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LA SELEZIONE

Ha l’obiettivo di fare previsioni sul comportamento delle persone in azienda e, inoltre, di massimizzare il fit persona-
organizzazione. Si tratta di un processo che mira ad identificare le persone più adatte e adattabili ai contesti relativi di
riferimento, ovvero capaci e motivate a raggiungere gli obiettivi organizzativi. In generale, la selezione non mira a
scegliere il candidato migliore, bensì quello che è maggiormente in linea con le esigenze dell’organizzazione.

LE FASI DEL PROCESSO DI SELEZIONE

1. Analisi della domanda


2. Analisi del contesto
3. Analisi della posizione
4. Reclutamento
5. Screening delle candidature
6. Effettuazione delle prove
7. Decisione e rapporto
8. Verifica del processo

Perché l’organizzazione avvia una selezione?

 Colmare una carenza di personale


 Espansione dell’organizzazione
 Acquisizione di nuove competenze
 Promuovere il cambiamento attraverso nuove risorse (ricambio generazionale)

1. L’ANALISI DELLA DOMANDA

È la fase in cui viene esplorata e ridefinita la domanda del committente (colui che fa la richiesta e che all’interno
dell’organizzazione ha un ruolo di potere e responsabilità) con lo scopo di comprendere la reale esigenza
dell’organizzazione. Il modo in cui il consulente imposta la relazione con il committente e analizza la domanda di
quest’ultimo costituisce la premessa fondamentale all’intero intervento. Il consulente può essere interno o esterno e si
identifica come un esperto in grado di fornire, attraverso il suo intervento, un determinato supporto all’organizzazione.

Conosce l’organizzazione, in termini di struttura e cultura, e sa quali sono gli orientamenti e le strategie organizzative in
modo da inquadrare la richiesta ricevuta e da comprendere la domanda ricevuta dal committente.

Nel colloquio con il committente, quest’ultimo tende a riprodurre in modo isomorfico dinamiche preesistenti tra sé e il
proprio contesto. Il committente che collude (cum ludere: giocare insieme), ossia che prende alla lettera la richiesta del
committente e aderisce ad essa senza una riflessione sul significato, tenderà a riprodurre a sua volta quella stessa
problematica.

2. L’ANALISI DEL CONTESTO

È la conoscenza dell’organizzazione che costituisce uno “step preliminare” ma imprescindibile per avviare un processo
di selezione e di qualsiasi intervento organizzativo.

Permette di:

 Anticipare il tipo di integrazione (fit) che potrà realizzarsi tra il candidato e l’organizzazione
 Fare delle ipotesi più puntuali sul tipo di profilo che si sta cercando, sulle strategie di inserimento e di retaining
da adottare

Che tipo di informazioni si possono raccogliere?

 FUNZIONE DI STAFF: di supporto alle altre, non determinante, contribuisce in modo indiretto (es: risorse
umane) ha l’obiettivo di migliorare o aumentare il profitto.
 FUNZIONE DI LINE: collegata ai risultati dell’organizzazione (es: sviluppo software)

AMBIENTE ESTERNO

L’ambiente esterno influenza inevitabilmente la vita delle organizzazioni, i risultati e le scelte manageriali. Non
costituisce qualcosa di separato, bensì un contesto nelle quali le organizzazioni sono inserite, che interagisce
costantemente con esse e che le organizzazioni stesse possono contribuire a creare e ad attivare. Costa (1996) distingue
5 variabili che caratterizzano l’ambiente esterno:

- Mercato degli input (fornitori)


- Mercato degli output (clienti, competitors, tipologia di servizi offerti, fatturato…)
- Livello della tecnologia (investimenti in ricerca e sviluppo, costi e tempi delle innovazioni…)
- Rapporto con le istituzioni
- Stakeholder/portatori di interessi (rapporto con gli azionisti, percezione esterna e appetibilità
dell’organizzazione…)

Questioni chiave:

1. Tipo di mercato: monopolio, oligopolio (pochi operatori nel settore), di libera concorrenza
2. Posizionamento dell’azienda: leader globale, leader nazionale, follower
3. Regolamentazione del mercato: elevato o basso impatto di normative o regole?

STRUTTURA ORGANIZZATIVA

È uno schema formale di rapporti, comunicazioni, processi di decisioni, procedure nell’ambito di un complesso di
persone, fattori materiali e funzioni per conseguire una mission. Essa si riferisce alle relazioni tra le parti di un tutto
organico. Le teorie si sono interessate essenzialmente a due tipi di struttura organizzativa:

- struttura fisica = relazione tra gli elementi fisici (luoghi di lavoro) dell’organizzazione
- struttura sociale = relazione tra gli elementi sociali come le persone, le posizioni di lavoro e le unità
organizzative

Le variabili che consentono di descrivere una struttura organizzativa sono:

 Dimensioni = quantità totale degli addetti (numero di persone che lavorano)


 Sede (monosede, multisede, multinazionale)
 Complessità = risultato della differenziazione e dipende dalla grandezza dell’organizzazione (si individuano
due tipo di differenziazione: orizzontale, che corrisponde al numero delle unità presenti nell’organizzazione, o
verticale, che rappresenta il numero dei livelli gerarchici presenti)
 Standardizzazione = quantità di procedure necessarie per gestire eventi o attività ricorrenti e regolari
 Centralizzazione = distribuzione dell’autorità nella presa di decisione (livello decisionale accentrato o
decentrato che implica la partecipazione dei membri ai processi di decisione)
 Formalizzazione = livello di definizione delle attività costituito da regole, procedure e comunicazioni scritte
 Gerarchia = distribuzione dell’autorità tra le diverse posizioni nell’organizzazione (determina le modalità di
rapporto e di comunicazione; l’autorità definisce determinati diritti e poteri a chi occupa una certa posizione)
 Tecnologia a supporto del business
 Fase del ciclo di vita = (start up, crescita, maturità, ristrutturazione, rilancio post declino)
 Obiettivi strategici = di pari passo con la fase (difesa, espansione, diversificazione)
 Divisione del lavoro
 Specializzazione = corrisponde alla diversificazione delle diverse attività

ORGANIGRAMMA

Rappresentazione grafica, quasi sempre parziale, della struttura organizzativa. Fornisce un quadro che evidenzia
l’articolarsi delle varie funzioni nell’ambito della struttura ed i rapporti formali. È l’espressione del principio di delega.

L’organigramma fornisce una misura semplificata e limitata della struttura e proprio per questo, in alcuni casi, non
rispecchia l’attualità della situazione. Le posizioni dell’organizzazione appresentate in un organigramma possono essere
di due tipi:

 Strutture line: è rappresentato chiunque lavora in modo diretto ai risultati dell’organizzazione;


 Unità di staff: è rappresentato chiunque contribuisce in maniera indiretta al raggiungimento degli obiettivi;
sono funzioni di facilitazione e supporto. Gli organi di staff a loro volta possono essere di consiglio, di
controllo o di assistenza

STRUTTURA FUNZIONALE
Tipo di struttura più semplice. C’è una direzione generale e sotto le diverse funzioni, attività raggruppate rispetto alla
loro similarità.

 Vantaggi: riflette varie funzioni, segue il principio della specializzazione, semplifica la formazione, mantiene
stretto controllo al vertice, ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse
 Svantaggi: concentra al vertice la responsabilità (scarso livello di coordinamento orizzontale), specializza
eccessivamente, limita lo sviluppo dei dirigenti con capacitò dirigenziali generali, rende difficile la crescita
dell’azienda come sistema e riduce il coordinamento fra funzioni.

STRUTTURA DIVISIONALE

La caratteristica di questa struttura consiste nel fatto che non viene più presa in considerazione la funzione che viene
esercitata, ma le persone e le posizioni di lavoro sono raggruppate in riferimento ad uno specifico prodotto, cliente o
area geografica in cui si svolgono le attività.

 Vantaggi: concentra le attività sulla linea di prodotti, colloca le responsabilità del profitto a livello di divisione,
migliora il coordinamento delle attività funzionali, offre la possibilità di formare in modo controllabile
dirigenti con capacità di dirigenza generale e permette la diversificazione di prodotti e servizi
 Svantaggi: richiede maggior numero di persone con capacità dirigenziali generali, tende a rendere più difficile
il funzionamento economico dei servizi centrali e presenta maggiori problemi di controllo al vertice.

STRUTTURA A MATRICE

È la struttura più moderna e attuale, ma anche quella più complessa in quanto richiede più maturità, proattività e
autonomia alle persone che vi lavorano. È la combinazione che ha il fine di unire l’efficienza della struttura funzionale
con la flessibilità di quella divisionale. Sono presenti due livelli di direzione: la direzione in base alle funzioni, quindi
Direzione acquisti, Direzione produzione etc, e le varie Direzioni in base ai prodotti (o ai progetti o ancora alle aree
geografiche). Tutte le Direzioni dipendono dall’unica Direzione generale. Inoltre, ogni organo è soggetto ad una doppia
gerarchia, sia della Direzione delle singole funzioni sia della Direzione del singolo progetto o prodotto.

 Vantaggi: elevata flessibilità nelle novità progettuali e nel servizio al cliente, possibilità di adattamento alle
mutevoli condizioni di mercato, incremento dell’efficienza e specializzazione del personale.
 Svantaggi: espone il personale ad una duplice autorità e questo può generare confusione e può risultare
frustrante; inoltre, questa struttura può comportare una disparità di impiego sul lavoro, generando condizioni di
sovraccarico o di sottoimpiego delle risorse.

CULTURA ORGANIZZATIVA

Riguarda l’insieme dei valori più radicati nell’organizzazione, dei significati condivisi e delle “regole del gioco”
collettivamente accettate e che orientano i comportamenti attesi, le norme e lo stile di leadership prevalente. Oltre ad
approfondire le competenze tecniche e specialistiche ricercate nei candidati, è opportuno valutare anche il grado di
integrazione (fit) tra individuo, in termini di preferenze e inclinazioni personale, e contesto, inteso come sistema di
valori e di orientamenti. Indagare la cultura non consente soltanto di fare ipotesi sul tipo di integrazione che si potrà
realizzare tra neoassunto e l’organizzazione ma consente anche di fare una previsione cercando di capire se
l’organizzazione avrà le risorse e la volontà di soddisfare i bisogni e le inclinazioni della persona, sentendosi apprezzata
da quel contesto.

Secondo Schein la cultura organizzativa rappresenta “lo schema di assunti fondamentali che un certo gruppo ha
scoperto e sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua integrazione
interna”. Essa contribuisce a costruire modelli di comportamento riconosciuti come validi che legittimano
l’appartenenza ad un determinato gruppo od organizzazione e che influenzano l’attività di un’organizzazione.

Nell’analisi della cultura si possono distinguere secondo Schein 3 livelli:

a) Artefatti: corrispondono a tutto ciò che è tangibile e che si può osservare facilmente dell’ambiente fisico e
sociale dell’organizzazione (es. tecnologia, edifici, pattern di comportamento manifesto, etc…)
b) Valori e norme: corrispondono a regole che guidano il comportamento dei membri nelle varie situazioni; i
valori corrispondono a ciò a cui sta a cuore ai lavoratori. Le norme, invece, sono regole non scritte sul
comportamento atteso e costituiscono ciò che è auspicabile e preferibile.
c) Assunti di base: rappresentano ciò che viene accettato come verità dai membri di una cultura. Sono nascosti,
dati per scontato, difficili da modificare e guidano il comportamento. Inoltre essi influenzano pensieri,
percezioni e sentimenti. Costituiscono la vera essenza, mentre i valori, le norme e gli artefatti sono le
manifestazioni di questa essenza culturale.

Enriquez individua 5 tipologie culturali, ognuna delle quali è definita secondo quattro dimensioni principali:

 Il valore dominante all’interno dell’organizzazione


 Criteri di avanzamento di carriera
 Modalità dei rapporti interpersonali
 Bisogni individuali soddisfatti

Le 5 tipologie culturali sono le seguenti:

1. Cultura autoritaria: obbedienza – subordinazione – scarsa collaborazione - dipendenza


2. Cultura burocratica: norma – anzianità – formali - sicurezza
3. Cultura paternalistico-clientelare: appartenenza – per cooptazione – formali/informali – potere/affiliazione
4. Cultura tecnocratica: competenza – merito – competitività – ricerca eccellenza
5. Cultura cooperativa: partecipazione – a rotazione – fluidi e dialettici – affiliazione

COME SI ANALIZZA LA CULTURA ORGANIZZATIVA?

 Strumenti quantitativi: tra gli strumenti quantitativi maggiormente utilizzati vi è il questionario (si possono
distinguere questionari che misurano le norme e quelli invece orientati ad indagare i valori;
 Strumenti qualitativi: i metodi qualitativi che solitamente vengono utilizzati possono essere di 3 tipi:
a. analisi dei testi scritti = si analizzano tutti i documenti interni prodotti dall’organizzazione e tutti i
documenti esterni ad essa)
b. l’osservazione diretta = può essere di tipo partecipante se il ricercatore è esterno alla struttura ed è
riconosciuto come tale, oppure completa se il ricercatore è parte del sistema osservato con il rischio di
un eccessivo coinvolgimento. Mediante questo metodo si raccolgono info relative agli artefatti fisici,
agli eventi collettivi e ai comportamenti individuali e di gruppo
c. intervista etnografica = consiste in un’intervista in profondità di tipo non strutturato o semistrutturato
che ha come scopo quello di raccogliere le rappresentazioni che gli attori hanno della realtà
circostante. Si indaga quindi come il soggetto percepisce la realtà. In questo caso, il ruolo del
ricercatore-osservatore non richiede distacco, ma partecipazione in quanto diventa egli stesso parte
della realtà osservata. I dati forniti dovranno poi essere elaborati successivamente
 Focus group: si raccolgono info in tempi molto rapidi

CLIMA ORGANIZZATIVO

Indica la percezione condivisa dai membri del gruppo della propria realtà organizzativa, delle condotte, delle abitudini e
delle procedure sia formali che informali. Quaglino definisce il clima come un insieme di percezioni soggettive,
socialmente condivise dai membri di un’organizzazione, che riflettono la relazione tra individuo e contesto e al tempo
stesso fa riferimento ad una serie di autopercezioni, sensazioni e stati d’animo.

Il costrutto di clima si differenzia da quello di cultura. Mentre la cultura indica i valori essenziali di un’organizzazione
che, tradotti in regole comportamentali, consentono alle persone di integrarsi, il clima fa riferimento alla percezione
condivisa dai membri dell’organizzazione delle diverse variabili organizzative.

Esistono tre approcci che considerano il clima in modo differente:

1. approccio strutturale: il clima rappresenta una caratteristica dell’organizzazione (focus sull’organizzazione)


2. approccio percettivo: l’origine del clima risiede nell’individuo e non sulla base di caratteristiche oggettive
dell’organizzazione (focus sul soggetto)
3. approccio interazionista: clima generato dalle continue interazioni tra le persone e l’ambiente nel quale si
trovano ad operare mediante un processo di influenzamento reciproco (focus sull’interazione)

ANALISI DELLA DOMANDA: cosa esplorare?

 Cosa mi chiede il committente? Qual è il reale bisogno?


 Perché la persona mi ha chiamato? Perché proprio me?
 Che visione ha del suo problema? E dell’organizzazione?
 Cosa sta cercando?
 Cosa ritiene possa risolvere il suo problema?

COLLOQUIO DI COMMITTENZA

Il primo incontro con il committente è fondamentale per l’avvio e la riuscita del processo di selezione ed è finalizzato a
comprendere la richiesta del committente, il problema che l’ha generata e quindi raccogliere info sul contesto
organizzativo.

ANALISI DEL PROBLEMA

Cercare di capire cos’altro sta chiedendo al di là della richiesta esplicita e prestare attenzione al tipo di bisogni.

RICOGNIZIONE

Analizzare la situazione rintracciando le cause del problema e raccogliere gli elementi centrali sul contesto
organizzativo.

ANALISI DELLA DOMANDA: SE STESSI

Come mi sento nella relazione? Che emozioni sperimento nei confronti del mio interlocutore?

RIDEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

Gli obiettivi vanno definiti insieme alla persona e successivamente all’analisi della domanda.

3. ANALISI DELLA JOB (POSIZIONE): APPROCCI E METODI

Consente di raccogliere le informazioni sulle attività, i comportamenti e le responsabilità di lavoro delle varie posizioni
lavorative. La posizione organizzativa rappresenta “il punto di maggior dettaglio della struttura organizzativa stessa e il
punto di contatto tra quest’ultima e le persone”. Inoltre, è la base di partenza di molti processi HR. L’analisi della
posizione costituisce:

 Il passaggio preliminare e indispensabile per qualsiasi forma di valutazione


 La base fondante di un sistema di gestione delle risorse umane

È importante distinguere la posizione da altri termini con i quali molto spesso viene confusa:

- Ruolo = riguarda il modo in cui una persona interpreta un certo posto di lavoro; la posizione, invece, sottolinea
gli aspetti strutturali, indipendentemente dalla persona che la ricopre in un determinato momento, ha una
singola casella nell’organigramma.
- Mansione = insieme delle posizioni ricoperte da diversi individui che si possono considerare analoghe tra loro
e che vengono accorpate in un’unica mansione; la posizione definisce l’unità di base della struttura
organizzativa.

Inoltre, occorre effettuare una differenziazione tra:

 JOB ANALYSIS = processo di raccolta e analisi delle informazioni sulla posizione.


 JOB DESCRIPTION = documento di sintesi dei dati raccolti dalla job analysis, specificando i contenuti della
 posizione.
 JOB EVALUATION = Definizione del valore di una posizione pesata rispetto alle altre (per definire
inquadramento e retribuzione, tenendo conto anche dei fattori esterni)
 JOB SPECIFICATION = specifica i requisiti richiesti per ricoprire quella posizione

ANALISI DELLA POSIZIONE UTILIZZATA NELLA SELEZIONE

Consente di raccogliere informazioni sistematiche sui contenuti delle posizioni organizzazione per quanto riguarda:

- Attività richieste (responsabilità previste)


- Comportamenti di successo

Vengono utilizzati 2 APPROCCI PRINCIPALI:

 Task analysis: Approccio tradizionale alla job analysis centrato sugli aspetti strutturali. Si focalizza sull’elenco
delle attività e delle operazioni da svolgere, della loro frequenza e delle responsabilità della posizione
esaminata. L’accento è posto sulle attese dell’organizzazione in termini di compiti e aree di responsabilità,
ovvero su cosa la persona è chiamata a fare. Risulta indicata per descrivere lavori molto proceduralizzati,
strutturati e stabili.
 Behaviour analysis: Costituisce l’approccio più recente ed è focalizzata sulla lista dei comportamenti tipici e
cruciali che consentono di ricoprire efficacemente la posizione di lavoro. Più adatta per la selezione, ruoli poco
definiti, valutazione della prestazione, formazione o per contesti poco formalizzati. Legato all’approccio per
competenze. È più vicina al concetto di ruolo in quanto evidenzia comportamenti più personali e meno
oggettivi della posizione e dunque ha a che fare con come vengono svolte le attività. Fa riferimento ai modelli
di competenze.

L’ideale è combinare i 2 approcci perché entrambi hanno dei limiti.

GLI STRUMENTI PER EFFETTUARE L’ANALISI DELLA POSIZIONE

 Intervista individuale (classica o comportamentale)


 Intervista di gruppo (per incidenti critici)
 Questionario
 Osservazione diretta
 Diari

L’INTERVISTA INDIVIDUALE

Consente di raccogliere le informazioni in modo più approfondito, anche se risente molto della soggettività
dell’intervistato, il quale racconta il suo lavoro dalla sua personale prospettiva, e del costo in termini di tempo e risorse
necessarie. Per questo motivo è meglio intervistare più persone che ricoprono la stessa posizione. A sua volta, si
possono distinguere due tipologie di intervista:

 Intervista classica = si tratta di un’intervista semistrutturata in accordo con l’approccio della task-analysis.
Solitamente viene effettuata con il titolare della posizione di lavoro che meglio di chiunque altro è a
conoscenza delle attività specifiche della posizione indagata. In un secondo momento essa può essere effettuata
con il capo diretto per la verifica e l’integrazione di alcuni aspetti. Questa intervista verte su alcune aree
specifiche:
 scopo: finalità della posizione (cosa succederebbe se tu non ci fossi). 2/3 frasi con verbo all’infinito
 dimensioni: impatto economico e numerico della posizione (numero clienti gestito)
 organigramma: livello gerarchico e distanza dal vertice
 ambiente: contesto organizzativo interno ed esterno in cui si colloca l’organizzazione
 attività: operazioni da svolgere, vincoli da rispettare, frequenza e tempo dedicato ai vari compiti.
Partire da macro aree e poi scendere nel dettaglio.
 responsabilità: grado di autonomia e conseguenze degli errori commessi
 personale coordinato: numero e tipo di persone coordinate
 obiettivi da raggiungere: quali? Che risultati si aspetta che raggiunga la posizione?
 Intervista comportamentale = si tratta di un’intervista semi-strutturata in accordo con la behaviour analisys che
mira ad individuare quei comportamenti che consentono di ricoprire una determinata posizione con successo,
mediante l’analisi di specifici episodi.

MODELLO DELLE COMPETENZE (MCCLELLAND)

Confrontando i comportamenti messi in atto dai best performers con quelli messi in atto dagli average performers è
possibile individuare ciò che determina il successo della performance in una specifica situazione. Il focus si sposta
dall’analisi delle condizioni necessarie per svolgere la mansione alla definizione delle condizioni necessarie per
svolgerla in maniera eccellente. All’interno di questa cornice teorica è stata proposta un’intervista comportamentale
particolarmente utilizzata, ossia la BEI (Behavioural Event Interview). Si suddividono le persone che ricoprono un
ruolo chiave nel contesto organizzativo in 2 gruppi: best e average. Si chiede alla persona intervistata di raccontare
alcuni episodi importanti della propria vita lavorativa, solitamente 3 successi e 3 fallimenti. Questa tecnica ha portato
all’identificazione di:

- competenze soglia: caratteristiche essenziali necessari per eseguire un compito


- competenze distintive: caratteristiche che permettono di eseguire il compito in maniera eccellente
Spesso in questo tipo di intervista di utilizza la tecnica <b>S.T.A.R. (Situation – Task – Action – Result) che permette
di analizzare quello che la persona racconta per verificare se nell’episodio sono presenti tutti gli elementi necessari: la
descrizione accurata della situazione (situation), il compito (task) che la persona era chiamata a svolgere, le azioni
specifiche (action) che ha intrapreso e i risultati ottenuti (results). In questo tipo di intervista è importante il ruolo del
conduttore che deve guidare la persona nel descrivere diversi aspetti. Essa viene spesso utilizzata anche all’interno dei
processi di selezione o di valutazione del personale con l’obiettivo di valutare le competenze della persona esaminata.
L’obiettivo è capire il “quid” ovvero come rispondono alle situazioni di messa alla prova soprattutto i best performer. Si
chiedono i risultati per capire se funziona quello che si fa, per aver un riscontro. Questa intervista mira quindi ad
individuare le competenze delle persone. Il termine competenza in letteratura viene concepito in modo diverso: per
Bandura si tratta di una capacità generativa in cui abilità cognitive, sociali e comportamentali devono essere orchestrate
al servizio di innumerevoli obiettivi, l’autore quindi considera la competenza come una costruzione sociale;

Spencer e Spencer, invece, considerano la competenza come una caratteristica intrinseca di un individuo casualmente
correlate ad una prestazione sociale.

Limiti del modello di competenze

 Può trascurare degli aspetti importanti della posizione di lavoro


 Ambiguità concettuali e terminologiche nel concetto stesso di competenza che fa riferimento ad aspetti molto
diversi della persona (tratti, motivazioni, conoscenze, abilità …)
 La tecnica si focalizza più sui best performers che su quelli “ideali”; non si può escludere che oltre ai
comportamenti raccontati dagli intervistati, ce ne sono altri altrettanto efficaci.

INTERVISTA DI GRUPPO

Consente di raccogliere numerose informazioni in un tempo limitato e al tempo stesso avere più punti di vista su una
stessa posizione di lavoro. Si esplorano e definiscono dettagliatamente i comportamenti organizzativi che costituiscono
le aree chiave della posizione. La tecnica più utilizzata per questo scopo è “La tecnica degli incidenti critici” (Critical
Incident techinque, Flanagan,1954). Consiste una raccolta di situazioni attinenti all’attività lavorativa Con il termine
<i>incidente</i> si intende ogni situazione che sia sufficientemente completa e rappresentativa dell’attività di lavoro; il
termine critico, invece, fa riferimento ad un evento significativo, cruciale per la posizione di lavoro. Consente di
individuare i comportamenti organizzativi critici del ruolo che contribuiscono al successo della performance in quella
specifica posizione. Inoltre, questa tecnica ottimizza i tempi in quanto prevede più persone contemporaneamente e
quindi più punti di vista ed è caratterizzata da un lavoro con la persona a differenza di quanto accade nella BEI in cui il
lavoro viene fatto solo dall’intervistatore.

Essa si compone di due fasi:

1. nella prima i partecipanti rievocano situazioni tipiche ricorrenti nell’attività lavorativa e i comportamenti di
successo/insuccesso che ad esse si associano. I comportamenti servono come spunto per capire perché è
avvenuto e cosa si sarebbe potuto fare in quella situazione per evitarlo- questo perché si valutano i
comportamenti e non le persone).
2. gli stessi partecipanti analizzano in gruppo i compiti individuati e li sintetizzano in aree chiave (ciò mira a
situare contestualmente i compiti e ad individuare le determinanti e le conseguenze di essi).

GESTIONE DELL’INTERVISTA DI GRUPPO

Importante condividere fin da subito gli obiettivi, creare un “patto d’aula” (perché sono qui, definire una metodologia).
Predisporre il tempo necessario per terminare il lavoro esaminando la situazione di tutti senza trascurare nessuno. È
importante anche che il conduttore sappia mediare tra obiettivo prefissato e dinamiche di gruppo. Durante queste
interviste si possono attivare una serie di dinamiche:

- paura di esporsi
- ansia da valutazione
- lamentele circa l’organizzazione
- competizione tra partecipanti

Queste dinamiche danno info aggiuntive sulla cultura organizzazione (spaccato del contesto) e sulle aspettative dei
partecipanti quindi vanno gestite da chi conduce. In questi casi è meglio che il capo non sia presente per lasciare libertà
di raccolta.
IL QUESTIONARIO

Si distinguono due forme del questionario: semi-strutturato e quello completamente strutturato. Il questionario semi-
strutturato rischia di fornire poco informazioni nel caso in cui le persone non sono motivate a rispondere ma risulta
particolarmente adatto nel caso in cui si voglia coinvolgere un numero ampio di persone e si abbiano tempi limitati. Il
questionario strutturato, invece, può essere più facile e veloce da compilare e utilizzabile su tutta la fascia di persone
che ricoprono una determinata posizione, ma va predisposto solo dopo aver acquisito una serie di informazioni.

OSSERVAZIONE DIRETTA

Si osserva il titolare della posizione mentre svolge il suo lavoro. La semplice osservazione non permette di cogliere la
complessità e il significato di ciò che la persona sta facendo. Inoltre, è soggetta all’effetto Hawthorne dato dalla
presenza dell’osservatore che condiziona e modifica i comportamenti delle persone. L’osservazione è particolarmente
consigliabile per lavori ripetitivi e a basso contenuto intellettivo o per ruoli molto operativi e di routine (infermiere).

DIARI

Rappresentano il rischio che la persona, nel descrivere le attività che svolge, può dare molte cose per scontato e far
riferimento ad aspetti poco chiari.

TASSONOMIE LAVORATIVE

Elenco strutturato di profusioni descritte in termini di mansioni o competenze esaustive per tutte le famiglie
professionali e posizioni esistenti, valide per tutte le organizzazioni. Non considerano il contesto e la cultura
organizzativa (decontestualizzate), rischiano di dare per scontato attività e responsabilità (vanno riverificate).

DEFINIZIONE DEL PROFILO

Il profilo ideale costituisce la descrizione puntuale di quello che si cerca nella selezione in termini di caratteristiche
individuali e costituisce il punto di riferimento nella valutazione dei candidati. La definizione del profilo ideale ha come
obiettivo l’identificazione delle caratteristiche oggettive (requisiti relativi all’età, sesso, ecc…; requisiti scolastici;
requisiti professionali come conoscenze, competenze e precedenti esperienza lavorative) e soggettive (caratteristiche
personali tra cui tratti, capacità, motivazione) che il candidato dovrebbe possedere per ricoprire con successo una
posizione in uno specifico contesto. L’insieme delle caratteristiche saranno quindi quelle necessarie per mettere in atto i
comportamenti organizzativi attesi per ricoprire una certa posizione.

La definizione del profilo avviene in funzione del:

 Contesto organizzativo, in quanto la cultura, il clima e la struttura dell’organizzazione incidono sui


comportamenti messi in atto dai membri di quest’ultima;
 Modello di riferimento teorico prescelto, in quanto l’adesione ad un modello piuttosto che ad un altro potrebbe
cambiare gli elementi che costituiscono il profilo;
 Attività previste nella posizione di lavoro da ricoprire

IL COMPORTAMENTO IN SELEZIONE

Ha come obiettivo quello di fare previsioni sul comportamento delle persone affinché le persone scelte siano
effettivamente in grado di raggiungere i migliori risultati e dare un valore aggiunto all’organizzazione. Oltre all’analisi
del contesto e della posizione è fondamentale conoscere le determinanti che orientano il comportamento delle persone.
Il processo di selezione può basarsi su 2 tipi di modelli: metodologia tradizionale e modello delle competenze.

METODOLOGIA TRADIZIONALE

La definizione del profilo si basa sulla job description, ovvero l’identificazione delle caratteristiche per ricoprire una
posizione con successo. In altri termini occorre individuare quelle caratteristiche personali che permettono di prevedere
il comportamento futuro del candidato, quando si troverà ad operare in quella determinata posizione in uno specifico
contesto (cornice teorica di riferimento: teoria dei tratti / teoria social cognitiva ecc…). Nell’ambito della teoria social-
cognitiva è stato messo in luce come la persona sia un agente attivo; si tratta di una teoria interazionista che considera
l’interazione tra contesto, persona e comportamento. In particolare, il comportamento di successo in una specifica
attività è determinato da:

 fattori personali (tratti, motivazione, capacità, abilità cognitive)


 di contesto (struttura, cultura e clima dell’organizzazione)
 dalla convinzione della persona di riuscire ad orchestrare i propri talenti con le opportunità della situazione
 efficacia personale

Le determinanti individuali del comportamento:

 Tratti di personalità (tendenze stabili)


 Inclinazioni motivazionali
 Capacità
 Efficacia personale
 Abilità cognitive (predicono l’apprendimento, lo facilitano)

LA PERSONALITA’

Insieme delle caratteristiche psichiche che contribuiscono all’unità e alla continuità della condotta e modulano il
rapporto con l’ambiente. “Disposizioni stabili”.

 Tratti: i punti chiave


- coerenza “within-person” circa pensieri, sentimenti e comportamenti; la coerenza è ciò che consente
di fare previsioni sul comportamento futuro;
- unicità “between-person” permette di fare emergere differenze individuali
- i tratti sono potenzialità latenti che risiedono nei singoli, capire cosa li determina è fondamentale
- le inferenze sui tratti sono interpretazioni di comportamenti manifesti (arriviamo ai tratti osservando
come le
- persone si comportano in vari ambiti di solito)
- l’interpretazione di un comportamento dipende dal contesto
 Modello del Big Five: Descrive la personalità mediante l’impiego di aggettivi prototipici estratti dal
vocabolario e scelti in base alla frequenza d’uso e all’importanza. Questi aggettivi si sono aggregati in 5
fattori:
1. ENERGIA = dinamismo/dominanza
2. AMICALITÀ = cooperatività (aiuta)/cordialità
3. COSCIENZIOSITÀ scrupolisità/perseveranza (dettagli)
4. STABILITÀ EMOTIVA controllo emozioni/ controllo impulsi
5. APERTURA MENTALE apertura alla cultura/ apertura all’esperienza
- Vantaggi: cornice di riferimento condivisa per la descrizione di personalità; elevata comprensività,
economicità e accessibilità; uso di termini che le persone abitualmente usano per comunicare, descrivere e
giudicare sé stessi e gli altri
- Limiti: i 5 fattori non sono stati riscontrati in tutte le culture (sembrano non emergere nei paesi asiatici);
abitualmente le persone usano un numero limitato di fattori per descrivere sé stessi; i 5 fattori non forniscono
una spiegazione ma solo una descrizione del comportamento.

Barrik e Mant (1991) studiano le relazioni tratti-performance per una serie di mansione. Emerge che la “coscienziosità”
è il più importante predittore della performance e l’”estroversione” predice la performance dei direttori.

LA MOTIVAZIONE AL LAVORO

Costituisce un ulteriore fattore che contribuisce a determinare il comportamento organizzativo. Il termine motivazione
indica tutti quei processi coinvolti nell’iniziare, dirigere e mantenere un’attività, ossia nel cercare il motivo all’azione.
Si può considerare la motivazione come ciò che sostiene il comportamento, che induce la persona a fare e ad operare
all’interno dell’organizzazione. Un’interessante classificazione che fornisce alcune categorie per identificare il profilo
motivazionale atteso è quella proposta da Locke ed Hemme che considerano:

 Bisogni (spiegano perché una persona deve agire ma non forniscono indicazioni sul tipo di azione che verrà
scelta per soddisfarli)
 Valori (prendono in considerazione ciò che un individuo vuole; sono più vicini all’azione rispetto ai bisogni
ma troppo distanti da un comportamento organizzativo specifico)
 Obiettivo (connesso all’azione umana, consente di fare previsioni su di essa. Secondo la teoria del goal,
l’obiettivo costituisce il mezzo grazie al quale il valore è tradotto in azione)
Una valutazione motivazionale deve prendere in considerazione 2 aspetti:

 Valutazione del fit persona-organizzazione (occorre valutare quanto le abilità della persona incontrano le
richieste della specifica posizione e del contesto. Tuttavia, si considera anche quanto quell’organizzazione
consenta alla persona di dare il meglio di sé. A tal proposito, attraverso la realistic job preview è possibile
proporre un momento all’interno del colloquio di selezione in cui vengono illustrati sia gli aspetti
entusiasmanti che quelli meno gradevoli della futura attività lavorativa.
 Motivazione al lavoro e motivazione a lavorare in un’organizzazione (con motivazione al lavoro si intende
l’analisi dei motivi prevalenti della persona, dei bisogni e dell’aspirazione che essa può appagare mediante il
lavoro; la motivazione a lavorare, invece, fa riferimento alla tendenza a lavorare in un ambiente predefinito
con specifiche regole e pertanto richiede l’approfondimento delle ragioni che spingono la persona ad entrare
nell’organizzazione valutando le sue capacità di integrazione.

TEORIA DEI MOTIVI – MCCLELLAND 1985

Ha definito i motivi che orientano il comportamento organizzativo ed ha elaborato una metodologia per misurarli. Il
motivo rappresenta il fattore motivazionale che, combinandosi con altri fattori personali come le abilità, le cognizioni,
le abitudini, produce l’impulso ad agire. Ipotizza l’esistenza di 4 motivi fondamentali:

 Motivazione al successo = si traduce nel fare le cose al meglio possibile per un intrinseco desiderio di
perfezione, eccellenza; solitamente le persone spinte da questa motivazione sono realiste, realizzative,
responsabili e attente ai feedback sulla propria prestazione;
 Motivazione al potere = si esplica nel desiderio di esercitare la propria influenza e controllo sugli altri.
 Motivazione all’affiliazione = l’incentivo è dato dal piacere di interagire con le persone, avere una relazione
affettiva positiva con gli altri che si associano ad aspetti personali quali il dialogo, la cooperatività,
l’evitamento di conflitti, ecc…
 Bisogno di innovazione = cercare il nuovo, bisogno di cambiare per paura di annoiarsi

Il TOM (Test di Orientamento Motivazionale) è uno strumento che consente di definire e valutare i profili motivazionali
dei candidati in selezione.

TASSONOMIA DEI VALORI DI SCHWARTZ

I valori sono un insieme di convinzioni che definiscono la sfera del desiderabile e del preferibile. È importante la loro
misurazione per comprendere a quali attività le persone attribuiscono particolare importanza, e dunque quanto si
impegneranno in tali attività. 10 valori (potere, successo, stimolazione, conformismo sicurezza,...) espressioni di 2
categorie più ampie. Esiste una relazione diversa tra questi valori che viene rappresentata graficamente in uno spazio
circomplesso. I valori più affini risultano in spazi adiacenti, mentre quelli più distanti sono collocati in aree opposte.

LA CAPACITA’

Oltre alle caratteristiche di personalità e motivazionali occorre considerare anche altre dimensioni, tra cui la capacità.
Essa rappresenta la probabilità di riuscita in una determinata attività costituisce quindi una caratteristica individuale che
consente di conoscere la probabilità di successo di una persona in una determinata attività. Un caso particolare di
capacità sono le attitudini che rappresentano capacità latenti, inespresse che si esprimono in specifiche capacità
concrete.

LE ABILITA’ MENTALI GENERALI (intelligenza)

L’EFFICACIA PERSONALE

Convinzione relativa ad una specifica area e intesa come la capacità della persona di dominare particolari tipi di
situazioni e problemi in un particolare contesto. Tuttavia un elevato livello di efficacia non garantisce la riuscita nelle
difficoltà.

METODO DELLE COMPETENZE

Avvia il processo di selezione a partire dalla definizione delle competenze che il committente ritiene essenziali nello
svolgimento delle attività della posizione. Tale metodo si avvale di dizionari di competenze, ossia liste di
comportamenti che definiscono le diverse competenze. La scelta di queste ultime può avvenire attraverso il cosiddetto
targeting o da una declaratoria predefinita (Spencer&Spencer). Nel primo caso si procede attraverso il ricorso alla
descrizione delle attività tipiche richieste dal ruolo (tramite BEI) e dei comportamenti tipici messi in atto in queste
situazioni. Nel secondo caso, si parte da descrizioni dei comportamenti prototipici di ogni competenza e si giunge
insieme al committente alla scelta di quelle ritenute necessarie per ricoprire con successo la posizione a cui si fa
riferimento. Questo metodo è caratterizzato dall’omissione di una job description iniziale infatti, il modello di
competenze mira a rilevare i comportamenti prototipici riconducibili a specifiche competenze ritenute di successo per
un determinato ruolo e contesto organizzativo. Limiti: non è esaustivo, non va bene per un certo tipo di target (es: per
un neolaureato senza esperienze, meglio un altro approccio). Per poter individuare le varie competenze è opportuno
effettuare una distinzione tra:

- Competenze soglia
- Competenze distintive
- Competenze individuali: si concentra sulle caratteristiche intrinseche e sui comportamenti messi in atto dalla
persona al fine di individuare quelli che possono essere specifici di un individuo competente;
- Competenze organizzative: core competencies aziendali, sapere collettivo dell’organizzazione

Vantaggi:

 fornisce indicatori concreti e facilmente fruibili in ambito organizzativo


 immediata applicabilità
 agevolazione di un lessico di competenze diffuso

Svantaggi:

 valutazione di dimensioni singole (se da un lato concentrare l’attenzione su singoli comportamenti prodotti dal
candidato può costituire una facilitazione, dall’altro riduce la possibilità di leggere la persona in modo
profondo)
 de-contestualizzazione dei comportamenti (se il modello facilita la descrizione di un candidato, esso abitua le
persone a leggere i comportamenti ponendo il focus sull’individuo e sottovalutando la componente relazionale
e di integrazione con il contesto)

L’ideale sarebbe la scelta di un approccio multimetodo.

INTELLIGENZA E ATTITUDINI NEI CONTESTI ORGANIZZATIVI

Le abilità mentali sono quei requisiti cognitivi che consentono alle persone categorizzare la realtà, fare ragionamenti
logici, individuare connessioni tra più elementi, ecc…Tali abilità hanno un impatto diretto sul comportamento, in
quanto incidono sulla possibilità della persona di gestire “lavori e contesti”. Esse, inoltre, appaiono indispensabili anche
nell’esercizio dei diversi ruoli professionali. Tuttavia, nella selezione è molto raro che vengano misurate specificamente
questi tipi di attività, piuttosto delle attitudini generali al ragionamento logico o in alcuni casi un fattore di intelligenza
generale.

Hunter e Schmidt hanno studiato la relazione tra le abilità mentali e la prestazione lavorativa. Da un lato i dati mostrano
le differenze individuali nella prestazione lavorativa sono molto ampie: emerge infatti un’estrema variabilità tra
lavoratori eccellenti e lavoratori mediocri; dall’altro lato però la prestazione lavorativa, intesa come produttività della
persona, viene confusa con altri fattori che non hanno a che fare con la produttività. I due ricercatori definiscono questi
fattori comportamenti di cittadinanza (citizenship behaviours) che sono comportamenti sociali messi in atto nel lavoro. I
lavoratori che hanno prestazioni problematiche sono lenti, tendono a commettere errori, hanno difficoltà nel seguire le
istruzioni e sono restii ad adottare nuovi metodi; i lavoratori invece che evidenziano comportamenti di cittadinanza sono
disorganizzati, inaffidabili e polemici. I dati empirici non confermano una correlazione tra produttività e comportamenti
di cittadinanza. Visto che ogni individuo presenta dei livelli di prestazione/produttività differenti si è pensato di
individuare quelle variabili in grado di determinare la produttività e quindi offrendo la possibilità di misurarla durante la
selezione in modo da aumentare la possibilità di assumere personale in grado di offrire una prestazione eccellente.
Numerosi studi hanno così cercato di individuare quelle variabili responsabili di una prestazione lavorativa eccellente.

Tra i due lavori più importanti ricordiamo quelli di GHISELLI e di DUNNETTE.

Ghiselli ha esaminato la relazione tra le abilità mentali e le prestazioni in diverse aree occupazionali, come ad esempio
attività amministrative, attività di vendita ecc… I risultati mostrano una correlazione anche se modesta tra questi due
fattori.

Dunnette andando ad esaminare gli stessi fattori ha rilevato una correlazione contrastante tra abilità mentali e
prestazioni lavorative. Questi studi che hanno messo in evidenza la stretta relazione tra abilità mentali e prestazione,
non erano in linea con le credenze dell’epoca che consideravano del tutto irrilevanti queste abilità rispetto alla
prestazione lavorativa. Le credenze dell’epoca si basavano sulla teoria della specificità situazionale secondo la quale le
abilità mentali sono collegate alla prestazione solo in maniera sporadica. Con l’utilizzo della meta- analisi come tecnica
statistica per riassumere i risultati ottenuti in ricerche differenti si è messo in evidenza che questa credenza era sbagliata.

Hunter e Schmidt hanno condotto una meta-analisi in cui hanno considerato 85 anni di ricerca sulle determinanti della
prestazione organizzativa e dei programmi di formazione. Da esse si evince che il GMA, che misura l’abilità mentale
generale ricavata da test di intelligenza o da batterie psicoattitudinali, presenta una forte correlazione sia con la
prestazione lavorativa che con il programma di formazione. Selezionare il personale usando una misura di GMA
permette all’organizzazione non solo di selezionare un lavoratore con elevata probabilità di fornire una prestazione
adeguata se non eccellente, ma anche un individuo molto recettivo nell’apprendere elementi importanti per la sua
mansione.

Tra le altre caratteristiche individuali misurate ricordiamo:

 Integrità (è risultato un buon predittore della prestazione lavorativa, le persone che hanno punteggi elevati
hanno bassa probabilità di bere alcolici, assumere droghe ecc. il suo limite è che può essere soggetto ad
in/desiderabilità sociale)
 Coscienziosità (validità bassa ma non correlato con l’abilità mentale, la sua aggiunta è importante)
 Intervista (soprattutto quelle strutturate risultano particolarmente predittive in cui le domande sono determinate
da un’attenta analisi della mansione)
 Test di conoscenza del lavoro (possono essere somministrati solo a coloro che sono a conoscenza del lavoro;
 Periodo di prova (test particolarmente oneroso)
 Valutazione dei pari (si basa sulla valutazione del candidato effettuata da uno o più colleghi; procedura che
può essere applicata solo nel caso di selezione del personale interno all’organizzazione)
 Successi in esperienze precedenti (viene chiesto al candidato di descrivere esperienze di successo che mettono
in evidenza le sue capacità di mettere in atto comportamenti cruciali per una specifica occupazione
 Referenze (informazione che il candidato ha ottenuto in merito alla prestazione lavorativa precedente;
difficilmente accessibile da parte dell'’organizzazione
 Anni di esperienza lavorativa (a differenza di quanto accade per le correlazioni tra le abilità mentali (GMA) e
la prestazione che tendono ad aumentare con l’avanzare degli anni, cioè con l’anzianità, la correlazione tra
anni di esperienza e prestazione diminuisce con l’anzianità raggiungendo il minimo per i lavoratori con
maggiore esperienza)
 Dati biografici (insieme di informazioni che riguardano le esperienze passate, lavorative e non, le abitudini, gli
hobby, la carriera scolastica ecc,…)
 Credenziali (informazioni desumibili dal curriculum vitae che riguardano essenzialmente le precedenti
esperienze lavorative e di formazione in e per occupazioni simili a quella in questione)
 Anni di educazione completati (scolarità del candidato)
 Prove di tipo grafologico
 Età anagrafica (non è stata riscontrata alcuna correlazione tra l’età del candidato e la prestazione lavorativa)

L’ipotesi da cui Hunter e Schmidt sono partiti e che poi ha trovato conferma nei loro risultati è che l’abilità mentale
influenza in maniera positiva la conoscenza del lavoro, quindi maggiore è l’abilità, ovvero l’intelligenza della persona,
maggiore sarà la probabilità che durante l’esperienza lavorativa il lavoratore impari tutto ciò che riguarda come si fa il
proprio lavoro. Per cui le abilità cognitive determinano direttamente l’apprendimento e mediante di esso influenzano in
maniera indiretta la prestazione. Tuttavia le abilità cognitive influenzano la prestazione anche direttamente in quanto la
prestazione non è solo il frutto dell’apprendimento ma dipende anche dal processo di adattamento che mette in relazione
la situazione attuale con le conoscenze pregresse. Si tratta di quei processi che riguardano la capacità di giudizio e di
soluzione dei problemi in specifiche situazioni. Se si vuole prevedere la prestazione lavorativa per quanto riguarda la
sua produttività è bene usare misure di abilità mentale. Questa previsione è migliore se alle misure del fattore GMA
vengono associate anche fattori come la coscienziosità, l’integrità ecc... Anche se l’abilità mentale è il predittore più
importante per la prestazione lavorativa esistono anche altre variabili in grado di compensare deficit in GMA. La
motivazione, l’impegno, l’onestà e l’integrità ad esempio possono incidere in maniera positiva sulla produttività.

La GMA non risulta efficace per quanto riguarda la comprensione di quegli aspetti del comportamento organizzativo
che non concernono ciò che la persona produce ma che comunque hanno una valenza importante per la persona e per
l’organizzazione, ossia i comportamenti di cittadinanza.
4. IL RECLUTAMENTO

Processo di raccolta delle candidature più idonee rispetto al profilo definito che precede la selezione vera e propria.
L’obiettivo del reclutamento è quello di attrarre i candidati potenzialmente interessanti. L’importanza di questa fase
aumenta con il diminuire dei candidati e con l’aumentare dei requisiti richiesti. In questa fase c’è un grande margine di
incertezza.

Vincoli: codice delle pari opportunità tra uomo e donna in materia di occupazione e impiego per favorire la
partecipazione delle donne a la loro progressione di carriera.

Regole sul collocamento: fino al 2003 regole sul collocamento obbligatorio, lo stato si propone di ripartire tra i
disoccupati in possesso dei requisiti le opportunità di lavoro. Il tipo di canale e messaggio che viene veicolato
rappresenta un passaggio particolarmente delicato in quanto si può correre il rischio di avere poche candidature
pertinenti o, al contrario, eccessivamente numerose e poco specifiche rispetto alla posizione per cui si sta cercando.

Le fonti di reclutamento possono essere:

 Esterne (banca dati, inserzioni, internet, contatti con scuole/università, associazioni professionali, centri per
l’impiego, agenzie per il lavoro, consulenti, head hunter)
 Interne (segnalazioni dei dipendenti e aziende partner (passaparola) o riesame delle candidature archiviate,
intranet aziendale (favorisce job rotation)

La scelta delle fonti dipende dagli obiettivi del reclutamento, destinatari, tessuto economico e sociale, situazione del
mercato del lavoro, costo della fonte stessa, tempi a disposizione.

IL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE INTERNO

Nel caso di reclutamento di personale interno si fa ricorso ad un insieme di risorse già presenti all’interno
dell’organizzazione. Le modalità di reclutamento che vengono maggiormente utilizzate sono:

 l’inserzione di un annuncio nella bacheca degli avvisi (job posting) che si avvale di candidature spontanee;
 raccolta di informazioni su persone idonee a ricoprire la posizione di lavoro; in questo caso il selezionatore
effettua un primo screening e solo in un secondo momento coinvolge i dipendenti “candidati”.

Per il recruiting interno ci si può avvalere delle valutazioni di ciascun dipendente oppure di un sistema di monitoraggio
di curricula dei propri dipendenti di cui molte aziende dispongono.

IL RECLUTAMENTO DI PERSONALE ESTERNO

Per il reclutamento di personale esterno ci si avvale di diverse metodologie:

 banche dati interne (raccolgono candidature spontanee e si costituiscono sia all’interno delle aziende che in
altre strutture. Le aziende creano degli spazi on-line in cui le persone che sono interessate a lavorare in
quell’azienda possono inserire il proprio curriculum vitae. Si tratta di una fonte sicura, poco costosa e che non
richiede particolari tempi di attesa. Tuttavia, le candidature non sono preselezionate, per cui è possibile che i
CV a disposizione non siano in linea con il profilo che si cerca. Le banche dati interne alle imprese hanno il
vantaggio, a differenza di quelle esterne, di fornire candidature di persone realmente interessate a
quell’organizzazione anche se non mirate per la specifica posizione.
 banche dati esterne tra queste:
- centri per l’impiego (ex uffici di collocamento): costituiscono una fonte di reclutamento a costo zero
per l’organizzazione e allo stesso tempo uno strumento per radicarsi nel territorio locale;
- agenzie per il lavoro: offrono a pagamento alle aziende la loro consultazione per tempi definiti (Legge
Biagi 276/03) instituisce le “agenzie per il lavoro” autorizzate dal ministero del lavoro e in possesso
dei requisiti specifici, definendole come operatori polifunzionali del mercato del lavoro con l’intento
di facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, che possono svolgere contemporaneamente
somministrazione di lavoro, ricerca, selezione e ricollocamento al lavoro. Le ex agenzie interinali si
lanciano nel mercato della selezione a prezzi competitivi;
- enti di formazione e scuole: le università italiane raccolgono i dati dei loro laureati allo scopo di
offrire servizi di placement ai giovani che si affacciano sul mercato del lavoro
- inserzioni: uno dei canali di reclutamento più diffusi; si trovano sia in forma cartacea che via internet,
la scelta fra le due tipologie dipende dal budget che si ha a disposizione. Le candidature raccolte
tramite inserzione sono pre-selezionate in quanto rispondenti ad uno specifico interesse per la
posizione. Tuttavia, questa fonte è particolarmente costosa e richiede tempi piuttosto lunghi.
- inserzione cartacea: consente di raggiungere un target molto ampio e differenziato di persone
soprattutto attraverso la scelta del tipo di giornale;
- inserzione via internet: comporta costi inferiori rispetto a quella stampata. Queste inserzioni vengono
pubblicate su portali specializzati e gli iscritti possono rispondere inviando la propria candidatura in
modo molto rapido. In alcuni casi, invece, sono gli stessi siti internet che fungono da agenzie e
inviano agli iscritti le newsletter relative ad annunci di lavoro.

STESURA DELL’ANNUNCIO: mira a preselezionare il target a cui si rivolge. Esso deve contenere numerose
informazioni importanti tra cui: titolo della posizione o principali attività che la persona dovrà svolgere, settore di
appartenenza, dimensioni, tipo di business e diffusione sul territorio. In alcuni casi il nome dell’azienda può essere
omesso per ragioni di privacy: per evitare nel caso di grandi aziende di ricevere un numero piuttosto ampio di
candidature oppure in quanto l’azienda si trova in una fase di cambiamento culturale e non vuole creare aspettative nelle
persone. Inoltre, è importante dichiarare il luogo di lavoro e l’eventuale necessità di trasferte in modo da restringere il
numero di candidature. In più deve essere aggiunto anche il tipo di contratto offerto e se si tratta di una retribuzione
fissa o in base al fatturato. È opportuno poi indicare il numero di persone che si cercano, la scadenza temporale entro
cui inviare la candidatura e i recapiti cui farla pervenire.

L’annuncio è importante in quanto rappresenta il primo contatto che si ha con l’azienda, per cui è preferibile che
l’annuncio sia attraente, conciso, chiaro, esaustivo in modo da fornire un’immagine positiva dell’azienda.

5. SCREENING DEI CURRICULA

Prima di tutto, lo screening può riguardare 2 differenti tipologie di curriculum:

 format precostruiti (hanno il vantaggio che ogni candidatura contenga tutte le informazioni richieste e questo
consente di velocizzare i tempi di lettura dei CV e di filtrare le candidature disponibili rispetto ad alcuni
aspetti. I candidati potrebbero preferire curriculum tradizionali per non essere forzati a rispondere ad alcuni
campi previsti.
 curricula classici (seppure talvolta incompleti rispetto alle attese dell’organizzazione oppure in certi casi
eccessivamente ridondanti, questa tipologia ci fornisce delle informazioni importanti sul candidato: quali
informazioni la persona ha deciso di riportare e quali invece di omettere, l’ordine con cui queste vengono
presentate, lo stile e i contenuti che utilizza per presentarsi. Tutte le eventuali incoerenze dei CV devono essere
annotate e magari approfondite nel corso del colloquio successivo.

È importante prestare attenzione ad eventuali periodi di “vuoto” nel CV, a frequenti cambiamenti di azienda, alla
connessione tra studio e lavoro e alla presenza di info incomplete o mancanti.

6. SCELTA DELLE PROVE

Una volta individuati gli eventuali candidati da convocare, il selezionatore dovrà scegliere le prove da utilizzare per la
selezione in base anche ai tempi e alle risorse che ha a disposizione. Ancor prima della fase di reclutamento e screening
dei curricula il selezionatore stabilisce dei criteri, ovvero se tutti i candidati parteciperanno alle prove di selezione
filtrando i migliori solo all’ultimo step, oppure se far accedere alle diverse prove soltanto i candidati che ne superano
altre. Inoltre, la scelta delle prove dipende anche dal numero di candidati che si hanno, in quanto nel caso in cui questo
numero sia molto più ampio sono preferibili prove di gruppo o una serie di test. Si parte dal presupposto che la scelta di
più strumenti permette di cogliere sfaccettature diverse della persona e quindi formulare ipotesi più articolate.

Sono diverse le prove che vengono utilizzate per la selezione:

 I questionari e i test (consentono di valutare più persone contemporaneamente mediante la somministrazione di


gruppo e di confrontare ciascuna persona rispetto alle altre attraverso la standardizzazione dei punteggi. Gli
strumenti self-report possono ottenere risultati contorti in virtù della desiderabilità sociale in quanto la persona
cerca di presentarsi nel migliore dei modi)
 Il colloquio individuale e di gruppo (questo strumento permette al selezionatore di sfruttare la dinamica
relazionale e gli altri elementi di setting per conoscere più da vicino il candidato. Richiede più tempo ed è
maggiormente soggetto alle distorsioni sia del candidato che si racconta che a quelle del selezionatore che
raccoglie le informazioni. Il colloquio di gruppo ha il vantaggio di poter valutare più persone
contemporaneamente)
 Assessment center
 Work samples
 Biodati (la selezione si basa sui curriculum vitae)
 Referenze (la selezione si basa sulle lettere stilate da ex datori di lavoro)

I TEST NELLA SELEZIONE DEL PERSONALE

Il testing in ambito organizzativo serve ad aumentare la precisione e l’affidabilità di processi di valutazione delle risorse
e a migliorare l’efficacia delle prestazioni future. I test in selezione possono avere molteplici scopi:

- Ricerca
- Valutazione
- Autoconoscenza
- Diagnosi psicologica
- Classificazione

Cronbach distingue 2 tipologie di test:

1. test di comportamenti tipico = sono impiegati quando si vuole conoscere il modo abituale di comportarsi di una
persona. Essi non prevedono risposte giuste e sbagliate ma implicano il grado di accordo/disaccordo o la
frequenza del comportamento. Solitamente rientrano in questa tipologia i test di personalità, quelli che
valutano le motivazioni, gli interessi e gli atteggiamenti delle persone;
2. test di prestazione massima = sono quei test che prevedono scelte giuste e sbagliati. Si tratta di quei test che
valutano le attitudini, le capacità e le conoscenze del candidato.

Nel caso dei test di personalità, si distinguono test monofasici nel caso in cui essi valutano un’unica dimensione della
personalità oppure test multifasici nel caso in cui prendono in considerazione più aspetti della personalità
contemporaneamente. I test multifasici a loro volta possono essere raggruppati in test obiettivi e test proiettivi.

I test obiettivi sono caratterizzati dal fatto che vengono presentati al soggetto stimoli “strutturati” e definiti. I risultati
ottenuti sono sottoposti ad elaborazioni statistiche e standardizzati. Tra i test obiettivi rientrano il 16 Personality Factors
(Cattell), l’Eysenck Personality Inventory, il Big Five Questionnaire, l’Adjective Check List e così via.

Vantaggi: presentano un’elevata standardizzazione e validità scientifica; sono facili da somministrate e interpretare e
sono economici.

Svantaggi: possono portare ad un rischio di distorsioni casuali o intenzionali e l’analisi non è sempre adeguata.

I test proiettivi pongono il soggetto di fronte ad una situazione-stimolo “non-strutturata” e ambigua, alla quale
quest’ultimo risponde in funzione del significato emotivo e affettivo che quella situazione riveste per lui. Questi test
vengono raggruppati a seconda di come lo stimolo viene strutturato in:

- metodi costitutivi = il soggetto deve assegnare una struttura ad un materiale non strutturato (es. Rorschah)
- metodi costruttivi = il soggetto deve costruire un modello che abbia un significato compiuto (reattivo di
Wartegg)
- metodi interpretativi = sono rappresentati da stimoli che la persona deve elaborare dando loro un significato
(TAT)

Vantaggi: consentono uno studio approfondito della personalità e coinvolgono processi di pensiero spontaneo.

Svantaggi: è necessaria un’elevata specializzazione; presenta una difficoltà per quanto riguarda la validazione
scientifica e la standardizzazione

3 PROSPETTIVE: PSICOMETRICA, PERCEZIONE SOCIALE E PSICOLOGICO-CLINICA

1. La prospettiva psicometrica va per la maggiore, serve per raccogliere info e prevedere il futuro rendimento
lavorativo del candidato (individualista, vengono controllati i bias legati alla soggettività del selezionatore,
questo interviene il meno possibile). Il focus è sugli strumenti (validità, attendibilità e campionamento di test e
questionari). Il candidato è oggetto di selezione e non parte attiva (non conta la relazione candidato-
selezionatore).
2. La prospettiva della percezione sociale è un approccio più interazionista che si focalizza sui processi e su
elementi legati alla comunicazione e alle aspettative del selezionatore e del candidato, nelle loro caratteristiche
e attribuzioni reciproche. Il candidato è un soggetto attivo. Lo scopo è la negoziazione per la stipulazione di un
contratto psicologico che nasce sin da subito.
3. La prospettiva psico-clinica deriva dall’analisi della domanda. Focus sui processi collusivi tra le parti. Lo
strumento è il colloquio che valorizza la soggettività ed è un momento di socializzazione anticipatoria che
segnerà le aspettative del soggetto. Solo dopo si potrà anche far uso di strumenti psicologici.

ASSESSMENT CENTER IN SELEZIONI: ORIGINI E REQUISITI DI BASE

I primi assessment center, letteralmente “centri di valutazione”, nascono in Europa negli anni ’40 ma iniziano a
diffondersi in Italia soltanto negli anni ’70, prima in ambito militare poi in ambito civile con lo scopo di ridurre il
numero di errori nella scelta delle persone che avrebbero assunto ruoli di responsabilità all’interno dell’esercito. Per la
prima volta, nella valutazione delle persone, ai test attitudinali e di personalità si affiancano prove pratiche. L’approccio
su cui si basa questo metodo è connesso al comportamento osservabile; si osserva il comportamento in diverse
situazioni e lo si riconduce ad una serie di competenze. Infatti, tale strumento permette di individuare punti di forza e
punti di debolezza di popolazioni aziendali interessanti rispetto a una lista di competenze chiave. L’AC prevede la
somministrazione di una molteplicità di strumenti tra cui test e questionari e prove situazionali che vengono osservate e
valutate da un team di valutatori detti assessor composto da psicologi e manager aziendali. Si tratta di una metodologia
nata con lo scopo di valutare il potenziale delle risorse interne ma esso può essere applicato anche ai processi di
selezione di nuovo personale.

Uno dei limiti dell’assessment center consiste nel fatto che si basa su un approccio prevalentemente situazionista,
trascurando quelle dimensioni che vanno al di là dell’azione come la personalità, l’intenzionalità ecc… La sola
osservazione del comportamento non fornisce dati sufficienti sul modo in cui la persona attribuisce significato
all’esperienza motivo per cui occorre integrare le prove situazionali con altri strumenti.

Spesso nelle organizzazioni si realizzano dei veri e propri development center (“centri di sviluppo”) che sono simili agli
AC, ma si differenziano nell’obiettivo in quanto non valutativo, ma di sviluppo della persona. Il momento saliente è
rappresentato dal feedback che solitamente viene fornito immediatamente al termine di ogni esercizio.

Consistono in una sofisticata procedura di rilevazione di dimensioni manageriale di successo con l’obiettivo di:

- ottimizzare (utilizzo risorse presenti in azienda)


- offrire a tutti le stesse opportunità
- favorire lo sviluppo delle persone
- diminuire tutte le possibili fonti di distorsione o errori di valutazione

Vantaggi:

 hanno elevata validità predittive


 presentano elevata validità di facciata e sono percepiti come equi dai partecipanti
 sono altamente difendibili in sede legale
 consentono di misurare caratteristiche complesse ma ancorate al comportamento, senza dover ricorrere a
costrutti complessi
 valutano più persone misurando più caratteristiche insieme
 è un metodo che può adattarsi a misurare qualsiasi caratteristica e a simulare qualsiasi tipo di compito
 gli esercizi rendono molto difficile fingere o simulare
 i report sono molto ricchi di evidenze comportamentale e possono rispondere ad una molteplicità di obiettivi.

Svantaggi:

 richiedono molte risorse in termini di costi, tempi e persone coinvolte


 sono complessi e onerosi da costruire e da gestire per la strumentazione che richiedono
 sono artificiosi e non sempre le prove sono realmente rappresentative
 necessitano di elevate competenze per gli assessor ed un training specifico
 sono molto impegnativi cognitivamente per gli assessor e stressanti per i partecipanti che potrebbero attivare
delle resistenze
 misurano prevalentemente aspetti osservabili attraverso il comportamento mentre trascurano altri aspetti
psicologici
 mancanza di un ancoraggio teorico.
Vale la pena utilizzare gli AC quando l’organizzazione necessita di un metodo obiettivo e standardizzato, difendibile in
sede legate, per promuovere o selezionare risorse. Quando l’organizzazione ha le risorse economiche per potersi fare
carico di un processo di AC. Quando ha necessità di avere info dettagliate sui punti di forza ed esigenze di sviluppo
delle persone poiché realmente si vuole investire su di esse.

REQUISITI ESSENZIALI DELL’A.C.

 Job Analysis: La presenza di un processo di job analysis (o competence modeling) per l’identificazione dei job
requirement necessari in termini di analisi delle caratteristiche del lavoro e/o del contesto organizzativo. Per
agganciare logicamente le dimensioni di valutazione dell’AC al contesto organizzativo (alla mansione e alle
strategie/obiettivi organizzativi). Queste info costituiscono la cornice indispensabile per costruire/scegliere le
prove, osservare e valutare il comportamento e dare il feedback.
 Molteplicità di tecniche di assessment: L’utilizzo di molteplici strumenti e tecniche, tra cui test, interviste,
questionari, simulazioni ecc in grado di offrire molteplici opportunità di osservare le dimensioni di
valutazione. Tutti gli strumenti devono essere stati precedentemente testati e validati.
 Prove situazionali: devono essere presenti delle simulazioni connesse al contenuto del lavoro, ossia che devono
in parte ricreare la complessità delle condizioni di una reale situazione lavorativa e capaci di elicitare una
risposta comportamentale osservabile complessa e in interazione con gli altri.
 Osservazione del comportamento: La presenza di una modalità chiara e standardizzata di osservazione e
classificazione del comportamento osservato in categorie di riferimento univoche e ben distinte che non
richiedono di fare inferenze su caratteristiche sottostanti.
 Progettazione trasparente: procedura definita per collegare chiaramente le dimensioni di valutazione con le
prove utilizzate (matrice competenze-strumenti).
 Molteplicità di assessor: devono essere adeguatamente formati non solo alla metodologia dell’AC ma
all’utilizzo di quelle specifiche prove per valutare quelle specifiche dimensioni.
 Integrazione delle info: che deve avvenire attraverso un metodo definito e in modo da garantire l’aggregazione
di più punti di vista (attraverso la discussione o una procedura statistica)

Sebbene l’AC nasca come strumento per la valutazione del potenziale, la sua versatilità e dinamicità ne ha permesso
l’applicazione in diversi ambiti di HR che la letteratura internazionale riconduce a 3 principali processi: selezione,
valutazione del potenziale, formazione/sviluppo.

OBIETTIVI PRINCIPALI AC

 Decidere chi assumere


 Decidere chi promuovere
 Diagnosticare i punti di forza e aree di debolezza
 Sviluppare competenze e capacità

FASE DI PROGETTAZIONE AC

Può essere illustrata attraverso 5 step fondamentali:

1. Identificazione delle dimensioni da valutare = costituiscono l’unità di analisi dell’AC rilevate attraverso le
prove situazionali. Sono degli insiemi di comportamenti osservabili logicamente omogenei al loro interno e
rilevanti per il successo nella posizione di lavoro o nel contesto organizzativo. Sono definiti attraverso
indicatori comportamentali specifici. Generalmente l’AC è costruito attorno a tali dimensioni che ne
costituiscono il fulcro. Se ben definite e non sovrapposte semplificano il lavoro degli assessor e aumentano la
validità dell’AC. Dimensioni (Rupp, Snyder, Gibbens, Thornton 2006) conoscenze, abilità o altre
caratteristiche che possono essere sviluppate in un ragionevole arco di tempo e con uno sforzo ragionevole. La
scelta delle dimensioni è una fase cruciale, fondamentale per il successo dell’intero processo. La scelta non
adeguata delle dimensioni può generare focalizzazione su elementi non importanti per il successo del
lavoratore o concentrazione su dimensioni difficili da sviluppare e quindi frustrazione.
2. Macroprogettazione dell’AC = consiste nel decidere quante e quali prove utilizzare. È utile in questo caso la
costruzione di una matrice che sintetizza e formalizza il processo di valutazione. È fondamentale che ogni
competenza venga misurata attraverso almeno 2 prove e allo stesso tempo che una singola prova non valuti
contemporaneamente più competenze perché potrebbe costituire un lavoro troppo oneroso per gli assessor.
Competenze = dimensioni
APPROCCIO INDIVIDUALE
o dall’individuo alla posizione di lavoro (BOTTOM UP)
o focus su competenze diverse per ciascuna posizione o famiglia professionale
o si focalizza su ciò che c’è di unico di ciascun ruolo
o coinvolgimento di chi svolge il lavoro e del capo diretto
o dimensioni più specifiche e puntuali
o metodo rigoroso
o utilizzati per programmi di selezione, valutazione della performance e del potenziale relativo
o orientate a breve termine
o rischiano di trascurare il livello organizzativo
APPROCCIO ORGANIZZATIVO
o dall’organizzazione all’individuo (TOP DOWN)
o focus su comportamenti trasversali e sulle core competences distintive per il business e gli obiettivi
dell’organizzazione
o enfasi su ciò che accomuna diversi ruoli
o coinvolgimento diretto del management
o dimensioni più ampie e gerarchiche
o utilizzate per programmi con finalità di diagnosi, formazione e sviluppo
o orientate a lungo termine e più strategiche
o approccio molto di moda ma spesso poco rigoroso
3. Costruzione delle singole prove individuali e di gruppo = consiste nel costruire le prove da somministrare e le
relative griglie di osservazione per gli assessor. Sarebbe opportuno costruire le prove ad hoc, tuttavia molto
spesso vengono utilizzate prove standard di cui le società di consulenza e selezione dispongono.
 PROVE DI GRUPPO: sono le più diffuse e utilizzate in quanto consentono di osservare le competenze che
hanno a che fare con dimensioni relazionali, di comunicazione e di leadership. Sono due le caratteristiche
principali che consentono di distinguere le diverse prove di gruppo: il grado di strutturazione della prova in
termini di quantità di materiale fornito, definizione degli obiettivi e l’omogeneità del materiale consegnato che
può essere uguale per tutti o diverso per partecipante.
o Leaderless Group Discussion (LGD): è la meno strutturata tra le varie prove di gruppo. I candidati
vengono suddivisi in gruppi da 6 o 8 persone ed essi sono chiamati a discutere su un tema o a
risolvere un problema a partire da alcune informazioni uguali per tutti. I valutatori devono
semplicemente osservare e intervengono soltanto allo scadere del tempo. Dimensioni osservabili:
team working, comunicazione, persuasione, leadership, problem solving, presa di decisione</i>.
o Vantaggi/limiti: possibilità di osservare il valutato in situazioni realistiche e di vedere il ruolo che
assume nella libera interazione. Non è complessa/onerosa da costruire ad hoc. Mancanza di
uniformità tra gruppi e potenziale influenza delle caratteristiche dei membri del gruppo che può
condizionare la valutazione dei comportamenti.
o Rischio (effetto alone): valutare negativamente chi non si espone.
o Business game: simile alla LGD ma più strutturata e inerente temi di gestione aziendale. Viene
simulata una riunione all’interno dell’ambito organizzativo immaginario rispetto al quale sono fornite
una serie di informazioni complesse. Al gruppo viene assegnato un obiettivo comune da portare a
termine in un tempo limitato. Questa prova, oltre ad osservare dimensioni relazionali, consente anche
di individuare aspetti legati alla capacità di analisi dei dati forniti, all’orientamento all’obiettivo e al
problem solving.
o Role playing di gruppo: è una simulazione di gruppo in cui ad ogni candidato viene assegnato un
ruolo diverso dagli altri. È simile al business game poiché viene simulata una riunione con la
differenza che in questo caso ciascuno riceve informazione diverse ed ha quindi una visione parziale
del problema. L’obiettivo può essere di gruppo e uguale per tutti. Un tipo particolare di role playing di
gruppo è l’advocacy case (gioco di negoziazione) focalizzato sulle competenze negoziali, in cui i
partecipanti hanno la responsabilità del risultato che portano individualmente a casa e obiettivi in
conflitto tra loro. In questo caso ogni persona deve cercare di ottenere determinate risorse finanziare
convincendo gli altri partecipanti a dedicare tali risorse al proprio progetto piuttosto che a quello degli
altri. Dimensioni osservabili: competenze relazionali, orientamento competitivo/collaborativo
o Giochi di cooperazione: sono meno strutturate rispetto alle altre; i partecipanti hanno informazioni
diverse ma un obiettivo comune.
Vantaggi:
 consentono di osservare i candidati interagire tra loro, utile soprattutto quando il rapporto
con gli altri è un aspetto fondamentale dell’attività lavorativa;
 permettono di osservare più partecipanti insieme e quindi di ottimizzare i tempi del processo
di selezione;
 le prove sono replicabili e possono essere somministrate a diversi gruppi e in tempi diversi
consentendo di confrontare i risultati raggiunti.
Limiti:
 influenza dell’osservatore (i comportamenti che le persone mettono in atto quando sanno di
essere osservate sono diversi da quelli che mettono in atto solitamente. Si parla di effetto
Hawthorne, che può condizionare la prova in quanto le persone si comportano sulla base di
quello che immaginano sia l’aspettativa dell’osservatore. Tale effetto è particolarmente forte
all’inizio della prova, dopo di che i candidati tenderebbero ad abituarsi e a non fare più caso
alla presenza dell’osservatore)
 incidenza che la composizione del gruppo può avere
 eventuale conoscenza pregressa tra i partecipanti
 difficoltà di valutare persone che si espongono poco
 conoscenza della prova
 PROVE INDIVIDUALI; tali prove possono includere esercizi scritti e orali ed esercizi più o meno interattivi
con l’assessor. Gli esercizi scritti sono focalizzati sul compito e quindi sul modo di analizzare e gestire le
informazioni e risolvere problemi; gli esercizi orali sono molto diversificati e possono indagare sia dimensioni
di relazione sia di contenuto.
o In-tray (o in basket): Il partecipante deve assumere il ruolo di un manager e, in un tempo limitato,
esaminare e organizzare una documentazione ampia e disordinata (posta in arrivo, memo, messaggi,
telefono, organigramma, dati di business, fatture ecc..) nella quale vengono presentati una serie di
problemi aziendali di vario tipo. Il candidato deve individuare le problematiche prioritarie, prendere
decisioni e organizzare le attività da svolgere, facendo uso delle risorse a disposizione (persone,
denaro, mezzi). Le risposte sono espresse in forma scritta attraverso la compilazione di un’agenda o
apposito quaderno che viene successivamente valutato. Al fine della prova a volte viene chiesto al
partecipante di esporre la strategia usata e la motivazione delle azioni intraprese.
Dimensioni osservabili: analisi del problema, pianificazione, organizzazione, definizione delle
priorità, visione strategica, problem solving, presa di decisione, verifica dei processi.
Un forte limite di questa prova si ha quando le persone per diverse ragioni (difficoltà nella gestione
del tempo; incomprensione dei contenuti dell’esercizio; scarsa familiarità con i contesti organizzativi;
problema di ansia) scrivono poco o lasciano il lavoro incompleto.
o Pensiero produttivo: un tipo di esercizio in cui si chiede al candidato di produrre soluzione e idee
creative e originali per risolvere alcuni problemi operativi motivo per cui è indicato soprattutto nella
selezione di profili professionali di pubblicitari, grafici etc…
o Presentazione: il candidato, sulla base di una documentazione molto ampia, deve esporre una
presentazione di fronte agli assessor ed eventualmente agli altri partecipanti. Se la presentazione ha
come oggetto un tema specifico, può essere fornita una documentazione da analizzare con ampiezza e
complessità variabile. Può essere inoltre richiesto di preparare delle slide e mostrarle con l’ausilio di
un proiettore.
Dimensioni osservabili: comunicazione, persuasione, capacità di analisi e sintesi, gestione delle
obiezioni, public speaking.
Vantaggi/Limiti: facile da costruire e gestire. Facilmente personalizzabile e combinata con altre.
o Role playing individuale: simulazione interattiva in cui il candidato assume un ruolo in una situazione
difficile, mentre un assessor interpreta il suo interlocutore e uno o più assessor osservano
contemporaneamente l’interazione. Il candidato è chiamato a gestire una situazione difficile
proponendo delle soluzioni e gestendo le reazioni dell’altro. Questa specifica prova solitamente è
usata per valutare competenze legate alla gestione dei clienti o dei collaboratori.
o Situational interview (SI): tale metodologia viene utilizzata sia come prova di selezione unica che
come strumento da includere all’interno dell’assessment center per aumentarne l’efficacia. È molto
simile al colloquio di selezione in virtù del setting e dell’interazione con il selezionatore tuttavia le
domande poste dal selezionatore sono ben definite e uguali per tutti i candidati. Tale metodo, infatti,
nasce proprio in opposizione al colloquio destrutturato, con lo scopo di aumentare la capacità
predittiva dell’intervista di selezione, minimizzando l’influenza della desiderabilità sociale e i bias
individuali del selezionatore. La SI indaga le intenzioni comportamentali; al candidato viene esposta
una situazione organizzativa contenente un dilemma. Viene poi chiesto al candidato di descrivere in
che modo agirebbe. Per poter adoperare questa tecnica, occorre quindi prima formulare le domande
situazionali, per cui ogni domanda mira ad indagare un valore o una competenza. Essa prevede anche
una procedura di scoring per valutare le risposte dei candidati. SI rientra tra le interviste focalizzate
sui comportamenti, come la BEI. Tuttavia, questi due tipi di intervista si differenziano per diverse
ragioni tra cui: la prospettiva temporale (SI centrata sul comportamento ipotetico futuro; BEI centrata
sulle esperienze passate); tipo di situazione (S viene presentata una situazione chiedendo alla persona
cosa farebbe; BEI non viene presentata alcuna situazione, si chiede al candidato di raccontare un
episodio); grado di strutturazione (SI richiede un approfondito lavoro di progettazione); specificità
rispetto al contesto (SI impiegabile solo in uno specifico contesto in quanto coerente con i valori e i
comportamenti attesi in quell’organizzazione; BEI si può utilizzare anche a ruoli e organizzazioni
diverse).
 GRIGLIE DI OSSERVAZIONE = orientano i valutatori nel decidere cosa e come registrare i comportamenti
messi in atto dai partecipanti. Possono essere di natura:
o non strutturata (osservazione libera): consente di annotare in maniera libera i comportamenti osservati
nelle prove, accorparli e classificarli rispetto alle competenze da valutare; aumenta la probabilità che
l’osservatore selezioni in automatico le informazioni che egli considera più rilevanti, in funzione dei
propri bias e schemi mentali, ma che non lo sono ai fini della valutazione;
o strutturata: le più strutturate sono le BARS (Behavioural ancorated rating scales), ossia scale ad
ancoraggio comportamentale in cu sono descritti i comportamenti riferibili a ciascun livello.
Una buona griglia presenta dimensioni non sovrapposte, le dimensioni vengono esplicitate e declinate in
comportamenti osservabili, è chiara la scala di risposte e il livello atteso della dimensione. È coerente con
l’esercizio stimolo proposto. Ha degli spazi in cui inserire commenti e note.
4. Progettazione operativa: viene stabilita la programmazione delle giornate, la definizione degli assessor, degli
spazi da utilizzare per le prove di gruppo e individuali, dei tempi ecc…
5. Formazione degli assessor: a cui vengono illustrati obiettivi e modalità di svolgimento del progetto. Particolare
attenzione va dedicata alle dimensioni da valutare, alle diverse prove, alle relative griglie di osservazione e agli
errori più frequenti nella valutazione.

FASE DI REALIZZAZIONE

Questa fase prevede lo svolgimento di una o più sessioni di assessment. La durata media di ogni sessione va da mezza
giornata fino a 3 giorni nel caso dei più sofisticati. In selezione non durano più di un’intera giornata. Al termine della
somministrazione i valutatori si riuniscono per confrontare le informazioni raccolte su ciascun candidato, discutere le
eventuali contraddizioni e i diversi punti di vista per giungere ad una valutazione condivisa. Per ogni candidato viene
predisposto un documento scritto, detto report, il quale evidenzia le aree di forza e le aree critiche rispetto al profilo
ideale o al modello di competenze definito.

STESURA PROFILI

Per ogni candidato viene predisposto un documento scritto, detto report, che evidenzia aree di forza e aree critiche
rispetto al profilo ideale o al modello di competenze definito. Altre volte nel rapporto finale vengono evidenziati i
punteggi complessivi nelle diverse competenze confrontati con i punteggi ideali della posizione.

FEEDBACK

L’output dell’assessment solitamente viene fornito sia all’organizzazione che alla persona che ha partecipato all’AC
mediante un momento di feedback all’interno del quale si comunica la valutazione. Il feedback fornito alla persona ha
sia lo scopo di inviare un messaggio di trasparenza dell’organizzazione mediante la condivisione dei risultati, sia
favorire la presa di consapevolezza della persona di quanto emerso nel processo. Nel caso in cui l’AC sia applicato alla
selezione, non è previsto alcun feedback alla persona, bensì solo all’organizzazione sotto forma di profili dei singoli
candidati.

SINTESI PROCESSO AC:

1. PROGETTAZIONE: Definizione, attraverso la job description, del profilo di competenze di riferimento.


Messa a punto delle prove e della griglia di osservazione. Programmazione della giornata.
2. REALIZZAZIONE: Svolgimento di una o più sessioni che prevedono l’impegno in diverse prove.
3. STESURA PROFILI: Confronto tra i valutatori (riunione). Redazione di profili in base alle competenze di
riferimento (report).
4. FEEDBACK: Non a distanza di troppo tempo (massimo un mese) si incontra la persona, restituzione.

INTERVISTA/ COLLOQUIO DI SELEZIONE

IL COLLOQUIO INDIVIDUALE

Il colloquio rappresenta lo strumento maggiormente utilizzato per individuare le persone da inserire le persone in un
determinato contesto organizzativo. Nell’ambito del colloquio sono sempre presenti 3 elementi: chi realizza il
colloquio, l’altro (inteso come committente o candidato) e la relazione tra gli attori della situazione.

 Le caratteristiche principali del colloquio sono:


 Permette di conoscere da vicino il candidato
 Il setting è definito da variabili contestuali note
 Possibilità di usare la relazione come strumento
 Flessibile
 Informazioni raccontate e interpretate dal candidato
 Lente di lettura del selezionatore
 Varia in base all’approccio adottato

Secondo Trentini il colloquio psicologico si basa su un accordo temporaneo della coppia nel perseguire un determinato
obiettivo per il raggiungimento del quale si effettua un’operazione volta alla conoscenza dell’interlocutore. Si tratta di
una situazione attivamente gestita da entrambi che avviene in un contesto specifico che influenza la relazione e può
incidere sulla rappresentazione dei ruoli specifici. Molto spesso, il termine colloquio di selezione e intervista vengono
usati in modo interscambiabile, in realtà essi fanno riferimento a concetti differenti. Secondo Trentini<b></b>se due o
più soggetti hanno voluto e chiesto il contatto si parla di colloquio; se invece almeno uno dei due subisce l’incontro si
parla di intervista.

Nello specifico, l’intervista rappresenta uno strumento conoscitivo ad elevata strutturazione nel quale il rapporto si basa
su una motivazione estrinseca. Essa si focalizza maggiormente sul bisogno dell’interlocutore che ha lo scopo di
raccogliere informazioni su un tema specifico; focus sui contenuti e non sulla relazione. Inoltre, il setting dell’intervista
non risulta particolarmente importante e le competenze psicologiche non sono sempre essenziali.

Il colloquio, invece, è uno strumento di analisi e di intervento destrutturato in cui il rapporto si basa su una motivazione
intrinseca di entrambi gli attori. In questo caso il focus è sulla relazione e occorre considerare la soggettività del
conduttore. Non si tratta di un metodo induttivo come nel caso dell’intervista, bensì di un metodo indiziario per cui le
competenze psicologiche sono fondamentali. Infine, la dimensione del setting assume particolare rilevanza.

LE FASI DEL COLLOQUIO

1. Preparazione = può essere effettuata soltanto in seguito all’analisi della domanda, del contesto, della posizione,
alla stesura del profilo ideale e al reclutamento; la preparazione viene fatta prima di cominciare il colloquio e
consiste nella raccolta ed esame di tutte le informazioni e del materiale precedentemente raccolto. Serve a farsi
un’idea della situazione e iniziare a focalizzarsi sulle aree da indagare.
2. Setting = si fa riferimento all’insieme dei parametri e delle regole che definiscono il colloquio, ovvero la forma
organizzativa del rapporto: tempo, spazio, costi, ruoli, obiettivi ecc…). Il setting costituisce il contenitore, cioè
la cornice di riferimento che consente al colloquio di verificarsi. In assenza di esso il colloquio diventa una
semplice chiacchierata casuale tra due persone. Durante la sua strutturazione consente all’operatore di
osservare il modo di reagire e le trasgressioni alle regole dell’interlocutore che possono assumere un
significato nella relazione.
3. Accoglienza = corrisponde all’inizio del colloquio di selezione vero e proprio e, in questa fase, l’operatore
deve cercare di mettere l’altro a proprio agio instaurando un clima di fiducia e rispetto. È importante essere
disponibili e professionali tentando di instaurare una relazione positiva con l’altra persona. Inoltre, l’operatore
deve provare a non farsi influenzare dalle prime impressioni e deve fuggire dalle false aspettative.
4. Ricognizione = è una fase in cui vengono esplorati diversi temi, aspetti come la posizione, gli atteggiamenti, la
personalità, la motivazione e le attitudini lavorative. Nello specifico le aree da indagare nel colloquio sono:
 le ragioni della candidatura (coerenza di tale scelta con il percorso formativo/lavorativo)
 il curriculum scolastico (materie preferite, rapporti con i docenti, competenze acquisite, eventuali
insuccessi,…)
 il curriculum professionale (aziende in cui ha operato, valutazioni, risultati conseguiti, problemi
incontrati, stili di relazione, ragioni dei cambiamenti del lavoro)
 le motivazioni lavorative e aspirazioni professionali (aspetti del lavoro più o meno gratificanti,
importanza del lavoro nel sistema di valori, aspettative e obiettivi professionali)
 immagine di sé (punti di forza e di debolezza, capacità che ritiene essere più sviluppate, aspetti da
migliorare)
 la prefigurazione del ruolo (rappresentazioni cognitive che il candidato ha sulla possibile situazione
futura)
 la coerenza (la coerenza con i dati emersi mediante altre prove, analizzando eventuali discrepanze e
concordanze con quanto si riscontra nel colloquio)
5. Conclusione del colloquio = in questa fase occorre valutare l’opportunità di effettuare altri colloqui ed è
importante che l’operatore non sia brusco nella chiusura di quest’ultimo anticipando le fasi successive del
processo.

LE TECNICHE DEL COLLOQUIO

 Tecnica delle domande: è fondamentale disporre di una strategia quando si pongono le domande che
consentono di verificare o falsificare le ipotesi. Le domande possono essere aperte o chiuse, e non si deve
passare alla domanda successiva se non sono chiare le risposte a quelle precedenti. Può essere utile stimolare
risposte dettagliate attraverso esempi concreti. Questa tecnica si fonda su una sorta di flusso a carattere
ricorsivo che si basa su 3 fasi precedute da una fase 0 di accoglienza:
o Fase di accoglienza (vengono formulate in prevalenza domande aperte, facilitanti che stimolano
l’apertura e creano un clima positivo)
o Fase di esplorazione (domande volte ad indagare eventi realmente accaduti esplorando pensieri, valori
e motivazioni dell’altro. In questo caso le domande aperte possono produrre un effetto “fiume di
parole” ossia una prolissità delle risposte)
o Fase riflessiva (queste domande riguarderanno il mettere in connessione i vari elementi tra loro,
valutando eventuali concordanze o discrepanze. Serve al selezionatore per verificare l’effettiva
comprensione della situazione del candidato cerando di capire se ciò che sta riportando quest’ultimo è
vero o occorre esplorare altri temi)
o Fase di approfondimento (utile a falsificare e a confermare le ipotesi precedentemente formulate o a
crearne di nuove. È finalizzata ad approfondire temi già trattati consentendo di ritornare su aspetti
rispetto ai quali il selezionatore sente di non avere una visione chiara e completa. In questa fase si
possono usare due tecniche:
 tecnica della chiarificazione = vengono approfonditi alcuni aspetti non chiari del problema
mediante l’utilizzo di domande aperte
 tecnica della riformulazione = in questo caso il selezionatore riformula, a parole proprie, ciò
che il candidato ha detto oppure riassume in seguito ad un’esposizione prolissa i contenuti
principali in modo da restituire al candidato il senso delle sue parole e verificarne la corretta
comprensione)
 Tecnica dell’ascolto: è importante lasciare esprimere all’interlocutore il pensiero fino in fondo, incoraggiando
a svilupparlo. Inoltre, non bisogna giungere a conclusioni affrettate, non avere preconcetti e non giudicare.
 Tecnica del silenzio: il silenzio nel colloquio ha molteplici scopi, come quello di ascoltare l’altro, ascoltare le
proprie emozioni, riflettere su quello che sta accadendo, lasciare che l’altro segua il filo delle sue associazioni.

L’INTERVISTA STRUTTURATA

Risponde all’esigenza di aumentare la capacità predittiva del colloquio di selezione. Mira a minimizzare nelle scelte di
selezione l’influenza della desiderabilità sociale e dei bias individuali (euristiche, pregiudizi, teorie…)

Si possono individuare 3 tipi di intervista comportamentale/strutturata:

1. Behavioural event interview (BEI) = si basa sul presupposto che il comportamento passato predica il
comportamento futuro; nasce nella cornice teorica del modello delle competenze; utilizzata per individuare
cosa determina il successo nella prestazione. Nell’intervista vanno raccolte informazioni dettagliate e
specifiche anche attraverso domande di approfondimento. I comportamenti descritti dalla persona vengono
ricondotto agli indicatori comportamentali delle competenze chiave valutandone la pertinenza (rispetto agli
indicatori), la rilevanza (rispetto alla situazione), la frequenza e l’impatto (rispetto al risultato).
2. Behavioural description interview = è in grado di cogliere informazioni sul comportamento passato
3. Situational interview = l’idea è che le intenzioni comportamentali predicano il comportamento futuro; la SI
riduce l’effetto di desiderabilità sociale in quanto al candidato non appare chiaro quelli che il valutatore
vorrebbe sentirsi dire.

7. STESURA DEL RAPPORTO

A conclusione delle prove, il selezionatore stila un rapporto per ciascun candidato esaminato. In alcuni casi il
committente può richiedere il rapporto solo per i candidati risultati idonei. L’obiettivo del rapporto è quello di fornire
evidenze motivate delle proprie valutazioni e conclusioni sulla persona; inoltre, esso mira a rendere conto a terzi del
proprio lavoro lasciando così una traccia di ciò che si è fatto. Il rapporto si basa su due attività principali: la scelta delle
informazioni e il confronto con gli altri candidati. La finalità è quella di fornire al committente un prodotto utile a
prendere la decisione finale. Il selezionatore può incorrere in diversi errori:

- Attribuire alla persona alcune caratteristiche che non si sono realmente osservate ma che il valutatore interpreta
come vere in virtù dei propri schemi mentali;
- Utilizzo di euristiche

Per questo, il valutatore deve ancora le proprie valutazioni ai comportamenti effettivamente osservati, cercando di
mettere continuamente in discussione le proprie teorie, per confermarle e soprattutto falsificarle. Il rapporto comincia
con una sintesi delle informazioni essenziali del CV. Successivamente vengono presentati i commenti ai risultati di test
e questionari e altre prove effettuate. Le ipotesi del selezionatore sono accompagnate da singoli elementi oggettivi
tuttavia, sono le interpretazioni associate ai dati raccolti a consentire a chi legge il rapporto di seguire il percorso
mentale che ha condotto il selezionatore. Il rapporto si conclude con la messa in evidenza dei punti forti e critici più
salienti del candidato e con il giudizio di idoneità o meno del candidato rispetto alla posizione. Il selezionatore è
chiamato a sbilanciarsi esprimendo necessariamente un’indicazione circa l’idoneità al ruolo della persona. Solitamente
quindi il selezionatore presenta al committente una cerchia ristretta di candidati tra i quali verrà scelta la persona da
assumere sulla base delle indicazioni da lui fornite e dell’ultimo eventuale colloquio.

8. VERIFICA DEL PROCESSO

È preferibile che il processo di selezione termini con una verifica della sua efficacia a distanza di tempo, per esempio un
anno. Questa verifica prevede la valutazione delle risorse e un confronto con ciò che era stato ritenuto rilevante nel
profilo.

PROBLEMATICHE PROFESSIONALI NELLA SELEZIONE DEL PERSONALE

I soggetti che svolgono attività di reclutamento e di selezione possono essere svariati. La prima grande differenza
occorre farla tra soggetti che svolgono la selezione internamente, ovvero quando l’organizzazione che seleziona e quella
che necessita di nuovo personale coincidono, e coloro che la conducono all’esterno cioè quando l’organizzazione che ha
bisogno di personale si rivolge ad agenzie o enti esterni. La decisione o meno di rivolgersi ad enti esterni per la
selezione del personale può dipendere dalla grandezza e dal livello di complessità dell’organizzazione. Ad esempio, è
logico che in microimprese e aziende di piccole dimensioni la selezione sarà gestita all’interno servendosi di uno o più
colloqui per la scelta. È molto probabile che in questi casi i valutatori, per la scelta, faranno riferimento ad aspetti
oggettivi caratteristici dei candidati piuttosto che aspetti psicologici. Se l’azienda, invece, è di medie dimensioni (da 50
a 250 addetti) o di grandi dimensioni la selezione può essere gestita internamente da figure addette a tale attività oppure
ci si può affidare ad enti esterni. Per cui, le ragioni principali per cui una società decide di rivolgersi a un operatore
esterno per il recruiting e la selezione sono:

 La mancanza all’interno di competenze specifiche


 L’utilizzo di metodologie e strumenti aggiornati
 Visibilità più ampia
 Rapidità del servizio reso
 Possibilità di confronto con l’esterno

Le società che svolgono attività di selezione possono essere suddivise in 3 macro tipologie:

 Società di consulenza (intervengono sulle aree della formazione manageriale, della valutazione del potenziale e
dello sviluppo organizzativo oltre che della selezione)
 Agenzie interinali (selezionano e assumono direttamente i candidati da mettere a disposizione di aziende loro
clienti. I lavoratori interinali, assunti con contratto di lavoro temporaneo, sono spesso impiegati per mansioni
operative o mansioni impiegatizie. Il tipo di contratto è possibile solo in casi particolari legati alla sostituzione
temporanea di personale assente o per picchi di lavoro. Con la legge Biagi le società interinali si trasformano in
Agenzie per il lavoro abilitate alla somministrazione di lavoro a tempo determinato e indeterminato. Si tratta di
operatori polifunzionali del mercato del lavoro che hanno lo scopo di facilitare l’incontro tra domanda e offerta
di lavoro. Esse devono essere autorizzate dal Ministero del Lavoro e iscritte ad un apposito albo che prevede
requisiti specifici)
 Società di head hunting (si occupano di individuare profili manageriali e direttivi particolarmente rari e molto
specializzati. Queste società operano in modo del tutto riservato, a differenza delle altre, ricercando
direttamente la persona attraverso contatti e relazioni informali e non mediante i comuni canali di
reclutamento. La “ricerca delle teste” parte dalla lista delle società concorrenti che potrebbero avere al loro
interno la professionalità ricercata)

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