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NON PROFIT: PRODUTTIVITA’ E BENESSERE

INTRODUZIONE
1. La consulenza
Rappaport afferma che la psicologia di comunità e un'ideologia, un insieme di valori e un atteggiamento:

- L’ideologia è caratterizzata da un orientamento sistemico-ecologico: il comportamento e il


benessere/malessere degli individui, l'ambiente e il contesto sociale psicologico sono
interdipendenti. È fondamentale anche il concetto di prevenzione intesa come promozione della
salute e del benessere psicologico, rispetto a quello più riduttivo di cura.
- I valori puntano allo sviluppo di strategie di sviluppo delle competenze (empowering), a livello
individuale , di organizzazione , di comunità e sulla promozione della diversità culturale
- L’atteggiamento è l’impegno verso il cambiamento sociale con la valutazione dei bisogni, dei punti
di debolezza e di forza della comunità dove si interviene

L'obiettivo è quello di agire contemporaneamente sulle dimensioni individuali e organizzative in un


approccio multidimensionale, agendo sinergicamente a livello:
- Strutturale-strategico
- Funzionale
- Psicodinamico
- Psicoambientale

La psicologia di comunità si occupa di organizzazioni, ritenendo che i setting lavorativi sono determinanti
per il benessere delle persone che ci lavorano e che questi luoghi possano essere punti di promozione della
salute psicofisica. Il compito principale è quello di fornire conoscenze significative sul funzionamento
dell'organizzazione e sui processi attraverso i quali queste rafforzano o ostacolano il benessere psicologico
delle persone che ci lavorano, im modo da poter generare un cambiamento nell'ottica della risoluzione dei
problemi condivisa.

Si cerca, inoltre, di promuovere strategie di empowerment Di rete tra l'organizzazione e i servizi, le


istituzioni, gruppi e associazioni di un determinato territorio, ottimizzando le risorse umane disponibili.

Per la psicologia di comunità le persone all'interno dell'organizzazione possono divenire empowered Solo
se rispettate e se nelle organizzazioni trovano le condizioni soggettive e oggettive della loro crescita: la
consulenza deve sempre avere come attori principali tutti i membri e non solo il gruppo dirigente.

Consulente deve porsi come un “facilitatore” dei processi di cambiamento e non come un esperto che
conosce a priori ed ha la soluzione. È necessario riconoscere al committente la paternità del problema e
della soluzione: In altre parole egli deve partecipare attivamente alle fasi diagnostiche del problema e alla
formulazione delle soluzioni, perché solo lui sa cosa è fattibile nel contesto culturale e organizzativo a cui
appartiene.

Obiettivi della consulenza:

1) Aiutare il committente e i membri della organizzazione a perfezionare il modo di operare o


facilitare la comprensione delle difficoltà
2) Aumentare la capacità di tutti gli appartenenti all'organizzazione di controllare in futuro problemi
analoghi
Il lavoro di consulenza si affianca a momenti di formazione-intervento e di supervisione, al fine di aiutare a
sviluppare capacità di problem solving e decision making, Rendendo autonomi i membri dell'organizzazione
quando la consulenza sarà terminata.

La diagnosi e l'intervento sono inscindibili: il porre domande per capire e conoscere o l'essere li
nell'organizzazione costituisce già di per sé un intervento. L'intervento stesso si articola in fasi inizialmente
non previste. Questo tipo di consulenza è un processo formato da un insieme di attività, facilitate dal
consulente vi con lo scopo di aiutare l'organizzazione a percepire le soluzioni più idonee ai suoi problemi.

Infine, è bene sottolineare che la vita organizzativa non permette soluzioni corrette che possano funzionare
per sempre ed è dunque importante che l'organizzazione ragioni in termini di processo, con cambiamento
continuo.

2. Le organizzazioni e il cambiamento
Come le persone, anche le organizzazioni vanno incontro a modificazioni nel corso della loro vita, sia
spontaneamente e sia per fattori esterni. Di fronte a tali cambiamenti possono avere bisogno di un
consulente.

È importante individuare stadi riconoscibili che si incontrano nella vita di un'organizzazione:

1) costituzione del primo gruppo di lavoro, conoscenza reciproca tra membri e del compito da
affrontare; spesso c'è un leader carismatico.
2) nascita dei conflitti per lo status e i ruoli tra i membri.
3) creazione e condivisione di norme per il funzionamento del gruppo; emergono le basi di una
gerarchia e di un sistema manageriale.
4) esecuzione di un modello stabile di relazioni che permette di lavorare senza preoccupazioni
interpersonali; si sviluppano sottosistemi specializzati per funzioni.

La crescita e l'evoluzione di un'organizzazione seguono tendenzialmente quattro linee principali:

 aumento del personale, senza altri cambiamenti strutturali;


 aumento del numero di unità operative dell'organizzazione che svolgono funzioni simili;
 aumento della differenziazione e della specializzazione, con la formazione di sottosistemi
specializzati;
 fusione o assorbimento di altre organizzazioni.

Le organizzazioni attraversano anche delle crisi: i meccanismi di coesione ne permettono la sopravvivenza.

Il terzo settore può essere definito in base a dei criteri; Si considerano appartenenti al terzo settore le
organizzazioni che rispondono a tutti e 3 i seguenti requisiti:

 carattere privatistico
 assenza di scopo di lucro
 erogazione a favore dell'intera collettività

Un sinonimo usato è privato sociale , In riferimento a sistemi di azione organizzati sulla base di motivazioni,
regole, scopi e mezzi di solidarietà sociale, che godono di autonomia gestionale interna e che possono
essere strutturate in forma di impresa. Il termine terzo sistema, invece, è una definizione economica che
sottolinea il carattere imprenditoriale e la valenza socio economica ricoperti dalle organizzazioni non profit:
si tratta di soggetti economici orientati al conseguimento di un benessere collettivo e non del profitto di
impresa.

Realtà che compongono il terzo settore:


- Associazioni e organizzazioni di volontariato
- associazioni e organizzazioni con fini ricreativi, culturali, ecologici, che agiscono per il bene dei soci
- istituzioni senza fine di lucro e di speculazione privata (ad es., fondazioni, enti morali, associazioni
per lo sviluppo del Terzo Mondo)
- organizzazioni non governative etc.

Il terzo settore coniuga:

1) l’impresa, ossia l'idea di rischio, connessa alla capacità di mantenersi economicamente in modo
autonomo
2) al sociale, ossia l'idea della responsabilità verso gli altri spesso verso i marginali.

Il tentativo è quello di andare verso l’impiegabilità, anche per le persone svantaggiate: si tratta di
assicurare la crescita, la formazione e l'apprendimento dentro il posto di lavoro per essere pronti ai
successivi spostamenti. Proprio per il loro tentativo, queste realtà hanno un maggior bisogno di consulenze
organizzative che coniughino le logiche del profitto con quelle del radicamento nella comunità.

PARTE PRIMA – LE ORGANIZZAZIONI


CAP 1 – Come leggere le organizzazioni
1. L’analisi organizzativa multidimensionale e le metafore organizzative
Chi segue le missioni strategiche di un'organizzazione deve poter leggere l'organizzazione stessa nella sua
interezza, per poter attuare i cambiamenti necessari al superamento di un momento difficile o
all'incremento di un trend positivo.

L'analisi organizzativa multidimensionale è un metodo di analisi e intervento, che fornisce diversi livelli di
lettura di un’organizzazione, correlati tra loro. Ogni livello di indagine è arricchito dal fatto che ogni
membro dell'organizzazione può dire la sua sul livello considerato e, quindi, alla complessità dei livelli va
aggiunta la complessità delle letture soggettive. I piani di lettura sono rappresentati da quattro dimensioni:

1) dimensione strategico/strutturale: sono analizzate le variabili hard di una organizzazione


(dimensione giuridica, economica e politica, il posizionamento nel mercato, la missione e gli
obiettivi strategici)
2) dimensione funzionale: si riferisce al chi fa cosa, quando e con che cosa o con chi
3) dimensione psicoambientale: è una dimensione soft, che indica l’accordo/disaccordo dei membri
con l'organizzazione a cui appartengono. Valuta quanto sono soddisfatti o meno e se i bisogni
psicologici incontrano le richieste ambientali. Indaga, inoltre, la comunicazione, il clima e la
leadership.
4) dimensione psicodinamica: anch’essa è una dimensione soft, che indaga le norme implicite, la
cultura e i fantasmi inconsci dell’organizzazione.

L'analisi di queste dimensioni ci indica i punti di forza e di debolezza, ma è solo la lettura fatta da tutti i
membri dell'organizzazione di tutti questi punti di forza e debolezza emersi che indica le criticità principali e
i punti di forza sui quali concentrarsi per progettare un cambiamento sto organizzativo.

L’organizzazione può essere quindi guardata da varie prospettive, tra cui:


- ambiente
- organizzazione del lavoro
- tipo di autorità
- comunicazioni
- impegni dei membri

Per indagare le diverse dimensioni di una organizzazione, uno degli strumenti che possono essere utilizzati
sono le metafore: un linguaggio figurato che ci aiuta ad immaginare l’organizzazione prendendo delle
immagini come possibili letture. Ogni professionista può immaginare la sua organizzazione come vuole;
l’importante è cogliere cosa la metafora ci dice sulla nostra organizzazione e verificare quanto questa
visione sia condivisa tra i membri dell’organizzazione:

 Organizzazioni come macchine

L'organizzazione non profit è progettata come una macchina che risponde a rigide norme di
comportamento organizzativo, prevede una divisione delle responsabilità e la sua forza sta nel resistere alle
pressioni interne ed esterne, socio politiche e culturali, piuttosto che di adeguarvisi. E un'organizzazione
efficiente, con una chiara definizione degli scopi e degli obiettivi che si vogliono raggiungere, in cui le
attività principali sono la pianificazione, l'organizzazione e il controllo. Quando la burocrazia meccanica è
presente nell'organizzazione non profit prevede:

1. scarsa discrezionalità di chi opera nel nucleo operativo, con compiti molto specializzati e tradotti in
procedure routinarie;
2. Una media impegnata a gestire la varianza, a mantenere i collegamenti verticali e a garantire il
rispetto delle procedure definite dalla tecnostruttura;
3. la tecnostruttura dotata di ruolo e potere centrale esercitato e consolidato attraverso il monopolio
definitivo delle procedure;
4. il vertice strategico impegnato nella messa a punto della macchina e interventista nei confronti
della linea intermedia, detentore del potere formale e reale; flussi regolati da procedure, ruoli
tendenzialmente rigidi

 Organizzazioni-organismi

L'importanza è data alla forza motivante delle relazioni sociali e allo spirito di gruppo. La produttività dei
singoli non è più considerata come collegata direttamente alle condizioni di lavoro, ma si ritiene che la
curva della produttività sia influenzata dall'appartenenza ai gruppi di lavoro ed ai bisogni di chi lavora di
comunicare e di essere ascoltati. Viene valutata l'importanza di ricompense di carattere morale e sociale
oltre che economiche. L'obiettivo può essere anche sviluppare le potenzialità negli individui e creare
condizioni organizzative in metodi operativi tali di permettere alle persone di raggiungere i propri obiettivi,
indirizzando allo stesso tempo i propri sforzi verso gli obiettivi organizzativi.

 Organizzazione come sistema sociale

Viene letta come inserita in un contesto più ampio in cui e legata da rapporti di scambio in entrata e in
uscita. Ogni organizzazione non-profit è un insieme di sottosistemi organizzativi aggregati e interconnessi in
modo non casuale. In rapporto all'ambiente, si collocano lungo un continuum che va da sistemi aperti a
chiusi: il sistema aperto è capace di automantenersi utilizzando le risorse fornite dall'ambiente esterno

 Organizzazioni come cervelli

L'organizzazione è vista come elaboratore di informazioni in grado di apprendere in modo diffuso e


innovativo. l'organizzazione non profit e un cervello che elabora informazioni e studia le relazioni tra gli
individui e le loro aspirazioni con l'organizzazione e i suoi obiettivi. Per comprendere il funzionamento di
una organizzazione non-profit è necessario osservare come i membri prendono decisioni e risolvono
problemi.
Le decisioni si dividono in: strategiche, progettuali, operative. E, inoltre, tra: programmate e non
programmate, ossia decisioni nuove, non strutturate, occasionali, che richiedono una forte creatività.

 Organizzazioni come culture

L'organizzazione non profit può essere Letta come un fenomeno culturale che si sviluppa e si diffonde e in
cui vanno interpretati il sistema di conoscenze, la sua ideologia, i valori, i riti quotidiani, il credo dei
dipendenti e gli assunti impliciti che si traducono in comportamenti quotidiani.

In base alla tipologia culturale, l'organizzazione cambia le sue caratteristiche di sviluppo e orientamento di
tutti gli attori verso la cooperazione, l'integrazione, l'armonia, la professionalità, la vision oppure verso
l'individualismo, la conflittualità, la competitività, l'egoismo e la dipendenza.

 Organizzazioni come prigioni psichiche

In quest'ottica, in un gruppo organizzativo ogni individuo non è mosso solo dalla realizzazione del compito
ma anche soprattutto dalla ricerca della stabilità e della sicurezza personale e nei confronti degli altri.

Secondo questa metafora, la vita organizzativa non profit è percorsa da ansietà inerenti alla dimensione
operativa e alla dimensione relazionale. Per ridurre, evitare o mascherare queste ansietà chi lavora ricorre a
diversi meccanismi di difesa che assumono un carattere condiviso e socializzato.

Secondo questa visione, i gruppi di lavoro si dividono in:

1) gruppo caratterizzato dall'assunto dell'accoppiamento, in cui si individua la speranza che le cose


andranno meglio in futuro, riducendo i sentimenti di aggressività, di odio e di gelosia tra membri
2) gruppo caratterizzato dall'assunto di dipendenza, che ricerca uno stato di rassicurazione e
soddisfacimento dei bisogni di sicurezza, di protezione e di riparo. Il capo da risposta a questi
bisogni, ma sorgono sentimenti depressivi di inadeguatezza nei componenti del gruppo
3) gruppo caratterizzato dall'assunto di attacco e fuga, che ha un nemico con cui fare i conti. La colpa
è sempre degli altri e ciò che accade nell'organizzazione non è mai direttamente imputabile a chi
opera. Il leader viene vissuto come castrante.

2. La psicologia di comunità e la qualità totale


Uno dei modelli ad oggi più adatti per rispondere a problemi di qualità, innovazione, flessibilità e di
contenimento dei costi e la teoria dell'organizzazione per processi.

Per processo si intende un'attività organizzata che prevede:

- l'identificazione degli input e dei fornitori (in ingresso)


- l'individuazione dei clienti e degli output (in uscita, ossia i risultati del processo)

Si caratterizza per:

1. attività programmate e ripetitive che coinvolgono più funzioni organizzative, volte a soddisfare un
bisogno della comunità;
2. definizione di ruoli e delle responsabilità condivise.

Le unità di processo devono avere al loro interno la responsabilità della gestione di tutte le attività di un
processo e della realizzazione del servizio (ampia delega decisionale).

La logica del processo si Lega alla teoria organizzativa della Qualità totale, nata nelle aziende giapponesi e
importata In Italia negli anni 80: in quest'ottica, la qualità del processo è data dalla soddisfazione del cliente
esterno (chi usufruisce del servizio) e interno (chi lavora nell'organizzazione), con la capacità di erogare il
servizio alle minimo costo e nel rispetto degli standard temporali concordati con il cliente interno e esterno.

Sia quindi un sistema di programmazione e controllo del qualità costituito da diverse fasi:

 qualità attesa: rilevazione delle attese e dei bisogni dei cittadini


 qualità progettata: definizione degli standard operativi
 qualità erogata: controllo delle prestazioni reali dei processi
 qualità percepita: livello di soddisfazione dei cittadini circa le prestazioni fornite
 qualità paragonata: confronto con le realtà migliori interne o esterne

È possibile sintetizzare questo approccio manageriale in alcuni punti, adattabili alle organizzazioni non
profit e alla psicologia della comunità:

- attenzione alla risorsa umana: nonostante per la qualità totale sia legata alla produttività,
permette di introdurre in un'organizzazione il concetto di empowerment individuale, secondo il
quale persone dipendenti e senza potere possono sviluppare un sentimento del proprio valore e un
maggior controllo sulla situazione lavorativa, se vengono incoraggiati a farlo; lo sviluppo
dell'empowerment si Lega alla prevenzione del bournout.
- priorità data alla qualità, intesa come adeguatezza del servizio alla soddisfazione dell'utente
- volontà di aumentare il contatto tra organizzazione e ambiente: si collega alla strategia di
creazione di rete tra organizzazioni private e pubbliche e all'utilizzo dei profili di comunità che ad
essa sono legati
- creazione di catene interne cliente/fornitore, in cui ogni segmento dell'organizzazione è
contemporaneamente cliente e fornitore di un altro segmento dell'organizzazione stessa: si lega al
concetto di bournout e alla creazione di un clima di ascolto reciproco e di comunicazione circolare
(al contrario di quella dall'alto al basso tipica delle strutture piramidali)
- lavorare con i dati, privilegiando il metodo scientifico e l'attitudine dell'analisi
- capacità di individuare le priorità organizzative: si rifà al concetto di logical framework, come
strumento di chiarezza e di condivisione progettuale
- controllo dei processi e non dei risultati: è connesso alla creazione di una struttura organizzativa
basata su gruppi di lavoro autonomi
- adesione agli obiettivi dell'organizzazione da parte di tutti i membri

Nell'ottica della qualità totale bisogna quindi considerare la soddisfazione del cliente/utente, che sta alla
base della rilevazione bisogni e delle attese e del livello di soddisfazione dei cittadini. Ogni organizzazione
deve individuare gli strumenti per:

 segmentare i clienti/utenti/cittadini/soci in gruppi omogenei


 dare un ordine di priorità ai loro bisogni
 misurare le aree di insoddisfazione
 misurare le soglie di tolleranza circa i servizi erogati

La rilevazione può essere effettuata attraverso rilevazioni qualitative (focus group), indagini quantitative
(interviste, questionari) e attraverso l’analisi degli strumenti di ascolto impiegati.

Le organizzazioni non-profit si caratterizzano per tre momenti:

1) predisposizione del cliente/utente/cittadino al rapporto con l'operatore (front-line) In cui viene


informato di diritti, condizioni e vincoli e con un livello di attese coerente alle effettive prestazioni
erogate
2) interazione tra chi opera e cliente, ossia il momento della verità, in cui è necessario raggiungere e
superare le aspettative del cliente.
3) Gestione del post- servizio in cui si verifica il soddisfacimento o meno delle attese e in cui si gestisce
il disservizio

la sequenza di questi momenti può riguardare non solo il singolo operatore ma anche un gruppo di lavoro o
tutta l'unità operativa e si differenzia in base alle tipologie di utente. Occorre quindi elaborare strumenti
per:

- individuare e definire i processi


- definire le prestazioni (performance indicator)
- definire le responsabilità (process owner)
- correlare le prestazioni interne al processo con le prestazioni globali e la soddisfazione del cittadino
- tenere sotto controllo la variabilità delle prestazioni per capire sì a fronte di scostamenti dal
previsto stanno intervenendo sul processo cause normali o speciali e adottare quindi interventi
correttivi idonei

CAP 2 – METTERSI IN RETE


1. Cosa è una rete
La rete è sostanzialmente una costruzione mentale che serve a rappresentare le relazioni e i nessi tra
sistemi o tra questi e le persone. Le reti possono essere classificate in:

1) Rete primaria: è caratterizzata da contenuti di affettività e/o affinità rispetto al soggetto; svolge una
funzione protettiva e di sostegno e sviluppo dell'identità.
2) Reti secondarie formali: Comprende le istituzioni che sono state create per assicurare determinati
servizi alle persone. I rapporti sono asimmetrici e il contenuto è di tipo professionale.
3) Reti secondarie informali: comprende le associazioni, organizzazioni di volontariato, gruppi
sviluppati per far fronte a determinati bisogni delle persone.

Le reti possono, inoltre, essere lette attraverso quattro dimensioni caratterizzanti:

- STRUTTURA, comprende le seguenti variabili:

1. Ampiezza: numero di persone/organizzazioni/servizi che appartengono alla rete


2. Densità: numero delle relazioni duali tra i punti della rete
3. Frequenza: quanto spesso la figura centrale è in contatto con ciascun punto della rete
4. Composizione: può essere omogenea o eterogenea seconda che siano tutte, ad es., organizzazioni
pubbliche o private
5. Durata: periodo di tempo da cui la figura centrale è in relazione con i vari nodi della rete
6. Cluster: segmenti di rete con densità particolarmente elevata, organizzazioni particolarmente ricche di
reciproche connessioni

- INTERAZIONE, che comprende:

1. Base: tipo di legame di ciascun nodo con la figura centrale, ad es. amico, collega, fornitore
2. Direzionalità: reciprocità, unidirezionalità, simmetria; se la figura centrale che dà o riceve un servizio,
etc.
3. Plessità: numero dei ruoli o relazioni che connettono tra di loro i nodi della rete; una relazione nella rete
si definisce uniplex se riguarda una sola area di contenuto e multiplex se riguarda più aree.

- QUALITA’, che comprende:

1. Forza del legame: data dall' ammontare del tempo, del coinvolgimento emotivo, dello scambio
2. Intensità del legame: grado di coesione tra i nodi della rete
- FUNZIONE, che comprende:

1. Tipi di funzione: i nodi della rete possono fornire informazioni e feedback, sostegno emotivo, aiuto
materiale etc.
2. Risorse dei nodi della rete: disponibilità di contatti, di informazioni, possibilità di accedere ad altri nodi
della rete

E’ necessario considerare anche la dimensione spazio- temporale in cui si colloca la rete; si possono
ottenere quindi tre diversi tipi di rete:

- rete densa e omogenea: è composta da un solo grande gruppo indifferenziato dove tutti si
conoscono e non ci sono sottogruppi indipendenti. Il vantaggio sta nel potenziale quasi illimitato di
supporto e di scambio e della rapidità con cui può essere disponibile; lo svantaggio e la forte
pressione di gruppo e quindi il rischio è il conformismo e la poca propensione all'innovazione.
- rete frammentata: è composta da piccoli sottogruppi relativamente indipendenti gli uni degli altri; i
sottogruppi variano da tre a 5. le persone si conoscono solo se fanno parte dello stesso sottogruppo
e i contatti tra sottogruppi sono scarsi. È un tipo di rete mobile e flessibile che permette di accedere
a nuovi scambi anche se gli scambi sono meno stabili ed equilibrati.
- rete dispersa: La maggior parte delle persone e dei nodi della rete non si conoscono tra loro e le
relazioni tendono a non durare e a non essere reciproche.

Così come le organizzazioni sono in rete tra loro allo stesso modo il gruppo dei membri della stessa
organizzazione può essere visto come una rete in cui ogni professionista è un nodo della rete.
L’organizzazione a rete e un modello concettuale in cui i soggetti produttivi o no di del sistema convergono
su obiettivi comuni.

Le organizzazioni del terzo settore sono delle reti “a legame debole”: i legami tra queste organizzazioni si
caratterizzano dal fatto che sono collegate da reciproche influenze, ma ogni organizzazione mantiene la
propria identità. In tal senso, è possibile:

 Conservare la propria capacità di lettura e di interpretazione della realtà di riferimento e quindi


conoscere al meglio il proprio ambito;
 Favorire l'adattamento localistico dei servizi che vengono offerti;
 Permettere soluzioni innovative e cambiamenti legati ai bisogni emergenti percepiti;
 Consentire l'autodeterminazione delle singole organizzazioni coinvolte nella rete.

Per tracciare una mappa dei legami reticolari esistenti è necessario:

- conoscere i rapporti attivati tra le varie organizzazioni presenti nello stesso territorio;
- registrare da chi e come sono tenuti i rapporti;
- indicare come perché i nodi della rete comunicano o s'ignorano;
- tracciare una rete dei rapporti attivati tra le varie organizzazioni indicando su quali contenuti e in
merito a quali problemi;
- individuare i punti di forza e di debolezza tra, ad es., l'organizzazione in esame e il comune o la Asl,
tra la cooperativa X e il gruppo di volontariato Y;
- Definire i confini tra i diversi nodi: quali clienti per quali problemi?

Per attivare strategie di coordinamento in rete occorre riconoscere:

1) Reti esistenti
2) canali privilegiati
3) attori coinvolti
4) figure chiave al confine con le organizzazioni
5) reti di potere e di scambi

2. Come promuovere l’interazione a rete


Se l'obiettivo è la promozione delle connessioni delle reti tra organizzazioni o servizi/settori/unità e il
rafforzamento di processi di coordinamento tra queste realtà, è necessario considerare che la rete non si
realizza facilmente partendo da una volontà centrale, ma va promossa, attivata e orientata. in tal senso,
esistono alcune condizioni:

 l'organizzazione promotrice è estremamente credibile dal punto di vista culturale e professionale e


i membri promotori sono ritenuti i leader nel settore in cui si vuole intervenire;
 il progetto suscita poche resistenze ed è sufficientemente condiviso dai vari nodi della rete;
 l'organizzazione promotrice gestisce risorse centrali e indispensabili per tutte le altre organizzazioni
o servizi;
 le diverse organizzazioni non possono sopperire in altro modo al raggiungimento dell'obiettivo se
non aderendo al progetto di rete.

3. Quali fattori favoriscono un lavoro di rete


Il lavoro di rete tra organizzazioni è favorito da fattori hard e soft. Il fattore hard è fondamentale per
l'economia politica della rete; è il potere giuridico e denaro, ma nelle organizzazioni non profit il potere è
indicato anche da:

1. numero di persone che riescono ad essere attivate per fornire il servizio;


2. livello di mobilitazione dei gruppi di sostegno attivati sia dentro che fuori dall'organizzazione;
3. collocazione dell'organizzazione nel contesto sociale.

Analizzando questi fattori si possono avere due situazioni nelle reti organizzative:

- modello di predominanza di una organizzazione sulle altre


- modello di relativa parità

Tuttavia, i sistemi e le reti al legami deboli non sono tenuti insieme tanto da fattori di tipo hard, quanto da
fattori di tipo soft come:

1. Il consenso sul campo d'azione: E’ l’accordo tra i diversi nodi rispetto al reciproco ruolo e sulle
reciproche aree di competenza di ciascuna organizzazione. Dipende da vari fattori, tra cui le
capacità contrattuali di una organizzazione/servizio; le competenze dei membri; il know how
dell’organizzazione (reali capacità offerta); altri progetti già condivisi con le altre organizzazioni
della rete.
2. Il consenso ideologico: condivisione di ideologie e credenze e approccio tra i nodi riguardo alla
natura dei compiti si all'approccio per il raggiungimento degli obiettivi.
3. La valutazione positiva: stima e giudizio positivo tra i nodi della rete, che dipendono dagli
immagine delle altre organizzazioni, dalla disponibilità a riconoscere la diversità come un valore e
dalla condivisione di culture di riferimento comuni.
4. Il coordinamento operativo: la presenza nella rete di elementi condivisi a livello di procedure
organizzative che riguardano la pianificazione, il controllo, la progettazione, l'innovazione e i sistemi
premianti.
5. La gratificazione personale: se la partecipazione a gruppi di progetto di rete non ha per le persone
alcun ritorno in termini di soddisfazione personale e difficile che tali gruppi svolgano funzioni di
rafforzamento e integrazione di rete.

Altri fattori che possono favorire il successo di un programma di integrazione di rete:

- la possibilità per i diversi nodi di mantenere una pluriappartenenza, Ossia che gli impegni presi in
comune permettono comunque di continuare ad occuparsi anche di altro;
- la capacità di individuare modalità organizzative che valorizzano le differenze e non prevedono una
definizione rigida di procedure, accogliendo modalità operative flessibili e innovative;
- la possibilità che no dice il Draghi siano più di uno e che siano connessi tra di loro, in funzione
dell'area di intervento e del progetto che è l'obiettivo condiviso dalla rete;
- la capacità di contrattare attivamente la propria posizione, sia come individuo come organizzazione,
e la possibilità di negoziare le proprie strategie di intervento;
- la capacità di innovare con l'attivazione di nuovi nodi della rete e il riconoscimento di una maggiore
importanza ad alcuni nodi preesistenti ma marginali fino a quel momento (altre organizzazioni,
gruppi di cittadini, etc.);
- esplicitazione delle reti esistenti, nel senso che spesso chi lavora nelle organizzazioni non ne ha una
chiara consapevolezza e quindi c'è bisogno di una formalizzazione, in modo che le connessioni
attivate non rimangano patrimonio esclusivo dei singoli attori coinvolti.

Fondamentale è anche riconoscere i momenti di rischio, che possono portare al fallimento delle strategie
di rete:

 strategie di rottura: condotte che indeboliscono la posizione di una organizzazione della rete,
influenzando la sua capacità di produrre risorse necessarie
 strategie di manipolazione: alterazione dei vincoli ambientali relativi al flusso di risorse
 strategie autoritarie: uno dei nodi della rete al potere di dirigere i flussi di risorse e ridefinisce in
modo autoritario le relazioni tra i partecipanti all'interno della rete e la natura dei progetti
 strategie culturali: le alleanze e le rotture avvengono sulla base solo di differenze o appartenenze
di tipo ideologico

4. Come governare una rete


Affinché il lavoro di rete sia efficiente ed efficace occorre che sia governato da un gruppo di coordinamento
che si occupi di:

- ottenere la collaborazione da parte dei soggetti organizzativi che generalmente si ignorano


- dirimere i conflitti di autorità e problemi di competenza
- costruire una cultura comune relativa al lavorare per progetti e non per compiti
- produrre regole condivise sulle metodologie di intervento

Affinché ci sia una gestione integrata della rete è necessario:

1. Monitorare il territorio e le esigenze della popolazione a cui si indirizza il progetto (ricerche sulla
domanda quella l'offerta e sul grado di soddisfazione dei bisogni, ad es. con i profili di comunità)
2. orientare l'utenza nei vari servizi offerti dalle diverse organizzazioni in rete con, ad es., centri di
informazione cittadini, marketing dei servizi etc.
3. Ordinare le diverse metodologie e i programmi di intervento elaborando criteri di valutazione
condivisi e curando la formazione, la supervisione e la ricerca
4. reperire risorse spontanee nel territorio (ad es. gruppi di auto-aiuto) e negoziare le risorse
istituzionali
5. promuovere iniziative politiche coordinate di nave per un marketing sociale

NB: Nella realtà queste attività sono già presenti all'interno di alcune delle organizzazioni in rete ed è quindi
opportuno far convergere sul servizio che già svolge una di queste attività le energie delle altre e aprire
quella organizzazione ad una prospettiva di rete con altre organizzazioni.

Il grado di intensità del coordinamento e dell'integrazione tra le organizzazioni in rete dipende da un unico
elemento: la necessità di collaborare per la riuscita del progetto. Si possono quindi avere tre tipi di reti in
base al coordinamento:

 Rete fortemente governata - Un esempio è il Dipartimento di Salute Mentale della Asl, che si
occupa di:
-intese con i servizi confinanti con la salute mentale per definire i criteri di invio al dipartimento, per sviluppare attività
preventive e perseguire i casi multiproblematici;
-formazione interna dei professionisti per uniformare i criteri diagnostici operativi;
-divisione dei compiti tra servizi operatori;
-attribuzione di responsabilità sui singoli casi;
-contrattazione delle risorse in sede politica e amministrativa secondo esigenze che scaturiscono da programmi di
lavoro complessivi.

 Rete debolmente governata - Un esempio è dato dalle organizzazioni che si occupano di prevenire
il disagio dell’adolescente. questi interventi hanno in comune la popolazione a cui si rivolgono ma, a
differenza del dipartimento di salute mentale, Non c'è bisogno di una vera e propria presa in carico
forte e di un lungo periodo degli adolescenti. In questo settore, ogni nodo ha bisogno di autonomia
operativa e il coordinamento deve capire se le varie organizzazioni che operano nello stesso
territorio debbano differenziarsi in base ad una divisione funzionale dei compiti oppure no. Nel
caso che più organizzazioni offrono servizi simili, il compito del coordinamento è garantire una
logica di concorrenza pura che privilegi le finalità sociali a quelle commerciali. Essendo una rete al
legame debole ogni nodo deve verificare da solo l'utilità della sua esistenza in relazione all'evolversi
della realtà sociale, l'insuccesso o la disfunzione di un nodo non incide direttamente sugli altri. La
pluralità culturale è solo una risorsa. E’ un coordinamento che deve fornire appoggi indiretti alle
spinte organizzative spontanee dei diversi nodi.

 Rete non governata - alcuni settori, come quello della tutela dell'ambiente, incontrano difficoltà nel
lavoro al rete per la loro complessa storia. Chi governa questo tipo di rete dovrebbe:

- Creare la cultura di settore che consenta un approccio comune al problema e concetti e linguaggi su cui possano
convergere la maggior parte di chi opera, occorre concordare una classificazione dei problemi e una metodologia
unificata per elaborare programmi di intervento.

- mettere rete servizi e operatori, che appartengono a istituzioni diverse: ministeri, regioni, enti locali, comuni, scuole
etc.

Il problema del coordinamento delle reti di organizzazioni diverse si pone in modo particolare quando le
singole unità mantengono una dipendenza gerarchica dalla loro organizzazione ma una dipendenza
funzionale da un'altra. Un modo per affrontare il problema e immaginare una organizzazione a matrice,
all'interno della quale i singoli vengono distribuiti in gruppi di progetto, ciascuno dei quali può essere
composto anche da persone che dipendono gerarchicamente da organizzazioni diverse. La matrice può
essere utilizzata anche per rappresentare l'insieme in delle funzioni che operano nella rete. Nella
definizione di una matrice organizzativa va:

1. Prima definita la macrostruttura, ossia la divisione di compiti relativi al progetto tra le


organizzazioni in rete
2. Successivamente si deve progettare la microstruttura, cioè la divisione del lavoro all'interno di ogni
singola organizzazione

Se non c'è una progettazione coordinata di rete si può andare verso due situazioni estreme:

- espansione solitaria: l'organizzazione procede all'allargamento delle proprie risorse e


all'ampliamento del repertorio degli interventi non curando se sia un doppione di altre
organizzazioni;
- strategia imperialistica: l'organizzazione più forte impone agli altri il suo approccio al problema
senza una elaborazione interdisciplinare. Le altre organizzazioni che non si riconoscono in questa
linea lasciano la rete.

5. L'analisi del territorio e i profili di comunità


I profili di comunità forniscono una serie infinita di informazioni che caratterizzano il territorio dove si
opera e permettono di individuarne i punti di debolezza, a cui provare a porre rimedio con l'attività della
propria organizzazione, utilizzando i punti di forza come risorse per il cambiamento. I profili che si utilizzano
sono:

1. profilo territoriale: descrive le caratteristiche fisiche e urbanistiche del territorio


2. profilo demografico: descrive le caratteristiche della popolazione che risiede nella comunità
3. profilo occupazionale: descrive cosa fanno le persone per vivere
4. profilo dei servizi: descrive la tipologia e l'organizzazione dei singoli servizi
5. profilo psico sociale: descrive gli attori sociali e la qualità delle loro relazioni
6. profilo istituzionale: descrive le istituzioni presenti sul territorio
7. profilo antropologico culturale: descrive la cultura della comunità e il sistema di valori e modelli

PROFILO ASPETTI
Territoriale - morfologia del terreno
- ubicazione e confini
- infrastrutture
- condizioni abitative
- vie di comunicazione
- clima
- risorse naturali
- aree verdi e industriali
- aree storico- artistiche
- inquinamento
- abbattimento delle barriere architettoniche
Demografico - numero di abitanti divisi per sesso, età, status e
istruzione
- famiglie, numero e ampiezza
- tasso di natalità e mortalità
- mobilità
- densità abitativa
- immigrati e emigrati
Istituzionale presenza o assenza, ubicazione e funzionamento di:
- organizzazione politico- amministrativa
- sedi di partito
- istituzioni religiose cattoliche e non
- forze armate
- uffici giudiziari
- istituti di pena
attività produttive presenza e assenza di attività primarie, secondarie,
terziarie
Servizi - area socio-educativa: scuole, rapporti di
formazione professionale, scuole speciali e
università
- area socio-sanitaria: servizi sanitari pubblici e
privati e sociali pubblici e privati
- area ricreativa-culturale: servizi pubblici e
privati
Antropologico - storia della comunità
- feste e tradizioni
- valori
- norme
- atteggiamenti
- usanze e costumi
- stereotipi
- stili educativi
- modalità di comunicazione
- religione
- percezione delle istituzioni
- tempo libero
Psicologico - vissuti relativi alla propria comunità
- senso di appartenenza
- integrazione o emarginazione
- presenza di sottogruppi e loro chiusura o
apertura
- senso di comunità
- sicurezza affettiva e grado di collaborazione
- rappresentazione sociale
- sostegno sociale percepito

CAP 3 – LAVORARE PER PROGETTI


1. La pianificazione strategica
Il logical framework è un processo logico che aiuta a determinare cosa un'organizzazione non-profit
intende essere nel futuro e come raggiungerlo. Questo processo prevede scelte fondamentali rispetto a:

- definire la missione o gli obiettivi strategici che si vogliono raggiungere


- stabilire il programma o i servizi che si vogliono offrire in relazione alla missione
- decidere come ottenere le risorse necessarie (risorse umane, denaro, competenze, etc.)

E implica il trovare un accordo tra:

- la missione della propria organizzazione (ciò che si intende portare a termine)


- le opportunità e gli ostacoli che l'organizzazione incontra (cosa è necessario e cosa è realizzabile)
- i punti di forza e di debolezza della propria organizzazione (cos'è capace di fare)

Il logical framework risponde alle seguenti domande:

1) è chiara la nostra missione?


2) la nostra missione è coerente con ciò che è necessario e fattibile nell'ambito di cui ci occupiamo
con i nostri servizi?
3) abbiamo le capacità e le risorse per fare ciò che è necessario? se no, come pensiamo di risolvere i
nostri problemi?
Il ruolo di una organizzazione può essere definito anche come la missione: ciò che l'organizzazione si
propone di ottenere come progetto di cambiamento a lungo termine, nei prossimi 3/5 anni, rispetto ai
bisogni della comunità a cui fa riferimento. per scegliere il bisogno che si intende soddisfare o il problema
da affrontare è necessario stabilire quale sia il gruppo bersaglio (target) e conoscerne le condizioni di vita e
le caratteristiche del territorio e della comunità dove si intende operare. Da queste indagini emergerà che i
bisogni non soddisfatti e i problemi sociali o ambientali sono molteplici e quindi è necessario scegliere quali
bisogni voler soddisfare o quali problemi voler affrontare. Nel fare questa scelta bisogna fare un’analisi
della situazione, attraverso una discussione di gruppo:

1) analizzare la storia dell'organizzazione (inizi dell'organizzazione, eventi significativi, valori invariati


fino ad oggi, quali valori/comportamenti/atteggiamenti mantenere e quali modificare) e le
situazioni presenti (missione attuale, servizi, programmi previsti, staff, situazione finanziaria,
progetti avviati).
2) analizzare la propria missione: la missione è un'affermazione che indica lo scopo principale o la
ragione dell'esistenza di un'organizzazione; indica cosa si vuole raggiungere a lungo termine e chi
beneficerà dell'azione del l'organizzazione. La missione deve essere chiara a tutti i membri
dell'organizzazione.
3) valutare le opportunità e gli ostacoli ambientali: per avere queste informazioni si possono fare
questionari, incontri cittadini, interviste alle figure-chiave della comunità, gruppi di discussione etc.
In tal senso, sarebbe opportuno identificare i bisogni dei clienti/utenti attuali e potenziali a cui
l'organizzazione intende rivolgersi per cogliere opportunità e vincoli. Inoltre, bisogna valutare se la
propria organizzazione e forte o debole rispetto alla competizione delle altre organizzazioni. Nel
mondo non profit, non sempre le altre organizzazioni rappresentano dei concorrenti: possono
essere anche un'opportunità se si creano rapporti di rete. Infine, vanno analizzate come
opportunità o vincolo le forze sociali, culturali, economiche, politiche o tecnologiche.
4) valutare i propri punti di forza/debolezza: azione ha le risorse e le capacità interne per rapportarsi
alle opportunità e ai vincoli ambientali?

Quindi, l'analisi della situazione permette di individuare il ruolo che l'organizzazione intende avere nel
futuro; il ruolo si esplica, a questo punto, attraverso le strategie, che prevedono:

- la linea generale dell'azione che si intende seguire


- l'impatto che si intende avere
- il gruppo bersaglio che si vuole raggiungere

Per ogni strategia possono essere individuati più obiettivi operativi e attività, che ci sembrano essere i modi
più appropriati per andare incontro ai bisogni non soddisfatti scelti come prioritari.

Ricapitolando:

RUOLO  MISSIONE (meta strategica che si intende raggiungere)  OBIETTIVO (risultato specifico e
concreto il cui conseguimento rappresenta un progresso significativo verso lo scopo della missione) 
ATTIVITA’ (comportamento eseguibile da parte del soggetto per avanzare verso l'obiettivo)

2. La progettazione
Negli anni 70, in Italia, nell'ambito dei Servizi socio-sanitari, si comincia a parlare di progetti- obiettivo.
Lavorare per progetti è lo strumento principale per applicare la pianificazione strategica, così da definire sia
gli obiettivi, che le azioni e le risorse necessarie.

Tuttavia, uno dei limiti di questo modello è stato spesso il fatto che come capo progetto sono stati
individuati i dirigenti delle strutture preesistenti nelle quali venivano inseriti i progetti e che queste persone
rispondevano esclusivamente a necessità burocratiche e gerarchiche dell'organizzazione. Il passaggio che
ancora non è avvenuto e quello dalla cultura classica alla cultura del management by objectives e al
Project management, Secondo cui si deve privilegiare il momento gestionale del l'organizzazione, cioè
quello dinamico e operativo: nel lavorare per obiettivi si prevede, infatti, che ogni soggetto conosca
l'obiettivo per cui sta lavorando e si responsabilizzi in ordine ai risultati da ottenere, Privilegiando il lavoro
di equipe sia all'interno dell'organizzazione, che tra le varie organizzazioni.

Nelle organizzazioni non profit possono svilupparsi le seguenti situazioni rispetto a lavorare per progetti:

- la presenza di un comportamento organizzativo orientato ai progetti e con una cultura coerente,


ma con una struttura tradizionale: il risultato si caratterizza per instabilità e episodicità e i progetti
possono essere accolti ma non durare nel tempo.
- la struttura è concepita per il lavoro per progetti ma è carente la cultura e il comportamento
relativi: l'organizzazione enfatizza gli aspetti tecnici e metodologici, ma li burocratizza e crea nuove
regole.
- Si ha un coinvolgimento alto degli operatori ma una scarsità di interesse del dirigente che non
impedisce l'avvio del progetto, ma non è in grado di garantirne lo sviluppo adeguato o la sua
ripetizione in futuro.
- il dirigente è coinvolto ma gli operatori e sono demotivati: l'avvio è lento e si richiedono molte
azioni collaterali di sostegno con il rischio di incidere sullo sviluppo del progetto principale o
rinviarne l'esecuzione nel tempo.

PROGETTAZIONE: Impostare le proprie azioni sulla base di piani stabiliti in conformità degli obiettivi
operativi e degli scopi strategici che si intendono raggiungere

Peculiarità di un progetto: Sistemica di un'iniziativa complessa, unica e di durata determinata, rivolta al


conseguimento di un obiettivo chiaro e predefinito mediante un processo continuo di pianificazione e
controllo di risorse differenziate con vincoli di costi-tempi-qualità.

Parlando di progettazione per fasi:

1. Stabilire l'obiettivo del progetto


2. definire gli indicatori relativi ad ogni obiettivo
3. determinare la sequenza di attività appropriata per raggiungere ogni obiettivo
4. valutare i presupposti e le supposizioni che riguardano il progetto
5. valutare le risorse umane, economiche strumentali e temporali necessarie al progetto
6. definire i risultati attesi
7. predisporre un piano di monitoraggio continuo e di valutazione finale

Lo scopo di un progetto è Quello che ci si aspetta dal progetto come utile (il traguardo più ampio a cui si
ambisce). Gli obiettivi sono ciò che si spera di raggiungere con il progetto. I progetti hanno di solito da tre a
5 obiettivi specifici. Inoltre, è importante indicare quanti beneficeranno del progetto e come si misureranno
i benefici: le misure dei benefici si chiamano indicatori di successo e indicano i cambiamenti ottenuti.
Possono essere:

- cambiamenti quantitativi, come un aumento delle specie salvate


- cambiamenti qualitativi come un aumento di interesse verso certi argomenti

Gli obiettivi si dividono in:

1) Immediati: Indicano l'effetto particolare che il progetto vuole ottenere una volta completato con
successo e in un dato tempo
2) a lungo termine: indicano il livello programmatico che va oltre gli obiettivi immediati. È la ragione
del progetto, l'impatto per il cambiamento a cui sono diretti gli sforzi del progetto. Generalmente,
dipendono da un certo numero di progetti collegati, ciascuno con un suo proprio obiettivo
immediato.

L’obiettivo è quindi la componente chiave di un progetto. Un obiettivo ben formulato si riassume in una
frase: la natura dell'effetto che il progetto intende avere, in quanto tempo l'effetto sarà ottenuto e chi
trarrà beneficio dal progetto. In formulare l'obiettivo è necessario considerare separatamente gli elementi
che sono contenuti nel progetto:

- la natura dell'effetto o cambiamento che ci si aspetta


- il gruppo bersaglio
- il luogo del progetto
- la durata del progetto

L'espressione dell’obiettivo può essere quantitativa, qualitativa o entrambe, ma questo deve essere
esplicito e preciso. Ogni obiettivo deve avere una sola espressione e se ci sono più obiettivi devono essere
messi in ordine di priorità. Gli obiettivi devono anche essere posizionati nel tempo:

- tempi troppo brevi sono da evitare perché non sono significativi e sono troppo soggetti al caso
- tempi troppo lunghi sono da evitare perché le motivazioni si indeboliscono e aumenta la
probabilità che eventi esterni incidano sull'obiettivo
- periodo unico: ad es., dal 1 gennaio al 31 marzo. va bene per obiettivi semplici, qualitativi e di facile
realizzazione; il rischio però è che la relazione motivo risultare forte la prima e l'ultima quindicina di
giorni, ma potrebbe essere debole durante i due mesi intermedi.
- periodi successivi: ad es., l'obiettivo viene diviso in tre tappe mensili. va bene per gli obiettivi
divisibili permette di creare ritmo agli sforzi; il rischio però è che si può sviluppare demotivazione se
si raggiunge un solo obiettivo.

Bisogna poi scegliere tra obiettivi individuali e di gruppo:

VANTAGGI SVANTAGGI
Obiettivi individuali - messa in opera semplice - non adatti per alcuni
- responsabilizzazione compiti collettivi
- limita i rischi a livello dei - eccesso di concorrenza, a
risultati del gruppo scapito della cooperazione
- non mobilita tutti allo
stesso modo
Obiettivi di gruppo - rinforza la coesione nei - riserve di energie poco
gruppi solidali utilizzate
- mobilità la dinamica di - disgregazione dei gruppi
gruppo poco Uniti
- massima performance - ostilità degli individualisti
potenziale - rischio di cattivi risultati
globali se il gruppo non
aderisce all'obiettivo

5 CONDIZIONI PER UN OBIETTIVO OPERATIVO

OBIETTIVO UTILE deve rispondere ad un bisogno reale e alla


domanda “quale vantaggio porterà il
raggiungimento dell'obiettivo e quale ne sarà il
prezzo?”
OBIETTIVO PRECISO bisogna tradurre l'obiettivo in risultati da
raggiungere e quantificare e preferire semplici
numeri alle percentuali. devono essere precisate
anche le condizioni alle quali il risultato deve
essere raggiunto e con quali mezzi. Vanno fissati
criteri che saranno utilizzati per valutare il risultato
e fissare una durata delle attività, stabilendo una
data per l'inizio e una per la fine. Vanno indicati
uno o più responsabili.
OBIETTICO REALIZZABILE l'obiettivo deve essere sotto il controllo personale
e non sotto l'influenza di fattori esterni non
immediatamente controllabili. non proporre più di
tre obiettivi.
OBIETTIVO MOTIVANTE deve essere deciso di comune accordo quando
possibile un obiettivo e un qualcosa verso cui
andare e non un qualcosa da cui allontanarsi.
OBIETTIVO CONTROLLABILE Il risultato deve essere misurato con precisione e
affidabilità e la misura deve essere facile ed
economica e deve essere rapida perché i correttivi
da adottare possano venire applicati
immediatamente. È meglio rinunciare ad un
obiettivo se non se ne può controllare la
realizzazione. Bisogna avere un controllo ecologico
per verificare gli effetti che derivano dal
raggiungimento degli obiettivi.

Vanno indicati nell'obiettivo anche gli indicatori, cioè i criteri scelti per valutare se il nostro obiettivo è stato
raggiunto o no. Gli indicatori sono variabili rapporti tra variabili o combinazioni tra variabili possono avere
caratteristiche che vanno da un massimo di obiettività (n. di decessi) a un massimo di soggettività
(percezione di benessere). Possono riguardare:

- condizione fisiologica, endocrinologica, immunologica etc.


- Comportamento
- atteggiamenti e opinioni
- informazioni e conoscenze
- stili emotivi
- condizione socio- economica

Gli indicatori devono avere le seguenti caratteristiche:

1. misurabilità
2. attendibilità
3. rilevanza
4. validità
5. fattibilità

Gli indicatori sono particolarmente difficili da trovare per quei progetti che si occupano di informazione e
educazione. Inoltre, devono essere indicate le fonti da cui si prevede di raccogliere i dati per gli indicatori:

- statistiche ufficiali
- statistiche compilate dai centri privati
- osservazione diretta
- interviste o colloqui
- scale o questionario
Una volta definiti gli obiettivi, bisogna chiedersi quali attività vanno intraprese per ottenere i risultati
desiderati. La natura di un progetto è definita dalle sue attività; nel fare un progetto è importante mettere
le attività in ordine cronologico e definire chi ne è responsabile. Alcune attività possono essere segmentate
dal responsabile per valutare meglio le risorse di cui ha bisogno, intese come tempo e personale.

Esistono, inoltre, i presupposti, cioè delle condizioni fuori dal controllo del responsabile del progetto, che
sono necessari e sufficienti per il successo del progetto. Sono degli aspetti incerti che si possono incontrare
nell'implementazione di un progetto che possono aumentare la probabilità che si realizzi il passaggio da
risorse a attività, da attività al risultati, da risultati a obiettivi immediati. È preferibile indicare in modo
esplicito questi presupposto prima di partire con il progetto per potersi distinguere le responsabilità di chi
conduce il progetto da quelle che sono effettivamente situazioni non controllabili.

In un progetto, la domanda a cui dobbiamo rispondere a proposito dei risultati è: di che genere e quanti
devono essere i risultati ottenuti con quelle risorse e quelle attività affinché l'obiettivo sia considerato
raggiunto? I risultati sono una cosa diversa dagli effetti che, piuttosto, derivano dai risultati. Il risultato è il
prodotto di un'attività completata. Nella pianificazione dei risultati andrebbe indicato il tempo e l'ordine di
uscita dei prodotti, così come il loro numero.

Il calcolo del numero e della grandezza dei risultati delle attività si chiama target- setting ed è ciò che ci
aspettiamo venga prodotto in un determinato tempo. Stabilire quantitativamente il target- setting può
essere difficile, ma è importante perseguire e controllare il progresso del progetto ed è utile per stabilire le
attività e le risorse necessarie. Più nello specifico, i risultati di un progetto vanno calcolati esattamente
partendo dalle risorse e dalle attività richieste per ottenerli e non pensati approssimativamente sulla base
dell'obiettivo. Definire il target- setting è un processo continuo:

1. si calcolano i risultati necessari per avere l'effetto indicato nell'obiettivo;


2. Si calcolano le attività e le risorse necessarie per avere questi risultati;
3. se questi sono fattibili il progetto prosegue, altrimenti se non è realistico bisogna calcolare quali
risultati si possono avere con le risorse disponibili e riformulare in relazione a ciò l'obiettivo.

Per svolgere le attività occorre fare un piano delle risorse necessarie, che devono essere valutate durante la
pianificazione e che sono:

- Persone coinvolte (risorse umane): quante persone servono per raggiungere gli obiettivi del
progetto e quale attività deve svolgere ogni persona; quanto a lungo è impegnata ogni persona per
portare a compimento le attività; quali specifiche capacità ed esperienze sono richieste; tutte le
persone appartengono all'organizzazione ci sono volontari.

I membri di un gruppo progetto dovrebbero prevedere queste funzioni:

1. responsabile del progetto


2. assistente per specifici compiti
3. personale con competenze specifiche
4. Responsabile amministrativo
5. segretaria
6. altre figure tecniche (consulenti)

- denaro necessario
- materiale e risorse strumentali: C'è bisogno di un ufficio, di libri o riviste, di tecnologia; bisogna
stampare o duplicare copie; occorre materiale da cancelleria, audio visivi; vi sarà corrispondenza; si
userà il telefono.
- Tempo: Determinare la scadenza più breve entro cui potrà essere completato il progetto; è
importante stabilire la durata di ogni fase, la data più prossima in cui una fase può iniziare e la data
massima in cui una fase deve iniziare.

La gestione del tempo è connessa a due variabili:

1) Urgenza: scadenza immediata che non lascia scelta sullo svolgimento meno dell'attività
2) Importanza: crea un ordine di preferenza tra le varie attività di relazione a obiettivi e risorse

Si creare una direttrice di connessione tra queste due variabili:

Urgente Non Urgente


Importante crisi: scadenze e problemi Qualità: attività di pianificazione,
pressanti che richiedono il nostro prevenzione, empowering,
intervento immediato preparazione e sviluppo delle
relazioni; una buona gestione
della qualità diminuisce le attività
della crisi
Non Importante illusione: interruzioni certe spreco: faccende banali, parte
telefonate, parte della posta, della posta, certe telefonate
alcuni rapporti, attività utili ad alcuni rapporti; attività che non
altri e non a noi e certe riunioni hanno rapporto con i nostri
obiettivi

Utilizzando questa matrice, l'obiettivo è quello di trascorrere la maggior parte del tempo compiendo le
attività del secondo quadrante. Ovviamente bisognerà sottrarre tempo ad attività collocate nel primo
quadrante, nel terzo e nel quarto.

Uno degli elementi che più caratterizza una organizzazione è la valutazione. Valutare significa predisporre e
utilizzare metodologie, per riscontrare il grado di corrispondenza tra programmi e risultati e si mare le
risorse impiegate per conseguire i risultati. La valutazione e un modo obiettivo e sistematico di apprendere
dall'esperienza ed è un continuo confronto tra risultati attuali e precedenti aspettative, per misurare il
successo e formulare giudizi sulla continuazione o meno delle strategie del progetto. La valutazione prende
in esame tutto il disegno del progetto: sviluppo, implementazione, cause del successo o del fallimento,
contributi dati da quel progetto alla missione dell'organizzazione. La valutazione risponde a molteplici
bisogni:

- aiuta a gestire l'incertezza del lavoro nelle organizzazioni non profit e a evitare che si sviluppino
meccanismi di Burnout
- protegge dalla perdita di know-how che si determina con la rotazione delle risorse umane
- permette un dialogo con l'esterno

I soggetti della valutazione sono:

- il cliente e/o l'utente dell'intervento che valutano in base alla risposta ottenuta e alla soddisfazione
di un bisogno
- lo staff dirigenziale che presiede al buon uso delle risorse
- gli operatori impegnati nel progetto che verificano l'efficacia delle loro scelte operative

Esistono due forme di valutazione:

1) assessment: stimare gli effetti del progetto (ha raggiunto il suo obiettivo?) - giudizio sul progetto;
stabilire gli indicatori, riferire sugli effetti, decisione per comparazione o per interpretazione.
2) monitoring: controllare i risultati (il target-setting è stato raggiunto?) - controllo dei risultati;
registra risultati e riferirli, decisione per comparazione o per interpretazione.

Il piano per la colazione deve essere stabilito ad un tizio del progetto perché da questo dipende come si
definiscono i risultati e gli effetti. entrambe le forme prevedono tre livelli:

1. stabilire gli indicatori: la misura degli effetti o dei risultati. E’ il livello più difficile perché riguarda
sia la definizione di come gli effetti e risultati devono essere misurati, sia la raccolta dei dati per
misurarli. Le misure dei risultati sono più facili da definire e sono generalmente il numero dei
risultati prodotti; gli effetti sono più difficili e si tratta di cambiamenti che si vogliono ottenere nelle
conoscenze, atteggiamenti o comportamenti. È importante avere una base teorica che leghi gli
obiettivi perseguiti agli strumenti di misura e agli indicatori usati nella valutazione dei risultati.
2. fare un confronto tra gli indicatori e gli obiettivi o il target dei risultati previsti
3. interpretare i dati per stabilire il successo o meno del progetto o prendere decisioni sul suo
proseguimento

Componenti della valutazione:

 Efficienza: Rapporto tra risorse impiegate e attività realizzate e/o risultati prodotti con l'obiettivo di
aumentare la redditività (risultati/costi)
 Efficacia: rapporto tra attività realizzate e raggiungimento degli obiettivi. (risultati/obiettivi)
Esistono due tipi di efficacia: quella interna, che permette un giudizio di qualità sulle metodologie
utilizzate e sulla loro applicazione più o meno appropriata; quella esterna, Misura la congruenza tra
l'offerta del progetto e la domanda a cui si voleva rispondere. Per valutare l'efficacia interna
occorre che chi opera riassuma le attività e il loro contenuto metodologico, l'arco di svolgimento e
l'obiettivo di riferimento. Per valutare l'efficacia esterna bisogna registrare anche il grado di
dispersione del servizio e la permeabilità del servizio.
 Rilevanza: opportunità del progetto in rapporto alla missione dell'organizzazione e alla sua
struttura. Ad es., va verificato che l'organizzazione abbia definito il budget di riferimento e gli
strumenti necessari agli operatori.
 Impatto: reazione dei clienti/utenti dell'intervento e loro percezione dei risultati prodotti
dall'intervento (soddisfazione/insoddisfazione), considerando la inverse car low, Per cui i
beneficiari dell'intervento non sono esattamente coloro che ne hanno maggior bisogno, ma coloro
che, avendone bisogno, hanno anche gli strumenti culturali e relazionali per usufruire del servizio.

A questo punto si deve decidere come raccogliere le informazioni di cui abbiamo bisogno:

a) Le informazioni sui risultati devono essere raccolte quando l'attività è completata e vanno misurati
i risultati prodotti da ciascuna attività. La quantità e il tempo dei risultati attuali vanno confrontati
col target-setting e con i fogli di programmazione del tempo previsto per ogni attività. Ogni
differenza va valutata dal responsabile del progetto (monitoring). il monitoring assicura che il
progetto sia stato implementato in accordo al piano di progettazione. È un processo continuo che
interviene ad intervalli regolari nel corso del progetto.
b) Le informazioni sugli effetti si possono raccogliere solo quando sono stati ottenuti i risultati. La
valutazione sugli effetti indica se il progetto ha avuto successo o no. Nel caso delle organizzazioni
non profit, gli interventi tendono a cambiamenti sociali e ambientali e quindi la valutazione degli
effetti è sempre complessa perché la realtà sociale ambientale si modifica anche a prescindere dai
di interventi.

Nel fare la valutazione vanno considerati anche due fattori:


1) natura del progetto: ad es., se si tratta di progetti piloti devono avere i loro successi molto ben
documentati
2) utilità della valutazione: se il progetto è significativo per il gruppo che lo fa ci vuole attenzione sulla
valutazione, se si tratta invece di un gruppo di formazione per cui, ad es., non si ripeterà questa
esperienza di progettazione sufficiente una valutazione informale dello staff

PARTE SECONDA – LE PERSONE NELLE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT


CAP 4 – DIPENDENTI, VOLONTARI, SOCI, ATTIVISTI
1. I clienti interni: chi sono?
Nelle organizzazioni non profit, sono le persone che compongono l'organizzazione stessa, perché la
tecnologia e gli strumenti utilizzati incidono poco sull'erogazione dei loro servizi, che sono spesso volti alla
creazione di benessere e di cambiamento negli individui. Sono servizi prodotti ed erogati da individui per
altri individui. In genere, si riscontra una certa femminilizzazione delle professioni d'aiuto. Ad ogni modo,
tutti sono molto motivati in termini valoriali rispetto ai compiti che svolgono nelle loro organizzazioni, ma
altrettanto stanchi: stanchi di una cattiva gestione organizzativa, con poca chiarezza sui ruoli e sugli obiettivi
strategici; stanchi di una realtà in cui il clima emotivo è troppo dominante; Stanchi della confusione e
dell'incertezza organizzativa che colludono con le caratteristiche di individui in cui il confine tra impegno
privato e pubblico è fragile.

Inoltre, le persone che lavorano nelle organizzazioni non-profit lavorano molto e spesso con una bassa
retribuzione e con poca condivisione del potere decisionale. Un altro elemento di debolezza risulta essere
la formazione: Si tratta di organizzazioni self made originate spesso da una spinta volontaristica di un
gruppo di amici con valori comuni e alcune competenze specifiche possono trasformarsi radicalmente negli
anni.

Un altro aspetto fondamentale è che quando i dipendenti vivono un disagio nelle organizzazioni questo si
riflette in termini organizzativi nel calo della qualità della produttività che in questi casi è erogazione di
servizi alle persone.

In generale, la gestione delle persone in queste realtà organizzative richiede estrema attenzione sia nel
processo di scelta, che in quello di crescita:

- Il Reclutamento è nelle organizzazioni non profit in genere pochissimo, sia perché il bisogno è tale
da non lasciare spazio alla possibilità di scelta, sia perché scegliere o dire di no è fonte di gravi
disagi psicologici, poiché vi è il valore assoluto di dover rispondere a tutte le richieste e accettare
tutti nella convinzione ideologica che tutti siano uguali. In realtà, il reclutamento dovrebbe
valorizzare le differenze individuali di competenze e motivazioni permettendo a tutti di collocarsi al
meglio nell'ambiente di lavoro; è importante, quindi, non solo che l'individuo abbia specifiche
competenze, ma anche che abbia determinati motivi che si avvicinano all'organizzazione che, a sua
volta, deve essere in grado di rispondere ha diverse aspettative (Guadagno economico, garanzia di
non trasferimenti, bisogno di crescita professionale, di appartenenza, di prestigio, di crescita
personale etc.).
Compito dell'organizzazione non profit deve quindi essere la verifica dell'accordo psicosociale: la possibilità
di incontro tra i desideri del singolo individuo e i bisogni oggettivi e complessivi organizzativi. Questa
verifica non sia solo nel momento di ingresso nel sistema, ma dovrebbe seguire tutta la vita delle persone
nell'organizzazione. A questo punto, dovrebbero quindi entrare in gioco i piani formativi personali. È
importante quindi pensare ad una formazione che non solo metta in grado le persone di svolgere al meglio i
loro compiti, ma anche le affianchi nella crescita verso un'eventuale radicale cambiamento professionale.
Va sottolineato, inoltre, chi è le persone cambiano anche la loro vita personale durante quella lavorativa:
via di casa, si sposano, hanno dei figli, si separano etc. Questi Incidono sulla vita lavorativa modificandone
la disponibilità di tempi ed energia e anche questi aspetti dovrebbero essere periodicamente oggetto di
attenzione.

Un altro aspetto importante nella gestione delle risorse umane è la capacità di lavorare in gruppo: si tratta
di saper creare una struttura organizzativa in team autonomi che grazie a un coordinamento interno ed
esterno riescono a darsi degli obiettivi e a raggiungerli in armonia con un disegno organizzativo globale e
con i bisogni individuali, articolando un sistema a rete dove ognuno rappresenta un nodo indispensabile per
la realtà organizzativa. In tal senso, occorre sviluppare una cultura del lavoro di gruppo e le competenze di
leadership empowering nei dirigenti. Fondamentale è quindi la comunicazione interna: Avere chiaro cosa si
vuole comunicare e a chi, con quali obiettivi e quali strumenti è una delle chiavi principali della gestione.

La comunicazione e la formazione sono alcune delle leve strategiche più importanti che bisogna saper
utilizzare soprattutto nelle realtà non profit in cui ci si occupa di persone che lavorano con e per altre
persone.

Per conoscere le proprie risorse umane, si possono usare sia strumenti più standardizzati (questionari, test),
che quelli più dinamici, come i gruppi di discussione che permettono di individuare i punti deboli e di forza
e creano un clima partecipativo indispensabile per la soluzione di questi problemi.

La scarsa retribuzione non viene spesso indicata come uno dei momenti di rottura principali, perché il
bisogno maggiormente sentito è la partecipazione piuttosto che solo una retribuzione adeguata. Ad ogni
modo, la scarsa retribuzione non riesce ad attrarre un numero sufficiente di persone con conseguente
insufficienza d'organico, a meno che:

- le mansioni o il posto di lavoro siano molto attraenti


- i membri hanno la possibilità di perseguire proprio obiettivi personali anche contemporaneamente
in un'altra organizzazione

Un altro problema, connesso a quello dell'organico insufficiente, è che le persone che non ottengono
risultati soddisfacenti non sono comunque rimosse.

Nelle organizzazioni che si sviluppano attraverso queste caratteristiche, le persone si dividono in:

- attivisti al centro
- periferici, che dipendono da quelli del centro, facendo aumentare il tempo richiesto dal centro per
la loro gestione ed anche le responsabilità che questi ultimi si devono addossare.

Spesso i membri periferici rimangono isolati e tendono a sentirsi esclusi e poco valutati, mentre quelli del
centro, pressati dalle crescenti richieste di tempo ed impegno, tendono a sentirsi sfruttati. Occorre quindi
pensare ad una chiara gestione di questa complessa realtà organizzativa, per contrastare lo sviluppo di
ruoli periferici e centrali in opposizione, favorendo i rapporti complementari e limitando così l’improduttiva
biforcazione.

2. Il volontariato
Nella gestione delle risorse umane nelle organizzazioni non profit, la complessità è aumentata non solo
dalla relazione esistente tra membri del centro e quelli della periferia, ma anche dalla presenza dei
volontari, persone che danno il loro tempo e il loro impegno gratuitamente.

Spesso queste organizzazioni basano la loro capacità operativa proprio sui volontari e quando aumentano
le loro dimensioni e hanno una vasta periferia può accadere che il volontario perda di vista la missione del
sistema organizzativo, sentendosi insoddisfatto e abbandonando il suo impegno. per i volontari è semplice
rompere il vincolo che li Lega alle organizzazioni e questo è confermato anche dagli alti tassi di turnover.

Tendono maggiormente a rimanere quei volontari che:

- hanno un forte interesse personale per il raggiungimento degli obiettivi dell'organizzazione


- considerano l'organizzazione l'unico mezzo per perseguire questi obiettivi
- hanno un forte senso della propria utilità

I volontari, proprio perché non retribuiti, devono trovare condizioni più stimolanti e motivanti rispetto ad
ogni altro contesto e devono avere la possibilità di ricavare una soddisfazione ancora maggiore nelle loro
azioni e di percepire che stanno dando un contributo rilevante. È necessario che le organizzazioni creino tali
condizioni, proponendo attività che presentino questi elementi:

- varietà
- autonomia
- senso di dare un contributo

Un altro strumento utile per aumentare la motivazione è rappresentato dai corsi di formazione preparatori
e dalla possibilità offerta di fare esperienza in un campo che in qualche modo possa essere attinente alla
vita lavorativa, così da offrire una possibilità di avanzamento che, in una realtà non profit, non è intesa
come avanzamento nella scala gerarchica, ma come possibilità di assumersi impegni crescenti.

Per aumentare la motivazione del volontario è anche importante creare un processo di valutazione:
Valutare i volontari sugli obiettivi, perché la loro motivazione intrinseca consiste nel rispondere nella
maniera più adeguata possibile alla soluzione dei problemi di tipo individuale e collettivi della società a cui
appartengono e sentono quindi il bisogno di verificare in che modo abbiano contribuito al raggiungimento
di questi obiettivi.

È anche vero che, spesso, i volontari tendono a produrre a livelli minori di quelli dei lavoratori retribuiti,
perché sono meno disposti a portare a termine lavori poco interessanti e lavorano comunque per un
numero limitato di ore e quindi conoscono meno il proprio lavoro: necessitano di un maggior
coordinamento. D’altronde, sono più disposti dei dipendenti a seguire le direttive e subire controlli formali,
se pensano che queste azioni siano necessarie al raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

Le organizzazioni che hanno tra di loro i membri volontari devono utilizzare alti livelli di controllo sociale
informale per mantenere soddisfacenti i livelli di performance dei volontari e per coordinare l'azione dei
volontari ed essere sicuro che il loro contributo sia affidabile occorre fare ricorso alla persuasione e
all'emulazione, perché generalmente sono persone molto propense ad emulare le azioni dei leader
carismatici e del gruppo di appartenenza. I leader carismatici contribuiscono quindi all'efficienza dei
volontari nell'organizzazione:

- lavorando di più nei periodi di crisi


- presentandosi come incarnazione dei valori dell'organizzazione
- sviluppando rapporti personali positivi con gli altri membri
- facendo sentire gli altri moralmente obbligati a causa dei propri sacrifici
I leader dei volontari hanno più influenza se parlano frequentemente dei successi dell'organizzazione,
favorendo la consapevolezza nell’altro di essere personalmente importanti e dimostrando di chiedere a se
stessi più di quanto chiedono agli altri.

Per abbassare il rischio di turnover dei volontari bisogna fare uso della comunicazione interna, per
trasmettere loro l'importanza della missione dell'organizzazione e del contributo di ciascuno al suo
perseguimento. Inoltre, bisogna considerare che la maggior parte di loro iniziano l'attività perché stimolati
da un amico, da un parente o da un altro volontario: le relazioni interpersonali sono molto importanti e
quindi le organizzazioni non profit devono cercare di mantenerle e svilupparle.

NB: Tutte queste considerazioni comunque devono essere considerate nella gestione di tutte le risorse
umane di un'organizzazione non-profit, perché non è tanto la retribuzione ad attirare i lavoratori, quanto la
motivazione intrinseca. E sulla incentivazione della motivazione che vanno spese molte energie.

CAP 5 – IL BOURNOUT E L’ORGANIZZAZIONE IN TEAM


1. Il rischio di bournout
Uno dei problemi principali che chi dirige una organizzazione non-profit deve affrontare è la sindrome del
bornout, ossia una perdita progressiva di idealismo, energia, motivazione e interesse che è il risultato dello
squilibrio che si crea tra le richieste e le risorse disponibili, tra i fini che ci si pone e i mezzi a disposizione
dell'organizzazione per raggiungerli. Questa frustrazione porta a uno stato di fatica, dubbi sul significato e
l'utilità del proprio lavoro, senso di impotenza professionale (powerlessness), che si concretizza in un
distacco dagli utenti e dal proprio lavoro.
Il senso di impotenza professionale o powerlessness si sviluppa sotto forma di: Impotenza, scarsa stima di sé,
dipendenza, identità debole, alienazione, sfiducia in sé e nell'organizzazione, aggressività, scarsa produttività, ricerca
del capro espiatorio, apatia, competizione e acquiescenza .

Il bournout , il che non indica necessariamente un contatto diretto con un utente/cliente, quanto un
rapporto con l'oggetto del proprio lavoro di tipo significativamente affettivo: si tratta di una risposta di
disimpegno e chiusura di fronte a stimoli stressanti.

Il bournout è un fenomeno complesso, che ha valenze psicologiche, sociali e organizzative, che ruota
intorno alla relazione illusione/delusione. L’individuo in bournout ha le caratteristiche della persona
disempowered:
- Deluso e sfiduciato
- Sfinimento, stanchezza, ansia
- atteggiamento di passività e di dipendenza nell'organizzazione, indifferenza
- continua ricerca dell'approvazione dei suoi superiori e caduta dell’autostima
- fastidio verso il cliente, distacco
- rabbia/aggressività verso gli utenti/clienti e i colleghi
- basso ascolto di sé e degli altri
- pessimismo
- miopia di interessi
- Attenuazione del desiderio di successo

Accanto ai sintomi somatici e ai segni di disagio psicologico, si manifestano anche reazioni


comportamentali, che vanno lette in tempo da chi gestisce l'organizzazione, con lo scopo di prevenire un
peggioramento del disagio del lavoratore e la conseguente ricaduta negativa sul suo operato. Tra questi
comportamenti troviamo:
- Assenze o ritardi frequenti
- tendenza a rinviare gli appuntamenti
- tendenza a evitare i contatti telefonici
- chiusura al dialogo con i colleghi
- tendenza a seguire rigidamente procedure stereotipate
- scarsa propensione al cambiamento

Fattori organizzativi che contribuiscono a causare il bournout:


1) Sovraccarico lavorativo
2) ambiguità di ruolo
3) riconoscimento inadeguato delle proprie competenze e prestazioni
4) partecipazione limitata ai processi decisionali
5) carenza di coesione del gruppo di lavoro
6) carenza di capacità di supporto da parte del gruppo di lavoro
7) scarsa mobilità professionale

NB: La cattiva gestione del tempo e la difficoltà a programmare la propria giornata lavorativa è uno dei
temi che più ti presenta in tutti i livelli gerarchici delle organizzazioni.

Per prevenire la sindrome del burnout, sono consigliati interventi di carattere formativo e organizzativo.
Più nello specifico, si consiglia il modello della formazione-intervento, che con una metodologia attiva e
partecipante, permette di sentirsi coinvolti in prima persona e di partecipare direttamente alla
programmazione e alla gestione del corso:

- Alla presentazione del programma segue una riformulazione del contratto formativo. in base alle
esigenze dei partecipanti;
- L'esposizione dei contenuti è accompagnata o preceduta da esercitazioni, con discussioni guidate,
valutazione di situazioni reali, questionari e schemi di analisi e di intervento

Si valorizza l'esperienza concreta, ponendo attenzione alle esperienze professionali e ai vissuti emotivi
sottostanti, mettendoli in relazione con gli schemi concettuali che vengono presentati, per evitare che si
tratti solo di una trasmissione di contenuti teorici. Offre la possibilità di acquisire strumenti operativi e di
confrontarsi in modo costruttivo su problemi organizzativi comuni.

Questo intervento agisce direttamente:

 Diminuendo il senso di sfiducia di chi opera che spesso è legato a una scarsa valutazione del proprio
livello di conoscenza e abilità
 sviluppando la percezione dell'importanza di una comunicazione più chiara ed efficace
 aumentando la capacità di ascolto attivo con una migliore capacità di distinguere tra contenuto e
relazione
 facendo acquisire metodi e tecniche di preparazione organizzazione e conduzione di un gruppo di
lavoro
 permettendo di acquisire strumenti per una gestione del tempo più efficiente ed efficace
 sviluppando la capacità di riconoscere i conflitti e cercare la modalità per evitarli o esplicitarli e
superarli
 aumentando la consapevolezza della necessità di programmare e valutare i propri obiettivi
dimensionando lì in base alle risorse effettivamente disponibili
L'obiettivo del percorso formativo è contribuire al passaggio da una persona disempowered ad una
empowered!

Le persone empowered:

- amano il proprio lavoro e sono divertite dal lavoro


- sono ottimistiche, hanno speranza e sono fiduciose nelle proprie capacità il suppone porto che potranno
trovare in caso di difficoltà
- sono dotate di autostima
- esercitano un controllo sul proprio destino e su quello della propria organizzazione
- danno significato e senso a ciò che fanno
- Si caratterizzano per impegno, sfida, energia, determinazione, autonomia, cooperazione e imprenditività
- ricorrono ad una comunicazione costruttiva

Nella maggior parte dei casi, le indicazioni che emergono dai professionisti delle organizzazioni non profit a
proposito dei cambiamenti organizzativi ritenuti necessari per la prevenzione o la soluzione del burnout
sono:
1) ottenere maggiore chiarezza e trasparenza sulle fusioni, ruoli, poteri e canali di comunicazione interna
2) stabilire obiettivi operativi sulla base delle risorse reali, compreso il tempo
3) creare un migliore coordinamento
4) coinvolgere tutti quelli in corso di formazione sui temi della comunicazione, del lavoro di gruppo e della
programmazione
5) motivare rendere partecipi tutti i membri
6) sviluppare un feedback sul lavoro svolto

L'obiettivo è quello di contribuire a creare una esperienza di lavoro empowering:

- Possibilità di energia vitale


- Spazio creativo
- luogo di senso e significato
- utilizzo completo della potenzialità individuale
- spazio di convergenza di interessi personali e organizzativi
- sicurezza psicologica
- luogo di appartenenza
- possibilità di condivisione di potere

2. Lavorare in team
Le organizzazioni caratterizzate dall’empowerment hanno:

1) Visione comune
2) comunicazione interna
3) apertura la critica e alla discussione
4) responsabilità e autorità decisionale
5) supporto
6) dialogo
7) accesso e controllo delle risorse
8) collaborazione
9) gestione per processi
10) equità
11) decentramento
12) delega
In questi organizzazioni, la comunicazione riflette accuratamente la realtà organizzativa: è a due vie, diretta
e aperta, Include tutto ciò che è importante per ogni specifico lavoro e crea comprensione della visione
generale del l'organizzazione e di come ogni membro si adatta alla visione strategica dell'organizzazione.

Il sistema organizzativo è basato sul team: un gruppo di lavoro che deve avere al suo interno le potenzialità
necessarie al suo funzionamento ed essere collocato in un ambiente che lo orienti all'apprendimento e alla
crescita. Il team è responsabile Di tutto il lavoro che svolge e tutti i membri sono responsabili dei risultati
ottenuti attraverso un processo di partecipazione. Le persone che lavorano in team sono considerate una
risorsa che contribuisce a sviluppare la capacità produttiva dell'organizzazione: si identificano con la
missione e si sentono parte integrante della organizzazione, esiste una visione comune.

Le decisioni sono basate sul processo delle conoscenze e vengono prese nel punto dell'organizzazione dove
le azioni correttive devono essere adottate per dare risultati, in genere partendo dal livello più basso.

Vi è involgimento di tutti i membri tra di loro e con l'organizzazione; i regolamenti e le procedure


stabiliscono poche ed essenziali norme in modo di essere aperti all'innovazione. le organizzazioni team è un
sistema aperto e in continuo miglioramento. sono stimolati processi di rinnovamento e miglioramento
continuo: il suo stato normale e quello della evoluzione continua!

CAP 6 – TIPI DI COMUNICAZIONE E STILI DI POTERE


1. La comunicazione
In una struttura organizzativa a team gioca un ruolo chiave la comunicazione interna: una comunicazione a
più vie con obiettivi di conoscenza e apprendimento reciproco. Tale importanza data alla comunicazione
interna è molto significativa nelle organizzazioni non profit, dove ciò che si è e ciò che si fa sul lavoro è
sempre interdipendente.

Nelle organizzazioni orientate all’empowerment, assistiamo a tre rivoluzioni culturali, che devono essere
sostenuti da adeguati processi di comunicazione:

 Appiattimento dei livelli gerarchici e conseguente necessità di comunicare a tutti una visione
comune;
 Importanza che il vertice sappia ascoltare chi ha contatto con il cliente/utente, per coglierne i
bisogni da soddisfare e che tutti i dipendenti ascoltino davvero gli utenti, avendo la convinzione du
fornire un reale contributo alla qualità del servizio erogato;
 Costruzione di una catena interna fornitore-cliente, che presuppone una chiara conoscenza da
parte di ogni lavoratore del servizio svolto dai suoi attuali e potenziali interlocutori interni.

Uno degli aspetti più complessi di questo processo di comunicazione interna è quello volto
all’identificazione e alla trasmissione di valori e dei comportamenti organizzativi che devono essere
incentivati/disincentivati. Inoltre, è fondamentale anche il processo di comunicazione interna volto
all’analisi del clima organizzativo, che permette di misurare la distanza tra comportamenti auspicati e
quelli attuali. Nel programmare un progetto di comunicazione interna è necessario poi individuare le
iniziative e gli strumenti di comunicazione già attuati e l’analisi dei contenuti già veicolati.

È importante, peraltro, effettuare un passaggio dall’utilità strumentale a breve termine dell’informazione


(ho bisogno di questa informazione per risolvere questo problema) ad una possibile utilità a lungo termine
(questa informazione la tengo da parte perché potrebbe essere utile in futuro). La gestione
dell’informazione è fondamentale per le organizzazioni che lavorano in team, in cui tutte le informazioni
vengono date partendo da una visione generale degli obiettivi e dei risultati fino ad arrivare alle
informazioni su come si sta procedendo. Tutti i membri devono disporre delle informazioni essenziali e
deve essere diffusa la capacità di capire cosa è importante e come interpretare i dati. Le decisioni operative
prese dal team si basano sulla conoscenza e non sulla gerarchia: tutti i membri contribuiscono al processo
decisionale e sentono come proprie le decisioni del team a cui appartengono.

Nelle organizzazioni non profit è molto sentito il problema della mancanza di comunicazione interna,
poiché la scarsa informazione e la scarsa comunicazione si scontrano contro le aspettative delle persone
coinvolte:

- Se mancano le procedure e gli strumenti per comunicare si tratta di un problema funzionale


- Se esistono questi elementi e le persone non comunicano, il problema è psicoambientale

Rispetto alla mancanza di informazioni, inoltre, è bene differenziare se si tratta di:

1) Informazioni operative: “cosa si fa e chi lo fa”; danno sicurezza maggiore sicurezza rispetto a quelle
gestionali, che, invece, sono più probabilistiche (ipotesi sul futuro).
2) Informazioni gestionali: “come sono andate le cose”; chi dirige l’organizzazione deve utilizzare le
informazioni gestionali, perché implicano un pensiero strategico che è competenza di questo ruolo.
Nelle organizzazioni non profit, però, dove i membri spesso sono anche soci e attivisti deve essere
permesso anche a loro l’accesso a tali informazioni. In tal senso, il pensiero progettuale deve
essere insegnato, poiché richiede un livello di astrazione maggiore che non tutti sono in grado di
sviluppare autonomamente.

Una delle principali difficoltà nelle organizzazioni non profit è conciliare due realtà psicologiche opposte,
ossia il fatto che spesso i dipendenti sono anche soci e dunque devono essere anche imprenditivi.

2. Il potere
I team sono legati tra loro da un diffuso scambio di informazioni e da uno stesso obiettivo: nelle
organizzazioni non profit il collante non può essere rappresentato da un rapporto gerarchico, ma da uno
spirito di imprenditività diffuso e coordinato culturalmente. Il gruppo dirigente si trova di fronte un gruppo
di persone molto coeso, caratterizzato da una missione comune, minima specializzazione del lavoro, con
una minima differenziazione dei ruoli e una minima suddivisione di status. Il leader è l’unico che può
sviluppare una visione a lungo termine, articolando i temi chiave del cambiamento.

Uno degli aspetti più difficili da affrontare nella gestione delle risorse umane nelle organizzazioni non profit
è proprio quello legato al potere e alla gestione della leadership. Nominare il “potere” in queste
organizzazioni crea disagio, perché spesso vi è la fantasia collettiva che il potere sia una cosa cattiva e
sinonimo di dominio, controllo, coercizione sull’altro. Il rischio è quello di trovare una leadership lassista o
anarchica.

In realtà, nel potere ci sono degli aspetti positivi, tra cui autonomia e capacità di mobilitare le risorse.
L’empowerment, ossia la capacità di rendere se stessi e gli altri capaci, si basa proprio sul riconoscimento e
l’accettazione di una disparità basata sull’ammirazione e sul desiderio di diventare simile alla persona
autorevole. Al contrario, nel dominio il controllo è imposto dall’alto con la minaccia.

- Potere del dominio = sfrutta, manipola, mette in competizione gli altri


- Potere autorevole = suscita coesione e mutamenti voluti

L’empowerment è caratterizzato dalla volontà di sostenere l’altro e dal riconoscimento dei limiti del proprio
agire:

- È un atteggiamento verso il cambiamento per adeguarsi all’imprevedibilità


- È un potere da frammentare in modo efficace
- È un potere che si muove, perché centrato sulla competenza e non sulla posizione occupata e le
posizioni gerarchiche sono molteplici, poiché nessuno è esperto in tutto

Il leader di un’organizzazione non profit che si pone l’obiettivo della creazione dell’empowerment deve
prevedere:

- un ampio uso di delega


- opportunità di formazione
- gruppi di discussione
- attenzione al burnout

Il leader deve poter dare spazio agli affetti, ai rapporti interpersonali e al potere inteso come capacità di
raggiungere gli obiettivi, di motivare le persone a fare le cose. Il leader empowering deve elaborare
strategie, per sostenere il rischio professionale che nelle realtà non profit è emotivo:

 In alcune organizzazioni, ad es., ci sono le “stanze del timeout”, dove ci si può recare per 15/20
minuti, per avere uno spazio dove recuperare le proprie energie;
 si può anche pensare alla creazione di spazi collettivi, dove si beve e si mangia, per spezzare il ritmo
lavorativo in compagnia degli altri colleghi;
 Importanti sono anche i gruppi di auto-aiuto, dove ci si incontra per 45 minuti e ciascun lavoratore
chiede sostegno agli altri per i propri problemi professionali, senza mai giudicare la persona, ma
valutando criticamente l’operato della persona.

Come far stare bene le persone nell’organizzazione è frutto di un pensiero strategico, di cui è responsabile il
leader:

- Creare un clima di sostegno


- Creare un setting di decompressione per i lavoratori (interviste di gruppo, per indagare cosa si
vuole imparare e come si vuole crescere; sistema di turni che permette di staccare dal lavoro etc.)

Spesso, le tensioni vengono scaricate proprio sul leader, ritenuto responsabile di ciò che accade. Di
conseguenza, i leader tendono ad essere sempre presenti per coprire ogni bisogno, con il rischio di
bournout e di disfunzione nel sistema, dove non esiste alcun processo di delega.

La gestione della leadership empowering si riferisce ad un sistema di competenze molto articolato:

 Capacità logico strategiche: programmazione e pianificazione, delega e controllo, analisi e


soluzione dei problemi, gestione dell’informazione e del problema
 Capacità relazionali: comunicazione, negoziazione, collaborazione, conduzione di gruppo, gestione
delle riunioni
 Capacità gestionali: organizzazione, decisione, motivazione e sviluppo dei collaboratori, gestione
del cambiamento

Occorrono, quindi:

- Qualità organizzative : realizzazione, iniziativa, determinazione, concretezza e sistematicità


- Qualità soggettive: flessibilità, tolleranza dell’ansia, creatività, apprendimento, consapevolezza di

- Qualità sociali: affidabilità, trasparenza, positività, apertura e integrazione con gli altri

Tuttavia, nelle organizzazioni non profit spesso vi è il problema della mancanza di pianificazione di ricambio
della classe dirigente. Coloro che vanno in pensione o lasciano l’organizzazione per altri motivi dovrebbero
poter svolgere durante l’ultimo anno un’attività di tutor per il nuovo membro: questo è funzionale sia per il
nuovo lavoratore, che per l’organizzazione.
Chi dirige una organizzazione non profit ha il difficile compito di dare indirizzo e supporto:

- passando le informazioni e facendo decidere ai collaboratori le modalità per raggiungere gli


obiettivi
- controlla le cose importanti discutendo cosa non va e incoraggiando il miglioramento continuo
- lavora in gruppo, progettando con i collaboratori

Allo stesso tempo, il collaboratore deve avere idee che trasforma poi in progetti, scambiare le informazioni
e lavorare in gruppo.

In questo momento di transizione da un modello spontaneistico di gestione delle organizzazioni non profit
a quello di una organizzazione empowering, il ruolo del leader è sottoposto a maggiori pressioni. Quando
questa nuova organizzazione avrà ammortizzato tale cambiamento culturale, i leader saranno molto più
numerosi e quindi le responsabilità e i compiti saranno distribuiti. Inoltre, ognuno sarà incoraggiato ad
essere leader empowering di se stesso e dei suoi colleghi. Si parlerà sempre più di gruppo dirigente, gruppi
di coordinatori, gruppi di lavoro, in una dimensione collettiva, in cui il principale obiettivo sarà quello di
riuscire a coniugare l’efficienza e le persone!

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