Pensare alla scuola come un sistema di laboratori = vuol dire avere in mente un’idea
di formazione per l’apprendimento, inclusiva e soprattutto attenta alle differenze. In
questa visione va interpretato il concetto di competenza che guida il curricolo della
scuola dell’infanzia e primaria.
= come capacitazione Idea che ha le sue radici nel pensiero filosofo di NUSSBAUM
fa perno sul costrutto di capacitazione degli individui e dei sottosistemi in cui
ognuno vive in associazione con altri: organizzazioni, istituzioni, territori. Lo sviluppo
umano è concepito come capacità di ogni persona di essere soggetto autonomo e di
progettare la propria vita e poterla realizzare secondo le proprie idee.
2. metafora del ponte come integrazione dei 3 saperi riporta un lavoro didattico
sostenuto da una pluralità di elementi e strumenti da mettere in gioco nel
lavoro di apprendimento. è un lavoro didattico centrato su situazioni di realtà
che vengono problematizzate e assunte come spunto per l’attività didattico. Lo
studente = produttore della sua conoscenza, costruttore attivo del suo sapere.
si fonda sulle sfide appena esposte poiché coinvolge attivamente allievi e insegnanti
in percorsi di ricerca, spostando la centralità dall’insegnamento all’apprendimento
da programma all’allievo in una relazione di circolarità.
Il sapere “scolastico” per poter diventare formativo, e ispirare modi di fare e di essere,
deve essere l’esito di una relazione intima e affettiva tra adulto e bambino, che
coopera in egual misura con l’insegnante responsabile impegnato in una negoziazione
continua e pubblica.
C’è comprensione autentica quando si allestisce una relazione autentica don l’altro e
la comprensione
dell’esperienza dell’altro implica la cura dell’altro perché si instauri un clima di
accettazione, comprensione e ascolto.
L’etica della cura dell’esperienza educativa e di ricerca con i bambini implica alcune
“direzionalità”:
- l’avere rispetto
- sentirsi responsabili dei bambini, concepiti come ontologicamente vulnerabili.
Questa consapevolezza genera il senso di responsabilità che porta a vigilare
su quello che si fa e si dice valutando continuamente se la qualità del proprio
agire è etica e a offrire esperienze positive.
La logica etica della professione insegnante e la centralità del tema della relazione si
accorda con diverse immagini di infanzia:
1. bambino come conoscenza identità e riproduttore di cultura. Evoca l’idea
di tabula rasa di Locke:
il bambino va preparato per ricevere e
riprodurre conformandosi ai
saperi curricolari e precostituiti.
Il termine poi è passato a indicare non solo produzioni, ma anche luoghi di analisi, di
studio, di ricerca, diagnosi per la comprensione e spiegazione di fenomeni nelle
scienze sperimentali e applicate, ambienti per la progettazione architettonica e
ingegneristica.
Nel laboratorio, in generale, si realizza attività produttiva attraverso lavoro
materiale e intellettuale.
Tale def. permette di identificare delle “categorie” fondative rispetto alla prassi:
Spazialità il laboratorio può essere definito come uno spazio “fisico” e “sociale”
attrezzato, teatro delle
attività che vi si svolgono. Il laboratorio dilata le dinamiche della
socializzazione in modo +
ampio di quelle che si possono fruire nell’aula – madre.
- Scientifico: il modello dei laboratori si fonda sul principio che i fatti insieme alla
teoria, producono
generalizzazioni e categorizzazioni teoriche. Il sistema di
congetture a priori si verifica
tramite osservazioni e manipolazioni (dell’esperienza, dell’azione)
Dalla relazione dei due diversi livelli logici del curricolo con tipologie di esperienza,
immediata e relativa, si generano due modelli laboratoriali:
PBL una particolare forma o sottoinsieme del Inquiry – Based – Learning (IBL)
L’insegnante non spiega il fenomeno e l’indagine del problema spetta agli studenti
che usano le domande formulate all’insegnante. Il ruolo dell’insegnante guida =
aiutare gli studenti e assisterli nella eventuale formulazione di domande e poste non
correttamente.
Per avere una valutazione che sia valida = trasparente e comprensibile sia agli
studenti che alle loro famiglie, appare necessario trovare metodi alternativi anche
al fine di presentare la valutazione come parte del percorso di apprendimento.
La lettura critica dei documenti d’indirizzo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo
obbligatorio permette di osservare l’evoluzione del concetto di laboratorio.
Richiamo al lavoro in piccolo gruppo, che può essere adeguatamente accolto in spazi
dedicati, i laboratori.
Questo per rispondere alle esigenze specifiche delle età e per rispondere ai bisogni,
anche individuali, dei bambini.
Il laboratorio viene concettualizzato come un ambiente particolarmente coerente con
le finalità della scuola dell’infanzia, vale a dire la maturazione dell’identità, la
conquista dell’autonomia e lo sviluppo della competenza.
Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia per primo ciclo
di istruzione (2012)
Nelle scienze sperimentali i laboratori sono luoghi in cui fenomeni naturali o artificiali
vengono studiati in modo controllato e sistematico ( = in cui si tiene conto di tutti i
parametri possibili che potrebbero influenzare i risultati) attraverso esperimenti che
mettono alla prova modelli teorici attraverso un continuo confronto tra idee, che
forniscono una base per la spiegazione dei fenomeni, e i dati. L’esperimento risponde
ad alcune caratteristiche essenziali:
- Riproducibilità lo scienziato ripete molte volte l’esperimento e controlla
se lo stesso risultato
- Rilevanza. si riproduce o meno.
Sono ambiti di ricerca degli e per gli allievi, su fenomeni, aspetti, concetti ed
anche sui propri processi di apprendimento.
I laboratori didattici delle scienze nelle scuole primarie e dell’infanzia sono luoghi di
esplorazioni o di prime sperimentazioni semplici
Gli studi che seguono presentano percorsi di ricerca – azione condotti nella scuola
dell’infanzia e nella scuola primaria con lo scopo di rendere evidenti i processi di
insegnamento e apprendimento che si sviluppano in situazioni didattiche con
approccio laboratoriale.
1
Def. = spazi specifici destinati all’educazione artistica, in cui prevalgono i linguaggi grafico-pittorici,
plastici, visuali, teatrali e dove s’insegnano tecniche al fine di elaborazioni personali o dello studio della
storia dell’arte.
c) Colloqui in profondità con i bambini avvenuti dopo aver dedicato del tempo
alla conoscenza tra ricercatore-insegnante/studente e la classe.
d) Interviste individuali registrati, trascritti e
confrontati tra loro.
e) Dialogo tra studente – insegnante e bambini.
Alcuni colloqui sono stati condivisi con l’intero gruppo dando luogo a
conversazioni in cui la presa di consapevolezza dell’identità di ogni singolo
membro nascesse anche dall’ascolto dell’altro.
Il percorso ha preso avvio dalla richiesta ai bambini di portare a casa una foto
che lo ritraesse e di parlarne in gruppo.
Sono emerse consapevolezze sulle proprie intelligenze, sui proprio talenti e le proprie
propensioni.
Risultati:
La pluralità di linguaggi può portare i bambini a:
- Sviluppare capacità di problem –solving, a comprendere che i problemi possono
avere + soluzioni e che ogni domanda può avere + di una risposta
- Pensare “con” e “attraverso” i materiali, i linguaggi proposti, rendendoli
consapevoli del fatto che attraverso strumenti pensati sia possibile trasformare
le idee in realtà
- Sviluppare le proprie capacità comunicative
- Permettere di mettersi alla prova in situazioni nuove e di sperimentare il più
ampio spettro di sensazioni possibili.
La documentazione raccolta ha fatto emergere ricordi di eventi e narrazioni che
danno evidenza del senso di sé, della cognizione del tempo che scorre, della
padronanza del linguaggio che permette di ricostruire il ricordo.
La studentessa-insegnante racconta di una graduale ri-scoperta dei bambini che
richiede impegno, cognitivo e relazionale e la disponibilità al rischio di entrare in
contatto con valori, giudizi, opinioni contraddistinti dalla diversità e talvolta
dall’opposizione.
Didattica della Geometria sono state condotte molte ricerche; tra i precursori
PIAGET in particolare attorno agli anni ’30 iniziarono a occuparsi delle costruzioni
concettuali della geometria.
Oggetto di ricerca: alcuni ostacoli concettuali alla comprensione del concetto di
superficie (cambi di dimensione, le unità di misura in relazione con le unità di
grandezza…)
Studi di Medici, Marchetti vengono evidenziate le pre-concezioni e i processi spontanei
che allievi tra i 9 e 11 anni atttivano quando devono rispovere situazioni problmatiche
con area e perimentro.
gli studi suggeriscono di intraprendere un percorso verso la comprensione dei
concetti di area e perimetro e solo successivamente sulla misurazione.
La ricerca:
- Differenze di stile nel problem – solving: ogni alunni si avvia alla soluzione dei
problemi con modalità
proprie. Qualcuno rilegge il testo,
guarda il disegno se è
presente, scrive accanto dati
ritrovati nel testo, esegue
i calcoli; qualcun altro osserva un
dato alla volta, preferisce
fare da se i disegni
- Le qualità delle immagini presenti nel testo del problema è una variante
rilevabile: un disegno chiaro aiuta a mettere in relazione le informazioni in uno
schema percettivo e mentale. Alcuni alunni hanno trovato scomodo lavorare con
i disegni già proposti, per questo motivo hanno preferito disegnare da sé i
poligoni, altri si sono basati solo sulla comprensione del testo, altri hanno
guardato l’immagine rappresentata.
Le prime analisi sull’approccio dei bambini alla comprensione die problemi e sui
loro errori portano la studentessa- insegnante a verificare l’interesse sul
compito di verifica come strumento per conoscere in che modo i bambini stanno
rielaborando le loro conoscenze in merito.
Scopo di entrambe le prove stimolare gli studenti all’uso delle formule geometriche.
Ciò che cambia è il contesto nel secondo caso, il contesto è ludico: è un gioco
di squadre, gli alunni hanno il compito di disegnare alcuni poligono a scelta tra un
ventaglio stabilito, trovare il loro perimetro nel minor tempo possibile e presentare il
problema perché venga risolto da un altro gruppo.
2
Monitoraggio = consiste nel contro progressivo lungo tutto lo svolgimento del compito e la capacità di
domandarsi, correggersi e controllare in modo consapevole l’esecuzione.
Termine attività i bambini hanno partecipato a FOCUS – GROUP è stato
chiesto di riflettere sul proprio percorso con lo scopo di attuare un’autoanalisi e
prendere consapevolezza del proprio processo di apprendimento.
Risultati
La verifica a risposte multiple e la sfida sono state attività differenti di valutazione
degli apprendimenti.
La prima obiettivo: verificare la capacità di applicare le conoscenze e le abilità
dei bambini nel misurare i perimetri di alcuni poligoni
La seconda obiettivo: cogliere i ragionamenti degli alunni durante il processo di
problem – solving di gruppo.
Nel primo caso i bambini hanno lavorato soprattutto:
- Comprensione del testo del problema
- Memorizzazione delle formule geometriche
- Comprensione delle relazioni tra i dati e la rappresentazione
- Riconoscimento della tipologia di problema
Secondo caso i bambini dovevano ricavare i dati dal disegno, gli alunni si sono
concentrati sulla misurazione del perimetro attivando processi di monitoraggio
durante tutto lo svolgimento del compito. Gli studenti hanno affrontato le attività
ponendosi domande, controllando le loro ipotesi, aiutandosi a prendere coscienza
di quello che stavano facendo.
La capacità di osservare i processi di apprendimento e quella di dialogare
con i bambini sono punti fermi e imprescindibili per una didattica
laboratoriale che fonda i propri assunti a partire da un’analisi multifocale
della pratica didattica.
Analisi delle culture che si costruiscono attorno alla figure dell’insegnante da tre
prospettive:
1. Analisi dei maestri descrivendo i profili insegnanti che emergono nella
letteratura, con un’attenzione alle diverse immagini che si sono succedute nel
tempo
2. Analisi del ruolo e le funzioni dell’insegnante d’infanzia e di primaria negli
Ordinamenti Nazionali dagli anni ’80 a oggi
3. Analisi del tema dello sviluppo dell’identità professionale nella letteratura
recente.
Nel periodo del dopoguerra e per tutto il ‘900 l’agire pedagogico didattico dei
maestri è orientato ai
processi di apprendimento
dell’allievo e risente delle
esperienze e teorizzazioni
dell’attivismo pedagogico.
Di tale movimento attivista fanno parte prospettive molto differenti tra loro:
- prospettiva scientista = preoccupata di individuare procedure standard per il
lavoro scolastico
- prospettiva romantica = fautrice del naturale sviluppo creativo dei bambini
- prospettiva radicale = promotrice di un’idea di educazione rivoluzionaria e
trasformatrice della società in senso democratico.
Nella letteratura anglofona convivono modelli contrapposti relativi al profilo del “buon
insegnante”:
il soggetto carismatico= è qualcuno che possiede intrinseche doti e disposizioni
personali, piuttosto
che essere formato a competenze e abilità
specifiche. Si tratta di attitudini
e qualità non misurabili, quali l’entusiasmo, la
capacità di prendersi cura,
l’affettività, il coinvolgimento, l’empatia. Essi sono
potenziali oggetti di
riflessione della pratica e dell’immaginario sotteso al
modo di pensare ed
essere insegnante.
I programmi del ’91 cambiamento da una scuola dell’assistenza e del gioco ad una
scuola in senso compiuto.
Le riforme del decennio tra il 1996 e il 2006 creano le premesse per un’impostazione
unitaria della scuola, rafforzando negli anni il tema della continuità tra i diversi ordini.
Lo sfondo teorico si riferisce alla programmazione lineare per gli obiettivi e unità
didattiche il testo insiste sull’uguaglianza dei progetti, da fondare sulla conoscenza
delle capacità e delle esperienze pregresse dei bambini.
Viene introdotto inoltre il tema della valutazione delle performances e dei processi,
raccogliendo in maniera sistematica con prove oggettive e altre forme di registrazione
proprie dell’esperienza didattica meno formalizzata una raccolta continuativa di
info sullo sviluppo di conoscenza e di abilità.
strumento flessibile e aperto che consente di rendere conto e di fare memoria dei
percorsi formativi, sia dal punto di vista dei prodotti che dei processi.
Teoria di fondo al Portfolio come strumento valutativo studi sull’alternative
assessment = approccio
americano
sviluppato negli anni ’80.
Introduzione riconosciuta la complessità del ruolo, dei limiti del lavoro educativo. Si
parla del rischio di burnout degli insenanti.
Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 ripreso tema del rischio di
frammentazione delle esperien
ze e dei saperi dei bambini.
Compito della scuola = proporsi come guida che mette al centro la persona allo scopo
di fornire chiavi di
comprensione della realtà e di se stesso.
A questo scopo, il bisogno di conoscenze degli studenti non si soddisfa con il semplice
accumulo di info in vari campi, ma solo con il pieno dominio dei singoli ambiti
disciplinar e, contemporaneamente, con l’elaborazione delle loro molteplici
connessioni alleanza tra le diverse discipline!!!
Nel documento si delinea un profilo dell’insegnante come colui che è attento
alle dimensioni relazionali, valorizzando l’unicità e la singolarità
dell’identità di ogni studente e usando metodologie per favorire potenzialità
e autonomia nei bambini.
Indicazioni per Il Curricolo del 2007 si ritorna in continuità, sia dal punto di
vista della cornice pedagogi
ca di riferimento che come impianto di
documento.
L’insegnante deve:
-curare la dimensione del gruppo
classe
- dedicare attenzione alla promozione dei legami
cooperativi
- valorizzare una logica interculturale
nelle relazioni e le identità
con radici culturali.
Anni ’80 molti programmi per la formazione degli insegnanti furono criticati per il
fatto di non aver
compreso la connessione con la pratica, di offrire corsi incoerenti e poco
chiari riguardo alla
concezione di insegnamento e apprendimento.
Stati Uniti prende avvio una riforma della teacher education x riprogettare
percorsi + coerenti e che
Interagissero i corsi tra loro e le clinical experiences con i corsi.
I Laboratori di SFP sono stati progettati con finalità di connetter le esperienze fatte
durante il percorso.
Gli studenti iniziano a connettere la conoscenza teoria con la dimensione della pratica
degli insegnamenti, possono essere condotti dai docenti, ricercatori, insegnanti o
esperti e prevedono la presenza di piccoli numeri di studenti.
osservazione si intende:
a) Saper osservare l’azione nel suo svolgimento lo
studente impara ad
b) Sviluppare la capacità osservativa della propria e altrui pratica
osservare quando prende
coscienza di sé in quanto
osservatore dei propri rapporti
con la situazione e attraverso il
confronto con le osservazioni dei
colleghi, svela ciò che nella sua
storia personale
Il passaggio dal mondo accademico a quello del lavoro è stato oggetto di numerosi
studi.
Alcuni autori sostengono che la costruzione dell’identità professionale parta da un
processo di interpretazione e reinterpretazione dell’esperienza e che l’ambito
accademico da un lato e il mondo del lavoro dall’altro possano rappresentare due
mondi nei quali agire tale esperienza.
Ancora una volta viene sottolineata l’i portanza dell’esperienza pregressa nella
costruzione dell’identità professionale e la conseguente necessità di far emergere tale
esperienza in fase di formazione.
Tutto ciò porta i soggetti a riflettere sulle proprie azioni e trovare risposte adattive, in
relazioni alle sollecitazioni provenienti dal contesto che li circonda.
OBIETTIVO DEI LABORATORI: trasmettere una metodologia di lavoro e un
atteggiamento, più che conoscenze specifiche. Infatti è proprio durante i
laboratori che lo studente comincia a misurarsi con la propria
professione, inizia a chiedersi come sarà il suo stile e come trattare i
saperi nei campi di esperienza o nelle aree disciplinari.
Evoca uno spazio protetto contraddistinto dalla dialettica tra regole e libertà; un
luogo in cui le azioni s’inscrivono all’interno di una cornice meta-comunicativa
specifica che implica piacere, divertimento e serietà nello stesso tempo.
Egli deve creare le condizioni perché si faccia un’esperienza tale per cui il
bambino possa arrivare a raggiungere l’apprendimento con le sue
modalità e i suoi adattamenti e comportamenti
I laboratori sono pensati dagli studenti come occasioni in cui sperimentare un nuovo
modo di essere studenti universitari. È infatti chiesto un livello di partecipazione
elevato e di relazionarsi con i conduttori e con il sapere in modo attivo. implica una
prima decostruzione nel loro immaginario di studente universitario e di
approccio dei saperi.
Interessanti per cominciare ad entrare nella capacità del pensiero che c’era dietro
alla facoltà
Sono soprattutto gli ex studenti a trovare i nessi tra laboratori, corsi e tirocini e
sottolineano che questa capacità è emersa col tempo. Il tema della interdisciplinarità
rimane invece + un ideale che non un effettiva pratica, come per i docenti.
Per gli studenti del vecchio ordinamento evidente il nesso tra LPD e Tirocinio =
luogo in cui potersi
sperimentare nelle pratiche apprese
in Laboratorio.
la focalizzazione, nelle parole degli studenti, è centrata sulla dimensione della
strumentalità e della praticalità. Gli aspetti di metodologia didattica, imparati
ascoltando e studiando i testi, si spostano sul piano della possibilità di realizzazione,
di concretizzazione pratica.
LPD PRATICI = molto utili sono quelli che vengono + ricordati dagli studenti.
Nei laboratori, essi
sono i protagonisti della loro esperienza. A essi viene chiesto di
“mettersi in gioco” =
partecipare, agire, esprimere i propri dubbi e le proprie
opinioni. Uno sforzo che
modifica, ma che produce soddisfazione delle riuscita, dell’aver
creato,realizzato
costruito qualcosa.
Tutti gli intervistati individuano un formato comune, delle fasi del Laboratorio,
indipendentemente dalle aree e dai luoghi in cui si svolgono:
1. Presentazione del gruppo la richiesta di esprimere aspettative e motivazioni
che hanno indotto
gli studenti a scegliere quel laboratorio
2. Uso di metodi attivi osservazioni sperimentali, video-osservazioni, discussioni,
brainstorming,
analisi di casi, lavori di gruppo
3. Alternanza della pratica a discussioni per condividere, o riflessioni a posteriori e,
talvolta, a qualche spiegazione riferita alle teorie di fondo.
Dalle partole degli intervistati in tutti i laboratori il momento del fare è alternato o
integrato con momenti del “pensare”.
La riflessione si focalizza su diversi oggetti di analisi
- Contenuti
- Esperienza nella sua dimensione processuale (cosa abbiamo fatto e come)
- Sui processi cognitivi, emotivi e di apprendimento.
Molti studenti evidenziano poca abitudine al lavoro di gruppo e la necessità che si crei
un buon clima per poter “mettersi in gioco”. In molti casi stare insieme in laboratorio
= conoscersi in modo approfondito e fare gruppo occasione per costruire amicizie e
senso di appartenenza. La capacità di confrontarsi, di modificare le proprie idee, di
contribuire ad un progetto condiviso è ritenuta componente essenziale nella
formazione e vengono evidenziate 3 dimensioni:
1. Dimensione responsabilità = riguarda la capacità di concepire se stessi come
persone in relazione ad
altri
2. Dimensione della crescita psicologica personale = soprattutto dal punto di vista
della gestione delle
proprie emozioni
3. Dimensione della competenza professionale = capacità di lavorare in gruppoi.
I laboratori sono luoghi privilegiati e protetti, che aiutano a comprendere saperi utili
da insegnare e saperi utili per insegnare, avvicinando gli studenti alla possibilità di
immaginarsi nel proprio futuro professionale in modo + realistico.
Studio di caso realizzato in 3 scuole secondarie di primo grado che aderiscono alla
rete Amicorobot e da + di 20 anni realizzano laboratori di robotica educativa.
Dopo questa prima comprensione del contenuto, è stato possibile definire alcune
caratteristiche e confrontarle tra loro Si è passati a concentrarsi sul tema
d’interesse degli insegnanti: stile di condizione del laboratorio, ponendo
l’accento sull’interazione verbale.
Lo stile di conduzione di laboratorio dei 3 professori è stato osservato prendendo
in esame le interazioni comunicative.
L’esame delle interazioni confrontato con gli obiettivi esplicitati dagli stessi
insegnanti che guidano l’azione e la decisione in situazione.
Gli scopi influenzano il modo di condurre l’attività e le interazioni in atto
Per arrivare all’emersione e alla def degli stili di conduzione di ogni insegnante, è
stato necessario un lavoro di codifica del materiale raccolto.
Obiettivo mettere in evidenza lo stile di conduzione e si è scelto di
analizzare:
- Le interazioni verbali = domande poste e risposte date in seguito a una
domanda da parte dei ragazzi
- Il modo di dare indicazioni o consigli e il linguaggio usato
- Le reazioni degli studenti alle indicazioni date all’insegnante
- Le reazioni rispetto all’insorgere di un problema dopo l’intervento
dell’insegnante
- L’orientamento di feedback dell’insegnante nella risoluzione di problemi da
parte degli studenti
Nel cosidetto tur-taking l’insegnante “governa” il turno della parola dicendo quando,
chi e per quanto tempo la persona può parlare e cosi facendo orienta i pensieri a certi
contenuti e dall’altro lato, comunica messaggi di valore e giudizi di relazione tra sé. È
evidente che le interazione del prof. M abbiano in maggioranza una funzione di
conduzione, egli, infatti, dirige l’attività dando anche delle indicazioni precise.
VS nelle interazione del prof. D. e della prof.ssa S. + facile individuare una
facilitazione, in quanto ciò che viene condiviso con la classe ha lo scopo di mettere in
comune problemi o strategie per affrontarli.
INFINE Dall’incrocio con i dati raccolti sullo stile di conduzione, sulle concezioni del
laboratorio degli insegnanti e da qualche intervista agli studenti sono state individuate
3 strategie comunicative:
1. una strategia per applicare quanto appreso laboratorio come attività
attraverso cui mettere in
pratica quanto appreso e
dimostrare di averlo appreso
2. una strategia per stimolare la creatività dei bambini un contesto in cui
è lecito sbagliare e procedere per prove di errori. Secondo questo approccio la
peer education efficace
3. una strategie interdisciplinare di cooperative learning per la
comprensione e risoluzione di problemi, apprendere collaborando.
Oltre ai diversi livelli di direttività 3 contratti didattici differenti: