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METODI DEL SERVIZIO SOCIALE 2

1^ domanda: il concetto di teoria


Il Sapere del professionista
▪ conoscenze teoriche (competenza del professionista, conoscenze risorse, organizzazione, territorio) che orientino
l’azione professionale e supporti le ipotesi operative
▪ saper fare (sapere pratico mediante utilizzo di metodologie)
▪ saper essere (assistente sociale come strumento di lavoro, mediante l’utilizzo consapevole del sé come proprio aiuto)

una costante interazione tra conoscenza scientifica e conoscenza di natura riflessiva esperenziale.

Il servizio sociale si occupa dei problemi sociali in un’ottica di interazione tra la persona e l’ambiente, che si
origina in una relazione disfunzionale, distorta.
Relazione di reciprocità di tipo sistemico: le teorie non considerano l’ambiente come sfondo, ma come parte intrinseca
dell’uomo stesso.

Il Servizio Sociale è l’arte di svolgere servizi diversi per e con persone diverse,
cooperando con loro per raggiungere il miglioramento loro e della società. (cit. Mary
Richmond)
TEORIA DEL SERVIZIO SOCIALE
Teoria come sistematizzazione delle conoscenze e offrono chiavi di lettura della realtà.
Il servizio sociale formula teorie di tipo ideografico entro l’ottica di un orientamento normotetico:
- Mappa cognitiva
- Sapere pratico
- Scienza applicata, autonoma
- Conoscenza che orienta l’operatività (Dal Pra Ponticelli)
- Teoria operativa

TEORIA NORMOTETICA : generale, che cerca regole universali, che interpreta e descrive un oggetto di studio, senza
occuparsi della specificità
TEORIA IDEOGRAFICA : spiega il caso specifico, un universo di fatti ricostruendone la storia e comprendendolo da
un punto di vista temporale e spaziale → si adatta al servizio sociale, perché si occupa di eventi unici ed irripetibili
(ESISTONO PIU’ VERITA’)
Nel servizio sociale la teoria, di tipo ideografico, viene costruita in funzione di un’ipotesi di utilizzazione, per gestire la
complessità della realtà sociale.

Esistono 2 tipi di teorie che il servizio sociale crea:


DELLA PRATICA → INDUTTIVA (operativa, tecnica, metodologica), che si forma nella realtà lavorativa del
professionista, deriva alla riflessione dell’esperienza pratica
PER LA PRATICA → DEDUTTIVA (livello normativo del sapere – grandi teorie sociali), costruita al di fuori del contesto
della pratica professionale → modelli di analisi di intervento, connessa alla teoria della pratica, ma con valenza già
generale

CIRCOLARITA’ PRASSI – TEORIA - PRASSI → la pratica viene teorizzata e poi rielaborata mediante
formulazione di una teoria, che deve trovare un riscontro nella pratica

Nel servizio sociale, la teoria viene costruita in funzione di un’ipotesi di utilizzazione, per gestire la complessità della
realtà sociale, in linea con i principi ed i valori del servizio sociale → mai fine a se stessa, per:
CONOSCENZA: organizzare e sistematizzare ciò che si conosce (guida per interpretare la realtà)
GUIDA: all’interno dell’operatività, che è sempre in connessione con la teoria che la guida
ASPETTATIVE: formulare ipotesi rispetto alle aspettative e se sono da considerarsi valide da un punto di vista teorico

2^ domanda: cosa significa “metodologia”

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METODO → insieme di regole, tecniche, strumenti, che guidano l’azione per ottenere un determinato risultato, non
un processo lineare, ma un processo a spirale che produce nuovi esiti (procedere razionale in vista del raggiungimento
di determinati obiettivi)
L’attenzione metodologica contiene le modalità di intervento, che discendono da assunti teorici e da rielaborazioni di
esperienze pregresse e si traduce, nei fatti, in:
▪ processi di apprendimento e conseguente applicazione
▪ processi di messa in crisi e nuova definizione
▪ processi di riapprendimento

METODOLOGIA → Studio dei principi e delle regole che permettono la sistemazione e lo sviluppo delle
conoscenze in una determinata disciplina: è l’analisi dei presupposti logico-razionali, che guidano ed orientano le
procedure operative e di conoscenza, alla ricerca di regole e principi che consentino di ordinae ed accrescere le
conoscenze (Dal Pra Ponticelli) = riflessione sul metodo, approccio induttivo centrato sulla pratica

Fasi storiche:
● negli anni ’50-’60 la metodologia diffusa in Italia proviene dalla cultura anglosassone e si basa su 3 approcci: case
work - group work - community work, a seguire, l’organizzazione dei servizi ed il servizio sociale
● gli anni ‘60 sono caratterizzati dalla contestazione, dove l’attenzioune si riversa sul ruolo politico dell’Assistente
Sociale
● successivaemnte si ripensa ai metodi, che risultano inadeguati ed insufficienti rispetto alla realtà del Servizio Sociale
italiano (welfare), che richiede un METODO UNITARIO

3^ domanda: fasi del processo metodologico


PROCESSO METODOLOGICO → elemento costante ed immutabile, che si sviluppa in diverse fasi:

- INIZIALE : accoglienza → valutazione domanda ed invio → definizione della presa in carico


- CONTRATTUALE
- DEFINIZIONE INTERVENTI → ed obiettivi con la persona
- PROGETTAZIONE → a livello operativo, la definizione dell’intervento con la persona
FASE CONCLUSIVA

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4^ domanda: cos’è il modello
MODELLO (teorico) = cornice teorica (schema di riferimento) a cui si fa riferimento nell’azione professionale →
chiave di lettura da utilizzare per una determinata situazione, dove la scelta del modello dipende dal contesto,
formazione di base, continua.

“Il modello è uno schema di riferimento concettuale” (cit. Maria Dal Pra Ponticelli)

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Modello e fasi metodologiche sono elementi fondamentali ed inscindibili dell’agire professionale: il processo
metodologico è costante ed immutabile. (UNO NON PUO’ STARE SENZA L’ALTRO)

Fino agli anni ’60 i modelli derivano dalla scuola anglosassone e ne sono esempi i modelli:
▪ diagnostico → si basa sulla lettura della situazione ed elabora il trattamento, dove la relazione con la persona è poco
partecipato
▪ problem solving e psisociale → hanno colto l’importanza del coinvolgimento con la persona come soggetto attivo
ed il ruolo del contesto, dove l’intervento rimane incentrato sulla persona
▪ scuola diagnostica, sistemico relazionale, di rete

MODELLO PROBLEM SOLVING:

elaborato da Helen Perlmann (1957), letteralmente significa modello di soluzione del problema e
parte dal presupposto che il soggetto abbia capacità risolutive che vanno individuate al fine di una
risoluzione attiva del problema da parte dell’individuo, ciò costituisce un utile apprendimento
sociale di nuovi modelli di comportamento nell’affrontare e risolvere i problemi
 Elemento di novità: questo modello prevede il coinvolgimento della persona

Riferimenti teorici:la psicologia dell'Io neofreudiana la psicologia umanistica, la teoria cognitivista


e quella costruttivista.

Breve descrizione: la finalità dell’intervento è quella di “stimolare la soluzione dei problemi del
cliente nella vita sociale e attraverso questo processo stimolare la sua capacità di crescita”.
L’obiettivo è, pertanto, di “impegnare la persona stessa sia nell’agire sull’unico problema o sui
molti problemi che le stano di fronte, sia nel lottare con essi servendosi di mezzi che possono
esserle utilissimi nella vita” (Dal Pra Ponticelli 1985,58) in questo modo l’azione del servizio sociale
è volta a sostenere il soggetto aiutandolo ad accrescere le sue capacità risolutive e ad essere più
consapevole delle medesime attraverso esperienze di apprendimento sociale.

Elementi caratterizzanti:
-l'individuo è dotato di una “mente attiva”;
-il comportamento umano è guidato da aspetti cognitivi, motivazionali ed emotivi ed anche da una
capacità autonoma di problem solving
-l’importanza data anche all'ambiente in cui vive la persona

E’ importante creare un rapporto con la persona. La parola rapporto può essere collegata al
libro di Kadushin, in cui lui afferma che è importante creare un rapporto con l’utente, mettendo in
atto un processo di intervento. L’assistente sociale ha funzione quasi educativa.
(ora si parla di relazione, non più di rapporto)

Procedimento metodologico:
-accertare e chiarire i fatti del problema;
-evocare i fatti (pensare i fatti penetrandoli);
-compiere scelte e assumere decisioni su azioni, compiti da assumere per realizzare gli obiettivi
condivisi;
-realizzare il piano basato su fiducia reciproca e i principi deontologici;
-valutare i risultati

Il metodo utilizzato è di:


-stabilire un rapporto con la persona;
-aiutare la persona a raccontare le sue difficoltà;
-mettere a fuoco e suddividere il problema;
-aiutare la persona ad impegnarsi con l’ente.

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Osservazioni: questo modello pone al centro la relazione con la persona, aspetto che continua ad
essere fondamentale nella cultura e nell’operatività del servizio sociale. La costruzione di una
relazione di fiducia appare fondamentale per poter mettere in atto azioni di cambiamento. Altro
aspetto di forte attualità riguarda l’attenzione alle capacità risolutive della persona e
all’apprendimento sociale attraverso l’esperienza della ‘messa in pratica’ di tali capacità. Con
questo modello si passa da una posizione passiva della persona che caratterizza il modello
diagnostico ad una posizione attiva e l’esperienza costituisce apprendimento e rinforzo del Sé.
Inoltre, viene superata la distinzione tra trattamento diretto (con la persona) e indiretto (con le
risorse) che vengono considerati in modo sinergico (la persona stessa diventando più consapevole
agisce con le risorse del suo ambiente in modo più attivo).

MODELLO PSICOSOCIALE:

elaborato da Florence Hollins (1964), il modello ha un approccio psicodiagnostico e vengono


introdotti i concetti di:
a) “individuo in situazione”;
b) “analisi riflessiva.

Riferimenti teorici: fa riferimento agli orientamenti della psicologia dell’io.

Breve descrizione: il soggetto è considerato come “una persona in interazione con la sua
situazione” si forma così un’unità “costituita da forze interagenti e cioè un sistema”. L’individuo in
situazione quindi vuol dire tener conto della relazione individuo e ambiente sociale. Viene
evidenziata la necessità che l’intervento sia individualizzato e, pertanto, sia centrato sulla persona
in relazione allo specifico bisogno: A tal fine è necessaria l’elaborazione di una diagnosi
psicosociale, che tiene conto della relazione individuo-ambiente sociale, relazione che diventa
oggetto di intervento per il cambiamento della situazione. Molta importanza è data al rapporto
operatore-persona (considerata come utente) che, se ben costruito, consente una maggiore
efficacia nell’intervento e in questo senso viene valorizzata la comunicazione verbale e non
verbale. Con la persona bisogna essere neutrali, devo accogliere ma non creare un’alleanza
con essa.
 Bisogna costruire un’alleanza solamente operativa: bisogna fare assieme il percorso e sostenerla

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Elementi caratterizzanti: il modello ha un approccio psicodiagnostico e vengono introdotti i
concetti di: a) “individuo in situazione”; b) “analisi riflessiva.

Procedimento metodologico: si basa su una sequenza di fasi sintetizzabili nel:


-comprendere il motivo della richiesta;
-stabilire un rapporto operatore-soggetto (considerato come utente);
-effettuare lo studio psicosociale e la diagnosi psicosociale (valutazione della situazione del
soggetto);
-definire gli obiettivi e le linee del trattamento;
-impegnare la persona nel trattamento;
-iniziare il trattamento.

Il metodo utilizzato: cura della fase di diagnosi psicosociale per formulare un intervento
individualizzato. L’intervento diretto si basa sull’utilizzo di alcune tecniche quali: a) il sostegno alla
persona (supporto, rassicurazione, fiducia); b) l’influenza diretta (dare informazioni e suggerimenti
alla persona; c) la catarsi o ventilazione: dare spazio all’espressione dei sentimenti della persona
senza giudizi; d) analisi della realtà: stimolare la riflessione su sé e la propria situazione e sugli
MODELLI DI IMPRONTA
esiti delle azioni.

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Osservazioni: pur rientrando nell’ambito della scuola diagnostica, questo modello si differenzia da
questa ultima perché sottolinea la necessità di costruire una relazione con la persona e il
coinvolgimento della persona nel trattamento, parte attiva dell’intervento, anche se le modalità di
conduzione sono di tipo direttivo. L’aspetto innovativo di questo modello è quello dello spazio alla
riflessività della persona su sé, la propria situazione ma anche sugli esiti che si prefigura potranno
verificarsi in base alle scelte operate. In questo senso viene dato anche spazio all’espressione
delle emozioni e del pensiero e dell’autovalutazione della persona. La distinzione tra trattamento
diretto e indiretto viene mantenuta e il trattamento indiretto è volto all’ambiente (coinvolgimento di

Nelle scienze sociali, i modelli hanno una funzione orientativa ed euristica, ausiliare sul piano della teoria che
della prassi: strutture che indirizzano l’osservazione, l’analisi, la descrizione, l’interpretazione della realtà e
guidano/normano l’intervento e la sua valutazione.

Elementi comuni a tutti i modelli teorici per la pratica:


● i valori ed i principi del servizio sociale
● le teorie di riferimento, quali le macroteorie delle scienze sociali, inizialmente psicanalitiche, poi psicologiche,
cognitiviste, dell’Io ed in un secondo momento, grande importanza alle teorie sociologiche
● le teorizzazioni dell’esperienza, dalla pratica
● il contesto giuridico-istituzionale, culturale ed economico di politica sociale

Differiscono per le teorie a cui fanno riferimento, ad esempio:


▪ approccio diagnostico (organicistico) faceva riferimento alle teorie psicanalitiche
▪ problem solving ha l’intuizione di pensare che la persona ha capacità risolutive insite, che vanno attivate (rapporto di
stimolazione attraverso la risoluzione dei problemi)
▪ approccio psico-sociale tiene conto dell’influenza del contesto in cui vive

TUTTI COMUNQUE BASATI SULL’INDIVIDUO

► MODELLO UNITARIO CENTRATO SUL COMPITO (Ferrario): con la finalità di rendere partecipe la
persona nell’azione di fronteggiamento, oltre che educativa, perchè nella realizzazione dei compiti vede in campo le
capacità di risoluzione da applicare anche in altre circostanze.
La centratura sul compito riguarda l’attività finalizzata, realizzabile e verificabile.

► MODELLO SISTEMICO RELAZIONALE: guarda alle relazioni ed al loro funzionamento

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MODELLO UNITARIO CENTRATO SUL COMPITO : a metà anni ’60, questo modello
considera la persona nel suo contesto, si consolida negli anni ‘70 e si sviluppa negli anni ’80.

Analisi delle parole:


UNITARIO: ogni persona è considerata come persona che vive in altri sistemi (sistema famiglia, lavoro, amicale)
inserita in una determinata cultura.
CENTRATO SUL COMPITO: l’attribuzione di compiti concordati per attivare le competenze risolutive della persona

ELEMENTI CARATTERIZZANTI:
▪ attenzione al TERRITORIO inteso come luogo:
- origine di problemi
- dove individuare le risorse per fronteggiarli
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- insieme di relazioni presenti (formazioni sociali attive sul territorio = terzo settore)

▪ si passa dal concetto di utente a quello di PERSONA, quale cittadino fruitore dei servizi, che ha interlocuzione attiva e
non solo fruitore passivo

▪ si parla di CITTADINO

▪ si ragione in termini di LOGICA PROGETTUALE

▪, PROGETTO GLOBALE DI INTERVENTO

▪ TRIDIMENSIONALITA’ (trifocalità) → simultanea presenza di tre dimensioni volte alla ricerca del benessere e di
conseguenza del contrasto al disagio, i punti di attenzione che l’AS deve avere presente nell’intervento sociale :
PERSONA, COMUNITA’, CONTESTO ISTITUZIONALE
“Il mio intervento è multipolare, perchè lavoro contestualmente con queste
dimensioni (cit. Ferrario)”

▪ grande RIVOLUZIONE CULTURALE degli anni ’70: istituzione delle Regioni, quali realtà amministrativa, con potere
di delega; eliminazione degli enti nazionali con L. 616/77; istituzione di enti locali; riforma titolo V Costituzione nel
2001 → poteri normativi alle Regioni

▪ BIFOCALITA’ (UNITARIETA’ E DIMENSIONE COLLETTIVA) → l’unitarietà della persona, considerata nel suo
contesto di vita, insieme alla dimensione collettiva

▪ CENTRATURA SUL COMPITO: compito, quale attività concreta, adeguata alle capacità della persona, competenze,
attitudini, realistica (realizzabile) e verificabile → le azioni in atto devono essere praticabili, inquadrate in obiettivi
realistici.
La finalità è il coinvolgimento attivo della persona nell’azione di fronteggiamento , oltre che educativa attraverso la
realizzazione dei compiti (capacità di risoluzione impiegate anche in altre circostanze)
“Il compito è un’attività finalizzata, attraverso il quale cerchiamo di
valorizzare l’azione consapevole della persona (cit. Ferrario)”
▪ CIRCOLARITA’: riflessione sull’azione, che porta accrescimento nel sapere del professionista

Riferimenti teorici (Ferrario):


͢→ cognitivismo: analisi dei processi cognitivi, mentali → elaborazione di esperienze e traduzione in conoscenze
→ psicologia dell’Io: per la parte di adattamento attivo e l’importanza della consapevolezza di fare
→ teorie ecologiche: studiano il rapporto uomo-ambiente come processo dinamico, di reciproco adattamento; prima
degli anni ’70 l’intervento era incentrato sul singolo specifico bisogno, dove l’ambiente risultava marginale e non
considerato.

MODELLO SISTEMICO RELAZIONALE : l’orientamento sistemico è nato negli anni ‘50 negli Stati
Uniti e la base della teoria sistemica è il concetto di INFORMAZIONE ed il metodo di ricerca è basato sull’analisi di
relazione fra variabili.
L’attenzione si sposta dall’individuo al sistema, inteso come gruppo familiare/gruppo sociale → cambiamento di ottica,
con abbandono dell’approccio lineare causa-effetto, utilizzando la lettura sistemica, considerando tutti i membri del
gruppi come elementi di un circuito di interazione, dove l’azione di uno di essi influisce su quello degli altri (si esce dal
concetto di causalità)

L’Assistente sociale pone l’attenzione sull’interazione dei seguenti sistemi:


- sistema agente di cambiamento (ente in cui opera)
- sistema cliente: persona, famiglia, gruppo, comunità
- sistema bersaglio: persone da coinvolgere per gli obiettivi da realizzare
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- sistema d’azione: tutti i soggetti che operano con l’AS per il buon esito del progetto
(cit. Lerma 1992)

Caratteristiche della teoria sistemica:


● individuo come sistema aperto (ovvero che è in relazione con altri sistemi)
● attenzione sulle interrelazioni ed i processi comunicativi
● circolarità
● logica processuale
● importanza del contesto nello sviluppo del sintono
● il sintomo come espressione di una situazione interpersonale
(cit. Campanini, Luppi)

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TEORIA DEI SISTEMI: nata negli anni ‘20 ad opera di un biolgoo e sviluppatasi successivamente, per
permettere il superamento dell’analisi scientifica, che si limita allo studio delle relazioni causa – effetto e per fornire
uno schema generale astratto per l’unificazione delle scienze.
► Il sistema è l’insieme di oggetti (membri del gruppo) e di relazioni (comunicazione) tra gli oggetti e loro
attributi (comportamenti).
Gli esseri viventi sono sistemi aperti in continua interazione tra loro ed il proprio ambiente.

● Ogni elemento di un sistema può essere concettualizzato come sistema → l’essere umano è parte di un sistema sociale
e di per sè, soggettivamente un sistema, perchè composto da psiche, facente parte del gruppo famiglia, del sistema
lavoro, del sistema vitale, della rete sociale.

● L’approccio sistemico relazionale mette in evidenza i meccanismi e le risorse per organizzarsi, per far fronte alle
difficoltà, risolvere i problemi e le crisi.
La teoria dei sistemi ha offerto un linguaggio interdisciplinare, un paradigma scientifico, dove l’approccio ai problemi
sociali non è più focalizzato sul cambiamento della persona, ma sulla trasformazione della famiglia.

Proprietà dei sistemi:


- non sommatività
- totalità → unicum
- tendenza all’equlibrio e stabilità → omeostasi
- circolarità – retroazione → portano sempre un feedback
- equifinalità

 Caratteristica dell’ Equifinalità: ha una causa che può produrre diversi effetti e che un effetto può essere
connesso a più cause. Questo termine nasce dal termine causa-effetto.

COMUNICAZIONE.
Baslavich (studioso della comunicazione) afferma che la comunicazione è un PROCESSO CIRCOLARE, continuo, dove
c’è sempre una retroazione o feedback, non esiste la non comunicazione → tutto è comunicazione (il
comportamento è comunicazione), anche il silenzio, anche se difficile da decodificare. E’ un assioma importante!

Parte dall’emittente e arriva al destinatario che a sua volta invia un feedback.

DISCONFERMA = messaggio all’altro in cui dico “per me tu non esisti” → squalifica importante nei confronti
nell’altro → può essere un messaggio devastante, perchè comunica un non valore dell’altro

MESSAGGIO

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Ogni messaggio ha un contenuto verbale e non verbale.

Attraverso le parole si danno messaggi anche di tipo non verbale, dunque il loro utilizzo, la loro scelta è
importantissima, come anche gli intercalari, le metafore, sono chiavi di lettura dello stato d’animo della persona.

Ogni messaggio ha un aspetto di contenuto e di relazione:

MESSAGGIO DI CONTENUTO (scambio di informazioni) = oggetto di cui si parla (veicolato con messaggio verbale
o digitale)

MESSAGGIO DI RELAZIONE (definisce la natura della relazione) = molto importante, perchè il modo in cui
comunico il contenuto parla della relazione (significato del contenuto del dialogo), parla di come vive la relazione
anche con me professionista (veicolato con la comunicazione non verbale o analogica).
I messaggi possono essere:
▪ simmetrico ( basata sull’uguaglianza ) (se rigida, porta al conflitto =escalation simmetrica, ad esempio coppie in
corso di separzione conflittuale) = basata sull’uguaglianza, tra uguali (tra coppia di coniugi, gruppo di amici)
▪ complementare ( basata sulla differenza) = tra due soggetti (genitore con bambino, docente con studenti), soggetto
up e one-down, situazione comunicativa dalla quale è possibile uscire con la meta-comunicazione (comunicare sulla
comunicazione)

Tipi di messaggio di relazione;


- di conferma
- di rifiuto
- di disconferma: messaggio all’altro in cui dico “per me tu non esisti” → squalifica importante nei confronti
nell’altro → può essere un messaggio devastante, perchè comunica un non valore dell’altro

Alleanza operativa con il soggetto debole = non neutralità → slittamento di ruolo


Neutralità: non alleanza
EMPATIA : mettersi nel punto di vista di...quale prospettiva di lettura della situazione e richiede sforzo ed impegno
IL MENTIRE

Non dire consapevolmente ciò che corrisponde a realtà.
es. l’alcoldipendente nega la dipendenza, perchè ne fa parte → non riesce a vedere il problema

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E’ necessario:
√ accogliere ed ascoltare ciò che viene raccontato, senza decodificare tra realtà e menzogna, in quanto potrebbe indurre
in un atteggiamento pregiudizievole nei confronti della persona (che teme il giudizio)
► chiedersi A QUALE BISOGNO RISPONDE IL DETERMINATO COMPORTAMENTO
√ non si parla di verità, ma di SINCERITA’
√ scindere il problema dalla persona
► andare oltre la menzogna, cercando di CAPIRE
La relazione si costruisce nel tempo in un rapporto di conoscenza reciproca in un percorso senza fine e la persona
richiedente aiuto si affida al professionista, scoprendo ed evidenziando i punti deboli → rischio
► una relazione si basa sulla fiducia nel momento in cui la persona si affida e fa affidamento al professionista

Errori di valutazione:
▪ valutare solo gli aspetti oggettivi e non emozionali
▪ mancare nell’incrocio e verifica delle informazioni (ipotesi)

Lezione del 17

Un assioma importante è la PUNTEGGIATURA: organizza gli eventi comunicativi ed è utile per l’interazione in
corso. (Quando comunichiamo verbalmente è come se utilizzassimo i punti, le virgole ecc, questo avviene tramite il
tono di voce, la gestualità).
La punteggiatura è sempre soggettiva.
 Quando una persona accede al servizio è importante saper comunicare bene

Concetto di REGOLA: ci sono regole di sintassi, pragmatiche che non sono scritte ma che acquisiamo nel tempo e che
trasmettiamo, regole che sono l’esito della cultura in cui siamo inseriti e della socializzazione primaria.
Dobbiamo sempre tener conto del sistema di regole della persona/famiglia che abbiamo davanti.
 Alcune regole sono positive, altre funzionali all’equilibrio della famiglia ma non positive

Regole educative sono cambiate nel tempo sia in famiglia che nell’ambito scolastico.

Concetto di RINDONDANZA: ripetizione/sequenze di schemi comportamentali. Tendenzialmente in un nucleo


familiare questo può farci notare che c’è una situazione di disagio
(sequenza: è l’unità comunicativa).

 Minuto 35 riprendi

Concetto di CALIBRAZIONE: un sistema tende all’equilibrio, per ottenere un equilibrio segue un processo interno,
ovvero la CALIBRAZIONE

QUALI SONO LE DIFFICOLTA’ COMUNICATIVE CHE POSSIAMO INCONTRARE QUANDO ABBIAMO A


CHE FARE CON UNA PERSONA CHE ACCEDE AL SERVIZIO:

1. LINGUAGGIO CHE VIENE UTILIZZATO DALLA PERSONA (LINGUA STRANIERA ecc)


2. (PREGIUDIZIO)
3. RISONANZA EMOTIVA DI QUANTO CI VIENE COMUNICATO (le emozioni sono di vario genere e
quando mi confronto con certe situazioni avvengono dei processi di identificazione con le nostre esperienze 
bisogna fare un lavoro con noi stessi)
le emozioni possono favorire o ostacolare le emozioni

?? COME AFRONTARE IL COLLOQUIO: Prepararci al colloquio, definirne gli obiettivi, decidere cosa dobbiamo
comunicare e come farlo

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(mentire è esporre un bisogno, a volte le persone non possono essere sincere)

ASCOLTO ATTIVO: è un modo di ascoltare per capire il punto di vista altrui, facendo domande e assumendo il punto
di vista dell’altro per cogliere cosa lo motiva, l’ascolto attivo può essere influenzato/ostacolato dalla nostra soggettività,

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dalla nostra condizione fisica/stanchezza, dal fatto che abbiamo problemi personali, da argomenti ed emozioni che la
persona porta

EMPATIA: non è mettersi nei panni di, ma cercare di capire la prospettiva (di lettura) della persona, cercando di
guardare le cose dal suo punto di vista.

RAPPRESENTAZIONI SOCIALI :sono un insieme di idee che noi abbiamo della realtà, delle semplificazioni che ci
consentono di capire quando l’altro ci parla perche’ abbiamo delle categorie condivise.
 sono convenzioni socialmente costruite.

Moscovicci, origine rumena, e’ stato un grande studioso di orIgine ebraiche.


le cose che non hanno un nome non sono inesistenti, ma sconosciute.

CLASSIFICAZIONI: è una generalizzazione di una determinata classe, perdendo le caratteristiche


soggettive/individuali.
 le classificazioni servono per semplificare la lettura del mondo

CHE EFFETTI HA LA CLASSIFICAZIONE? Si perde la soggettività

STEREOTIPO: è un sistema concettuale e una semplificazione che permette di semplificare perché attraverso la
rappresentazione di gruppi e individui in via generale, non si considera l specificità del singolo che viene assimilata ad
un immagine globale.
 Generalizzazione e semplificazione della realtà

Lo stereotipo può portare ad una visione sbagliata delle persone e a rimanere ancorati a queste visioni.
 Genera un aspettativa di comportamento

L’esperienza diretta mi aiuta a relativizzare gli stereotipi, a comprendere gli altri.

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Lo stereotipo può essere positivo (i serbi sono de grandi lavoratori) o negativo.

PREGIUDIZIO: È il giudizio precedente all’esperienza, sfavorevole nei confronti di determinati gruppi sociali. Serve
a distinguere tra noi e loro. E’ un giudizio che viene espresso senza avere dati.

Il pregiudizio e’ SOLO negativo.

Corrispondenze arbitrale??????????
Cultura, bisogno di appartenenza

Stereotipo è la classificazione generale che può essere sia positivo che negativo; pregiudizio è un idea preconcetta
negativa su un gruppo sociale.

PROFEZIA CHE SI AUTOADEMPIE si verifica quando il comportamento dell’altro è letto sulla base delle proprie
aspettative sull’altro. (mi aspetto che l’altro si comporti in un certo modo)

Può essere vista anche come una cosa positiva (esempio. Studente modello: mi aspetto che sia bravo in tutte le materie
ma può non essere cosi)

Nel nostro intervento dobbiamo definire obiettivi e aspettative per aiutare sia la persona che noi per lavorare su un piano
di realtà.

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