliorare le loro capacità comunicative o la loro
capacità di leadership)
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• migliorare gli aspetti comportamentali (corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro per
contribuire a cambiare nel personale interessato comportamenti scarsamente attenti alla
sicurezza in comportamenti più sicuri con possibili vantaggi sia per le persone considerate
ma anche per i colleghi che potrebbero essere coinvolti.
Non a caso si afferma che con la formazione l’organizzazione investe sul proprio capitale
umano.
Si possono sottolineare tre ulteriori importanti aspetti.
In primo luogo, occorre considerare che la formazione, uno dei principali investimenti di
natura immateriale, richiede un’accurata progettazione delle diverse fasi del processo
formativo, al fine di poter perseguire condizioni di efficacia, di efficienza e di qualità della
stessa formazione.
Come progettare un corso di formazione?
Quando si parla di intervento formativo occorre rispondere secondo l’opinione di un noto
consulente americano, con attenzione alle seguenti domande:
• per chi? Quali sono i destinatari
• su cosa? Quali le tematiche sulle quali intervenire
• perché? Quali gli obiettivi perseguiti
• come? Come realizzare un’adeguata progettazione e valutazione dell’intervento formativo.
In secondo luogo, si deve evidenziare che si tratta di un investimento che, per raggiungere
i suoi risultati, richiede un comportamento attivo da parte dei soggetti interessati (disponibilità
all’apprendimento).
I cambiamenti che interessano le variabili tecnologiche, i mercati di riferimento, gli aspetti
normativi, per evitare il rischio di un’obsolescenza del proprio capitale umano, comportano
come conseguenza l’esigenza di parlare di una formazione e di un aggiornamento professionale
continue che accompagnano la persona nella sua vita lavorativa.
Altro aspetto sul quale riflettere è dato dal fatto che il capitale umano fa parte di quello che
viene chiamato capitale intangibile di un’organizzazione che comprende anche:
• il capitale organizzativo, cioè l’insieme delle soluzioni organizzative adottate per far
funzionare in modo efficace ed efficiente la stessa organizzazione; si tratta di soluzioni che
sono proprie di quella realtà organizzativa che la differenziano da altre organizzazioni ma
che vanno, comunque, riviste nel tempo per verificarne la validità
• il capitale relazionale della stessa organizzazione: individua la capacità della stessa di riuscire
a creare, mantenere e migliorare nel tempo relazioni positive con l’esterno (ad esempio, con
i clienti, con i fornitori, con enti di ricerca, con enti locali, con altre organizzazioni, ecc.)
• l’immagine, la reputazione dell’organizzazione nel mercato e nel contesto in cui opera:
importante è cercare di mantenere e se possibile migliorare la propria immagine, in quanto
eventuali perdite di immagine sono poi difficili da recuperare.
Ci possiamo chiedere: perché oggi si ritiene così importante il capitale intangibile di
un’organizzazione?
Perché, mentre gli elementi del capitale tangibile di un’organizzazione, come le soluzioni
tecnologiche, i nuovi materiali, ecc. sono più facilmente reperibili all’esterno, gli indicati
elementi intangibili sono propri di quella specifica realtà organizzativa, più difficilmente
imitabili e, di conseguenza, tali da poter generare più significativi differenziali competitivi.
21 | Capitolo 1 - Le organizzazioni nell’attuale scenario competitivo
• alta probabilità e alto impatto: questa tipologia di rischio è quella rispetto alla quale
l’organizzazione deve tutelarsi maggiormente; la reazione della stessa può concretizzarsi o
nella decisione di non svolgere le attività caratterizzate da tale rischio o nel dotarsi di
adeguate, concrete e sollecite misure di prevenzione o di riduzione delle possibili
conseguenze
• alta probabilità e basso impatto: si tratta di rischi che sono spesso collegati alla natura delle
attività svolta ma che, avendo comunque un impatto ridotto, possono essere monitorati nel
tempo individuando modalità di intervento che non richiedono lo stesso grado di urgenza
proprio dell’ipotesi precedente
• bassa probabilità e alto impatto: si tratta di rischi che si possono concretizzare raramente
ma talora in modo imprevisto e che possono avere significativi effetti sull’organizzazione,
in questo caso una possibile risposta può essere individuata nella condivisione del relativo
rischio con altre organizzazioni.
• bassa probabilità e basso impatto: si tratta di rischi ritenuti accettabili per i quali, salvo
verificare il fatto che restino tali nel tempo, non si prevedono specifiche misure di
intervento.
La gestione dei rischi prevede l’assegnazione di una priorità elevata di interventi a quei rischi
che hanno una maggiore probabilità di verificarsi e che comporterebbero ripercussioni più
negative allo scopo di identificare misure in grado o di ridurre la probabilità del suo verificarsi
o di mitigare gli effetti negativi legati alla sua concretizzazione.
La terza fase è il contenimento del rischio, ciò che significa implementare l’insieme delle
misure dirette a contenere gli effetti dello stesso, misure che possono essere di natura
preventiva (rivolte a ridurre la probabilità del verificarsi del rischio) o di natura correttiva
(rivolte a ridurre le conseguenze della concretizzazione del rischio).In ogni caso anche dopo
tutte le misure che l’organizzazione ha messo in campo rimane comunque un rischio residuale
(il rischio non può essere eliminato del tutto).
La quarta fase consiste nella verifica del grado di efficacia delle misure adottate,
La quinta fase consiste nell’utilizzare le conoscenze apprese per ridurre l’eventualità che il
rischio si possa ripresentare nel prossimo futuro e per cercare di far propria la logica della
ricerca del miglioramento continuo.
L’importanza oggi riconosciuta a questo tema è dimostrata dal fatto che sono numerosi i
corsi di formazione che trattano questo argomento, così come significativa è l’offerta di
supporti in tal senso da parte del mondo della consulenza.
Un’altra sfida riguarda la ricerca del miglioramento della qualità.
In primo luogo, incontriamo il concetto di qualità di un prodotto, aspetto di particolare
importanza in quanto ha da sempre caratterizzato il nostro Made in Italy.
Ma cosa si intende per qualità di un prodotto?
La qualità di un prodotto può essere analizzata sotto due diverse prospettive.
La prima si ricollega ad un concetto di qualità tecnica di un prodotto, per cui un prodotto
è di qualità se risulta conforme agli standard qualitativi definiti dalla stessa azienda produttrice.
Aspetto importante per l’azienda produttrice è il fatto di poter garantire la conformità del
proprio prodotto alle indicate caratteristiche.
Ma come l’azienda può garantire la qualità del proprio prodotto?
23 | Capitolo 1 - Le organizzazioni nell’attuale scenario competitivo
rispondere in modo tempestivo ai cambiamenti delle richieste dei clienti. Un risultato raggiunto
si trasforma rapidamente in un punto di partenza.
La ricerca del miglior modo di fare qualità porta anche a gestire opportunamente le
soluzioni distributive (sempre più multicanali) in modo da garantire una maggiore
soddisfazione dei clienti finali.
Allo stesso modo ci possiamo chiedere: cosa si intende per qualità di un servizio?
Anche parlando di servizi si può parlare delle due dimensioni citate, per cui si parla di qualità
di un servizio da un punto di vista tecnico, nel senso che il servizio è di qualità se erogato
rispettando in modo scrupoloso le modalità di erogazione ritenute corrette; di qualità percepita
nel momento in cui lo stesso servizio riesce a soddisfare i bisogni e le aspettative dei destinatari
del servizio considerato.
Si possono individuare diverse dimensioni del concetto di qualità di un servizio, quali:
• qualità attesa: ciò che i clienti si aspettano dal servizio
• qualità progettata: come l’azienda intende rispondere, migliorando l’offerta di servizi, alle
aspettative dei clienti
• qualità promessa: l’idea di qualità del servizio che l’azienda trasmette mediante campagne
pubblicitarie
• qualità realizzata: rappresenta la qualità effettivamente offerta dall’azienda e a tal riguardo
importante è il ruolo del personale con le sue competenze, la sua capacità di risposta, la sua
disponibilità e cortesia, la sua affidabilità; si parla anche di qualità relazionale, concetto
legato proprio ai comportamenti dello stesso personale; in tal senso la qualità del servizio è
legata in modo significativo alle capacità relazionali e comunicative del personale a diretto
contatto con i clienti; non a caso lo stesso personale nelle aziende di servizi è sovente
interessato da specifici momenti formativi relativi proprio al miglioramento delle sue
capacità relazionali
• qualità percepita: indica il livello di soddisfazione dei clienti rispetto a quanto offerto
dall’azienda; è l’utilizzatore che valuta la qualità del servizio, in relazione alla sua capacità di
riuscire a soddisfare le sue aspettative, aspettative destinate ad evolversi generando la
necessità di un miglioramento continuo della stessa qualità
• qualità paragonata: i clienti sono nelle condizioni di poter confrontare le caratteristiche dei
servizi offerti da altre aziende.
Il confronto tra queste diverse dimensioni (ad esempio, la qualità attesa rispetto a quella
realizzata, la qualità promessa rispetto a quella realizzata) può offrire significativi spunti di
riflessione per l’azienda.
Diventa così importante per l’azienda prestare attenzione da un lato alle aspettative dei
propri clienti e, dall’altro, progettare un’offerta di servizi in grado di soddisfare tali aspettative.
Per riuscire a soddisfare nel tempo (fidelizzazione) i propri clienti sarà necessario ripensare i
contenuti della stessa offerta sempre nell’ottica del miglioramento continuo.
Come nel prodotto è importante monitorare il processo di realizzazione del prodotto, così
anche per i servizi è fondamentale riflettere sulle caratteristiche qualitative delle modalità con
le quali il servizio è erogato. Si può anzi affermare che la qualità del servizio è condizionata da
come il servizio viene erogato.
A questo punto ci possiamo porre la seguente domanda. Quale il contributo delle nuove
soluzioni tecnologiche e il ruolo del personale rispetto all’obiettivo di qualità di un servizio?
Per quanto riguarda il contributo delle nuove soluzioni tecnologiche si può evidenziare
come le stesse stanno determinando e determineranno un significativo cambiamento nelle
25 | Capitolo 1 - Le organizzazioni nell’attuale scenario competitivo