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ORGANIZZARE IN IMPRESA

Secondo Parsons per organizzazione si intende un insieme sociale strutturato in parti, intenzionalmente
ordinato e diretto allottenimento di un preciso fine, quello per l'appunto del soggetto economico che ne
ha il controllo, questo fine spesso riconducibile nel guadagno, e indirettamente al soddisfacimento dei
bisogni umani. Non parliamo quindi di un semplice aggregato di elementi, ma piuttosto di un
sottosistema del sistema sociale dove, l'ordine la finalizzazione e il consapevole orientamento
prevalgono. Findamentale anche definire la complessit dell'organizzazione che permette di ampliare il
concetto stesso e definendo quindi le basi dell'organizzazione complessa.
BOULDING
Boulding ha sintetizzato quali sono le forze creatrici dellorganizzazione nel sistema della societ,
queste forze sono emergenti come la domanda e forze alimentate dallofferta. Per quanto riguarda la
domanda di organizzazione Boulding crede che essa nasca dal bisogno di soddisfare ineliminabili
bisogni umani, soddisfatti solo attraverso uno sforzo di gruppo impossibili da soddisfare attraverso lo
sforzo di un solo individuo, formalizza inoltre il ruolo assunto da ciascun membro nel concetto di status.
Per quanto riguarda lofferta, Boulding nota come le organizzazioni gi create possono essere veicolo di
moltiplicazione dei fenomeni organizzativi, questo fenomeno prende il nome di autogenerazione di
organizzazione cio quel processo per cui da un'organizzazione esistente si possono generare nuovi
fenomeni organizzativi. Rileva inoltre come le organizzazioni sono strumenti utili per risolvere problemi
sociali diffusi, ma possono anche generare dei limiti alla diffusione dei fenomeni organizzativi, sia per
carenza di domanda sia per incapacit endogene dellofferta.
Von bertalanffy: definisce i sistemi come i complessi costituiti di elementi in interazione sia tra loro
che con lambiente circostante, dunque sono complessit organizzate. Complessit significa elevato
numero di agenti (variabili umane, tecniche, materiali e immateriali) e di interazioni tra detti agenti.
Secondo un altro studioso, Stinchcombe, ci sono anche altre possibili forze ad alimentare la domanda di
organizzazione, i motivi individuati sono: la Consapevolezza che occorre combinare pi risorse e pi
sforzi che resista nel medio-lungo termine, l'opportunit di conseguire benefici futuri ai costi delle
risorse impiegate nel presente l'approvazione e concorrenza per il soddisfacimento di alcuni bisogni e in
fine la spinta alla strutturazione delle operazioni necessarie al loro impiego.
LA COMPLESSITA'
Il concetto di complessit ad oggi non stato mai pienamente espresso da una singola definizione, ma
numerosi sono stati gli studiosi che hanno cercato di definirne al meglio il concetto, per complessit si
pu definire come un elevato numero di elementi in gioco nel fenomeno organizzativo come le variabili
umane, tecniche, materiali e immateriali, oppure come un elevato numero di collegamenti tra questi
elementi, cio una variet e molteplicit di collegamenti infraorganizzativi.
La complessit pu auto-alimentarsi, quando ad esempio allinsorgere di un problema, di una
disfunzione oppure di una crisi, i meccanismi di regolazione danno origine a processi di ridefinizione
che portano al cambiamento all'interno della struttura organizzativa.
La complessit si esprime attraverso 3 fattori: differenziazione, interazione e integrazione.
La differenziazione comporta la divisione dei compiti e quindi dei ruoli ed il loro ordinamento in
struttura, una tipica struttura quella gerarchia che assume forma piramidale e pu avere le seguenti
configurazioni: Differenziazione orizzontale, inerente ai diversi ruoli specialistici e professionali che
prevede la divisione del lavoro entro uno stesso livello, la Differenziazione verticale, inerente alla
profondit gerarchica dei ruoli e ai livelli di autorit e la Dispersione spaziale dove si distingue la sede
centrale dai dipartimenti o divisioni operative, centri di vendita da quelli di magazzinaggio etc.
Le interazioni danno luogo a scambi di risorse materiali ed immateriali, possiamo distinguere 5 tipi di
interazioni.
Processi decisionali dei partecipanti all'organizzazione che si qualificano per la loro gerarchia, possono
essere di routine se presi da livelli bassi della struttura organizzativa oppure strategici se presi dai livelli
alti.
Le Funzioni che riguardano le relazioni tra ruoli o tra parti, possono essere verticali se sono relazioni tra
membri di diverso livello dautorit, oppure orizzontali se le interazioni sono tra ruoli e parti entro uno
stesso livello.

Le relazioni interpersonali, ovvero relazioni faccia a faccia tra individui e partecipanti


all'organizzazione.
Le relazioni di potere, il cosiddetto comando sul comandato, le Relazioni di leadeship con cui un gruppo
di persone viene condotto verso un preciso obiettivo da un componente che assume le caratteristiche del
capo (leader) anche se egli non formalmente investito di tale ruolo.
I processi di informazione e comunicazione che trattano dati e le Relazioni interpersonali ovvero faccia
a faccia risultano componenti importantissimi per gli studiosi, delle relazioni umane, come Barnard, che
sono state descritte come tessuto informale che rende ambiguo il tessuto formale
dellorganizzazione.
Lintegrazione delle parti, delle persone e dei processi costituenti il sistema un'altro elemento
fondamentale della struttura organizzativa complessa, la complessit di un sistema, quindi, non si
determina per sommatoria ma per effetto sinergico di pi fattori, quali la divisione del lavoro e
lordinamento del lavoro diviso in una struttura, le interazioni tra parti e partecipanti, il comportamento
degli individui e dei gruppi, e in fine i processi (decisioni, comunicazioni, esercizio del potere, conflitti,
contatti faccia-a-faccia) entro e tra i livelli della struttura.
L'ORGANIZZAZIONE
All'interno del sistema organizzativo, possiamo individuare tre principali livelli di complessit,
l'individuo, il gruppo e il sistema nelle sue strutture e nei suoi processi.
I 4 fondamentali tipi di analisi cui corrispondono i relativi concetti di organizzazione sono:
Organizzazione come sistema incluso nel pi vasto sistema sociale, cio le organizzazioni come
sottosistemi per soddisfare bisogni umani
Organizzazione come struttura e cio lo schema ordinato delle posizioni (ruoli, compiti di lavoro) e
delle relazioni di autorit tra le stesse posizioni. Si individuano aspetti statici come la gerarchia e cio
l'organigramma e dinamici come i processi decisionali le relazioni di potere, di informazione e
comunicazione, che riassettano continuamente lorganizzazione.
Organizzazione come specifica attivit del general management dun sistema ovvero come il
processo di amministrazione aziendale.
Organizzazione come specifica attivit di gestione delle risorse umane lattenzione sul fattore
umano e quindi sulla sua mansione, sui comportamenti dei singoli e dei gruppi, ovvero lattenzione
sullorganizzazione del lavoro e sulla direzione del personale.
CONCLUSIONIl:
Livelli diversi di complessit sociale (individuo, gruppo, sistemi, funzioni, strutture e processi)
rappresentano altrettanti livelli danalisi organizzativa, affrontati separatamente o congiuntamente, da
uno stesso autore o da diversi autori.

LA CONCEZIONE RAZIONALISTA CLASSICA DELLORGANIZZAZIONE


(razionalizzazione dell'organizzazione)
TAYLOR a cavallo tra il 19esimo e ventesimo secolo, ide la teoria dello scientific management. Il
contesto in analisi quello della grande fabbrica pi che sull'azienda industriale, inteso come motore
dello sviluppo capitalistico, proprio la grande fabbrica secondo Taylor, risultava alquanto disorganizzata
a raggiungere il suo scopo principale, era quindi necessario riuscire a soddisfare specifici bisogni
organizzativi. Taylor riteneva necessaria la divisione dei lavori attraverso la progettazione delle
mansioni pi adatte al tipo di attivit da eseguire, risultava infatti fondamentale selezionare i lavoratori
in rapporto alle mansioni precedentemente progettate dal management, era importante quindi definire un
nuovo rapporto uomo macchina applicando con criterio gli operai in esponenziale crescita agli impianti
che si sviluppavano quali-quantitativamente.
L' organizzazione e la direzione del lavoro vanno visti come oggetto dosservazione scientifica,
generando quindi un nuovo tipo di direzione del personale basato sullorganizzazione funzionale o per
compiti di task management, da qui nasce il principio della specializzazione operaia.
La massima produttivit secondo Taylor data quindi dall'organizzazione funzionale e dalla
specializzazione delle mansioni, il lavoratore infatti diventa uno strumento del lavoro che v curato non
solo al momento della selezione, ma anche al momento dell'addestramento.

Ci sono 3 figure professionali emergenti nella fabbrica tayloristica, il caposquadra, l'ispettore e il


cronometrista. Il Caposquadra attrezza le macchine, integra il gruppo e insegna i movimenti umani da
fare per essere il pi rapidi possibile nel lavoro, l'ispettore controlla livello di quantit di prodotto e la
qualit del lavoro svolto, mentre il cronometrista prende i tempi sia delle macchine che dei lavoratori.
Secondo Taylor inoltre, le mansioni del lavoro devono essere programmate insieme a quelle desiderate
per la produzione, la Direzione del personale infatti deve dare unimpostazione scientifica a tutti i lavori
definendo regole per i movimenti del corpo e imponendo luso di precisi materiali e strumenti.
La direzione deve inoltre selezionare, addestrare, istruire e sviluppare i lavoratori con metodi parimenti
scientifici al fine di aumentare la produttivit e la resa, deve inoltre collaborare cordialmente con tutti i
lavoratori per assicurarsi che tutti i compiti siano svolti secondo le regole anche al fine di assegnare
retribuzioni premianti.
Taylor continua affermando che la ripartizione dei compiti ai lavoratori deve avvenire in modo tale che i
carichi di lavoro siano equidistribuiti,e che sia gli operai che capi devono essere maggiormente
responsabilizzati, per trovare la combinazione perfetta tra subordinati e capi non basta soltanto la
responsabilizzazione ma serve anche un cosiddetto capo ottimista che sappia generare impegno tra i
lavoratori. Anche le comunicazioni dirette risultano importanti, in quanto utili ad evitare malumori e la
formazione di sindacati dei lavoratori. Nei suoi studi Taylor ipotizza anche i meccanismi di
razionalizzazione del lavoro, importante infatti la presenza di un Ufficio di programmazione del
personale per selezionare, addestrare, istruire e sviluppare i lavoratori, l'utilizzo di Tariffe differenziali,
poich vi sono differenti compiti specialistici la cui esecuzione ottimale comporta lassegnazione di
premi, uno Schema di produzione che programmi il processo produttivo con flusso di materiali in entrata
(input) e prodotti in uscita (output) e dei Sistemi mnemonici per classificare i prodotti. Questo ultimo
elemento permette ai costi di produzione di essere rilevati con sistemi di calcolo separati da quelli della
contabilit generale al fine di poter monitorare la formazione del costo del prodotto attraverso la
contabilit analitica.
Risparmiare tempo fondamentale, attraverso l'utilizzo di ogni strumentazione tecnica disponibile,
inoltre, ad ogni lavoratore deve corrispondere una scheda personale presso lufficio del personale che
registri tutti i dati, le mansioni e i turni di lavoro svolti all'interno della fabbrica.
Dai principi ai meccanismi sembra profilarsi limmagine della fabbrica burocratizzata ove tutto
converge sul sistema e tutto sembra marginalizzare luomo.
La formula imprenditoriale vincente per Taylor, denominata one best way si basa su due punti
fondamentali, importante infatti che si verifichino delle condizioni di equilibrio delle relazioni
interpersonali endogene, cio interne alla fabbrica, tali da dare certezza al soggetto economico e delle
condizioni di equilibrio delle relazioni interorganizzative esogene,cio esterne tali da consentire la
progettazione interna di un sistema ritenuto tanto perfetto quanto immutabile.
Durante il ventesimo secolo l'evoluzione della struttura industriale port a numerosi problemi, legati
innanzitutto alla gestione della complessit aziendale, sia interna che esterna, internamente infatti si
assiste alla differenziazione degli stabilimenti e degli uffici, con conseguenti conflitti tra funzioni e tra i
capi di queste funzioni, dal lato esterno invece si assiste a una dispersione geografica conseguente alla
forte competizione sul mercato. Emergono quindi nuovi bisogni di management, a sostegno della
produzione per poter meglio rispondere alle sempre pi incalzanti evoluzioni del mercato, come ad
esempio le funzione di vendite, di approviggionamenti, ricerca e sviluppo, contabilit e bilancio.
Affinch la gestione della complessit sia efficace e quindi di successo, ed efficiente cio poco costosa
necessaria la piena separazione delle funzioni dellimprenditore proprietario rispetto alle funzioni del
dirigente che collabora allimpresa.
WEBER RAZIONALIT ECONOMICA
Allo studioso Weber si deve lelaborazione del concetto di burocrazia, secondo la sua analisi, il
capitalismo determina uno sviluppo della ricchezza ormai non pi contenibile nelle forme organizzative
preesistenti e non pu essere pi coordinabile attraverso i classici metodi, c bisogno, secondo Weber
di una amministrazione regolata e impersonale.
Si sviluppa cos il concetto della Burocratizzazione intesa come la configurazione ottimale delle
strutture di tipo razionale-legale in cui lobbedienza prestata alla regola e non alle persone, basata sulla
strutturazione verticale del potere e cio sulla gerarchia. Viene evidenziata la figura del capo che emette

gli ordini a cui tutti i suoi subalterni devono obbedire. Cos come le teorie di Taylor, anche negli studi di
Weber possiamo riscontrare dei principi fondamentali. Innanzitutto Le regole sono considerate un
elemento onnipresente all'interno della vita aziendale, sono ovunque e interessano ciascuna parte
dellorganizzazione sia meccanica che umana, la Sfera di competenza consiste nella divisione del lavoro
e comporta che per ogni gruppo o unit di lavoro vi siano determinati obblighi da assumere con i relativi
poteri e mezzi per espletare a tali obblighi aziendali. La Gerarchia fondamentale nel concetto di
burocratizzazione, infatti necessario un apposito sistema di livelli, dal pi alto al pi basso.
Organismo personale costituito dallapparato del personale suddiviso per mansioni e autorit e cio
costituito sia da capi che emettono ordini, che da lavoratori che devono eseguirli.
Nel concetto di Burocrazia, sono necessarie delle Procedure ben definite, standardizzate e impersonali
che sono per l'appunto alla base della condotta amministrativa.
La Formalizzazione degli atti consiste nel fatto che ogni operazione svoltasi allinterno dellimpresa
deve essere annotata in appositi registri.
Nel concetto di burocrazia, la propriet dei mezzi, cio degli strumenti di lavoro, degli attrezzi ecc ben
separata dalle persone che in fabbrica utilizzano tali attrezzature.
La persona inoltre separata dal lavoro, infatti la vita personale dei lavoratori tenuta distinta dalla
dimensione dellufficio e della mansione svolta durante il lavoro.
Lattivit amministrativa una professione, ogni lavoratore che detiene una posizione qualsiasi di
autorit inserito in una carriera.
La superiorit tecnica della forma burocratica sta nella precisione dei confini, nell'univocit dei
comportamenti richiesti, nella chiarezza degli atti, nella continuit, nella coesione e discrezione, e nella
capacit di limitare i conflitti.
CRITICA DI MERTON
Lo studioso Merton sosteneva che il concetto di burocrazia applicato all'organizzazione realmente
efficace soltanto se vi una ferrata disciplina, risulta infatti fondamentale, all'interno dell'apparato una
ferrea devozione al compito e alle mansioni assegnate ma anche una autolimitazione del potere di
iniziativa intrinseco in ogni essere umano e difficile da inibire.
Infatti, innalzare le regole al di sopra di tutto genera il cosiddetto spiazzamento dei fini, dove l'obbiettivo
primario diventa il rispetto incondizionato delle regole e non i fini economici cardine del sistema
aziendale. Il comportamento regolare del burocrate genera insoddisfazione e reazioni ostili tra i clienti,
che spesso danno un significato personale ai propri affari e che possono infastidirsi dall'atteggiamento
ligio alle regole del burocrate, l'eccessiva burocratizzazione inoltre non sar immune a contraddizioni tra
regole, che possono sollevare attriti e generale conflitti all'interno degli organi direzionali dell'azienda.
FAYOL
Direttore dindustria francese, Fayol pose le radici della dottrina del general management. Fayol infatti
focalizza quelli che per lui sono i principi flessibili generali di management necessari per raggiungere
efficacia che si traduce in maggiore redditivit e in successo competitivo, ed efficienza che indica invece
maggiore produttivit e velocit del processo produttivo.
La funzione manageriale la pi importante delle funzioni del sistema aziendale e non solo unattivit
di ausilio alle funzioni degli operai e impiegati, infatti limprenditore pu essere assenteista ma il
direttore deve essere presenzialista.
In questo stesso periodo lo studioso URWICK riformula i principi fondamentali di organizzazione e
direzione aziendale, affermando che l'autorit e la responsabilit coincidono, infatti se un individuo
stato allocato a svolgere una determinata funzione deve essere consapevole che a tale ruolo
corrispondono specifiche competenze fondamentali per l'ottenimento di specifici obiettivi.
L'autorit per Urwick parte dal vertice e si diffonde alla base della gerarchia, attraverso un processo
detto scalare, i comandi infatti devono seguire un preciso iter burocratico con specifici livelli di
responsabilizzazione, ogni livello di autorit infatti regolato da un capo che si pone come guida e
esercita definiti poteri direzionali. La funzione di guida spesso di carattere psicologico, da qui si
esprime il concetto di direzione informale che si acquisisce sul campo che aumenta il potere detenuto in
maniera formale.

La delega uno strumento fondamentale che permette di esercitare i poteri inerenti ai livelli di autorit
via via decrescenti, un sistema complesso non pu essere attivato da un unico centro, bisogna infatti
decentralizzare l'autorit. Importante il principio di eccezione, secondo questo concetto il delegante
deve surrogare le funzioni del delegato solo in precisi casi. Una volta data una delega ad operare si deve
determinare il numero delle operazioni e degli operatori che possono facilmente coordinare, in fine, i
compiti attribuiti dalla delega devono essere chiari e i relativi comportamenti devono essere controllabili
al fine di prevenire le lotte intestine che nascono in seguito a ordini imprecisi.
Ulteriore merito di Fayol aver sollecitato la costituzione di una serie di staff in posizione non
strettamente gerarchica altamente professionalizzati operanti a supporto delle funzioni di direzione
generale e/o delle direzioni di area. Da qui sorge lidea di struttura organizzativa a line & staff.
POST-FORDISMO
E' un fenomeno sviluppatosi tra il XX e il XXI secolo, dove assistiamo all'automazione della fabbrica e degli
uffici, alla flessibilizzazione delle strutture e delle strategie aziendali. Col post-fordismo assistiamo inolte
all'attenta considerazione delle specifiche esigenze del consumatore. Nel periodo del fordismo si verifica il
primato dell'elettronica, una lenta innovazione tecnologica, una produzione di massa, un marketing di massa,
la presenza di grandi imprese monosettoriali, strutture organizzative gerarchiche, un accentramento
decisionale e un taylorismo forte, mentre nel post-fordismo si assiste a un primato dell'elettronica, a una
rapida innovazione tecnologica, la nascita di tecnologie flessibili, la produzione in loti ridotti, un marketing di
nicchia, strutture organizzative gerarchiche basse, un decentramento decisionale e deleghe dei poteri e un
taylorismo debole.
LA CONCEZIONE COOPERATIVA DELLORGANIZZAZIONE
La teoria della cooperazione viene intesa come formula per integrare il dinamismo delle relazioni umane
nellequilibrio di un sistema socio-tecnico. Il fattore umano e le relazioni interpersonali nei sistemi
complessi sono state studiate principalmente da tre filoni di pensiero, l'Orientamento psico-dinamico ad
esempio considera i processi di elaborazione mentale, gli stati motivazionali e i sentimenti tipici
dell'essere umano, l'orientamento strutturale-comportamentale mette in evidenza le determinanti, sia
interne che esterne degli stati mentali e motivazionali dell'orientamento psico-dinamico, alla luce dei
quali possono interpretarsi sia le aspettative di comportamento che i reali comportamenti nonch le
differenze di performance da individuo a individuo. In fine l'orientamento normativo si interessa ai
cambiamenti che avvengono nei comportamenti individuali e si propone di delineare le politiche che i
supervisori diretti possono o devono seguire per influenzare i loro subordinati gerarchici.
Elemento unificante dei tre approcci la concezione delluomo come soggetto altamente disponibile alla
collaborazione e quindi adattabile ai fini organizzativi.
BARNARD considerato il primo dei fautori della concezione cooperativa dell'organizzazione.
Secondo la sua analisi, gli elementi fondamentali dellorganizzazione, non sono tanto le parole e le
attivit svolte, ma il complesso delle interazioni che uniscono le attivit e le persone che vi partecipano.
Queste interazioni se composte in un deliberato ordine prendono il nome di organizzazione formale.
Importanza delle funzioni che presiedono al soddisfacimento del bisogno di coerenza e di continuit del
sistema aziendale sono alla base del modello funzionalistico dove le organizzazioni si definiscono
come naturalmente fondate sulla collaborazione.
Sono proprio i meccanismi consapevoli dintegrazione fondamentali ad assicurare lequilibrio sistemico
che consiste nellindissolubile intrecciarsi di formalit e informalit.
Barnard ha dato un preciso nome a queste funzioni dintegrazione chiamandole per l'appunto funzioni
del dirigente. Le attivit direttive costituiscono il sottosistema nervoso del sistema aziendale cio il
tessuto necessario a mantenere lorganizzazione in funzione e stanno allorganizzazione delle aziende
come il cervello umano lo al corpo umano, assolve quindi compiti vitali e permette di mantenere il
sistema efficiente, ma talune funzioni corporee sono assolutamente indipendenti e da tali a sua volta il
cervello dipendente.
Troviamo funzioni ad elevato contenuto tecnico, impersonali come ad esempio il mantenimento di un
sistema di comunicazione efficiente, il reclutamento, la selezione del personale, le formulazioni dei fini
organizzativi, ma anche dimensioni personali come l'estrinsecazione della capacit di leadership.

Non tutti i managers si possono considerare veri e propri leader, la leadership infatti la capacit di
catalizzare tutte le forze in vista della cooperazione per un fine comune ed altres la capacit di creare
fede attorno a tale fine. La leadership non intrinseca alla funzione manageriale ma costituisce una
caratteristica personale, fondata su creativit e sulla moralit. La creativit caratterizzata dalla
superiorit, fisica e intellettuale dell'individuo, mentre la moralit consiste nella capacit di non
confondere i propri fini personali con quelli aziendali.
Secondo Barnard la creativit costituisce una funzione della moralit e rappresenta lessenza della
leadership, l'equilibrio, la coesione e la stabilit sono infatti condizioni necessarie per la sopravvivenza
di unorganizzazione nel tempo, ma la durata dipende dalla leadership e questa qualit dipende
strettamente dallampiezza della moralit su cui si basa.
SELZNICK seguendo il filone barnardiano, ha indagato sui meccanismi attraverso cui i sistemi si
orientano allesterno, nellambiente economico e sociale.
Secondo Selznick infatti le disfunzioni presenti all'interno dell'organizzazione, rispetto allordine
previsto fanno parte di quel processo necessario di adattamento definito istituzionalizzazione che
coinvolge tutti i fattori dellorganizzazione, ma principalmente tutto il personale.
Leconomia dellorganizzazione fatta di risorse e di tecniche che sono sottoposte ad amministrazione.
Selznick nota particolari difficolt nellagire sistemico, infatti potrebbero sollevarsi tensioni nel
rapporto tra partecipanti o tra unit organizzative. Si riscontra un'elevata probabilit che si manifestino
processi indesiderati di adattamento allambiente organizzativo e che si verifichino conseguenze non
volute dal processo decisionale. Questo fenomeno, denominato da Selznick recalcitranza si manifesta
con specificisintomi come il rallentamento delle attivit produttive, l'assenteismo dal posto di lavoro,
lo sciopero o rifiuto di talune tecnologie innovative nella produzione. Tale fenomeno ricondotto
secondo Selznick, al fattore umano. La soluzione a questa problematica si trova nel meccanismo di
cooptazione che consiste nell'inclusione di uno o pi soggetti estranei e recalcitranti in un gruppo di
lavoro. Attraverso la cooptazione infatti coloro che controllano lorganizzazione a livello proprietario o
manageriale cedono a terzi parte del loro potere assecondandone le istanze, in questo modo la direzione
riesce a disinnescare il potenziale distruttivo di una critica o attacco, garantendosi cos condizioni
favorevoli x la sopravvivenza e l'azione futura dell'intero sistema.
EQUILIBRIO ORGANIZZATIVO TRA FORMALE E INFORMALE: E' una tematica affrontata dagli
studiosi sin dall'inizio del XX secolo, lo scopo principale di questi studi quello di massimizzare la
produttivit aziendale ma utilizzando uno strumento diverso da quello proposto da Taylor.
Il filone di studi delle cosiddette human relations, ha individuato un disordine morale nella crescita
dellimpresa capitalistica di inizio 900, imputando questa problematica alla divisione del lavoro,
allassenza di significato nelle mansioni individuali e alla frantumazione delle relazioni sociali in
fabbrica.
ROETHLISBERGER & DICKSON (opera Management and the worker) descrivono come in azienda le
relazioni interpersonali siano intense ma spesso disallineate rispetto a quelle programmate per
massimizzare produttivit, si verificano infatti pause, discussioni e conflitti all'interno dei gruppi di
lavoro. Un altro fenomeno di rilievo la nascita delle cosiddette cliques che consistono in gruppi legati
reciprocamente da solidariet ed amicizia che, per, non indirizzano la loro attivit necessariamente al
raggiungimento degli obiettivi aziendali, tuttavia questo gruppo informale contiene in s enormi
potenzialit produttive, decisiva a tale scopo la leadership che pu far convogliare queste energie
positive nel contesto aziendale. Il punto focale rilevato da Roethlisberger e Dickson, cos come per
Taylor e Barnard quello della massimizzazione della produttivit aziendale. Questo risultato si ottiene
assegnando un ruolo critico alla funzione manageriale che deve saper dare spazio agli spontaneismi e
ricomporli in via del raggiungimento del fine aziendale, i manager infatti non devono essere soltanto
capi, ma anche leader. Lintegrazione delle diversit in azienda (gruppi, persone, cose) non una
questione solo di organizzazione del lavoro o di bont di idee, essa richiede interventi manageriali ad
hoc ovvero di ben determinati stili di direzione.
Obiettivo delle ricerche di Bernard e Roethlisberger e Dickson sul comportamento umano avevano come
obiettivo comprendere come gli individui in comunit si autogovernino o possano essere diretti e
orientati verso un preciso risultato.

BALES: appartemente sempre al filone degli studi sulle relazioni umane, teorizz il metodo di analisi
delle differenziazioni presenti nelle micro-organizzazioni sociali. Bales affermava la necessit di
studiare il diverso grado di accesso di ciascun partecipante alle risorse organizzate, il diverso grado di
controllo di un membro su un altro, le differenze di status, di gerarchie e prestigio, e le forme di
solidariet e identificazione.
Attenzione di altri studiosi si concentra sul concetto di ruolo occupazionale, situazione che si viene a
determinare tra mansioni lavorative, tecnologia utilizzata e struttura formale.
HOMANS appartenente invece alla scuola interazionista che comunque continua a seguire il filone
delle Human relations. Homan nota come esista non solo una formale struttura dei ruoli ma anche una
spontanea tendenza dei partecipanti ad unirsi in gruppi informali capaci di auto organizzarsi e auto
controllarsi. Individua 3 elementi che definiscono struttura e processi nei gruppi umani, le attivit, le
interazioni e i sentimenti.
Secondo Homans ogni gruppo tende ad autodefinirsi e autoregolarsi, a tal proposito sembra efficace il
lavoro del management aziendale che, prendendo atto della tendenza allautogoverno dei gruppi, ne
valorizza lidentit, ne responsabilizza i membri e li incentiva ad integrarsi con altri, in vista del
perseguimento del fine organizzativo
Homans sottolinea che la vita sociale non sempre totalmente utilitaristica, il gruppo infatti si definisce
e si sviluppa qualitativamente attraverso interazioni e sentimenti, sentimenti e attivit, attivit e
interazioni, quindi la sua produttivit varia.
Il comportamento del gruppo la risultante di due tipi di forze, le pressioni dallambiente, che creano il
sistema esterno e lo sviluppo endogeno, che crea il sistema interno.
ZALEZNIK, in continuit col pensiero homansiano, analizz la propensione dei lavoratori a
cristallizzarsi in gruppi che si regolano e agiscono attraverso proprie norme, al di fuori della logica
aziendale, del reparto e dellufficio di appartenenza.Al fine di poter risolvere questo fondamentale
problema dell'organizzazione aziendale necessario de-cristallizzare i gruppi per limitare o evitare le
disfunzioni. La soluzione intravista da Zaleznik ladozione di metodi non convenzionali di governo
che siano tali da sviluppare le comunicazioni ascendenti dal basso verso lalto e perci la partecipazione.
LEADERCHIP E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE UMANE :
Questo filone di pensiero si svilupp negli anni 50 e prese il nome di teoria non classica della
direzione.
TANNENBAUM ad esempio crede che i gruppi possono essere centri di rafforzamento in vista
dellinnalzamento dellefficienza ed efficacia ora, al contrario, punto dincontro di forze avverse al
raggiungimento degli obiettivi.
BOULDING adotta il metodo analitico homansiano nello sviluppare la sua teoria dei conflitti
organizzativi, ai quali correla i divari di produttivit che si rilevano tra azienda e azienda.
LIKERT, durante gli anni 60, avanza una proposta che si fonda sullimportanza dellosservazione delle
variabili definite intervenienti nei processi organizzativi. Secondo Likert infatti, il fattore umano deve
essere considerato una risorsa da valorizzare ma lorganizzazione scientifica e il modello strutturale
gerarchico non sono in grado di farlo. La sua proposta quella di elevare il grado di coinvolgimento e
partecipazione dei subordinati gerarchici alle decisioni che pi direttamente li riguardano. La
collaborazione sar tanto pi efficace tanto pi ciascun capo, leader, dimostra di poter influire sulle
decisioni dei superiori gerarchici.
TEORIA DELLE RISORSE UMANE
MCGREGOR pone enfasi alla valorizzazione di tutte le risorse umane ed imputa i risultati
eventualmente negativi della gestione aziendale allincapacit dei capi di scoprire ed esaltare le
potenzialit creative dei subordinati. La proposta di Mac Gregor consiste nella nuova teoria Y, opposta
alla classica teoria X, che si fonda sul postulato che i limiti della collaborazione da parte del lavoratore
nell'ambiente dell'organizzazione, non sono tipici della natura umana, ma della capacit della direzione
aziendale di scoprire e sfruttare tutto il potenziale di cui dispone, a tale scopo bisogna dunque cercare di
creare un'integrazione dei fini personali con quelli aziendali. Tale strategia sar tanto pi facile quanto

pi le mansioni di lavoro assegnate ai subordinati saranno aderenti alle aspirazioni e alle qualificazioni
personali.
Le reciproche relazioni di sostegno importanti per lequilibrio del sistema aziendale ruotano attorno a
manager intermedi con funzioni di perno, tipiche del linking pin tra gli organi di base e gli organi di
vertice.
SVILUPPO TECNOLOGICO E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
A partire dagli anni 60 lorganizzazione del lavoro appare come una scienza sempre meno
autosufficiente e sempre pi influenzata dalle caratteristiche della tecnologia impiegata, a livello di
azienda e a livello di settore.
Riprendono vigore le indagini sulle esperienze aziendali di organizzazione del lavoro, in parte oscurate
dalle riflessioni di orientamento psico-sociologico di Homans e Barnard.
Si assiste alla diffusione nuove tecnologie meccaniche all'interno dei processi produttivi. Il nuovo
scientismo, diverso da quello tayloristico, non postula un approccio top-down nella progettazione delle
mansioni, ma invita alla cooperazione tra portatori di diversi interessi. Affronta inoltre la ricerca della
giusta struttura organizzativa del lavoro con riferimento a specifici contesti, abbandonando lidea del
modello unico, ovvero della one best way.
BROWN afferma che lottimizzazione delle strutture organizzative e il miglioramento della produttivit
del lavoro devono partire dalla valutazione che danno i diretti interessati dei contenuti delle mansioni da
svolgere. Il punto di partenza della nuova riflessione la percezione che il lavoratore ha dei contenuti
della mansione assegnata.
Walker e Guest ipotizzano che ogni lavoratore trae dalla sua applicazione al lavoro una precisa
aspettativa, quella dellarricchimento del proprio sistema di personalit e professionalit, fissa un preciso
precetto management, cio fare leva sulla aspettativa-aspirazione. Anche la tecnologia influisce con
effetti motivanti o demotivanti. Per elevare soddisfazione e produttivit secondo Walker e Guest bisogna
aumentare la variet delle operazioni svolte da uno stesso lavoratodi variet, autonomia, responsabilit,
conoscenza e capacit richieste e pi numerose sono le opportunit dinterazione con gli altri soggetti
nello svolgimento dei compiti assegnati tanto pi i lavoratori rispondono positivamente a queste
innovazioni (allargamento orizzontale dei compiti)
HERZBERG approfondisce ulteriormente il concetto di distinzione tra fattori che sviluppano
soddisfazione e fattori che non provocano soddisfazione all'interno del personale.
Herzberg definisce fattori motivanti per la risorsa umana, l'apprendimento, la consapevolezza degli
obiettivi, la responsabilit individuale, la valorizzazione delle competenze, e gli avanzamenti di carriera.
Questi elementi caratterizzanti devono necessariamente diventare intrinseche ai compiti affidati ad ogni
singolo lavoratore. Herzberg nella sua analisi, propone il cosiddetto arricchimento verticale dei compiti,
che consiste nella rimozione di un certo numero di controlli ex capite senza far venire meno la
supervisione dei manager, generando cos un aumento della responsabilit individuale.
E' inoltre necessario affidare il comando ad una sola persona nellambito di una unit naturale di
lavoro, concedere ampi margini di discrezionalit a chi svolge un compito o insieme di compiti,
intensificare la comunicazione diretta periodica tra chi dirige e chi esegue, introdurre percorsi innovativi
nellesecuzione del compito originariamente affidato e in fine assegnazione mansioni ad hoc in modo da
consentire una adeguata crescita professionale.
La proposta di Herzberg differisce dallallargamento orizzontale dei compiti proposto da Walzer e Guest
che invece rischiava di sovraccaricare di insipienza le mansioni, invece di renderle pi intelligenti e
sopportabili.
DIFFERENZIAZIONE, INTEGRAZIONE E STILI DI LEADERSHIP
La tecnologia non v vista solo come fattore che condiziona l'organizzazione del lavoro, ma anche come
forza capace di creare maggiori opportunit, forti vincoli alladattamento e competitivit delle aziende.
LORSCH dimostra che a pi elevata differenziazione delle unit o gruppi in cui diviso il lavoro
corrispondono maggiore bisogno e maggiori difficolt dintegrazione a livello di sistema aziendale.
Lorsch verifica empiricamente che la divisione del lavoro e le modalit dintegrazione variano
notevolmente da azienda ad azienda.

Lorsch introduce la teoria situazionistica che dominer la letteratura manageriale dagli anni 70 ai 90:
lalta direzione non deve seguire approcci universali ma scegliere soluzioni appropriate a problemi
contingenti.
Si fa strada la convinzione, nellultima parte del XX secolo, che non esistono principi universali, ma
esiste un intero campo di possibili soluzioni dei problema della leadership e dellorganizzazione del
lavoro.
LA CULTURA AZIENDALE
La cultura aziendale un filone di pensiero sviluppatosi negli anni 60 in Gran Bretagna, precisamente
al Tavistock Institute. Questa teoria, sviluppata da Elliot Jaques e i suoi seguaci, pone enfasi alla
funzione che esercita la cultura maturata in impresa nel promuovere lintegrazione e la cooperazione tra
i differenti partecipanti al sistema aziendale. Per Jacques il sistema impresa si trova in ogni momento in
un equilibrio dinamico che consiste nel rapporto che intercorre tra la struttura formale, la cultura
aziendale e le caratteristica della personalit dei partecipanti.
Se per Homans l'integrazione era data dalle interazioni, dai sentimenti e dalle attivit, Jacques, eleva
questa teoria, stabilendo che esistono altri elementi che determinano lintegrazione del sistema
aziendale, che sono la formalit, la cultura e la personalit di ciascun individuo.
Il processo di acculturizzazione comporta quindi dei cambiamenti culturali radicali del modello
burocratico al fine di democratizzare delle strutture organizzative aziendali. Ferma restando la divisione
dei poteri e responsabilit operative, risulta necessario individuare i metodi di governo che consentano il
confronto non solo sullorganizzazione del lavoro ma anche sugli obiettivi e sulla valutazione dei
risultati della gestione praticata.
OUCHI, durante gli anni 80, da il via al cosiddetto riformismo anti-burocratico, elemento tipico dello
sviluppo aziendale giapponese, Ouchi infatti propone la cosiddetta teoria Z che, in continuit del filone
delle human relations, promuove il rafforzamento dei legami interpersonali tra i dipendenti e sviluppa
unorganizzazione interna di tipo clanistico, ovvero creando piccoli gruppi di lavoro, detti appunto
clan. Tipica di questa struttura la solidariet organica tra capi e subordinati, e tra gruppo e gruppo,
creando cos un forte legame tra i suoi membri.
LIMITI DELLA RAZIONALIT DEL COMPORTAMENTO UMANO NELLE DECISIONI
SIMON sicuramente tra i principali fautori di questo filone di pensiero ed interpreta il sistema
aziendale come un tessuto di decisioni che pervadono la gerarchia. Il comportamento di colui che prende
decisioni in azienda, indipendentemente dal livello gerarchico, ben diverso da quello conosciuto in
dottrina, cio quello razionale di tipo tayloristico caratterizzato da onniscienza e chiarezza degli
obiettivi. Per Simon, i comportamenti sono intrisi di irrazionalit e orientati dallintuizione personale,
dai sentimenti e da una capacit di discernimento che procede di caso in caso.
Il comportamento umano solo nelle intenzioni razionali ma di fatto lo solo parzialmente, in quanto
sviato dai numerosi limiti sia di natura cognitiva che di opportunismo, il leader infatti spesso fallisce o
incapace di assolvere ai propri compiti, risultando quindi limitato.
Risulta quindi necessario mettere sotto controllo lambiente di decisione attraverso
listituzionalizzazione dei comportamenti. L'istituzionalizzazione consiste nell'assimilazione di valori
condivisi e nell'accettazione dellorientamento culturale del sistema aziendale. Questi valori fanno da
premessa alla decisione e vengono sorretti da una efficiente struttura organizzativa che diventa quindi
l'ambiente della decisione. Secondo Simon inoltre, i meccanismi che influenzano e regolarizzano i
comportamenti umani sono, la divisione del lavoro, la standardizzazione nello svolgimento delle
operazioni, la gerarchizzazione dellautorit decisoria la fissazione dei canali di comunicazione per
decidere e l'addestramento al lavoro e lindottrinamento.
Con tutte queste regole la struttura organizzativa diventa un ambiente della decisione, cio un ambiente
nel quale le decisione vengono prese con una razionalit almeno intenzionalmente pura, i valori
condivisi ne costituiscono la premessa. Pertanto il comportamento umano che solo intenzionalmente
razionale pu essere per razionalizzato. In azienda avviene tramite la progettazione di regole e
strutture, il processo dirazionalizzazione pu esser sostenuto da sistema informativo cio da strutture e
processi automatizzati che aiutano e sostituiscono il fattore umano.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI ATTRAVERSO IL SISTEMA


INFORMATIVO: Secondo questa corrente di pensiero, la gestione dellinformazione fondamentale
nell'ottica del processo emergente di razionalizzazione.
Driver e Streufert notano che le performance aziendali dipendono non solo dalla tecnologia impiegata e
dalla motivazione del personale ma anche e sopratutto dalle peculiarit e dalle modalit evidenziate da
individui, gruppi e organizzazioni nellelaborazione delle informazioni.
GALBRAITH ribadisce che non esiste un unico ottico modo di strutturare le aziende, le soluzioni da
trovare per differenziare e integrare i sistemi infatti dipendono dalla considerazione del credo di certezza
o incertezza sia interna che esterna. Di fatto maggiore lincertezza del compito e maggiore
lammontare di informazioni che devono essere elaborate da coloro che prendono decisioni durante
lespletamento del compito stesso, allo scopo di ottenere un dato livello di performance esecutiva.
Le forme e le tipologie delle strutture organizzative variano a seconda del modo in cui si deve soddisfare
il complessivo fabbisogno informativo.
L'incertezza quindi si pu definire come la differenza tra il totale dell'informazione richiesta per
espletare un compito e il totale dell'informazione gi posseduta dall'azienda.
Sempre secondo Galbraith, quando si verificano condizioni di assenza di incertezza o quasi certezza
un primo procedimento per rendere indipendenti parti del sistema aziendale quello di affidarsi a
regole, piani e procedure.
Se le configurazioni ambientali e i compiti da realizzare variano frequentemente i comportamenti
standardizzati e le regole si rivelano insufficienti, sorge quindi il bisogno di gerarchia ovvero di
autorit, poteri e responsabilit nel decidere. Ogni dato raccolto a livello di base deve essere veicolato
verso lalto, saranno in seguito elaborati dal manager provvisto delle qualificazioni per decidere.
Galbraith spiega che i canali di trasmissione in senso ascendente (dal basso verso lalto, top-down)
possono sovraccaricarsi di dati troppo diversi per essere elaborati simultaneamente, per
evitare questo intasamento quindi bisogna pensare ad un sistema di decisione decentralizzato sia
orizzontalmente che verticalmente e bisogna inoltre ridurre la massa delle informazioni da trattare,
riducendo il fabbisogno di dati da elaborare.
A tale scopo, il management pu programmare di abbassare il livello desiderato di efficienza delle
proprie operazioni, oppure pu predeterminare lammontare delle informazioni da elaborare e farle
gestire nel modo pi efficiente ad unit di business decentrate dotate di specifici organismi
amministrativi e direttivi. Questa scelta richieder adattamenti di struttura organizzativa, in modo da
avere un vertice strategico (holding) del gruppo che si avvarr della struttura divisionale costruita,
decentrando a unit amministrative autonome, la responsabilit del raggiungimento di precisi obiettivi di
gestione. Ogni divisione potr differenziarsi internamente secondo le specifiche funzioni da assolvere e
in base alla clientela da servire, se lincertezza elevata necessario aumentare la capacit di utilizzare
delle informazioni ovvero la qualit del sistema informativo.
Per ottenere tutto questo necessario far crescere qualitativamente le risorse umane e materiali esistenti
e adottare un sistema di allargamento orizzontale della capacit di ricerca ed elaborazione delle
informazioni. E' inoltre necessario un miglioramento della qualit delle relazioni laterali tra aree
gestionali e la collaborazione interdipartimentale. I manager infatti affronteranno direttamente le
decisioni senza rimandarle in alto, oppure si creeranno gruppi di coordinamento del tipo task force o
team.
Le task force sono formate da collaboratori estrapolati da dipartimenti diversi uniti per loccasione per
affrontare uno specifico problema, mentre il team nasce per risolvere con una riflessione meno
condizionata dai tempi, un problema di natura organizzativa o gestionale. Altre volte ancora lalta
direzione sceglier di affidare ad ununica persona il ruolo critico dellintegratore, il cosiddetto middle
manager che diventer lunico interlocutore del top manager.
LA TEORIA DELLA CONTINGENZA ORGANIZZATIVA:
La teoria delle contingenze organizzative un tema particolarmente caro agli studiosi americani i quali
affermano che lattenzione da rivolgere al fattore umano non deve intendersi come attenzione

caritatevole ad un bene da preservare in s, ma anzi unattenzione che v orientata verso lo sviluppo


della produttivit e delle capacit competitive dellimpresa.
Secondo questa teoria, detta anche situazionale, in unorganizzazione i modelli appropriati di
comportamento dipendono dallambiente nel quale lorganizzazione inserita e dalla personalit dei
membri dellorganizzazione stessa.
La progettazione organizzativa rappresenta un mezzo fondamentale per influenzare i modelli di
comportamento in un'organizzazione e ha il compito di determinare:
La struttura organizzativa consiste nella definizione dei compiti e delle relazioni fra di essi come
risultano dagli organigrammi e dalla descrizione dei compiti.
Gli schemi di pianificazione, controllo e valutazione consistono nelle procedure per la definizione
degli obiettivi dellorganizzazione e dei metodi per raggiungerli, le ricompense, come premi e
remunerazioni, che vanno corrisposte dal management alle persone coinvolte nelle attivit lavorative.
I criteri di selezione cio le linee utilizzate per selezionare i titolari dei vari compiti, chiaramente i
compiti influenzano la personalit, lesperienza e la capacit dei membri dellorganizzazione, i criteri di
selezione possono influenzare la risposta che le persone danno agli altri elementi che definiscono la
progettazione organizzativa.
In fine abbiamo l'addestramento e la formazione che non servono solo per trasmettere conoscenze e
migliorare le capacit ma sono anche uno strumento a disposizione del management x comunicare ai
membri dellorganizzazione le sue aspettative intorno al loro comportamento sul compito.
I fattori situazionali che influenzano le scelte di progettazione organizzativa invece sono:
Lambiente, costituito da forze e istituzioni esterne allazienda con le quali i membri dellazienda
devono necessariamente collaborare per raggiungere gli obiettivi dellazienda.
La strategia dell'organizzazione che consiste nella definizione dell'ambiente o del settore pi rilevante
per lorganizzazione, degli scopi allinterno di quel contesto e dei mezzi particolari per raggiungere tali
scopi.
I compiti, detti anche task consistono in azioni che i membri dellorganizzazione debbono svolgere per
realizzare la strategia stabilita, infine, le caratteristiche psicologiche dei membri, consistono in fattori
durevoli relativi alla personalit di un individuo.
LADATTAMENTO FRA COMPITO (TASK), PERSONE E ORGANIZZAZIONE
Dalla relazione tra queste tre componenti derivano due importanti conseguenze, innanzitutto
gli individui sperimentano un senso di competenza che gli permette di svolgere il lavoro in modo
efficace. Grazie a questo senso di competenza, che rappresenta una ricompensa psicologica per il
lavoratore, lorganizzazione pu conseguire agevolmente i suoi obiettivi.
Compiti differenti sembrano attrarre persone con
caratteristiche psicologiche differenti. La
differenziazione comporta dei costi che risultano
evidenti se si considerano i rapporti fra differenziazione
e integrazione, infatti maggiore la differenziazione
maggiore la diversit dei punti di vista delle unit
coinvolte nelle decisioni e quindi maggiore la
difficolt di raggiungere lintegrazione necessaria al
raggiungimento degli obiettivi dellorganizzazione nel
suo complesso.
Al fine di ottenere l'integrazione necessario superare
alcune problematiche. Innanzitutto pi elevato il
numero delle unit coinvolte maggiore la difficolt della collaborazione.
L'interdipendenza un altro fattore da considerare, abbiamo infatti l'interdipendenza generica,
sequenziale e reciproca. L'interdipendenza generica si manifesta nei confronti di ununit centrale, come
la direzione centrale e le divisioni prodotto, l'interdipendenza sequenziale consiste nel fatto che ogni
unit interdipendente nei confronti dellunit che la segue nel flusso di produzione, ad esempio i vari
reparti di uno stabilimento, mentre l'interdipendenza reciproca si manifesta fra tutte le unit, ad esempio
nel marketing, R&S e produzione in sede di innovazione/introduzione di un nuovo prodotto.

Da considerare anche la frequenza dellinterazione richiesta fra le unit, infatti tanto maggiore la
frequenza necessaria tanto maggiore la difficolt di raggiungere lintegrazione.
Decisiva anche l'influenza dellimportanza rispetto alla strategia dellorganizzazione, ad esempio se
i problemi sono di importanza cruciale per gli obiettivi strategici sarebbe opportuno dedicare
allintegrazione uno sforzo maggiore di quello necessario per i problemi di natura marginale.
In fine va considerata la complessit e l'incertezza delle informazioni che debbono essere utilizzate,
infatti maggiore lincertezza o complessit delle informazioni maggiore il tempo e lo sforzo che
devono essere dedicati per individuare, capire e risolvere i punti di vista contrastanti.
IL RAGGIUNGIMENTO DELLINTEGRAZIONE
La qualit dellintegrazione raggiunta dipende da due gruppi di fattori:
I meccanismi organizzativi volti a promuovere lintegrazione e le modalit di risoluzione dei conflitti.
All'interno dei meccanismi organizzativi troviamo le unit di integrazione, che consistono in unit
specifiche con una propria organizzazione interna create per facilitare lintegrazione interfunzionale.
Un altro meccanismo costituito dai ruoli di integrazione che differiscono dalle unit di integrazione in
quanto i loro titolari, qualunque sia la loro denominazione, dipendono direttamente dal direttore
generale.
Entrambi questi meccanismi spostano lorganizzazione verso una struttura di tipo a matrice dove
troviamo un asse responsabile dellintegrazione interfunzionale e una responsabile della direzione delle
unit funzionali differenziate.
Altro meccanismo sono i gruppi o comitati interfunzionali in sostituzione o aggiunta ai ruoli e alle unit
di integrazione.
Le modalit di risoluzione dei conflitti invece sono due, innanzitutto importante analizzare
il tipo di comportamento adottato per risolvere i conflitti, infatti la qualit dellintegrazione sar elevata
se l'attivit dei managers orientata alla soluzione dei problemi in modo da consentire lesposizione dei
vari punti di vista e ricercando accuratamente la migliore soluzione dal punto di vista generale. Se i
managers occultano o evitano il conflitto o accettano che chi possiede maggiore potere imponga una
soluzione agli altri, i loro sforzi per raggiungere lintegrazione saranno meno efficaci.
La risoluzione dei conflitti pi efficace quando la distribuzione effettiva dellinfluenza
nellorganizzazione coerente con le conoscenze e la capacit di contribuire alle decisioni, la cosiddetta
influenza effettiva.
I PROBLEMI DI APPLICAZIONE
Sorgono per alcuni problemi di applicazione, risulta infatti complicato valutare quali sono le reali
esigenze dell'ambiente e quali sono i reali bisogni dei potenziali acquirenti, inoltre si evidenziano
problematiche nella valutazione della cultura dell'organizzazione e nello stile di leadership, importante
anche la combinazione coerente dei vari elementi della progettazione organizzativa.
ORGANIZZAZIONE CHE APPRENDE, CREA E VALORIZZA LA CONOSCENZA
Esistono diversi modi per intendere il concetto di organizzazione, ma comunque si rimanda sempre a
due prospettive o dimensioni di analisi del fenomeno dellapprendimento organizzativo, la prospettiva
soggettivistica, e la prospettiva olistica-sistemica.
Nella prospettiva soggettivista luomo con le sue dinamiche cognitive che genera o ostacola
lapprendimento organizzativo, mentre nella prospettiva olistico-sistemica si privilegiano gli aspetti
strutturali e sistemici dellorganizzazione, la struttura con i propri vincoli formali (ruoli, regole,
procedure e tecnologie) e il sistema con i propri obiettivi di adattamento allambiente, ordinano e
orientano le dinamiche cognitive degli uomini indirizzando lapprendimento organizzativo.
Coniugando gli aspetti positivi che emergono da entrambe si giunti a uninteressante prospettiva di
sintesi che assumendo una concezione di matrice evoluzionista dellapprendimento, attribuisce il giusto
rilievo sia alle valenze di natura personale sia alle valenze di natura contestuale sia interne che esterne.
Questa ipotesi trova le sue origini nella teoria sistemico-evolutiva di matrice cognitivista di Nelson e
Winter. In questa prospettiva esiste una relazione tra l'apprendimento organizzativo, innovazione e
strategia aziendale. La dialettica tra conservazione e possibili cambiamenti dell'organizzazione di svolge
bilanciando la revisione degli aspetti contestuali e la creazione di nuovi contesti. Nel primo caso si tratta
di routines consolidate che presuppongono lo sfruttamento delle conoscenze esistenti, mentre nel

secondo caso, si parla di nuove routines, che presuppongono lo sviluppo di nuove conoscenze attraverso
l'esplorazione di nuove possibilit di sviluppo.
LA CONOSCENZA
Conoscere vuol dire attribuire significato al flusso di esperienza, come risultato di un processo di
apprendimento, mediante il quale si interpretano le informazioni sul mondo del reale e grazie al quale si
comprende il senso dell'azione.
Possiamo affermare come la conoscenza ha natura dinamica perch con il passare del tempo perde il suo
significato in rapporto ai contesti in evoluzione. Ha un carattere reticolare relativamente dalla pluralit di
relazioni tra pi soggetti con una pluralit di esperienze passate o presenti, determinado cos un
reticolo concettuale di schemi, esperienze, memorie.
Inoltre la conoscenza rappresenta il prodotto complesso dellapprendimento mediante un processo di
elaborazione cognitiva dellinformazione, e si distingue dallinformazione per il fatto di essere sempre
orientata allazione e alla realizzazione di un determinato fine, da qui emerge il carattere dinamico e
reticolare della conoscenza.
Ai fini della competitivit aziendale, importante considerare il binomio conoscenza-tempo.
Altri concetti legati alla conoscenza sono il dato e l'informazione.
Il dato un simbolo, numero, lettera, fatto o immagine privo di significato, il dato fenomenologico si
trasforma in informazione quando a quel simbolo si attribuisce un significato (interpretazione), si
inquadra in un contesto di riferimento (contestualizzazione) e si organizza in relazione con altri dati
(sintesi).
Tutto questo comporta una visione soggettiva della informazione sia per chi la fornisce sia per chi la
recepisce.
L'informazione risulta quindi il prodotto di una attivit cognitiva semplice, in quanto riferita al dato e
come tale ha natura semplice e rappresenta l'unit elementare del sapere.
La conoscenza racchiude al suo interno 2 dimensioni, la conoscenza esplicita e la conoscenza tacita.
La conoscenza esplicita consiste nella conoscenza codificata, trasmissibile con un linguaggio formale,
mediante manuali, procedure, norme, codici, sistemi informativi. Rappresenta il saper cosa
(knowledge o know-about o know-why) cio quella conoscenza tecnica che consente al soggetto
lattivazione del patrimonio di risorse (mezzi) a sua disposizione per lazione.
La conoscenza tacita una conoscenza prevalentemente personale e pi difficile da codificare se non
attraverso la dimostrazione pratica. Questa conoscenza radicata nell'azione, nell'impegno e in uno
specifico contesto, coniuga elementi cognitivi e opinioni che ciascuno reca dentro di se e si identifica
tanto con il saper fare quanto con il saper essere.
La conoscenza tacita e la conoscenza esplicita sono in relazione di interdipendenza tra loro, e si
rafforzano a vicenda, mentre la conoscenza organizzativa si differenzia dalla conoscenza individuale dal
fatto che, la generazione della conoscenza organizzativa presuppone la condivisione della seconda,
risulta quindi indispensabile lo sviluppo di un linguaggio comune che trasferisca le conoscenze tra gli
individui di uno stesso gruppo di lavoro, creando cos le cosiddette routines, che rappresentino soluzioni
da adottare per risolvere i vari problemi ricorrenti nei processi aziendali e quindi risposte meccaniche ai
vari problemi di gestione operativa.
Tutte le organizzazioni inoltre, per poter funzionare, necessitano di una base di conoscenza collettiva, la
cosiddetta knowledge base, che consiste in un insieme di competenze coltivate e conservate
dall'organizzazione.
LAPPRENDIMENTO TRA INDIVIDUO E ORGANIZZAZIONE
Innanzitutto dobbiamo definire lapprendimento come il processo che conduce al sapere, da questa
definizione possiamo definire il concetto dell'apprendimento organizzativo che consiste nellinsieme dei
processi cognitivi mediante i quali unorganizzazione acquisisce interpreta e ricorda conoscenza utile
alla modificazione del suo comportamento.
Numerosi furono gli studiosi che cercarono di approfondire questi concetti, innanzitutto, FIOL E
LYLES ordinarono i diversi contributi teorici sullapprendimento sulla base di due dimensioni: il
contenuto e il livello, riguardo al contenuto troviamo la distinzione tra cambiamento cognitivo, dove

l'apprendimento influenza schemi concettuali e regole comuni e cambiamento comportamentale dove


invece l'apprendimento incide sul comportamento organizzativo e sulle azioni.
Riguardo al livello distinguiamo invece un apprendimento di livello inferiore che coinvolge tutti i livelli
dellorganizzazione e un livello superiore che invece coinvolge solo i livelli organizzativi superiori.
MUMFORD invece prefigura lesistenza di livelli diversi di apprendimento con ordine gerarchico dal
singolo individuo in senso piramidale.
ARGYRIS E SCHON stilarono una fra le pi importanti classificazioni sul tema, nella loro analisi
troviamo la distinzione tra apprendimento adattativo o a circuito singolo, detto single loop learning e
apprendimento generativo o a circuito doppio detto double loop learning.
Il Single loop learning pu interessare tutti i livelli di unorganizzazione, come nuove conoscenze
pratiche o come gli adeguamenti sulle routine, pertanto pu essere definito come un apprendimento di
tipo adattivo
Double loop learning invece interessa maggiormente i livelli organizzativi pi elevati, come la
creazione di nuova conoscenza che pu portare a modificare quelle stesse conoscenze di base
dellorganizzazione, la sua missione e le sue capacit, gli indirizzi strategici e il sistema stesso,
generando un notevole vantaggio competitivo dell'impresa.
Importante capire come l'organizzazione apprende.
Principale fonte di apprendimento lapprendimento dei singoli allinterno dellorganizzazione, ma
lapprendimento individuale una condizione necessaria ma non sufficiente: quanto appreso a livello
individuale pu determinare apprendimento organizzativo a patto che venga interiorizzato, condiviso e
trattenuto nel reticolo cognitivo complessivo dellorganizzazione.
Dunque, si deduce che lapprendimento un processo dinamico dellorganizzazione che interessa tutti i
livelli (individuale, di gruppo, organizzativo e inter-organizzativo) e si forma mediante continui processi
di valorizzazione delle conoscenze esistenti (exploiting) e di esplorazione del nuovo (exploring).
Il nodo cruciale rappresentato dal difficile passaggio dalla conoscenza individuale a quella collettiva in
termini sia qualitativi che quantitativi.

IL PASSAGGIO DALLA CONOSCENZA INDIVIDUALE A QUELLA ORGANIZZATIVA


LEARNING ORGANIZATION
NONAKA, nei suoi studi articolatisi tra il 1991e il 1994, articola su due dimensioni il processo di
creazione della conoscenza delle organizzazioni, la dimensione epistemologica e ontologica.
La dimensione epistemologica si fonda sulla distinzione tra carattere tacito e carattere esplicito della
conoscenza, facendo riferimento al processo continuo di trasformazione della conoscenza da tacita ad
esplicita e viceversa, mentre la dimensione ontologica considera i diversi livelli, individuale, di gruppo,
organizzativo e interorganizzativo, coinvolti nel processo di creazione della conoscenza e in essa si
coglie il ruolo delle interazioni sociali nello sviluppo di nuove idee tra individui, tra organizzazioni, che
condividono la conoscenza.
L'organizzazione in questo caso deve concentrarsi sulla creazione di un patrimonio di conoscenze
comune necessario per l'azione collettiva e deve lasciare spazio alla creativit del singolo individuo,
fondamentale per la rigenerazione della conoscenza collettiva.
La conoscenza di genera e si diffonde mediante un rapporto interattivo sociale tra conoscenza tacita e
esplicita definito con il termine conversione, da cui si individuano quattro modi diversi di conversione
della conoscenza tra loro complementari ed interdipendenti, abbiamo infatti la socializzazione,
l'esteriorizzazione, la combinazione della conoscenza e l'interiorizzazione.
Per socializzazione consiste nel diffondere la conoscenza tacita tra pi persone senza modificarne il
carattere tacito, questo pu avvenire attraverso l'osservazione, l'imitazione, l'esercizio pratico e lo
scambio di esperienze tra squadre o campi di interazione.
Esteriorizzazione viene intesa come la conversione della conoscenza tacita socializzata in conoscenza
esplicita in modo tale che possa circolare e diffondersi anche allesterno del gruppo di origine,
attraverso il dialogo e soprattutto della metafora e dei linguaggi formali.
Nella Combinazione le conoscenze esplicite non solo di pi gruppi ma anche di pi organizzazioni si
integrano fra loro, ricombinandosi e producendo valore aggiunto. Tutto questo avviene attraverso

formazione, mezzi di comunicazione sociale, sistemi informativi che cristallizzano la conoscenza


allinterno di strutture reticolari, dette anche network.
Interiorizzazione in fine, permette di ricondurre le conoscenze esplicite entro la base di conoscenza
tacita di ogni individuo, tutto questo attraverso processi di sperimentazione per prove ed errori, il
cosiddetto learning by doing. E' appunto nel fare che gli individui apprendono la conoscenza
combinata che torna cos arricchita al suo stato tacito.
La struttura che si delinea quindi un vortice della creazione della conoscenza che tende ad auto
alimentarsi in quanto in ogni fase la conoscenza muta in termini qualitativi ma anche quantitativi, cos
lorganizzazione crea conoscenze che sono eccedenti rispetto a ci che necessario potendo cos
utilizzarle in contesti anche diversi.
Si tratta di uno schema concettuale il cui maggior pregio nel carattere di circolarit ed interattivit dei
processi cognitivi
LORGANIZZAZIONE: SISTEMA CHE APPRENDE
SENGE afferma che esiste una condizione fondamentale affinch lorganizzazione possa apprendere, la
sistematicit. Secondo Senge infatti, non bisogna pi vedere catene lineari di causa-effetto, ma vedere
invece interazioni tra tutte variabili in gioco, sono infatti necessarie azioni incentrate sulle relazioni
giuste, capaci di produrre adeguati cambiamenti organizzativi.
Lidea di base che nessun cambiamento significativo si pu realizzare senza che si modifichi al suo
interno non solo il modo di pensare dei suoi partecipanti ma anche e soprattutto la strutturazione del suo
contesto.
Leffetto leva delle strutture profonde, su cui si svolge la socializzazione, il frutto di cambiamenti di
ordine sistemico attraverso azioni applicate localmente, cio su quelle relazioni tra persone, strutture e
ambiente, giunge a rappresentare i fattori costitutivi di una learning organizzation di discipline ciascuna
delle quali si articola su determinate pratiche, principi, e essenzialit.
Senge dunque pone laccento sul dialogo come principio alla base dellapprendimento di gruppo.
Fondamentali solo le definizioni delle cinque discipline, la padronanza personale, i modelli mentali, la
visione condivisa, l'apprendimento di gruppo e il pensiero sistemico.
Padronanza personale: imparare a aumentare la propria capacit di raggiungere i risultati che pi
desideriamo e costruire ambienti in cui tutti i membri sono incoraggiati a sviluppare s stessi e gli scopi
che si sono prefissati.
Modelli mentali: sono la mappa implicita di quanto ci circonda, indagabile attraverso la riflessione
continua e il chiarirsi degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Lindagine sui propri modelli mentali
consente di comprendere come questi influenzano le nostre azioni e le nostre decisioni.
Visione condivisa: la creazione di unimmagine desiderabile e condivisa del futuro, inclusi i metodi e i
principi sulla base dei quali realizzarlo, permette di potenziare il senso di appartenenza al gruppo
Apprendimento di gruppo: realizza labilit di pensiero collettivo e dialogico in gruppo, che consente
lo sviluppo di competenze ed abilit superiori alla somma dei talenti individuali.
Pensiero sistemico: sono modalit di pensiero e di linguaggio in grado di descrivere e comprendere il
comportamento dei sistemi in termini di forze e di relazioni. Questa disciplina aiuta a comprendere dei
sistemi in termini di forze e relazioni. In questo modo possibile comprendere come realizzare i
cambiamenti in modo pi efficace allinterno dei sistemi
APPRENDIMENTO E TEMPO
Secondo questo concetto, esiste un collegamento tra il tempo e la conoscenza, ai fini della creazione di
valore. Questo legame si manifesta nell'apprendimento, utile ad indirizzare la crescita
dell'organizzazione in rapporto dialettico sincronizzato con la variabile ambientale, la cosiddetta co
-evoluzione impresa-ambiente.
La concezione dell'apprendimento organizzativo comporta l'esaltazione del concetto di conoscenza,
tempestivit e tempismo, che, quando correttamente integrati tra loro, costituiscono un elemento
essenziale per eseguire dinamiche cognitive che permettono di generare valore.
Possiamo quindi dire che il tempo un fattore capace di valorizzare in maniera incisiva la dimensione
cognitiva sia dell'organizzazione che del patrimonio di conoscenze che ne alla base.

Il tempo quindi una importante leva di cambiamento dell'organizzazione, al fine di valorizzare questa
componente, necessario sviluppare tempestivamente e al momento giusto nuove conoscenze,
importante la diffusione tempestiva della conoscenza, per generare nuove capacit e quindi nuove
azioni. Importante anche l'attuazione tempestiva della conoscenza in azioni concrete e l'ottimizzazione
della conoscenza accumulata, attraverso una tempestiva ricerca volta a consentire applicazioni
alternative delle conoscenze.
IL KNOWLEDGE MANAGEMENT NELLA VALORIZZAZIONE DELLA CONOSCENZA: TRA
FORMALE ED INFORMALE
Un problema chiave per l'azienda sicuramente quello di migliorare il rendimento della conoscenza
dellorganizzazione sia tacita che esplicita, e quindi trasformare in valore il suo sapere. Per produrre
valore bisogna essere efficienti ed efficaci e bisogna integrare efficienza ed efficacia in maniera da
creare due condizioni fondamentali, la capacit della conoscenza organizzativa di rispondere
appropriatamente e rapidamente alle variazioni di contesto e la capacit della conoscenza organizzativa
di creare nuove e diverse alternative future di sviluppo da attuare al tempo giusto
Entrambe queste condizioni sono alla base della creazione di valore dellimpresa e permettono
all'organizzazione di rispondere adeguatamente alle attese e sollecitazioni dei suoi stakeholders.
Per soddisfare queste condizioni il management deve intervenire su due grandi fronti, la tecnologia e le
risorse umane. Grazie alla tecnologia possibile realizzare sistemi informativi adatti allo scopo, mentre
grazie alle risorse umane possibile motivare le persone a collaborare attivamente al processo di
creazione, condivisione e impiego della conoscenza.
Gestire efficientemente ed efficacemente la conoscenza significa progettare percorsi cognitivi capaci di
fronteggiare lincertezza degli scenari ambientali anche facendo tesoro delle esperienze passate che
comunque rimangono di una certa importanza.
STRUTTURE ORGANIZZATIVE E RELAZIONI INTERORGANIZZATIVE
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
La struttura organizzativa rappresenta l'elemento statico del sistema organizzativo, cio l'impianto sul
quale vengono costruiti una serie di processi tipici dell'elemento dinamico. Per comprenderne a pieno il
significato necessario analizzare altri concetti. Gli organigrammi ad esempio consistono nella
rappresentazione grafica degli organi e delle unit organizzative di una determinata entit sociale che
pone in evidenza, i settori di attivit, i rapporti gerarchici e i rapporti funzionali consultivi (line e staff)
Per organo si intende un centro di attivit autonomo per direzione esecuzione e controllo di operazioni
di impresa, troviamo ad esempio gli organi volitivi, manageriali e gli organi operativi.
Per unit organizzativa si intende il nucleo di persone che svolgono un'attivit omogenea sotto la
supervisione di un capo, che pu evidenziare caratteri tipici del leader.
I funzionigrammi permettono di individuare quali sono le funzioni tipiche di un determinato organo,
mentre il mansionario riporta in modo analitico i compiti e le responsabilit per ciascuna posizione.
I PROCESSI
All'elemento statico, riscontrabile nella struttura organizzativa, si affianca un elemento dinamico, i
processi per l'appunto, che consistono in tutte quelle operazioni, appartenenti a una struttura
organizzativa che permettono il corretto funzionamento dell'organizzazione. Esempi tipici di processi
sono la pianificazione e controllo, la selezione del personale, l'area di marketing ecc.
LA PROGETTAZIONE DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Nel momento in cui si decide di progettare una determinata struttura organizzativa, necessario fare
riferimento a specifici meccanismi chiave, che sono, la divisione del lavoro, l'integrazione, la delega e il
line e staff.
Quando si vuole progettare una struttura organizzativa, si deve fare riferimento a due meccanismi chiave
che sono per un certo verso opposti e sono,la divisione del lavoro e i meccanismi di integrazione. La
divisione del lavoro altro non che la scelta relativa a quantit di parti e partecipanti a cui si vuole
attribuire un ruolo e quindi un compito o una mansione. Tendenzialmente lestremo della divisione del

lavoro si incontra con la logica taylorista, in cui la divisione del lavoro coincideva con la
parcellizzazione. chiaro che quanto maggiore la divisione del lavoro tanto maggiore dovr essere la
parte integrativa, che la capacit di ricondurre ad unit un lavoro estremamente diviso. Quanto pi il
lavoro viene diviso tanto pi questa abbisogna di essere coordinato ed integrato. Lintegrazione un
concetto fondamentale e fa riferimento ad un ruolo manageriale. Nelle organizzazione odierne, dove la
divisione del lavoro non cos estesa come nella logica e taylorista, le organizzazioni sono molto meno
differenziate rispetto a come erano un tempo, anche i meccanismi di integrazione si riducono. Oggi le
organizzazioni si dicono flat, piatte, tendenzialmente sono organizzazioni dove c una base, pochi ruoli
manageriali e subito dopo la propriet, il middle manager nelle organizzazioni odierne poco utilizzato.
Nelle grande aziende si pu incontrare una grande divisione del lavoro con molti livelli manageriali,
mentre nelle piccole aziende la divisone del lavoro molto meno estesa con dei ruoli di integrazione
molto pi fatiscenti. Altro concetto fondamentale nella progettazione della struttura organizzativa
accentrare o decentrare lautorit. Laccentramento la capacit dellorganizzazione di attribuire il
potere decisionale ad un solo centro tendenzialmente che quello pi alto nella scala gerarchica o
viceversa attribuirlo ad un determinato insieme di centri, ad esempio dove lorganizzazione ben divisa,
perch ci sono molti meccanismi di integrazione, di solito lazienda sar accentrata, cio non delega e
non decentra lautorit e il potere decisionale, se invece non ha una divisione del lavoro accentuata,
tendenzialmente la delega e il decentramento vengono distribuiti con maggior vigore.
In tutte le organizzazioni sempre presente unampia variet di tecniche, mediante le quali, sono
distribuiti i compiti tra persone e ai gruppi di persone, sono stabiliti i livelli di autorit e sono fissati gli
obiettivi dellintera organizzazione dei singoli gruppi. Secondo studiosi classici due tecniche sono
fondamentali per costruire le strutture organizzative, lorganizzazione linea lineare e lorganizzazione
con posizioni di staff.
LINE E STAFF:
Al fine di costruire le strutture organizzative fondamentale l'utilizzo dell'organizzazione lineare e
l'organizzazione con posizioni di staff.
Organizzazione lineare una struttura in cui ogni subordinato dipende da una sola autorit superiore
attraverso una relazione diretta di autorit-responsabilit, la cosiddetta autorit di line.
Nellintera organizzazione questa relazione diretta fluisce in modo concatenato dai livelli pi alti a quelli
pi bassi, secondo il principio della continuit dellautorit.
Lautorit di line ha quindi il potere di dare ordini ai subordinati, mentre la continuit di flusso dal
vertice verso la base assegna a ciascuna posizione organizzativa autorit completa ed esclusiva sulle
persone che si trovano in posizione subordinata e conferisce a ciascuna di queste posizioni subordinate
lobbligo di riferire i risultati ad un solo superiore.
I principali vantaggi dellorganizzazione lineare sono lunit di comando, la rapidit di esecuzione dei
comandi e la definizione chiara e delimitata delle responsabilit e dellautorit.
Una struttura elementare di line si pu sviluppare in due direzioni, direzione verticale e la direzione
orizzontale, la direzione verticale si ottiene attraverso la delega dellautorit in relazione ai numerosi
livelli gerarchici, mentre la direzione orizzontale si ottiene attraverso la divisione del lavoro o la
specializzazione, in relazione alla numerosit delle funzioni aziendali.
Con l'Organizzazione di line e staff si forma invece di ulteriore sviluppo orizzontale della line. La
crescente complessit delle operazioni, ha spesso indotto i managers a ricorrere allaiuto di specialisti,
come studiosi o esperti di comunicazione o organizzazione del lavoro o a gruppi di collaboratori a cui
vengono assegnati compiti come ad esempio raccogliere informazioni tecniche, successivamente il loto
compito quello di effettuare una prima analisi al fine di determinare le varie alternative possibili
relativamente a una precisa decisione da attuare. Questi soggetti costituiscono lo staff e hanno
principalmente funzioni consultive ma non esercitano autorit alcuna sulla line. Non sempre per lo staff
si trova in una posizione subordinata rispetto ad un capo o direttore, si possono infatti trovare in una
relazione diversa da quella di autorit-responsabilit. Va comunque detto che lo staff gode di una certa
autonomia, a volte anche molto ampia.
Relativamente alla posizione dello staff nella struttura organizzativa, possiamo definire tre tipi
principali, lo staff a livello di direzione, di un'area circoscritta e di tutta la line.

Lo staff a livello di direzione svolge funzione di consulenza relativamente a tutta lorganizzazione e si


collega ad altri staff dislocati allinterno delle altre unit operative. Relativamente a questa tipologia di
staff riscontriamo diverse versioni, potremmo infatti riscontrare uno staff generale che coordina lattivit
degli staff minori oppure un tipo di staff che opera sia per la direzione sia per le unit operative.
Lo Staff a livello di unarea circoscritta in genere si trova allinterno di una funzione o di un preciso
reparto fondamentale, come ad esempio l'area della produzione, della vendita, o della finanza e si occupa
di analizzare e effettuare una consulenza specifica verso quel delicato settore.
In fine troviamo lo Staff di tutta la line, un esempio tipico lo staff dellufficio legale che ha la
competenza su tutte le questioni legali dellintera organizzazione aziendale.
Struttura elementare di line
CONFLITTI TRA LINE E STAFF
Le autorit di line spesso sostengono che lo
staff portato a suggerire soluzioni astratte o
solo teoriche senza prima averne provato la
perfetta coerenza con i reali problemi da
risolvere, inoltre portato ad ignorare le
relazioni gi esistenti tra la soluzione di un
singolo problema e la situazione generale
dellimpresa. Daltra parte lo staff ribatte che le
autorit di line sono refrattarie alle innovazioni
e sono portate a respingere le proposte dei
cambiamenti sia perch non desiderano attuarli
sia perch hanno idee preconcette sul lavoro
dello staff .
Lequilibrio tra queste 2 funzioni si trova nella
fase di sviluppo dellimpresa in cui lo staff
deve gestire e coordinare molte informazioni,
risulta invece pi evidente quando limpresa rallenta il tasso di sviluppo o entra in una fase di
recessione. Il dinamismo quindi aiuta a risolvere questi conflitti in quanto riporta la line a svolgere la
funzione per cui nata. Risulta quindi importante rafforzare lattivit della line mediante limpiego di
specialisti.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER DIPARTIMENTI E DIVISIONI: i principi della
specializzazione del lavoro e del coordinamento si riflettono nella struttura organizz. articolata
indipartimenti o in divisioni, ossia struttura fondata su una pluralit di unit relativamente autonome.
Tra i raggruppamenti pi frequenti troviamo quelli per funzione, per prodotto per area geografica e per
classi di clienti.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER FUNZIONI
La ripartizione per funzioni senzaltro la pi diffusa.
Tutte le operazioni aventi la stessa
natura si raggruppano in una stessa divisione e sotto il
controllo dello stesso manager, queste operazioni
riguardano principalmente la produzione, le vendite, i
finanziamenti, le relazioni con il personale, la ricerca &
sviluppo. Sotto il controllo del direttore commerciale si
raggruppano, ad esempio, in una divisione, tutte le
operazioni concernenti le vendite (rifornimenti, pubblicit,
analisi di mercato, ecc.) indipendentemente dalla
localizzazione dei mercati.
Se analizziamo lorganigramma che riproduce questo tipo
di struttura si rileva che sotto lo stesso direttore si
accorpano funzioni e attivit dello stesso tipo, per esempio

allinterno delle funzione produzione avremo tante attivit omogenee dello stesso tipo che riguardano al
secondo livello gli stabilimenti produttivi, cos sotto la funzione finanza la direzione finanziaria si
occupa di tutte quelle attivit che hanno a che fare con lattivit finanziaria, cos sulla ricerca & sviluppo
e sulle vendite.
Questa struttura organizzativa per funzioni si adatta molto bene per ambienti statici, per
ambienti che si modificano sotto il profilo normativo o tecnologico in modo abbastanza lento e
la produzione di pochi prodotti o un solo prodotto.
I vantaggi sono sostanzialmente due:
1) raggruppando lo stesso dipartimento tutte le operazioni aventi la medesima natura e raggruppando
tutti gli specialisti nello stesso campo, si aumenta lefficacia della direzione in quanto i manager possono
la loro attivit su un solo settore;
2) assegnando a ciascun manager la responsabilit di tutte le operazioni aventi la stessa natura, si rende
pi rapido, e pi efficace il coordinamento tra le diverse funzioni. Questa struttura organizzativa facilita
leconomia di scala allinterno delle unit funzionali proprio per la specializzazione dei manager sopra
citata, e obbiettivi funzionali che sono definiti sulla base delle strategie implementate dalla direzione
generale e stabilite dal consiglio di amministrazione.
Per quanto riguarda gli svantaggi sono: a) tempo di risposta molto lento a fronte di un cambiamento
ambientale, ad esempio in un ambiente sempre pi variabile nel comparto del settore automobilistico il
modello Toyota rispetto al modello funzionale Taylorista/Fordista; b) lo sviluppo dellimpresa comporta
la moltiplicazione dei livelli gerarchici allinterno di ciascuna funzione e rende quindi pi difficile il
coordinamento tra le funzioni stesse; c) Il controllo dei costi ostacolato dal fatto che una stessa
funzione a pi prestazioni ad esempio marketing del prodotto A del prodotto B del prodotto C ecc.a ed
pertanto difficile determinare i risultati; d) I manager che maturano la loro esperienza in solo campo e
sono inevitabilmente portati a giudicare la propria funzione come la pi importante conservando questo
preconcetto anche quando raggiungono i livelli pi elevati dellorganizzazione.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER
PRODOTTO
E' composta dal raggruppamento in una sola
divisione di tutte le operazioni di produzione, di
vendita, finanziarie, riguardanti un determinato
prodotto. Questa struttura organizzativa si
riscontra principalmente nelle imprese industriali
di grosse dimensioni ma anche nelle banche e
nelle imprese di distribuzione. Al vertice
dellorganizzazione, si trova di solito una
holding, mentre si collocano in posizione di staff
gli esperti delle funzioni fondamentali come la
produzione, la finanza o il marketing. Dalla
amministrazione della holding dipendono poi, in
posizione di line, le divisioni prodotto al cui
interno si ripresentano le funzioni fondamentali
elencate precedentemente, fatta eccezione per il
settore della finanza, del personale e della ricerca
e sviluppo, la cui direzione in genere di esclusiva competenza dello staff centrale. Ogni divisione
prodotto corrisponde ad una unit organizzativa, spesso corrispondente a una spa, controllata dallunit
di holding. Al fine di poter realizzare questa tipologia di struttura necessario che tra i vari prodotti o
gruppi di prodotti ci sia una certa autonomia per quanto concerne le attrezzature di produzione, le
operazioni di vendita e di controllo.
I vantaggi di questa struttura sono numerosi, innanzitutto, ponendo in primo piano i prodotti al posto
delle funzioni si agevola la diversificazione, ricondurre sotto la responsabilit un solo manager la
produzione la vendita e lo sviluppo di un gruppo di prodotti agevola la flessibilit di tutta la struttura
organizzativa evitando temporanee recessioni nei mercati di un prodotto o di + prodotti che possono
rallentare il ritmo di sviluppo di tutta limpresa.

In fine, lo stretto coordinamento al quale tutte le operazioni riguardanti il prodotto sono sottoposte,
genera la possibilit di misurare i risultati di ciascuna divisione e di confrontarli con quelli ottenuti dalle
altre divisioni.
Si possono riscontrare anche alcuni svantaggi. In questa struttura infatti pu determinarsi la tendenza di
una divisione a prevalere sulle altre, inoltre possono generarsi conflitti tra lo staff centrale collegato
allamministrazione generale e lo staff delle singole divisioni.
STRUTTURA DIVISIONALE PER AREA GEOGRAFICA
Questa tipologia di struttura viene spesso adottata
quando ci troviamo di fronte a impianti e
mercati di vendita distribuiti su territori molto
vasti e quando limpresa specializzata
principalmente nella produzione di o prodotti di
una singola tipologia o comunque con
caratteristiche molto simili tra loro. In questa
struttura ogni divisione geografica corrisponde ad
una unit organizzativa decentrata, generalmente
una societ azioni controllata in ogni caso
direzione di una holding centrale.
Questa struttura viene spesso adottata dalle
banche, dalle imprese di assicurazioni, dalle
imprese telefoniche e dalle imprese petrolifere
che appunto hanno un limitato portafoglio servizi
spesso poco differenziati tra loro. Come per la
struttura per prodotti, anche in questo caso la funzione finanziaria, del personale e di R&S sono gestite
preferibilmente dallo staff centrale e raramente vengono dislocate per il territorio. Spesso la divisione
per area geografica articolata unicamente rispetto ad una funzione, ad esempio le vendite o gli acquisti,
e non si presenta quindi il problema se convenga mantenere al centro alcune funzioni piuttosto che altre.
Anche in questa struttura possiamo riscontrare dei vantaggi, in questo caso, la direzione a contatto con
tutte le unit operative dellarea, generando comunicazioni pi rapide e analisi pi efficienti.
Abbiamo inoltre una riduzione costi trasporto, una maggiore efficienza della distribuzione, nonch
la possibilit di adattare i prodotti alle esigenze locali e interpretare pi rapidamente il cambiamento dei
gusti dei consumatori.
In questa struttura i managers hanno la possibilit di fare esperienza su una pluralit di funzioni diverse
ricreando i vantaggi e latmosfera delle imprese di medie dimensioni.
Questa struttura per adottabile solo in presenza di prodotti o servizi di un solo tipo o molto simili, in
caso di aziende con un ampio portafoglio prodotti, con una ampia differenziazione tra loro, questa
struttura spesso sconsigliata e si
preferisce utilizzare altre strutture.
STRUTTURA DIVISIONALE
COMPOSITA
Per beneficiare dei vantaggi di ciascuna
forma, le imprese adottano infatti
strutture composite che impiegano
contemporaneamente le varie alternative.
La pi frequente fra queste strutture
complesse quella che porta al primo
livello, listituzione di divisioni articolate
per funzioni, al secondo livello, divisioni
per prodotto collocate in posizione di
line rispetto alla funzione della

produzione (posta al primo livello) e le divisioni per territorio pure in posizione di line rispetto al
marketing (posta anchessa al primo livello).

STRUTTURA A MATRICE
La struttura a matrice, viene detta anche struttura
divisionale a griglia. In questa particolare
tipologia di struttura si affidano determinate
responsabilit funzionali a precisi manager per
lallocazione delle risorse a ciascun progetto,
mentre dallaltro lato si affida ad altri managers
le responsabilit della conduzione e dei risultati
dei singoli progetti. La struttura genera cos
responsabili distinti per funzioni e per progetti,
che intrecciando appunto le loro competenze e
responsabilit creano appunto il caratteristico
reticolato.
La struttura a matrice dunque formata da linee
orizzontali di autorit e da linee verticali che
generano appunto delle intersezioni, ad ogni
intersezione troviamo un responsabile delle
decisioni finanziarie, produttive e di marketing, relative a ciascun progetto. Tutti i progetti sono
deliberati dal Consiglio dAmministrazione e controllati da una direzione generale che gestiscono la loro
redditivit. Grazie alla struttura a matrice risulta alquanto facile risolvere conflitti a livello basso senza
spingerli costantemente verso lalta direzione, ottenendo cos una risposta pi efficiente in quanto chi
deve decidere conosce esattamente i termini del problema che si presentato.
In questa struttura non necessario attendere che qualcuno prenda una decisione in una fascia pi alta
della gerarchia e quindi la decisione e la soluzione dei conflitti pu risultare molto pi rapida.
Questa struttura per presenta degli svantaggi, risulta infatti difficile da realizzare a livello pratico,
genera conflitti tra le varie intersenzioni delle linee, spesso inoltre risulta difficile definire con chiarezza
la posizione all'interno dell'organizzazione di ogni singolo manager impiegato nella struttura.
Nella struttura a matrice stato inoltre riscontrato come coloro che hanno maggiore capacit o potere
negoziale nella composizione dei conflitti finiscono per prevalere sugli altri organi e se questi
appartengono alla stessa funzione o allo stesso indirizzo la matrice potrebbe lentamente muoversi nella
direzione dei pi influenti abbandonando cos limpostazione originale di certo molto pi efficiente.
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELLIMPRESA MULTINAZIONALE:
La struttura divisionale la struttura pi adatta a quelle aziende che operano nei mercati stranieri dove in
molti casi, ha operato gi dalla sua costituzione, in questi casi, spesso si assiste alla creazione di
un'apposita divisione specializzata, denominata international division. In questa tipologia di struttura
facile comunque riscontrare delle problematiche, si pu verificare infatti che gli specialisti di marketing
internazionale non sono in grado di seguire contemporaneamente lo sviluppo di tutti i prodotti su tutti i
mercati del mondo, oppure che le divisioni che operano sul territorio nazionale e la divisione
internazionale diventino rivali, impedendo di conseguenza lo sviluppo di una visione globale della
convenienza a produrre su un territorio piuttosto che in un altro, o a vendere in questo o in quel mercato.
Lesperienza delle grandi imprese dimostra che la international division rappresenta il primo stadio di
unevoluzione verso una forma finale di struttura organizzativa che per ora non risulta ancora ben
definita. Allimpresa operante su settore internazionale si presentano cinque diverse alternative.

L'impresa potrebbe inserire la divisione internazionale su una struttura di tipo plurifunzionale oppure su
una struttura di tipo multidivisionale, si potrebbe modificare la struttura della divisione prodotti
allargandone le responsabilit fino a comprendere tutti i mercati internazionali e ponendo in posizione di
staff consulenti per ogni area geografica.
L'impresa potrebbe costituire grandi unit regionali autonome comprendenti sia gli stabilimenti di
produzione sia le reti di distribuzione e porre in posizione di staff i consulenti per ciascun prodotto.
In fine si potrebbe adottare una struttura mista consistente nelle combinazione delle due forme
precedenti, l'area geografica e l'area di prodotto oppure impiegare una struttura reticolare del tipo a
matrice.
Relativamente al modello di impresa multinazionale, possiamo individuare alcune alternative
strutturali, innanzitutto abbiamo la divisione internazionale, la modifica della struttura di divisione
prodotti, le divisioni per area geografica, e la struttura mista e reticolare.
DIVISIONE INTERNAZIONALE
Si parla di divisione internazionale quando le attivit di produzione, distribuzione e ricerca che si
svolgono allestero in societ affiliate sono alle dipendenze di un dirigente che risponde dei profitti
conseguiti dalle suddette imprese.
Ai dirigenti delle affiliate vengono assegnate responsabilit operative, mentre alla direzione della
divisione internazionale competono il coordinamento delle intere attivit internazionali, la consulenza
alle affiliate e in molti casi, il coordinamento fra le attivit internazionali e nazionali.
Lattivit della divisione internazionale particolarmente importante quando occorre coordinare
lintegrazione tra le parti di prodotto fabbricate sul territorio nazionale e altre parti che invece vengono
fabbricate da aziende sussidiarie dislocate allestero.
Con la divisione internazionale in pratica limpresa multinazionale conserva il suo carattere di impresa
orientata verso i mercati nazionali o verso i mercati internazionali, come l'unione europea o gli usa,
un'impresa che punta anzitutto a difendersi dalla concorrenza sui mercati tradizionali.
Questa struttura comunque presenta alcuni svantaggi, infatti spesso concentra su poche persone, il capo
e il suo staff, tutto il peso delle operazioni internazionali. La divisione internazionale nella struttura
multidivisionale una fra le tante divisioni dellimpresa e quindi nellallocazione delle risorse tra le
varie prospettive di sviluppo si trova in posizione di svantaggio rispetto alle divisioni nazionali che
possono coalizzarsi contro.
Lalta direzione sempre portata ad anteporre gli interessi delle divisioni nazionali alle strategie di
sviluppo su base internazionale
Per le imprese ad alto grado di diversificazione, ladozione della international division comporta minori
capacit ad assumere una visione globale nellutilizzare le risorse poich la divisione internazionale
confina i problemi di sviluppo internazionale in un settore limitato dellorganizzazazione.
Inoltre si possono creare conflitti con la divisione prodotti, in quanto nella divisione internazionale
operano persone valutate sulla base del successo raggiunto dallimpresa sui mercati internazionali,
mentre nella divisione prodotti operano persone che hanno scarso interesse per le suddette operazioni
internazionali, inoltre il trasferimento di produzione allestero riguarda in genere i prodotti con forte
mercato, in questo caso oltre a perdere i vantaggi derivanti dalla cessione di prodotti con alti margini di
guadagno, la divisione prodotti costretta ad inventarsi nuove alternative per ristabilire i volumi di
vendita precedenti.
Questi conflitti si intensificano specie quando non esiste un interscambio di personale tra la divisione
prodotti e la divisione internazionale.
Se le operazioni internazionali comportano il trasferimento di semilavorati o di assistenza tecnica dalle
divisioni nazionali alle subsidiares allestero, quelli della divisione internazionale si troveranno in
difficolt poich non hanno ne sufficiente dimestichezza con le tecniche adottate di recente, ne hanno
sufficiente grado di controllo sui transfer prices.
LA DIVISIONE PRODOTTI
Nella divisione prodotti si affida la responsabilit globale dello sviluppo di un portafoglio di prodotti ad
un solo dirigente in posizione di line, mentre in posizione di staff troveremo ad operare specialisti ed

esperti di operazioni internazionali i quali avranno il compito si proporre nuove alternative di sviluppo
sia al top management che alle divisioni. Ogni raggruppamento di prodotto costituisce un profit center.
Questa struttura si adatta alle imprese che operano con una gamma di prodotti molto diversificata
allestero, a quelle che producono su commissione e a quelle che richiedono un'alta specializzazione
nella vendita o nella distribuzione.
I vantaggi della divisione prodotti per limpresa multinazionale consistono innanzitutto nella
pianificazione, ogni divisione infatti, con la consulenza degli organi di staff operanti a livello di top
management, elabora i piani di sviluppo concernenti i prodotti, permettendo cos allalta direzione di
valutare i piani di sviluppo del portafoglio in una prospettiva globale sia nazionale che internazionale.
La divisione prodotti per pu presentare degli svantaggi, infatti i canali di comunicazione tra lalta
direzione e le affiliate allestero passano necessariamente attraverso i product manager che pu
richiedere tanti manager con esperienza internazionale quanti sono i raggruppamenti di prodotto.
LE DIVISIONI PER AREA GEOGRAFICA:
Nelle divisioni per area geografica, troviamo la presenza di un solo responsabile per ogni area
geografica che risponde a livello di alta direzione per tutte le operazioni di produzione, di vendita e di
R&S per tutti i prodotti fabbricati, montati o esportati nella stessa area. I capi delle varie divisioni
geografiche sono collocati allo stesso livello gerarchico tra di loro e ciascuna divisione geografica
costituisce un profit center.
Di solito riscontriamo questo tipo di struttura nelle imprese multinazionali con prodotti a bassa densit
di ricerca e sviluppo con una modesta differenziazione dei prodotti.
Nella sequenza del passaggio dalla divisione internazionale, alla fase successiva queste imprese
penetrano in un primo tempo allestero con una variet limitata di prodotti e dopo espandono la loro
produzione, inserendo una vasta gamma di prodotti.
Se questi prodotti si possono considerare abbastanza omogenei, la ripartizione geografica deve tener
conto delle quote di prodotti collocate sui mercati internazionali, se invece i prodotti sono tra loro
fortemente differenziati o necessario che subiscano notevoli adattamenti, in questo caso allora la
ripartizione geografica mirer ad assegnare a ciascuna area una relativa autonomia di produzione e di
vendita.
L'ampliamento del portafoglio prodotti nei paesi stranieri non viene effettuata fino a quando il processo
di fabbricazione non ha raggiunto un certo grado di standardizzazione, se il processo risulta
standardizzato vuol dire che anche altre imprese concorrenti sono in grado di realizzarlo, in questi casi la
concorrenza di baser principalmente sul prezzo e sulla distribuzione, in questo caso si rileva di
fondamentale importanza una adeguata funzione di marketing.
Bisogna per ricordare come questa struttura non realizzabile quando lattivit internazionale
comporta il trasferimento da unarea allaltra di tecnologie di produzione, oppure quando la vendita
comporta operazioni altamente specializzate, oppure quando sono richiesti numerosi e sostanziosi
adattamenti del prodotto. Questa struttura pu comunque generare importanti vantaggi a quelle imprese
che producono principalmente prodotti standardizzati.
IL RAPPORTO TRA STRATEGIA AZIENDALE E STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Il concetto di strategia riguarda principalmente la relazione fra impresa e ambiente. La strategia allo
stesso tempo il progetto e il corso d'opera che le imprese intendono seguire affinch possano meglio
adattarsi all'ambiente competitivo su cui svolgono la loro attivit. Le decisioni strategiche infatti, sono
principalmente rivolte a risolvere le problematiche esterne, e non alle problematiche interne
dell'impresa. Secondo Ansoff queste decisioni riguardano ad esempio la scelta del mix dei prodotti che
l'impresa decider di produrre o la scelta del mercato su cui questi prodotti saranno venduti. La
struttura invece considerata il fondamento dell'intero sistema aziendale, nella struttura infatti si
inseriscono la gerarchia aziendale e l'intero processo decisionale aziendale. La struttura infatti un
investimento fondamentale, programmato in via consapevole e controllato in funzione di una precisa
strategia di adattamento che rapporta l'azienda all'ambiente competitivo esterno. Il rapporto tra questi
due elementi viene analizzato da due differenti scuole di pensiero, secondo la prima, sostenuta da
studiosi del calibro di Chandler, Scott e Channon, la struttura che agisce, si modifica e si migliora
seguendo la strategia scelta dagli organi di vertice, mentre nella seconda ipotesi, sostenuta da Hall, Saias

e Fredrickson, la strategia che muta e si adatta alla conformazione della struttura. In ogni caso queste
due differenti scuole di pensiero, concordano sul fatto che importante trovare un punto di
intersecazione o di incontro tra queste due variabili, che in questo caso prende il nome di fit, risulta
infatti importante la presenza di un allineamento, di un legame, una simmetricit fra il tipo di strategia
scelta e il tipo di struttura organizzativa implementata, al fine di evitare l'inefficienza o l'uscita dal
mercato competitivo.
METODO DI CHANDLER
Il metodo che stato inaugurato da Alfred Chandler per lanalisi dellevoluzione del rapporto tra
strategia e struttura il punto di riferimento principale allinterno degli studi che trattano questa
tematica. Decisivi, in proposito, sono stati riconoscimenti pervenuti a Chandler da teorici come Nelsen e
Winter e sopratutto David Teece, il quale ha riconosciuto ad Chandler il merito di avere dimostrato con
metodo storico, nellevolvere secolare delle grandi aziende americane, che sono le organizzazioni di
impresa a dare impronta ai mercati e non viceversa e che esiste una relazione inequivoca tra
cambiamenti nel modo in cui le imprese cambiano strategia e il modo in cui le stesse imprese cambiano
la loro intera organizzazione.
Notevoli sviluppi dellanalisi di tipo chandleriano si sono avuti anche in Europa e in Italia, dove la
ricerca sul campo e dall'interno delle imprese ha in parte confermato la tesi sul nesso tra
cambiamento della strategia e cambiamento della struttura organizzativa, in altri casi ha completato la
predetta tesi, rivedendola anche in modo critico
Da unanalisi comparativa di quattro casi aziendali, rapportandoli allevoluzione che, nel tempo, hanno
subito le maggiori imprese americane a met degli anni 50, vengono approfonditi i profili storici di
quattro grandi imprese americane, tra cui la General Motors e la Standard oil e venne rilevata lesistenza
di una correlazione positiva tra adozione di una particolare strategia e adozione di una ben
precisa struttura organizzativa.
I dati raccolti da questa storia americana lunga mezzo secolo ha portato Chandler ad affermare che la
struttura segue la strategia e che il tipo pi complesso di struttura (quello multidivisionale) il risultato
della concatenazione di diverse fondamentali tappe inerenti a una imponente evoluzione aziendale.
Secondo Chandler sarebbero quattro le fasi principali di questa evoluzione aziendale
Nascita e avvio dellimpresa, con crescita per espansione degli affari su scala locale; tale forma di
crescita conduce, a livello di struttura organizzativa, alla creazione di un ufficio amministrativo per
gestire la produzione e la vendita in unarea di mercato delimitata territorialmente.
Crescita aziendale per dispersione geografica degli affari, degli stabilimenti e degli uffici, il che
necessita di una direzione centrale per amministrare le diverse unit operanti su pi aree, con pi clienti
e/o fornitori.
Crescita per integrazione verticale di pi affari, il che implica: a) la concatenazione di pi processi
produttivi; b) la creazione di una struttura organizzativa interna a dipartimenti, tutti coordinati da un
ufficio amministrativo centrale e un direttore generale.
Sviluppo di nuove linee di prodotto (cio diverse dal core business) e crescita dimensionale su scala
non solo locale e nazionale, ma anche internazionale. Tale scelta strategica conduce alla formazione di
gruppi aziendali dotati di struttura multidivisionale. Tale forma organizzativa sar da taluni autori
definita MD-form, comprendendo ununit organizzative di vertice, ad esempio: una
holding/capogruppo, e pi unit organizzative alla prima subordinate, che possono anche coincidere con
altrettante aziende di produzione di distinti beni o servizi, controllate dallunit di vertice.
In ogni caso, la MD-form, prevede un'organizzazione apicale che coordina e controlla l'attivit delle
organizzazioni decentrate o divisioni di prodotto o anche divisioni di area geografica, strategicamente
utilizzate ex-ante e vantate ex-post dall'unit controllante, per i risultati economici e finanziari
cui ciascuno perverr.
Chandler, ricorda alla fine del suo studio, che la crescita senza adattamento strutturale pu condurre
allinefficienza economica, cio a un utilizzo
relativamente meno profittevole delle risorse, se non rapido declino e al fallimento dellimpresa.
Il nesso tra cambiamento di strategia e cambiamento di struttura potrebbe definirsi attraverso un
modello a stadi:

Il primo stadio rappresenta l'impresa molto piccola, dove si manifesta un cambiamento strategico che
porta a un'espansione del volume d'affari con una sola funzione operativa emergente.
Il secondo stadio rappresenta l'impresa medio grande, dove riscontriamo una produzione unica, ma con
funzioni differenziate per area funzionale, in questo caso la manifestazione di cambiamento strategico
porta a un espansione sia di volume che delle aree geografiche d'affari, ma all'interno di un unico settore
produttivo.
Nel terzo stadio l'impresa integrata verticalmente, manifesta il suo cambiamento strategico attraverso la
crescita del volume del fatturato di pi attivit produttive in pi settori collegati in modo discendente o
scendente. Si genere una struttura organizzativa a dipartimenti funzionali con unit organizzative
coordinate da una unit centrale.
Il quarto stadio riguarda l'impresa diversificata dove la manifestazione del cambiamento strategico si
verifica attraverso l'aumento del numero delle produzioni e dei rapporti tra il prodotto e il mercato,
correlati tra loro. La struttura organizzativa si impianta su una impresa controllante e pi imprese o
divisioni di prodotto o area geografica dalla prima controllate.
IL CONTRIBUTO DI SCOTT
A partire dalla seconda met del ventesimo secolo, le pressioni competitive relative alla gestione
dell'impresa, spingono le imprese verso la differenziazione del prodotto e verso l'abbandono delle
preferenze per le strategie di sviluppo monosettoriale. Le aziende preferirono puntare invece su pi
settori di attivit economica, in modo da collocare le risorse in maniera sempre pi diversificata.
Levoluzione dellimpresa relativamente alla crescita comprenderebbe tre fondamentali stadi, nel primo
stadio troviamo l'impresa unipersonale caratterizzata da una sola attivit produttiva, strutture
organizzative semplici e uno stile personale di governo. Nel secondo stadio si evidenzia la grande
impresa con integrazione verticale dell'attivit, in questo caso troviamo strutture organizzative
complesse, di tipo funzionale, a dipartimenti, coordinati da una direzione generale e da uno stile
formalizzato di conduzione aziendale.
Il terzo stadio evidenzia un' impresa diversificata caratterizzata da attivit produttive distinte per settore
di attivit economica, strutture organizzative a divisioni di prodotto e/o per area geografica, nonch
una decentralizzazione delle decisioni strategiche a livello decisionale.
Una volta analizzato il modello di Scott, possiamo notare alcune differenze sostanziali tra questo
modello e quello di Chandler.
Per quanto riguarda la struttura organizzativa divisionale Scott sottolinea che la crescita dimensionale
implica una decentralizzazione di decisioni dal livello gerarchico della propriet (shareholder) a distinti
livelli di unit organizzative e di direzione (management), ma tale criterio di amministrazione
aziendale nella realt non sempre condiviso, infatti, possibile anche rilevare un ritorno allassunzione
di modalit di direzione accentrata nello stadio di sviluppo che comprende la crescita per
diversificazione produttiva e ladozione da struttura multidividionale.
- Scott afferma che sbagliato associare l'idea dell'organizzazione per divisioni all'idea della
decentralizzazione delle decisioni di maggior importanza politica. La divisionalizzazione si riferisce alla
scelta di una efficiente tipologia strutturale, la decentralizzazione si riferisce invece al modo politico di
operare allinterno di una data struttura e, quindi, allautonomia strategica da dare alle divisioni.
- Scott trova nelle sue ricerche che lentrata dellimprenditore/soggetto economico in settori diversi con
distinte attivit produttive (3 stadio di sviluppo) non esclude che contemporaneamente in un settore
prescelto, sia data vita a una organizzazione della produzione integrata verticalmente.
Unit aziendali integrate verticalmente convivono, quindi, con unit autonome, distinte per relazioni
prodotto- mercato, dentro ai gruppi diversificati.
- Per Scott la diversificazione un concetto di strategia dalla natura sempre pi finanziaria, rivolta alla
redditivit del sistema di gruppo piuttosto che alla massimizzazione della singola redditivit (nel singolo
business), una strategia orientata verso la crescita e la profittabilit globale, non necessariamente verso
lespansione dei ricavi aziendali in ciascun settore industriale o segmento di mercato particolare. Quanto
pi si avvicina al caso estremo dell'impresa conglomerale, cio diversificata in settori del tutto scorrelati
l'uno dall'altro ad esempio elettronica, distribuzione commerciale,

chimica, tanto pi dell'eterogeneit delle produzioni orienta lalta direzione a seguire la legge saggio di
rendimento dellinvestimento ROI, piuttosto che quella della leadership del prodotto e della massima
penetrazione commerciale a livello business; o la legge del ROE, cio lorientamento
strategico alla massima redditivit a livello di singola divisione.
CHANNON E IL CASO BRITANNICO:
Channon nei suoi studi analizza principalmente levoluzione delle scelte fatte dalle cento maggiori
imprese manifatturiere a cavallo della prima met e della seconda met del secolo XX nel Regno Unito.
Le imprese britanniche in esame si sono evolute seguendo tre distinte categorie strategiche, l'impresa a
prodotto unico, l'impresa a prodotto dominante ma con pi linee di produzione e l'impresa con
produzioni diversificate correlate pi o meno positivamente.
Channon nota come nellimpresa britannica, a differenza del modello americano, non emerge lo stadio
della crescita attraverso l'integrazione verticale, che costituiva l'elemento principale del modello
Chandler-Scott, infatti le imprese britanniche appena integrate verticalmente si sono rapidamente
diversificate sfruttando i prodotti della lavorazione principale.
Channon evidenzia come in Gran Bretagna s infoltita la categoria delle imprese diversificate in
attivit strettamente correlate luna allaltra, sono cadute in numerosit, invece, le imprese ad unico
prodotto, in questo caso rimasto stazionario il gruppo delle imprese con attivit dominante, quindi la
multidivisionalizzazione non sembra del tutto specifica delle imprese diversificate.
Viene confermata la legge Chandleriana, secondo cui la struttura segue una strategia, ma emerge altres
il dato della gradualit dei mutamenti e delle difficolt dei passaggi da una categoria strategica allaltra,
nonch da una forma organizzativa allaltra.
La separazione delle attivit svolte dalla holding rispetto alle attivit svolte dalle divisioni rappresenta
un primo momento di superamento della struttura interna monolitica e differenziata per aree funzionali.
Al pari di Scott, anche Channon nota, per che la forte influenza della holding sulle divisioni sottrae
autonomia alle stesse unit e che le imprese controllate da nuclei famigliari resistono alla
diversificazione e alla divisionalizzazione.
Channon conclude affermando che il sorgere dellimpresa diversificata, necessariamente manageriale
almeno a livello divisionale, rappresenta un momento di rottura con la specie dellimpresa dominata da
un immutabile soggetto economico.
CONCLUSIONE: Gli studi di Scott e Channon sono importanti perch hanno fatto emergere le
contraddizioni del nesso chandleriano tra strategia e struttura, dimostrando che esistono elementi di
vischiosit e resistenze nel passaggio da una strategia e da una scelta organizzativa allaltra, per cui ci
vuole molta partecipazione di capi e subordinati.
E cruciale il modo in cui gestita la transazione da uno stadio di sviluppo allaltro soprattutto nella
scelta delle pi opportune soluzioni organizzative.
Ci sono inoltre evidenti limiti nellautonomia strategica delle divisioni nei gruppi diversificati che fanno
crescere la tendenza a ricentralizzare nella holding blocchi di decisioni originariamente decentrate a
livello divisionale.
E diffuso linstaurarsi di ibridi organizzativi, cio soluzioni strutturali compromissorie tra vecchio e
nuovo, anche nelle imprese diversificate.
Concludendo, il cambiamento in impresa incontra spesso resistenze e si svolge in modo lento, talvolta
contraddittorio, conservando tradizioni amministrative radicate nel passato e comportamenti personali
inadatti alla novit della situazione ambientale.
ORGANIZZAZIONE PER LINNOVAZIONE E RAPPORTI TRA IMPRESE
LA COOPERAZIONE TRA IMPRESE
La rete di impresa generata dalla cooperazione, due o pi imprese indipendenti si dicono in
cooperazione quando assolvono a tre finalit principali, innanzitutto quando hanno un obiettivo comune
da raggiungere e quando condividono l'utilizzo di risorse anche diverse, ma complementari. La
cooperazione ha molte finalit che spingono le imprese a cooperare in vista di un obiettivo comune, le
finalit maggiormente riscontrate sono la ricerca dell'innovazione del prodotto in maniera congiunta, al
fine di limitare i costi, ricercare le risorse e le competenze necessarie allo sviluppo, attraverso la
combinazione di competenze distinte e autonome, nonch una gestione della complessit ambientale di

riferimento, in questo caso la cooperazione funge da strumento utile a combattere la complessit


dell'ambiente. In base alla natura della cooperazione distinguiamo diverse correlazioni, innanzitutto
nella cooperazione associata al concetto di specializzazione, troviamo una cooperazione a monte, dove a
cooperare sono ad esempio un'impresa e un fornitore, oppure possiamo avere una cooperazione a valle,
dove a cooperare sono l'impresa e il cliente. La cooperazione si dice laterale quando a cooperare sono
pi imprese concorrenti, sia diretti che indiretti. Un'altra possibile classificazione della natura della
cooperazione la cooperazione simmetrica e asimmetrica. La cooperazione simmetrica prevede un pari
potere negoziale di influenza da parte delle imprese, pu anche fare riferimento all'apporto concreto che
le organizzazioni mettono a disposizione della cooperazione stessa. La cooperazione asimmetrica invece
una cooperazione in cui gli sforzi sia tangibili sia intangibili delle imprese non sono bilanciati.
Un altra ulteriore forma di cooperazione quella che si basa sulla presenza di un accordo formale o
informale. La cooperazione infatti pu essere formalizzata in un accordo scritto o pu essere informale.
Nella prima ipotesi la cooperazione pu essere ulteriormente divisa in cooperazione equity e non equity.
La cooperazione equity prevede uno scambio di partecipazioni mentre la cooperazione non equity non
prevede scambio di partecipazioni. In ogni caso, essendo la cooperazione basata su un accordo, la
cooperazione reciproca con altre aziende limita i poteri di iniziativa di entrambe.
LE RETI DI IMPRESE
Le reti di imprese costituiscono una forma di cooperazione in cui i rapporti di cooperazione sono
durevoli e coordinati. Il concetto di forma a rete si presta a molteplici definizioni. Per autori come
Williamson, la rete consiste in una forma ibrida tra mercato e gerarchia, altri sostengono che la rete
una forma alternativa a mercato e gerarchia. Alcuni, studiosi come Grandori e Perrone sostengono che la
rete sia una forma organizzativa di coordinamento tra imprese che utilizza meccanismi di governance,
che vanno oltre il mercato e la gerarchia.
La rete presenta tre fondamentali
caratteristiche, innanzitutto la
pluralit dei soggetti, infatti si ha
una rete al momento in cui si
hanno due o pi imprese che
decidono di cooperare, nella rete
inoltre necessaria una relativa
stabilit delle transazioni, nonch
una strutturazione dello scambio,
cio una sorta di ordine e
divisione del lavoro tra le
imprese.
La rappresentazione della rete
viene spesso effettuata attraverso
dei cerchi, che rappresentano
l'imprese che decidono di
cooperare, uniti da frecce che
evidenziano una durevole e
stabile relazione, la dimensione dei nodi e dei pallini sta a indicare e individuare il grado di simmetricita
o asimmetricit della relazione. La rete caratterizzata dai seguenti elementi, innanzitutto
dall'autonomia formale delle aziende partecipanti, in quanto le aziende che fanno parte della rete sono
giuridicamente e economicamente autonome. LE relazioni che legano queste aziende sono multiple
intense e ripetute nel tempo e significative per le imprese che le attualizzano. Nelle reti si d particolare
rilevanza alla dimensione sociale-interpersonale che si sovrappone alla semplice relazione economica, si
crea inoltre una convivenza di simmetricit e di asimmetricit dei nodi, che possono essere differenti tra
loro e che hanno spesso caratteristiche differenti tra loro. Si instaura tra le imprese in rete una modalit
di coordinamento basata sull'aggiustamento reciproco al fine di regolare automaticamente i conflitti che
si instaurano.

Affinch una rete sia stabile e significativa, necessaria una legittimazione reciproca delle imprese che
vi prendono parte, nonch una compresenza di stabilit e rotazione, la rete infatti anche se stabile nei
suoi confini, pu prevedere una rotazione continua dei nodi che la costituiscono.
LA RETE GUIDATA
Per rete guidata si intende una rete caratterizzata dal fatto di essere creata per iniziativa di un'impresa
centrale, in questo caso la rete non formalmente gerarchica ma presenta degli elementi di potere e di
influenza dell'impresa centrale, questa influenza prende anche il nome di gerarchia invisibile.
L'impresa centrale caratterizzata da un numero maggiore di relazioni rispetto ad altri nodi, proprio
perch essendo centrale instaura relazioni durature e stabili con tutti gli altri nodi della rete, inoltre
l'impresa centrale attiva meccanismi di selezione, influenza e creazione di condizioni per le interazioni
diffuse. Esistono tre tipologie di reti guidate, la rete in cui presente un'impresa guida, e una rete in cui
troviamo un'impresa coordinatrice e la rete di mercato. Per quanto riguarda la prima ipotesi essa viene
generata attraverso uno sforzo endogeno, in questo caso alcuni processi riguardanti la divisione del
lavoro tra le imprese consentono di apprezzare la dimensione evolutiva degli assetti relazionali per
l'organizzazione dei contributi innovativi. Questa prima situazione individuabile nella tendenza delle
imprese a rinunciare a un processo innovativo esclusivamente endogeno, il processo innovativo infatti
sorge per volont dell'impresa centrale la quale ne coordina poi il suo svolgimento. L'impresa centrale
funge da fulcro dell'organizzazione a reti ed proprietaria di competenze chiave, mentre le imprese
minori, inserite in un'apposita architettura, dipendono dalle decisioni dell'impresa centrale. Il flusso
informativo tra le imprese risulta spesso bidirezionale, ma pu anche essere asimmetrico. Inoltre
attraverso apposite manovre strategiche, si otterr tra l'impresa centrale e le altre imprese una
gerarchizzazione delle relazioni che in origine risultavano destrutturate. Questa tipologia di rete si
affianca principalmente ai distretti industriali che si basano sul concetto di fiducia e alle multinazionali.
La rete pu anche essere caratterizzata dalla presenza di un'impresa coordinatrice, in questo caso il
ruolo di iniziativa e di leadership non esercitato da un'impresa che viene eletta o riconosciuta per
capacit superiori, ma viene governata da un'impresa che nonostante non eserciti una leadership potente
e sistematica, funge da coordinatore degli sforzi di tutti gli altri nodi. La gerarchia invisibile creata da
quest'impresa meno potente rispetto a quella generata dall'impresa centrale in quanto basa la sua
attivit principalmente sul coordinamento senza limitare l'autonomia decisionale delle imprese membro.
Questa architettura pu essere lo stadio finale di un processo che ha portato l'impresa centrale a
modificare il proprio insieme relazionale, inizialmente strutturando le periferie attraverso un ruolo di
guida e successivamente, interpretando un ruolo pi soft, di coordinamento per l'appunto, generando una
diminuzione del livello di gerarchizzazione dell'intero sistema.
La rete di mercato una strutturazione promossa da imprese nodali dove non emerge un ruolo di guida
o di coordinamento, si notano infatti azioni autonome da parte delle imprese fornitrici che possono dar
luogo a formule pi complesse finalizzate alla fornitura di un prodotto o di un servizio completo e
finalizzata a entrare nel circuito relazionale di un'impresa maggiore o di un committente significativo.
La rete di mercato inoltre si forma spontaneamente e si autoregola nel suo andamento, le transazioni che
si verificano seguono le stesse leggi che si riscontrano nel sistema dei prezzi. In questa forma reticolare
le attivit sono caratterizzate da libert di entrata e uscita dal gruppo, dall'automatismo contrattuale e
dall'affidabilit dei comportamenti individuali.
La rete di mercato di distingue per lo scambio di informazioni, unitamente alle relazioni di business per
la mobilit delle risorse umane e per la fiducia e solidariet interpersonale, elementi che distinguono
questa struttura dalla gerarchia e dal mercato in senso stretto.
IL DISTRETTO INDUSTRIALE
Il distretto industriale una particolare rete d'impresa che ha la caratteristica di essere localizzata in
un'unica area territoriale o che territorialmente circoscritta. Si presenta quindi come l'agglomerazione
in un'area geografica limitata di un numero molto elevato di imprese che operano all'interno di una
stessa filiera produttiva. Il distretto industriale rappresenta un aspetto caratteristico del percorso di
sviluppo di molte aree del nostro paese ed per questo che diventato un elemento importante anche
nelle scelte di politica industriale.
MARSHALL

Tra i principali fautori del concetto di distretto industriale abbiamo inannazitutto Marshall il quale
analizzando alcune realt industriali inglesi, ha delineato quali sono le caratteristiche tipiche del distretto
industriale. Innanzitutto necessaria la presenza di numerose imprese di modesta dimensione unitaria,
raggruppate nello stesso ambito geografico, inoltre, importante la presenza di economie di scala, che
possono essere verticali, laterali o diagonali. Le economie di scala si dicono verticali quando si tratta di
fasi differenti di uno stesso processo produttivo, le economie di scala laterali si hanno quando si opera
nella stessa fase di processi simili di lavorazione, mentre le economie diagonali si hanno quando si tratta
di attivit di servizio per le industrie del distretto. Il distretto industriale inoltre caratterizzato da
economie generali e economie specifiche. Le economie generali sono esterne all'impresa ma interne al
distretto, le cosiddette economie di agglomerazione, mentre le economie specifiche sono quelle esterne
all'impresa ma interne al settore industriale su cui operano, la cosiddetta atmosfera industriale, che
favorisce la circolazione delle informazioni e l'apprendimento di tecniche di produzione e formazione.
Nei distretti riscontriamo le relazioni economiche da una parte, caratterizzate dalla competitivit e
dallaltra i principi cooperativi e di fiducia reciproca. Questa appartenenza alla stessa comunit socioeconomica secondo Dei Ottati una caratteristica decisiva per lefficacia del distretto industriale, utile a
ridurre i costi economici di reperimento delle informazioni, a ridurre il rischio di opportunismo e
permette una continua ricollocazione della forza lavoro specializzata.
La regolazione socio-economica scoraggia e sanziona comportamenti opportunistici, permette una
riduzione dei costi di transazione e permettono di modificare con notevole flessibilit lassetto
organizzativo. La cooperazione un concetto pi ampio rispetto alla sola veduta economica, infatti
l'interazione degli elementi sopra citati genera quella che viene definita identit collettiva, o marca
virtuale.
Ai meccanismi naturali va aggiunta lazione regolatrice delle associazioni di categoria e delle autorit
economiche locali, che agevolano la stipulazione degli accordi ovviandoli ad eventuali asimmetrie
informative e fungono da arbitro fra i diversi interessi.
BECATTINI
Il modello distrettuale diventa una valida alternativa alla grande impresa integrata, Becattini giunge ad
una distinzione tra il concetto di distretto industriale marshialliano e distretto industriale.
Il distretto industriale marshalliano infatti costituito da una popolazione di piccole e medie imprese
indipendenti, orientate da un gruppo di imprenditori puri, mentre il distretto industriale consiste in
unentit socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva in unarea territorialmente circoscritta
di una comunit di persone e di imprese industriali.
Distretto industriale di Becattini si fonda sulla compresenza ed interazione di una notevole schiera di
piccole imprese, in un ambito territoriale delimitato a elevata specializzazione, inoltre rappresenta una
peculiare tipologia della struttura e delle relazioni che sono un retaggio della storia della comunit locale
stessa.
PORTER
Porter apr una nuova prospettiva di analisi della tematica distrettuale. Nei suoi studi rilev la presenza
di piccole concentrazioni territoriali di piccole imprese che conquistarono il vantaggio competitivo in
settori manifatturieri tradizionali malgrado liniziale superiorit tecnologica delle grandi imprese e i
bassi costi della manodopera di taluni concorrenti. Da qui Porter affin il concetto di cluster di imprese,
fino a renderlo molto vicino a quello di distretto industriale marshalliano.
LIMPRESA DISTRETTUALE
A differenza del distretto industriale, l'impresa distrettuale risulta profondamente segnata dal nascere e
dal vivere in un particolare contesto reticolare. Latmosfera distrettuale caratterizzata dalla dimensione
dell'impresa distrettuale e dal carattere differenziato delle forme strutturali, inoltre si riscontra un
soggetto imprenditoriale dai connotati socio-culturali definiti e con uninfluenza determinante sulla vita
aziendale. In questo ambito troviamo numerose piccole e piccolissime imprese che convivono con le
imprese distrettuali pi grandi e che spesso assumono il ruolo di capofila o impresa-guida.
La struttura industriale dei distretti presenta una caratteristica differente anche solo per ragioni
tecniche in quanto le imprese svolgono fasi differenti di uno stesso processo produttivo, cui si

aggiungono differenze legate alla traiettoria di sviluppo perseguita, al ruolo ricoperto nella divisione del
lavoro distrettuale e alle formule imprenditoriali e competitive.
All'interno dell'impresa distrettuale ritroviamo la figura dellimprenditore distrettuale che ha
storicamente gestito la costruzione di reti ed ha grandi capacit di essere nodi di reti interpersonali.
DINAMICHE COMPETITIVE ED EVOLUTIVE DELLE FORME ORGANIZZATIVE:
A partire anni 80 molti distretti hanno manifestato situazioni di crescita rallentata non imputabili
esclusivamente ad andamenti di settore, ma anche a fattori endogeni, come il ritardo nell'introduzione di
nuove tecnologie, la fragilit dei sistemi di marketing e commercializzazione, ma anche la difficolt di
migliorare le capacit di competizione nelle funzioni di supporto come il design, ricerca tecnologica,
distribuzione, e logistica. Si sono riscontrante anche difficolt nel controllo di fattori chiave come la
qualit del prodotto e servizi alla clientela, nonch un aggravamento della crisi riscontrabile
nellesigenza di assumere dimensione media aziendale maggiore e la convinzione distorta che un
distretto goda sempre e comunque di una rendita di posizione che lo preservi da turbolenze esterne.
A fronte delle mutate condizioni della competizione internazionale il carattere tradizionalmente chiuso
del distretto emerso come un limite da superare.
La rete aperta rappresenta quindi il superamento della configurazione di distretto industriale
marshalliano, in questo caso si riscontra infatti la tendenza ad un ricentraggio sulla singola impresa e
sulle sue condotte strategiche come motore principale della competitivit del sistema locale.
E' necessaria una Riarticolazione dei rapporti che configura architetture organizzative molto diverse
tra loro. Ulteriore elemento l'Internazionalizzazione dei distretti sia per quanto riguarda il
procacciamento delle risorse, come conoscenze, competenze e cooperazioni, sia per quanto riguarda il
mercato di sblocco dei prodotti.
CICLO DI VITA DEL DISTRETTO
Tutte queste trasformazioni possono essere interpretate come ciclo di vita del distretto che si articola
dallepoca della formazione, relativa alla specializzazione di prodotto o di una fase produttiva, a quella
di sviluppo, relativa all'area sistema integrata, ed infine alla maturit nelle sue molteplici manifestazioni.
Lavvio di un sistema produttivo locale inteso cm ispessimento localizzato di imprese contraddistinto
dalla specializzazione di prodotto o di fase, pu avvenire in seguito a processi di decentramento
produttivo da parte di grandi imprese alla ricerca di flessibilit o in seguito allo sviluppo ulteriore di un
preesistente tessuto produttivo artigianale specializzato. Si riscontra in questa fase un'elevata
parcellizzazione del processo produttivo e un'elevata specializzazione tecnica, nonch un forte
individualismo.
Nel secondo momento, quello dellarea sistema integrata, il modello di sviluppo del distretto di tipo
endogeno basato sullutilizzo di risorse locali e sul consolidamento del modello di specializzazione. Si
sviluppa inoltre un sistema di interrelazioni sia a monte che a valle della catena produttiva.
Nella fase della maturit si manifesta il consolidamento dei vantaggi competitivi, al contempo
emergono elementi di erosione della formula organizzativa tradizionale del distretto, seguono 3 possibili
strategie.
Nella delocalizzazione si assiste allo spostamento degli impianti del processo produttivo in aree esterne
al distretto, la finalit della strategia quella di insediarsi in aree a basso costo di lavoro. Questa
strategia risulta efficace per le lavorazioni che non richiedono un know-how specialistico, caratterizzate
da unelevata incidenza del costo del lavoro. In questa situazione, le imprese capofila, riducono il loro
legame con il contesto produttivo locale e cominciano a organizzare una nuova rete di fornitura su scala
internazionale.
La gerarchizzazione con crescita per linee interne, comporta una internalizzazione di fasi produttive che
prima si svolgevano all'esterno, una gerarchizzazione dei rapporti tra le imprese e la comparsa di
imprese leader che assumono un ruolo di guida. Si manifesta inoltre uno sviluppo intensivo che
prevede laumento delle dimensioni medie aziendali e una riduzione del numero complessivo di aziende
nel distretto.
Nella gerarchizzazione con crescita per linee esterne si genera un sistema di accordi strutturati e un
processo strategico unitario con imprese terminali che pur essendo di dimensioni ridotte si candidano a
svolgere il ruolo di leader e ad assolvere la particolare funzione di interfaccia fra laggregato stesso e il
contesto competitivo. In questa ipotesi, la scelta dei partners orientata da criteri di spinta selettiva.

In fine il riposizionamento, in particolari situazioni di crisi, porta l'azienda a spostarsi su posizioni di


nicchia dove il distretto in grado ancora di mantenere una certo vantaggio competitivo. Questa
strategia si attua generalmente focalizzandosi su produzioni di gamma medio alta, caratterizzate da una
dimensione piuttosto piccola dei lotti, al limite fatti su misura, in modo da non renderli appetibili per le
grandi imprese a causa della loro difficile standardizzazione e programmabilit.
LA FORMA DISTRETTUALE CON IMPRESA-GUIDA
Con la forma distrettuale con impresa guida si assiste a un'evoluzione dell'impresa attraverso la
gerarchizzazione dei rapporti in cui il potere economico e le leve strategiche tendono a concentrarsi in
imprese di medio-grandi dimensioni. Limpresa-guida o impresa leader come una unit centrale di
una rete di imprese, la quale si caratterizza per lelevato numero di relazioni che instaurano con le
imprese e per la sua capacit di collocarsi al centro di tali relazioni. Si caratterizza anche per la sua
influenza esercitabile sulle altre imprese, influenza che si concretizza in una modalit di leadership.
Questo stato di leadership riconosciuto e legittimato dai risultati conseguiti, dalle competenze
distintive, dalla grande attenzione riservata alla funzione commerciale e dallo sviluppo della presenza
sui mercati nazionali ed internazionali. Le sue dimensioni le consentono all'impresa guida di investire,
adeguate risorse finanziarie e costruire rapporti privilegiati con interlocutori esterni, sviluppando sensori
di evoluzione dei mercati e delle tecnologie. Grande importanza non solo alla dimensione commerciale
ma anche a quella progettuale e alla gestione delle imprese di sub-fornitura.
Importante risulta l'analisi della core capability, che si distingue in:
Progettazione del prodotto che consiste nella comprensione dei segnali di cambiamento del mercato e
nella messa a punto di efficaci risposte e il Coordinamento di fasi produttive diverse e di flussi
logistici complessi, che consiste in un' elevata capacit di mobilitazione di energie e risorse scelta delle
imprese da coinvolgere, nella realizzazione del prodotto e nella capacit di coordinamento.
Lo stretto rapporto tra le imprese nodali e limpresa-guida fornisce alle prime una serie di benefici,
innanzitutto si garantisce un clima di fiducia e reciprocit delle relazioni pi formalizzata rispetto a
quella sociale del distretto, si genera la possibilit di sfruttare il potere economico dellimpresa-guida.
Importante la condivisione del sistema informativo e dei servizi di supporto messi a disposizione
dallimpresa-guida e la possibilit di beneficiare del ruolo di catalizzatore in progetti innovativi.
Allinterno del network creato dallimpresa-guida la relazionalit risulta intensa mentre nei confronti
delle altre imprese presenti nel distretto molto debole.
Le configurazioni che possono assumere i legami tra limpresa-guida e le imprese quella definita
squadra distrettuale costituita da unimpresa finale e dal complesso delle imprese legate alla prima da
rapporti di subfornitura e/o servizio. Questa squadra pu cambiare continuamente lassetto delle
collaborazioni e da alla struttura distrettuale una flessibilit notevole. All'interno della squadra
distrettuale c stabilit e rotazione, infatti i confini della rete sono instabili ma la configurazione
strutturale stabile. La rotazione delle imprese nodali sistematica ma il rinnovo lento.
FORMA DISTRETTUALE CON META-ORGANIZZATORI
Costituisce la forma evolutiva dellarchitettura marshalliana. Questa forma distrettuale ha la funzione di
gerarchizzare i rapporti attorno ad istituzioni dette appunto meta-organizzatori.
Cos come nell'impresa-guida, i meta-organizzatori assumono la leadership riconosciuta e legittimata dal
ruolo di coordinamento che tale organizzazione svolge.
La leadership di natura socio-istituzionale ha come obiettivo integrare pi interessi imprenditoriali verso
comuni progetti di lavoro e di innovazione verso soluzioni di problemi di interesse generale e di
pubblica utilit.
Il meta-organizzatore fa la governance del sistema, definisce regole, relazioni e produce organizzazione
dando ordine e razionalit allambiente delle relazioni distrettuali. L'importanza del ruolo di metamanagement evidente alla luce dellapertura del distretto da rete chiusa ad aperta e quando la
prossimit geografica delle imprese si attenua.
Le relazioni tra le imprese sono caratterizzate da concorrenzialit e propensione a forme di
collaborazione, il meta-organizzatore in questo caso si qualifica come trust interface distrettuale ossia
come figura deputata a ricercare larmonia degli interessi degli operatori e la loro canalizzazione verso
progetti di importanza collettiva.

Di conseguenza, il meta-organizzatore diventa un autonomo centro di costo, che svolge delicate


funzioni, come ad esempio promuove lo sviluppo dei meccanismi di coordinamento e di controllo,
formalizzare le procedure di relazione, effettuare la selezione di nuovi membri dellaggregato e
leventuale uscita di altri, individuare forme sanzionatorie nei confronti dei possibili comportamenti
opportunistici o di free-ridership e svolgere mansioni di rappresentanza della rete verso l'esterno.
Importante ruolo di meta-management allinterno del distretto industriale quello (giuridicamente
previsto e regolato) che pu essere svolto dal Comitato di Indirizzo e di Coordinamento (COICO).
Organi consultivi istituiti dalla legge Bersani (L.140/1999), il COICO si qualifica come strumento di
governance distrettuale a livello politico-istituzionale.
CONCLUSIONI: Passaggio da una fase del ciclo di vita distrettuale ad unaltra avvenuto in un
contesto tecnologico e competitivo instabile con frammentazione tipica dei sistemi distrettuali e con la
presenza di imprese sottodimensionate e/o carenti di risorse manageriali finanziarie e tecnologiche.
Si assiste a una trasformazione del distretto ad opera di organizzazioni che diventano punti di
riferimento del sistema.
.Rimane comunque la tendenza al consolidamento cio nella trasformazione delle forme organizzative
distrettuali tramite lapporto di organizzazioni che diventavano punti di riferimento x lintero sistema.
Il cambiamento che ha interessato i distretti italiani pu considerarsi soprattutto di natura organizzativa,
che hanno dovuto rivisitare le proprie modalit di appartenenza territoriale e radicamento socioculturale.
I DISTRETTI INDUSTRIALI RICONOSCIUTI DALL'ISTAT
Questa analisi svolta nel 1999 evidenzia i distretti industriali districati principalmente nel nord e centro
italia che operano in settori molto differenti tra loro, come il tessile, l'abbigliamento o la meccanica.
Uno dei distretti pi antichi sicuramente il distretto tessile di Prato. Il distretto di Prato ha avuto
origini all'incirca nella prima met del 1800, ma solo tra gli anni 60 e 70 si assistito vero e proprio
sviluppo dell'area sistema integrata. Negli anni novanta anche in questo caso si manifesta l'evoluzione
del sistema, con un conseguente consolidamento negli anni 2000. L'evoluzione del distretto di prato
risulta molto caratteristica, in quanto stimolata all'apertura verso la sempre pi ferrata concorrenza da
parte del mercato cinese. Una forte immigrazione all'interno del distretto, attirata dalle competenze e
dalla specializzazione, ha modificato radicalmente la struttura organizzativa del distretto modificando
anche le modalit di appartenenza territoriale delle imprese originarie. La liberalizzazione dell'accesso al
lavoro autonomo dei cittadini extracomunitari, ha fatto in modo che gli immigrati cinesi potessero creare
impresa all'interno di un complesso che originariamente era definito chiuso.
La comunit cinese presenta un sistema di valori simili a quello distrettuale alle sue origini, il cinese
infatti riconosce il lavoro come strumento di riscatto sociale ed economico, ha un'attitudine al rischio e
all'apprezzamento per il lavoro autonomo e presenta la propensione alla mobilit nel mercato del lavoro,
queste caratteristiche hanno portato la comunit cinese nel distretto di Prato ad aumentare in maniera
significativa nel corso degli anni.
In fine va riscontrata la doppia natura delle imprese distrettuali di Prato, un primo profilo riguarda le
imprese medio grandi che servono un mercato di fascia medio-alta, come i capi di alta moda, e un
secondo profilo, relativo alle piccole imprese cinesi, che creano prodotti di fascia medio-bassa.
Relativamente al distretto fermano-maceratese, prevalentemente orientato verso il settore calzaturiero,
riscontriamo delle fasi evolutive differenti rispetto a quello tessile di Prato. Innanzitutto nasce durante
gli anni sessanta e sviluppa l'area sistema integrata negli anni 70-80. L'evoluzione di questo distretto,
avvenuto negli anni 2000, ha visto come elemento fondamentale la gerarchizzazione massiccia, che ha
portato a una selezione competitiva all'interno dell'area, per cui alcune imprese che non hanno retto la
lotta competitiva sono state escluse dalla rete. Le imprese guida, risultano inoltre fortemente
internazionalizzate e volte a strategie di delocalizzazione produttiva, governano generalmente un
marchio proprio e puntano tutto il loro marketing sull'esaltazione del made in italy.
LE RETI IN FRANCHISING
Organizzazione in franchising definita dall'Art. 1, co. 1, legge n.129/2004 una particolare tipologia di
rete esterna e guidata di imprese composta da ununit centrale denominata impresa guida o impresa

focale, comunemente detto franchisor e da altre imprese nodali i franchisee o unit in franchising legate
fra loro ed al franchisor da relazioni multiple, sistematiche, stabili e di lungo termine che scaturiscono e
vengono regolate dal contratto di franchising.
FRANCHISOR
Il franchisor crea di propria iniziativa la rete in franchising, cedendo ai franchisee un insieme di diritti di
propriet industriale ed intellettuale, con i relativi marchi, disegni, diritti dautore, know how, brevetti,
assistenza tecnica e consulenza tecnica e commerciale.
A fronte di tale concessione i franchisee si impegnano al pagamento di una fee di ingresso nella rete ed
al pagamento periodico di royalty oltre ad assumere specifiche obbligazioni variabili da caso a caso e
regolate dal contratto di franchising.
Lorganizzazione del franchising consegue ad una strategia di crescita, si sviluppa nella seconda met
del XX sec. in coincidenza con il declino del Taylorismo, quando la competitivit delle imprese
comincia a fondarsi sullequilibrio tra flessibilit e grande dimensione. Si fanno avanti due principali
profili teorici che portano all'adesione al franchising, la teoria delle risorse scarse e la teoria dell'agenzia.
Nella teoria delle risorse scarse le imprese soprattutto se giovani e di piccole dimensioni costruiscono
organizzazioni in franchising per far fronte alla scarsit di risorse necessarie al proprio sviluppo.
Secondo questa teoria, l'azienda necessita di risorse finanziarie, infatti in un primo momento il
franchising visto come fonte di capitali a basso costo e risorse manageriali come il ruolo del capitale
umano, talento manageriale, conoscenza dei mercati locali.
La teoria dell'agenzia invece si basa sui rapporti tra principal e agent e sull'esigenza di adeguati
meccanismi di controllo del principal rispetto all'agent. Le ricerche che analizzano questa prospettiva
individuano nel franchisor il principal e nel franchise l'agent e giustificano lo sviluppo del franchising
col fatto che esso offre soluzione al problema di agenzia verticale.
Limpresa franchisor principale, in questo caso si trova a scegliere tra due alternative di crescita,
lespansione attraverso il franchising, con sottesa esigenza di regolazione del rapporto con il franchisee
e lespansione attraverso unit di propriet, con la sottesa esigenza di regolazione del rapporto con
manager dipendenti.
Di fronte a queste due alternative limpresa franchisor opera una scelta confrontando i costi
organizzativi, di monitoraggio e di integrazione. La prima alternativa risulta pi conveniente quando i
franchisee sono proprietari di una o pi unit dellorganizzazione in franchising per cui i franchisee
saranno pi motivati rispetto ai manager. In questa alternativa, il franchising massimizza
congiuntamente lutilit del principal e dell'agent in quanto la remunerazione di entrambi legata alla
performance di questultimo. Il reddito del franchisor infatti costituito principalmente dalle royalty
legate alle vendite del franchisee.
Se invece il franchisor non pu beneficiare della stessa condivisione di obiettivi, l'alternativa per cui si
preferisce unit di propriet soffre della propensione da parte dei lavoratori dipendenti a comprimere il
livello delle proprie capacit e dei propri sforzi. Se ci troviamo di fronte a una dispersione geografica il
costo connesso al controllo viene notevolmente aggravato, ed quindi fondamentale capire se le
difficolt di eventuali inefficienze siano da imputare al comportamento dei manager o a problemi
relativi alla domanda.
LA COOPERAZIONE NELLA RELAZIONE TRA FRANCHISOR E FRANCHISEE
Il modello di sintesi della cooperazione organizzativa
elaborato da Perrone individua quali strumenti sono
utili per influenzare e spingere un altro soggetto a
coordinarsi allinterno di unorganizzazione e sono 1)
lo scambio, 2) lautorit, 3) la persuasione, 4) la
fiducia, 5) i valori.
lo scambio consiste nella propensione a cooperare, il
franchisee infatti coopera ed accetta di conformare i
propri comportamenti alle prescrizioni del franchisor
e quindi ne riconosce lautorit, se e nella misura in

cui percepisce lequit della distribuzione delle risorse e nello scambio dei propri contributi con gli
incentivi conseguenti laffiliazione.
Analizzando il rapporto franchisor e limpresa neocostituita (franchisee) notiamo come in un primo
momento limpresa franchisee disposta a conferire allimpresa franchisor un contributo economico ed
a contribuire alla crescita dimensionale dellintera organizzazione, in cambio chiede il supporto
necessario, ottenendo la possibilit di applicare la formula imprenditoriale del franchisor e, per mezzo
del know how distintivo trasmessole dal franchisor pu replicarne lofferta. Ci comporta una riduzione
del rischio dimpresa del franchisee, e la riduzione dei costi da sostenere.
Nella prima fase del franchising si manifestano i seguenti aspetti:
Innanzitutto un accorciamento della fase iniziale del proprio ciclo di vita che comporta maggiori ricavi,
emerge una situazione di convenienza rispetto a quella di unimpresa che non entra in franchising, in
quanto si assiste a una diminuzione dei costi di avviamento relativi allorganizzazione, alla selezione e
addestramento del personale, alla possibilit di usufruire di economie di scala e di scopo, ad economie di
apprendimento, all'accesso ai canali di distribuzione, al superamento delle barriere governative e legali,
nonch a una migliore opportunit di far fronte a possibili ripercussioni dei concorrenti.
La seconda fase riguarda lo scambio in continuit del rapporto di franchising quando il franchisee
corrisponde annualmente al franchisor le royalty commisurate al proprio fatturato che rappresenta la
contropartita per lassicurazione della contrazione dei rischi e per lincremento della capacit di profitto
del singolo franchisee da parte del franchisor.
Il franchising infatti genera un aumento di prestigio derivante dallo sviluppo dellintera organizzazione e
dallincremento del valore del marchio, un notevole tasso di innovazione tale da innalzare o rafforzare
barriere allentrata di possibili imitatori, un'assistenza continua di ordine gestionale commerciale e
giuridico.
Il franchisor comunque veglia affinch sia rispettato il livello della qualit delle prestazioni e scongiura
il pericolo di processi di de responsabilizzazione di alcuni franchisee.
Lautorit pu essere incorporata nella figura di un capo oppure istituzionalizzata in norme
organizzative. Lautorit del franchisor appare legittimata dalla presenza di una gerarchia
invisibilederivante dalla sua posizione di centralit nella rete e dalle norme fissate nel contratto di
franchising, pur lasciando un necessario spazio dautonomia al franchisee.
La persuasione: Per essere persuasivi
bisogna sottolineare gli elementi che
avvicinano il fine organizzativo ai diversi
fini individuali, intensificando la
comunicazione diretta periodica e
sviluppando il senso dappartenenza
allorganizzazione con metodi non
convenzionali come l'organizzazione di
convegni e seminari, bollettini di
informazione, periodici aziendali
eservizio di post-vendita ai franchisee.
Tali strategie consentono di sviluppare le
comunicazioni ascendenti (dal basso verso
lalto) al fine di creare partecipazione.
La fiducia secondo Perrone consiste
nellaspettativa che un individuo nutre nei
confronti di un altro soggetto il quale per
deve comportarsi in modo predicibile, affidabile e si comporti in modo equo anche quando potrebbe
invece opportunisticamente guadagnare a spese di chi si fida. Il concetto di fiducia si genera in presenza
di determinati fattori, cui, la reputazione delle parti, la longevit prevista dalla relazione, la numerosit
degli scambi e lequit distributiva e procedurale percepita nella relazione.
La solidit e continuit di un sistema fondato sulla fiducia sempre fortemente minacciato dalle
mutazioni esogene, in ogni caso la fiducia pu rivelarsi come una variabile in grado di ridurre i costi di
negoziazione degli accordi di franchising.

I valori costituiscono la componente intangibile, definiscono un modello etico cui far riferimento
nelloperativit, fungendo da forza centripeta contrastante le forze centrifughe della disgregazione
facendo leva sul coinvolgimento. Emergono soprattutto laddove ci sono differenze culturali tra le
diverse unit organizzative e, tipicamente, nel caso di una strategia di sviluppo aziendale in franchising,
per cui il know-how organizzativo difficilmente trasferibile da una unit allaltra. Nelle organizzazioni
cosiddette culture-free, si adottano norme ad alto livello gerarchico che configurano la cosidetta cultura
flessibile. I sistemi imprenditoriali in franchising devono mirare a diventare globali raffinando la propria
cultural sensitivity e cio salvaguardando le autonomie e le differenze culturali come i valori di
intradipendenza, creativit, adattabilit, flessibilit e tolleranza delle opinioni divergenti.
CRITICITA QUALIFICANTI LA RELAZIONE TRA FRANCHISOR E FRANCHISEE:
Le criticit possono produrre laffievolimento della forza della relazione tra le parti perch influenti
sulle motivazioni ke spingono allaccordo formalizzato e dunque sulle basi della collaborazione.
Lorigine della natura bivalente della relazione franchisor-franchisee, perch fondata sulla dicotomia di
interdipendenza-autonomia, la divergenza che pu condurre da un lato il franchisor a comportamenti
opportunistici, dallaltro il franchisee a discostarsi dalle indicazioni del franchisor. E possibile
distinguere in dirette e indirette le criticit.
Il franchisor potrebbe avviare attivit logisticamente vicine tra loro, potrebbe rifiutarsi di rinnovare il
contratto di un franchisee per potersi appropriare del suo mercato, potrebbe monopolizzare le forniture o
sovrastimare il valore della royalty, o potrebbe prevedere clausole contrattuali squilibrate in proprio
favore. Il franchisee potrebbe invece diffondere le informazioni riservate del franchisor, potrebbe
rifiutare o ritardare il pagamento delle royalty oppure non uniformarsi agli standard qualitativi della
rete. Le problematiche del secondo tipo danneggiano limmagine dellorganizzazione nel suo insieme,
facendo si che gli investimenti di un franchisee comportano benefici anche per tutti gli altri, quindi un
franchisee potrebbe:
Scegliere di nn contribuire agli investimenti pubblicitari e promozionali a sostegno del marchio e
beneficiare comunque degli investimenti degli altri oppure potrebbe risparmiare a scapito della qualit
dei proprio prodotti, confidando nei benefici derivanti dalla soddisfazione dei clienti delle altre unit.
Tali problemi possono essere arginati dal franchisor incrementando il monitoraggio sui franchisee il
quale potrebbe portare a svilire il vantaggio chiave delle unit in franchising rispetto a quelle di
propriet, vantaggio rappresentato dal risparmio nei costi di monitoraggio e integrazione connessi.
Per far fronte alle rilevate criticit oltre alla cooperazione necessaria anche unattenta progettazione
della struttura organizzativa del franchisor, struttura che preveda tutte le funzioni e le figure
professionali necessarie alla gestione di una relazione virtuosa con la rete affiliata, come potrebbe essere
lorganigramma delle figure professionali della funzione franchising:
Direttore
franchising
Piani di marketing,

Responsabile
sviluppo
Ricerca, selezione e
nomina degli affiliati

Animatore
Consulenza e
animazione

Responsabile gestione
rete
Gestione sistema
informativo, ordini e
logistica

Responsabile
formazione
Formazione iniziale e
formazione continua

Responsabile
area/area marketing
Ispezione sul campo e
consulenza ai franchisee

Sotto la supervisione del direttore franchisor, il responsabile sviluppo seleziona e nomina i franchisee,
in seguito i formatori trasmettono ai franchisee il know how, questultimi saranno assistiti dai
responsabili di area (area manager) per lubicazione del punto vendita/stabilimento e per tutti gli aspetti
tecnici, commerciali e amministrativi, prima e durante il lancio dellattivit. Gli animatori visitano con
regolarit i franchisee, ne raccolgono i suggerimenti e sviluppano insieme a loro i diversi piani dazione.
CONCLUSIONI: la cooperazione fra imprese uno dei pi positivi percorsi di sviluppo del capitalismo
moderno. Le reti basate su meccanismi di governance che vanno oltre il mercato e la gerarchia vengono
intese come scelta strategica fra le diverse fondamentali opzioni di crescita finalizzata alla ricerca di
maggiore flessibilit, efficienza e massimizzazione nellutilizzo delle competenze specifiche dei diversi
attori partecipanti. In questo contesto di diffusione delle forme reticolari hanno trovato sviluppo le
organizzazioni in franchising. Maggiore sono le propensioni cooperative tra le parti, minori si rivelano i
costi di monitoraggi e di controllo del valore del capitale immateriale.
Nel modello di sintesi della cooperazione di Perrone troviamo lo scambio, l'autorit, la persuasione, la
fiducia e i valori. Dove la fiducia dipende dallesperienza pregressa (positiva) e nel franchising tale
esperienza spesso nulla; e un sistema di valori condiviso deriva da una cultura comune e nel
franchising la dispersione geografica comporta spesso culture distanti; la convenienza (scambio), le
norme organizzative (autorit istituzionalizzata) e la persuasione sembrano assumere maggior rilievo
quali forze da gestire e controllare nelintento di incrementare la cooperazione tra gli attori.
TEORIE ORGANIZZATIVE DELLE RISORSE UMANE
Con laumento dei lavoratori ed esigenze di standardizzazione delle mansioni conseguenti alla
produzione di massa sorse la necessit di una razionalizzazione accurata dellorganizzazione del lavoro e
dellutilizzo della manodopera. In questambito si colloca il contributo di TAYLOR: scientific
management finalizzato a condurre il potere organizzativo nelle mani della direzione aziendale la quale
ha il compito di programmare accuratamente la razionalizzazione del lavoro.
Tra i principi chiave di questa teoria si trovano gli elementi fondamentali della direzione del personale:
progettazione delle mansioni, selezione, formazione, relazioni interne, leadership, controllo e
motivazione.
Taylor inaugura una fase di notevole attenzione alla gestione efficiente ed efficace dei lavoratori che
verranno considerati in modo sempre pi articolato nella pratica aziendale e in dottrina.
Emergono progressivamente alcuni filoni di pensiero:
1) Scuola delle relazioni umane, inizi durante gli anni 30,e pose l'attenzione verso i meccanismi utili
a stimolare i rendimenti operai, aggiungendo ai fattori economici i fattori di natura psico-sociale, come
ad esempio il lavoro di gruppo, le pause, la supervisione dei superiori, il punto focale quindi il
comportamento individuale nellambito lavorativo fatica, monotonia, rilevanza dei rapporti informalimirando alla soddisfazione del lavoratore attraverso la creazione di un ambiente di lavoro gradevole e
armonico. Il filone delle relazioni umane non deve per
essere considerato un superamento del taylorismo, in quanto limpostazione metodologico e concettuale
rimane analoga, pur con lenfasi del retroterra psicologico dei lavoratori.
2) Filone socio-tecnico nel quale si sottolinea come lorganizzazione aziendale sia il risultato del pi
stretto connubio sistematico tra componenti tecniche (la tecnologie) e sociali (gli uomini), e come sia
necessaria una progettazione congiunta di tecnologia ed organizzazione per garantire lequilibrio
dellimpresa. Impostazione definibile di organizzazione e gestione delle risorse umane.
3) Terzo filone comportamentista che trova radici nel contributo di BERNARD che propone modalit
pi sostanziali di integrazione del lavoratore nellimpresa. E compito dei dirigenti bilanciare incentivi
(retribuzione e premi) e contributi (prestazioni di lavoro), motivando i lavoratori.
4) Nel secondo dopoguerra la tecnologia assume un nuovo ruolo, e si tenta un superamento del
taylorismo, i sociologi del lavoro, come Friedmann, sostengono che il taylorismo semplicemente la
risposta organizzativa ad una determinata fase di sviluppo tecnologico dellimpresa, per
il superamento dell one best way tayloristica, avviene una trasformazione del lavoro in quanto
levoluzione tecnologica consente una potenziale qualificazione del lavoro.

5) Negli anni 50 e 60, con gli studi della motivazione di cui Maslow, Herzeberg e Likert i pi noti
esponenti, analizzarono i bisogni e le necessit di crescita della personalit sottesi allo svolgimento
dellattivit lavorativa, nella convinzione che le risorse umane si differenziano profondamente
dalle altre risorse dimpresa e che bisogna comprenderne le esigenze per ottimizzarne il contributo allo
sviluppo aziendale. Di fatto, per, i modelli di organizzazione del lavoro continuano ad essere
prevalentemente basati sulle logiche tayloriste, sar infatti necessario aspettare molti anni per vedere
applicate queste nuove idee.
6) Nellultimo triennio Croizer, Friedberg, Schein e Pfeffer analizzarono il ruolo della cultura nel
funzionamento delle organizzazioni e studiarono il potere come importante chiave di lettura delle
relazioni, mettendo al centro della teoria organizzativa lessere umano in quanto pu migliorare o
peggiorare la cultura organizzativa.
Negli anni 70 emergono nuovi ambiti di competenza aziendale che richiedono professionalit
specifiche: la selezione, la formazione, la valutazione del personale, la negoziazione ecc. Si sviluppa la
direzione del personaleche diventa una funzione di elevate dimensioni in alcune imprese.
Lobiettivo di molte imprese diviene quello di dotarsi di sistemi di sviluppo delle risorse umane che
utilizzano una strumentazione pi sofisticata rispetto a quella tradizionale. La formazione diviene
sviluppo delle risorse umane; la retribuzione si evolve in un sistema premiante e nella
programmazione delle carriere, le relazioni sindacali divengono transazioni di lavoro.
Durante gli anni 80, dapprima negli Stati Uniti e successivamente in Europa, si diffondono dei
contributi che possono essere raccolti sotto il titolo di Human Resource Management, questo filone di
management si occupa in modo strutturato della gestione delle risorse umane, ridisegnando
lapproccio classico, imperniato sulla contrattazione tra controparti organizzate (Beer 1985, Beardwell,
Golden 1997, Ambrosini 1995). Questi studi sono arricchiti danalisi che cercano di misurare in
contributo delle risorse umane al vantaggio competitivo.
Conclusioni: questa la prospettiva che vede la gestione personale soprattutto in chiave di sviluppo di
risorse umane, di cui si deve ottimizzare lefficacia e il valore, chiamate a fornire un contributo diretto
alla crescita della conoscenza aziendale, alle caratteristiche distintive dellimpresa e alla competitivit
del mercato di riferimento.
MINTZBERG illustra come le diverse forze operanti allinterno dellorganizzazione possano agire in
sette differenti direzioni:
Spinta allaccentramento dal vertice aziendale che tende a non delegare autonomia.
Spinta alla balcanizzazione di cui possono essere fautori i responsabili della linea intermedia, che
perseguono una crescente autonomia decisionale nella gestione delle proprie unit.
Spinta alla standardizzazione operata dagli specialisti della tecnostruttura.
Spinta alla collaborazione di cui sono fautori gli organi di staff che si propongono cm fornitori di servizi
alla clientela interna.
Spinta alla professionalizzazione con la conseguente riduzione dei livelli gerarchici
Spinta alla coesione a cui sono specificamente dedicate le unit di indottrinamento o socializzazione
Spinta allatomizzazione che pu essere originata dalle coalizioni esterne (sindacati, concorrenti, clienti,
gruppi di interesse specifico)
Linsieme di queste forze ha reso utile, nellevoluzione dellimpresa, disporre di una funzione
specializzata nella gestione delle risorse umane, in grado di promuovere una sufficiente mediazione,
coordinamento e coesione nelle relazioni tra attori interni, tale funzione ha lo scopo di contemperare le
esigenzedel sistema impresa, in termini di ottimizzazione nelluso di una risorsa peculiare, quale la
risorsa umana e del fattore umano, in termini di motivazione, soddisfazione e realizzazione individuale.
Mintzberg privilegia soprattutto la spinta alla collaborazione, alla coesione e alla
professionalizzazione.
LORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E LA GESTIONE DEL PERSONALE NELLE IMPRESE
La direzione del personale si configura a seconda di quattro variabili: la denominazione, la collocazione,
la configurazione e larticolazione della funzione del personale.
DENOMINAZIONE

La scelta della denominazione della funzione pu essere utile per comprendere natura ed estensione
della direzione del personale , in questo caso troviamo la presenza di diverse tipologie di funzione del
personale: l'amministrazione del personale, la gestione del personale, la direzione, lo sviluppo delle
risorse umane e la valorizzazione delle risorse umane. La dizione amministrazione del personale
identifica una separazione della componente di direzione del lavoro da quella pi prettamente
amministrativo-contabile, questa separazione pu dipendere da diverse opzioni:
a) la politica del personale prerogativa dellimprenditore/proprietario;
b) la responsabilit e i poteri di gestione del personale sono delegati ai capi intermedi;
c) non si sentita la necessit di uno sviluppo interno dei compiti della funzione, ricorrendo a supporti
esterni. Nelle prime fasi di evoluzione della DP la sua funzione strettamente amministrativa e il
responsabile del personale ha scarse relazioni con il vertice strategico e con la linea operativa.
Nella tipologia gestione del personale invece vi un impiego anche gestionale delle risorse umane e
non solamente amministrativo, tale funzione avr una propria autonomia, non dipendendo pi da
unaltra direzione.
La funzione direzione e sviluppo delle risorse umane identifica una stretta integrazione tra le
politiche delle risorse umane e le scelte strategiche, mentre il modello valorizzazione delle risorse
umane ricondotto al capitale umano nella prospettiva degli intangibile assets, cio risorse fondate
sulla conoscenza che sono alla base del vantaggio competitivo delle imprese. La funzione personale
deve alimentare il vantaggio competitivo attraverso la valorizzazione e lo sviluppo di competenze
distintive.
L'AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE
La dizione amministrazione del personale identifica
una separazione della componente di direzione del
lavoro da quella pi prettamente amministrativo
contabile (riconducibile a paghe e stipendi, adempimenti
giuridici e amministrativi).
Nel settore privato, tipicamente, questa tipologia
rinvenibile in imprese nelle prime fasi evolutive del ciclo
di vita, in questi casi infatti la politica del personale
prerogativa dellorgano di governo o viene delegata allesterno, come ad esempio gli enti locali,
formazione in modalit mista o piccole imprese, che delegano allesterno la formazione. La
responsabilit ed i poteri sono dei capi intermedi e non vi necessit di uno sviluppo interno dei compiti
della funzione, ricorrendo a supporti esterni.
TIPOLOGIA GESTIONE DEL PERSONALE
Nella tipologia gestione del personale (GRU
gestione risorse umane) troviamo anche un impegno
gestionale e non solo amministrativo. La funzione
ha competenze specialistiche pi vaste rispetto alle
precedenti, propone soluzioni ma non interviene
nelle scelte strategiche. Alcune agenzie statali (ad
esempio le agenzie fiscali) e tipicamente le imprese
medio-grandi, presentano questa tipologia di funzione del
personale.
DIREZIONE E SVILUPPO DELLE RISORSE
UMANE
La dizione direzione e sviluppo delle risorse umane
identifica, invece, una stretta integrazione tra politiche
delle risorse umane e scelte strategiche. Tale tipologia
di funzione si ritrova, a livello di pubbliche
amministrazioni, prescritta a livello normativo nella

Direttiva 13 dicembre 2001 Direttiva Frattini sulla formazione e valorizzazione del personale delle
pubbliche amministrazioni.
COLLOCAZIONE
In termini di collocazione organizzativa la direzione del personale pu presentarsi in diversi modi:
Pu essere una funzione collocata al primo livello funzionale, presidiando la gestione complessiva
delle attivit inerenti il personale;
Pu essere un organo di staff della presidenza o dellamministratore delegato che coordina le politiche
del personale, valorizzando pienamente il ruolo della linea;
Pu essere ununit specialistica dotata di competenze, capacit e strumenti di analisi, valutazione,
progettazione;
Pu essere una funzione presente esclusivamente in unit organizzative decentrate (divisioni di
prodotto o geografiche)
CONFIGURAZIONE
Attualmente la funzione di gestione del personale pu essere considerata come un organo di supporto
che fornisce servizi specialistici su richiesta e che opera di sua iniziativa per sollecitare, sostenere e
coordinare lazione delle diverse unit organizzative (Frey, 2007).
Il termine configurazione della funzione del personale pu essere utile per designare il grado di
decentramento della direzione e la sua natura in termini di organo di staff o di line.
Da molti anni oggetto di discussione la prevalenza di una logica di staff piuttosto che di line, la
tendenza attuale infatti che la direzione del personale unattivit diffusa nellorganizzazione e i
singoli capi sono direttamente protagonisti per le risorse umane a loro afferenti. La funzione del
personale in questa prospettiva un organo di supporto che fornisce servizi specialistici su richiesta e
che opera di propria iniziativa per sollecitare, sostenere e coordinare lazione delle diverse unit
organizzative. In sintesi alla direzione del personale attribuita unautorit e responsabilit funzionale
sulla gestione delle risorse umane. Lattivit di coordinamento pu anche prevedere il coinvolgimento di
professionalit esterne allimpresa
ARTICOLAZIONE DELLA FUNZIONE DEL PERSONALE
Nellarticola
zione della
funzione del
personale,
le imprese
possono
optare per
una
maggiore o
minore
estensione
dei compiti
di cui tale
funzione
titolare. La funzione del personale disaggregata in una decina di sotto-unit, responsabili di attivit che
sono gestite in modo strutturato soltanto dalle imprese di maggiori dimensioni.
Di seguito una possibile articolazione della direzione del personale, con al primo livello le attivit ad
essa tradizionalmente attribuite, al secondo livello (tratteggiato) ci sono le attivit che sono presenti
nelle maggiori imprese multinazionali, e difficilmente troviamo nelle piccole e medie imprese.
STRUMENTI E FASI DELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE
Le risorse uname hanno un particolare ciclo di vita, vengono infatti selezionate, entrano in funzione,
sono valutate e ricompensate, vengono amministrate, hanno un percorso di carriera, e in fine terminano

la loro attivit. E necessaria una capacit di programmazione del personale che sappia integrare in un
quadro le diverse opzioni, attivit, strumenti della gestione delle risorse umane. La programmazione
deve tenere conto della sostituzione delle figure chiave dellazienda secondo opportuni piani di
successione, della crescita interna dei quadri e dirigenti tramite specifici piani di sviluppo,
dell'assorbimento dellobsolescenza del personale attraverso adeguati piani di conversione professionale,
del mantenimento della cultura e del senso di appartenenza aziendale con programmi di socializzazione
e sensibilizzazione, dell'aggiornamento delle competenze aziendali attraverso sistematici piani di
formazione e informazione
nonch il rinnovo delle risorse umane attraverso opportuni piani di assunzione e mobilit.
SELEZIONE
La selezione nasce dall'emersione di un fabbisogno sia in termini quantitativi, cio il numero di risorse
umane necessarie sia in termini qualitativi cio le caratteristiche tipiche del personale.
Successivamente abbiamo
unanalisi del capitale umano
disponibile all'interno e allesterno
dell'azienda con la successiva
decisione di selezione/inserimento
da parte della direzione del
personale, la quale svolge un ruolo
di contenimento e
bilanciamento delle necessit
espresse dalla linea. La valutazione
quantitativa del fabbisogno pu
avvenire attraverso tecniche
matematiche o statistiche come
lanalisi dei trend, che stima la necessit di personale basandosi sulla crescita passata delle risorse
umane, attraverso la ratio analysis, che si basa su indici opportunamente individuati, e attraverso la
simulazione, in cui viene utilizzato il computer per stimare i fabbisogni futuri di personale in funzione
del volume atteso di attivit.
Tra i diversi modelli utilizzabili per lanalisi e la valutazione delle caratteristiche qualitative ce n uno
molto semplice proposto da Cocco che individua una matrice a 4 quadranti sulla base di 2 variabili: la
complessit delle attivit e la frequenza delle attivit. Una volta caratterizzato il fabbisogno occorre
verificare se esistono gi allinterno dellorganizzazione professionalit adeguate alla necessit, oppure
se sia necessario reperire professionalit allesterno. La preferenza nel ricorso al mercato internoaziendale del lavoro rispetto a quello esterno dipende dallimpostazione strategica dellazienda.
Viceversa il frequente ricorso al mercato esterno implica unattenzione allimmissione di risorse e
competenze nuove che se da una parte arricchiscono il patrimonio aziendale dallaltro possono abbassare
il senso dappartenenza. Nella selezione attraverso il mercato interno molte componenti sono gi note
alle parti, tutto questo rende pi fluido e chiaro il processo di selezione e negoziazione. In questo caso
sia limpresa, sia il lavoratore hanno precise aspettative nella prosecuzione del rapporto di lavoro. Una
volta verificata invece l'esigenza di reperimento sul mercato del lavoro esterno la segnalazione pu
essere realizzata in vari modi, ad esempio i canali istituzionali obbligatori che sollecitano candidature
attraverso uninformativa sul mercato del personale o incaricando societ specializzate nella ricerca di
personale, sollecitando o ricevendo richieste da parte di soggetti privilegiati (dipendenti, universit,
sindacati) che propongono determinati candidati.
Il processo di selezione finalizzato a ridurre il pi possibile lincertezza legata alla carenza di
informazioni precedenti allassunzione e nelleffettuare la scelta dei candidati adatti allorganizzazione.
Tra i molti strumenti si cita lo screening dei curriculum, i colloqui, i test, le dinamiche di gruppo ecc.
Una volta individuato il candidato, avviene laccoglimento e dunque linserimento sul lavoro. Al
termine del periodo di permanenza si pone il problema della separazione e delluscita che pu essere
letto da due punti di vista: quello dellimpresa, che ha come obiettivo la minimizzazione del conflitto e
dei costi di uscita, e quello del lavoratore, che ha lobiettivo della massimizzazione del premio di uscita
e delle opportunit di out placement nel mercato del lavoro.

DEFINIZIONE DEI PERCORSI DI CARRIERA


La carriera strumento fondamentale per il perseguimento della motivazione del personale.
Schein illustra questo ruolo di matching tra le due tipologie di istanze: organizzazione e individuo.
Bisogni dellorganizzazione

Processi di matching

Bisogni individuali

Pianificare lingresso delle


Analisi e progettazione del ruolo,
Scelta di un lavoro e di un per-risorse
umane
selezione e socializzazione
corso di carriera
Pianificare la crescita e lo svilup- Supervisione e affiancamento, valu- Iniziare bene la carriera comprepo delle risorse umane
tazione, percorso di carriera e forndendo limpresa
mazione
Pianificare la mobilit delle
risorse umane

Formaizone continua, aggiornamen- Continuare bene la carriera


to, job redesign ed enrichment
diventando esperti

Pianificare luscita e la sostituzio- Aggiornamento della disponibilit Finire bene la carriera sfruttando
ne delle risorse umane
di RU, ricollocamento, nuovo ciclo lesperienza

di inserimento
Il matching passa quindi attraverso un insieme di leve proprie che si possono snodare allinterno della
programmazione delle carriere. Dal punto di vista del datore di lavoro una tipica programmazione delle
carriere consente di dilazionare alcuni meccanismi premianti nel futuro a fronte di prestazioni richieste
nel presente. I percorsi di crescita individuabili sono lo sviluppo verticale limitato, lo sviluppo
orizzontale e lo sviluppo diagonale
Lo sviluppo verticale limitato riguarda principalmente le attivit specialistiche, caratterizzate da
elevate specificit e scarsa trasferibilit in un contesto funzionale diverso delle competenze tecnicoprofessionali, ad esempio nella ricerca e sviluppo, ma anche nella funzione del personale.
Lo sviluppo orizzontale una prospettiva sempre pi auspicata, permette lintercambiabilit delle
mansioni, nella logica non solamente della job rotation ma anche del job enlargement. La job rotation
una tecnica organizzativa finalizzata ad aumentare la polivalenza dei lavoratori, accrescendo la
conoscenza di diverse attivit presenti nel processo produttivo e aumentando la variet delle mansioni.
Oltre alla job rotation e al job enlargement c anche il job enrichment, cio l'arricchimento delle
mansioni.
Lo sviluppo diagonale consente di contemperare le logiche di crescita verticale con quelle di
allargamento orizzontale. Pi si cresce nella collocazione gerarchica pi ampio diventa lo spettro di
conoscenze delle attivit da conoscere per cui necessario aver avuto esperienze funzionali diverse.
ALLARGAMENTO DELLE MANZIONI (job elargement)
Presuppone, invece, che questa polivalenza sia utilizza sistematicamente, modificando l'ampiezza delle
singole mansioni. Nelle lavorazioni di fabbrica ci pu anche limitarsi al passaggio una fase di
lavorazione di pochi secondi ad una lavorazione di qualche minuto contenente pi operazioni
elementari. Una pratica di job elergement rinvenibile in alcune situazioni operative in cui un
dipendente di area tecnica (produzione o commerciale) si inserisce in una task force per sviluppare ad
esempio nuovi percorsi di carriera di tipo tecnico. Il dipendente allargher il raggio delle sue mansioni,
apprendendo ed usando nuove competenze sui processi di carriera e utilizzando la capacit di leadership
e organizzative per contribuire agli obiettivi della task force.
LARRICCHIMENTO DELLE MANSIONI (job enrichment) che riguarda la valorizzazione della
mansione realizzate attraverso lattribuzione di compiti di programmazione, auto-controllo, valutazione
al soggetto incaricato dellesecuzione. Questa soluzione accresce la responsabilizzazione
degli attori e la flessibilit del sistema. Prendendo ad esempio un caso, come quello di Melfi
larricchimento delle mansioni riguarda, in particolare, il capo UTE (unit tecniche elementari), che
diventa una figura

chiave nellorganizzazione della produzione, integrando nella sua figura le responsabilit della qualit,
della gestione risorse umane, del rispetto dei tempi per lutilit a cui preposto. Larricchimento delle
mansioni rientra nella logica di sviluppo verticale, anche se presuppone il mantenimento di
compiti precedentemente svolti. In altri termini un percorso tipico nei processi di appiattimento delle
strutture organizzative. (Sequenza di posizioni allinterno di una occupazione (membro della facolt
universitaria: da ricercatore a professore associato ad ordinario);
Mobilit interna: ad esempio un ingegnere inizia la carriera come membro di una squadra di progettisti,
poi diviene specialista, poi esperto ed infine capo progettista.
Sequenza unica di mansioni posizioni ed esperienze, concetto emergente, -carriera multiforme, cio che
cambia continuamente in base ad interessi valori e caratteristiche del contesto-lavorativo.)
...un dato dal Ministero del lavoro...
- La formazione continua in Italia uno strumento ancora poco utilizzato, soprattutto rispetto al resto
dellEuropa. ci che emerge dal Rapporto annuale sulla Formazione Continua presentato dal Ministero
del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e realizzato in collaborazione con lIsfol.
- La media europea delle imprese che hanno offerto formazione ai propri dipendenti pari al 60%,
mentre in Italia raggiunge appena il 32%. Questi numeri ci collocano al terzultimo posto in Europa, con
una performance che ci avvicina a quelle registrate nei paesi neocomunitari.
- Questo dato determinato in prevalenza dallassetto che il sistema produttivo nazionale assume in
alcuni settori tradizionali (ad esempio, nel tessile, nel turismo, nel commercio al dettaglio), in
corrispondenza di una ridotta struttura dimensionale e di una bassa intensit di innovazione tecnologica
ANZIANITA' MERITO E POTENZIALE
I percorsi di carriera possono seguire diverse logiche, come lanzianit, il merito e il potenziale.
Privilegiare un criterio di anzianit significa rafforzare la fedelt allazienda, loggettivit e la
trasparenza dei percorsi di carriera, ridurre lopportunismo e i costi dinfluenza cio il costo di
mettersi in luce di fronte alla direzione. Daltra parte lesperienza ha evidenziato come la carriera per
anzianit riduca limpegno e il coinvolgimento del personale. Per esercitare pienamente il proprio ruolo
incentivante, la programmazione delle carriere deve essere legata al merito, a tal fine si devono
introdurre momenti di valutazione e non bisogna limitarsi alla misurazione del risultato ma alla presenza
di potenzialit che rispondono ai requisiti delle posizioni di livello pi elevato. Nella maggior parte dei
casi quindi si tratta di utilizzare congiuntamente tutti e tre i criteri.
LA PRESTAZIONE
Per prestazione si intende un risultato attraverso il quale il manager verifica che le attivit svolte dai suoi
diretti collaboratori, siano in linea con le direttive e con gli obiettivi che l'azienda si prefissata, al fine
di raggiungere il tanto sperato vantaggio competitivo.
La prestazione viene determinata attraverso pi fasi, innanzitutto necessario definire le attese, cio
quello che l'azienda vuole raggiungere, successivamente si misurano i contributi e i feedback.
Le finalit sono innanzitutto strategiche, in quanto si crea un collegamento tra le attivit svolte dai
dipendenti e gli obiettivi aziendali generali, le finalit sono anche gestionali, in quanto la prestazione
influenza le decisioni amministrative, come la gestione delle retribuzioni, dei premi individuali, le
promozioni, i piani di sviluppo e via dicendo.
In fine, troviamo le finalit di sviluppo, cio, la capacit di far crescere le persone dal punto di vista
professionale al fine di renderle efficaci nell'espletamento della propria mansione.
LA VALUTAZIONE DELLE RISORSE UMANE
La valutazione della prestazione unattivit propedeutica a molte decisioni di gestione del personale.
La retribuzione, le politiche di acquisizione delle risorse umane, i percorsi di carriera, i fabbisogni
formativi possono essere meglio formulati se preceduti da una analisi di valutazione del lavoro.
Tra le principali tecniche di valutazione, oltre alla job evaluation, che consiste nel risultato della
prestazione erogato in una data posizione e allMBO (managment by objectives).

Troviamo inoltre metodologie di rating che illustrano schemi di valutazione delle capacit del
lavoratore, in cui per ogni variabile il responsabile diretto deve indicare quale il livello, allinterno di
una scala di merito dettagliata.
Il metodo Hay, unevoluzione della job evaluation, consente di misurare le caratteristiche delle diverse
mansioni, in termini di competenze, responsabilit, capacit richieste, e quindi di associare ad esse una
determinata retribuzione
Gli assessment centers nei quali gli individui sono sollecitati a reagire a situazioni tipiche dellattivit
lavorativa che svolgono o che dovranno svolgere.
I risultati delle attivit di valutazione possono essere utilizzati per definire la dinamica retributiva
individuale, per articolare itinerari di carriera e definire i tempi di permanenza in determinate posizioni,
supportare le scelta in termini di turnover, stimolare modifiche nellorganizzazione del lavoro e
individuare i bisogni di formazione.
RICOMPENSA SISTEMA PREMIANTE
La definizione del sistema premiante, per quanto possa discendere da un processo di
valutazione, un momento di sintesi importante nellambito della definizione delle retribuzioni lavoro e
del conseguente rapporto di scambio contributi-ricompense.
Nel sistema premiante possono essere utilizzati diversi strumenti per le premiare e incentivare i
lavoratori:
ricompense monetarie quali bonus, premi produttivit, straordinari o in base a criteri
quali lanzianit, premia la fedelt allazienda, di merito e cio un sistema pi incentivante collegato ai
risultati conseguito nella posizione coperta, alla potenzialit e cio legato a quello che si pu fare in
futuro. ricompense non monetarie possibilit di apprendere, maggiori responsabilit organizzativa,
opportunit di carriera, influenzano la qualit della vita ma non si concretizzano in erogazioni di cassa.
Nelle organizzazioni pubbliche spesso il criterio di ricompensa che segue ad una valutazione quello
legato alla anzianit di ruolo.
TEORIE DELLA MOTIVAZIONE
Fondamentale per l'azienda risulta l'adeguata attenzione verso il fattore umano, dotato non solo di
razionalit economica ma anche di sentimenti ed emozioni e di bisogni psicologici e sociali che se
adeguatamente soddisfatti non soltanto possono incrementare la performance individuale nello
svolgimento dei compiti lavorativi, ma possono anche generare lo sviluppo organizzativo.
La semplice supervisione del lavoro non sufficiente, occorre infatti intervenire sui comportamenti
degli individui e sulla natura stessa del lavoro, in questi casi si manifesta un rapporto di causa-effetto tra
la crescita della personalit dei lavoratori e lo sviluppo organizzativo dellimpresa.
La motivazione pu essere definita come un insieme di forze psicologiche nellindividuo, come le
aspettative, i valori, le attitudini, i pregiudizi e le percezioni, legati alla dimensione umana e sociale che
alla base di ogni comportamento umano.
Motivazione e comportamento sono due elementi distinti, la motivazione uno dei fattori di influenza
del comportamento, mentre questultimo rappresenta il punto darrivo del processo motivazionale ed
qualcosa di visibile e valutabile.
E possibile individuare 3 elementi che caratterizzano il comportamento nellambito lavorativo, la
direzione del comportamento che lindividuo sceglie di tenere per raggiungere lobiettivo, il livello di
impegno utilizzato nello svolgimento del lavoro e la persistenza a continuare il lavoro in caso di
ostacoli. La direzione del comportamento indica quale atteggiamento una persona sceglie di assumere
nello svolgimento del proprio compito, il livello di impegno rappresenta la quantit di energia che una
persona impiega per mantenere il comportamento scelto, mentre il livello di persistenza fa riferimento
alla capacit di un individuo di continuare a tenere un certo comportamento, quando si trova ad
affrontare gli ostacoli e i problemi che naturalmente sorgono nel corso dellattivit lavorativa e
nellinterazione con colleghi, superiori e subordinati.
Motivazione e performance sono due concetti diversi, la performance infatti implica la valutazione dei
risultati di un certo comportamento e spesso vincolata a standard esterni stabiliti dallorganizzazione e
verificati dal management, la motivazione costituisce uno dei principali fattori che sono alla base della

performance. Lidea diffusa che una persona fortemente motivata esegue bene il proprio lavoro, ma
limitativo considerare solo la motivazione come elemento alla base della performance.
Altra importante distinzione quella tra la motivazione intrinseca e quella estrinseca.
La motivazione intrinseca quella che trova nel lavoro stesso una gratificazione personale, infatti
scaturisce come energia interna dell'individuo in funzione del lavoro, proprio quel lavoro che
costituisce in se una gratificazione interiore per chi lo esegue, generando quindi un ciclo di motivazione
che si autoalimenta. Hackman e Oldham definiscono delle propriet distintive del lavoro che permettono
di generare della motivazione intrinseca, come la variet delle capacit, la significativit del compito,
l'autonomia, i feedback e l'identit del compito. Importante fattore da tenere in considerazione la
percezione del lavoratore.
Relativamente alla motivazione estrinseca, concetto approfondito da Silvestrelli, possiamo definirla
come un comportamento lavorativo tenuto principalmente per acquisire ricompense economiche e
sociali e per evitare qualsiasi tipo di sanzioni o punizioni disciplinari. In questo caso il comportamento
viene selezionato in base alle conseguenze che porta, mentre sono importanti nell'ambito di questo
contesto, i sistemi di rinforzo di tipo economico e psicologico.
LA TEORIA DELLA GERARCHIA DEI BISOGNI
Maslow (1954) psicologo statunitense parte dal presupposto che gli individui sono motivati da dei
bisogni da soddisfare e ci sono dei fattori interni che stimolano il comportamento e classifica i bisogni
secondo una scala. Abbiamo infatti bisogni fisiologici, legati alla sopravvivenza, come il bere e
mangiare, bisogni di sicurezza, riguardano la sopravvivenza nel lungo periodo, come la stabilit del
post lavoro e la sicurezza dellambiente lavorativo, bisogni sociali, relativi allesistenza di un ambiente
sociale gradevole e al bisogno di interazione sociale e di amicizia, bisogni dellego, legati alla
consapevolezza delle proprie capacit e allaspirazione ad un riconoscimento sociale del proprio status;
e in fine bisogni di autorealizzazione, riguardano laspirazione a un lavoro che realizzi le potenzialit
dellindividuo, gratificando la dimensione psicologica e spirituale.
Queste cinque categorie sopra raggruppate all'interno di due macro divisioni, quella dei bisogni di
ordine inferiore, bisogno fisiologico e di sicurezza, e quelli dei bisogni di ordine superiore, bisogni
sociali dell'ego e di autorealizzazione.
I termini inferiore e superiore non stanno a indicare la minore o il maggiore importanza dei bisogni, ma
il fatto che i bisogni fisiologici e di sicurezza sono quelli che accomunano tutte le persone, sono bisogni
la cui soddisfazione fondamentale per lesistenza stessa e perci hanno la precedenza su tutti gli altri.
Regole e presupposti:
- Un bisogno non soddisfatto rappresenta un elemento motivante e quindi utilizzabile per stimolare
un individuo a svolgere un compito, nel caso in cui questo consentir di soddisfare quel bisogno; una
volta che il bisogno stato soddisfatto perde la sua forza motivante e quindi non pi forte di
motivazione. I dirigenti dovranno prestare attenzione alla scelta dei metodi degli strumenti in grado di
motivare i lavoratori, a fronte di bisogni emergenti e non ancora soddisfatti.
- Non possibile saltare da un gruppo di bisogni ad un altro possibile soddisfare i bisogni di un
livello soltanto se si sono soddisfatti quelli del livello inferiore e processo continua fino alla allo stadio
della autorealizzazione, ovvero la piena realizzazione delle potenzialit individuali.
La teoria motivazionale di Maslow si sottopone a diverse critiche nelle quali evidenziano che i
bisogni sono differenziati a seconda dei soggetti quindi ogni individuo ha la sua scala inoltre secondo
Alderfer la classificazione considerata troppo rigida (cinque categorie).
LA TEORIA ERC ALDERFER
La teoria ERC stilata da Alderfer nel 1969, consiste in una classificazione dei bisogni in 3 principali
categorie, i bisogni esistenziali, i bisogni di relazionarsi e di crescita.
In questa classificazione viene meno il concetto di gerarchizzazione, infatti il bisogno pu essere
motivante anche se quello di ordine inferiore non soddisfatto, inoltre l'individuo pu nnche essere
motivato da pi bisogni contemporaneamente. La teoria di Alderfer comporta le seguenti implicazioni,
innanzitutto i bisogni inferiori possono comunque essere motivati anche se quelli superiori non sono o
non possono essere soddisfatti, inoltre i bisogni soggettivi sono influenzati dalle differenze culturali e

individuali e possono variare nel tempo in base alle circostanze esterne ed allo stadio di vita
dell'individuo.
TEORIA DELLA MOTIVAZIONE IGIENE HERZBERG
Herzberg si ricollega indirettamente a Maslow nel
tentativo di individuare i legami esistenti tra
lavoro e motivazione al lavoro. Sottolinea, in
particolare, limportanza che lindividuo
attribuisce allo sviluppo delle proprie potenzialit.
Lorganizzazione orientata allo sviluppo delle
persone si pone come obiettivo
anche il miglioramento di quegli elementi che pi
contribuiscono alla motivazione individuale.
Dagli studi condotti da Herzberg e colleghi nel
1959, volti ad indagare il modo in cui si
sviluppano i bisogni di stima e di
autorealizzazione, si evidenzia che vi sono due
tipi di fattori che incidono sullinsoddisfazione e
sulla soddisfazione del lavoratore.
I fattori detti igienici come la retribuzione, le
condizioni di lavoro o le relazioni interpersonali,
che non sono direttamente motivanti, ma se restano insoddisfatti inducono malcontento e demotivazione.
Rientrano in questo gruppo la supervisione tecnica da parte dei superiori, le politiche e
l'amministrazione dell'azienda, le condizioni di lavoro (orario, riposo settimanale, stipendio), le relazioni
con i superiori, i pari ed i subordinati, lo status, la sicurezza del lavoro e gli effetti sulla propria vita
personale.
I fattori igienici sono in grado di ridurre linsoddisfazione, ma per ottenere una motivazione pi durevole
bisogna agire su quelli che Herzberg chiama fattori motivanti come le opportunit di carriera, le
responsabilit, il riconoscimento, la crescita professionale, il contenuto del lavoro, la soddisfazione, ecc.
che contribuiscono pi direttamente alla motivazione lavorativa e soddisfano bisogni di livello
superiore.
Quando le persone si pongono obiettivi di motivazione, attivano processi di effettiva crescita psicologica
volta alla ricerca di realizzazione,riconoscimento, riconoscimento personale e miglioramento nella
gestione di responsabilit. Diversamente, quando gli individui sono orientati a conseguire obiettivi di
igiene, cercheranno di concretizzare buoni livelli retributivi, buone condizioni fisiche di
lavoro e coerenti relazioni interpersonali. E evidente che permane il problema di individuare
correttamente da un lato i bisogni specifici delle persone e, dallaltro, di attuare le condizioni
organizzative che favoriscono il soddisfacimento di tali bisogni.
Condizioni organizzative ideali per questo obiettivo, secondo Herzberg, sono:
1) Il continuo aggiornamento e allargamento delle conoscenze legate ai contenuti di lavoro di ciascuno.
2. Accettazione degli aspetti creativi e innovativi dei diversi comportamenti legati al raggiungimento
degli obiettivi;
3. Allargamento dellarea di responsabilit individuale e aumento di consapevolezza dei contenuti
discrezionali di tale responsabilit;
4. Aumento della capacit di prendere, di assumere rischi, di programmare attivit coerentemente con
quanto richiesto dalla mansione;
5. Creazione di un clima atto a conseguire una reale crescita psicologica al di l dei legami che ciascuno
ha con i gruppi di lavoro e con lorganizzazione nel suo complesso.
LA TEORIA DELLA MOTIVAZIONE AL SUCCESSO MCCLELLAND
McClelland (1985) postula la presenza di tre bisogni fondamentali, il successo (achievement), il potere
(power), affiliazione (affiliation), che operano contestualmente in ogni persona, anche se uno dei tre
particolarmente rilevante rispetto agli altri.

Il bisogno di successo, condiziona le performance individuali, caratterizzato da una forte spinta verso
la riuscita, lassunzione di responsabilit personali, laccettazione di moderati livelli di rischio, la
preferenza per il lavoro individuale ed il bisogno di feedback e valutazione delle prestazioni.
Il bisogno di affiliazione sollecita comportamenti di accettazione e amicizia e di cooperazione e
contribuisce a sviluppare il senso di appartenenza. Le persone in cui emerge questo bisogno preferiscono
il lavoro di gruppo e mostrano un moderato interesse ai riconoscimenti professionali e sono pi attente al
processo di lavoro e poco al risultato.
Il bisogno di potere si manifesta con esigenze di controllo ed influenza, facilmente stimola la
competizione, ma costituisce spesso uno strumento di evoluzione dellorganizzazione. La rilevanza di
uno dei bisogni spinge la persona ad attuare comportamenti adeguati al soddisfacimento del suo bisogno
e, parallelamente, tender ad attribuire valore a situazioni che, anche indirettamente, contribuiscono alla
soddisfazione del medesimo bisogno.
McClelland poi evidenzia il valore delle esperienze passate nella determinazione del comportamento di
avvicinamento/allontanamento da uno stimolo specifico. Lintensit di una tendenza allavvicinamento
dipende anche dalla percezione della raggiungibilit dellincentivo connesso, inteso come caratteristica
stabile dellambiente in grado di attivare emozioni negative o positive.
Quando una variet di segnali costantemente associata ed attiva una specifica classe di incentivi, si
pu considerare formato un motivo.
LA TEORIA DELLA CRESCITA
Secondo D. McGregor esistono due gruppi di individui a cui corrispondono due diversi tipi di
management che prendono il nome di Teoria X e Teoria Y.
Il primo gruppo, detto Teoria X, corrisponde alla visione tradizionale della natura umana secondo cui
l'uomo fondamentalmente pigro, poco incline al lavoro, privo di ambizioni e di iniziativa,
irresponsabile e avverso ai cambiamenti. La conseguenza inevitabile che, nell'impresa c bisogno di
un management che assuma le decisioni e che controlli i propri subalterni. Senza tale intervento gli
individui avrebbero un atteggiamento passivo o, a volte, addirittura ostile nei confronti delle esigenze
dell'impresa. Da qui la necessit di forme di controllo, di punizione e di meccanismi di incentivazione.
In un simile contesto lo stile di leadership da adottare di tipo autoritario, dove il manager prende tutte
le decisioni e fa un ampio ricorso alla coercizione.
La Teoria Y, invece, ritiene che le persone non sono per natura passive o addirittura ostili all'impresa:
quando ci accade spesso la conseguenza delle esperienze vissute in azienda. Le persone,
adeguatamente motivate, possono essere inclini al lavoro, capaci di autonomia e di autocontrollo,
disposte ad assumersi responsabilit e a ricercarle. Il conseguimento di una ricompensa, in termini di
gratificazione e autorealizzazione, pu spingere ad impegnarsi sempre pi nel conseguimento degli
obiettivi dell'impresa.
Spetta al management riuscire a motivare, responsabilizzare gli individui, dirigere il loro comportamento
verso i fini aziendali e favorire in essi il riconoscimento e lo sviluppo delle proprie caratteristiche
positive. Quindi, il compito principale della direzione aziendale, quello di realizzare le condizioni
organizzative che permettono ai dipendenti di raggiungere gli obiettivi dell'impresa e incoraggiare la
loro crescita.
Lo stile di leadership da adottare quello democratico: il manager si riserva l'assunzione delle decisioni
di maggiore importanza, ma delega agli altri quelle meno rilevanti, pu anche coinvolgere il personale
incitandolo a proporre idee e soluzioni anche per le decisioni di maggior rilievo.
Le due teorie, quella X e quella Y, appaiono tra loro contrapposte, ma esprimono il diverso
comportamento che il lavoratore pu avere a seconda dell'ambiente di lavoro e delle scelte del
management. Per questo, secondo McGregor l'ambiente estremamente importante poich esso ha un
ruolo decisivo sulle persone.
CHRIS ARGYRIS
Un'ulteriore elaborazione fu prodotta da Chris Argyris che defin la coesistenza all'interno del lavoro di
bisogni personali dei lavoratori e di bisogni dell'organizzazione e che i lavoratori danno la preminenza al

soddisfacimento dei propri bisogni. Nelle situazioni in cui i due ordini di bisogni non coincidono, o sono
addirittura in contrasto, si creano situazioni di conflitto, di tensione, di insoddisfazione. Per questo motivo
secondo Argyris occorre che l'organizzazione sostenga la possibilit per i lavoratori di soddisfare i propri
bisogni di ordine superiore e che sia realizzata una direzione ispirata alla teoria Y, poich l'unico modo
per promuovere la crescita professionale ed umana del lavoratore. Gravi sarebbero, infatti, le conseguenze
nel caso in cui in presenza di lavoratori con personalit mature, fosse realizzata una direzione di carattere
prescrittivo, autoritario, rigido e punitivo, in quanto porterebbe alla passivit, alla dipendenza, alla
frustrazione ed alla insoddisfazione professionale. Per questo motivo occorre coniugare lo stile direttivo
alle caratteristiche del lavoratore valorizzandone i talenti, gli interessi e le abilit: solo cos la crescita
della persona si coniuga ad un aumento della produttivit del lavoratore e anche l'organizzazione ne trae
beneficio.
LA TEORIA DELL'EQUITA' ADAMS
In questa teoria si studia la relazione tra i risultati che il lavoratore vorrebbe ottenere con l'attivit
lavorativa, e le competenze, le conoscenze e l'impegno che infonde nel suo lavoro. In questo caso risulta
fondamentale la percezione del lavoratore tra la sua proporzione e quella invece di un altro suo collega.
Secondo questa teoria, si possono generare due tipi di iniquit, un'iniquit positiva e una negativa.
L'iniquit positiva si ha quando il rapporto personale tra i lavoratori percepito dal lavoratore risulta
migliore rispetto alla percezione del proprio collega di lavoro, mentre l'iniquit negativa quando il
rapporto personale percepito dal lavoratore risulta peggiore di quello invece percepito da un suo collega.
In seguito, Cropanzano e Colquitt in seguito, approfondirono questi studi, denominati giustizia
organizzativa, riuscendo a distinguere una equit distributiva, un'equit procedurale e un'equit di
interazione.
LA TEORIA DELL'ASPETTATIVA E DEL VALORE VROOM
La teoria sull'aspettativa e il valore venne stilata dallo studioso Vroom nel 1964, questi studi fanno
riferimento alla capacit dell'individuo di anticipare le possibile conseguenze del proprio comportamento
in ambito lavorativo, la motivazione al lavoro quindi si aziona in base agli obiettivi che il lavoratore si
prefissato di raggiungere. Vroom inoltre sostiene come la motivazione non altro che la scelta da parte
del lavoratore della quantit di energia da impiegare in una determinata situazione lavorativa, in relazione
a quello che si potrebbe ottenere con lo svolgimento di quella particolare mansione.
Possiamo quindi dire che la motivazione data dalla moltiplicazione tra aspettativa e incentivo.
La motivazione del lavoratore, secondo Vroom generata da tre fattori scatenanti, l'aspettativa, che
riguarda la convinzione che un certo sforzo possa portare a un determinato livello di prestazione, la
strumentalit, riferita al rapporto tra causa e effetto tra prestazione e risultato, e il valore che pu essere
positivo o negativo in base ai risultati, che rappresenta il grado di soddisfazione soggettiva relativa alla
scala dei bisogni dell'individuo. Un ulteriore contributo a questa teoria venne dato dallo studioso Fontana
che nel 1997 defin tre assiomi relativi alla scelta occupazionale, alla soddisfazione del lavoro e alla
performance, La scelta occupazionale consiste nella forza che spinge un individuo a scegliere
un'occupazione, questo valore si ottiene quindi moltiplicando la valenza dell'occupazione per la
probabilit di ottenere tale occupazione. La soddisfazione del lavoro consiste nella propensione nel
rimanere nello stesso posto di lavoro, tale valore viene definito dalla moltiplicazione tra valenza del
lavoro per la probabilit soggettiva di mantenerlo per pi tempo possibile.
In fine abbiamo la performance, che consiste nella forza necessaria ad eseguire un determinato lavoro o
una particolare mansione, corrisponde alla moltiplicazione tra la valenza dei diversi livelli di performance
per le diverse probabilit di conseguire tali performances.
L'ORGANIZZAZIONE INNOVATIVA
Da sempre al concetto di innovazione si associa la critica all'eccessiva burocratizzazione o alla lentezza e
inadeguatezza delle strutture e delle procedure, si deve per fare attenzione, infatti si rischia di scivolare
nel caos, necessario quindi gestire l'innovazione, affinch permetta all'organizzazione di evolversi nel
modo migliore.

LA VISIONE CONDIVISA E LEADERSHIP


L'innovazione riguarda principalmente l'apprendimento e il cambiamento ed spesso destabilizzante,
costosa e rischiosa. L'innovazione ha infatti bisogno di energia per superare questa inerzia e di
determinazione per appunto cambiare determinate situazioni. Fondamentale per una corretta innovazione
il ruolo della leadership, che deve essere in grado di attuare strategie e fare opportune scelte al fine di
cambiare la visione dell'organizzazione in positivo. Per avere un'innovazione di successo infatti l'alta
direzione deve notevolmente impegnarsi, accettando anche il rischio derivante dalle sue scelte, in quanto
strategie sbagliate potrebbero far si che l'innovazione generi un insuccesso.
LA STRUTTURA APPROPRIATA
La struttura un altro elemento determinante per il successo dell'innovazione, innanzitutto necessario
creare un contesto organizzativo circostante che permetta alla strategia di applicarsi in maniera efficace e
di portare quindi il giusto grado di innovazione nel sistema. A tal proposito, numerosi sono stati gli
studiosi che hanno cercato di individuare la struttura organizzativa pi appropriata al fine di rendere
l'innovazione un successo. Burn e Stalker ad esempio hanno delineato le caratteristiche di quelle che
possono essere definite come organizzazioni organiche e organizzazioni meccanicistiche.
Le organizzazioni organiche sono ambienti adatti alle situazioni in rapido cambiamento, mentre le
organizzazioni meccanicistiche sono pi adatte a situazioni stabili. Altre ricerche indicano che maggiore
l'incertezza e la complessit dell'ambiente, maggiore il bisogno di strutture e processi gestionali
flessibili, questo in parte spiega perch alcuni settori a crescita veloce sono spesso caratterizzati da forme
organizzative pi organiche, mentre le industrie mature spesso indicano strutture pi meccanicistiche. Gli
studi effettuati da Lawrence e Lorsch hanno preso in analisi l'innovazione di prodotto, affermando che per
essere un'organizzazione di successo, le industrie mature, come quelle del settore alimentare devono
disporre di strutture sufficientemente differenziate e integrate, al fine di aumentare la soddisfazione del
settore.
Concludendo, nessuna strategia volta all'innovazione pu funzionare se non supportata da un'idonea
struttura organizzativa, il bilanciamento tra la strategia e la struttura una condizione utile alla
realizzazione efficace ed efficiente dell'obiettivo innovativo.
INDIVIDUI CHIAVE
L'individuo chiave colui che disposto a sostenere l'idea innovativa, con l'energia e l'entusiasmo
necessari per diffonderla all'interno dell'organizzazione. Spesso a famose innovazioni sono state
affiancate delle figure chiave che possono essere la fonte della conoscenza critica, cio l'inventore o il
capo team responsabile dell'operazione, capace anche di risolvere le varie problematiche legate al
processo innovativo intrapreso. Il ruolo dell'organizzazione fondamentale, infatti grazie al suo operato
che l'innovazione pu progredire, spesso infatti si presentano problemi di natura non tecnica, come la
raccolta dei fondi necessari alla realizzazione del progetto innovativo, da questo principio emerge il
secondo ruolo chiave, lo sponsor organizzativo. Il ruolo dello sponsor organizzativo spesso ricoperto da
una persona che di solito detiene il potere, ha una certa influenza ed capace di tirare i fili
dell'organizzazione, ma che non necessariamente ha una conoscenza tecnica dell'operazione, ma in ogni
caso deve necessariamente crede fermamente nel progetto. Grazie alla sua attivit lo sponsor in grado di
rimuovere gran parte dei problemi e degli ostacoli differenti da quelli prettamente tecnici. Un esempio di
figura chiave ci viene dal Giappone, precisamente dall'Honda dove troviamo lo shusha, o caposquadra
che ha l'autorit di passare per quei progetti, anche sopra le scelte del direttore generale. Fondamentale in
questo processo che le informazioni e le comunicazioni tra i vari settori del progetto avvengano in
maniera efficiente, a tale scopo nasce la figura del guardiano della tecnologia, che ha appunto il compito
di permettere un facile scambio di informazioni.
ADDESTRAMENTO E SVILUPPO
La capacit di un'organizzazione di fare un miglior uso di una nuova tecnologia o di realizzare prodotti
innovativi, dipende in larga parte dalla conoscenza e dalle abilit di coloro che sono coinvolti
nell'attuazione di queste innovazioni. L'addestramento e lo sviluppo sono anche componenti essenziali per
mettere le persone in grado di assumersi maggiori responsabilit e di dimostrare maggiore iniziativa, i

cosiddetti esercizi di empowerment. L'addestramento risulta fondamentale per permettere all'innovazione


di essere recepita anche da quegli individui che non sono particolarmente propensi ai cambiamenti, ad
esempio quando si innova all'interno del processo produttivo inserendo un calcolatore, fondamentale
effettuare un adeguato piano di addestramento proprio per evitare malumori e attriti tra il personale,
necessario quindi investire nell'innovazione e quindi nel nuovo macchinario, ma anche
nell'addestramento. La scoperta e la condivisione continua di nuova conoscenza, permette alle
innovazioni di essere accettate in maniera pi facile e con meno problematiche possibili. La learning
organizzation ha proprio il compito di permettere ai dipendenti di sapere il modo migliore per apprendere,
anche attraverso corsi non prettamente inerenti all'ambito lavorativo, ma che aiutano i dipendenti a
individuare il modo pi idoneo per imparare.
IL COINVOLGIMENTO
Un altro elemento che caratterizza un'organizzazione innovativa il coinvolgimento nell'innovazione.
Anche se l'innovazione spesso vista come una materia di competenza di esperti, ingegneri e progettisti,
in realt il successo di una innovazione, dipende anche dall'attivit dei soggetti che fanno parte dell'intera
organizzazione, anche di coloro che all'apparenza non sembrano utili al progetto. L'intervento di soggetti
esterni al progetto, attraverso opinioni o suggerimenti, permettono di innalzare notevolmente la qualit
del prodotto finale. Un esempio di coinvolgimento ci viene dato dal sistema per lo sviluppo prodotti
chiamato oobeya, utilizzato dalla toyota. L'oobeya, che significa ufficio aperto permette di mettere
insieme persone che provengono da tutta l'azienda una volta al mese per due anni, affinch si possano
condividere le informazioni e discutere su come poter migliorare il prodotto, diminuire i costi e gli errori
e semplificare la produzione. Altre aziende invece raccolgono i suggerimenti provenienti dai
collaboratori, ricevendo un suggerimento da ognuno di loro ogni settimana e attribuendo un premio ai
collaboratori con rendimenti pi elevati e costanti.
IL LAVORO IN TEAM
Il lavoro in squadra facilita sia l'efficienza che l'innovazione, permette una maggiore comunicazione dei
soggetti che riescono a comunicare in modo pi efficace e a condividere pi facilmente le idee. Un
esempio tipico quello della boeing che ha impiegato circa 250 team per realizzare il modello 777, alcuni
team sono stati creati per particolari parti dell'aereo, come la cabina, i motori, o sono stati creati per
servire specifici clienti.
IL CLIMA CREATIVO
Un'organizzazione per dirsi innovativa deve necessariamente aver sviluppato un'apposita cultura, che
consiste in un insieme di idee credenze e valori che permettono all'azienda di attuare in maniera corretta il
processo innovativo. Il clima creativo per pu essere ostacolato da diversi fattori, infatti la cultura
limitata quando l'organizzazione predominata da relazioni verticali restrittive, da scarse comunicazioni
trasversali, da risorse limitate ecc.
BPR TQM
Il bpr rappresenta la capacit dell'organizzazione di innovare radicalmente i suoi processi, mentre il Tqm
rappresenta la capacit di gestire tali processi e innovarli non in modo radicale ma in modo incrementale.
Il bpr sta per ridisegno dei processi di business, utilizza determinate leve tecnologiche per migliorare
notevolmente la performace attraverso un'integrazione trasversale tra sistemi informativi e risorse umane
e organizzative, un esempio tipico di innovazione il passaggio da una struttura verticale a una
orizzontale, con dipendenti che operano su particolari processi in gruppi anzich essere separati in unit
separate e autonome. Relativamente al tqm, assistiamo a un miglioramento di tipo incrementale cio a
piccoli passi relativi all'emersione di piccoli aspetti del processo che non aggiungono valore e che vanno
quindi eliminati, un esempio tipico di cambiamento incrementale la creazione di un team di vendita
all'interno dell'unit di marketing.
LA LEADERSHIP
LA FUNZIONE DI INTEGRAZIONE
Per leadership si intende il processo mediante il quale un soggetto, attraverso particolari caratteristiche e
doti, riesce a influenzare un altro soggetto. Il soggetto pu essere individuale o un gruppo. Nel concetto di
leadership si evidenzia una relazione tra due soggetti, uno detto leader e uno detto follower, il leader
quel soggetto che applica un processo di influenza modificando il comportamento di un altro individuo, il

follower per l'appunto. Partendo da una visione Barnardiana del concetto di leadership si evidenza la
funzione dell'integrazione che ha il compito di coordinare le parti sistemiche differenziate, favorendo il
raggiungimento degli obiettivi inerenti al fine generale da perseguire. Questa funzione inoltre controlla
che le stesse parti non disperdano le loro energie, siano cio produttive relativamente agli standard.
Sempre con riferimento al pensiero Barnardiano, possiamo individuare in questa prospettiva due
dimensioni, la dimensione impersonale e la dimensione personale. La dimensione impersonale non
dipende dal soggetto deputato ad essere leader proprio perch impersonale, e fa riferimento alla creazione
di un sistema complesso di comunicazioni efficienti, che si ottiene attraverso le regole, la progettazione
dell'architettura e dei meccanismi di burocratizzazione nonch una maggiore fluidificazione delle
comunicazioni. Il sistema personale fa invece riferimento alla figura del leader e consiste nella capacit
di aggregare le variabili umane, convogliandole verso il fine comune dell'azienda, caratteristiche tipiche
del leader sono la moralit e la creativit. La moralit consiste nella capacit di distinguere i fini
personali dai fini aziendali, mentre la creativit la capacit di creare consenso attorno a un determinato
fine. Gli studi relativi al concetto di leadership si dividono principalmente in tre filoni, abbiamo degli
studi riconducibili ai fattori personali, altri che si rifanno ai fattori ambientali, e un ultimo
raggruppamento relativo ai fattori di cambiamento.
FATTORI PERSONALI: L'APPROCCIO INNATISTA
Secondo questa teoria, le caratteristiche intrinseche che rendono un soggetto il leader, sono tutte capacit
innate cio che appartengono a quel soggetto per natura. Questo approccio si basa sulla teoria del grande
uomo, quindi la leadership si pu esprimere solo in quanto una persona possiede precise qualit legate
appunto alla sua personalit. Esistono diversi tratti della personalit che se posseduti da un individuo
possono generare un leader, come ad esempio l'intelligenza, l'energia, la dominanza, la stabilit emotiva,
l'onest e l'integrit, e il bisogno di ottenere dei risultati. Esistono comunque dei limiti, in questo
approccio infatti si riscontra una scarsa attenzione alle caratteristiche dei follower e del contesto in cui la
leadership viene espressa, infatti escludere il carattere ambientale, concentrandosi solo sulla figura del
leader rappresenta il limite principale a questo approccio.

FATTORI PERSONALI: L'APPROCCIO COMPORTAMENTISTA


STILI DI LEADERSHIP
In questa teoria rientrante sempre nella categoria del fattore umano, si pone l'attenzione sui
comportamenti del leader che a differenza delle qualit personali possono essere oggettivamente
osservabili. Studiosi come Lewin, Lippitt e White, concentrarono i loro studi su gli stili di leadership in
grado di influenzare il comportamento dei follower o comunque delle persone che nella loro mansione
hanno a che fare con il leader. Gli stili di leadership pi importanti sono lo stile autoritario, lo stile
democratico e lo stile lassez faire. Nello stile autoritario, il leader prende le decisioni senza ascoltare il
parere dei suoi collaboratori, nello stile democratico invece avviene uno scambio equilibrato di
informazioni tra il leader e i followers, mentre lo stile di lassez faire il leader non gestisce nessuna
situazione, non fissa gli obiettivi e non
impartisce ordini, creando una situazione di non
leadership. Mcgregor invece attraverso la
teoria x e la teoria y, identifica i diversi stili di
leadership, l'uno negativo e l'altro positivo, nella
teoria x, si identifica l'uomo come un soggetto
pigro che per dare dei risultati ha bisogno di
incentivi da parte del leader, mentre la teoria y
viceversa afferma che il leader non deve
ordinare e elargire ricompense, ma deve
collaborare per raggiungere lo stesso obiettivo.
Gli studiosi Blake e Mouton, evidenziarono
come il comportamento del leader deve essere
analizzato anche in relazione alla sua efficacia

nel portare a termine un determinato compito o progetto e in base alla qualit delle relazioni che intreccia
con i followers o comunque con i suoi collaboratori.
A tal proposito Blake e Mouton proposero uno schema a forma di griglia dove venivano evidenziate le
varie tipologie di leadership, in relazione all'orientamento del leader alla produzione e o alle persone.
Questo schema composto da due assi, nell'asse verticale troviamo l'intestazione interesse per le
persone che un aspetto che predilige la figura del leader mentre nell'asse orizzontale troviamo la
dicitura interesse per la produzione che invece enfatizza l'efficienza dell'organizzazione. L'interesse
potr essere pi o meno rivolto alle persone e pi o meno rivolto alla produzione, incrociando queste due
assi si formeranno quattro quadranti dove all'interno ho diversi aspetti riguardanti gli stili di leadership. Il
primo quadrante in basso a sinistra, prende il nome di gestione povera e prospetta un basso interesse per
le persone e un basso interesse per la produzione, in questo caso troviamo un leader indifferente o apatico
che ha pochi contatti con il suo staff e che esegue quel minimo sforzo richiesto necessario a non perdere il
suo status nell'organizzazione. In alto a sinistra avremo la gestione del Club, con un maggiore interesse
per le persone e un minimo interesse per la produzione, in questo caso si genera una premurosa attenzione
dei bisogni relazionali in modo da generare un'atmosfera cordiale e una alta qualit del lavoro. In alto a
destra troviamo la gestione del team, composta da una maggiore attenzione sia all'aspetto personale che
di produzione, dove il conseguimento dei risultati opera di persone impegnate, con un comune interesse
allo scopo dell'organizzazione che genera rapporti di fiducia e di rispetto. In fine, in basso a destra
troviamo una maggior propensione verso la produzione e una minore propensione al personale, in questo
caso si parla di accondiscendenza all'autorit, in questa ipotesi, il leader esigente e rigoroso,
l'efficienza infatti deriva da condizioni di lavoro che non consentono all'elemento umano di interferire.
FATTORE AMBIENTALI: L'APPROCCIO SITUAZIONALE
Nata dagli studi effettuati da grandi esperti in materia, come French, Stodgill e Cattell, l'approccio
situazionale, mette in evidenza come non sono soltanto i tratti tipici del leader a condizionare
l'organizzazione e la sua evoluzione, ma anche il contesto, di persone e gruppo in cui il leader si esprime,
il successo infatti dipende anche dalle condizioni del gruppo e dagli atteggiamenti dei collaboratori.
L'efficacia della leadership quindi influenzata dal rapporto tra leader e follower, dalle caratteristiche del
compito da svolgere e dalla posizione ricoperta dal leader, questi tre aspetti possono comunque limitare
l'efficacia della leadership. Secondo l'approccio situazionale, risulta fondamentale personalizzare la
leadership il pi possibile, combinando anche vari stili, aumentando anche la flessibilit del leader.
Ulteriori studi affrontati da Danserau, specificarono come il fattore situazionale pi rilevante il singolo
follower e non l'intero gruppo, si evidenzia cos la cosiddetta leadership personalizzata, dove il processo
che porta all'emergere della leadership parte da un singolo individuo. Per migliorare le performance di
leadership, in questo caso, il leader deve creare un rapporto preciso con ogni singolo follower
alimentando cos un circolo virtuoso. L'attivazione di questo processo implica la considerazione di alcuni
elementi, quali il tempo che si passa con il superiore, l'interazione diretta e singola, la ricerca di aiuto, del
supporto sociale, la difficolt di veder soddisfatti bisogni particolari da parte del leader e le differenze con
il leader. Meindl invece enfatizza il concetto del mito della leadership, dove il leader viene generato da
un processo di costruzione sociale da parte dei seguaci, a prescindere dal leader stesso. Questo processo si
autogenera in particolari situazioni di crisi e di incertezza.
Vroom si focalizza invece su alcuni fattori del contesto relative alle caratteristiche decisionali che il
leader affronta, mettendoli in relazione con lo stile di leadership autoritario e partecipativo, in questo caso
il leader deve utilizzare uno stile di leadership ben definito e in linea con gli obiettivi aziendali,
adattandolo ai diversi momenti e situazioni che deve affrontare durante la realizzazione del progetto.
Concludendo, tutte le teorie appena analizzate hanno il pregio di far risaltare la necessit del leader di
rispondere in maniera adeguata alle varie situazioni che si trover ad affrontare, ma vi sono comunque dei
limiti, infatti porre troppa enfasi al contesto potrebbe sminuire l'importanza delle caratteristiche personali
del leader.
FATTORI AMBIENTALI: APPROCCIO TRANSAZIONALE
L'approccio transazionale, venne ideato da Hersey e Blanchard deriva dalla prospettiva situazionale e
pone in evidenza l'interazione dinamica tra il leader e la situazione nel suo complesso e quindi la
situazione delle persone, del gruppo e dell'ambiente. Gli stili di leadership secondo l'approccio
transazionale, risultano dalla combinazione di due possibili atteggiamenti del leader, cio la guida e il

sostegno, in relazione al grado di maturit dello staff. Da questa relazione possiamo individuare quattro
diversi stili di leadership, prescrivere, vendere, coinvolgere e delegare. Quando all'interno del team,
troviamo un leader incapace, incompetente e riluttante, sar importante applicare lo stile del prescrivere,
con un'elevata direzione e poche relazioni, con un'alta guida e un basso sostegno. Se invece il leader
incapace, ma disponibile lo stile pi adeguato quello del vendere, dove si afferma la condivisione delle
decisioni, nonch un alta guida e un alto sostegno. Se il livello di maturit risulta invece medio alto, cio
con un leader capace, competente ma riluttante, lo stile pi adeguato sar quello del coinvolgere, cio
non direttivo ma a sostegno psicologico, caratterizzato da un alto sostegno e bassa guida.
FATTORI DI CAMBIAMENTO: APPROCCIO CARISMATICO
Tra i principali fautori della leadership carismatica abbiamo certamente Weber, il quale nel 1947 defin il
carisma come un lato speciale della personalit posseduto solo da pochi soggetti che conferisce poteri
eccezionali al di fuori dell'istituzione e spesso anzi in opposizione ad essa.
Lo studioso Etzioni nel 1961 invece aggiunge nuovi elementi alla teoria precedentemente illustrata,
secondo questo studioso infatti la leadership carismatica si pu sviluppare anche all'interno delle
organizzazioni e afferma che questa fa riferimento all'abilit di un soggetto ad esercitare una diffusa e
intensa influenza sugli orientamenti normativi di altri soggetti. Nel 1976 si svilupp un nuovo concetto: la
new leadership paradigma ideata da House, il quale affermava che i leader carismatici hanno delle
caratteristiche uniche che influenzano i followers i quali accettano in maniera incondizionata la
supremazia del leader e obbediscono in maniera assoluta alle sue direttive. Il carisma del leader ha anche
una forte influenza sul coinvolgimento dei followers verso gli obiettivi da lui selezionati. House individua
metaforicamente il carisma come il fuoco, il leader come la scintilla, i followers come materiale
infiammabile e l'ambiente favorevole come l'ossigeno. Solo la giusta combinazione di tutti questi
elementi pu rendere efficiente l'intero processo. Da queste metafore si evince come il leader deve agire
come una persona competente, deve elaborare finalit etiche e deve coinvolgere verso gli obiettivi
collettivi, deve sacrificarsi e correre eventuali rischi e deve avere elevate aspettative rispetto ai suoi
collaboratori. Di conseguenza i followers devono essere remissivi e dipendenti, devono seguire gli stessi
obiettivi del leader e devono dimostrare un orientamento normativo e non pragmatico. L'ambiente pi
consono al leader carismatico senza dubbio quello con una elevata incertezza.
FATTORI DI CAMBIAMENTO: LA LEADERSHIP TRASFORMAZIONALE
Il concetto di leadership traformazionale fu coniato dallo studioso Downton , il quale affermava che il
leader colui che opera sulla motivazione dei suoi followers al fine di raggiungere gli obiettivi comuni.
Secondo Downton il termine trasformazionale fa riferimento alla capacit del leader di mettersi in
collegamento con gli altri, cercando un legame tale da far aumentare il livello di motivazione e di
moralit dei suoi followers. A differenza della leadership transazionale, la leadership trasformazionale
eleva ed elabora gli obiettivi facendoli aumentare di livello e non puntando al loro semplice
conseguimento cos come nella seconda leva. Inoltre La leadership trasformazionale attua solo piccole
modifiche nelle organizzazioni, mentre la seconda permette mutamenti importanti nelle organizzazioni.
Questa teoria venne ulteriormente approfondita da Bass il quale colloca la leadership trasformazionale,
transazionale e del laissez faire in un continuum, mentre Tichi e Devanna nel 1990 videro il cambiamento
di un'organizzazione come un dramma sviluppatosi in tre fasi, nella prima fase abbiamo un
riconoscimento dell'esigenza di rivitalizzazione, cio la necessit nella modifica dell'assetto
organizzativo perch ad esempio i nostri competitors hanno innovato le tecnologie e operano in modo pi
efficiente. La seconda fase consiste nella creazione di una visione, che significa creare un modo di
vedere la proiezione organizzativa in un contesto di cambiamento, si vanno a creare quindi processi in
linea con le previsioni della prima fase. L'ultima fase l'istituzionalizzazione del cambiamento, che
significa mettere il sistema in regime e quindi creare quel nuovo meccanismo per far entrare
l'organizzazione in una modalit ordinaria, cio il processo di cambiamento diventa istituzionalizzato.
Nadler e Tushman pongono invece l'accento sull'istituzionalizzazione del cambiamento nel team
direzionale quindi a un livello pi elevato rispetto a quello operativo.
DIFFERENZA TRA MANAGER E LEADER

Questi due ruoli non sempre coincidono, infatti il manager assume un ruolo di comando non
necessariamente di guida, usa il potere gerarchico che deriva dal ruolo e dalla posizione occupata, si
occupa del funzionamento operativo delle attivit e dei processi, svolge attivit di direzione aziendale
mediante il coordinamento e la supervisione, persegue gli obiettivi aziendali e garantisce la complessit
delle attivit economico-aziendali. Il leader invece non legato da particolari posizioni gerarchiche, pu
esistere anche nei livelli inferiori della piramide organizzativa, svolge attivit di integrazione tra i
partecipanti e le parti, ha una visione ampia del proprio operato, cura gli aspetti interpersonali del lavoro e
ha il compito di orientare e motivare le persone verso il fine stabilito dell'organizzazione.

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