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LAVORO E DELLE
ORGANIZZAZIONI
Martina Madaffari
LEZIONI PROFESSORESSA COLOMBO
INTRODUZIONE
L’obiettivo dello psicologo che studia il lavoro e le organizzazioni è in primo luogo l’analisi del
comportamento dei lavoratori, nelle sue componenti emotive, cognitive e sociali.
L’organizzazione (= qualsiasi realtà organizzata con un obiettivo lavorativo) è vista come “sistema
sociale” nel quale i membri condividono modi di pensare e di agire, è il “fare”, è un’organizzazione
vista come cultura (gli aspetti culturali che influenzano l’agire delle persone) e azione, in un
contesto sociale condiviso.
Lo psicologo del lavoro e delle organizzazioni è interessato ai temi inerenti la psicologia:
del lavoro
delle organizzazioni
delle risorse umani
Quali sono le spinte al cambiamento? Che portano le organizzazioni a dover gestire il tema del
cambiamento; in alcuni casi le aziende cercano consapevolmente di mettere in atto un
cambiamento perché necessario, e sono
legate alle spinte interne e individuali
(sono più meditate e organizzate, si ha
tempo di perfezionare le proposte e i vari
passaggi). Le altre sono le spinte esterne,
che non sono prevedibili, non controllare
dalle organizzazioni e sono più rischiose e
meno desiderabili.
DEFINIZIONI
“Il cambiamento è un fenomeno
che ha un aspetto tecnico e uno sociale” (Lawrence, 1954)
“il cambiamento è mutamento dei ruoli e delle relazioni proprie dei ruoli e quindi anche
delle mansioni e dei rapporti personali di coloro che li esplicano” (Rice, 1963)
“il cambiamento è un processo volontario e collaborativo per risolvere un problema o, in
via più generale, per programmare e attuare un miglior funzionamento
dell’organizzazione” (Bennis, 1969)
“il cambiamento ha come risultato il conseguimento di nuove modalità di azione, di nuovi
valori e atteggiamenti per significativi gruppi di individui, membri dell’organizzazione”
(Schein, 1970)
“il cambiamento è trasformazione di un sistema d’azione […] una operazione che mette in
gioco la capacità di gruppi diversi, impegnati in un sistema complesso, a collaborare in
modo diverso nella stessa azione […] una scoperta e una costruzione umana […] la rottura
di circoli viziosi già istituiti” (Crozier e Friedberg, 1977)
“il cambiamento induce maggior interesse e coinvolgimento per orientare e gestire
interventi finalizzati a trasformare e sviluppare l’organizzazione, e aumenta l’esigenza e il
bisogno di disporre di strategie efficaci coerenti con sempre più impegnative sfide di
cambiamento” (Beckard e Harris, 1977)
Gli studi sul cambiamento organizzativo possono essere definitivi come “dei processi
dinamici ed evolutivi delle culture, delle strutture, delle strategie e dei gruppi di potere
nelle organizzazioni” (Fraccaroli, 1998)
Il cambiamento organizzativo “può essere letto come l’adozione da parte di
un’organizzazione di una nuova idea, intenzione o comportamento” (Daft e Noe, 2001)
Il cambiamento organizzativo può essere definito come “il movimento di un’organizzazione
dal presente stato a uno stato futuro/desiderato per aumentare la sua efficacia” (George e
Jones, 2002).
IL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
Il cambiamento organizzativo, laddove sia inteso come un atto finalizzato e deliberativo, è
caratterizzato da un “passaggio di stato” dell’organizzazione, da uno stato A a uno stato B. Questa
transizione è collocata in un’unità di tempo: da un presente t1 a un futuro più o meno prossimo t2
(= quindi si analizzerà tramite uno studio longitudinale).
In questa transizione ci sono gli elementi sociali (attori organizzativi) e apparati tecnici (obiettivi,
compiti, strumenti, disegno strutturale).
Il cambiamento nelle organizzazioni provoca anche un cambiamento dello stile di vita in generale,
quando bisogna gestire i cambiamenti, quindi, vanno gestiti anche le resistenze delle persone la
cui vita viene toccata da questo cambiamento.
Noi in quanto esseri umani tendiamo alla stabilità, all’equilibrio e quindi tendiamo a resistere al
cambiamento.
LE NUOVE DIPENDENZE
Negli ultimi anni si parla, sempre più frequentemente, di new addictions (nuove dipendenze).
Secondo la Società Italiana Intervento Patologie Compulsive (S.I.I.Pa.C) sono classificabili come
new addictions le forme di dipendenza che non prevedono l’assunzione di sostanze chimiche,
come ad esempio il gioco d’azzardo, il sesso, lo shopping, i social, le chat, lo smartphone, il cibo, lo
sport, i videogiochi, le serie TV.
L’oggetto della dipendenza è in questo caso un comportamento o un’attività spesso considerati
leciti e socialmente accettati. Le new addictions si definiscono dipendenze comportamentali
presenti nella vita, che ne influenzano la salute e l’identità personale (Lawman, 1993).
La dipendenza è un evento molto complesso che coinvolge l’intera sfera individuale: le esperienze,
i vissuti e la personalità.
La dipendenza presenta le seguenti caratteristiche (Guerreschi, 2009):
Ø è patologica
Ø è connessa con una trasformazione del funzionamento della capacità di gratificazione e con
una limitazione degli elementi da cui il soggetto trae benessere
Ø è caratterizzata da una spinta compulsiva
Ø è in relazione con l’oggetto da cui non si riesce ad allontanarsi
LA DIPENDENZA DA INTERNET
Internet comporta un nuovo modo di comunicare e di pensare, per questo può favorire
l’insorgenza di fenomeni sociali (dovuti a relazioni web-mediate) e clinici degni di essere osservati.
La dipendenza da comportamenti presenta sul piano clinico alcune caratteristiche in comune con
le dipendenze da sostanze:
la ripetitività comportamentale
uno stato d’animo di tensione anticipatoria nell’attesa della soddisfazione
una gratificazione, una sorta di “scarica” di piacere a seguito della soddisfazione
un’esperienza di craving (desiderio impulsivo per una sostanza o un oggetto-
comportamento)
l’implicazione di strutture e circuiti cerebrali che regolano la tolleranza e l’astinenza, come
anche il meccanismo di piacere/rinforzo
difficoltà a gestire l’auto-controllo
scarsa libertà comportamentale nei confronti del comportamento/oggetto della
dipendenza
Pensiero ossessivo nei confronti del comportamento/oggetto della dipendenza
l’immersione nell’attività talora impulsiva è fonte protratta di piacere ed è ricercata come
bisogno da soddisfare
spesso vi è colpa, dopo il soddisfacimento; spesso il comportamento crea problemi della
funzionalità psicosociale e lavorativa o di studio.
Secondo Valentini e Biondi (2016) una questione fondamentale da affrontare è la seguente:
Dove finisce la dipendenza fisiologica, normale, egosintonica che è e parte di una comune vita
vissuta con i suoi piaceri e dove comincia il disturbo, la vera e propria dipendenza? Come andrà a
evolversi il concetto di dipendenza comportamentale in un mondo sempre più digitalizzato e
indirizzato alla legittimazione di tanta, varia ricerca del piacere personale come norma
psicologica?
Un'altra importante distinzione associata alla rete-dipendenza riguarda le condizioni (Cantelmi,
Talli, 1998):
- on line = abuso del tempo in rete, in genere anche 60-70 ore settimanali;
- off line = sintomi di ansia e irrequietezza, problematiche relazionali, lavorative o
scolastiche che permangono tra un collegamento ed un altro.
La parola leader (oxford english dictionary) compare nel XIII sec., mentre leadership compare nella
prima metà del XIX secolo, per indicare l’influenza politica e il controllo del parlamento inglese.
Il verbo inglese to lead significa “condurre” (dal latino cum = insieme e ducere = tirare, trarre).
Nell’antico germanico, da cui il verbo deriva, il significato principale era andare.
Etimologicamente to lead significa: ANDARE PER PRIMO è colui che da l’esempio, si espone, ma
esiste solo se ha un seguito ovviamente.
Il tema della leadership diventa centrale negli studi della psicologia del lavoro e delle
organizzazioni a partire dalla metà del Novecento.
Sono numerosi i contributi teorici sul tema della leadership e si deve a Bass (1990) il merito di aver
sistematizzato la grande dispersione e frammentazione di questi studi (= è molto diffuso come
argomento anche non a livello scientifico poi).
In letteratura sono molteplici le definizioni di leadership; in generale, è possibile definire la
leadership come l’azione di avere seguito e di conseguire i risultati.
Centrale quindi è la relazione con i follower, a cui si legano i concetti di integrità, fiducia e
giustizia.
La difficoltà di fornire una definizione esaustiva di leadership si lega alla confusione spesso
esistente tra leadership e management. In termini generali:
Ø la leadership è una relazione d’influenza tesa a realizzare significativi cambiamenti (=
quando parliamo di cambiamenti in organizzazione allora parliamo di leader)
Ø il management è una relazione di autorità finalizzata a produrre e vendere beni e/o servizi
come esito di un’attività coordinata (= è più un aspetto commerciale e gestionale)
• SCENE DI LEADERSHIP
L’Ultima Tempesta
Il film, tratto da una storia vera, è la riproduzione esatta di quello che accadde la notte del 18
febbraio 1952 durante una terribile perturbazione che colpì il New England. La SS Pendleton, una
petroliera T-2 diretta a Boston, venne spezzata in due e 30 marinai rimasero intrappolati, in bilico
tra la vita e la morte in attesa di essere tratti in salvo.
LE TEORIE
Dagli studi di Stogdill (1948) e di Mann (1959) è emerso che il valore della personalità nel rendere
conto della riuscita del leader appare limitato; cioè queste teorie non sono state confermate.
• TEORIE BASATE SUL COMPORTAMENTO
Queste teorie partono dagli studi di Lewin, Lippitt e White svolte negli anni Quaranta in tema di
leadership, clima di gruppo e performance.
Nel loro famoso studio, misero a confronto tre stili di conduzione dei gruppi:
- conduzione basata su una leadership autoritaria= c’è una persona che da ordini
- conduzione basata su una leadership democratica= c’è più interazione
- conduzione basata su un leadership laissez-faire= c’è uno scambio più caotico
Questo studio ha contribuito a spostare l’attenzione dallo studio dei tratti a quello dei
comportamenti che comportamenti mette in atto come leader?
Il 1985 è l’anno di svolta degli studi: a causa di un cambiamento del contesto segnato da
un’accelerazione della competitività, la leadership che si afferma non è più per la sua capacità di
rispondere alla situazione ma per la sua abilità di anticipare l’azione.
Si tratta così di ragionare non per stili di leadership ma piuttosto per qualità e azioni.
A partire da queste premesse, si impone negli studi la Transformational Leadership (Leadership
Trasfomazionale):
processo finalizzato al cambiamento e alla crescita
il leader individua i bisogni dei follower e sa trasformare i propri follower in futuri leader
(Burns, 1978); un leader che non lascia un’eredità non è un buon leader, deve saper
investire nei suoi followers
La leadership che si afferma nella seconda metà degli anni ’80 è contraddistinta:
dalla priorità della visione, della cultura e del cambiamento (pianificato)
dall’importanza della motivazione e del miglioramento continuo
dalla crucialità della fiducia e del gioco di squadra
GLI ANNI 90
La Leadership Empowering (Bowen, Lawler, 1995) si esprime attraverso alcune azioni specifiche:
Fare in modo che i collaboratori ricevano informazioni puntuali e continue sulla
prestazione organizzativa (lavorativa), si lavora sul feedback della prestazione
Fare in modo che i collaboratori possano apprendere le conoscenze e le competenze
adeguate a contribuire agli obiettivi organizzativi (dare una formazione continua)
Dare ai collaboratori il potere di prendere decisioni significative (delegare)
Aiutare i collaboratori a comprendere il significato e l’impatto del loro lavoro
Riconoscere il contributo dei collaboratori in funzione dei risultati dell’organizzazione
La psicodinamica della vita organizzativa analizza come le imprese risentano di processi interni sia
inconsci, sia consci in grado di influenzare molte decisioni organizzative e politiche aziendali.
I dirigenti, come tutti noi, sono solo in parte razionali e sono mossi da sentimenti, aspirazioni e
fantasie in grado di influenzare il loro modo quotidiano di condurre l’impresa di cui sono a capo.
I sentimenti irrazionali dei leader possono arrivare a pervadere di sé l’intera cultura e le strutture
manageriali dell’impresa.
Lo studio clinicamente orientato del tema della leadership ha evidenziato le “zone d’ombra” della
leadership che sono legate alla fiducia in sé esasperata che non considera limiti e vincoli e può
condurre al fallimento.
Spesso questo tema è associato alla tendenza narcisistica del leader (o dell’imprenditore) e alla
ricerca di ottenere il consenso ad ogni costo, costruendo l’illusione della perfezione, dimenticando
la dote dell’umiltà.
Uno dei pericoli del narcisismo consiste nel rendere difficile a un leader l’abbandono della propria
posizione di potere.
THE DARK SIDE DELLA LEADERSHIP NELLA VISIONE, NELLA COMUNICAZIONE E NELLE
RELAZIONI (CONGER, 1990)
LA VISIONE
Ø RIFLETTE I BISOGNI EGOISTICI DEL LEADER
Ø NON È MISURATA SULLE RISORSE
Ø NON È FLESSIBILE AI CAMBIAMENTI ESTERNI
LA COMUNICAZIONE
Ø I TONI SONO ECCESSIVI
Ø SI MINIMIZZA L’INFORMAZIONE NEGATIVA
Ø SI CREA UN’ILLUSIONE DI CONTROLLO
LE RELAZIONI
Ø LA GESTIONE DELLE RELAZIONI È SCARSA
Ø TRA I GRUPPI DI LAVORO C’È RIVALITÀ
Ø NEI GRUPPI DI LAVORO C’È DIPENDENZA