DURY HUDSON ci aiuta a distinguere più precisamente i diversi tipi di conoscenza che
interagiscono nell’esercizio della pratica dell’assistente:
• CONOSCENZA PERSONALE : ciascun a.s nella pratica attiva una forma di conoscenza
personale , mix di intuizione e interpretazione soggettiva dei valori culturali e del senso comune
del contesto. (regole di buona educazione e comportamento quando incontriamo una persona
ecc)
LOGICA E INTUITO
(POLANY 1966 )
due modi di conoscere , generati da diversi approcci alla conoscenza e alla interpretazione della
realtà: conoscenza tacita ed conoscenza esplicita dei professionisti.
logica e intuito —> entrambi attivi nei processi di interpretazione della realtà finalizzati
all’assunzione di decisioni.
EVANS a spiegarci che nelle nostre valutazione siano continuamente attivi due differenti sistemi
cognitivi :
intuizione e analisi —> entrambi potenzialità e limiti. entrambi i sitemi possono dare origine ad un
errore cognitivo.
in letteratura sono state proposte varie classificazioni , utili a identificare diversi tipi di teorie
applicate nel servizio sociale. SIBEON (1990) distingue tra:
la letteratura evidenza come contare su buone pratiche , senza spiegare le ragioni per cui sono
considerate buone, è rischioso per diverse ragioni.
un professionista in campo non può limitarsi all’esperienza personale e professionale per fondare
le sue decisioni.
si apprende dalla pratica e dal campo, ma questo NON BASTA. le teorie esplicite e formali aiutano
per diverse ragioni.
TEORIE ESPLICITE—> aiutano inoltre a raggiungere una lettura complessa dei fenomeni : se ci
limitiamo alla nostra conoscenza personale o a quella dei colleghi, escluderemmo preziose fonti di
informazione . ulteriore vantaggio che deriva dalle teorie esplicite viene definita accountability ,
ovvero la capacità di rendere conto della propria azione , un mix di trasparenza, chiarezza e
assunzione di responsabilità . avere consapevolezza del modello teorico e metodo scelto per
intervenire per aver chiaro l’obiettivo , e per essere anche più chiari dall’esterno .
ALCUNI insistono sull’obiettivo di lavorare sulla motivazione al cambiamento e sulle capacita per
ottenerlo, piuttosto che intervenire in modo materiale.
ALTRI sono convinti che in assenza di investimenti sulle risorse, rende scarsamente rilevanti gli
interventi a livello individuale .
secondo la prospettiva della giustizia sociale , lo scopo principale del servizio sociale è quello
di intervenire non sulle singole situazioni, ma sui meccanismi che generano oppressione,
disuguaglianze ecc.
secondo la prospettiva del problem solving , l’intervento degli assistenti sociali è focalizzato sul
tentativo di aiutare gli individui ad indentiate e risolvere i problemi che derivano dalla loro
interazione con il contesto sociale.
2.LE TEORIE SUL MONDO DEL CLIENTE (theory of the client world)
è utile a comprendere la natura e le dinamiche di comportamenti individuali o di gruppi e
comunità e a dare singificato ai problemi che si cerca di contrastare . esistono TEORIE IMPLICITE
INFORMALI , no sviluppate in ambito accademico ma dall’esperienza del professionista e, mentre
le TEORIE FORMALI vanno oltre il senso comune , offrendoci strumenti per interpretare i
comportamenti e le situazioni osservate.
- processi induttivi : il processo parte dal campo, i professionisti partendo dalla descrizione e
dall’analisi della pratica , generano nuove idee sui fenomeni o sugli interventi , che possono
essere testate in pratica e generalizzate all’interno di nuovi modelli .
- processi deduttivi: il processo di costruzione parte dal confronto con teorie già formulate ,
alcuni concetti teorici vengono mutati da teorie generali , confrontati con i principi e i valori del
servizio sociale e utilizzata per uno studio che ne valuta l’applicabilità in pratica ,
continua interazione tra pratica, teoria e ricerca , costituisce la garanzia della qualità del servizio
offerto alle persone .
è fondamentale conoscere quali tecniche funzionano e quali hanno disastrato di non funzionare.
la scelta di come porsi nella relazione d’aiuto , se in modo più supporto o direttivo, dipende dallo
stile del cliente .
apprendere diverse teorie e i modelli per la pratica è tuttavia complesso , richiede corsi di
specializzazione avanzata e un training dedicato ; alcun a.s preferiscono specializzarsi in un solo
modello , raggiungendo conoscenze avanzate. la letteratura raccomanda una formazione avanzata
almeno su due o tre modelli .
CAPITOLO 2; IL METODO.
IL PROCEDIMENTO METODOLOGICO
è uno schema concettuale che serve a guidare l’agire professionale.
il procedimento metodologico si traduce in una forma mentis , che l’assistente sociale adotta ,
indipendentemente dal tipo di cliente, dall’organizzazione in cui lavora o dal tipo di lavoro .
- ACCOGLIENZA ( engagement)
- PIANIFICAZIONE (planning)
ognuna delle fasi ha un particolare obiettivo, ma nella pratica son invece interdipendenti e
interconnesse e non necessariamente seguono un preciso ordine sequenziale. ad esempio
l’obiettivo conoscitiva e informativo prevale nella prima fase, ma si ritrova in tutti gli altri stadi del
processo d’aiuto.
l’intero processo è influenzato dalla capacità di costruire una relazione che consenta all’utente di
affidarsi , di sentirsi sicuro, di trovare riferimento per percorre insieme la direzione verso il
cambiamento.
ACCOGLIENZA (engagement)
1. l’intervento ha inizio con l’analisi dell’invio dell’aiuto , una domanda diretta dal cliente o una
segnalazione.
engagement —> sintetizza il complesso lavoro di costruzione di una relazione collaborativa con la
persona
VALUTAZIONE (assessment)
obiettivo—> raccogliere, organizzare e interpretare una serie di informazioni e dati , come base
per la successiva elaborazione di un progetto di intervento.
strettamente interconnessa e alla fasa precedente—> la raccolta di informazioni parte già dal
primo incontro, ed è importante la relazione che si stabilisce con la persona.
la conoscenza che l’assistente sociale ha del servizio in cui lavora e quelle a livello individuale
pongono le basi per la formulazione dell’ipotesi progettuale che guida l’intervento , costruito
costruito insieme alle persone e alle reti di riferimento
alle finalità dell’assessment possono essere utilizzati strumenti diversi , anche le strategie di
conduzione dei colloqui finalizzati all’analisi e alla valutazione della situazione cambiano in
relazione agli obiettivi e al modello teorico di riferimento.
buona conoscenza di quali modelli operativi sono più adatti in determinate situazioni.
PIANIFICAZIONE (planning)
nel lavoro con le persone la fase di pianificazione e la formulazione del progetto è l’esito di un
processo di interazione tra il professionista e il cliente, all’interno di un particolare contesto
istituzionale che definisce la cornice organizzativa e il ruolo del servizio.
—> frutto di una negoziazione continua , in cui si confrontano diverse aspettative e possibilità .
il piano di lavoro prevede la formulazione di obiettivi chiari ed espliciti. il progetto e gli obiettivi
possono essere formalizzati in quello che la letteratura chiama ‘CONTRATTO ’ di servizio sociale ,
ovvero il risultato della negoziazione e degli impegni assunti , che può essere espresso in forma
orale o scritta.
ATTUAZIONE (implementing)
oltre a portare a termini le azioni concordate, l’ assistente sociale può utilizzare interventi diretti
quali l’erogazione di prestazioni, sempre strettamente connessa al raggiungimento degli obiettivi e
al progetto più generale.
la conclusione dell’intervento può 1. essere programmata e negoziatA quando c’è accordo tra
assistente sociale e cliente; 2. altre volte è determinata dalle condizioni organizzative stesse.
3. può trattarsi anche di interruzione della relazione con il servizio da decisa dal cliente o dovuta a
cause esterne : in tali casi è necessaria una analisi delle precedenti fasi del processo
metodologico .
Rogers, con l’approccio centrato sulla persona, propose un modello non direttivo, basato su
un ascolto profondo e non giudicante dell’altro, abbandonando l’idea di un esperto di grado
di consigliare, giudicare o dirigere chi ha di fronte.
rischi intervento tradizionale —> perdere di vista la persona per concentrarsi sul sintomo,
passivizzarla e trascurare la sua esperienza.
I CONCETTI CHIAVE
- la persona è assunta come una totalità psicofisica : l’essere umano è un tutto, irriducibile alla
somma dei suoi elementi costitutivi. la persona non è mente e corpo, o idee e emozioni, ma la
funzione di ognuna di queste parti è determinata dall’organizzazione dell’interno.
- attenzione posta al suo particolare modo di essere-nel-mondo e di vivere le relazioni con gli altri
sulla base di questi presupposti ROGERS 1959 formula la sua teoria sulla personalità , intesa non
come qualcosa di fisso, ma come un sistema dinamico e in continua evoluzione. l’uomo è un
essere attivo , più che reattivo, tende alla creatività e all’instabilità , più che alla ricerca di un
equilibrio fisso e statico .
TRE sono i concetti chiave che individuano i pilastri della sua teoria:
1. la tendenza attualizzante;
2. l’incongruenza ;
TENDENZA ATTUALIZZANTE
il comportamento è orientato naturalmente a progredire verso unamaggiore autonomia e maturità.
L’INCONGRUENZA
la fonte del vissuto disagio e delle difficoltà del cliente vengono individuate nell’incongruenza tra il
concetto di sé e l’esperienza.
secondo rogers l’incongruenza è una delle variabili più condizionanti per la crescita personale:
l’individuo può trovarsi in uno stato di ansia e vulnerabilità, dovute a un contesto tra ciò che
ritiene di dover essere, in relazione alle richieste del contesto sociale, e quel che di fatto
sono invece le sue tendenze reali e i bisogni più profondi.
l’incongruenza parte da bambini , quando la percezione di se stessi, il Sé organismico, si scontra
con i giudizi esterni (tipo genitori ), scoprendo che ciò che valutano bene è invece valutato
negativamente dagli altri.
per non essere rifiutato dalle persone significative per lui e non rischiare di perdere la loro
considerazione, tende dunque a rinunciare e respingere il suo spontaneo criterio di valutazione e
dunque alla soddifazione dei suoi bisogni più profondi.
incongruenza —> divario tra propri valori autentici e i nuovi valori introiettati .
i problemi si verificano nel momento in cui una esperienza non è coerente con ciò che la persona
ritiene di essere, in relazione alle richieste esterne —> esperienza come minacciosa , e la persona
costruisce difesa; esperienze vengono negate o distorte.
se esiste una forte incongruenza tra i propri bisogni e l’immagine che l’individuo ha di se stesso ,
la soddisfazione dei bisogni può diventare molto problematica.
per spiegare i meccanismi di negazione fa esempio di mamma che si ammala e vuole il figlio
adulto, ma non vuole distrarlo perché è mamma ecc.
—> costruire un clima sicuro , in cui la persona può abbassare le difese e esplorare quelle
esperienze vissute come minacce. in cui non si sente giudicato , per esplorare i sentimenti è la
condizione per modificare la percezione del proprio Sé e renderlo più coerente con i propri bisogni
interiore.
processo del cambiamento —> continuum ( agli estremi persone rigide che non sono
consapevoli dei propri vissuti e stati d’animo; e persone che si accettano pienamente e sono in
grado di vivere le proprie emozioni. rogers individue sette stadi che porta al cambiamento e alla
maturazione della persona:
- FASE 2: i sentimenti continuano ad essere espressi come estranei al Sé e i problemi come dati
oggettivi esterni, tuttavia il cliente inizia a considerare alcune emozioni, anche se non come
proprie;
- FASE 3: il modo di vedere il Sé e il mondo rimane rigido, ma inizia a esserne compreso come
visione soggettiva e non più come dato di fatto; il cliente inizia a riconoscere le proprie
contraddizioni e a parlare dei propri sentimenti passati;
- FASE 4: il cliente abbassa le difese, prende gradualmente consapevolezza dei modi in cui
costruisce la sua identità e quella degli altri e li mette in discussione, è in grado di verbalizzare
alcune emozioni e inizia ad assumersi le responsabilità del suo problema;
- FASE 6: la persona esperisce vissuti difficili e complessi, senza cercare di negarli, accettando
emozioni diverse anche in contrasto, senza attaccare gli altri e sé stessa. è la fase in cui
vengono abbandonati i rigidi costrutti che fornivano una chiave di lettura distorta della realtà.
Il cliente non ha più bisogno di pensare ai propri problemi dall’esterno, ma li vive
completamente, con accettazione e consapevolezza, grazie al coraggio e alla fiducia che ha
ritrovato nell’essere sé stesso;
- FASE 7: il cliente può fare a meno del professionista, poiché è in grado di essere la guida si sé
stesso; ha fiducia nel proprio organismo e nel suo funzionamento, non perché lo creda
infallibile, ma perché, essendo completamente aperto alle conseguenze di ogni decisone, può
correggere quelle che si dimostrano inadeguate.
visione professionista —> non più esperto , ma facilitatore nel creare le condizioni che
consentono la ibera espressione delle potenzialità degli individui.
OBIETTIVO—> non dire alla persona che deve fare, bensì aiutarla a comprendere la sua
situazione e individuare le sue capacità e risorse per risolvere il problema , assumendo le
responsabilità delle proprie scelte
—> creare le condizioni per un clima relazionale in cui il cliente si senta al sicuro . persona non si
senta minacciata , ma compresa . parti del sé iniziano a ritrovare spazio.
- modello NON prevede stadi strutturati o step. —> fattori fondamentali dell’intervento sono
atteggiamento e lo stile relazionale del professionista
- no schema predefinito da compilare , ma persona che parecipa all’incontro per poterlo
conoscere, comprendere e aiutare .
2 tipi—> 1 . impossessarsi dei discorsi per metterli al sevizio dei propri interessi ; 2. sentire l’altro,
andare verso di lui
siamo naturalmente focalizzati su noi stessi . l’assolto spontaneo tende a focalizzassi più
sull’aspetto verbale della comunicazione , trascurando aspetti non verbali, sia del corpo fisico che
dell’espressione delle emozioni. intenzione di intervenire per dare consigli, pareri dimenticando di
prenderci il tempo necessario per capire profondamente chi ci sta parlando.
in una relazione professionale—> ascolto spontaneo NO. richiede TEMPO , FORMAZIONE per
passare da ascolto spontaneo a uno attivo e poi empatico.
attraverso questa competenza di base che nel PCM si costruisce una relazione di fiducia e
accogliente , persona si sente più sicura.
ASCOLTO SILENZIOSO —>FASE DI RISPECCHIAMENTO , che aiuta a dare evidenza a ciò che il
cliente sta comunicando o a riformulare i suoi contenuti in maniera chiara.
• trasmettere alla persona che l’ assistente sociale sta effettivamente comprendendo il suo
messaggio , verificando poi se i propri interventi riflettono il suo pensiero;
• consentire al cliente di concentrarsi sulla propria esperienza e cogliere nella sua narrazione
aspetti anche mai percepiti prima;
3. la riflessione del sentimento: trasmette al cliente che siamo sinceramente interessati e non
solo ai contenti , ma anche a quello che sente, cogliere la componente emotiva , comunicare
che l’ assistente sociale è davvero con la persona, è in grado di sentire , capire quello che sta
provando . presuppone già costruito un. clima sicuro in cui affidarsi.
WICKMAN e CAMPBELL hanno analizzato il modo in cui ROGERS ha fatto uso del linguaggio
nella sua pratica professionale , offrendo una serie di informazioni utili a costruire l’atteggiamento
del colloquio centrato sul cliente.
—> linguaggio non esperto , privo di tecnicismi , che comunica alla persona che è lei stessa
l’esperta della situazione + fa spesso uso del pronome ‘io’ che mette in evidenza il suo stare nella
relazione in modo non distaccato + evita di dare consigli diretti , evidenza le capacità della
persona a prendere una decisione ecc.
modello del PCM —> non direttivo : lo spazio è lasciato a ciò che il cliente vuole esprimere,
mentre il ruolo dell’assistente sociale è quello di facilitare tale espressione.
messaggio da trasmettere —> stare vicino alla persona , che la si comprende e che la si lascia
trovare il modo migliore per risolvere la sua situazione poiché è la migliore esperta di sé stessa.
• riconoscere i sentimenti del passato e del presente e riuscire a parlarne in modo congruente;
• riconoscere i propri costruiti relativi al sé e agli altri, i modi in cui creare sofferenza , le possibilità
di cambiarli;
la competenza del professionista —> aiuta a focalizzare e riconoscere le difese che ostacolano il
cambiamento
- fase iniziale
- fase intermedia
- fase finale
FASE INIZIALE
inizia attraverso il primo incontro con il cliente, è fondamentale la cura della comunicazione
verbale e non verbale. percezione di un sentimento di sincero interesse e di un ascolto profondo è
la base per instaurare un clima di fiducia.
utile trasmettere al cliente metodo di lavoro senza spiegazione tecnica . si spiega che si sono
incontri che non offrono soluzioni, bensì un processo di ascolto e accompagnamento.
FASE INTERMEDIA
negli incontri successivi si fa sempre più forte della relazione di fiducia e questo consente al
cliente di parlare più liberamente delle sue difficoltà . —> centrare ulteriormente il focus di ciò che
viene vissuto come disagio e sofferenza.
FASE FINALE
la conclusione dell’intervento si definisce quando il cliente pensa che il problema che aveva è per
lui risolto oppure lo affronta diversamente.
secondo il PCM il cliente ha dunque ha dunque la libertà di scegliere la fine del percorso di
aiuto.
emotivamente più forte ed è più autonoma della sua difficoltà e disagio.
CAPITOLO 4. IL MODELLO CENTRATO SUL COMPITO
INTRODUZIONE
il TCM venne elaborato negli usa alla fine degli anni 60 ,
obiettivo—> costruire un modello a partire dalle tecniche proprie del lavoro psicosociale
individuale a breve termine .
gli autori del TCM introdussero l’idea secondo cui i clienti devono essere attivamente coinvolti
in un processo di definizione di obiettivi e compiti, all’interno di un lasso di tempo stabilito.
Nell’ambito del servizio sociale fu il lavoro esplorativo di REID ad aprire la strada allo sviluppo del
modello: egli indagò quali elementi dell’intervento professionale influenzano le persone nel
processo di soluzione dei problemi e quali sono in relativi effetti. si rifecero alla concezione del
lavoro sociale come processo di problem solving da PERLMAN, ma definirono una guida
dell’intervento più strutturata , con un focus più specifico sulla definizione e l’uso dei compiti
TASKS nell’intervento, parte mutuata dal lavoro di STUDT.
PERLMAN sottolineò in particolare come la capacità di formulare in modo chiaro gli obiettivi e i
compiti restituisca chiarezza alle intenzioni dei professionisti , spesso assunte come buone, senza
esplicitate tuttavia in relazione a cosa sono valutate tali.
La sperimentazione e la ricerca hanno permesso negli anni di sviluppare strumenti per il task
planning (pianificazione dei compiti) e del task implementation (implementazione dei compiti),
introducendo una serie di tecniche che sostengono il cliente nell’identificazione dei problemi
target e dei relativi compiti.
Questi strumenti hanno consentito di rendere il modello più adatto all’utilizzo in pratica e alla
valutazione dei suoi risultati.
Il TCM è uno dei pochi modelli sviluppati in relazione ai risultati della pratica e testati in pratica;
nonostante sia nato come modello che si applica al lavoro individuale è stato successivamente
adattato anche al lavoro con le famiglie e con i gruppi.
I CONCETTI CHIAVE
il TCM è un modello formulato a partire dalla sistematizzazione del risultati della pratica , anziché
in relazione a teorie formulate in altre disciplina.
i problemi —> qualcosa di normale e inevitabile, che può accadere a chiunque in diverse fasi
dell’esistenza. ognuno di noi ha determinate idee e credenze rispetto a come dovrebbero essere
le cose WANTS -cosa vorremmo- e rispetto a ciò che è necessario per la nostra esperienza di vita
NEEDS -bisogni- .
raggiungere ciò che desideriamo comporta quotidianamente delle sfide e a volte l’impasse nel
superarle e secondo gli autori del TCM le situazioni di difficoltà riflettono dei fallimenti temporanei
nel far fronte a queste sfide.
i problemi—> attivano negli individui forze volte al cambiamento che operano rapidamente per
riportare il problema a un livello di tollerabilità. nel TCM le persone sono dunque considerate
come PROBLEM SOLVERS ATTIVI, esperti nell’individuare qual è la situazione che genera per
loro disagio e dotati di risorse per mettere in atto il cambiamento a cui aspirano.
INTERVENTO DI AIUTO
quando il processo di problem solving non è efficace Il ruolo dell’assistente sociale nel TCM —>
sostenere la persona nella lettura più ampia del problema al fine di individuare obiettivi e compiti
su cui lavorare per ridurre lo stress per la situazione.
il modello non ricerca le origini ma tenta di affrontare i fattori che lo stanno attualmente causando
e la priorità viene assegnata agli aspetti su cui il cliente e l’ assistente sociale possono agire. per
modificarli.
successo —> conduce soluzione del problema , ripristino delle capacità di problem solving
dell’individuo e del sistema . il cliente partecipa infatti in modo attivo alla pianificazione dei
compiti e alla loro realizzazione .
l’intervento del TCM presuppone la costruzione di una relazione collaborativa con il cliente,
in assenza , il modello non è applicabile .
fondamentale è la definizione di precisi limiti temporali in relazione a determinati obiettivi ,
procedere senza un focus e precisi limiti di tempo si riduce la fiducia che il cliente ha nelle proprie
capacità.
obiettivo—> di porre le basi per un elemento determinato del processo di aiuto: la costruzione di
una relazione collaborativa e del consenso rispetto al lavoro successivo.
1. l’engagement , ovvero costruzione delle basi per una relazione di collaborazione e fiducia;
ENGAGEMENT
fondamentale costruzione di una relazione di fiducia collaborativa e partecipata .
focalizzare troppo presto su un’area specifica potrebbe trascurare le difficoltà e circostanze che i
clienti sentono come più urgenti.
obiettivo fotocamera—> passare da una visione generale dall’alto a uno zoom sulla sezione
dell’area che si è identificata come prioritaria, per analizzarne insieme i dettagli
cliente a definire quali sono dal suo punto di vista i problemi da affrontare, cosa è più importante
per lui. assistente sociale guida in questo processo.
problemi target diventano oggetto di analisi più approfondita , che consente di rilevarne la
gravità, frequenza, durata, i modi in cui si manifestano e quali persone contesti
coinvolgono.
LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI
nel TCM :
i compiti TASKS sono attività messe il campo per ridurre gli effetti del problema target. una
sequenza pianificata di passi che porta dal problema WHAT IS WRONG al raggiungimento
dell’obiettivo WHAT IS NEEDED . —> coinvolti clienti e il professionista.
3. nella fase du implementazione dei compiti il TCM individua nel TASK IMPLEMENTAION
MODELI un efficace strumento per sintetizzare i compiti e le azioni necessarie alla loro
implementazione , includendoli in modo chiaro all’interno di una strategia più generale.
in questa fase saranno altrettanto essenziali:
a) considerazione di potenziali benefici legati al conseguimento del comico;
b) l’identificazione di potenziali ostacoli che il cliente potrà incontrare o incontrato, e la
discussione su come potrebbe superarli . se l’ostacolo si verifica no superabile il un
determinato momento, è più efficace introdurre un compito alternativo. altre difficolta possono
derivare da sistemi esterni . uno dei compiti dell’assistente sociale in questa fase è
l’attivazione di risorse che la persona può facilmente reperire in autonomia e che lo
facilitano nel percorso del problem solving.
NON confondere TCM con l’attivazione e l’erogazione di prestazioni o servizi,
TCM—> modello complesso con metodo preciso, che implica la definizione chaira di obiettivi
e compiti , all’interno del quale l’attivazione di risorse è solo uno degli strumenti adottati.
4. la valutazione in itinere si realizza a ogni incontro successivo, facendo il punto sul piano
implementato e le eventuali difficoltà. se compito non è stato portato a termine può essere
necessario un piano differente per eseguirlo o individuare attività alternative .
FASE FINALE
nella fase finale gli incontri sono dedicati a discutere insieme al cliente:
• le strategie che hanno avuto successo , ponendo enfasi sulle capacità messe in campo dal
cliente;
• ciò che può essere fatto rispetto ai suoi problemi non risolti.
nella fase di conclusione possono emergere nello stesso tempo vissuti positivi e negativi ,
entrambi da riconoscere come un passaggio normale , ma non devono essere utilizzati come una
ragione per prolungare il lavoro guidato da una cornice temporale ben definita.
- IL CASO DI ANNA
- negli anni Cinquanta del secolo scorso i comportamentisti offrirono un modello alternativo di
psicanalisi, focalizzato non più sui processi inconsci, ma sulle manifestazioni esterne del
comportamento.
- negli anni Sessanta le teorie cognitiviste spostarono il focus sulle esperienze interne alla
persona, come i pensieri e i sentimenti, mettendo in evidenza come schemi disfunzionali di
interpretazione della realtà potessero essere fonte di situazioni di disagio e difficoltà.
questi concetti furono introdotti nel tentativo di ampliare la conoscenza del comportamento
umano e declinati in tecniche terapeutiche i di aiuto.
anche il servizio sociale ha introdotto alcuni strumenti utili ad affrontare problemi che richiedono la
consolidazione, l’estinzione o la modifica di determinati comportamenti. THOMAS porta l’esempio
dell’utilizzo di ricompense (ad esempio l’uso del telefono e del denaro) nella definizione di un
progetto a sostegno di un adolescente, al fine di stimolare comportamenti positivi (riprendere a
frequentare la scuola). l’estinzione consiste invece nell’omissione di rinforzi che precedentemente
sostenevano un comportamento; può accadere inconsapevolmente che alcuni atteggiamenti dei
genitori rinforzino risposte disfunzionali dei bambini.
Il professionista può aiutare ad identificare ed eliminare tali rinforzi: evitare di concedere caramelle
nel tentativo di risolvere una crisi di pianto riduce la frequenza di tale comportamento.
teoria—> una condizione essenziale per l’acquisizione del comportamento , anche di quello
aggressivo, è la valutazione dei suoi esiti in termini di conseguenze positive o negative, sia
per esperienza diretta o per osservazione di altre persone che mettono in atto la condotta.
se una persona ritiene di esser in grado di portare a termine una determinata performance e
riceverà riconoscimenti per questo comportamento è più probabile che la ripeta. la percezione di
autoefficacia SELF-EFFICACY corrisponde al grado in cui una persona ritiene di essere capace
di risolvere con successo certi problemi, di far fronte alle difficoltà. la convinzione di essere
efficaci influenza alla capacità di trarre vantaggio dalle potenzialità individuali e dalle opportunità
ambientali . —>percezione non corrisponde a una disposizione individuale o un atteggiamento
verso sé stessi , come l’autostima . riguarda aspettative di obiettivi raggiungibili riferiti a particolari
ambitisi attività e determinati standard .
IL COGNITIVISMO
Il contesto in cui nacque il cognitivismo era caratterizzato dalla dominanza della psicanalisi e del
comportamentismo, entrambi scarsamente interessati alla dimensione conscia e consapevole
dell’attività mentale. I processi alla base dell’intenzionalità e della motivazione erano poco
indagati, con il rischio di considerare l’individuo come passivamente determinato da stimoli
esterni o da pulsioni interne.
a partire dagli anni Sessanta, teorici e professionisti del cognitivismo iniziarono a focalizzare
l’attenzione sui processi cognitivi, sul modo in cui consapevolmente gli individui pensano a
sé stessi e sé stessi in relazione con gli altri, anche in termini di autovalutazione di efficacia.
la nascita di un tipo di intervento orientato dal cognitivismo è attribuita ad ELLIS, il cui lavoro
parte dall’assunto secondo cui, alla base di situazioni di disagio o disturbo psicologico, vi sono
credenze disfunzionali, che hanno implicazioni sul funzionamento quotidiano.
ELLIS—> ritiene che alcuni tipi di credenze portano a generare emozioni e comportamenti
positivi, ovvero funzionali agli obiettivi dell’individuo, altri invece producono emozioni e
comportamenti negativi, peggiorando la qualità di vita della persona. come idee disfunzionali che
riguardano se stessi (come figlio sono un disastro) , il mondo (sono tutti…) o eventi futuri (non
supero mai gli esami).
BECK—> è considerato uno dei pionieri della terapia cognitiva, in particolare applicata alla
depressione; egli utilizza il termine “schema cognitivo” per riferisti a strutture mentali attivate
dall’interazione con gli eventi, che portano alla costruzione di contenuti mentali, ovvero credenze
su noi stessi, gli altri e il mondo esterno. l’attivazione degli schemi per interpretare la realtà piò
dare luogo a pensieri consapevoli, oppure automatici: questi ultimi emergono in modo non
consapevole, senza alcun tipo di controllo metacognitivo. —> quelli negativi , spesso collegati ad
assunti più profondi che la persona ha su sé stessa e sugli altri (ad esempio, “Qualsiasi sforzo
possa fare, non riesco mai in niente”). questo tipo di pensieri può attivarsi in situazioni avverse o
di forte stress e se la loro attivazione è ripetuta frequentemente, può portare a situazioni in cui la
persona è demotivata e in uno stato di rassegnazione, fino a casi in cui piò sviluppare forme di
depressione.
BECK —> chiave della comprensione del disagio si colloca entro il campo della coscienza: il
focus dell’intervento diventa l’indagine su cosa il cliente pensa nel momento in cui vive
un’esperienza emotiva negativa, incoraggiandolo a riflettere e prendere consapevolezza dei
propri pensieri.
negli approcci del cognitivismo classico, forte enfatizzazione della dimensione razionale
dell’individuo , restano in secondo piano sia la reciproca influenza di strutture cognitive, emozioni
e comportamenti, sia le motivazioni che guidano i comportamenti, nonché le ipotesi sullo sviluppo
delle credenze disfunzionali.
negli anni Ottanta l’influenza dell’opera di BOWLY sulla teoria dell’attaccamento consentì di dare
alcune risposte a queste situazioni non risolte nel modello tradizionale . attaccamento—> quel
comportamento che motiva il bambino a cercare la vicinanza fisica del caregiver quando
vive emozioni di paura , sofferenze fisica, dolore emotivo. la ricerca in questo ambito ha
portato a dati fondamentali per la comprensione dell’influenza delle relazioni di attaccamento sullo
sviluppo della nostra mente, sulla regolazione delle emozioni, le capacità sociali e lo sviluppo
della funzione metacognitiva. queste teorie sono state integrate negli studi cognitivisti, mostrando
come certi schemi possono essersi costruiti nel corso dell’infanzia, rimanere latenti e influenzare il
comportamento in età adulta, oppure riemergere in determinate situazioni stressanti, che mettono
alla proba le capacità dell’individuo.
negli approcci contemporanei entra in crisi l’idea di una logica razionale a cui aderire e della
mente come ricettore passivo di informazioni. Il focus è su come gli individui usano le
informazioni in interazione con l’ambiente per creare significati. pensieri disfunzionali ed errori
cognitivi sono caratteristici del normale funzionamento delle perone e non necessariamente
associati a un disturbo psicologico o patologico. la situazione di disagio emerge quando si
agisce in base a essi in maniera inconsapevole e acritica .
nel servizio sociale i modelli contemporanei, cercano di integrare diversi aspetti, restituendo
importanza all’influenza di fattori sociali nel processo di costruzione die significati che attribuiamo
al mondo esterno e che con esso interagiscono.
I CONCETTI CHIAVE:
SCHEMI COGNITIVI
sono strutture cognitive che permettono di organizzare e interpretare le informazioni che
vengon dall’esterno. dalla nascita in poi, schemi innati si sviluppano in interazione con
l’ambiente fisico e sociale, articolandosi in configurazioni sempre più complesse. una volta
formatosi, uno schema si attiva in relazioni a situazioni corrispondenti alla struttura di significato
che esso media . (incontro sconosciuti—> schemi cosa gli altri si aspettano ). si strutturano così i
concetti che abbiamo su di noi, sugli altri, e sul mondo.
schemi —> sintetizzano delle regole su come funziona il mondo e sul modo migliore per noi
di starvi , —> servono a guidare la nostra azione. si costruiscono durante l’infanzia , si
consolidano nel periodo dell’adolescenza, assumendo un carattere più duraturo e stabile in età
adulta.
più il sistema conoscitivo flessibile e adattabile —> + numero di schemi attivati al fine di
individuare diverse alternative per interpretare e fronteggiare le situazioni , aumentando al
possibilità di adattamento e la capacità di affrontare gli imprevisti .
• le credenze di base sono idee e giudizi più generali su noi stessi , gli altri, o il mondo;
• i pensieri automatici sono legati alle credenze di base e intermedie e costituiscono il nostro
dialogo interiore , fatto di opinioni, valutazioni, e giudizi che attraversano rapidamente la nostra
mente, in modo involontario e automatico, di cui spesso non abbiamo consapevolezza
immediata . essi accompagnano, precedono o seguono uno stato emotivo. ( interpretare
espressione persona mentre parli che cambia nostro umore)
gli schemi non hanno solo una componente logico-razionale , finalizzata a una funzione
valutativa , ma implicano anche una componente emotivo-affettiva e orientano una specifica
disposizione all’azione.
DISTORSIONI COGNITIVE
nel processo di elaborazione delle informazioni possono determinarsi distorsioni , dette ‘bias
cognitivi’ che derivano da processi mentali presenti in ognuno di noi.
capita che ci affidiamo a strategie di pensiero chiamate ‘euristiche’ , ovvero processi mentali
intuitivi e rapidi che ci consentono di fare presto nel decidere spesso . in alcuni casi ci portano in
direzioni sbagliate.
- il pensiero dicotomico , del tutto o niente che porta a vedere la situazione in termini di
categorie mutualmente eslcudenti ( pensavo di essere intelligente invece non ho risposto a tutte
le domande) ;
- meccanismi che portano ad attribuire ad altri sentimenti negativi verso noi stessi;
- minimizzazione , che porta a sminuire gli aspetti positivi , le situazioni
METACOGNIZIONE
il concetto di metacognizione riguarda la nostra capacità di identificare e riflettere sui nostri
stati mentali , su quelli degli altri e di utilizzare tali riflessioni per prendere decisioni o
risolvere problemi o conflitti.
strategie di scarso impegno riflessivo—> alcol , farmaci
alle strategie richiedono elevato impegno per lo sviluppo e l’utilizzo di una conoscenza
approfondita del proprio stato mentale ed emotivo del proprio funzionamento nella gestione degli
stati di sofferenza o nella situazione di problemi.
obiettivi nel CBT—> lavorare con il cliente per migliorare le sue competenze verso percorsi
di cambiamento e autonomia.
SHARON BERLIN 2002—> proposto un modello cognitivo-integrato che oltre a far riferimento ad
assunti e tecniche del cognitivismo, si focalizza sui fattori sociali che contribuiscono ala
costruzione dei significati
la CBT propone un modello di intervento strutturato. la definizione di obiettivi espliciti e dei mezzi
per raggiungerli contribuisce ad avere chiara la direzione del cambiamento.
obiettivo—> empowerment del cliente che sperimenta compiti, esercizi di ruolo e altre tecniche di
condivise con il professionista apprende nuove modalità di far fronte ai problemi.
ENGAGEMENT
relazione di aiuto di qualità è la base che influenza e determina la possibilità di introdurre
specifiche tecniche , che distinguono la CBT.
la relazione, se impostata innanzitutto sul rispetto dell’altro , dei suoi modi di conoscere e
affrontare la realtà diventa il presupposto per un’esperienza che consentirà , a partire da un
contesto sicuro e protetto, di acquisire maggiore consapevolezza e sperimentare nuovi modi
di interazione.
ASSESSMENT
relazione basata su rispetto e sull’ascolto ematico è essenziale ma non sufficiente.
obiettivo del processo di aiuto —> NON è di fornire nuove mappe preconfezionate, ma
accompagnare le persone a riconoscere i propri schemi, come punto di partenza per
l’apprendimento di modalità alternative di interpretazione e comportamento .
assistente sociale che si limita ad erogare prestazioni a contributi economici, senza di fatto
lavorare sulle capacità e competenze della persona, può contribuire a costruire un ruolo passivo
del cliente e la sua credenza che di fatto non è in grado di farcela da solo. anche la semplice
indicazione alla persona di attivarsi, senza accompagnare il percorso di cambiamento, può allo
stesso modo essere percepita come una richiesta che contiene un giudizio di incapacità o di
impiego, a rischio di tradursi nella cosiddetta “profezia che si autoavvera’’ .
l’assessment porta a individuare una serie di target su cui agire nella fase dell’intervento. a
seconda del focus scelto, in relazione alla persona e al tipo di disagio che ha portato al servizio,
alcuni interventi saranno più focalizzati su aspetti cognitivi, sulle capacità metacognitive, oppure
sull’area comportamentale.
rispetto all’area cognitiva l’obiettivo è rendere più chiari i pensieri e il dialogo interiore,
portare a livello di consapevolezza idee e credenze su di sé sugli altri. una volta esplorato
sotteso a situazioni e comportamenti occorre lavorare sul reframing, ovvero trovare insieme
interpretazioni alternative, diverse possibilità di dare un senso alle situazioni, cercando di
comprendere come pensieri alternativi possono condurre a una situazione vissuta con
meno sofferenza.
alcune tecniche nell’area cognitiva sono:
• la registrazione dei colloqui , il cui contenuto può diventare materiale su cui il cliente può
continuare a lavorare tra un incontro e l’altro;
• una lista dei vantaggi e degli svantaggi fatta dal cliente rispetto al mantenimento delle sue
credenze o allo sforzo per cambiarle. l'obiettivo è mantenere il cliente pienamente
consapevole delle ragioni per cui ha scelto di provare a cambiare, facendo riferimento a queste
nel caso di ricadute o momenti di difficoltà;
IL CASO DI ENRICO
IL MODELLO TRANSTEORICO
non si focalizza sulle cause che hanno portato a una determinato problema, bensì sul
cambiamento del comportamento , in relazione alla motivazione della persona.
il modello transteorico assume che il cambiamento sia un processo continuo , che si articola nel
tempo attraverso una sequenza di fasi, , in corrispondenza delle quali le persone si trovano a
specifici stadi di determinazione e azione ed è diversa la loro motivazione a cambiare. a ogni
stadio corrispondono particolari caratteristiche, oltre all’adempimento di determinati compiti
indispensabili per il passaggio a quello successivo, all’interno di un processo ciclico e graduale.
• stadio dell’azione—> descrive la fase in cui la persona ha iniziato a mettere in atto le azione
necessarie al cambiamento e ha speso i comportamenti considerati problematici. il cliente ha
iniziato a organizzare il proprio tempo e le proprie attività e modificare le abitudini in relazione
alla nuova situazione.
• l’ultima fase della risoluzione del problema —> quando la persona si sente sicura di sé e del
fatto che manterrà il nuovo stile di vita. questo stadio può essere raggiunto anche
spontaneamente e senza alcun particolare intervento professionale.
- [fase risoluzione del problema] quando si considera risolto il problema, è utile chiudere,
accompagnando alla fine della relazione professionale e riconoscendo i risultati raggiunti
• rivalutazione ambientale: l’operatore sostiene il cliente nel processo di analisi degli effetti che
sia la situazione problematica, sia un eventuale cambiamento possono avere sul contesto di vita
e le altre persone coinvolte.
• liberazione sociale: consiste nel la varare sulle reti sociali che coinvolgono la persona, al fine di
attivare opportunità e risorse in grado di supportare il processo di cambiamento, come favorire
la partecipazione a gruppi di mutuo- aiuto, fornire risorse materiali o abitative se necessario
aiutare nella ricerca del lavoro e così via.
• liberazione personale: si realizza nel momento in cui il cliente sceglie di attuare strategie di
cambiamento, è pronto all'impegno e acquista fiducia nelle proprie capacità. possono essere
utili strumenti che rendono evidente ed esplicito questo passaggio, come ad esempio la
condivisione della scelta con persone significative della propria rete socio familiare, o
dichiarazioni pubbliche relative al proprio impegno in gruppi di auto-aiuto;
• relazione d’aiuto: in tutti gli approcci, l’empatia, l’apertura, l’attenzione alla persona
costituiscono i presupposti per stabilire una relazione in grado di restituire fiducia nella
possibilità di cambiare.
- il modello centrato sulla persona di ROGERS rispetto al suo contribuito nel costruire gli
atteggiamenti e le abilità che fondano una relazione empatica
- la toeriep della reattanza d BREHM secondo cui quando le persone sentono minacciata la loro
libertà di dire e fare ciò che desiderano, sperimentano uno stato di attivazione motivazionale
che le spinge a tentare di ristabilire la libertà
- la teoria della dissonanza cognitiva di FESTINGER e la sua evoluzione , aveva osservato come,
quando le persone vivono una discrepanza tra i propri comportamenti e i valori di riferimento, la
situazione di incoerenza provoca in loro un vissuto spiacevole che motiva un cambiamento
cognitivo , mirante a ridurre tale incompatibilità. consente di comprendere cosa accade quando
si propone un cambiamento a persone non motivate.
pur non avendo definito una precisa identità teorica, gli autori del colloquio motivazionale sono
stati in grado di suggerire strategie tra loro coerenti con un’evidente valenza pratica, tenute
insieme da principi espliciti e chiari che orientano lo spirito del colloquio motivazionale.
un altro punto di forza riguarda la possibilità di testare In pratica l’efficacia di queste strategie,
consentendo un continuo aggiornamento dei metodi e dei riferimenti teorici.
la definizione di Miller e Rollnick riassume le caratteristiche essenziali del colloquio motivazionale,
definendolo come:
uno stile di comunicazione collaborativo e orientato, che presta particolare attenzione al linguaggio
del cambiamento, progettato per rafforzare la motivazione personale e l’impegno verso l’obiettivo
specifico, attraverso la facilitazione dell’esplorazione delle ragioni proprio della persona per
cambiare, il tutto in un’atmosfera di accettazione e di aiuto.
lavoro—> focalizzato sulla motivazione del cliente a cambiare la situazione vissuta come
problematica e sull’esplorazione delle sue ragioni per il cambiamento , all’interno di una relazione
basata sulla conversazione. Il colloquio motivazionale rimette al centro la persona, non come
individuo da rieducare, ma come portatrice di valori propri.
sono dunque considerati essenziali le tecniche per la costruzione di una relazione sono dunque
considerati essenziali le tecniche per la costruzione di una relazione empatica, punto di partenza
che consente al cliente uno spazio per esplorare sé stesso, le proprie ragioni e motivazioni.
nelle prime fasi del colloquio il riferimento è alle abilità individuate dall’approccio rogersiano: il
professionista si pone in posizione di ascolto e cerca di capire, evitando accuratamente di portare
la propria opinione. nelle fasi successive, il colloquio motivazionale asse uno stile più direttivo: la
definizione dei contenuti del cambiamento è attribuita al cliente, mentre il professionista ha un
ruolo di orientamento e di guida nel lavoro per risolvere l’ambivalenza e incrementare la
motivazione intrinseca al cambiamento.
l'approccio motivazionale esclude invece lo stile del “dirigere”, quando è l’operatore a decidere
che cosa e come si deve procedere all’intervento: nello stile direttivo, il professionista è
considerato l'esperto competente nel descrivere il problema, sottolineandone gli aspetti negativi e
le conseguenze problematiche, offrendo insieme alla diagnosi la soluzione alle difficoltà.
spesso il colloquio viene impostato secondo uno stile investigativo, con una serie di domande che
servono al professionista per comprendere qual è il problema: l'operatore segue uno schema
preordinato, che gli permette di decidere quali informazioni ottenere. reazione —> persona segue
passivamente linea impostata. altre volte la conversazione si imposta invece su uno schema
oppositivo, minando così le basi per una relazione di fiducia di empirica. serie di domande—>
impressione di fornire soluzione , ruolo da passivo da cliente senza acquisire autonomia.
è stato Inoltre osservato come lo stesso fatto che il professionista si schieri ed espongo
argomenti in favore di una direzione del cambiamento è prevedibile che muova la persona
ambivalente nella direzione opposta. nella persona ambivalente ci sono sia i motivi per cambiare,
che quelli per non cambiare: un passo in una direzione porta subito a vedere i suoi svantaggi e la
direzione opposta come preferibile. l'ambivalenza non è considerata come qualcosa di
patologico, ma una fase normale del processo di cambiamento, che il professionista può aiutare a
superare con le tecniche corrette.
gli autori del colloquio motivazionale si rifanno a GORDON per evidenziare quali sono le numerose
trappole della comunicazione, ovvero una serie di modalità comunicative le quali, a dispetto delle
buone intenzioni, si rivelano controproducenti.
lo stile del colloquio motivazionale non è quello di dirigere, ma di guidare: il professionista per
essere una buona guida e Innanzitutto un buon ascoltatore che, se necessario e al momento
opportuno, offre la sua esperienza.
MILLER e ROLLNICK descrivono quattro processi che si attivano nel colloquio motivazionale:
4) pianificare. questa fase ha inizio quando una persona è pronta al cambiamento ed è possibile
la formulazione di uno specifico piano di azione, valorizzando l'autonomia del cliente nel prendere
le decisioni. pianificare è un processo progressivo, che può richiedere revisione lungo il percorso.
come le altre approcci l’operatore viene definito come agente di cambiamento: il professionista
non è colui che fornisce la soluzione, ma si fa guida nel sostenere il cliente a individuare le sue
ragioni per il cambiamento.
LE ABILITÀ COMUNICATIVE
nel colloquio motivazionale le abilità comunicative sono utilizzare in direzione di diversi obiettivi:
• consentire alla persona di esplorare le sue idee , propensioni e riflettere sulle sue
ambivalenze;
si utilizza la riformulazione provando a comunicare ciò che si pensa di aver capito, cercando di
facilitare un ulteriore esplorazione del cliente; ciò presuppone equilibrio e sintonia nella relazione e
un'attenta valutazione dei feedback: se la persona si blocca vuol dire che si sta procedendo
troppo in fretta.
le frasi di sostegno sono funzionali a commentare le capacità, gli sforzi fatti, i risultati raggiunti.
sostenere è diverso da lodare, azione che colloca il professionista nel ruolo dominante
dell'esperto, che sa cosa è giusto; occorre inoltre fare attenzione al fatto che le frasi di sostegno
sono influenzate da fattori culturali e ciò che in un determinato contesto viene interpretato come
apprezzamento, in un altro potrebbe essere vissuto come un’iperbole esagerata.
i riassunti, oltre a comunicare che si è ascoltato e cercato di capire, possono essere utilizzati per
riordinare diversi elementi di cui si è parlato, permettendo di fermarsi a riflettere su quanto detto.
un buon riassunto aiuta a costruire una cornice di senso ed è utile per terminare un argomento,
mettendo in luce gli aspetti più rilevanti e facilitare il passaggio a quello successivo.
domande aperte sia per basi per una buona relazione, ma anche utilizzate in funzione
dell’obiettivo di lavorare sulla motivazione.
il professionista deve essere in grado di riconoscere e saper interagire con due tipi di affermazioni:
- affermazioni orientate al mantenimento dello stautus quo AOM , quelle espressioni che la
persona porta per non cambiare;
- le affermazioni di cambiamento AOC , quelle espressioni del cliente che riflettono desideri,
bisogni, motivazioni intenzioni o possibilità concrete di cambiare.
nelle persone in ambivalenza sono presenti sia AOC che AOM e il professionista deve essere in
grado di utilizzare tecniche comunicative per saper rispondere a entrambi i tipi di affermazioni.
- l'assistente sociale è responsabile e garante della qualità della relazione, non della direzione del
cambiamento, che è sempre scelta della persona;
- l’ascolto riflessivo ed empatico è lo strumento per una relazione collaborativa è un approccio
centrato sul cliente;
- le strategie devono tener conto dello stadio di cambiamento in cui si trova il cliente
- le prescrizioni, le raccomandazioni e i consigli non richiesti non sono un metodo efficace per
risolvere l'ambivalenza o la resistenza e vanno nella direzione contraria all'autodeterminazione;
lo spirito del colloquio motivazionale, fondato sull'empatia, il rispetto della persona, della
sua autonomia e autodeterminazione, è completamente in linea con i valori del servizio
sociale. la capacità di tradurre questi valori in modalità che contribuiscono a costruire
atteggiamenti coerenti, fornisce agli assistenti sociali strumenti particolarmente utili a una pratica
quotidiana guidata dalla teoria, dal metodo e dei valori.
parliamo di strategie di coping quando ci riferiamo alla capacità di attivare nuove modalità
per adattarsi ai cambiamenti, anche in situazioni particolarmente sfidanti.
in alcune circostanze queste strategie non sono efficaci e si determina così una condizione
stressante, che può portare a disturbi della sfera fisica, psicologica e sociale.
il lavoro del suo team giunse a conclusione in netto contrasto con le tradizionali teorie
psicoanalitiche, che concettualizza vano i disturbi psicologici e psichiatrici quali conseguenza di
problemi inconsci e irrisolti.
lindemann e i suoi collaboratori, osservando l’insorgenza di sintomi patologici nei sopravvissuti, in
assenza di una diagnosi specifica arrivarono a concludere che questi sintomi non
necessariamente dovevano essere interpretati come patologia, ma come normale risposta
a una situazione di grave perdita improvvisa
anche individui in stato di completo benessere potevano dunque andare incontro a uno stato di
disorganizzazione, quando colpiti da un evento traumatico.
il team di psichiatri noto Infine come le persone già in precedenza esposte a episodi traumatici
reagivano meglio alla crisi, evidenziando così la possibilità di apprendimento in situazione di
stress.
il lavoro prosegue con altri colleghi all’ospedale del Massachusetts, al fine di fornire sostegno ai
familiari delle vittime; fu in questa fase che Lindemann iniziò a comprendere e valorizzare il
contributo di altri professionisti nella definizione di interventi di aiuto in situazioni di crisi.
una conclusione rilevante del suo studio fu che il lavoro parallelo sul contesto ambientale e
relazionale, svolte da diversi professionisti, così come da altre figure della comunità
adeguatamente formati, configurava un prezioso strumento per prevenire l'insorgere di
psicopatologie.
più tardi LINDEMANN fu coinvolto insieme a CAPLAN nella definizione di un programma di
psichiatria di comunità, noto come Wellesley Project, il cui obiettivo era quello di garantire
supporto alle vittime di esperienze traumatiche.
a partire da questo progetto, fu CAPLAN ad elaborare il concetto di psichiatria preventiva,
introducendo un intervento di crisi tra i metodi di prevenzione secondaria nei servizi di salute
mentale.
l’obiettivo del Crisis Intervention era ridurre gli effetti dannosi di eventi traumatici, evitando
l'ospedalizzazione in caso di reazione a situazioni di crisi.
nelle teorizzazioni dell'autore si parla di uno stato di crisi quando la persona affronta un ostacolo
che si frappone al raggiungimento di obiettivi per le importanti, ostacolo non affrontabile
attraverso i metodi di problem solving utilizzati fino a quel momento. secondo Caplan, la crisi
non è data dall'evento precipitante, ma dalle sue possibili conseguenze.
la sua teoria—> assume che l'organismo sia costantemente impegnata a mantenere un equilibrio
omeostatico con l'ambiente esterno e quando questo equilibrio minacciato da forze fisiologiche,
psicologiche e sociali, l'individuo mette in atto strategie di problem solving volte a ripristinarlo.
la crisi —> dunque considerata come il turbamento di una condizione di equilibrio, quando le
strategie del individuo falliscono.
un altro importante contributo di questo studioso sta nell'aver evidenziato come le situazioni di
crisi non siano solo determinate da eventi improvvisi, ma possono essere esperite necessari
passaggi di ruolo, in diverse fasi del ciclo di vita. il suo riferimento—> è al modello di sviluppo
psicosociale di ERIKSON , secondo cui il fallimento nel far fronte alle sfide legate ai passaggi da
una fase all’altra del ciclo di vita può avere conseguenze negli stati successivi, determinando la
possibilità di situazioni di crisi.
modelli contemporanei tendono a integrare diversi contributi teorici, includendo nella spiegazione
della crisi fattori cognitivi coinvolti nella valutazione degli eventi esterni e il ruolo delle variabili
ambientali.
la tendenza attuale è quella di costruire modelli ibridi, in grado di incorporare concetti teorici da
differenti discipline che consentono la spiegazione di variabili a diversi livelli.
I CONCETTI CHIAVE:
LA DEFINIZIONE DI CRISI
il periodo di crisi è segnato da un evento che porta un temporaneo stato di
disorganizzazione sotto il profilo psicologico e sociale; in questo periodo i meccanismi di
adattamento di quella persona dispone abitualmente vengono meno, determinando la
temporanea incapacità di trovare strategie efficaci per risolvere le difficoltà.
emergenza—> quando necessaria una risposta immediata affinché ele persone vengano messe
in sicurezza , comportamenti suicidi, episodi violenti o catastrofi.
CAPLAN—> crisi quando una persona deve affrontare un problema per il quale non sembra
disponibile un’immediata soluzione con metodi di problem soling.
JAMES R GILILAND—> crisi quando si percepisce un evento o una situazione come intollerabile
difficolta, non affrontabile con le risorse e i meccanismi di adattamento della persona
in evidenza DUE comportamenti della crisi: A. componente oggettiva, evento che attiva la
situazione di crisi; B. un aspetto più soggettivo , dato dalla percezione che la persona ha
dell’evento critico e delle sue reazioni a esso.
- evento precipitante
- il significato e la percezione che l l’individuo e il più ampio contesto in cui è inserito hanno
dell’evento
- le risorse che influenzano la granita, il tipo, la durata della crisi e la capacità di farvi fronte
evento stressante grave con adeguate capacita di coping e risorse —> non sempre crisi
TIPI DI CRISI
La letteratura distingue diversi tipi di crisi e di eventi che innescano:
- crisi ambientali , riguardano la reazione a catastrofi che coinvolgono interi gruppi e comunità,
quali i disastri naturali economici;
- crisi situazionali, si riferiscono ad eventi specifici in cui la persona è coinvolta, come ad
esempio la aver subito stupri o aggressioni. gli stessi professionisti che lavorano in contesti di
emergenza, o in situazioni di stress elevato, possono andare incontro a una situazione di crisi, se
non adeguatamente formati o supportati;
- crisi che possono manifestarsi nel corso del processo di sviluppo delle persone, come
temporanea incapacità di fronteggiare un evento critico. situazioni sfidanti nel ciclo di vita, quali
ad esempio la malattia o il decesso di un familiare, comportano l'elaborazione e la
riorganizzazione delle abitudini del quotidiano e non sempre gli individui hanno le risorse
psicologiche e sociali per farvi fronte;
- crisi legate a fattori che riguardano il quadro psicopatologico preesistente, il quale può
aver contribuito a innescare oppure a complicare uno stato di crisi. in queste situazioni è
necessaria l'attivazione di professionisti con competenze clinica.
- fase 3, la persona si sente sempre più tesa, confusa, sotto stress, a volte arrabbiata e altre
volte depressa; questo stato ha una durata variabile a seconda del tipo di evento, delle reazioni
della persona e della sua rete di sostegno.
se il problema continua e lo stato di disorganizzazione aumenta senza trovare alcuna soluzione,
può portare a un punto di rottura, con una severa compromissione del quadro sociale o
psicologico.
lo stress è una risposta dell’organismo a un cambiamento che, in alcuni casi, può essere superato
in maniera positiva mentre in altri può diventare fonte di danni di natura fisica e psichica.
BOSS ci aiuta a distinguere il concetto di crisi da quello di stress, crisi—> come una variabile
dicotomica
mentre la crisi c’è oppure no, lo stress è un processo che si sviluppa nel tempo, con diversi gradi
di intensità.
gli eventi traumatici sono inevitabilmente fonte di stress; alcuni possono essere esterni e non
controllabili come ad esempio incidenti ferroviari, terremoti e inondazioni che sono fatti non
prevedibili, le cui conseguenze irrompono nell’esistenza delle persone. altri eventi sono
determinati da atti di deliberata crudeltà, come gli attacchi terroristici.
gli eventi traumatici generano sentimenti di paura, orrore, senso di impotenza e alcune persone
possono sperimentare disturbi temporanei, definiti come reazione post traumatica da stress.
(disturbi postsumstici da stress PTSD)
altri eventi stressori riguardano il contesto familiare, quali ad esempio l’insorgere di un problema
di dipendenza da sostanze o episodi di violenza domestica, mentre altri sono parte del normale
ciclo di vita come la nascita di un figlio, l’adolescenza, il pensionamento. Molte persone riescono
a ritrovare uno stato di equilibrio, altre possono andare incontro a situazioni patologiche che
richiedono intervento terapeutico.
L'evento stressante può tradursi in una crisi, quando la persona la Vilnius la vive Ella percepisce
come tale cache. L’IMPATTO dell' evento sull' individuo è legato alla sua valutazione attiva.
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