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Interviste e colloqui in

azienda
Metodologia Della Ricerca Psicologica
Università degli Studi di Padova
21 pag.

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INTERVISTE E COLLOQUI IN AZIENDA

PARTE PRIMA
Impostazioni teoriche e metodologiche

Le definizioni
Il colloquio-intervista è una forma specializzata di interazione verbale atta a
valutare i contenuti razionali ed irrazionali dell'intervistato per predisporre una
diagnosi ed un intervento. E' composta da due fasi: interrogazione
(implicita/esplicita) e rapporto. Serve a conoscere gli aspetti passati e presenti
del comportamento di un individuo e del suo cambiamento nel corso del tempo.
E' un processo dinamico della conoscenza interpersonale che precede il
momento diagnostico.
La definizione “ufficiale” è:
Forma di interazione duale caratterizzata da gradualità di motivazione
nell'intervistato (intrinseca/estrinseca) tra un intervistatore con specifiche
competenze e un intervistato. Lo scopo è prendere in esame gli aspetti
relazionali (il rapporto interpersonale). Tale interazione si basa su un accordo
temporaneo della coppia a perseguire un obiettivo comune, ossia la
formulazione di una diagnosi. L'intervistatore è consapevole degli scopi (non
sempre lo è l'intervistato) e anche della salvaguardia dei diritti e della dignità
del soggetto intervistato.

Le tipologie
Nahoum ha definito una tripartizione dello scopo dell'incontro:
• DIAGNOSTICO: Avere una “fotografia generale” della persona
• DI RICERCA
• DI COUNSELLING
Gli scopi comunque possono essere dai più generici e superficiali (come la psicodiagnosi fa) a
quelli più specifici (come la focused interview).
La variabile da considerare sempre è quella temporale, può durare pochi minuti
(sconsigliabilissimo) ma di solito dura 20-90 minuti ed è meglio non andare oltre le 3 ore.

L'intervistatore deve avere, come da definizione, competenze specifiche. Non


tutti possono fare gli intervistatori, anche se spesso viene effettuata dal direttore
del personale o dai superiori diretti. L'intervistatore è una figura ibrida, una
“funzione” più che un “ruolo”.

L'intervistato si distingue più facilmente. Può essere un individuo interno o


esterno all'azienda. E' sempre bene tener conto la variabilità degli intervistati in

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relazione ai fattori base sociali/economici/culturali/geografici/anagrafici... Ma
vi è un'altra importantissima distinzione, ossia quelle che si interrogano sulle
motivazioni che spingono la persona ad accedere al colloquio-intervista. Ci
possono essere motivazioni intrinseche (“vera” motivazione, libera scelta) ed
estrinseche (“obbligazione”). La gran parte dei colloqui-intervista parte da
soggetti con motivazione estrinseca, e ciò causa non pochi problemi
all'intervistatore.
In ogni caso l'intervistato sarà un soggetto attivo che influenzerà il corso
dell'incontro.

Una strutturazione dell'intervista deve esserci, ma si consiglia di fare una bozza


con obiettivo principale e sotto-obiettivi e basta, non fare una “check-list” tipo
questionario perché ha utilità molto limitata in questo metodo.
Mentre la struttura indica l'aspetto statico del metodo, il clima emotivo che si
crea ne indica l'aspetto dinamico. Questi due aspetti devono per forza integrarsi.
E' un errore dare importanza alla struttura e lasciare che il clima emotivo evolva
per conto proprio. Gli aspetti “soft” vanno tenuti sotto controllo ANCORA DI
PIU' degli aspetti “hard”. Fondamentalmente il clima emotivo può variare tra i
due estremi “hot” e “cold”. Oltre a ciò, si producono dinamiche del tipo
attacco/fuga, competizione/cooperazione e negoziazione/scontro. Ciò che
determina in ampia parte il clima emotivo è la condotta dell'intervistatore, il suo
modo di comunicare e reagire agli stimoli dell'intervistato e via dicendo.
Bisogna tenere a mente che il clima emotivo si instaura nei primi minuti ma può
cambiare repentinamente e di continuo. Per testare alcune aree di indagine
l'intervistatore può anche scegliere di “peggiorare” il clima emotivo.

Le interpretazioni teoriche
L'intervista può essere vista e utilizzata in diversi modi:
• RACCOLTA DATI: E' un rapporto asettico, freddo, in cui le risposte spesso
sono dicotomiche o comunque di facile registrazione. Questa forma di
intervista ha senso solo quando si vogliono ricercare idee di genere semplice
(tanto vale usare un questionario) che sondano alcuni “bit” di comportamento,
limitando al massimo l'interazione ed evitando ogni tipo di feedback.
• TEST PSICOMETRICO: Prova standardizzata per misurare determinate
variabili con una procedura sistematica, un sistema di misura e una scala di
riferimento. Questo test deve possedere attendibilità e validità. L'intervista è
estremamente strutturata e focalizzata, che riduce al minimo l'interazione ed
enfatizza il processo di osservazione e registrazione. Considera l'essere umano
in senso comportamentista.
• SITUAZIONE PSICOSOCIALE COMPLESSA: E' un processo
interpersonale, un gioco di ruoli che presenta molti eventi di interazione. Si

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basa su teorie e modelli della psicologia sociale (contrapposta alla psicometria)
ed ha un alto grado di variabilità interna. Il soggetto intervistato è l'attore
fondamentale del processo, fondato sul feedback e su una concezione più
“democratica” del CI. (Riferimenti: Situazionismo di Mischel, Gestaltismo di
Lewin).
• RELAZIONE INTERPERSONALE DINAMICA E INCONSCIA: E'
un'ulteriore dimensione soggettiva che rende il tutto complicato al massimo. Si
tratta di aggiungere alla dinamica interpersonale quella psicologica profonda
individuale, che affonda fino alle dimensioni psichiche inconsapevoli degli
individui. Il referente teorico è ovviamente la psicoanalisi ma anche la
psicondinamica. Questo approccio è di difficile applicazione nelle aziende
perché il forte approccio “clinico” volto a vedere la persona nella sua totalità
sfugge alle logiche sperimentali e impiega tanto tempo ed energie.

Contributi teorici e di ricerca


C'è bisogno di uno schema teorico di riferimento per rispondere a domande tipo
“come è fatta una persona?” o “cosa accade tra i due interlocutori nel CI?” . Si
attingono teorie da diverse discipline:
• PSICOLOGIA DELLA PERSONALITA': Enfatizza la possibilità di cambiamento e le
motivazioni sottese, l'adattamento all'ambiente e la peculiarità di ogni persona. Allport e
Odbert hanno individuato dei “tratti” di personalità, che possono prevedere un quadro di
comportamento del soggetto. In ambito organizzativo è largamente impiegata l'analisi
fattoriale per studiare le dimensioni di personalità (Cartell, Eysenck, Guilford). Tuttavia
riceve molte critiche in ambito organizzativo. Il primo periodo storico aveva fiducia nell'uso
della psicologia della personalità per le risorse umane, ma poi si è preferito guardare
direttamente al comportamento, agli atteggiamenti e all'interazione individuo/mondo
lavorativo. Ora c'è la prospettiva dei Big Five che dà una speranza di ritorno (McCrae,
Costa). La teoria psicoanalitica della personalità non ha ancora trovato riscontro, ma gli
studi sulla personalità narcisistica e borderline sì perché sono tanto presenti in ambito
aziendale. Se integrate alle teorie comportamentistiche (stimolo/risposta e modelli
motivazionali) si potrà avere un quadro completo dell'individuo.
• PSICOLOGIA CLINICA/PSICHIATRIA/PSICOANALISI: Il metodo clinico è indiziario,
studia la convergenza di indizi. Il colloquio è il metodo numero uno dell'approccio clinico.
La psichiatria è applicata invece solo nel caso di effettive patologie, e nella realtà
organizzativa è sufficiente di solito possedere un quadro globale dei più comuni disturbi di
personalità e comportamento. E' stata creata la “industrial and organizational psychology”
ad indirizzo clinico, i cui principali esponenti sono Edgar Schein (consulenza di processo),
Kets de Vries (applicazione di categorie psicopatologiche a stili di management), Czander,
Lang e Schweitzer e infine il Tavistock Institute of Human Relations di Londra.
• PSICOLOGIA SOCIALE/COGNITIVA: E' un campo estremamente ampio. Ha punti di
vista comportamentisti, cognitivi, interazionisti che offrono ricostruzioni della realtà molto
diverse fra loro. Il problema è che le teorie si rivelano essere più un ostacolo che un
supporto, a volte. Dalla metà anni 60 in poi si è evidenziato un approccio sociocognitivo,
che si propone di analizzare i meccanismi mentali di una persona di fronte ad una situazione.
L'individuo è visto come ricercatore di informazioni attivo che riesce a creare un senso di
ordine e logica alla realtà che lo circonda, e per farlo utilizza schemi cognitivi (scripts) che
regolano sequenze di azioni.

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• PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELLA ORGANIZZAZIONE: Si interroga su tante
dinamiche tipiche dell'ambiente organizzativo/aziendale. Tra i contributi maggiori ci sono
Herriot (selezione ed assessment), Eder e Ferris (employment interview), Gal e
Mangelsdorff (rapporti di psicologia militare). Ci sono anche dei contributi dalla vocational
psychology. Il terreno di riflessione predominante resta sempre e comunque la valutazione
delle prestazioni e del potenziale, dettato da un forte orientamento tecnicistico.

Un punto di vista sul CI


• L'intervistatore trae una serie ininterrotta di impressioni, e deve registrarle
tutte, sia parole che azioni. Ovviamente è impossibile, quindi già il
processo di registrazione prevede una selezione. Nel corso delle interviste
le prime impressioni si rafforzano o si disconfermano, vengono
continuamente messe alla prova. Ciò che complica ancor di più le cose è
che l'uomo esprime giudizi e valutazioni in modo automatico, e questo
edulcora i dati.

• L'esaminatore si attende sempre un certo comportamento dal soggetto. E'


stato così steso un modello di “soggetto ideale”, che ovviamente non
esiste ma è tutto quello che servirebbe per un'intervista perfetta.
Ovviamente anche l'intervistato si crea attese, dettate da informazioni in
azienda, dal “sentito dire”. Questo può generare emozioni anche molto
forti. Il colloquio-intervista è un continuo confronto di attese reciproche.

• Nel CI c'è una forte asimmetria, eppure l'intervistatore ha bisogno


dell'intervistato quanto viceversa! Entrambi sono in una relazione volta a
giungere ad una conclusione accettabile. Sarà necessario quindi aprire
uno spazio negoziale e trovare un accordo che vada bene a tutti.

• E' interessante ma difficile ascoltare le “storie” di vita o di professione


degli individui. Nel CI la raccolta di fatti storici ha un momento centrale,
ci dev'essere sempre il momento storico-ricostruttivo

• Nella realtà l'intervistatore non riceve risposte “sicure” su cui poi basare il
suo lavoro. Questo perché le persone tendono ad assumere un
comportamento consapevolmente modificato per raggiungere un
particolare vantaggio, ma anche se non ci fosse questa cosa, comunque
sono presenti modalità relazionali che si attivano automaticamente.
L'intervistatore deve ricercare gli “indizi”, ossia non solo le informazioni,
ma anche i riscontri di esse.

• L'intervistatore può essere paragonato ad uno scienziato, che raccoglie


informazioni significative per dedurre determinati elementi. Deve dunque

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confrontare, parametrare e infine accettare o rifiutare l'ipotesi di partenza.
La gestione della relazione interpersonale è uno dei nodi principali ma è il
meno standardizzabile, per cui dieci intervistatori effettueranno dieci
incontri differenti.

• Un essere umano, poi, non è la somma di caratteristiche elementari,


motivo per cui il CI non può essere una somma di fasi. Bisogna elaborare
le domande giuste e porle nel modo e momento giusto, stando attento alle
risposte verbali e non-verbali dell'intervistato, e contemporaneamente
creare una relazione, sviluppare fiducia. Tutti questi non sono applicabili
come “passaggi”.

• Spesso l'intervistatore viene assunto per prendere una decisione in tempi


rapidi, per cui è necessario arrivare ad una diagnosi, una fotografia
abbastanza completa dell'individuo e quindi effettuare previsioni
operative. E' importante però che l'intervistatore non abbia il fiato sul
collo, il processo di conoscenza ha bisogno di parecchio tempo.

• Altro fattore fondamentale è saper ascoltare in diversi modi a diversi


livelli di ricezione. Entra qui in gioco la qualità “umana”
dell'intervistatore, nonché la sua intelligenza e sensibilità che vengono
messe a dura prova durante tutto l'incontro.

• Se si vuole arrivare ad un buon livello di analisi non bisogna affidarsi solo


agli atteggiamenti manifesti ma anche al “non dichiarato”, e per far
questo bisogna scavare in profondità alla ricerca degli elementi stabili di
un individuo.
Facendo questo si scatenano situazioni di tipo emotivo/affettivo molto
potenti, tra cui le misure di sicurezza e i meccanismi di difesa. Ancor più
forte è l'inserirsi di quella parte di personalità inconscia, non controllabile,
nelle relazioni interpersonali. Il comportamento delle persone è dato da
un'interazione dinamica di varie forze psicologiche, molte delle quali
sono inconsapevoli.

• Un buon intervistatore non è un “ruolo improvvisato”. In azienda esistono


le figure professionali di intervistatori e le figure manageriali di line.
L'intervistatore deve avere controllo sulle proprie abilità.

• La formazione al CI è un percorso integrato alternato tra prassi e


approfondimento culturale e professionale specifico. L'attività
dell'intervistatore deve essere sempre monitorata perché c'è sempre il

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rischio di scadimento operativo delle competenze. In realtà solo una
persona molto motivata e con alcune basilari caratteristiche soggettive
può diventare un buon intervistatore. Non vi è uno “strumento CI” da
usare, la tecnica è l'intervistatore stesso.

PARTE SECONDA
Statica e dinamica del CI

La dinamica del CI
L'analisi degli aspetti psicodinamici dell'intervista parte dal modello
semplificato quadrifasico di orientamento clinico di Schein, ossia il modello
ORGI:
• OSSERVAZIONE: Interazione attiva con l'ambiente in cui l'uomo riceve,
sollecita, accoglie e registra tutti gli stimoli sensoriali in entrata. Qui appaiono i bias
di percezione e giudizio.
• REAZIONE: Reazioni emotive del soggetto che “passa all'atto” senza fermarsi a
riflettere. Qui le persone sovente cancellano, controllano, soffocano o negano
addirittura i propri sentimenti in diversi processi (soprattutto in azienda!).
• GIUDIZIO: Elaborazione dei dati, conclusioni e formazione dei giudizi.
Ovviamente se si basa su dati distorti si arriva a giudizi distorti.
• INTERVENTO: L'azione dopo la fase valutativa, basata sulla consapevolezza.
Molto spesso però non si basa su ampie verifiche dei dati.

Le dinamiche che scaturiscono dal CI sono principalmente:


• TRANSFERT/TRASLAZIONE: La vita è piena di inconscio percorso da moti
affettivi e pulsionali che attivano altrettanti conflitti intrapsichici e interpersonali (i
più comuni sono protezione/adattamento/difesa). Freud ha precisato che la
traslazione si instaura spontaneamente in tutte le relazioni umano e non è altro che un
falso nesso, una ripetizione parziale del passato dimenticato. Nella traslazione si
riattivano figure, sentimenti e situazioni del passato a totale insaputa del soggetto.
Tutto ciò modifica la condotta della persona, che è come se si rivolgesse a figure non
materialmente presenti, riattivando disposizioni emotive, climi affettivi e risposte. Lo
stesso intervistatore, poi, può stimolare del transfert su se stesso per bisogni
psicologici inconsapevoli. Schafer ha trovato 8 tipologie di personalità
dell'esaminatore.
• DISTORSIONE PARATASSICA: Sullivan ha parlato di componente
paratassica della vita, per cui in un incontro non vi sono solo persone reali ma anche
costrutti generati dall'inconscio del soggetto che si sovrappongono alla persona reale
(l'esaminatore). Possono generarsi movimenti affettivi potenti da parte di entrambi.
All'intervistatore professionista si richiede di essere consapevole di principali
dinamiche transferali e di saperle gestire, senza avvantaggiarsene.
• MECCANISMI DI DIFESA: Il soggetto può essere che “parli ma non dica”. E'
una forma di difesa generata soprattutto dal timore di essere valutato. La difesa è un

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complesso di operazioni atte a ridurre e sopprimere ogni modificazione che mette in
pericolo l'integrità dell'individuo biopsicologico. In generale la difesa è contro la
pulsione (eccitazione interna), contro rappresentazioni legata all'eccitazione (ricordi,
fantasmi) potenziale o reale, nella misura in cui questa eccitazione è spiacevole per
l'Io. La difesa quindi ha funzione di protezione sia interna che esterna, e non è
sempre limitante, può essere anche adattiva. Anna Freud ne individuò 10:
• REGRESSIONE
• RIMOZIONE
• FORMAZIONE REATTIVA
• ISOLAMENTO
• ANNULLAMENTO
• PROIEZIONE
• INTROIEZIONE
• RIVOLGIMENTO CONTRO SE STESSI
• CAPOVOLGIMENTO
• SUBLIMAZIONE
Poi c'è anche:
• SCISSIONE
• NEGAZIONE
• IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA

Una importantissima operazione da fare è riconoscere quale difesa si è manifestata


per agire. Questo richiede un'igiene mentale e un equilibrio personale ottimale
dell'intervistatore, nonché forte capacità di ascolto ed empatia. E' scontato che debba avere
conoscenze di tipo clinico. Una difesa comunque va affrontata solo se pregiudica seriamente
l'obiettivo di ricerca, in tutti gli altri casi meglio lasciar stare. Ultima cosa da ricordare di
fare è “ricomporre” in modo socialmente accettabile la situazione interiore inconscia del
soggetto, preoccupandosi di “riattivare” la difesa stessa.

• I VISSUTI DELL'INTERVISTA: Anche l'esaminatore ha speranze e timori,


quindi anche lui avrà una reazione. Nel test di Rorschach anche l'esaminatore è
sottoposto al test. Inoltre, l'intervistatore porta con sé connotazioni storiche, sociali,
etiche, professionali e scientifiche molto delicate. L'incertezza generale può scatenare
subito ansietà e confusione, soprattutto negli intervistatori giovani. L'intervistatore
può essere visto dai soggetti come onnisciente o come impotente
Ci sono due raffigurazioni principali del colloquio-intervista:
• La rappresentazione razionale-organizzativa, ossia
l'accordo di coppia per l'obiettivo comune.
• La rappresentazione irrazionale-soggettiva , ossia sia
la componente sociale che i movimenti transferali e i
conflitti.
Schafer ha riscontrato delle costanze psicologiche dell'esaminatore:
• ASPETTO VOYERISTICO. Pone domande ed esige
risposte, scopre delle cose ma non le comunica, e non
reagisce con evidente feedback.
• ASPETTO AUTOCRATICO. Controlla, stabilisce le
regole. La situazione è sbilanciata, la gestione del

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potere è sua, la possibilità di infrangere le regole è
una scelta molto pesante per il soggetto.
• ASPETTO ORACOLARE. Può essere visto come un
oracolo che decifra significati nascosti.
• ASPETTO DA SANTO. Solo nelle situazioni di
motivazione intrinseca, dedizione all'altro,
disponibilità per il bene dell'intervistato.
L'intervistato può avvertire di essere manipolato, oppure chiamato a fare una cosa
inutile, oppure ancora intimidito ed inibito, o anche reagire aggressivamente e in maniera
supponente fino anche ad essere accomodante, passivo, dispersivo, indifferente e scettico.
Può voler dare di sé un'immagine ideale, può voler semplicemente giocare una parte.
Schachtel ha definito una ripartizione in 3 dimensioni del CI:
◦ DEFINIZIONE AUTORITARIA: Paura, ammirazione o
ribellione nei confronti delle autorità. Per ottenere la migliore
prestazione possibile l'intervistato tende a soddisfare le richieste
da lui stesso ideate, configurandosi come “bravo scolaro”.
◦ DEFINIZIONE COMPETITIVA: Si basa sull'esistenza di
“rivali immaginari”.
◦ DEFINIZIONE OPPOSITIVA: Dall'atteggiamento riluttante a
quello più di contrapposizione.

INTERVISTA STRUTTURALE: Modalità sviluppata da Otto F. Kernberg


nell'ambito della psicoanalisi clinica. E' volta ad indagare la struttura intrapsichica del
soggetto, distinguendo le situazioni nevrotiche, psicotiche e borderline sulla base del senso
di identità, delle operazioni difensive e della presenza/assenza dell'esame di realtà. Si basa
su un approccio teorico diverso dal DSM. Il suo utilizzo in ambito organizzativo è indicato
nelle situazioni di esigenza di accertazione di equilibrio mentale e qualità di organizzazione
psichica di un soggetto. Fa dall'analisi dei sintomi-chiave e risale alle configurazioni
patologiche osservando ncon attenzione come il soggetto reagisce. Nella fase iniziale viene
accertata la capacità di comprensione e memorizzazione e completezza delle
domande/risposte, e già qui possono emergere tendenze all'evasività (paranoide), al
perfezionismo (ossessivo) e al fallimento (masochistico). Il soggetto poi viene sollecitato
all'autodescrizione e qui vengono enucleate le operazioni difensive e di genere o quelle
arcaiche. Le organizzazioni psicopatologiche principali sono:
• ORGANIZZAZIONE PSICOTICA: Perdita dell'esame di
realtà, deliri, allucinazioni e comportamenti inadeguati
• ORGANIZZAZIONE NEVROTICA
• ORGANIZZAZIONE BORDERLINE

Per evidenziare il rapporto tra intervistatore/intervistato e in particolare il


desiderio/timore di avvicinarsi nella relazione interpersonale, si pensi al
“dilemma dei porcospini”.

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PARTE TERZA
Applicazioni organizzative del CI

Le situazioni applicative
Organizzare un incontro presenta numerose difficoltà.
Intanto bisogna giungere ben preparati, sia da intervistatore che da intervistato.
Poi bisogna avere tempo sufficiente per gestire il prima/durante/dopo l'incontro.
Vanno fissate date e orari da rispettare in modo assoluto, partendo dalla
disponibilità dell'intervistato.
Dopodiché si attua la preparazione logistica dell'ambiente, che dev'essere
comodo, illuminato, silenzioso, semplice e funzionale. Il più delle volte le
interviste però vengono effettuate dove capita o nel proprio ufficio o ancor
peggio in sale riunioni ampie ed anonime, mentre in alcuni casi si fanno in
luoghi esterni all'azienda, tipo hotel o sedi della società di consulenza, quindi è
opportuno effettuare prima un sopralluogo. Sono da considerare anche i piccoli
dettagli, tipo l'altezza delle poltrone, il posizionamento reciproco, il
posizionamento delle porte e delle fonti di luce, oltre alla posizione di carte e
oggetti vari. L'obiettivo dev'essere far trovare a proprio agio l'intervistato.
Per evitare di avere l'agenda troppo piena, meglio calcolare tempi abbondanti,
che prevedano anche pause (la regola generale è aggiungere 50% al tempo
stimato dell'intervista). Bisogna evitare di diventare “macchine per le
interviste”, un numero superiore a 8 interviste giornaliere è sconsigliabile per
tutti.

E' sempre consigliabile organizzarsi una mappa mentale delle diverse fasi.
La prima fase è l'apertura dell'incontro, dove ci sono presentazioni e cose prive
di contenuto per mettere l'altro e sé stessi a proprio agio, “riscaldare” l'ambiente
e aprirsi al dialogo creando un minimo campo comune di partenza. I primi
minuti sono importantissimi per il clima, il messaggio che dovrebbe giungere è
una disponibilità dell'intervistatore, un tempo sufficiente, un interesse genuino
dell'intervistatore e una serietà di approccio.
La fase centrale è il vero corpo della ricerca, qui il ricercatore usa tutte le sue
abilità multifunzionale. Qui può aiutare tenersi una traccia scritta di riferimento
con le domande cruciali.
Il congedo chiude la relazione interpersonale ed effettua una sintesi chiara e
finalizzata al controllo delle percezioni reciproche, altrimenti si chiude
l'incontro con mispercezioni dannose.

Alla fine dell'intervista bisogna stendere un piccolo rapporto per non perdere
nulla. Fondamentalmente tutti gli incontri di lavoro richiedono un report ampio,
con uso di schemi, grafici e anche una propria modulistica specifica. Di grande

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rilevanza è annotare le espressioni gergali di linguaggio dell'intervista. Il
linguaggio finale deve essere aperto, chiaro, e senza frasi o vocaboli ambigui né
troppo specialistici, così tutti possono leggerlo agevolmente.

Ci sono anche degli strumenti di supporto all'intervista. Prima di essa, è


opportuno raccogliere più informazioni possibili sull'intervistato:
• MATERIALI BIOGRAFICI
• TEST E QUESTIONARI
• ESITI DI ESAMI TECNICO-PROFESSIONALI
• COMUNICAZIONI FORMALI DELL'INTERVISTATO
• VALUTAZIONI SULLA PERSONA E SULLE PRESTAZIONI

L'intervista di analisi e la descrizione delle posizioni di lavoro


Bisogna fare anche un esame della struttura organizzativa, soprattutto riguardo
alle varie posizioni di lavoro. Gli intervistatori di solito sono o ingegneri o
analisti di organizzazione. Questa fase è cruciale per produrre una fotografia di
base della struttura organizzativa.
In alcuni casi l'intervista di analisi diventa un'analisi del profilo professionale
(skill analysis) e del vissuto soggettivo. Il momento valutativo invece è post-
intervistam.
Il diretto superiore dell'intervistato ci dà le informazioni.
Lo scopo di tale analisi è diagnostico, non prevede che l'intervistatore entri in
discussione sui contenuti della ricerca esprimendo valutazioni e opinioni
personali.
E' richiesta una buona padronanza delle tecniche di base, un buon autocontrollo
ed un'altissima capacità di pianificazione.
Esistono approcci analitici globali, come il metodo Jaques e il metodo Hay.

L'intervista nei processi di socializzazione al lavoro


L'inserimento del neoassunto è un vero e proprio confronto tra individuo e
azienda, una fase di transizione, un momento negoziale e di adattamento
reciproco. Bisogna considerare l'integrazione in azienda sia dal punto di vista di
quest'ultima che del neoassunto. Le rappresentazioni sociali dell'impresa
influiscono moltissimo sulle aspettative del neoassunto e sull'efficacia
complessiva dell'incontro.
E' difficile armonizzare il rapporto tra persona e ambiente, perché entrare in
un'organizzazione vuol dire cambiare il modo di vedere la realtà. Per questo le
aziende si muovono per fare programmi di accoglimento, di affiancamento a
tutor, di momenti collettivi.
La migliore strategia è quella di accompagnare l'ingresso del neoassunto
monirotandone l'andamento. Se le cose vanno male, solo un recupero precoce

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può salvare la situazione.
Un secondo scopo (implicito) è monitorare le modalità di gestione dei capi
intermedi, così da intervenire su di essi in caso di azioni scorrette.
Un terzo scopo è supportare il continuo orientamento professionale del
neoassunto, con tutti i suoi interessi e attitudini professionali.
Un quarto e ultimo scopo è la validazione del processo precedente di selezione
del personale.

L'intervista di accoglimento non deve spaventare o mettere in imbarazzo,


bisogna mettersi nei panni dell'intervistato. L'intervistatore deve dare
consulenza e sostegno sul come vivere in ambiente aziendale, e spesso deve
rispondere a dubbi, richieste di informazioni e di consigli dell'intervistato. Si
tratta di costruire insieme al soggetto una dimensione di vita professionale che
consenta al neoassunto di esprimere al meglio le proprie capacità senza
spendere energie non necessarie.

L'intervista nella selezione del personale


L'intervista di selezione è il più delle volte centrata sulla motivazione
estrinseca. E' composta da diversi tipi di intervista:
• INTERVISTA PRELIMINARE: Il primo contatto coi candidati, di solito applicata nelle
aziende di grandi dimensioni. Talvolta è limitata al solo controllo di informazioni del CV
e cosucce così, ma il suo vero scopo è uno screening basato sui requisiti preliminari.
• INTERVISTA PSICOLOGICA: Richiede specifiche competenze tecniche e teoriche per
essere effettuata. Ricerca le caratteristiche motivazionali, comportamentali e di
intelligenza dei candidati.
• INTERVISTA PSICODIAGNOSTICA: Per particolari professioni che richiedono
gestione del rischio, o comunque in cui non bisogna sbagliare perché sennò si fanno
gravi danni all'azienda, o per professioni che richiedono prese di decisioni su oggetti
delicati. Viene quindi effettuata un'ampia valutazione della personalità, fondamentale per
distinguere il soggetto “normale” dal resto. L'esaminatore deve avere competenze da
psicologo clinico e utilizzare il DSM.
• INTERVISTA TECNICOPROFESSIONALE: Effettuata da tecnici specialisti, riguarda
le questioni relative all'istruzione, alla cultura specifica e all'aggiornamento
professionale. E' una forma intervista mirata anche allo studio del problem solving,
fondamentale per il futuro in azienda.
• INTERVISTA GENERICA PERSONALE/PROFESSIONALE: Purtroppo è il tipo di
intervista più frequente, di piccole e medie imprese di forte arretratezza culturale.
• INTERVISTA DI ASSUNZIONE: Quando si hanno in mano tutti i risultati e si fa il
report finale in cui sono stati selezionati i candidati idonei, che verranno infine incontrati
da un responsabile dell'azienda per la scelta finale. Tale intervista quindi è un'ulteriore
fase di esame e selezione. Lo HEAD HUNTING è una forma atipica di questa intervista,
che è tipo il calciomercato dei lavoratori.
• INTERVISTE DI FEEDBACK
Nel nostro paese, salvo eccezioni, il nostro paese non comunica ancora in modo trasparente l'esito
delle prove e usa interviste generiche perché le altre interviste richiedono costi elevati. Si fa uso dei
cosiddetti “tuttologi”.

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L'intervista nei processi di formazione del personale
Prima di procedere alla formazione bisogna analizzare gli effettivi bisogni e
necessità dell'azienda e degli individui. Confrontando i risultati di valutazione
della performance con i profili professionali di ogni individuo si possono
determinare le aree di carenza del soggetto. Una seconda modalità è l'esame
delle potenzialità di sviluppo. Tra le modalità di rilevazione ci sono:
• IL PARERE FORMALE DEL SUPERIORE DIRETTO
• QUESTIONARIO
• DISCUSSIONE IN PICCOLO GRUPPO
• TEST DI CONOSCENZA/ABILITA'
• INTERVISTA INDIVIDUALE

L'incontro con gli attuali o futuri fruitori dei programmi di formazione è un


evento altamente motivante per i soggetti, e funge da “preriscaldamento” alla
situazione.
Il diretto interessato non è sempre un buon valutatore dei propri bisogni di
formazione, bisogna aiutarlo a chiarirsi le idee ed utilizzare frequenti esempi.
Ma non dimentichiamo che un soggetto può avere specifici interessi e bisogni
di training, e questo può portarlo a trarre in inganno l'intervistatore, che dunque
dovrà procedere con approccio investigativo.
E' sempre e comunque fondamentale discutere con il responsabile per accettarsi
che egli sia disposto a privarsi di alcuni lavoratori momentaneamente per
consentir loro di fare il programma formativo.

Gli effetti della formazione vanno valutati a distanza di tempo. Kirkpatrick ha


evidenziato 4 valutazioni da compiere:
REAZIONE/APPRENDIMENTO/COMPORTAMENTO/RISULTATI.
E' tuttavia più rilevante analizzare il cammino autoformativo compiuto dal
soggetto e registrare tutte le sue opinioni.
Se si fa compiere la valutazione di un soggetto a un suo collega, si genera un
salutare input verso un peer assessment, per una maturazione delle risorse
umane dell'impresa.

L'intervista di valutazione delle prestazioni


E' opportuno valutare periodicamente le prestazioni del personale attraverso
sistemi e tecniche precisi, tuttavia la loro affidabilità è dubbia. Le interviste
individuali si occupano invece di valutazione del POTENZIALE.
L'obiettivo globale è ottenere informazioni periodiche su una lista di parametri,
da usare come griglia di riferimento. Sono necessari anche tutti i report di
prestazione quotidiana redatti dai supervisori.

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Ci sono diversi tipi di intervista di valutazione:
• INTERVISTA DI ASSEGNAZIONE DI COMPITI/OBIETTIVI: All'inizio di
ogni anno, incontro tra capo e collaboratori per chiarificare i contenuti operativi e dividere
compiti e obiettivi, e con essi le responsabilità individuali. Talvolta si stilano assieme delle
checklist per un monitoraggio futuro e costante. Il significato più rilevante è la
autoresponsabilizzazione e il rendere chiaro al soggetto cosa deve fare se vuole raggiungere
degli standard di rendimento uguali alle richieste aziendali.
• INTERVISTA DI VERIFICA DELLO SVOLGIMENTO DELLA
MANSIONE: Il capo chiama ogni collaboratore ad un confronto diretto per verificare
l'andamento, i momenti critici e le situazioni anomale dell'operato, con anche possibilità di
aggiustare la prestazione professionale in itinere e non solo alla fine. Questa intervista è
caratterizzata dal grado di fiducia del collaboratore nei confronti del suo superiore, che gli
consentirà o meno di esporre le reali difficoltà di realizzazione. Non sempre c'è questo tipo
di incontro (mentre per certe mansioni tipo controllo delle vendite è indispensabile e si fa
sempre).
• INTERVISTA DI VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI: E' l'accertamento
pratico della performance. Discute i risultati per portare ad un confronto/chiarificazione e
magari per negoziare i risultati. Inoltre precede la parte finale, è l'ultimo momento in cui si
può discutere sui dati, poi non si possono più cambiare. L'intervistatore deve valutare i
risultati con l'intervistato, con le sue percezioni e idee. Segue poi l'analisi della necessità di
addestramento.

Anstey, Walker e Fletcher hanno evidenziato 3 scopi dell'intervista di


valutazione:
1. PRESTAZIONI
2. SVILUPPO
3. ORIENTAMENTO
Si consiglia di non includere nel contesto il livello retributivo.

Ancora oggi si dà peso eccessivo alla scheda di valutazione mentre si sottostima


l'uso dell'intervista come confronto reciproco. I fattori “bloccanti”
nell'effettuare valutazioni corrette, secondo una ricerca sui timori di capi
intermedi nel contesto bancario, sono principalmente 5:
1. NON AVERE IL CORAGGIO DI DIRE QUEL CHE SI PENSA
2. NON AVERE LE IDEE CHIARE
3. RITENERSI INADEGUATI AL RUOLO
4. VALUTARE=GIUDICARE
5. NON DIFFERENZIARE ASPETTI PERSONALI/PROFESSIONALI

Per addestrare gli intervistatori la tecnica più efficace è quella del ROLE
PLAYING o l'affiancamento ad un consulente esperto. E' consigliabile scegliere
un valutatore che ha poca distanza gerarchica dal valutato, anche per poterlo
osservare più da vicino nelle dinamiche quotidiane, ma così si rischia di avere
valutatori poco motivati e/o poco abili.
In ogni caso non tutti i capi hanno le stesse abilità di valutazione, molti

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compiono errori, come l'HALO EFFECT cioè l'affidarsi ad una “impressione
generale” del soggetto. In generale vengono compiuti errori intenzionali ed
errori sistematici (normali, inconsapevoli, inevitabili).

E' sempre presente il rischio di comunicare valutazioni negative. Possono


nascere conflitti, in tal caso il boss o il supervisore possono occuparsene.
Un'altra fonte di conflitti nasce dall'uso di stili di intervista “tell and sell”, ossia
il capo tende ad illustrare la valutazione per “venderla” al soggetto. Bisogna
preferire gli stili partecipativi piuttosto che autoritari, attivando l'empatia. Il
capo comunque non può e non deve diventare un valutatore di personalità, ma
attenersi a quello che vede in termini di comportamento professionale.

Ogni lavoratore ha il diritto di conoscere ciò che l'azienda pensa di lui. C'è un
potenziale formativo e motivazionale enorme in ciascuna delle fasi di
valutazione. Però c'è un fattore di ostacolo di tipo tecnico, cioè il fatto che i
sistemi troppo sofisticati, più efficaci, non vengono usati perché non compresi
bene dai capi.
Negli USA le pratiche di valutazione sono molte e in continuo e rapido
incremento, mentre in Italia si usano sistemi di valutazione di tipo “poliziesco”,
a totale insaputa del soggetto. Una valutazione trasparente prevede un feedback
chiaro, viceversa no!

I soggetti di norma non sono favorevoli alla valutazione, ma lo sono


particolarmente in queste situazioni:
• IMPOSTAZIONE PRELIMINARE di GOAL SETTING
• ANDAMENTO TOP-DOWN (i primi valutati sono i capi)
• INFORMAZIONE E PREPARAZIONE PRELIMINARE
• SELF-ASSESSMENT

L'intervista di valutazione del potenziale


La valutazione della prestazione è rivolta al passato, quella del potenziale al
futuro o meglio ai possibili futuri. In genere si applica solo nei momenti in cui è
necessario, ma può fungere anche da inventario per le risorse umane.
Solitamente si utilizza l'ASSESSMENT CENTER: Sistema integrato di valutazioni
ottenute tramite diversi esami gestiti da valutatori competenti. Dura minimo una giornata e max 5 e
prevede feedback al valutato dei comportamenti osservati. Le prove di esame sono scelte in
relazione alle dimensioni soggettive che si vogliono valutare e solitamente sono di tipo situazionale.
Per ogni partecipante viene quindi steso un profilo analitico/globale centrato sulle “potenzialità”.

Assieme all'AC ci sono altri tipi di intervista:


• INTERVISTA DI WARMING UP: Si usa per problematiche di comunicazione

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interna. Non sempre infatti i partecipanti di AC ricevono comunicazioni chiare, così si fa
incontro individuale con ciascun partecipante “di riscaldamento”, per aiutare ognuno a far
chiarezza e a scegliere bene se partecipare all'AC oppure no. Essendo un'intervista
informativa, è di forma un po' anomala perché l'intervistatore parla tanto, quasi tutto
lui.Questa intervista rende possibile:
• RECUPERARE GLI “INDECISI”
• CONTROLLARE L'INFORMAZIONE INTERNA
• NEGARE LE “VOCI DI CORRIDOIO”
• CHIARIFICARE/RASSICURARE
• AFFORZARE LA MOTIVAZIONE INTRINSECA
• INTERVISTA MOTIVAZIONALE: Durante l'AC non si può verificare l'andamento
motivazionale, quindi si possono fare incontri individuali di analisi della motivazione. Qui
interessa considerare l'intera vita professionale. Ha una durata media di 60 minuti, poiché è
una focused interview. Questa intervista è di difficile realizzazione, anche perché
l'intervistato di solito non ha interesse oppure appositamente mente.
• INTERVISTA PSICOLOGICA DI VALUTAZIONE: Ampia valutazione per
accertarsi sullo stile di comportamento e di capacità di gestione delle relazioni, sulla
motivazione al lavoro e sulle caratteristiche di intelligenza e di logica. Si valutano le aree di
PROBLEM SETTING, PROBLEM SOLVING e DECISION MAKING. E' un'intervista ad
elevata difficoltà, sebbene escluda l'analisi di personalità, perché è a puro orientamento
clinico e quindi scava in profondità. E' richiesto al soggetto forte impegno intellettuale ed
emotivo. Tra i 90 e i 120 minuti.
• INTERVISTA DI IN BASKET: E' una prova classica dell'AC, consiste in una prova
individuale di 1-5 ore che simula una situazione di ufficio. Il soggetto deve prendere delle
decisioni e motivarle. Si può considerare una valutazione qualitativa ma anche quantitativa
se si dà un punteggio ad ogni azione intrapresa. L'intervistatore deve essere preparatissimo
prima nel lato operativo (perché deve conoscere il materiale di in basket, il lavoro) e poi
nell'individuare le tipologie di stile cognitivo. Fin dagli anni '60 si effettua questo tipo di
ricerca, ma c'è la necessità di diminuire i tempi perché sono troppo lunghi e impegnativi.
• COLLOQUIO DI FEEDBACK: Momento conclusivo in cui si dà il riscontro al
valutato prima del report finale. Frequentemente il conduttore parla molto ma il soggetto è
incoraggiato a fare commenti e domande. Il modo di comunicare la valutazione dev'essere
onesto, sincero, schietto ma sensibile (“frank but sensitive”). Il feedback ha lo scopo di
rendere consapevole il soggetto dei suoi punti di forza/debolezza e di offrire suggerimenti.
Questo confronto può naturalmente portare ad aspri conflitti di opinioni. E' una fase
altamente impegnativa per entrambi, anche per il tempo richiesto (2 ore circa).
L'intervistatore in questo caso deve sempre essere esterno all'azienda.
• INTERVISTA DI PSICODIAGNOSI: In alcuni casi si preferisce evitare AC, tanto
carica emotivamente, e fare interviste individuali approfondite. L'AC infatti viene impiegato
solo da aziende “mature” che hanno davvero il desiderio e bisogno di farlo. Inoltre per l'AC
servono dei partecipanti disposti a mettersi in discussione e sacrificare tanto tempo. La
psicodiagnosi è un'alternativa, anche se non può ovviare alla mancanza di osservazione del
comportamento sociale “nel campo”. Dura sulle due ore ed esige una preparazione accurata,
per stendere un profilo preciso dell'individuo. Le finalità sono le stesse dell'intervista
psicologica MA qui viene anche valutata la personalità per evidenziare eventuali elementi
patologici.

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L'intervista nella gestione e sviluppo del personale
• INTERVISTA DI ORIENTAMENTO: Intervista semistrutturata condotta da uno
specialista esterno perché il candidato deve esprimersi con la massima franchezza.
Strumento principale del Development Center e del Career Counselling. Generalmente la
motivazione è estrinseca. I contenuti si basano sulla biografia professionale e sulla
situazione complessiva attuale, con uno sguardo ai progetti ipotizzabili. E' atto alla
motivazione al cambiamento della posizione di lavoro, analizzandone i pro/contro
dell'esperienza vissuta finora e indagando il livello di soddisfazione attuale. Un tempo si
effettuava un rilevamento attitudinale con questionari e prove pratiche, ora si usa un
indirizzo clinico per una diagnosi molto più ampia, per giungere ad un orientamento
maturato assieme. L'idea di base è che due individui con le stesse attitudini rendono
diversamente a seconda dell'interesse che hanno per il lavoro. Le organizzazioni non sono
sempre attente alla mobilità interna, spesso cambiano le cose senza dir niente e tali
cambiamenti sono vissuti dagli individui come una punizione.
• INTERVISTA DI PIANIFICAZIONE DELLA CARRIERA: Si programma
la carriera del soggetto in un ciclo di rinegoziazioni ed aggiornamenti in itinere. Agisce in
modo preventivo agli abbandoni ed è utile per tenere sotto controllo le aspettative dei
lavoratori. Ma in sostanza gli scopi sono 3:
◦ REGOLARE L'ASSEGNAZIONE DI RESPONSABILITA'
◦ INTEGRARE GLI SVILUPPI DELLA PERSONA CON LE
CAPACITA' PROFESSIONALI
◦ AGEVOLARE LO SVILUPPO QUALITATIVO DELLE
RISORSE
Tutto ciò però viene discusso in relazione anche all'andamento dell'azienda, al rendimento
globale della persona e alle necessità organizzative dell'azienda. L'intervistatore deve farsi trovare
pronto, deve sapere già tutto dell'intervistato. Questa intervista può discutere anche di retributi, in
relazione con l'equità interna tra colleghi e non.
• INTERVISTA DI USCITA: Non è facile parlare con le persone che hanno deciso di
andarsene, è fondamentale avere una buona collaborazione ma di norma si raggiunge poche
volte e solo dopo aver spiegato i motivi dell'intervista. Il soggetto in uscita è già il più delle
volte totalmente proiettato al di fuori dell'azienda, quindi questa intervista va effettuata il
prima possibile dopo la comunicazione delle dimissioni, perché già si parte da una persona
emotivamente disimpegnata... Figurati dopo! E' utilissima all'azienda, ma ricordiamo che
non ha nessuna utilità per l'intervistato. Le aree da indagare sono:
◦ MODALITA' DI INSERIMENTO
◦ ESPERIENZE DI FORMAZIONE
◦ RELAZIONI SOCIOPROFESSIONALI
◦ PERCEZIONE DEL CLIMA/CULTURA DI IMPRESA
◦ VALUTAZIONE DELL'ORGANIZZAZIONE E
RETRIBUZIONE
◦ MODALITA' DI RAPPRESENTAZIONE DELL'AZIENDA
◦ MOTIVI DI AFFEZIONE/DISAFFEZIONE LAVORATIVA,
ELEMENTI MOTIVANTI E DEMOTIVANTI
• HEAD HUNTING: Intervista “spuria” di selezione del personale agli alti livelli delle
amministrazioni. Si reperiscono le candidature privatamente e, dopo un primo screening, si
incontrano le persone. Però il vero momento della scelta è stato prima dell'incontro. In realtà
serve per comunicare al candidato cosa l'azienda ha da offrire e confrontare con le
aspettative e gli obiettivi del soggetto. Si conclude con una riunione con i massimi esponenti
dell'azienda.

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• OUTPLACEMENT: Agevolare i collaboratori che l'azienda desidera allontanare. Si
forniscono supporti informativi e si effettua un intervento di psicodiagnosi tramite
specialisti. Il soggetto così ha più conoscenza di sé stesso e spinta a realizzare le proprie
potenzialità, così da superare questa situazione traumatica. Si può considerare come un
programma di “marketing personale”. In Italia lo sviluppo è quasi inesistente, e quel poco
che c'è è pura prassi applicata da non-esperti, che non hanno fatto altro che inquinare il
rapporto di fiducia di individui ed organizzazioni nei confronti di queste pratiche.

Il colloquio nella gestione e sviluppo del personale


Nel colloquio l'incontro è richiesto dallo stesso interessato. Non è
particolarmente diffuso nel nostro paese. In genere si preferisce una
osservazione esterna di tipo clinico nel senso di “ruolo di aiuto”.
• CAREER COUNSELLING: Una delle forme più evolute di intervento
psicologico-clinico-sociale nelle organizzazioni. Un progetto basato unicamente su
consulenza e sviluppo di carriera. L'obiettivo è supportare l'individuo nella
costruzione delle tappe e dei processi di carriera/scelta professionale effettuando un
matching tra qualità personali e realtà organizzativa. Il colloquio di consulenza di
norma si trova nella fase terminare del processo di career counselling per far sintesi
delle diagnosi emerse e per pianificare un futuro ipotetico.
Il conduttore consulta e sintetizza tutti i risultati, che inizialmente vengono discussi
con la persona, così da elaborare il risultato anche in termini “personali”. E' sempre
presente una fortissima motivazione personale dell'intervistato (lo ha voluto fare
lui!), prima per conoscere il risultato ma poi si evolve verso la discussione dei
risultati stessi, che di per sé è rivoluzionaria come roba. L'obiettivo principale è
SVILUPPARE CONSAPEVOLEZZA, prendendo in considerazione caratteristiche
della persona ignote alla persona stessa. Tutto il progetto si muove nel confine tra
sfera personale e professionale, perché queste due tematiche sono legate assieme. Il
rischio è incidere eccessivamente su una di queste sfere. Ovviamente c'è anche un
vantaggio per l'organizzazione, ossia l'identificazione della committenza. Il colloquio
di career counselling in azienda è un colloquio in profondità, libero o semistrutturato,
di alta durata temporale e di fortissimo coinvolgimento emotivo-cognitivo per
entrambi gli attori.
L'intervistatore deve concentrarsi sui dati, effettuando riscontri, sintesi e ipotesi.
L'abilità principale è quella di gestire la dinamica psicologica dell'incontro. Tutto
quello che viene analizzato viene usato per fare previsioni sul futuro, per questo il
conduttore è un vero e proprio counsellor.
Il soggetto viene messo a confronto con le proprie responsabilità, l'oggetto del
colloquio è proprio la persona.
• COLLOQUIO DI SUPPORTO
ALL'AUTODIAGNOSI/AUTOFORMAZIONE: Le persone che hanno
vissuto situazioni particolarmente coinvolgenti, o che si trovano in grandi
cambiamenti aziendali, possono aver bisogno di chiarificazione su sé stessi e sul
proprio ruolo. E' un momento di frattura dell'immagine di sé, di dubbio sul valore
della persona, sul significato delle azioni/decisioni. Si effettua quindi un'analisi delle
percezioni incrociate tra soggetto e attori aziendali. L'obiettivo è aiutare il soggetto a
riflettere su di sé. La tecnica è quella del colloquio clinico (ascolto partecipe,

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accrescere il coraggio all'autodeterminazione, centratura sugli aspetti di personalità).
A volte si integra questo approccio di counselling con strumenti psicodiagnostici.
• COLLOQUIO DI NEGOZIAZIONE SUL REWARD: Questo è di carattere
pratico, si negoziano le retribuzioni partendo dalla situazione attuale del compenso
globale annuo per rivalutarlo. E' un incontro mal vissuto da entrambi,
fondamentalmente per conflitto di interessi. La capacità di negoziazione per dare
risultati soddisfacenti ad entrambe le parti è fondamentale. Entrambi gli interlocutori
giungono all'incontro “forti” e “carichi”. L'intervistatore deve concentrarsi non solo
sulle informazioni ma anticipare mentalmente l'intervistato, mettersi dalla sua parte
per capire meglio le sue motivazioni. Inoltre deve vigilare sul proprio vissuto
emotivo, perché sia la posizione del “difensore aggressivo” che quella
dell'intervistatore “passivo elusivo” (il temporeggiatore) sono viste male dal
soggetto. L'approccio deve essere comprensivo ma ATTIVO altrimenti sembra falso
e suscita ira. Il tema “denaro” ha forte potere distorcente, il significato personale che
assume spesso porta alta conflittualità senza interrogarsi sul perché. La dimensione
soggettiva è preponderante ed opera fuori della logica e del buon senso.

PARTE QUARTA
Critica e sviluppo del CI

L'intervista strutturata
Per combattere i problemi di validità e attendibilità e anche per permettere agli
intervistatori “laici” di avere risultati, esiste l'intervista strutturata. Sono
richiesti requisiti psicometrici, ma contando anche tempi e costi molto minori,
conviene a certe aziende. L'orientamento comportamentista ha incentivato
sicuramente l'uso di questo metodo. Ridurre la distanza tra predittore e criterio
vuol dire contenere il processo di inferenza.
• TARGETED INTERVIEW: Si basa su dei presupposti:
▪ Il comportamento passato è il miglior predittore del futuro:
▪ E' rilevante identificare le dimensioni specifiche del profilo
professionale: Si definiscono i comportamenti di prestazione attesa
e vengono raggruppati tutti dal risultato. Ogni raggruppamento è un
obiettivo dell'intervista.
▪ E' opportuno che la presa di decisione sia data da un confronto di
valutazione tra tutti gli intervistatori.
L'esaminatore produce dunque prove altamente standardizzate, una targeted selection
consistente in uno screening di breve durata a cui segue l'intervista in profondità. E' quasi
sempre una team interview con almeno 2 esaminatori. E' d'obbligo prendere appunti. Tutto
ciò che il soggetto si propone di fare viene bandito, così come ogni emozione, opinione o
sentimento. Alla fine si fa una riunione tra intervistatori, i quali, dopo aver tradotto i dati in
numeri, devono portare delle prove comportamentali e giungere a un accordo.
Lo scopo della targeted interview è raccogliere info precise sui comportamenti passati del
soggetto con una serie predefinita di “domande comportamentali pianificate” con privilegio
di domande di follow up che tendono a scavare nei dettagli le azioni specifiche. La

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procedura è sintetizzabile con l'acronimo STAR:
SITUAZIONE/COMPITO/AZIONE/RISULTATO

• PBDI (Patterned Behaviour Description Interview): Solo le descrizioni di


eventi di vita e lavoro, secondo questo approccio, sono un affidabile previsione per il
comportamento futuro. Ancora una volta si privilegia l'esplorazione di fatti e
prestazioni, domande che concernono gli eventi più importanti. Le circostanze
critiche da rilevare sono + di 100 ma una volta ordinate in categorie si preparano le
domande adatte. Per ottenere risposte sincere si effettua un'intervista pressante e
senza tregua e, sebbene questo metodo abbia validità, è una situazione molto
stressante e difficile per ambedue le parti.

• SITUATIONAL INTERVIEW: Webster disse che per alzare attendibilità e


validità bisogna porre le stesse domande ai candidati e devono essere “job related”.
La situational interview di Latham prevede:
▪ JOB ANALYSIS
▪ OSSERVAZIONE COMPORTAMENTO
▪ SCELTA DI ALCUNI INCIDENTI CRITICI
▪ TRADUZIONE DI OGNI INCIDENTE IN DOMANDA
▪ CREAZIONE DI GUIDA X ASSEGNARE PUNTEGGI
▪ VERIFICA DELLA CONGRUENZA DEL MATERIALE
▪ SPERIMENTAZIONE DELLA LISTA DI DOMANDE
(per eliminare quelle inefficaci)
E' quindi un set di domande con questioni ipotetiche collegate al contenuto del lavoro

Quindi, dopo aver analizzato questi 3 tipi di intervista strutturata, pensiamo ai


criteri che adoperano. Intanto il fatto che il futuro è prevedibile solo dalle azioni
del passato è tutto da dimostrare. Mutando le condizioni non è detto che si
presenti una ripetizione identica di pattern comportamentali. In ogni caso,
questa valutazione prevede l'abilità di distinguere tra comportamenti
situazionali e abituali. Se fosse vero, del resto, non servirebbe valutare il
potenziale delle risorse umane ma affidarsi alla semplice valutazione delle
prestazioni.
Per quel che riguarda il criterio della situazionalità, il rischio è di collezionare
risposte ideali e irreali, perché il candidato è portato a rispondere secondo ciò
che RITIENE giusto praticare. E' debole al controllo della veridicità, quindi è
necessario limitare che il soggetto “veda attraverso” le domande
dell'esaminatore.
La visione meccanicistica dell'essere umano alla base di questo approccio è
contraria ai modelli di integrazione dinamica uomo/ambiente e quindi a gran
parte della psicologia contemporanea.
Non si tiene mai conto, poi, delle variabili di personalità. L'intera variabilità
umana sembra essere ricondotta a meri pattern di comportamento.

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Tuttavia, l'intervista strutturata ha portato anche diversi contributi al metodo:
• La ricerca e analisi meticolosa di fatti e azioni
• L'impulso alla razionalizzazione
• L'impegno nell'usare l'intervista per eventi job related
• L'attenzione intelligente alla tecnica della domanda
• L'enfasi sull'indagine biografica
• L'attenzione alla variabile temporanea
• Il bilanciamento tempi/costi

L'intervista libera
L'intervista non strutturata è quella tradizionale, spesso definita in
contrapposizione con quella strutturata. Questo fa pensare che non abbia
formalizzazione, o che addirittura l'intervista libera si svolga con una modalità
anarchica e permetta ad ognuno di dire e fare ciò che vuole. Tuttavia questo
approccio deve seguire delle regole precise esattamente come l'altro.
Inoltre, si crea l'illusione di fare lo psicologo, cioè autopercepirsi come un abile
clinico, un esperto conoscitore di anime umane, affidandosi così all'intuizione e
facendo gravi danni.
Infine, il fatto che chiunque può accedere ad essa genera intervistatori meno
preparati.
L'intervista libera in azienda è tuttora ancora troppo avvicinata al colloquio
clinico.

Essa segue la metodologia rogersiana in cui l'intervistatore si limita ad “aprire”


la situazione interpersonale cercando di non influenzare in alcun modo gli
eventi. Una volta costituito un buon campo relazionale, il conduttore comunica
i temi dell'intervista, di genere ampio, lasciando che l'intervistato scelga il modo
di affrontarli. Se l'intervistato fa delle domande di supporto, l'intervistatore dà
un'indicazione di massima, sottolineando l'autonomia dell'intervistato.
L'intervistatore deve seguire una precisa mappa cognitiva, quindi c'è una
struttura latente che guida l'andamento. Non è previsto in questo approccio l'uso
di un registratore.

Le 3 condizioni necessarie x instaurare un clima favorevole sono:


1. GENUINITA'/AUTENTICITA'/CONGRUENZA DELL'INTERVISTATORE
2. ACCETTAZIONE/VALORIZZAZIONE DELL'INTERVISTATO
3. COMPRENSIONE EMPATICA

La funzione di ascolto è fortemente al centro, si crea un evento dinamico di


coppia dove il carburante è l'empatia, che facilita l'intera relazione. Con empatia
si intende “la consapevolezza dei pensieri e sentimenti di un'altra persona,

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capacità di vedere il mondo come questa, una sensibilità alterocentrica, il
“sentire con”. Il movimento empatico non è da confondere con l'identificazione,
perchè quest'ultima avviene a livello inconscio mentre l'empatia è intenzione.

Le critiche principali sono che c'è bisogno di un “intervistatore supereroe” che


abbia un alto livello di maturità ed integrità dell'Io, e di essere liberi da conflitti
psicologici. Il rischio è di “inquinare” la relazione e il dialogo, o di vedere la
persona con una raffigurazione distorta.
E' poi molto difficile che l'intervistatore faccia capire che il suo lasciar libero
l'intervistato non è un “lassez faire”, una fuga dalle responsabilità in modo
confuso.
Infine, l'intervistatore spesso si convince che il quadro che costruisce della
personalità sia corretto e si persuade sempre di più.

In estrema analisi, la contrapposizione tra intervista libera e strutturata è falsa,


capita raramente che si usi solo un metodo ed esistono tanti tipi di interviste
collocabili nel continuum dicotomico tra queste due.

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