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PSICOLOGIA SOCIALE

Psicologia sociale è lo studio di come pensieri, sentimenti e comportamenti degli


individui sono influenzati dalla presenza oggettiva, immaginata o implicita degli altri.
(definizione di Allport, fondatore)

Utilizza il metodo scientifico per studiare comportamento umano nel contesto sociale
(prospettive bottom up e top down)
Accento posto sull’effetto del gruppo (simili) sulla nostra mente.

Studia l'interazione tra le persone:


- Cause
- Conseguenze
- Manifestazioni (comportamenti)
- Processi psicologici

Presenza oggettiva: interazione reale e fisica


Presenza immaginata: non implica interazione diretta (es parlare a un video)
Presenza implicita: rappresentazione mentale degli altri (causata da esperienze passate) - Es.
“se io ho un’dea degli adolescenti”

Norme sociali: l’interazione con gli altri contribuisce a formare rappresentazioni del mondo
sociale che agiscono quando gli altri non ci sono, rendendo uniformi i nostri atteggiamenti e
comportamenti con quelli del gruppo di appartenenza
(es. Flatulenze in Cina accettate in pubblico - soffiarsi il naso in pubblico in Europa è accettato e
in Cina no)

Psicologia sociale prende da:


- Psicologia generale (che però si occupa di tutti i processi cognitivi)
- Antropologia (che non si occupa della parte psicologica dell’individuo nella società)
- Psicologia cognitiva
- Psicologia della personalità (es. tratti)
- Psicologia individuale
- Psicologia dei gruppi + sociologia
- Studi sulla comunicazione e psicolinguistica (es. Stili comunicativi a seconda dei
contesti)
- Neuroscienze sociali e cognitive (rapporto tra funzionamento del cervello e cognizione
sociale

Psicologia sociale è una scienza:


- Teorie
- Ipotesi: enunciati con valore di previsione sui rapporti tra causa ed effetti
- Ricerca: esperimenti finalizzati alla verifica delle ipotesi attraverso verifica sistematica
dei risultati
Importante della replicabilità.

Variabile Indipendente (X)


Variabile Dipendente (Y)
In un laboratorio abbiamo più sicurezza che le uniche variabili che cambiano sono quelle
manipolate (“isolare” le variabili oggetto di studio e “controllare” tutte le altre variabili, per evitare
fusione tra le variabili)
Necessario stabilire un range in cui le variabili hanno maggiori opportunità di variare, per
evitare:
- Effetto tetto: la misurazione non mostra differenze perché va verso l’alto (es. Incentivi alti
fanno trasgredire una regola)
- Effetto pavimento (es. Offrire una caramella per far andare una persona nuda per
strada)
Evitare compiacimento della persona che effettua il test da parte del partecipante

Validità interna: ci garantisce che quello che si studia è il fenomeno che ci interessa
Validità esterna/ecologica: quello che stiamo studiando nel laboratorio vale anche fuori

Gli sperimentatori hanno l’obiettivo di condurre le manipolazioni a un basso livello di Realismo


mondano (somiglianza con la vita reale)
La manipolazione deve avere un forte Realismo sperimentale: rilevanza psicologica della
situazione

Cyberball (valuta effetti di ostracismo sociale)

Tipi di ricerca
Disegni quasi sperimentali: la variabile indipendente non viene manipolata dallo
sperimentatore (es. Valutare differenze nei generi - genere = VI)
Ricerca d’archivio: non sperimentale, basato su dati raccolti da altri (es. Effetto della
propaganda sul razzismo → per motivi etici non replicabile, ma abbiamo informazioni storiche. I
dati potrebbero essere alterati, o non esaustivi)
Studi di caso singolo: studio di un singolo caso (individuo o gruppo). es. serial killer / episodio
di suicidio di massa
Problemi: singolo caso potrebbe none ssere repiclabile → opinioni dell’osservatore potrebbero
influenzare; legati alle “demand characteristics”
Analisi del discorso (analisi testuale): indagine qualitativa (anche se fatta con software).
Analisi del discorso per trovare dimensioni soggiacenti. Grande dimensione interpretativa dello
sperimentatore
Inchieste o sondaggi di opinioni: domande, semi strutturato o strutturata; sostenute da validi
metodi di campionamento (rappresentando la popolazione di interesse)
Ricerca sul campo: osservazione nel contesto naturale. Problemi: difficile essere neutrali +
l’osservatore influenza i fenomeni che osserva
PRINCIPI ETICI:
1. Protezione del danno: non bisogna arrecare danno alle persone che partecipano
(difficile stimare cosa provoca danno. Alcuni esperimenti potrebbero arrecare danni a
lungo termine sull’autostima, ecc…)
2. Diritto alla privacy (garantire confidenzialità degli individui coinvolti)
3. Inganno: una minima dose di inganno è necessaria. Un po’ vengono ingannate ma non
in modo dannoso. Si è proposto da alcuni psicologi sociali di abbandonare gli
esperimenti in favore di simulazioni/role play. Ma sinora nessuno ha subito conseguenze
negative di lungo termine per l’uso dell’inganno negli esperimenti.
4. Consenso informato (fornire l’informazione completa - con i problemi dell'inganno +
libertà di ritirarsi un qualsiasi momento)
5. Trasparenza
6. Debriefing: rapporto relativo all’esperimento cui hanno preso parte

QUESTIONI TEORICHE

Teorie della psicologia sociale


insieme integrato di proposizioni che illustra le cause del comportamento sociale, generalmente
nei termini di uno o più processi psico-sociali
Variano ampiamente in termini di rigore, verificabilità e generalità
1. Grandi teorie generali (paradigmi o metateorie) (es. comportamentismo)
2. Teorie a medio raggio (es. Teoria dell’apprendimento sociale)
3. Teorie sui singoli fenomeni
Le teorie sociopsicologiche variano in termini di rigore, verificabilità e generalità. Alcune sono
mini teorie a corto raggio collegate a fenomeni specifici, altre teorie ampie e generali che
spiegano classi di comportamenti, altre ancora sono grandi teorie che danno una prospettiva
generale sulla psicologia sociale (es: evoluzionismo, teoria psicodinamica)
Esempio:
- Teoria dell’identità sociale: buon esempio di teoria sociopsicologica generale a medio
raggio. Analizza il comportamento delle persone nei gruppi e in modo in cui esso si
collega alla loro concezione di sè. Integra numerose teorie compatibili che affrontano
vari argomenti:
● Relazioni intergruppo e cambiamento sociale
● Processi motivazionali associati all’appartenenza di gruppo e al comportamento
di gruppo
● Influenza sociale e processi di conformismo all’interno dei gruppi
● Processi cognitivi associati alla concezione di sé e alla percezione sociale
Le teorie possono essere raccolte per tipi di teoria. Diversi tipi di teoria, riflettono diverse
metateorie (insieme di concetti e principi intercorrelati capaci di indicare quali teorie o tipi di
teorie siano appropriati)

Comportamentismo
Nasce dai lavori di Pavlov e Skinner sul condizionamento
- Radicale: ritiene che i comportamenti siano spiegabili in base al rinforzo (fenomeni non
osservabili sono esclusi dalla spiegazione)
- Neocomportamentismo: più popolare tra gli psicologi sociali. Tenta di spiegare i
comportamenti osservabili in termini di fattori contestuali e con l'intervento di costrutti
non osservabili come credenze, sentimenti, motivazioni (sempre con idea del rinforzo)
Esempi: modello di attrazione interpersonale basato sul rinforzo, teoria dello scambio sociale,
modellamento sociale, teoria della pulsione

Psicologia cognitiva
Il comportamento viene spiegato in base al modo in cui le persone interpretano e rappresentano
attivamente le proprie esperienze per poi pianificare le proprie azioni.
- Contano processi di rappresentazione della realtà e di attribuzione di significato
- Non si risponde a stimoli, ma si agisce in modo pianificato
- Origine: Psicologia della Gestalt.
- Esempi:
1. Teoria del campo (Lewin)
2. Teoria della coerenza cognitiva
3. Teorie attribuzionali (es. Le persone cercano di darsi spiegazioni dei
comportamenti)
4. Social cognition

Neuroscienza Cognitiva / Neuroscienza sociale


Prospettiva: poiché la psicologia trova la sua collocazione nel cervello, la cognizione deve
essere associata ad attività cerebrale di tipo elettrochimico.
- Studia correlati e marcatori neurologici del comportamento sociale
- Uso di metodologie di ricostruzione di immagini cerebrali (fMRI, PET, ecc…)

Psicologia sociale evoluzionistica


Si basa sulla teoria di Darwin, sulla Psicologia Evoluzionistica e sulla Sociobiologia. Sostengono
che le radici del comportamento affondino nel passato della nostra specie.
- Esseri umani sono una specie sociale
- Comportamenti sociali utili per la sopravvivenza della specie
- Le tendenze evoluzionistiche generali organizzano i nostri comportamenti
però
- Comportamenti sociali non spiegabili solo in base a evoluzionismo (quando il DNA
umano venne mappato nel 2003, si ritenne che circao 20/25.000-3 miliardi di coppie di
basi chimiche che formano il DNA umano non sono sufficienti per spiegare le consistenti
differenze nel comportamento umano → importanza dell’ambiente e contesto.
Teorie della personalità
Spiegano il comportamento sociale in termini di attributi durevoli (innati) della personalità.
- Tratti, disposizioni (durevoli, innate)
- Questi attributi orientano comportamenti in modo stabile (bottom up)
- Il nostro modo di essere fatti (per natura) da forma al nostro modo di stare nella società
- Critica: i nostri comportamenti cambiano a seconda del contesto, quindi la personalità
interagisce con molti altri fattori per influenzare il comportamento; ci sono scarse
evidenze empiriche circa la presenza di stabili tratti di personalità; alcune persone
resistono alle influenze sociali e del contesto che si manifestano nel comportamento

Teorie collettivistiche
Contrapposte alle teorie della personalità.
- Il gruppo sociale è una matrice che precede il pensiero individuale e gli da forma → le
persone prendono forma grazie alla loro collocazione nel gruppo sociale.
- L’attenzione è posta sulle proprietà del gruppo prima che su quelle individuali (approccio
top-down) mentre le Teorie individualistiche hanno un approccio bottom-up
- esempi:
● “Mente di gruppo” (McDougall): nei gruppi le persone cambiano modo di pensare
(comportamento di gruppo è diverso da comportamento interpersonale →
emerge mente di gruppo)
● Teorie dell’identità sociale

CRITICHE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE


- Riduzionista (studia fenomeni sociali da una prospettiva non sociale rimandando a
processi cognitivi e motivazionali) → riduzionismo: spiegare un fenomeno ad un livello
di analisi (tipologia di concetti, meccanismi e linguaggio usato per spiegare un
fenomeno) inferiore, semplificazione del fenomeno → perdita della capacità esplicativa
● Soluzione possibile suggerita da Wille Doise: adottare diversi livelli di
spiegazione:
1. Intrapersonale (analisi dei processi che hanno a che fare con
l’organizzazione degli individui delle proprie esperienze)
2. Interpersonale e situazionale (interazione interinvividuale in situazioni
circoscritte, senza considerare quelli esterni alle situazioni specifiche)
3. Posizionale (analisi dell’interazione interindividuale in situazioni
circoscritte prendendo in considerazione anche il ruolo svolto dalla
posizione sociaale esterna alla situazione
4. Ideologico (analisi dell’interazione interindividuale che considera il ruolo
delle credenze sociali generali e delle relazioni sociali tra gruppi)
- Positivista → positivismo: ritenere il metodo scientifico come strada maestra della
conoscenza. Alternative: costruzionismo sociale, psicologia umanistica, psicologia
discorsiva.
Bisogna quindi stare attenti all’operalizzazione nella ricerca (es. Definire operativamente
all’altruismo → quanto denaro do all’altro in una situazione…)
● Gli psicologi sociali studiano sè stesi → non si può avere conoscenza oggettiva
dei fenomeni sociali in quanto non possono raggiungere oggettività, ma si
possono raggiungere “ipotesi più probabili”.
● La soggettività è enfatizzata e considerata una caratteristica della buona ricerca,
piuttosto che un suo ostacolo
● La risposta alle insidie del positivismo è utilizzare metodi di ricerca appropriati →
necessità di definizioni operative dei processi sociali (operativizzazione)

Gli esperimenti sono situazioni sociali

STORIA

Demopsicologia: studio della “mente collettiva” (Fine 1800):


- Studiosi tedeschi influenzati da Hegel
- Top down: situazioni collettive impongono un funzionamento sovraindividuale
- Bottom up: la psicologia individuale influenza i fenomeni a livello sociale
- 1860: Steinthal e Lazarus fondano rivista.
La psicologia generale (Wundt) si focalizza sulla mente individuale mentre la demopsicologia di
quella collettiva

Mente di gruppo: questo concetto della demopsicologia si espande con il nome mente di
gruppo grazie a
- LeBon e poi McDougall (1920): Entrambi affermano che le persone pensano e si
comportano in modo più aggressivo o antisociale sotto il controllo della mente di gruppo.
- Sherif (1935): in gruppo si apprendono norme che influenzano il comportamento in
modo duraturo
- Taijfel & Turner (1979): il gruppo contribuisce a formare un’identità sociale con sue
proprie regole
- Zimbardo (1971): le situazioni di gruppo modificano il senso di responsabilità individuale
(effetto Lucifero)

Primi studi sperimentali in psicologia sociale


Triplett (1898): esperimento: le prestazioni in presenza di terzi migliorano (competizione?)
Allport (1924): influenza della presenza degli altri nella mente individuale. Egli supporta il
bisogno di ricerca sperimentale per la psicologia sociale
Anni 30: primo filone di studio sperimentale riguarda gli atteggiamenti (credenze religiose,
atteggiamenti razziali, politica, elettorali, persuasione)
Anni 50: studi sulla dissonanza cognitiva

Altro tema di interesse centrale: influenza tra persone e gruppi


Lewin (1939): considerato il padre della psicologia sociale sperimentale. Studi sui processi di
gruppo e sulla leadership
Sherif (1953): studi sulla cooperazione / competizione / conflitto. I soggetti convergono su una
stima di gruppo dell’effetto autocinetico (le persone fanno la stessa stima
Asger (1955): il gruppo può indurre giudizi errati
Milgram (1963): obbedienza all’autorità (se un’esperimento ti dice di fare qualcosa tu la fai)
Zimbardo (1971): identificazione del ruolo di persecutore
Moscovici (1980): influenza delle minoranze: una minoranza ben organizzata può imporrre il
suo pensiero alla maggioranza

Social cognition: come noi percepiamo gli altri


Asch (1946): percezione sociale basata su alcuni tratti salienti e sull’effetto della prima
impressione
Jones & Davis (1965): persone cercano di spiegare e prevedere comportamento altrui sulla
base di attribuzioni causali disposizionali
Tversky & Kaneman (1972): scorciatoie (euristiche) applicabili anche al funzionamento degli
altri

Psicologia sociale nasce in Europa alla fine dell’800 ma a causa della guerra e condizione
economica si sviluppa in USA.
Rinasce in Europa nel dopoguerra → fondazione dei centri di ricerca, soprattutto sui rapporti
inter-gruppi
1960: fondata associazione europea
1970: fondato giornale di psicologia sociale
1980: gruppi di ricerca indipendenti (dall’influenza americana)

Nuove tendenze:
- Social cognition
- Neuroscienze sociali
- Salute come fenomeno di impatto sociale
- Prospetto evoluzionista
- Social network e social media
- Fenomeni di migrazioni di massa

PENSIERO SOCIALE
Pensiero: linguaggio interiore e simboli che usiamo, conscio, o almeno qualcosa di cui siamo o
potremmo essere consapevoli
Cognizione: processi mentali che possono essere in larga misura inconsci. Ce ne accorgiamo
solo facendoci attenzione, non è rappresentabile con un linguaggio o un insieme condiviso di
simboli. Agisce come il programma di un computer, sullo sfondo. È un’attività mentale attraverso
cui si elaborano, comprendono e memorizzano informazioni percettive e attraverso cui si
pianifica e programma ciò che si dice e si fa.
COME SI FORMANO LE NOSTRE IMPRESSIONI SUGLI ALTRI

Cognizione sociale

Cognizione: diversa da pensiero (attività riflessiva consapevole). È un sistema di


rappresentazione delle conoscenze che avviene in maniera automatica
Cognizione sociale: l’attività conoscitiva della nostra mente, studia l’acquisizione di
informazioni e l’interpretazione, si occupa dunque dei processi attraverso cui le persone
acquisiscono informazioni dall’ambiente, le interpretano, le immagazzinano in memoria e le
recuperano da essa, al fine di comprendere sia il proprio mondo sociale che loro stesse,
organizzando di conseguenza il comportamento (conoscenza bi- direzionale).
processi e strutture cognitive che influenzano il comportamento sociale e ne sono influenzate
(come la mente rappresenta il mondo sociale)

STORIA
● Kurt Lewin: Considerato il padre della psicologia sociale sperimentale.Parlando del
campo sociale, sostiene che il mondo sociale influenza il nostro modo di pensare.
Secondo lui il comportamento viene meglio interpretato se considerato in funzione del
modo in cui le persone percepiscono il proprio mondo e manipolano e collegano queste
rappresentazioni mentali.
● Da anni 50 → nuove teorie che hanno in comune il modello della dissonanza
cognitiva / Coerenza cognitiva: se abbiamo informazioni incongruenti tra di loro
proviamo una dissonanza e siamo portati a risolverla.
● Dopo anni 60 → il modello della dissonanza cognitiva comincia a perdere popolarità (gli
scienziati dimostrarono che gli individui sono in grado di tollerare le contraddizioni),
verso invece il modello dello scienziato ingenuo: Uomo come scienziato: le persone
hanno necessità di attribuire specifiche cause ai comportamenti e agli eventi, per
rendere il mondo un luogo dotato di senso in cui agire.
● Anni 70 → il modello dello scienziato ingenuo è alla base delle Teorie attribuzionali: gli
esseri umani attribuiscono cause interne o esterne ai fenomeni.
● Alla fine degli anni 70 → modello dello scienziato in crisi: le persone sono scienziati
imprecisi, o mosse da interessi personali e da forze irrazionali. Questo porta a degli
errori sistematici (BIAS) utilizzando delle euristiche (scorciatoie cognitive) →
economizzatore cognitivo: spesso giungiamo a una conclusione in modo rapido
piuttosto che accurato (per risparmiare risorse)
In tutti questi modelli manca la motivazione. Showers e Cantor propongono il pensatore
come Tattico motivato: strategie cognitive a servizio di scopi di tipo personale
● Oggi → la cognizione sociale si focalizza su come la cognizione sia influenzata da
contesti sociali ampi o immediati e come essi influenzino il comportamento sociale. È un
approccio alla ricerca caratterizzato da vari metodi, in parte presi in prestito e
perfezionati dalla psicologia cognitiva.
Uno sviluppo recente è la neuroscienza sociale (attività cognitiva è monitorata con
fMRI per verificare attività elettrica cerebrale associata a funzioni cognitive)
Un altro sviluppo è qullo che descrive l’influenza reciproca tra sentimenti e cognizione
sociale. Situazioni diverse possono evocare diverse emozioni in persone diverse → le
persone valutano le proprie speranze, desideri e abilità e la situazione in cui si trovano.
Modello dell’infusione dell’affetto (Forgas 1995): il mood cambia il giudizio delle
persone: il giudizio sulle persone è più influenzato dall’umore quando abbiamo bisogno
di pensare più a lungo e in maniera costruttiva, e laboriamo attivamente i dettagli di uno
stimolo e possiamo attingerli dalla memoria. È un esempio di quella che viene definita
Social Cognition “calda” in quanto ritiene che i processi cognitivi si debbano analizzare di
pari passo con le emozioni, che giocano, al contrario di ciò che sosteneva la Social
Cognition “fredda”, un ruolo molto importante nella formazione degli atteggiamenti.

Impressioni, schemi e categorie


Gli schemi sono strutture cognitive relative a persone (inclusi sé stessi), oggetti, eventi, ruoli etc.
mentre le categorie sono insiemi sfuocati di caratteristiche organizzate attorno ad un prototipo
(sono gerarchicamente ordinate)
Gli schemi diventano più astratti, complessi, organizzati, compatti, resistenti e precisi con il
tempo. È difficile cambiare uno schema ed il modo in cui un cambiamento può avvenire è
quando formiamo sottotipi.

Ci formiamo delle impressioni sulle persone e le comunichiamo agli altri e le usiamo per
decidere come ci sentiamo e agiamo.
Utilizziamo i tratti della personalità per descrivere gli altri, ma le impressioni che ci formiamo
sono influenzate da alcune informazioni più che da altre

TRATTI DI PERSONALITA
Se adottiamo la prospettiva teorica dei tratti di personalità, ci accorgiamo che non tutti gli
attributi (tratti) di una persona sono ugualmente determinanti del formare l’immagine mentale
che noi abbiamo di quella persona. Alcuni avranno un peso maggiore di altri:
Modello configurazionale di Asch: suggerisce che le impressioni che ci formiamo quando
conosciamo una persona, sono influenzate da alcune informazioni più che da altre.
● Tratti centrali→ tratti che hanno una grossa influenza sulla configurazione delle
impressioni finali.
● Tratti periferici→ tratti che hanno un’influenza poco significativa sulla configurazione
delle impressioni finali.
La centralità, però, dipende anche dal contesto; pertanto i tratti centrali cambieranno a seconda
della relazione che intercorre tra loro e gli altri attributi della lista.
Esperimento: lettura di liste di aggettivi bipolari che descrivevano una persona (tratti). In alcune
liste erano presenti la parola caldo o freddo. Veniva associata un’impressione positiva alle
persone nelle cui liste era presente la parola “caldo”. Se invece le parole erano sostituite da
diplomatico/diretto la differenza nell’impressione era meno netta → Caldo/freddo riguardano
tratti centrali che influiscono sulla formazione dell’impressione.
Alcuni studiosi ritengono che la centralità di un tratto è influenzata dal contesto (un tratto come
caldo semanticamente legato ad altre dimensioni, come buono, sarà più centrale se collegato a
un tratto più collegato a dimensioni simili

COSTRUTTI
C’è però chi crede che le persone abbiano convinzioni idiosincratiche e durature, che Kelly
definisce costrutti personali
Teoria dei costrutti personali (Teoria di Kelly) Possediamo una serie di attributi e categorie
gerarchiche (costrutti), che ci costruiamo autonomamente, per categorizzare e rappresentare
noi stessi e gli altri (abbiamo una teoria sulla natura umana che è diversa per ogni persona),
che determinano il nostro comportamento sociale. Queste teorie sono coerenti e gerarchiche.

IMPRESSIONI
Per quanto riguarda le impressioni, invece, sono importanti gli studi di Schneider:
Teorie implicite della personalità (Schneider, 1973): ha proposto che le persone elaborano
delle “teorie implicite” su come sono fatti gli altri e sulla natura umana in generale; modi
personali e idiosincratici (cioè avversi) con cui rappresentiamo gli altri e spieghiamo il loro
comportamento. Secondo Markus, le teorie della personalità sono largamente condivise in una
stessa cultura.

Impatto delle informazioni


Le impressioni sono influenzate dall’ordine in cui si ricevono informazioni:
- Primacy: prima impressione ha più rilevanza
- Recency: ultima informazione ricevuta ha più rilevanza
● Probabile che l’aspetto fisico abbia un effetto primacy (prima informazione di cui
disponiamo su una persona). Cruciale nell’attrazione amorosa, ma ha anche degli effetti
indesiderabili (es: persone pià alte hanno salari di partenza più alti, connotati razziali,
stereotipizzazione)
● Diamo più importanza alle informazioni negative che a quelle positive

Schemi e categorie
Quando ricordiamo qualcosa, spesso lo facciamo attraverso una strutturazione cognitiva delle
informazioni in nostro possesso, un fenomeno tendenzialmente inconsapevole.

Schema: struttura cognitiva che grazie a informazioni interconnesse tra loro, utilizziamo per
conoscere e comprendere la realtà. Struttura cognitiva che rappresenta la conoscenza di un
concetto o di un tipo di stimolo inclusi i suoi attributi e le loro relazioni. Rappresentazione di più
informazioni interconnesse tra loro che usiamo per rappresentarci la realtà. (es. Schema di “bar”
o “ristorante”)
Gli schemi agevolano il processo top-down (deduttivo: generano un’impressione generale sulla
base di preconcezioni o di conoscenze preacquisite)
Tipi di schema:
- Schema di persona: su persone specifiche (es Elena è brava)
- Schemi di ruolo: riguardano chi ricopre un ruolo (è un dottore)
- Script: riguardano eventi (es: festa di compleanno)
- Schemi di sè: schemi del proprio sé (io sono così)
- Schemi senza contenuto: non descrivono categorie specifiche, ma sono regole per
elaborare informazioni

Categorie:
- insiemi sfuocati di caratteristiche, costruiti attorno ad un prototipo, ovvero una
rappresentazione tipica ed ideale della categoria stessa.
- Utilizzano anche gli esemplari, ovvero esempi specifici particolarmente rappresentativi
delle categorie.
- Prototipi ed esemplari possono a volte coincidere
- Una volta che l’evento o situazione vengono categorizzati, si genera lo schema
pertinente
- Prototipi sono più nebulosi e indistinti, gli schemi sono più precisi.
- L’uso delle categorie va in base ai costi dell’errore (categorie strette) e ai costi
dell’indecisione (categorie ampie).

Acquisiamo gli schemi nelle progressive esperienze con gli esemplari della categoria.

Quindi
1. Prototipo: rappresentazione ideale di una categoria. Genera →
2. Categoria: insieme sfuocato di caratteristiche costruito intorno a un prototipo. Genera →
3. Schema: struttura cognitiva che rappresenta la conoscenza di un concetto

Stereotipi: sono degli schemi di gruppi sociali. Si basano sulle categorie che scegliamo di
utilizzare. È uno schema semplificato di gruppi sociali, e serve a regolare i rapporti tra gruppi
stessi. Tende ad essere:
- etnocentrico (valorizza il gruppo di appartenenza e svaluta gli “altri”): sono immagini
semplificate dei membri di un gruppo → se applicate agli outgroup sono spesso
dispregiativi.
- La stereotipizzazione è una scorciatoia cognitiva
- caratterizzato da una funzione valutativa.
- Consente di formare impressioni rapide e capire velocemente come agire.
- Utile per rafforzare la coesione del gruppo.
- Sono acquisiti velocemente e tendono a rimanere stabili in condizioni di forti tensioni
sociali. Difficili da cambiare. Spesso acquisiti precocemente (prima che il bambino
conosca il gruppo che viene stereotipato)
- Legato al principio di Accentuazione (Tajfel, 1969): Le divisioni in gruppi amplificano la
percezione delle somiglianze all’interno del proprio gruppo e le differenze tra diversi
gruppi.
- Le categorie che usiamo fanno da base per gli stereotipi.
- Si sviluppano da un gruppo per caratterizzarne un altro
- Una volta che una persona, un evento o una situazione vengono categorizzati, si genera
lo schema pertinente, gli schemi derivano quindi dalle categorie

Acquisizione e uso degli schemi

Secondo Eleanor Rosch, le persone tendono a usare categorie di base né troppo ampie, né
troppo piccole. Le categorie intermedie sono più facili da usare (mobile-sedia-sedia a sdraio →
astronauta donna-donna in carriera-donna) → distinzione ottimale (inclusione con categorie più
ampie → più errore / distinzione con categorie più strette → meno errore), in modo da
ottimizzare due esigenze, secondo il principio di distinzione ottimale che permette di
raggiungere un equilibrio tra spinte opposte tendenti all’inclusione e alla distinzione:
- Di Inclusione: con la formazione di meno categorie, più ampie e meno numerose
(sovra-ordinate).
- Di Distinzione: con la formazione di più categorie, più strette e più numerose
(sotto-ordinate).
Gli schemi che utilizziamo hanno quindi di solito un’accuratezza circoscritta che ottimizza il
compromesso tra queste due spinte.

Acquisizione degli schemi


- Le persone possono comunicarceli
- Possiamo informarci (leggendo, media, ecc…)
- Possiamo incontrare delle istanze che si inseriscono nella categoria.
Più istanze incontriamo, più lo schema si fa astratto e generale

Poiché gli schemi ci danno un senso di ordine, non cambiano facilmente, nonostante le
evidenze. Il fondamento iniziale dello schema si perde, ed è pertanto difficile da confutare.
Per evitare di cambiare gli schemi, tendiamo a vedere+confermare cio che già sappiamo → Self
confermatory bias: confermiamo i nostri schemi con le informazioni che acquisiamo.

Nonostante questo, gli schemi possono cambiare attraverso 3 percorsi di modifica:


- Registrazione (gli schemi cambiano di fronte all’accumulo di prove nuove)
- Conversione (gli schemi cambiano dopo che si è accumulata una massa critica di prove
discordanti)
- Formazione di sottotipi (per rimediare alla presenza di prove discordanti, si crea una
arricchimento del sistema di conoscenza, creando una nuova sottocategoria →
sottoschemi più specifici)

La nostra percezione degli altri

Codifica sociale: processo di rappresentazione mentale del mondo sociale


4 fasi (secondo Bargh):
1. Pre-attentiva: scansione automatica e inconscia dell’ambiente
2. Attenzione focalizzata: identificazione e categorizzazione consapevole degli stimoli
salienti una volta che sono stati identificati
3. Comprensione: attribuzione di significato agli stimoli, diamo significato ad alcuni eventi
selezionati
4. Elaborazione inferenziale: collegamento dello stimolo ad altre conoscenze per rendere
possibili ingerenze complesse

La codifica sociale dipende da ciò che attira la nostra attenzione. L’attenzione è influenzata da:
- Salienza: è la distintività, ovvero la capacità di emergere in mezzo ad altre informazioni,
che di conseguenza rimarranno sullo sfondo. Le info nuove, inattese hanno maggior
salienza (Es. donna che prende parola in un gruppo di uomini, denota novità e attirerà
maggiormente l’attenzione)
- Accessibilità: è la facilità con cui una informazione si connette al nostro sistema di
conoscenze pregresse; le informazioni più coerenti e vicine ai nostri interessi
risulteranno essere più accessibili delle altre (Es. saremo portati a interessarci di più in
occasione di notizie di casi delinquenza di immigrati, se siamo persone convinte che gli
immigrati sono dei delinquenti!)
Legata al fenomeno del Priming: alcuni schemi si attivano più facilmente e rapidamente.

Memoria
Le rappresentazioni del mondo sociale risiedono nella memoria, questa opera come una rete di
associazioni, ovvero un modello in cui nodi o idee sono collegati da legami associativi lungo i
quali può propagarsi l’attivazione cognitiva. Generalmente per formare rappresentazioni mentali
di altre persone, ci annotiamo mentalmente caratteristiche fisiche, comportamenti, azioni e tratti
salienti della personalità.
Inoltre una parte della memoria è composta da informazioni del passato ben consolidate e
stabili (MLT), collocate in una sorta di magazzino mnemonico, mentre un’altra parte è costituita
da un numero limitato di informazioni in continua elaborazione, ai quali prestiamo attenzione nel
presente (MBT - Working Memory)
Quando organizziamo le informazioni riguardanti le persone (esteriori o di aspetto, interiori intesi
come aspetti della personalità, i comportamenti e le azioni) lo facciamo in due modi:
- Per individuo
- per gruppo
(all’inizio viene usata la modalità per gruppo, in quanto la nostra conoscenza è meno
approfondita; successivamente verrà usata quella per individuo, in quanto avremo maggiori
informazioni).
- Siamo accurati nel ricordare i volti, ma meno accurati per persone che non
appartengono al nostro gruppo e anche in contesti naturali dove è richiesta
testimonianza oculare
- A differenza dell’aspetto fisico, conserviamo i ricordi dei tratti delle persone sotto forma
di proposizioni astratte (Maria è buona/scortese), che si basano si inferenze causali
basate sul comportamento e sulle situazioni.
Inferenza sociale
Il cuore della cognizione sociale. Si riferisce al modo in cui elaboriamo informazioni sugli altri
per ottenere una rappresentazione (bottom-up o top-down). Mediante l’uso di:
- Categorie (processo automatico)
- Attrbuti di una persona (più ragionato
Anche differenze sulla differenza tra inferenze guidate dallo schema o dai dati:
- Percorso euristico/periferico per decisioni da prendere velocemente, basate su
stereotipi, schemi e scorciatoie cognitive
- Percorso sistematico/centrale per riflessioni attente e ponderate

Correlazione illusoria: tendenza a sovrastimare la cooccorrenza di due fenomeni: ci


aspettiamo che due attributi sono correlati. Due basi:
- Significato associativo: si considerano gli elementi associati perché dovrebbero
esserlo sulla base di precedenti aspettative (basato su attivazione dello stereotipo
- Differenziazione condivisa: due attributi inusuali vengono di solito associati tra di loro
(es parole ornitorinco e esegetico)
- Eventi negativi vengono ricordati più di quelli positivi (perché sono considerati più rari di
quelli positivi)

SCORCIATOIE Inferenziali
Euristiche cognitive: procedure di conoscenza economiche. Funzionano la maggior parte
delle volte, ma a volte hanno delle imprecisioni.
Esempi:
- Euristica della Rappresentatività (alcuni elementi valgono per il tutto - stimiamo che un
esemplare sia simile al tipico membro di una data categoria)
- Euristica della Disponibilità (elementi più salienti, cioè che vengono in mente con facilità,
sono considerati più comuni e diffusi di quanto non siano realmente - es. Un rom ruba →
la rom vicino a me anche)
- Ancoraggio e accomodamento (le impressioni sono legate alle sensazioni iniziali
(primacy). Le inferenze sugli altri sono spesso ancorate alle convinzioni che abbiamo su
noi stessi.

Ricerca delle cause del comportamento

Psicologi ingenui (1958, Heider): cerchiamo di capire come funziona la mente degli altri
2 tipi di attribuzioni:
- Interna (fattori individuali e disposizionali)
- Esterna (ambiente e circostanze)

Comune Scienziato (Kelley, anni ‘60): osserviamo i fattori che covariano con un dato
comportamento e facciamo inferenze (modello della covariazione)
In base al tipo di attribuzione capiamo possiamo possiamo inferire se il comportamento di un
individuo è causato da disposizioni interne o da fattori situazionali

Modello della covariazione (Kelley)


Le persone assegnano la causa del comportamento al fattore che covaria più sistematicamente
col comportamento.
3 fattori che determinano l’attribuzione causale:
- Coerenza: se una cosa capita sempre o meno in una data circostanza. In base alla
coerenza si può valutare il valore distintivo
- Valore distintivo: una cosa capita solo in quella circostanza?
- Consenso: accade a tutti o no in quella circostanza
Con conseguenti Attribuzioni:
- Esterna se: alto valore distintivo e alto consenso
- Interna se: basso consenso e basso valore distintivo

Attribuzione causale (Weiner)


- Locus of control (interno o esterno)
- Stabilità (causa interna è stabile o instabile?)
- Controllabilità (la prestazione è sotto controllo dell’attore in quale misura?)

Questo modello è dinamico:


1. Le persone valutano se hanno avuto successo o hanno fallito
2. Di conseguenza avvertono esperienza emotiva positiva o negativa
3. Poi compiono attribuzione causale
4. Successivamente possono maturare delle aspettative capaci di influenzare prestazioni
future
I critici suggeriscono che la dimensione della controllabilità possa essere meno importante di
quanto si pensasse all’inizio.

Se si può attribuire un atto alla disposizione di un individuo, significa che se ne conosce la


personalità
Teoria dell’autopercezione (Bem)
Facciamo attribuzioni del nostro comportamento come per quello degli altri. Aumentiamo la
nostra conoscenza tramite autoattribuzioni. Inferiamo i nostri atteggiamenti dal comportamento.
Spieghiamo le nostre emozioni attraverso:
- Attivazione fisiologica
- Cognizioni (che usiamo per etichettare gli stati di attivazione → uno stesso stato di
attivazione può essere considerato come un’emozione oppure un’altra → es
ansia/euforia)

Tutti facciamo attribuzioni ma differiamo nello stile attribuzionale


Stile attribuzionale: disposizione a prediligere un certo tipo di attribuzione causale (interna o
esterna)

Tendenze sistematiche nell’attribuzione delle motivazioni

Teoria dell’Inferenza corrispondente (Jones)


Attribuzione del comportamento a disposizioni di fondo o tratto della personalità.
Causa disposizionale: causa stabile che rende il comportamento altrui prevedibile e aumenta
la nostra sensazione di controllo sul mondo
Verrà fatta un’inferenza corrispondente se l’atto è una scelta libera (non una risposta a minacce,
obblighi esterni o incentivi) e se è socialmente desiderabile.

1. Errore fondamentale di attribuzione


Anche detto bias di corrispondenza. Tendenza a sopravvalutare i fattori disposizionali (interni)
nel valutare i comportamenti. Talvolta, anche a dispetto di alcune evidenze continueremo a
pensare che le persone sono fatte in un certo modo (esperimento: discorsi su Fidel Castro scritti
da studenti a favore o contro → si tende a pensare che i discorsi a favore siano scritti da
studenti a favore anche se sono stati obbligati a farlo).
La forma estrema dell’errore fondamentale di attribuzione può essere l’essenzialismo: cioè la
tendenza a ritenere che il comportamento rifletta caratteristiche di fondo immutabili, spesso
innate, delle persone o dei gruppi a cui appartengono (soprattutto usato con gli outgroup)

L’errore fondamentale di attribuzione avviene solitamente per il comportamento altrui. Per il


nostro comportamento, invece, tendiamo ad attribuirlo a fattori esterni. C’è quindi
un’asimmetria, che viene definita effetto attore-osservatore.

2. Effetto attore-osservatore
Tendiamo a attribuire i propri comportamenti a cause esterne e quelle degli altri a cause interne.
Le cause di questo fenomento:
→ asimmetria delle informazioni (conosciamo meglio il nostro comportamento che quello degli
altri)
→ centro dell’attenzione (quando gli altri sono al centro dell’attenzione, li giudichiamo
indipendentemente dal contesto, quando invece consideriamo le nostre azioni, ci focalizziamo
sulla situazione esterna)

3. Falso consenso
Tendiamo a pensare che gli altri la pensino come noi (tendenza a sopravvalutare la diffusione
del proprio comportamento, ritenendo che gli altri si comportino come loro). È una tendenza
sistematica di tipo egocentrico. È comune, e nasce perché:
- Cerchiamo persone affini a noi
- Siamo convinti del nostro punto di vista
- Avere la percezione che gli altri la pensano come noi ci è di sostegno

L’attribuzione è influenzata dal nostro desiderio di mantenere un’immagine favorevole di noi


stessi. Un modo in cui lo facciamo è producendo tendenze sistematiche a vantaggio del sé.

4. Tendenze sistematiche a vantaggio del sè


Distorsioni attribuzionali che proteggono o migliorano l’autostima o il concetto di sè.
- Tendenza sistematica all’Autoaccrescimento: accreditiamo i nostri comportamenti positivi
come espressione di quello che siamo e delle nostre intenzioni nel fare cose positive
- Tendenza sistematica all’Autoprotezione: giustifichiamo i nostri comportamenti negativi
sulla base di fattori esterni (che non riflettono chi siamo davvero). Meno comuni di quelle
di autoaccrescimento (le persone con bassa autostima tendono a non proteggere sé
stesse e attribuiscono i propri fallimenti a loro stesse)
● Strategia autolesiva: una tendenza sistematica a vantaggio del sé che agisce in
anticipo: attribuzioni a fattori esterni espresse in maniera anticipata pubblicamente
(mettere le mani avanti). Usata quando si prevede di fallire.
● Credenza in un mondo giusto: credenza secondo cui viviamo in un mondo “giusto” in
cui il successo premia i buoni, e le cose negative accadono i cattivi
● Illusione di controllo: credenza secondo cui abbiamo più controllo sul mondo di quanto
ne abbiamo in realtà (questa ci fa incolpare gli altri delle proprie sfortune - le vittime di
stupro si assumono parte della responsabilità per avere un’illusione di controllo)

Rappresentazioni sociali nei gruppi


Spesso sono i gruppi (società) a costruire spiegazioni per giustificare eventi e azioni e noi come
membri condividiamo queste spiegazioni sociali. Ci fermiamo a compiere attribuzioni causali
solo quando gli eventi sono inattesi o non coerenti con le aspettative, quando siamo di cattivo
umore, quando percepiamo mancanza di controllo o quando ci viene esplicitamente chiesto di
esprimere una spiegazione causale.

I gruppi sviluppano spiegazioni causali per sé stess, come membri di un gruppo, o per altri
(memebri di ingroup o outgroup)
Attribuzioni intergruppo: processo di assegnazione della causa del comportamento proprio o
altrui all’appartenenza a un gruppo
- Etnocentrismo: giudizio favorevole per il proprio gruppo
- Porta a: → Errore ultimo di attribuzione: le persone danno delle attribuzioni positive
interne per il nostro gruppo e esterne per gli altri. Per quelle negative, fanno attribuzioni
disposizionali per il comportamento negativo degli outgroup e situazionali per l’ingroup.
A livello sociale, ci forniscono spiegazioni per la povertà, ricchezza, disoccupazione. Nella sfera
politica i conservatori tendono a compiere spiegazioni interne per queste, mentre i progressisti
spiegazioni esterne. Anche diversi livelli di istruzione possono influire (bassi livelli attivano un
processo di ragionamento guidto dall’affetto, anche negativo - es, bianchi verso neri)
Ideologia: insieme di credenze sistematicamente correlate che ha come funzione primaria la
spiegazione. Circoscrive il pensiero, rendendo difficile uscire dai confini che la delimitano.

Rappresentazioni sociali: Spiegazioni elaborate collettivamente a proposito di fenomeni poco


familiari e complessi, tali da renderli familiari e di semplice comprensione.
Condivise all’interno di un gruppo, ma non necessariamente fra un gruppo e un altro.

Teoria delle Rappresentazioni sociali (Moscovici): descrive uno dei modi attraverso cui si può
costruire e trasmettere la conoscenza determinata dalla cultura rispetto alle cause di qualcosa.
Rappresentazioni sociali: Spiegazioni elaborate collettivamente a proposito di fenomeni poco
familiari e complessi, tali da renderli familiari e di semplice comprensione.
Condivise all’interno di un gruppo, ma non necessariamente fra un gruppo e un altro.
Spiegazione tecnica elaborata da specialisti → attira attenzione dell'opinione pubblica →
divulgazione e condivisione (con probabile semplificazione, distorsione, ritualizzazione) tra non
specialisti → rappresentazione sociale (spiegazione basata sul senso comune, accettata e
indiscussa, soppianta spiegazioni alternative e diventa ortodossa)
Critiche alla teoria:
- formulata in modo impreciso
- Difficoltà di misurare in termini quantitativi le rappresentazioni sociali

Voci (rumours): informazioni che circolano per sentito dire, riguardo eventi incerti e confusi. I
gruppi tendono ad alimentare questa forma di comunicazione in assenza di informazioni
condivise.
- La trasmissione è caratterizzata da livellamento, affinatura e assimilazione (diventa via
via più complessa, con delle caratteristiche ingigantite).
proliferano in momenti di crisi.
- Aumentano il senso di controllo e il senso di appartenenza al gruppo.
- Hanno sempre una fonte, che le produce spesso di proposito per una ragione specifica
Un tipo particolare è quello delle teorie della cospirazione (teorie causali astruse che si
basano sull’idea che una minoranza organizzata cospiri contro il resto dell’umanità). Sono
antiscientifiche. Danno la possibilità di dare senso e controllo al mondo.
Sè IDENTITà E SOCIETà
Riflessione su sè stessi è un processo storico. Tappe:
- Secolarizzazione → la realizzazione di sè stessi può avvenire su questa terra
- Industrializzazione → cambia il modo di produzione. Dall’essere parte della comunità a
una società più individualista
- Illuminismo → cambiare il proprio posto nella società
- Psicanalisi → rafforzamento dell’idea di individualità da approfondire e studiare
(conoscere la psiche umana e i suoi misteri).

Sè + identità
- Costrutti che derivano e influenzano il nostro rapporto con l’ambiente sociale e la
percezione.

Costrutto: unità teorica non osservabile

Il sé psicodinamico
Nella teoria psicodinamica l’Io è un’unità unica e irripetibile
- es: impulsi libidici asociali e egoistici
- Super io: norme interiorizzare provenienti dalla nostra società

Io e noi: aspetti molto vicini

Rappresentazione di sè
Freud ha un punto di vista individuale
Allport dice che sono le caratteristiche individuali danno forma alla relazione sociale, ma il
gruppo possiede una mente a sè stante e influenza il comportamento degli individui stessi → il
mio comportamento è diverso se sono solo o in determinati gruppi

Comportamento collettivo
Alcuni psicologi sociali ritengono che il sé trae le sue proprietà dai gruppi.
Secondo Mc Dougall si sviluppa una mente di gruppo che va al di là dell'interazione tra individui.

In anni recenti il concerto di sé collettivo è stato sviluppato stato sviluppato nella teoria
dell'identità sociale.

Identificazione tra individuo e gruppo


- Low status: somiglio al mio gruppo (assimilo le caratteristiche del gruppo) → di solito
persone di basso stato sociale adottano questo approccio
- High status: il mio gruppo è come me (do al gruppo delle mie caratteristiche) → persone
di alto stato sociale
Sé e interazione sociale
Il sè nasce e si forma grazie all'interazione sociale. William James distingue il flusso di
coscienza come sé come flusso di coscienza (io) e sé come oggetto di percezione (me)
(Me, Myself and I)
L’io può essere consapevole del me, permettendo alle persone di conoscersi.
- Me: narrativo, io guardato attraverso una lente
- Myself: self. Faccio mie le percezioni che gli altri hanno su di me. Idea di sè basata su
come io penso che mi vedono gli altri. In questa immagine c’è anche l’appartenenza ai
gruppi sociali.
- I: flusso di coscienza.

Interazionismo simbolico: teoria sulle modalità di emersione del sé tramite l'interazione


umana. Richiede che le persone si scambiano simboli che sono in genere condivisi e
rappresentano proprietà astratte piuttosto che oggetti concreti. Il sè emerge dall’interazione
umana.

L'interazione sociale efficace si basa sulla capacità di assumere il ruolo dell'altro, vedendo
quindi noi stessi come ci vedono gli altri (sé riflesso), come oggetto sociale (me) e non come
soggetto (io). Spesso gli altri ci vedono come rappresentanti di una categoria, quindi il me
diventa noi.
Le persone vedono sé stesse come pensano che gli altri le vedono, sovrastimando
caratteristiche positive e il controllo che hanno sugli eventi, e sono ottimiste in modo irrealistico
(triade dell'autoaccrescimento)

Autoconsapevolezza

Autoconsapevolezza (self-awareness): stato variabile di consapevolezza di sè stessi come


oggetti nel mondo
- Oggettiva: quando ci osserviamo in modo deliberato, generata da qualcosa che
focalizza la nostra attenzione su noi stessi come oggetto (es. Analisi di coscienza,di
fronte a un pubblico, allo specchio)
- In alcuni casi possiamo ridurla (es. Se essere consapevoli di noi stessi è
stressante/doloroso → uso di alcool)
- Tende a ridursi quando facciamo parte di una folla → siamo meno consapevoli e
responsabili dei nostri comportamenti
- Conoscenza di sè: costruita come qualsiasi altro tipo di conoscenza → schemi,
strutture. La rilevanza degli schemi su noi stessi è maggiore di altre. Ordinato
gerarchicamente secondo alcuni aspetti che riteniamo più importanti. Per descriverci
usiamo degli schemi che valutiamo più importanti.
Schemi di sè:
- Vantaggioso averne molti
- Vantaggioso che non siano troppo rigidi
2 tipi di sè di cui possiamo essere consapevoli:
- Sè privato (pensieri, sentimenti, atteggiamenti privati)
- Sè pubblico (il modo in cui le persone ci vedono)
L’autoconsapevolezza può migliorare l'introspezione. Il contrario è la deindividuazione.
Deindividuazione: processo per cui le persone perdono il senso di identità individuale frutto
della socializzazione e assumono comportamenti asociali o antisociali
Effetto della mera presenza: il comportamento di un individuo cambia se vicino c’è un’altra
persone

Conoscenza di sé
Il concetto di sé è uno schema complesso e multisfaccettato.

Come conoscere il sé
Teoria dell’autopercezione (Bem, 1967)
Compiamo attribuzioni non solo riguardo al comportamento degli altri ma anche riguardo al
nostro. Ci formiamo un'idea di chi siamo non con l'introspezione ma grazie alle capacità di
produrre attribuzioni interne riguardo al nostro comportamento.
Ma ci sono degli aspetti di noi a cui non abbiamo accesso, oppure che non sono piacevoli.
→ compiamo delle attribuzioni sulla base dei nostri comportamenti (come faremmo con gli altri),
alla ricerca di disposizioni interne stabili (coerenti e solide. Es. sono una persona generosa)
Per costruire un’idea di noi stessi può anche bastare immaginarsi di fare qualcosa

Effetto di sovragiustificazione
In assenza di chiare cause esterne per il nostro comportamento supponiamo di aver scelto
spontaneamente quel comportamento perché cipiaceva.
L'introduzione di ricompense riduce lamotivazione e il piacere che si prova nello svolgimento di
un compito precedentemente motivato instrinsecamente.
(es. Bambini che ricevono un premietto per disegnare, il giorno dopo disegnano di meno,
perché penso di voler disegnare per il premio e non per la voglia di disegnare).
Il trucco è diminuire ricompense sulla quantità ma aumentare quelle sulla qualità della
prestazione.

Teoria del confronto sociale (Festinger, 1954)


Acquisiamo conoscenza di sé attraverso il confronto con gli altri dei nostri comportamenti e
opinioni. In questo modo possiamo stabilire il modo di pensare e comportarsi corretto e
socialmente approvato. Per sapere se siamo adeguati abbiamo bisogno di verificarlo attraverso
gli altri. Cerchiamo punti di riferimenti simili a noi
- Effetti sull’autostima (tendiamo a fare confronti con persone che sono leggermente
peggiori di noi, in quanto confronti verso l'alto possono danneggiarel'autostima)
- Secondo il modello di manteninmento dell’autostima (Tesser), nel caso in cui il
confronto sia indirizzato verso l’alto, cerchiamo di minimizzare la somiglianza con l’altra
persona o interrompiamo i rapporti con lei
- I confronti verso il basso si instaurano anche fra i gruppi (“noi siamo meglio di loro”)

Teoria della categorizzazione del sè (Tajfel & Turner)


Sviluppo della teoria dell'identità sociale secondo cui il Processo di categorizzazione del sè
come membro di un gruppo produce identità sociale e comportamento nel gruppo e tra i gruppi
+ assimilazione degli attributi e giudizi (positivi) del gruppo stesso) → riflesso positivo sul sè. (Le
persone che si considerano parte di un gruppo si categorizzano come membri del gruppo e
interiorizzano nel giudizio su di sé in modo automatico gli attributi che descrivono il gruppo).

Gloria riflessa (Basking in Reflected Glory BIRGing): essere associati a persone o gruppi
degni di ammirazione, è come se facesse riflettere su di noi gli attributi positivi di quella
persona. (Es: nello sport rifare una squadra)

Regolazione del sé
Gli schemi di sé descrivono quello che siamo ma anche quello che vogliamo essere.

Teoria della discrepanza del sé (Higgins, 1986)


Teoria relativa alle conseguenze del confronto fra sé reale e ideale e normativo.
L’idea di noi stessi si confronta con ciò che vorremmo essere
- Sé reale: come noi realmente siamo
- Sé ideale: quello che noi vorremmo essere (più grande è lo scarto tra reale e ideale, più
siamo tristi)
- Sè normativo: come pensiamo che dovremmo essere (più è lo scarto tra reale e
normativo, più abbiamo ansia)
Gli ultimi due sono guide del sé.

Regolazione del sé: strategie di riduzione della discrepanza tra reale e ideale/normativo
- Teoria basata sull’autoregolazione (Higgins, 1997): le persone usano delle strategie di
regolazione del sé per portarsi al livello dei propri modelli e obiettivi per mezzo di un
sistema di promozione o prevenzione.
● Sistema di prevenzione (obiettivi del sé normativo - avoidance): motivazione a
adempiere doveri e obblighi (norme), concentrandosi su eventi negativi. Strategia
di allontanamento
● Sistema di promozione (obiettivi del sé ideale - approach): motivazione a
concretizzare, concentrandosi su eventi positivi, utilizzando una strategia di
avvicinamento

Identità
Sè e identità sono concetti appartenenti a tradizioni filosofiche diverse.
Identità: quello che mi identifica, definisce, che mi dice chi sono e mi rende unico e
riconoscibile (tanti pezzi di identità: es. Essere italiano, maschio, età, vedute politiche)
Sé (concetto di sé): rappresentazione che abbiamo della nostra identità. / Quello che ci viene
in mente quando pensiamo a noi stessi (fatto di pezzi di identità). / La teoria che abbiamo sulla
nostra personalità e su noi stessi.
2 Classi di Identità (Tjfel & Turner)
- Identità sociale: parte di sé relativa all’appartenenza a gruppi sociali
- Identità personale: parte di sé relativa a tratti individuali o relazioni specifiche

3 forme del sé
- Sé individuale: tratti distintivi che differenziano sé dagli altri
- Sé relazionale: deriva da relazioni stabili con altre persone significative (tipo particolare
di sé collettivo)
- Sé collettivo: deriva dall’appartenenza a dei gruppi

Identità personale → stabilisce tratti distintivi che costituiscono il sé individuale


Identità sociale → attributi noi vs loro → sé collettivo

Pur avendo diversi sé, cerchiamo di conservare un'immagine integrata di chi siamo.

Strategie di coesione del sé (Baumeister, 1998)


- Limitazione del numero di contesti (la nostra idea di noi stessi si basa su pochi contesti: i
nostri sé cambiano a seconda del contesto, quindi limitando i contesti ci proteggiamo dai
conflitti attorno al concetto di sé)
- Integrazione delle identità ed eliminazione degli aspetti superati (le persone si
raccontano la propria storia, eliminando le cose che non sono più applicabili e si
introducono nuove cose)
- Attribuzione esterna delle incongruenze (si attribuiscono le incongruenze alle
circostanze e non a tratti stabili) applicando l’Effetto attore-osservatore: distorsione
cognitiva che ci fa attribuire i comportamenti degli altri a cause interne, mentre i nostri a
cause esterne.

Motivazioni del sé

3 motivazioni influenzano i processi di acquisizione della coscienza di sé:


- Conferma → autovalutazione (capire chi siamo e confermare noi stessi): ci sforziamo
di scoprire la verità al proprio riguardo→ esplora tratti periferici del sé
- Coerenza → autoverifica (confermare chi siamo, per essere coerenti): cerchiamo
informazioni coerenti con il nostro sé → esplora tratti centrali del sé con autoriflessione
per confermare ciò che si conosce già
- Valore → autoaccrescimento (sviluppare e promuovere l’immagine di noi stessi, dare
una buona impression): vogliamo scoprire nuovi aspetti favorevoli su noi stessi,
affermando pubblicamente (in modo palese o meno) aspetti positivi su di sé. Si basa sul
bisogno di mantenere un’immagine positiva di sé → esplora tratti positivi del sé
L’influenza maggiore è esercitata dall’autoaccrescimento, seguita dall’autoverifica.
La maggior parte della nostra attività è focalizzata su coerenza e valore. La nostra attività di
costruzione della nostra immagine è basata sulle prime due cioè principalmente migliorare la
nostra immagine e confermare i tratti già positivi. Elaboriamo autoinganni elaborati per
proteggere gli aspetti positivi del concetto di sé

Teoria dell’autoaffermazione (Kunda, 1990)


- Bisogno di mantenere e promuovere un’immagine positiva di sé
- Focalizzazione selettiva sulle aree di maggior competenza (scegliamo di promuovere
alcune cose di noi piuttosto che altre)
- Più forte quando il sé è sotto minaccia

Bias cognitivi finalizzati all'autoaccrescimento (cioè a migliorare l'immagine di noi stessi)


Tendiamo a:
- attribuire a noi successi e i fallimenti alle circostanze
- ricordare più i successi dei fallimenti
- accogliere le lodi e dubitare delle critiche
- Selezionare le informazioni positive su di sè
- Risolvere l’ambiguità a proprio favore
- Perdonare i propri difetti e esaltare le proprie qualità

Triade dell’autoaccrescimento (Sedikides e Gregg, 2003): per avere un maggior senso di


benessere le persone mostrano:
- Sopravvalutazione dei propri pregi
- Sovrastima del proprio controllo sugli eventi (idea che il mondo sia un posto dove
abbiamo capacità di governare quello che succede → ci dà una miglire immagine di noi
stessi)
- Ottimismo irrealistico su di sé

Minacce al senso di sé
- Fallimenti
- Incongruenze
- Eventi stressanti

Autostima
L’autostima è strettamente connessa all’identità sociale → attraverso l’identificazione con il
gruppo, i tratti positivi di esso vengono applicati a noi stessi.
Essa può essere considerata come tratto disposizionale, soggetto a variabilità inter-individuale.
Bassa autostima è correlata a vari problemi sociali e personali (tossicodipendenza, crimine,
gravidanze indesiderate, rendimento basso a scuola)
Ma anche l’alta autostima può essere correlata a violenza, se il sé viene minacciato (le persone
con alta autostima diventano più violente di quelle con bassa autostima se vengono minacciate)
L’effetto del consumismo sull’autostima è stato fortemente negativo nella società occidentale
contemporanea.
La felicità può aumentare l’autostima (essere di buon umore distorce la stima che abbiamo di
noi stessi in senso positivio).

Perché ricerchiamo l’autostima:


1. Teoria della gestione del terrore (Greenberg)
Di fronte all’ineluttabilità della morte cerchiamo di ridurre la paura e l’autostima è una
difesa contro la minaccia della morte → aiuta le persone a sentirsi “immortali, positive ed
entusiaste della vita
2. L’autostima è un sociometro?
È un rilevatore dell’accettazione e inclusione sociale o del rifiuto/esclusione.

Autopresentazione
Cerchiamo di controllare la presentazione del sé che proiettiamo attraverso l’interazione con gli
altri.
Gestione dell’impressione:
- Cerchiamo di mostrarci sotto una luce positiva adattando la nostra strategia alle diverse
aree sociali, come ruoli diversi per pubblici diversi.
Automonitoraggio: controllo attento del nostro modo di presentarci. Attenti osservatori di sé
stessi adottano modelli strategici di presentazione

Autopresentazione = sforzo intenzionale di agire in modo da creare un’impressione particolare


di noi stessi. Due tipi:
- Autopresentazione strategica (incentrata sugli altri). Motivazioni e strategie in cui
tentiamo di presentarci in base all’altro:
1. Autopromozione: convincere della propria competenza
2. Accattivamento: piacere adattandosi al gusto degli altri. Consigli per presentarsi
per piacere agli altri: 1. Essere d’accordo con le loro opinioni, ma in maniera
credibile, bilanciando accordo pieno e disaccordo lieve - 2. Essere modesti in
modo selettivo (prendersi gioco di sè per cose prive di importanza, essere critici
su sé stressi in aree non molto importanti), 3. Non apparire alla ricerca
dell’approvazione altrui, lasciare che gli altri facciano l’autopres. strategica per
noi. - 4. Fare riferimenti a legami con persone vincenti
3. Intimidazione: mostrarsi pericolosi
4. Esemplificazione: apparire moralmente rispettabili
5. Supplica: apparire bisognosi
- Autopresentazione espressiva (centrata su sé stessi). Si cerca di far valere ciò che
siamo:
1. Cerchiamo riconoscimento dagli altri (conferma sociale), quindi cerchiamo
persone che confermano chi siamo (un particolare concetto di sé non ha valore a
meno che non venga riconosciuto dagli altri. Es: se penso di essere intelligente
ma nessuno lo conferma, non ha senso pensarlo)
2. Si agisce in maniera incisiva
3. Funzionale al cambiamento nella presentazione di sé → solo il comportamento
adottato in pubblico è interiorizzato come descrizione del proprio sé

ATTEGGIAMENTI E PERSUASIONE
In psicologia sociale
Attitude → atteggiamento
Organizzazione stabile di convinzioni, credenze, pensieri, emozioni e tendenze all’azione. È una
disposizione valutativa ed emotiva verso un determinato fenomeno sociale. È anche un
sentimento o valutazione generale in merito a una persona/oggetto/problema

Modello di atteggiamento a 3 componenti: posizione teorica ampiamente sostenuta. 3


componenti:
- Cognitiva (convinzioni: le credenze sull’oggetto di un’atteggiamento)
- Affettiva (sentimenti positivi/negativi)
- Comportamentale (azione: stato di prontezza a intraprendere un’azione)
Grazie ad essi possiamo prendere decisioni, interpretiamo, diamo significato e agiamo secondo
uno scopo. Gli atteggiamenti:
- Sono tendenzialmente stabili nel tempo,
- Limitati a fenomeni sociali significativi,
- Generalizzabili (per astrazione, su larga scala, e non relativi a un evento singolo)
Ogni atteggiamento è costituito di pensieri e idee.
Lo scopo degli atteggiamenti ha una funzione utilitaristica:
- Economia cognitiva (tempo e energia)
- Limitare esperienze negative

Formazione dell’atteggiamento
Processo con cui si formano i nostri atteggiamenti, principalmente attraverso:
1. Esperienza diretta
2. Influenza degli altri
3. Nostre reazioni emotive (Processi cognitivi e emotivi)
In particolare:
● Effetto della mera esposizione (Zajonc): valutazione di un fenomeno deriva
dall’esperienza ripetuta, inducendo una maggiore propensione verso il fenomeno
(l’esposizione a un oggetto dà come risultato una maggiore attrazione nei suoi confronti)
Condizionamento
- Classico (associare esperienze piacevoli/spiacevoli per legare quella sensazione al
fenomeno)
- Operante/strumentale (rinforzi/punizioni legati a un fenomeno)
- Modellamento / apprendimento vicario/sociale (Bandura): impariamo osservando quello
che succede agli altri
Fonti privilegiate dell’apprendimento di atteggiamenti
- Genitori e famiglia + gruppi di appartenenza rilevanti
- Mass media e pubblicità
- Noi stessi: facciamo inferenze causali dai nostri comportamenti e impariamo i nostri
atteggiamenti interpretandoli (teoria dell’autopercezione di Bem → aumentiamo la
conoscenza di noi stessi facendo autoattribuzioni. Ci chiediamo “perché lo faccio?” e nel
trovare le cause ci diamo risposte che contribuiscono alla percezione di noi stessi, anche
se non sempre queste spiegazioni sono corrette o complete)

Misurazione degli atteggiamenti


Non sempre conosciamo i nostri atteggiamenti + riteniamo che alcuni atteggiamenti che
abbiamo non siano ben accetti, quindi non li condividiamo
Per ovviare a questi problemi ci sono varie scale
- Scala di Thurstone: fondato su metodi di misura scalare delle misure psicofisiche.
Scala continua bipolare (si/no, favorevole/sfavorevole). Vengono sottoposti a verifica
molti item, dei quali si conservano solo quelli che hanno una mutua correlazione.
- Scala Likert: scala di risposta articolata in 5 punti espressa in forma di grado di accordo
(quanto sei d’accordo con la seguente opinione: completamente d’accordo/in
disaccordo). Dove possibile gli item sono organizzati così che per metà di essi l’etichetta
“d’accordo” rappresenti un atteggiamento positivo e per l’altra metà il contrario. Quesrto
limita l'insieme di risposte acquiescenti (tendenza a dichiararsi d’accordo con gli item di
un questionario di atteggiamento).
- Scala di Guttman: simili alla scala di Thurstone ma ordinate gerarchicamente
(gradazione gerarchica con affermazioni da più lievi e più estreme). Gli item sono
cumulativi (l’accettazione di uno implica l’accettazione di tutti quelli che lo precedono
nela scala di estremità)
- Differenziale semantico di Osgood: chiede di giudicare un fenomeno in termini di
aggettivi opposti (caldo/freddo, bello brutto), giudicando la positività o negatività di una
parola. Il punteggio relativo all’atteggiamento viene calcolato in base al valore medio
delle risposte fornite alle diverse scale proposte.
- Scala di atteggiamento Pettigrew & Maertens: specifica per indagare le forme di
pregiudizio sottili o manifeste. Sulla base della differenza concettuale tra una forma di
pregiudizio blatant (manifesta) oppure subtle (sottile), operazionalizzata facendo ricorso
a 2 scale di 10 item ciascuna.
● Scala per rilevare la Forma manifesta: 2 sottoscale: - minaccia percepita (es.
Razzismo: ci portano via il lavoro) + anti-intimità (sottolineare le differenze)
● Scala per rilevare la Forma sottile: 3 componenti: difesa dei valori tradizionali +
esasperazione delle differenze interculturali + sottolineatura emotiva positiva (es.
Ho tanti amici gay)
-
Le più usate sono Likert e Osgood, spesso in combinazione.
Ci sono dei metodi di analisi statistica per elaborare i dati:
- correlazione fra gli item → porta anche alla creazione di sottoscale
- Correlazione item-totale
- Analisi fattoriale

Come si rilevano gli atteggiamenti:


- Questionari: chiedere direttamente
- Parametri fisiologici (es. Battito, respirazione): vantaggi: inconsapevole e inalterabile;
svantaggi: interferenze (non siamo sicuri che possa essere attribuito al parametro) +
genericità.
- Indizi derivati dalle azioni:
- Metodi di osservazione non invasiva: raccolta di indizi dei fenomeni, non
alterano i comportamenti, l’osservazione non essendo in laboratorio non può
controllare tutte le variabili (es: numero di impronte su una teca in museo può
mostrare quale opera è più popolare)
- Tecnica del falso collegamento: convincere i partecipanti che non è possibile
nascondere i propri atteggiamenti reali, che si capisce se stanno dicendo una
bugia
- Atteggiamenti impliciti: atteggiamenti di cui una persona può non essere consapevole.
Si possono rilevare attraverso
1. Tendenza sistematica nell’utilizzo del linguaggio (parole astratte per
descrivere una cosa buona di un ingroup -locus interno-, verbi concreti per una
cosa buona di un outgroup -locus esterno-, e viceversa per le cose cattive)
2. Attivazione dell’atteggiamento: rispondiamo più velocemente quando un
atteggiamento è corrispondente a una risposta “corretta” (es: foto di bianchi/neri
→ soggetti ci mettono di più a rispondere quando un aggettivo positivo descrive
una foto di una persona nera)
3. Test di associazione implicita (IAT Implicit association task): si misurano i
tempi di reazione che cambiano se la risposta è congruente con quello che
pensiamo (es. Foto di un bianco + parola onesto; foto di un nero + parola onesto)

Atteggiamenti e condotte
Primi studi:
- LaPiere (1934): gli albergatori americani accolgono ospiti cinesi, pur dichiarando
successivamente nei questionari che non li avrebbero ospitati → mette in discussione i
questionari di atteggiamento
- 1960: correlazione tra atteggiamenti e comportamenti è debole
Ci sono varie caratteristiche che influenzano la connessione tra un atteggiamento e un’azione,
in particolare forza e accessibilità:
● Accessibilità:
- Gli atteggiamenti accessibili sono quelli più facilmente recuperati dalla
memoria ed espressi più rapidamente (è un caso di euristica della disponibilità.
Es. abbiamo più paura di morire in aereo perché si parla più delle morti in aereo
che delle morti in motorino, e in modo più grandioso)
- Sono più stabili, più selettivi e più resistenti al cambiamento → influenzano di più
il modo in cui categorizziamo perché è più facile accedervi
- Un atteggiamento diventa più accessibile nella misura in cui l’esperienza diretta
con l’oggetto diventa più frequente.
● Forza:
- Gli atteggiamenti forti indirizzano il comportamento.
- Un atteggiamento forte deve essere molto accessibile.
- Intensità fra l’oggetto della valutazione e la valutazione: l’esperienza diretta con
un oggetto e l’avere un interesse personale nei suoi confronti rendono
l'atteggiamento più accessibile e incrementano l’effetto sul comportamento
- Quanto più si pensa a un atteggiamento, tanto più è probabile che ricompaia e
influenzi il comportamento, agevolando il processo decisionale.
- Anche la valenza personale agisce su forza e accessibilità

Modello dell’aspettativa x valore (Fishbein & Ajzen, 1974)


- Aspettative: credenze e convinzioni sugli attributi di un determinato oggetto di un
atteggiamento
- Valore: valutazione di quegli attributi
L’esperienza diretta influenza

Teoria dell’azione ragionata (Fishbein & Ajzen, 1974): affronta il problema dello scarso
collegamento tra atteggiamento e comportamento. Secondo essa, gli atteggiamenti si collegano
al comportamento sulla base di processi intenzionali.
Componenti:
1. Norma soggettiva (formata dall’idea dell’approvazione che il nostro comportamento
avrebbe dagli altri + motivazione individuale a compiacere gli altri, fare la cosa giusta)
2. Atteggiamento verso il comportamento (basato su credenze + valutazione delle
conseguenze)
3. Intenzione comportamentale (data dall’atteggiamento + le norme soggettive →
dichiarazione interiore all’azione)
4. Comportamento: l’azione eseguita
Tipicamente verrà eseguito l’azione se l’atteggiamento è a favore e se le norme sociali la
sostengono.
La TRA enfatizza la razionalità del comportamento umano e la convinzione che esso sia
controllabile.

Teoria del comportamento pianificato (Ajzen): mette in evidenza la volontà, aggiungendo alla
TRA la Percezione di controllo sull’azione: quando prendiamo decisioni pensiamo alle
esperienze passate e agli ostacoli presenti.

Un’altro strumento di previsione per il comportameneto futuro è l’abitudine

Dissonanza cognitiva
Teoria di Festinger (1957). Fa parte delle teorie sulla coerenza cognitiva. Abbiamo una
tendenza alla coerenza cognitiva e all’armonia → vogliamo credere di essere coerenti nel modo
di pensare, sentire e agire.

Dissonanza cognitiva
Sgradevole stato di tensione mentale che si verifica quando abbiamo due cognizioni che sono
in contrasto/incoerenti → cerchiamo di modificare una delle due cognizioni per poter allentare la
tensione.
Cognizione: processi mentali che possono essere in larga misura inconsci. È un’attività
mentale attraverso cui si elaborano, comprendono e memorizzano informazioni percettive e
attraverso cui si pianifica e programma ciò che si dice e si fa.

3 paradigmi della dissonanza:


1. Giustificazione dello sforzo: l’incoerenza è esperita quando una persona compie uno
sforzo considerevole per raggiungere un risultato modesto (se abbiamo compiuto un
grande sforzo per raggiungere un risultato, apprezzeremo di più il risultato e lo
giustificheremo il risultato amplificandolo)
2. Obbedienza indotta: l’incoerenza è esperita quando un individuo è persuaso a
comportarsi in modo contrario a un atteggiamento. La pressione esercitata non
dovrebbe essere percepita come forzatura contraria alla propria volontà → distorsione.
(esperimento tedioso, partecipanti pagati 1 o 20 dollari. Quelli pagati mento hanno una
dissonanza perché hanno eseguito un compito tedioso per pochi soldi → saranno portati
a pensare che il compito era invece interessante, per giustificare il fatto che lo abbiano
fatto)
3. Libera scelta: il periodo predecisionale è segnato da dissonanza, quello
postdecisionale da calma e fiducia. (una volta effettuata una scelta difficile, la si
considera più certa rispetto a prima di effettuarla. Una volta fatta la scelta sarà coerente
con essa)

Conflitto post-decisionale
Se faccio qualcosa di contrario ai miei atteggiamenti in assenza di altre giustificazioni proverò
maggiore dissonanza → modificherò il mio atteggiamento
(esempio delle cavallette → mangiare le cavallette può renderci più favorevoli a questo cibo se
chi ce le propone non è nemmeno simpatico con noi. Se è stato simpatico ci diremo che le
abbiamo mangiate per fare un piacere. Quello che non sono nemmeno sono stati trattati bene
hanno come unica scappatoia convincersi che le hanno mangiate perché non erano poi così
cattive)

La teoria della dissonanza ha ricevuto critiche ma è ancora largamente utilizzata in determinati


contesti.

Persuasione
Persuasione: indurre un cambiamento mirato negli atteggiamenti attraverso una
comunicazione efficace
Si usa in:
- Politica (cambiamento di vedute politiche e comportamenti di voto)
- Marketing (atteggiamenti verso prodotti e comportamenti di acquisto)
- Salute (promozione di comportamenti salutari)

Studi sulla comunicazione persuasiva iniziano nella prima guerra mondiale (convincere le
persone a atteggiamenti pro-bellici)

Messaggio risulta persuasivo se


- Attira l’attenzione
- Viene compreso
- Sono esperiti come piacevoli

Analisi della comunicazione persuasiva e caratteristiche per cui è più efficace


1. Fonte (esperti, attraenti e popolari, sicuri, veloci)
2. messaggio (sincero/non manipolativo, chiaro, che faccia leva sulle paure delle persone
3. Pubblico (debole e bassa autostima, distratto o indifeso, giovane)
Paura e persuasione
- Tradizionalmente si ritiene che la paura generi persuasione
- Controproducente nel sostenere buone pratiche igieniche (James & Fesbach)
- Funziona nell’attirare l’attenzione, ma non è detto che sia convincente (perché la paura
non agevola i processi cognitivi, quindi non recepiamo quello che ci stanno dicendo)

Teoria della motivazione alla protezione (riguarda la salute)


- L’adozione di un comportamento mirato a mantenersi sani richiede un bilanciamento
cognitivo tra la minaccia percepita della malattia e la capacità che l’individuo ritiene di
possedere per gestire il regime salutistico. Conta quanto la minaccia percepita è grave e
quanto siamo a rischio.
- Valutazione della capacità di proteggersi (efficacia + auto-efficacia)
- Ricompensa intrinseca/estrinseca
- Efficacia della risposta adattiva
→ si valuta l’impegno in base a queste caratteristiche

Modelli a 2 processi verso la persuasione


1. Modello della probabilità dell’elaborazione (Petty e Cacioppo, 1986): quando le
persone ascoltano attentamente un messaggio, usano un percorso centrale per
elaborarlo, altrimenti periferico. Quando le persone ricevono un messaggio persuasivo
pensano alle argomentazioni implicite, ma non sempre, a causa dell’economia cognitiva.
Abbiamo 2 modi diversi di elaborare l’informazione
- Percorso centrale → elaborazione più attenta (richiede più sforzo cognitivo,
quindi l’uso di questo dipende dalla qualità delle informazioni: elementi
concettuali del messaggio devono essere esposti in modo convincente)
- Percorso periferico → elaborazione più superficiale (questo percorso dipende
da indizi di persuasione, le decisioni vengono prese per motivi superficiali, es:
una modella attraente in una pubblicità)
2. Modello euristico sistematico (Chaiken): quando le persone ascoltano attentamente
un messaggio usano un’elaborazione sistematica, altrimenti attraverso le euristiche
- Elaborazione sistematica (centrata sugli argomenti disponibili)
- Elaborazione euristica (basata sulle scorciatoie euristiche. Es. pubblicità di una
crema con un attore con camice bianco → siamo portati a credere che abbia
valore scientifico)

Soglia di sufficienza: utilizziamo le risorse minime necessarie per sentire di poterci fidare dei
nostri atteggiamenti e adottiamo procedure cognitive più dispendiose quando proprio non
possiamo fidarci

Anche benessere e buon umore aiutano la persuasione (musichette…): sentirsi bene ostacola
l’elaborazione di un messaggio in maniera sistematica

Cosa rende resistenti alla persuasione?


- Reattività (ribellione alla percezione di un intento costrittivo per preservare la libertà di
azione che viene percepita come messa in discussione)
- Preavvertimento (resistenza anticipatoria a tentativi di persuasione preannunciati. In
questo modo possono preparare la propria difesa → è un caso speciale di
immunizzazione)
- Immunizzazione (sviluppo di argomenti solidi per contrastare quelli degli altri o essere
sicuri dei propri argomenti). 2 tipi:
- Difesa basata sul sostegno: fondata sul rafforzamento dell’atteggiamento
(fornendo argomentazioni aggiuntive in sostegno delle credenze originali)
- Difesa basata sull’immunizzazione: impiega controargomentazioni e può avere
maggiore efficacia. Una persona apprende gli argomenti dell’opposizione e poi
ascolta come vengono smontati.

INFLUENZA SOCIALE
Influenza sociale: processo secondo il quale gli atteggiamenti e i comportamenti sono
influenzati dalla presenza reale, ideale o implicita di altre persone.
Come esseri umani ci è naturale adeguarci al gruppo di appartenenza.

Norme sociali: credenze condivise all’interno di un gruppo riguardo l’appropriatezza di


comportamenti e condotte. Sono uniformità di atteggiamento e di comportamento che
definiscono l’appartenenza a un gruppo e differenziano i gruppi tra loro.
Le persone si comportano a seconda del proprio gruppo.

Tipi di norme:
- Descrittive: ci dicono com’è il mondo
- Prescrittive: ci dicono come noi dovremmo fare le cose
2 forme:
- Esplicite: regolate con leggi e sanzioni
- Implicite: pur essendo costruite, abbiamo l’impressione che siano naturali e istintive (es.
Il coprirsi le parti intime è diverso in diverse culture, si coprono istintivamente prima delle
parti diverse a seconda della cultura)

Metodo etnologico: metodo di Garfinkel che prevede di svelare una norma attraverso la
violazione di una norma. (es. Studenti che tornano a casa e si comportano come ospiti - i
parenti si meravigliano e si arrabbiano/offendono).
Quando si viola una norma implicita, gli altri si infastidiscono

È possibile che le norme cambino al cambiamento delle circostanze. Rimangono stabili finché
sono utili → ci sono diversi gradi di flessibilità. Quelle più centrali nel gruppo sono più rigide.

L’appartenenza al gruppo porta alla formazione di norme. Non siamo però suscettibili a tutte le
norme e tutte le fonti di informazioni: usiamo il contesto.
Esperimento: movimento autocinetico → se chiediamo a persone diverse avremo una variabilità
nella stima del movimento del puntino. Il gruppo tende a convergere su una valutazione
condivisa. Se però poi chiediamo di nuovo alle persone separate, avranno assorbito il punto di
vista del gruppo.
La norma nasce all’interno del gruppo e viene interiorizzata.
(esperimento: sala d’attesa + campanello + le persone si alzano in piedi)

Conformismo: tendenza a modificare in modo stabile e duraturo la propria posizione


(atteggiamenti e comportamenti) in base alla pressione esercitata dal gruppo / le persone
costruiscono una norma a partire dal comportamento degli altri, per determinare il corretto e
appropiato comportamento da adottare.
Esperimento di Asch: (1 segmento standard da confrontare con 3 segmenti di diverse
lunghezze → le persone si adeguano all’opinione del gruppo dando la risposta sbagliata). La
nostra capacità di giudizio cede il passo all’opinione del gruppo e si adegua a essa per timore di
essere giudicati. Alcune persone affermarono di aver visto veramente i segmenti allo stesso
modo degli altri.

Tratti di personalità che predispongono al conformismo:


- Bassa autostima
- Forte bisogno di sostegno e approvazione sociale
- Necessità di autocontrollo
- Basso QI
- Molta ansia
- Senso di colpa e insicurezza nel gruppo
- Le donne si conformano più degli uomini ma soprattuto in compiti in cui hanno meno
familiarità (questioni maschili), gli uomini più su quelle femminili
La tendenza delle persone a conformarsi varia molto in base a fattori situazionali e contestuali.
Siamo più conformisti quando:
- Ci muoviamo in un terreno in cui siamo meno sicuri (es. Uomini si adeguano quando si
parla di cose femminili / le donne sono più conformiste quando si parlava di attrezzi di
lavoro)
- Numerosità del gruppo: tendiamo a conformarci quando siamo in minoranza
- Unanimità: è sufficiente una persona che non sia d’accordo con il gruppo per diminuire il
conformismo (anche se la persona non è d’accordo con noi)
- Cultura: Le popolazioni di culture collettivistiche comportano maggiore conformismo di
quelle individualistiche
Processi di influenza sociale:
- Influenza normativa: agisce sul bisogno di ottenere approvazione sociale e di non
sentirsi esclusi
- Influenza informativa: avviene quando non siamo molto sicuri delle nostre
convinzioni/opinioni, oppure non abbiamo le idee molto chiare → tendiamo a
considerare attendibili le fonti esterne, cioè le informazioni del gruppo, per tarare le
nostre informazioni
- Influenza informativa del referente: il senso di appartenenza aumenta l’adozione delle
norme del gruppo come punto di riferimento personale (più ci sentiamo parte del gruppo,
più facciamo nostre le norme del gruppo)

Acquiescenza: comportamenti atti a fare ciò che gli altri richiedono, adeguandosi in modo
transitorio (anche sotto pressione o costrizione).
Conformiso cambia anche gli atteggiamenti, e in modo duraturo.
L’acquiescenza è transitoria e non cambia i nostri atteggiamenti.
Accattivamento: l’acquiescenza si ottiene con delle strategie:
- Apprezzamento
- Seduzione
- Mostrarsi interessanti agli occhi degli altri
Un accattivamento troppo manifesto è controproducente.
Reciprocità: fare una cosa gentile affinché l’altro si senta spinto a contraccambiare (fa leva sul
senso di colpa)
Richieste multiple (procedimenti per passi):
- Piede nella porta (chiedere prima una piccola cosa per poi fare una richiesta più grande)
- Porta in faccia (chiedere prima una cosa grande, per poi chiedere una cosa più piccola)
- Colpo basso (chiedere senza svelare tutta la richiesta. Es. “mi fai un favore?” Senza dire
cosa)

Dopo l’olocausto, alcune persone che avevano collaborato nel genocidio dicono di averlo fatto
perché avevano ricevuto degli ordini.

Stato di agente (Milgram 1963, 1974): stato d’animo di obbedienza incondizionata, diventando
“agenti” (non si sentono più responsabili delle azioni) e trasferiscono sull’altro la responsabilità
delle proprie azioni.
Esperimento: i soggetti devono dare una scossa a un complice quando l’altro commette
degli errori. Credono di dare le scosse ma possono solo sentire la voce dell’altro. Lo
sperimentatore li incita a aumentare il voltaggio della scossa. I soggetti protestano ma lo
sperimentatore continua a dirgli di farlo. → se qualcuno lo ordina, i soggetti arrivano a
somministrare scosse che possono danneggiare permanentemente la salute dell’altro
Spiegazioni:
- Gradualità del compito (effetto piede della porta)
- Mancanza di contiguità della vittima (più siamo vicini alla vittima, più empatizziamo e
meno siamo disposti a obbedire)
- Contiguità della figura autorevole (la vicinanza della figura ci porta a obbedire)
- Autorevolezza della figura autorevole
- Obbedienza del gruppo (se qualcun altro disobbedisce, anche il soggetto disobbedisce)
Nota: ora l’esperimento sarebbe eticamente discutibile (inganno, mancanza di informazioni, i
partecipanti erano indotti a proseguire contro la loro volontà, possibili effetti traumatici)

Minoranze
Se la maggioranza vincesse sempre, non ci sarebbero cambiamenti.
Influenza delle minoranze

Tendenza sistematica al conformismo (moscovici, 1972)


- La psicologia sociale fino agli anni 60 considera soprattutto l’influenza sociale delle
maggioranze in modo univoco e considera che le minoranze si adattino allo status quo
per uniformarsi e essere coerenti
- Importanza delle dinamiche conflittuali. Viene affrontato con:
- Confronto: la maggioranza persuade la minoranza, che si conforma.
- Mediazione: reciproco venirsi incontro
- Innovazione: una minoranza utilizza il conflitto in maniera strategica per
modificare la posizione della maggioranza. Alcune minoranze sono disposte a
sopportare il conflitto e aumentarlo per amplificare l’opinione della minoranza.
La minoranza per essere efficace deve essere:
- Coerente
- Attira l’attenzione
- Genera dubbio e incertezza
- Mostra punti di vista alternativi possibili
- Dimostra sicurezza nel proprio punto di vista
- Dimostra coinvolgimento sul proprio punto di vista
- Mostra che il proprio punto di vista è la migliore soluzione possibile al conflitto sociale

Inclusione: è importante che il gruppo di minoranza si proponga come parte del gruppo di
maggioranza (ingroup)
- le minoranze dissidenti sono oggetto di discriminazione → outgroup
Contratto di tolleranza: il disaccordo all’interno di un gruppo porta alla ricerca di una
risoluzione

Come funzionano
- Maggioranza → acquiescenza (dipendenza normativa o informativa, accettazione
passiva)
- Minoranza → conversione (presa in carico attiva, cambiamento improvviso e profondo)
Il dissenso della minoranza stimola il pensiero creativo e divergente.

Impatto sociale: influenza degli altri sui nostri atteggiamenti. Dipende dalla dimensione del
gruppo, dal suo potere, da quanto ci è vicino.
Le fonti di influenza aumentano il loro impatto con la grandezza → man mano che la fonte si
accresce, diminuisce l’apporto relativo delle delle fonti addizionali, fino a raggiungere una stasi.
→ l’esposizione a una nuova fonte di minoranza può avere un impatto più grande (ventata
d’aria fresca)

GRUPPI
I gruppi sono una forma di categoria: un insieme sfuocato definito sulla base di individui
organizzati attorno a un prototipo
Entatività: unità percepita, grado di coerenza, distintività e organizzazione di un gruppo (alcuni
gruppi ne hanno più di altri)

Storia dello studio dei gruppi


- Triplett (1898) : effetto della presenza degli altri sulle persone: es. Chiede a dei bambini
di avvolgere una fune attorno a un bastone, in contesto competitivo. Alcuni bambini
hanno una performance migliore, altri peggiore, se sono in presenza di altre persone
- Allport (1920): facilitazione sociale. Esperimento: mettendo una persona vicino al
soggetto, l’esecuzione di un compito facile migliora. Per compiti difficili l’effetto può
essere opposto, l’inibizione sociale

Teoria della pulsione (Zajonc): gli altri attivano in noi una pulsione che ci porta a utilizzare un
comportamento che è quello che valutiamo migliore.
Se il comportamento dominante è bene appreso, faremo meglio, altrimenti peggio.
Paura del giudizio (Cottrell, 1972):
- Spinta all’azione (pulsione) indotta dalla presenza degli altri dipende dal timore di
essere giudicati negativamente
- Facilitazione sociale: deriva da questo timore

Teoria della discrepanza di sé (Higgins, 1987)


- La presenza di altri aumenta l’autoconsapevolezza, in particolare la discrepanza tra sé
reale e sé ideale → facciamo uno sforzo per ridurre la discrepanza tra ciò che siamo e
ciò che vorremmo essere agli occhi degli altri

Compiti difficili possono peggiorare in presenza di altri perché:


- si generea imbarazzo nell’aspettativa di fallire
- La presenza degli altri assorbe risorse attentive

La presenza ha un impatto sociale


Nell’alimentazione:
- Mangiamo in quantità proporzionale a quello che mangiano gli altri
- Con gli amici mangiamo di più perché stiamo a tavola più a lungo

Perdita di coordinazione (steiner, 1976)


- Le prestazioni peggiorano in gruppo perché alcuni partecipanti non riescono a
coordinarsi con il gruppo e ad offrire il proprio contributo

Inerzia sociale
- Se lavoriamo in un gruppo ci impegniamo di meno (diminuisce la nostra motivazione,
pensiamo che gli altri lavorino per noi)
Anche quando non percepiamo la presenza dell’altro gruppo ma la immaginiamo (es: bendati,
con tappi alle orecchie), comunque diminuiamo il nostro sforzo

Ragioni per l’inerzia sociale


- Equità del risultato (non vogliamo fare più degli altri)
- Paura del giudizio (vogliamo rimanere nell’anonimato)
- Conformità allo standard (non infrandere le norme del gruppo, specialmente in uno
che non conosciamo bene)

Compensazione sociale: se il compito è percepito come molto rilevante, moltiplicheremo gli


sforzi anche per i compagni meno partecipativi o meno capaci
Altri fattori che portano a un aumento dell’impegno in gruppo
- Appartenenza a culture collettivistiche
- Senso di appartenenza al gruppo
- Solidarietà e coesione
- Aspettative di successo elevato

Coesione del gruppo: tendenza a percepirsi e a mantenersi. Si basa su legame affettivo,


unitarietà, uniformità, colaborazione, sostegno, spirito di squadra
L’apprezzamento è fondamentale nella coesione: attrazione personale (esperienza diretta
degli individui) / attrazione sociale (deriva dall’identificazione e si basa sulle caratteristiche del
gruppo)

Socializzazione: processo dinamico tra il gruppo e i suoi membri, nel quale variano il
coinvolgimento e i ruoli degli individui
Processo di socializzazione si svolge secondo 3 fattori
1. Valutazione del proprio e altrui contributo in relazione ai vantaggi ottenuti
2. Coinvolgimento: collaborazione, appartenenza, desiderio di continuità e di
sopravvivenza del gruppo
3. Transizione di ruolo: cambiamenti nel tempo del proprio posto all’interno del gruppo
(membro potenziale → nuovo membto → membro a pieno titolo → membro marginale
→ ex membro)
- Sancite da riti di iniziazione che hanno funzione simbolica (il cambiamento
viene riconosciuto dal resto del gruppo), di apprendistato (si apprende e ci si
adatta al nuovo ruolo) e di fidelizzazione (premio che aumenta il commitment.
- Riti di iniziazione spiacevoli: aumenta il valore percepito
dell’appartenenza al gruppo (per sollevarsi dalla dissonanza cognitiva,
l’aver superato una prova spiacevole porta a maggiore fidelizzazione al
gruppo per giustificare la difficoltà del rito di iniziazione

Struttura del gruppo: articolazione in ruoli che regolazione le relazioni tra i membri
Ruoli:
- Norme applicate ai singoli membri
- Distinguono attività dei membri in modo funzionale per il gruppo → suddivisione di
compiti e funzioni
- Regolano le relazioni tra i sottogruppi
- Espliciti / impliciti / informali / formali
Status:
- Valutazione condivisa del prestigio collegato a un ruolo
- Vale per il ruolo e/o per chi lo riveste, oppure per un sottogruppo/gruppo
- Non ha valore assoluto ma dipende dal contesto

Teoria dell’aspettativa di status: i ruoli si formano in base all’aspettativa connesse allo status
Status specifico: legato alle abilità e competenze individuali (essere un esperto in un campo)
- Status generale: legato ad attributi valutati positivamente dalla società (avere gli occhi
azzurri / essere inglese)
Lo stato generale può avere aspettative pervasive (es. Presidente della giuria in tribunale USA
di solito a medici, seppur non sappiamo se ha delle competenze giuridiche o il suo senso di
giustizia)

Reti di comunicazione: comunicazione in un gruppo circola secondo delle regole:


- Reti centralizzate: più efficienti per contenuti semplici ma possono far sentire alcuni
membri periferici
- Reti decentrate: più adatte a compiti complessi, auentano senso di partcipazione.

Sottogruppi
- Inglobati: sottoinsiemi del gruppo di appartenenza
- Trasversali: appartenenza a più gruppi di riferimento
Spesso sono fonte di competizione e conflitto → funzionali al cambiamento entro certi limiti, ma
possono portare a competizione e sono potenzialmente dannosi per le attività di gruppo

Motivazione a entrare a far parte di gruppi:


- Prossimità
- Obiettivi comuni (a volte ci sono cose che possiamo fare solo insieme e non da soli)
- Bisogno di appartenenza (prospettiva evoluzionistica): tendenza ad affiliarsi per la
sopravvivenza
- Incertezza sull’identità (il gruppo ci aiuta a autodefinirci)
- Gestione del terrore (il gruppo ci da sensazione di più solidità di fronte all’incertezza
della vita)
Esclusione dal gruppo è dolorosa
- Ostracismo (es. cyberball): disagio su 4 dimensioni:
1. Appartenenza (si sente escluso)
2. Controllo
3. Autostima
4. Significato (se siamo esclusi il senso della vita perde significato)

Leadership
Funzione basata sull’influenza sociale che consiste nel portare un gruppo verso un obiettivo. Il
leader facilita il gruppo nel raggiungimento di obiettivi in modo coordinato e produttivo
Caratteristiche del leader:
- Efficace: criterio oggettivo: in grado di stabilire obiettivi e condurre al raggiungimento
- Buono: criterio soggettivo basato su propensioni individuali
Non ci sono prove di attitudine naturale, ma ci sono dei tratti di personalità tipici del leader (Big
Five):
- Estroversione
- Apertura mentale
- Coscienziosità
-
Teoria della contingenza:
- L’efficacia della leadership dipende dalle situazioni:
1. Leade orientati al compito: adatti quando il controllo della situazione è molto
basso o molto elevato (la situazione è molto difficile o molto facile)
2. Leader orientati alla relazione: adatti quando il controllo della situazione è
intermedio
Controllo della situazione:
- Alto: relazioni con il leader sono buoni, compiti ben definiti, autorevolezza riconosciuta al
leader
- Basso: relazioni precarie, compiti mal definiti, autorità del leader non riconosciuta

Teoria del percorso-obiettivo:


Il leader si dedica ai bisogni del gruppo con (teoria transazionale):
- Bisogni di strutturazione connessi alle attività e ai compiti (quando i membri del
gruppo non hanno chiarezza sugli obiettivi o sul modo di perseguirli - non sanno
come/cosa fare)
- Bisogno di cura: connessi al benessere personale ed emotivo (quando i membri sono
poco motivati nei confronti del compito - sono scoraggiati)

Teorie transazionali: si basano sull’idea che esista uno scambio tra leader e gregari:
- Teoria del credito personale: i leader hanno bisogno del credito del gruppo (un bravo
leader ha credito dei suoi sottoposti)
- Teoria dello scambio leader-gregario: conta la qualità della relazione tra leader e
gregari

Leadership trasformazionale: il leader dovrebbe portare il gruppo al cambiamento →


leadership carismatica

Teoria della categorizzazione del leader:


- Scegliamo leader che hanno caratteristiche che diamo al prototipo del leader
Teoria dell’identità sociale della leadership:
- È il gruppo a dare carisma al leader.
- Il gruppo lo fa perché ha bisogno del leader

La salienza del gruppo influenza la leadership: più un gruppo ha rilevanza, più la prototipitica
del leader ne rafforza il carisma
I leader prototipici sono più influenti perché sono considerati influenti, sono apprezzati,
acquisiscono carisma graxie ai membri del gruppo

Il leader deve rispettare l’equità procedurale (modo in cui vengono svolti i compiti e le risorse
in modo equo). Deve seguire procedure corrette nell’assegnare i compiti. L’equità distributiva
conta di mento rispetto a quella procedurale.
Soffitto di vetro: schemi relativi alle minoranze sono meno compatibili con la posizione di
leadership. La minaccia dello stereotipo mette i membri delle minoranze in una posizione di
stress e conseguentemente riusciranno meno bene perché anch’essi non credono nella loro
credibilità.

Schemi delle decisioni sociali:


- Regole esplicite o implicite che orientano i processi decisionali del gruppo
- Collegano le posizioni individuali alla posizione del gruppo
- Variano la quantità di accordo richiesto, la rigidità e la distribuzione di potere
Le principali regole:
- Unanimità (massimo accordo, regola rigida, distribuzione di potere egualitaria)
- Maggioranza vince
- Vince la verità
- Il primo spostamento dalla prima decisione è quello che vale (buona la seconda)

Memoria del gruppo: condivisione e monitoraggio reciproco delle informazioni


Una ricostruzione di gruppo è più siscettibile di distorisioni.
Memoria transattiva: la memoria è un accordo di gruppo (non è detto che sia veritiera), che
include chi ne è il depositario. Non tutti i membri del gruppo hanno la stessa rilevanza in questo
settore (a qualcuno viene attribuita più memoria storica nei gruppi e gli si da più credito)

Brainstorming: tecnica creativa di gruppo basata su produzione libera di idee (eliminando


criticismo del gruppo) → c’è l’idea che in gruppo emergono più idee che lavorando da soli.
La ricerca non supporta questa visione idealizzata. Illusione dell’efficacia di gruppo.

Pensiero di gruppo: la ricerca di un consenso porta a decisioni non ottimali:


- La coesione prevale sul consenso
- Isolamento del gruppo fa perdere punti di riferimento esterni
- Mancanza di norme per evitare decisioni imparziali
- Omogeneità ideologica dei membri
- Necessità di gestire stress decisionale
Il gruppo pensa di essere invulnerabile, di essere giusto, vengono stereotipati i membri esterni e
gli si da poco credito

Processi decisionali in gruppo


- Polarizzazione in gruppo: dalla discussione di gruppo nascono posizioni più estreme
→ teoria delle argomentazioni persuasive: le posizioni estreme/più originalicatturano
l’attenzione))
- Confronto sociale/valori culturali: si estremizza la posizione polarizzata quando si
entra in quel punto di vista
- Per la teoria dell’identità sociale: se ci identifichiamo con un gruppo che ha una
posizione polarizzata, la adotteremo anche noi.
Le giurie popolari sono gruppi:
- Chi è attraente/bianco ha più possibilità di essere assolto
- Gruppo può polarizzarsi su decisioni estreme
- Effetto recency
- Capo della giuria è di elevato status socioeconomico e proteggerà i suoi simili
- Regola dei ⅔ tranne che per le condanne a morte

PREGIUDIZIO E DISCRIMINAZIONE
Pregiudizio: atteggiamento negativo/ostile verso un gruppo sociale e i suoi membri basato su
stereotipi o bias negativi (definizione di Allport). Pensare male di qualcuno senza averne motivi
sufficienti

Collegato alla

Discriminazione: comportamento ingiusto o vessatorio nei confronti di un gruppo sociale o i


suoi membri

Non è detto che il pregiudizio porti alla discriminazione + la discriminazione può avvenire senza
pregiudizio

Il pregiudizio può portare a gravi conseguenze, come:


Disumanizzazione: perdita del senso di umanità nei confronti di un altro individuo o gruppo (ci
porta a pensare che non abbiamo cose in comune con l’altro) → porta a comportamenti lesivi o
violenti (fino al genocidio)

Non sempre il pregiudizio si manifesta in maniera aperta (perché non è socialmente accettato in
genre). 3 comportamenti possono rivelare un pregiudizio:
- Riluttanza ad aiutare
- Tokenism: concedere un benefit di consolazione
- Discriminazione inversa: forma di tokenism (facciamo una concessione a qualcuno
solo in ragione della sua discriminazione)

Razzismo: pregiudizio basato sull’appartenenza etnica (non razziale! Non esistono razze tra gli
uomini, perché ci riproduciamo tra tutti), spesso accompagnato da discriminazioni anche gravi e
violente.
Il razzismo è generalmente stigmatizzato socialmente o illegale → si esprime in forme indirette
e sottili:
- Razzismo riluttante/moderno (neorazzismo): conflitto tra valori egualitari e l'antipatia nei
confronti di un outgroup
- Esistono tecniche di rilevamento indiretto per queste forme di razzismo (analisi del
linguaggio ec…)
Sessismo: pregiudizio e discriminazione basati sul genere sessuale (in genere verso le donne,
gruppo di minor potere).
Stereotipi sui ruoli sessuali:
- Riconosciuti da entrambi i sessi
- Rimangono vivi anche se hanno perso il senso che avevano
- Si tende a pensare che gli uomini siano più competenti, le donne più attente alle
relazioni interpersonali
4 stereotipi di donna:
- Casalinga
- Donna sexy
- Donna in carriera
- Lesbica (nega la propria femminilità per assumere comportamenti maschili)
2 Stereotipi di uomo:
- Macho
- Uomo in carriera
Esperimento: richeisto a dei clinici di descrivere un uomo, una donna, una persona sana:
- La donna sana è diversa dalla persona sana e ha degli attributi come remissiva,
irritabile, orientata alle apparenze (quindi qualche disturbo ce l’ha)
Quanto influiscono le differenze di tipo naturale?
- Teroia della selezione sessuale: Secondo l’evoluzionismo le differenze tra uomo e
donna hanno origine evoluzionistica e sono determinate per la sopravvivenza della
specie
- Teoria del ruolo sociale: le differenze tra i ruoli nella società sono stabilite della cultura
e non dalla biologia. Differenza di sesso: la mamma allatta il bambino (biologica) -
differenza di genere: la mamma rimane a casa per un anno dopo la nascita (culturale)
Gli stereotipi di genere regolano e mantengono le opportunità di accesso al potere sociale:
alcuni ruoli sono considerati da uomini
Il ruolo influenza l’identità sociale (l’uomo che rimane a casa è considerato più femminile

Conseguenze del pregiudizio


● Le donne hanno limitato accesso a ruoli dirigenziali (glass ceiling)
● Contraccolpo del successo: il successo di una donna le si può ritorcere contro (non
viene considerata femminile, viene considerata “bossy”)
● Profezia che si autoavvera: la credenza influenza la realtà e tende a autoverificarsi
senza che ne siamo consapevoli
● Minaccia dello stereotipo: il timore di confermare lo stereotipo ci genera ansia e stress
e ci porta a compiere delle azioni che confermano lo stereotipo (es: neri americani che
vanno male a scuola perché sentono la pressione di dover combattere lo stereotipo)

Forme estreme:
- Violenza manifesta + genocidio
- Variabili: paura + odio + idea che gli altri siano caratterizzati in modo estremamente
negativo, senza le qualità che li rendono umani (disumanizzazione) + La società non
agisce più da freno per la discriminazione (es: genocidio: passi lenti in cui lentamente la
legge ha permesso la discriminazione e la rende legittima, è su larga scala)

Teorie sul pregiudizio e la discriminazione


Prime teorie lo considerano un fenomeno naturale (come tra animali di specie diverse, come
reazione innata di fronte al nuovo e al diverso di paura)

Apprendimento del pregiudizio


- I pregiudizi vengono appresi su base emozionale + condizionamento + modellamento

Le frustrazioni portano a comportamenti aggressivi:


- Scarichiamo l’energia aggressiva frustrata (che non è stata sfogata) su individui che
diventano dei capri espiatori
- Spostiamo la pulsione su una persona/gruppo che non c’entra niente con l’origine della
mia frustrazione
- Conferme:
- Relazione tra aumento del prezzo del cotone e violenza sui neri in America
- La frustrazione non spiega tutti i fenomeni di aggressività intergruppo

Teoria della Personalità autoritaria (Adorno)


- Educazione autoritaria e punitiva predispone all’autoritarismo
- L’autoritarismo è una Sindrome della personalità che predispone gli individui al
pregiudizio razziale, all’etnocentrismo e visione pessimistica della natura umana
- Questo studio ha dei difetti metodologici ma ha avuto molto credito
- Non tiene conto di fattori situazionali e socioculturali → es: in Germania l’antisemitismo è
esploso in soli 10 anni (com’è possibile che tutti siano diventati autoritari in quel
periodo?), ci sono situazioni che fanno emergere o sparire gli elementi razzisti, i bambini
sono più sensibili (bambini che vivono con bambini multietnici sono meno razzisti anche
se la famiglia lo è)
Una versione più recente della teoria lo considera come un insieme di 3 atteggiamenti
(Altemeyer):
- Convenzionalismo (adesione alle convenzioni sociali)
- Aggressività autoritaria (sostegno dell’aggressività contro chi è socialmente deviante)
- Sottomissione autoritaria (sottomissione a chi rappresenta l’autorità sociale)

Dogmatismo: forma diversa di autoritarismo: chiusura mentale che porta le persone a non
cambiare idea

Teoria della dominanza sociale


- Il proprio gruppo è considerato destinato a una posizione dominante (miti di dominanza)
- Tendenza alla prevaricaricazione
- Rifiuto delle ideologie egalitarie
- Più ci identifichiamo con il nostro gruppo, più pensiamo che lo stato sociale del gruppo
sia più dominante, più ci sarà pregiudizio

Teoria della giustificazione del sistema (Jost)


- Le persone si differenziano in base all’essere favorevoli o contrarie al mantenimento
dello status quo
- Destra: conservatore (opposizione al cambiamento e approvazione della disuguaglianza
basata per esempio sull’impegno). Valori dominanti: conformismo, gerarchia.
- Sinistra: liberale (rifiuto della disuguaglianza, promozione del cambiamento). Valori:
progresso, ribellione, flessibilità.

Il pregiudizio è un cambiamento intergruppo: conta l'appartenenza ai gruppi e il grado di


identificazione col gruppo

Come si arriva all’aggressività inter-gruppo:


- Deprivazione relativa: sentimento di insoddisfazione relativa al benessere minore
percepito rispetto a un altro gruppo
- Facilitazione sociale: la presenza degli altri stimola l’aggressività

Caratteristiche della protesta collettiva:


- Ingiustizia: indignazione verso outgroup ritenuto responsabile di
ingiustizia/disuguaglianza
- Efficacia: convinzione che un cambiamento sia possibile attraverso un’iniziativa di
gruppo
- Identità sociale: immedesimazione nel gruppo e adesione a atteggiamenti e obiettivi

Teoria del conflitto realistico (Sherif)


- Un motivo reale di competizione alimenta dinamiche di pregiudizio, etnocentrismo e di
reciproca aggressività
- Esperimento nei campeggi estivi → creazione di gruppi → aggressività tra gruppi
- Il gruppo dominante è anche il più aggressivo (quindi non è la frustrazione)
- L’autoritarismo non è chiamato in causa (tutti i bambini hanno personalità non
autoritarie)
- Un obiettivo sovraordinato che richiede collaborazione riduce il conflitto e favorisce
l’armonia
- Comptizione → conflitto
- Cooperazione → armonia

Gruppi minimali
- Si creano gruppi fittizi sulla base di criteri irrilevanti e casuali → le persone tendono a
favorire i membri dei loro gruppi minimali nonostante i gruppi sono virtuali e basati su
variabili superficiali
- Suggerire alle persone che esistono dei gruppi porta a comportamenti di questo tipo
Questo è un esempio di favoritismo (secondo la teoria dell’identità sociale):
- La società è formata da gruppi in relazioni di vario genere (potere e status)
- Le categorie sociali forniscono agli individui identità sociale → si assimilano norme e
valori → si favoriscono quelli come noi

Teoria della categorizzazione del sé


- Prototipi, categorizzazioni → servono a distinguere i gruppi
- Le differenze interne sono minori di quelle esterne (metacontrasto)
- La categorizzazione porta a considerare gli individui come menbri del gruppo più che
come persone → depersonalizzazione
- Per far avvenire la categorizzazione sociale le categorie devono essere salienti
(accessibili e adeguate al contesto)
- Funzioni dell’identità sociale: autoaccrescimento + riduzione dell’incertezza soggettiva

RIDURRE IL CONFLITTO TRA GRUPPI


- Contrastare gli stereotipi
- Abituare alla tolleranza del diverso (es: giochi di ruolo che fanno provare come si sta
dalla parte del discriminato)
- Forme istituzionali e politiche per contrastare il pregiudizio
- Aumentare il contatto tra i gruppi in condizioni favorevoli → ipotesi del contatto
efficace: collaborazione su tempi lunghi + sostegno istituzionale + condizioni di status
pari (altrimenti ci sono motivi di conflitto)
Effetti del contatto funzionano per somiglianza + generalizzazione (il contatto non basta a
livello interpersonale ma deve passare per valori e atteggiamenti di tutto il gruppo)
Modello dell’identità dell’ingroup comune: incoraggiare le persone all’inclusività (accogliere
nel proprio gruppo) → ricategorizzazione (convincere che gruppi diversi hanno punti in comune
e fanno parte dello stesso gruppo, come un’unica entità sociale)

REGOLARE LE RELAZIONI TRA CULTURE DIVERSE


- Assimilazione: le culture di minoranza possono integrarsi adottando comportmenti e
atteggiamenti tipici della propria cultura nella misura in cui questo non genera contrasto
con gli altri
- Multiculturalismo: tutte le culture hanno pari diritto di conservare le proprie specificità e
l’impegno comune è quello di mantenere le differenze in modo armonioso

Costruire un’entità sociale sovraordinata grazie a un obiettivo condiviso funziona se l’obiettivo


viene raggiunto (altrimenti ci sono contrasti interni)

La negoziazione
- Contrattazione: nei gruppi assume forme intransigenti (meglio negoziare
individualmente perché in gruppo il “cedere” può portare il gruppo a prendersela con chi
ha contrattato)
- Mediazione: una persona esterna che concilia le parti. Il mediatore deve essere
imparziale e autorevole (per entrambi i gruppi)
- Arbitrato: si dà il potere a una persona che decide come mediare arbitrariamente.
(ultima spiaggia)
- Ostacoli alla negoziazione
- Tendenze sistematiche a vantaggio del sé (BIAS)
- Tendenze automatiche nell’attribuzione
- Incapacità di adottare il punto di vista dell’altro

L'aggressività
Aggressività: atti intenzionali finalizzati ad infliggere un danno al prossimo
Tuttavia quello che consideriamo aggressivo cambia da cultura a cultura e persone e persona.
Variabili nella valutazione del danno come frutto di aggressività:
- reale/potenziale
- intenzionale/colposo
- fisico/psicologico
- Verso uomini/animali/proprietà
- In contesti codificati (boxe/guerra)

Problema di misurare aggressività in contesto sperimentale → si possono usare comportamenti


violenti (verso un pupazzo) / manipolazioni (le persone credono di danneggiare l’altro) /
valutazioni di comportamenti (in video per esempio) / valutare l’intenzione di comportarsi in
maniera aggressiva

Questioni sull’aggressività:
- È parte della natura umana?
- È istintuale?
- L’uomo è più feroce verso i propri simili?
→ dibattito natura/cultura

Spiegare l’aggressività
Istinto: tendenza innata ad attuare shcemi di comportamento geneticamente predeterminati
che sono spontanei, rivolti a un obiettivo (on/off), vantaggiosi per la sopravvivenza della specie,
idonei (a un determinato ambiente), condivisi dalla specie, soggetti a maturazione (periodi
sensibili)

Approccio etologico: l’aggressività è istintuale

Pulsione di morte (Freud):


- Teoria pulsionale basata sull’istinto
- Al di là del principio di piacere: gli uomini hanno una tendenza innata all’autodistruzione
(oltre a quella verso il piacere) che si riversa su sé stessi (coazione a ripetere) e gli altri
(aggressività)
- Aggressività è un istinto parte della natura umana, una spinta biologica che si accumula
e tende alla scarica (teoria monofattoriale)
- Basata sul Darwinismo sociale (gli uomini cercano di sopravvivere agli altri nella società)

Prospettiva etologica:
- Potenziale aggressivo è innato
- I comportamenti aggressivi sono stimolati dall’ambiente (catalizzatori) e destinati a delle
funzioni evoluzionistiche destinate alla sopravvivenza (es: protezione della prole, del
territorio)
- L’aggressività intraspecie ha valore di segnale + non sfocia in violenza finalizzata a
distruggere (aggressività ritualizzata) → questo non spiega le guerre del genere umano
- Lorenz e Morris (autore de La Scimmia Nuda) sono gli autori principali a sostenere che
l’aggressività è un istinto naturale funzionale alla sopravvivenza della specie)
- L’uomo nasce senza armi → usa armi artificali → questo non gli permette di riconoscere
i segnali di pacificazione dei suoi simili → l’aggressività e danneggiare gli altri è più facile

Psicologia sociale evoluzionista:


- Ramo della psicologia evoluzionista → inquadra il comportamento sociale come forma di
adattamento utile per la specie
- Aggressività ha base innata + comportamento sociale in generale ha radici
nell’evoluzione della specie
- Aggressività serve ad allungare la vita e aumentare accesso alle risorse e le probabilità
di riproduzione

Prospettiva biosociale:
- Componente innata che non determina in modo rigido l’espressione dei comportamenti
ma ne stabilisce le premesse + ruolo dell’ambiente sociale che plasma i comportamenti
e crea le condizioni per farli manifestare
- Non si ricorre al concetto di istinto (che ricorre sempre in modo uguale)

Ipotesi della frustrazione-aggressività (Dollard, 1939)


- Di ispirazione frudiana
- La frustrazione di pulsioni induce risposte aggressive
- L’oggetto dell’aggressività si individua tramite spostamento (trovando un capro
espiatorio)
- La frustrazione non è condizione necessaria né sufficiente
- La collera predice aggressività meglio di frustrazione
- Queste teoria ha avuto molta influenza

Modello del trasferimento dell’eccitazione


- Stato di attivazione non-specifico
- Interpretazione dell’attivazione può ettivare la risposta aggressiva
- Il comportamento aggressivo è appreso

Teoria dell’apprendimento (Bandura, 1973)


- Il comportamento sociale è appreso sulla base di modelli
- Esperienza diretta (rinforzi: punizioni/ricompense)
- Esperienza vicariante (modellamento): osservazione degli altri e degli esiti dei loro
comportamenti
- I bambini imparano dagli adulti (specialmente quelli di riferimento) ritenuti autorevoli +
imparano in fretta
- I comportamenti appresi resistono nel tempo (interiorizzazione dello script)

L’esposizione mediatica può incrementare i comportamenti aggressivi


- Ipotesi della desensibilizzazione
- L’aggressività mostrata è portata come un modello positivo + non ha effetti negativi
- Correlazione tra esposizione alla violenza nei media e aggressività durante l’infanzia
- Persone che hanno appena assistito a uno spettacolo violento mostrano tendenze più
aggressive

Teoria neo-associazionista (Berkowitz)


- La cognizione funziona sulla base di reti semantiche con substrato neurale, i cui nodi,
una volta attivati, facilitano l’attivazione dei nodi vicini (priming)
- La mera esposizione a materiale violento ha effetto di priming per l’aggressività, che
agisce in modo automatico / viceversa stimoli di natura solidale facilitano comportamenti
prosociali
Effetto arma: l’esposizione alle armi aumenta la probabilità che siano utilizzate per
comportamenti aggressivi

Correlazione tra esposizione a materiale pornografico e violenza:


- Sulla base di predisposizioni individuali
- Dipende dal tipo di materiale (es: se la violenza si mescola al sesso)
- Può alimentare atteggiamenti e false credenze sul sesso, specie quello violento
- Trasferimento dell’eccitazione → l’attivazione corporea viene trasferita sull’aggressività
- Ci possono essere effetti negativi: il sesso violento e degradante rende insensibili verso
le vittime + si sviluppano falsi miti e credenze errate sul sesso

Personalità e aggrssività:
- Persone con personalità di tipo A: competitivo, ambizioso, impaziente, predisposto alla
coronaropatia:
- Più aggressivi verso chi percepiscono come competitor
- Più conflittuali con i dipendenti (non con i superiori)
- Più violenti con i bambini

Differenza di genere nell’aggressività:


- Gli uomini sono più aggressivi delle donne
- Differenza esiste a prescindere dall’orientamento sessuale
- I livelli ormonali non spiegano completamente la differenza
- Selezione sessuale: l’evoluzione della specie ha portato i maschi a essere più aggressivi
(anche perché cacciatori)
- Ruolo sociale: le differenze di genere (anche nell’aggressività) sono influenzate dl
contesto socioculturale
- Uomini più aggressivi fisicamente, donne verbalmente
- Il genere viene confuso con lo status → in realtà è chi ha lo status maggiore ad avere
più aggressività (uomini hanno status più alto)
- Aggressioni perpetrate da minori di sesso femminile sono in crescita

Alcol/droga e aggressività:
- Esperimento: 2 gruppi: 1 gruppo beve alcol, l’altro no. In competizione, il vincitore può
infliggere una scossa all’altro. Il gruppo che ha bevuto di più infligge scosse più alte
(quando lo sperimentatore incita a dare scosse più grandi) → i soggetti che hanno
bevuto alcol sono più sensibili alla pressione sociale (non all’aggressività)

Ipotesi della disinibizione: Di solito la pressione socile inibisce i comportamenti antisociali. La


disinibizione (legata al consumo di alcol) fa venire meno la pressione di queste norme
Deindividuazione: l’appartenenza a un gruppo e l’anonimato favoriscono condotte antisociali
(esperimenti: studenti incappucciati somministrano scosse più forti; studenti calati nel ruolo di
guardie carcerarie attuano comportamenti di tortura (Zimbardo))
Disumanizzazione: perdere di vista l’umanità dell’altro

Aggressività collettiva
- La folla in alcuni casi può deindividualizzarsi e disumanizzare la vittima, istigando
comportamenti violenti a danno di un individuo o di un gruppo
- Anonimato + numerosità = facilitatori
- Il teppismo nel calcio non è un esempio di aggressività collettiva, in quanto è invece un
fenomeno di attività organizzata di competizione inter-gruppo

Altri fattori che favoriscono l’aggressività (variabili situazionali):


- Caldo: andamento a U rovesciata (temperatura aumenta → aumenta aggressività, ma
fino a quando non è troppo caldo)
- Affollamento: invasione dello spazione personale

Violenza domestica:
- Verso anziani e bambini ma soprattutto donne
- Omicidi tra coniugi sono ¼ di tutti gli omicidi in cui assassino conosce la vittima
- Motivi:
- I modelli di aggressività nella coppia sono appresi
- La vicinanza espone e esagera reazioni
- Tensioni intrafamiliari
- Rapporti sbilanciati di potere → violenza del più forte
- Alcol
- Sindrome della molestia: misto di vicinanza, stress e sbilanciamento di potere

- Norme e valori culturali influenzano l’atteggiamento nei confronti della violenza (es:
cultura dell’onore: la violenza mschile sulle donne è tollerata o approvata per questioni di
onore; l’infedeltà disonora, la violenza ripara il danno)
- machismo: uomini sono incoraggiati a mostrarsi duri e aggressivi

Guerra: caso estremo di aggressività interumana che coinvolge gruppi estesi e prevede l’uso
della violenza finalizzata all’uccisione di massa. Si sostiene su credenze e valori ampiamente
condivisi. L’obiettivo di uccidere il nemico si basa su un pregiudizio negativo estremo

Ipotesi catartica: per ridurre l’aggressività favorisce una scarica → falso: tirare pugni a un
punching ball rende più aggressivi
→ bisogna invece promuovere cultura della pace e della nonviolenza:
- A livello individuale: modificazione dei comportamenti e rinforzo delle capacità sociali,
gestione dell’ira, assertività
- A livello educativo: informazione, sensibilizzazione
- A livello politico: disincentivare comportamenti aggressivi e promuovere valori di pace

Altruismo e collaborazione
Storia della prosocialità inizia con la filosofia. Anche in natura ci sono animali che aiutano i
propri simili.
Humes: “l’uomo è lupo all’altro uomo” - comportamenti egoistici/antisociali → cosa porta alla
prosocialità?

Comportamento prosociale: comportamento atto ad avvantaggiare il prossimo:


- Aiuto: azioni intenzionali a favore di un altro
- Altruismo: il bene altrui è anteposto al proprio
- Collaborazione: azioni coordinate e congiunte in vista di un obiettivo comune
I comportamenti prosociali sono valutati positivamente dalla società

Approccio evoluzionistico: aiuto, altruismo e collaborazione si basano su tendenze innate


vantaggiose per la sopravvivenza della specie: l’aiuto reciproco (mutualismo) avvantaggia tutti +
la selezione familiare rende vantaggioso l’aiuto verso il proprio gruppo sociale perché aumenta
la diffusione dei geni. Considerare una tendenza innata non significa credere nel gene
dell'altruismo o del gene egoista → il comportamento umano è complesso, formato da geni,
ambiente, società (approccio biopsicosociale)

Teoria dell’attaccamento (Bowlby): la nostra specie ha una tendenza innata a ricercare e


fornire cura che si mette a punto con l’esperienza assumendo forme specifiche. (l’accudimento
è un comportamento altruistico)
Antropologia evoluzionista (Michael Tomasello): la specie umana è capace di leggere le
intenzioni e di coordinare le proprie azioni in funzione del raggiungimento di obiettivi comuni
(cooperazione). (Questo si basa sull’attenzione condivisa - imparata dal bambino quando
impara il pointing)

I comportamenti prosociali sono favoriti dall’empatia (calarsi nei panni dell’altro con risonanza
emotiva, comprensione intuitiva dei bisogni, stati d’animo e intenzioni dell’altro, spinta alla
condivisione)

Obiezioni al modello di altruismo innato →

Modello dei costi-benefici (Piliavin): la propensione ad aiutare gli altri si basa su un processo
emotivo e valutativo con 3 fasi:
1. Attivazione fisiologica alla sofferenza e bisogno altrui
2. Classificazione del coinvolgimento emotivo (appraisal)
3. Valutazione delle conseguenze sulla base di un calcolo di convenienza
Quando qualcuno soffre ci attiviamo e decidiamo (inconsciamente) se aiutarlo ci porterà
beneficio (sollievo dall’attivazione) o no.

Coinvolgimento empatico (Batson): i comportamenti prosociali sono sostenuti da sentimenti di


affetto, disponibilità, compassione che derivano dall’assunzione del punto di vista dell’altro (ci
immaginiamo come si sente l’altro + come ci sentiremmo noi nei suoi panni)

Differenza di genere: le donne sono più orientate ai rapporti sociali per motivi di ruolo sociale
(non biologici) + mostrano maggiore empatia verso donne che hanno vissuto esperienzi simile
(altrimenti la differenza con gli uomini scompare)

Apprendimento della prosocialità


Istruzioni: indicare ai bambini cosa significa essere buoni + importanza di essere buoni
Rinforzo: le ricompense aumentano i comportamenti prosociali
Modellamento: vedere gli altri che assumono comportamenti prosociali

Fattori attribuzionali:
- Autopercezione di sé come “solidale” e “altruista”: le autoattribuzioni sostegono i
comportamenti prosociali
- Ipotesi del mondo giusto: può sostenere il comportamento altruista (ma anche a
ritenere che le persone meritino il male che capita loro) - (karmaaa)
- Valutazione di efficacia: i comportamenti prosociali dipendono dall’autoattribuzione
della facoltà di intervenire positivamente

I comportamenti di aiuto sono conformi a norme sociali (le quali ci aiutano a orientarci)
- Norme di reciprocità: (fare agli altri ciò che vogliamo loro facessero a noi)
- Norme di responsabilità sociale: (aiutare chi è in condizione di bisogno e dipende da
noi) → l’aiuto dipende da noi o da qualcun altro?

Alcune volte non aiutiamo il prossimo

Effetto spettatore (Darley e Latané): se ci sono più persone che potenzialmente possono
intervenire in una situazione che richiede aiuto, la probabilità che interverremmo personalmente
tende a diminuire.
- Il massimo della probabilità di ricevere aiuto in una condizione di emergenza si ha
quando è presente un solo spettatore (70%)
- Se ci sono 2 persone la probabilità si abbassa al 40%

Aiuto in situazioni di emergenza ha delle particolarità. Sono:


- Eventi inusuali e inattesi
- Potenzialmente pericolosi
- Non consente una pianificazione anticipata
- Richiedono azione istantanea (impulsiva)
L’effetto dello spettatore chiama in causa la responsabilità personale (la quota di responsabilità
scende all’aumentare delle persone)

La tendenza a non intervenire (apatia dello spettatore) dipende da:


- Diffusione della responsabilità
- Inibizione del pubblico: se intervengo gli altri potrebbero giudicare il mio comportamento
- Influenza sociale: se gli altri non intervengono forse non è opportuno farlo

Intervento dello spettatore: implica l’uscita dal ruolo di spettatore e una serie di punti:
- Fare caso ai segnali di richiesta di aiuto
- Ritenere la situazione grave e che possa peggiorare
- Ci riteniamo in grado e responsabili di intervenire
- Sappiamo decidere in che modo intervenire

Fattori che favoriscono l’aiuto:


- Stato d’animo (se è positivo → più propensi a aiutare)
- Caratteristiche fisiche (persone più presanti sono più propense)
- Stile affettivo (Sicurezza in sé stessi porta a più compassione e altruismo)
- Ruoli sessuali e attrazione sessuale (uomini più propensi ad aiutare, specialmente se
attivati sessualmente
- Effetto della competenza (sia se noi o gli altri ci riconoscono di essere in grado ad
affrontare una situazione). L’effetto si estende entro gli ambiti di competenza e dura nel
tempo. (basato sull’autopercezione
- Variabili demografiche (hanno a che fare con la dimensione della città di residenza →
centri piccoli hanno persone più propense all’aiuto. Nelle grandi città meno
I tratti di personalità non sono un elemento sufficientemente importante (non ci sono prove
convincenti dell’esistenza di tratti più altruistici)

Motivazioni che sostengono il comportamento prosociale


- Egoismo: per motivi di orgoglio, fare bella figura, ottenere un premio, evitare una
punizione
- Altruismo: per il bene degli altri
- Collettivismo: per spirito di gruppo e senso di appartenzna, per il bene del gruppo
sociale
- Principi morali: perché è giusto, perché è moralmente giusto farlo o riprovevole non farlo
(meno attenzione all’altro ma più attenzione alle regole)

Promozione del comportamento prosociale


- Responsabilizzazione (coinvolgimento a priori): aumenta la propensione a intervenire
per impedire atti criminosi
- Coinvolgimento in relazioni di aiuto: (esperimento: un turista chiede indicazione per un
posto che non esiste → la persona non può aiutare → il turista chiede un altro favore →
la persona aiuta
- Assegnazione del ruolo da leader: evita l’effetto di diffusione di responsabilità

Scoraggiare i comportamenti ingannevoli:


- La disposizione all’inganno è situazionale – attivazione indotta dall’occasione e dal
grado di rischio percepito
- Le minacce di punizioni non efficaci
- Fare leva su principi morali di Lealtà al gruppo è più efficace

Volontariato: attività spontanee di aiuto organizzato a favore della collettività e di alcune


categorie sociali (in genere non la propria):
- Offre senso di partecipazione civica
- Richiede impegno e può portare sofferenza empatica
- Possono entrare in gioco tendenze sistematiche a favore del sé e motivazioni non
propriamente altruistiche

Relazioni intime
Attrazione: quanto piacciamo agli altri in base all’aspetto ha notevole vantaggio sociale:
- Adulti di bell’aspetto sono più sicuri e in salute
- Hanno più successo negli studi e lavoro
- Più esperienze sessuali giudicato più buono e onesto
- Bambini più belli hanno più amici e voti più alti + preferiscono persone di bell’aspetto

Selezione sessuale: la scelta di un partner adatto aumenta il successo riproduttivo. L’aspetto è


un indizio sul fitness (aspetto sano e robusto, simmetria e regolarità nel corpo e nel visto, per
valutare inconsapevolmente la capacità riproduttiva degli altri)
La psicologia sociale evoluzionista considera i comportamenti sociali in funzione del loro valore
adattivo, per spiegare le relazioni intime dal punto di vista della teoria evoluzionistica

Da cosa dipende la bellezza?


- Effetto normalità: preferenza per tratti regolari e simmetrici (condivisa dalle varie culture
e sui neonati). La regolarità è indice di buona qualità dei geni
- Concordanza con un prototipo (dovuta alla maggiore familiarità)

Sezione aurea, numero di fibonacci, proporzioni rispettate in vari aspetti dell’universo

Il partner ideale ha caratteristiche riconducibili a 3 dimensioni invarianti di natura biologica:


- Vitalità e attrattività (buona salute e capacità riproduttiva)
- Calore e affidabilità (capacità di fornire cure affettive)
- Status e risorse (indicatori di capacità di fornire status sociale e stabilità finanziaria -
rango)
Altre caratteristiche non biologiche:
- Prossimità e accessibilità (preferenza per persone vicine e più accessibili. Importante
specialmente nella prima fase di conoscenza → rapporto costi benefici favorevole)
- Familiarità (le cose che conosciamo meglio ci mettono maggiormente a nostro agio →
effetto della mera esposizione → familiarità agevolata dalla prossimità)
- Somiglianza:
- Negli atteggiamenti → contribuisce a rendere la relazione duratura.
- Legge dell’attrazione: l’attrazione che proviamo nelle persone è direttamente
proporzionale alla somiglianza negli atteggiamenti, gusti, valori. La difformità
degli atteggiamenti porta disagio nella relazione per motivi di dissonanza
cognitiva.
- Compatibilità: cerchiamo persone simili a noi con somiglianze fisiche, culturali,
personalità, atteggiamenti, varibili socio-demografiche, interessi, provenienza, religione
- Unione assortiva: non casualità dell’unione basate sul numero di caratteristiche simili
- Le persone aumentano la loro somiglianza e compatibilità
- Approvazione sociale: agevola la preferenza per persone della propria etnia
- Condizionamento:
- modello del rinforzo dell’affetto: le persone che ci gratificano ci piacciono di
più
- Sensazioni positive e negative contingenti influenzano (positive portano a più
attrazione)

Teoria dello scambio sociale (Homans)


Teoria economica dei rapporti basata sullo scambio di rinforzi. Vede le relazioni come
transazioni e le valutiamo in termini di rapporto costi-benefici → preferiamo persone che ci
offrono risorse (beni, informazioni, amore, denaro, servizi, status, affidabilità) in uno scambio
vantaggioso.
Valutazioni in base alla strategia “minimax” → minimizzare costi + massimizzare benefici
Relazioni soddisfacenti sono quelle che hanno un rapporto costi-benefici positivo (profitto).
Livello di confronto: ognuno di noi ha uno standard sulle esperienze precedneti che usa per
stabilire se la relazione ha un buon profitto
L’investimento in una relazione dipende da:
- Livello di soddisfazione determinato da ricompense, costi e livello di confronto.
- La percezione di costi e il livello di confronto e benefici è variabile

Teoria dell’equità (Walster): la relazione è equa quando entrambi i partecipanti considerano


equa la proporzione tra costi e benefici →giustizia distributiva i risultati (benefici/costi) dei
partecipanti sono proporzionali al loro contributo.
Questa teoria si applica a situazioni di scambio reciproco di risorse (matrimonio) e di allocazione
di risorse limitate, in contesti di relazione come relazioni gerarchiche, relazioni di aiuto, relazioni
amorose. Quando c’è sensazione di iniquità, le persone soffrono e tendono a rompere la
relazione.
Norme dell’equità:
- Per gli estranei valutiamo la capacità (risultato), per gli amici l’impegno (processo)
- Per gli amici vale anche l’obbligo di aiuto reciproco
- Le donne preferiscono l’uguaglianza all’equità (ricerca di anni 80)
- Nei gruppi conta maggiormente l’equità procedurale (cioè la correttezza delle procedure
di assegnazione) - i gruppi stanno attenti al fatto che siano state usate procedure
corrette per la distribuzione

Attaccamento e amore
In psicologia sociale attaccamento e affiliazione sono simili. Abbiamo bisogno di essere in
relazione con gli altri
Gli uomini tendono ad affiliarsi → istinto del branco (1908), criticato dalla visione innatista
(affiliazione è innata e differente dalla ricerca di relazioni di coppia - neurosceinze sociali)

Anni ‘50: ricerca di compagnia associata alla riduzione dell’ansia (distrazione da situazione
preoccupante)
Confronto sociale: gli altri ci aiutano a valutare correttamente le situazioni grazie al confronto
con i loro comportamenti, atteggiamenti e opinioni. Solitudine porta a ricercare la compagnia
(anche di sconosciuti)

Effetti della deprivazione nella prima infanzia:


- Ospedalismo: bmambini cresciuti in istituti mostrano ritardi e apatia (Spitz). Le scimmie
cresciute in isolamento non sviluppano competenze sociali e non si accoppiano da
adulte.
- La deprivazione di cure materne a lungo termine nei bambini piccoli è psicologicamente
traumatica

Attaccamento: motivazione interpersonale che si manifesta con comportamenti di attiva ricerca


e mantenimento nella vicinanza protettiva con una figura di accudimento più saggia e più forte
- L’attaccamento è attivo dalla culla alla morte
- Le relazioni di attaccamento infantile hanno una ricaduta sui rapporti sentimentali in età
adulta (romantic relationships) → (Hazan & Shaver) si ipotizza una relazione tra stili di
attaccamento e rapporti di coppia → le coppie con attaccamento sicuro hanno un
maggior grado di soddisfazione

Stili di attaccamento adulto:


- Sicuro: facilità nello stabilire relazioni intime, stabilità affettiva e soddisfazione
- Evitante: disagio nell’intimità, minimizzare importanza delle relazioni, chiusura
- Ansioso: relazioni instabili e iper coinvolte, basso grado di soddisfazione

Modello dell’emozione nelle relazioni (Bercheid e Ammazzalorso)


- Abbiamo aspettative emotivamente cariche rispetto ai comportamenti del partner
- Saper esprimere le proprie emozioni è apprezzato nei rapporti di coppia (più frequente in
attaccamento sicuro)
- Un sovraccarico emotivo può però comprtomettere la stabilità della coppia → emozioni
vanno regolate

Apprezzamento/amore:
- Apprezzamento: desiderio di essere in relazione e interagire
- Innamoramento: desiderio sessuale e eccitazione + apprezzamento
- Amore: apprezzamento + innamoramento + fiducia e senso di intimità

Tipi di amore:
- Appassionato o romantico: intenso, comprende desiderio, tenerezza, sensualità, ansia e
sollievo, dolore e euforia, altruismo e gelosia
- Amicale: profondo, meno tumultuoso e più stabile e duraturo
I greci distinguevano molti più tipi di amore

Innamoramento: processo connesso all’idea di amore romantico:


- Ha una grande componente culturale, incoraggiata dal romanticismo
- Implica coinvolgimento e assorbimento, espansione del senso di sé, proattività
- La teoria dell’attaccamento individua una componente biologica oltre che sociale

Teoria dell’amore a tre fattori:


- Nozione culturale di amore
- Oggetto dell’amore
- Attivazione emotiva
Idealizzazione romantica:
- Possediamo un’immagine ideale del partner costruita su esperienze reali o prototipi
culturalmente condivisi
- Tendiamo a idealizare la persona amata → questa illusione può essere d’aiuto: ci fa
sentire soddisfatti inizialmente + ci fa mantenre la relazione più a lungo

L’amore completo richiede la presenza di 3 ingredienti (Sternberg)


- Passione (collegata a attrazione sessuale
- intimità (sentimenti di vicinanza e condivisione)
- Coinvolgimento (desiderio di mantenere stabile la relazione)

Attaccamento e sessualità si intrecciano nell’amore romantico

Matrimonio: contratto sociale che non necessariamente si basa sull’amore (non tutte le culture
costruiscono matrimoni sull’amore → i matrimoni combinati funzionano)
Nella società occidentali siamo abituati a pensare che la cosa importante sia la felicità
individuale. I matrimoni combinati invece hanno una visione più incentrata sulla famiglia che
sull’individuo. Avendo obiettivi diversi, gli individui possono essere felici anche in questo tipo di
unioni.

Teoria dell’equità:
- I costi sono aioni dell’altro che rengono svantaggioso lo stare in coppia (es: l’altro russa)
- I benefici sono azioni dell’altro che rendono vantaggioso lo stare in coppia
- Altruismo e collaborazione aumentano i benefici

Il grado di soddisfazione tende a calare col tempo


- Dopo la fase di entusiasmo iniziale (fine della luna di miele del primo anno)
- Dopo una fase di conoscenza approfondita (“crisi del settimo anno”. Dopo aver
conosciuto veramente la persona ci rendiamo conto che non è per noi)

La capacità di adattamento reciproco e di adeguamento delle aspettative è la base di un


rapporto duraturo. Quello che aiuta le coppie a rimanere insieme è:
- Dedizione personale (desiderio di rimanere insieme)
- Impegno morale (responsabilità nei confronti della coppia)
- Impegno nel porre limiti (rendere svantaggioso lasciarsi)
Il coinvolgimento (impegno a restare insieme):
- È il più importante fattore di resistenza di un relazione di coppia
- Aumenta il senso di soddisfazione
- Promuove fiducia e senso di appartenenza
La capacità di perdonare rende longeve le relazioni di coppia
- Differenze individuali nella disposizione al perdono
- Valutazione del torto (si valuta severità, intenzionalità e violazione del patto, cioè quanto
il patto è stato violato)
- 2 modi di porsi: uno orientato alla benevolenza e uno al risentimento
- Il perdono è un processo interpersonale, non un’azione (il dire di aver perdonato può
non corrispondere al perdono)

Soddisfazione delle aspettative riguarda 3 dimensioni (le stelle che riguardano la scelta del
partner)
- Vitalità e attrattività (buona salute e capacità riproduttiva)
- Calore e affidabilità (capacità di fornire cure affettive)
- Status e risorse (indicatori di capacità di fornire status sociale e stabilità finanziaria -
rango)

Quando il partner non corrisponde totalmente al nostro ideale tendiamo a:


- Valorizzare le qualità e minimizzare i difetti del partner
- Ridurre le aspettative
- Adeguare la percezione dell'altro
- Incoraggiarlo a migliorare nell’aspetto che per noi è rilevante

Separazione

Cosa preannuncia la fine di una relazione:


- Aspettarsi il fallimento della stessa
- Non sentirsi più coinvolti
- Imaginare una nuova vita come soluzioni
- Individuare nuovi possibili partner
Atteggiamenti tipici:
- passivo/positivo: rimanere fedeli e aspettare un miglioramento
- passivo/negativo: ignorare i problemi
- attivo/positivo: esrpimere le preocupazioni e parlare dei problemi
- attivo/negativo: decidere di chiudere
La rottura è un processo, che segue un andamento per fasi:
1. Instrapsichica: “non ce la faccio”. Focalizzazione sul comprtamento del partner
2. Diadica: “farei bene a mollare”. Si cerca negoziazione con il parner e si tenta di salvare
la relazione, si valuta i costi della rinuncia.
3. Sociale: “ho deciso” e lo comunico
4. Elaborazione del lutto: “era inevitabile”
Cultura e comunicazione
Cultura: insieme di atteggiamenti, credenze, valori, abitudini e pratiche (comportamenti) che
caratterizzano un determinato gruppo sociale. Essa consiste delle abitudini sociali di una
comunità (Boas), di un sistema di significati condivisi (cognitivista, Bond e Smith),
programmazione collettiva della mente che distingue i membri di un gruppo o una categoria di
persone da un’altra (approccio dell’identità sociale, Hofstede 2001)
Essa entra a far parte della nostra identità e pervade ogni aspetto della nostra esistenza (modi
di parlare, pensare, esprimere le emozioni, vestire, mangiare, interagire, vedere il mondo)
È un prodotto dell’interazione umana e a sua volta influenza le interazioni sociali, ed esprime
norme di gruppo a livello nazionale o etico.

Diverse culture pensano in modi diversi:


- Occidentali sono più analitici e lineari
- Orientali sono più olistici e orientati alle relazioni
Gli orientali, rispetto agli occidentali, nei processi cognitivi:
- Memoria e percezioni sono più sensibili al contesto (sono più attenti a quello che
succede nel contesto)
- Fanno più caso all’ambiente sociale di provenienza
- Categorizzano maggiormente in base ai prototipi
- Tollerano maggiormente le contraddizioni su di sé
- Inferiscono meno le tendenze comportamentali future sulla base dei comportamenti
osservati (fanno minori attribuzioni causali)
Ci sono 2 grandi domini in cui emergono differenze
- Attribuzioni causali: le culture asiatiche incorrono meno frequentemente nell’errore
fondamentale di attribuzione (esperimento: scrivere temi su Fidel Castro ecc…)
- Conformismo: l’effetto dell’esperimento di Asch (linee di differenti misure) è più forte
nelle culture asiatiche

La cultura può modificare anche aspetti del carattere, che in effetti sono diverse concezioni sulla
natura umana e sul funzionamento delle relazioni sociali. Alcune culture enfatizzano
competizione e aggressività, altre incoraggiano la collaborazione (es: tribà basate su cultura di
caccia → collaborazione, culture più individualistiche → competizione). Alcune culture
enfatizzano l’onore: a volte in forme solidali, a volte in forme violente

L’identità culturale può essere orientata a scelte personali o collettive che comportano un
rapporto tra orientamento culturale o organizzazione sociale:
- Individualismo: emergere come individui è più importante che essere parte di un
gruppo → culture industriali, laiche, basate sul nucleo familiare. Nelle culture
individualiste prevale un sé indipendente (che acquisisce significato dalla separatezza,
è distinto, intimo, unico, autonomo, formula obiettivi personali, orientato al risultato,
competitivo)
- Collettivismo: l’appartenenza al gruppo è più importante degli obiettivi dei singoli
culture tradizionali → culture tradizionali, rurale, basate su famiglia allargata. Nelle
culture collettivistiche prevale il sé interdipendente (che acquisisce significato dalle
relazioni, dalle quali è dipendente, ha confini indistinti, è connesso, fluido, orientato al
collettivo, leale e rispettoso delle norme di gruppo, cooperativo)

Acculturazione: apprendimento e assimilazione di norme culturali. Avviene quando entriamo in


contatto con una cultura diversa dalla propria (es: scuola, famiglia, lavoro hanno tutti culture
diverse)
Modalità di acculturazione nell’immigrazione:
- Integrazione: tra cultura ospitante e quella di origine
- Assimilazione: adozione della cultura ospitante a scapito di quella di origine
- Separazione: mantenimento della cultura di origine → isolamento da parte di quella
ospitante
- Marginalizzazione: sradicamento dalla propria cultura di origine e fallimento nel
contatto con la cultura ospitante
La coesistenza tra modelli culturali non è semplice. 2 modelli principali (sostenibili):
- Assimilazione: assoluta (annullamento) oppure meltin pot (spazio per cambiamenti
culturali complessivi)
- Multiculturalismo: può essere laissez-fair (senza sostegno dalla cultura ospitante) o
attiva (politiche di valorizzazione delle differenze). Il multiculturalismo punta alla
conservazione delle identità relative a differenti culture in una società (globalizzazione)

Comunicazione
È un fenomeno sociale, alla base dei nsotri rapporti interpersonali, che si fonda sulla
condivisione dei significati e li alimenta, consente alle persone di influenzarsi reciprocamente.
Esistono molte forme di comunicazione (linguaggio, gestualità).
Il linguaggio parlato è una forma comunicativa peculiare della nostra specie, che si basa
sull’attribuzione di significato arbitrario a dei suoni graie all’uso di regole grammaticali e
sintattiche.

Rapporto tra pensiero e linguaggio: 2 visioni principali:


- Le capacità rappresentazionali (pensiero) precedono il linguaggio (Piaget)
- Il linguaggio è un fenomeno sociale e contribuisce a dare forma al pensiero (Vygotskij)

La comunicazione paralinguistica riguarda il modo in cui parliamo (comunicazione paraverbale)


Marcatori sociali: informazioni di tipo paralinguistico che danno informazioni su stato d’animo,
contesto, status, appartenenza, vicinanza emotiva.
Il modo di parlare (accenti, modi di costruire le frasi, repertorio lessicale) influenza il modo in cui
gli altri ci percepiscono. La varietà di linguaggio riflette lo stato sociale. La varietà standard è la
forma che caratterizza il gruppo dominante

Teoria dell’identità linguistica (Giles)


- Lingua e stile del linguaggio identificano i gruppi etnici
- In un contesto interetnico, la vitalità linguistica indica le probabilità di sopravvivenza
culturale etnolinguistico in base a variabili di status demografiche e istituzionali.
- Anche il padroneggiamento della lingua franca comprende elementi di comprensione del
contesto culturale

Vitalità etnolinguistica dipende da:


Variabili di status:
- Controllo economico del destino
- Alta autostima condivisa
- Orgoglio per il passato del gruppo
- Reputazione internazionale della lingua
Variabili demografiche
- Ampio numero di persone nella madreatria
- Proporzione numerica ingroup-outgroup
- Alto tasso di nascita e basso di emigrazione
- Scarsa incidena di matrimoni con individui dell’outgroup
Variabili di sostegno istituzionale
- Buona rappresentazione delle lingua in istituti nazionali o territoriali

Comunicazione non verbale: comunicazione non basata sul linguaggio parlato o scritto ma su
altri elementi (espressioni, postura, gesti). Attraverso essa possiamo:
- Comprendere sentimenti e intensioni altrui
- Regolare le interazioni
- Trasmettere intimità
- Stabilire relazioni di dominanza/controllo
- Coordinare le nostre azioni per raggiungere un obiettivo comune
Appreso soprattutto in modo inconsapevole
Alcune emozioni di base mostrano pattern facciali stabiloi e comprensibili nelle diverse culture
(evoluzionismo). Ekman ha individuato 6 emozioni di base.
Ma la cultura può influenzare:
- Regole di ostentazioni, determinate dalla cultura e dalla situazione, che stabiliscono se è
opportuno mostrare una determinata emozione in un dato contesto
- Ci sono differenze culturali, di genere e situazionali

Stimolo → valutazione → programma di espressione facciale → (filtrato da regole di


ostentazione) → espressione dell’emozione

Ci sono anche una serie di segnali comunicativi sviluppati e appresi culturalmente e usato in
modo deliberato (es: alzare gli occhi al cielo e sbuffare).
La lingua dei segni americala (ASL) è un linguaggio convenzionale (lingua) che utilizza gli studi
di Ekman per sviluppare segni linguistici basati su espressioni facciali dotate di significato
emotivo.

Sguardo
Stabilire un contatto oculare è fondamentale per la comunicazione:
- Ci scambiamo sguardi per la maggior parte del tempo, guardiamo negli occhi chi ci parla
e regoliamo lo scambio comunicativo (nelle cultura occidentale… mentre in quella
asiatica giapponese guardare negli occhi è considerato rude)
- Cerchiamo di leggere le intenzioni degli altri nello sguardo
- Mantenendo o distogliendo lo sguardo stabiliamo relazioni di status
- Differenze culturali nell’uso dello sguardo
Corpo
- Parte dell’espressione emotiva naturale
- Enfatizza linguaggio
- Emblemi: gesti che integrano o sostituiscono la parole
Gesti:
- Illustratori: attirano attenzione e aumentano la comprensione e la memorizzazione
- Conversazionali: danno senso di competenza e calma
- Adattatori: rivelano intenti persuasivi
Distanza:
- Prossemica: la distanza interpersonale indica il grado di affinità e intimità che si
percepisce o si vuole stabilire con qualcuno (differenze culturali)
- Distanze: intima, personale, sociale, pubblica
- Spazio personale: una certa distanza ci aiuta a sentirci al sicuro
- Una riduzione della distanza interpersonale puù essere bilanciata da una diminuzione di
segnali di intimità (es: distogliere lo sguardo)
- Il tocco ha importanti effetti sulla relazione e significative differenze culturali

Prospettiva cognitivo evoluzionista

Principi di base
Prospettiva (o epistemologia) evoluzionista:
Secondo questa rpospettiva:
- Tutti gli esseri viventi hanno un rapporto contrappuntistico con l’ambiente (es: il cavallo
usa gli zoccoli per muoversi)
- Mente: insieme di capacità che permettono di interagire con gli altri
- Conoscenza: rappresentazione (mentale) del rapporto tra la specie e l’ambiente
- Emozioni: sono rappresentazioni mentali parte della conoscenza

Sistema comportamentale: ha diverse componenti


- è una tendenza innata,
- non rigida e prefissata (istinto) ma plasmata dall’esperienza (cioè ricordi e aspettative)
C’è una meta evoluzionistica che si espleta in un modo appreso

I sistemi psico-biologici che regolano il comportamento vengono detti:


- Sistemi motivazionali
- Sistemi regolatori emozionali
- Sistemi d’azione

Esiste un numero finito di tendenze evoluzionistiche che organizzano emozioni, stati mentali
(stati d’animo, pensieri ed emozioni) e comportamenti (le tendenze influenzano il
comportamento: la meta evoluzionistica suggerisce un comportamento che può cambiare) →
queste tendenze sono “ambientalmente labili” e si esprimono in modo variabile a seconda delle
esperienze (l’obiettivo è prefissato, ma il modo in cui si esprime dipende dall’ambiente e
dall’esperienza dell’individuo)

Queste tendenze sono gerarchiche e organizzate nel cervello. Possiamo utilizzare la visione
tripartita del cervello:
Sistema motivazionale → meta
- Livello 1 (SM rettiliani):
● Difesa
● Predazione
● Esplorazione
● Territorialità
● Omeostasi
● Sessualità R (accoppiarsi per fini riproduttivi, non per “formare una coppia”). A
questo livello non c’è la previsione di una relazione
- Livello 2 (SM interpersonali):
● Attaccamento → ricevere cure
● Accudimento → fornire cure
● Rango (riconosciuto come motivazione a stabilire gerarchia in un insieme sociale
→ il mezzo può essere l’aggressività) → definizione del rango
● Sessualità → accoppiamento/coppia
● Collaborazione paritetica (fra pari) → perseguimento di scopi condivisi
● Gioco sociale / socialità → esercizio/maturazione
● Affiliazione di gruppo → coesione del gruppo
Collaborazione fra pari: Importanza del pointing (attenzione condivisa, appare intorno ai 9
mesi): il bambino guarda qualcosa rompendo il contatto visivo, per mostrare all’altro l’oggetto
della propria attenzione. Passaggio evoluzionistico fondamentale che porta al livello 3.
- Livello 3: (intersoggettività): nella neocorteccia. Condivisione di un significato o
esperienza
● Variazione e combinazione dei livelli 1 e 2
● Simbolizzazione
● Linguaggio
● Cultura
I sistemi più alti possono coordinare quelli più bassi. Grazie al 3° livello possiamo organizzare
gli altri, per combinarli.

Sistemi motivazionali bottom-up (attività spontanea) → proprietà emergenti → modulazione


top-down → regolazione dell’attività sistemi motivazionali
La collaborazione è centrale nello sviluppo di queste capacità nell’uomo.

Organizzazione e disorganizzazione
Ogni sistema motivazionale organizza, ma deve essere organizzato. La teoria
cognitivo-evoluzionista prevede che l’attività dei SMI proceda attraverso un’alternanza che
garantisce coerenza e organizzazione al nostro rapporto con il mondo man mano che le nostre
mete interpersonali si avvicendano tra loro. → In ogni istante sarà una motivazione dominante a
prendere il controllo e coordinare la visione del mondo e l’agire per perseguire una data meta.
La disorganizzazione è la perdita di un principio organizzatore coerente in funzione di una
determinata meta interpersonale.
Un sistema specifico prenderà il controllo.

Studi di Giovanni Liotti


Nell’attaccamento disorganizzato → Manca una coordinazione nell’attaccamento tra i sistemi
motivazionali di Attaccamento e Difesa → mancanza di coerenza nel sistema
Intorno ai 3 anni, alcuni bambini lasciano che un altro sistema motivazionale gestisca questo
conflitto tra gli altri SM (es: rango → il bambino cerca di “dominare” la mamma)
Altro esempio: accudimento (far mangiare il bambino) → il bambino non vuole mangiare: la
mamma lascia il posto al gioco per far mangiare il bambino attivando il suo sistema
motivazionale gioco. Questi 2 sistemi in questo caso collaborano.

Questi sistemi esistono per regolare le relazioni con gli altri.

Coordinare i sistemi motivazionali intersoggetivamente


I coordinamenti sani:
- Stesso SMI: 2 persone hanno lo stesso SM. hanno la stessa intenzione e la stessa
meta.
- SMI complementari: 2 individui hanno 2 sistemi complementari (es: attaccamento e
accudimento)
- Assetti motivazionali: è una combinazione armoniosa di SM. 2 o più SM che
interagiscono con un altro/i SM dell’altro. (es: 2 amici hanno SM affiliazione + SM
collaborazione paritetica + SM gioco)

Es: bambino (attaccamento + gioco) + mamma (accudimento + gioco)


Da questi apparati relazionali impariamo cos’è l’IO. SELF sono io come ho imparato grazie a
quello che ho saputo dagli altri (se ridono, sono simpatico)

Comportamento prosociale secondo la prospettiva


Cognitivo-Evoluzionista
2 posizioni contrapposte sulla natura umana:
- Filosofia dell’homo homini lupus (Hobbes) → natura egoista dell’uomo (siamo fatti per
rimanere al mondo e migliorare le nostre condizioni)
- Filosofia dell’altruismo naturale (Rousseau) → l’uomo è naturalmente portato
all’altruismo (siamo fatti per essere sensibili ai bisogni dell’altro). È la cultura ad aver
corrotto la natura dell’uomo e portarlo a diventare egoista

La teoria evoluzionista sostiene:


- Erroneamente si pensa che sostenga una visione egoista (tutti contro tutti per la
sopravvivenza). Questo deriva da una motivazione storica (Huxley usa la teoria
evoluzionistica in questo modo, ma Darwin no). Freud prende questa interpretazione,
tipica del Darwinismo sociale
- Darwin però, dice che l’uomo ha pronunciati istinti sociali, che sviluppa comportamenti
morali
- Tomasello (nel libro “Altruisti Nati): bambino di 24 mesi ha aspetti altruisti (sensibili a
ingiustizie, empatizzano con persone che vengono maltrattate, forniscono
spontaneamente indicazioni utili a risolvere problemi, aiutano estranei a raccogliere
oggetti caduti)

Dilemmi sociali: situazioni in cui 2 o più parti devono scegliere tra l’interesse e quello collettivo.
Cercano di capire se le persone mettono in atto comportamenti prosociali o egoisti in relazione
alla razionalità (l’uomo è razionale, in base alla razionalità dovrebbe perseguire il suo utile)
- Dilemma del prigioniero: 2 contendenti
- Se entrambi confessano: strategia razionale per il vantaggio personale o
“equilibrio di Nash”
- Se entrambi non confessano : maggior vantaggio comune o “ottimo di Pareto”
- Di solito gli esseri umani non si comportano in modo razionale → c’è un BIAS a
favore della strategia meno razionale, non confessare.
- Ultimatum game: 2 partecipanti: ci sono 10 euro, un partecipante può scegliere come
dividere i 10 euro. L’altro può decidere se accettare la proposta o meno → equilibrio di
Nash (strategia razionale per il vantaggio personale): accettare qualunque proposta
superiore a 0. Tuttavia i riceventi rifiutano offerte inferiori al 20% e le offerte sotto al 40%
sono a rischio. I proponenti offrono cifre abbastanza eque.
Possibili spiegazioni dei rifiuti:
- Punizione altruistica: per scoraggiare comportamenti egoisti a beneficio di
future occasioni
- Mancanza di autocontrollo: non si controlla la reazione vendicativa di
punizione
- Avversione alle iniquità (inequity adversion): naturale tendenza a
riconoscere quando c’è un’ingiustizia (ce l’hanno anche scimmie, cani,
corvi → c’è forse un substrato, un’eredità comune di varie specie,
specialmente negli animali che vivono in società)
- Dictator game: variazione semplificata del gioco precedente. Il proponente offre la cifra
che vuole e il ricevente la deve accettare comunque. Maggior parte delle persone
concedono qualcosa all’altro (anche se potrebbero tenersi tutto). Le persone si
comportano tenendo conto del bene dell’altro. Forse anche paura di essere giudicati.
Teoria dell’Orientamento ai Valori Sociali (SVO): esiste un’importanza che viene attribuita al
proprio benessere rispetto a quello degli altri + importanza data al bene dell’altro.
Puòl essere dedotta da compiti di allocazione delle risorse. Si ricavano 4 profili:
- 2 profilo proself:
● egoisti/individualisti: interessati a massimizzare il proprio vantaggio, decidono
in base alla propria convenienza senza tenere conto degli altri
● Competitivi: vogliono massimizzare a proprio favore il divario tra il loro
guadagno e quello degli altri
- 2 profili prosociali:
● Collaborativi: massimizzano vantaggio comune, decidendo in base a un
principio di equità
● Altruisti: massimizzare il bene dell’altro.

Distinguere l’intenzione dietro comportamenti prosociali non è facile: esistono 2 circuiti


neuronali funzionali per i comportamenti prosociali (Hein, 2016):
- Circuito basato sull’empatia → più semplice, basata sull’altruismo prevale nei soggetti
profelf
- Circuito basato sulla reciprocità → più evolluto, prevale nei soggetti prosocial
Esperimento: viene mostrato un filmato (o di empatia/altruismo o di reciprocità/equità) e poi fatto
un gioco di dilemma sociale → si vede che i circuiti neuronali sono diversi

Esperimento di Brasini (2017). Replicare esperimento di Hein in ottica cognitivo-evoluzionista.


Ipotesi:
1. La disposizione interpersonale alla prosocialità dipende da variabili individuali
(Orientsmento ai Valori Sociali), ma anche dal contesto
2. In presenza di un atteggiamento altrui equo oppure altruistico, la disposizione a ripartire
le risorse non cambia dal punto di vista quantitativo
3. Quello che cambia sono le motivazioni di base. Individui prosocial sono più stabilmente
orientati alla fairness (equità), quelli proself rispondono più su base condizionale (riferito
al contesto) alternando altruismo e individualismo a seconda delle situazioni)
Esperimento:
- Ricompensa: 30 euro da dividere per una ricompensa
- Danno: 30 euro da dividere per pagare un danno
L’altro:
1. Altruista: vuole cedere merito e ricompensa / Vuole assumersi la responsabilità e il
risacimento (accudente)
2. Collaborazione fra pari: vuole condiviedere merito e ricompensa / condividere
responsabilità e risarcimento
3. Competitivo: vuole prendere tutta la ricompensa / vuole far pagare all’altro il danno
Compito di allocazione risorse:
- Dictator game con soldi veri (per alcuni partecipanti estratti a sorte)
Si chiede ai partecipanti: Motivazioni rilevanti nella decisione
- Care (altruismo e empatia) → accudimento
- Fairness (equità/reciprocità) → collaborazione tra pari
- Loyalty (lealtà e spirito di squadra) → affiliazione al gruppo
- Sanctity (dignità e orgoglio) → competizione per il rango
- Authority (rispetto per le regole) → morale generica
- Queste sono le 5 fondamenta morali (Graham e Ditto) su base evoluzionistica analoghe
ai sistemi motivazionali
Variabili del disegno:
- Orientamento ai valori sociali 2 livelli between (prosocial-proself)
- Situazione 2 livelli (oneri-onori)
- Altro 3 livelli within (egoista-equo-altruista)
- Valori rilevanti 5 livelli within (ispirati alle moral foundations)
Variabili osservate:
- Allocazione di risorse (30€ in compito dictator game)
- Punteggi alle 5 motivazioni morali
Risultati:
- Non ci sono differenze di base tra proself e prosocial (prevale la regola “dividere a
metà”)
- Quando bisogna dividersi un costo i partecipanti sono meno generosi (noto da ricerche
precedenti)
- I comportamenti egoisti/competitivi vengono penalizzati da tutti i partecipanti (noto da
ricerche precedenti)
- Livello di base della fairness più alto nei prosocial (differenze non emergono nelle due
diverse condizioni sperimentali ricompensa/costo)
- Se l’altro si comporta in modo egoista o competitivo: contano maggiormente motivi di
orgoglio, dignità, rispetto delle regole. Invece l’altruismo e la lealtà sono meno rilevanti
(quando l’altro è egoista siamo meno tenuti a essere altruisti)
- Nei partecipanti prosocial, con l’altro collaborativo e altruista → divisione a metà. Con
l’ltro competitivo o egoista → gli si danno 10 euro
- Fanno questa scelta: nella ricompensa in base a equità e reciprocità / nel danno,
c’è molta più differenza
- Nei partecipanti proself: punizione più marcata per gli egoisti (tra 6 e 7 euro). Nel caso
del costo, quando l’altro è collaborativo dividono a metà. Se l’altro è egoista o accudente
(!) i proself decidono di accettare la proposta dell’altro di pagare e decidono di pagare in
media 10 euro.
- La motivazione: cambiano i valori di riferimento: nel caso del danno leggono
l’altrismo dell’altro in termini di empatia/altruismo (quindi accettano l’altruismo
dell’altro). Nel caso della ricompensa invece vedono in termini di
equità/reciprocità
Il problema del male: aggressività e predazione
Sant’Agostino: il male non è altro che corruzione: della misura, della forma o dell’ordine naturale
- Male è privazione/assenza del bene
- È contro natura e contrario alla visione religiosa (ogni creatura di Dio è perfetta)
- Il male contro i propri simili è la forma più grave di peccato

Aggressività
L’aggressività distruttiva sembrerebbe contraria alla teoria evoluzionistica e rappresenta un
paradosso (gli animali dovrebbero cercare di preservare la propria specie).

Posizioni storiche:
- Freud (1920): Prende dalla filosofia di Humes (l’uomo è lupo all’altro uomo) ed è anche
condizionato dall’esperienza della prima guerra mondiale → Thanatos (pulsione di
morte): accanto alla tendenza al piacere (che già lo porterebbe a atti egoistici) c’è la
pulsione morte
- Comportamentismo: l’aggressività è appresa (tramite condizionamento e modellamento;
Bandura e l’apprendimento vicariante)
- Fromm (1973). Psicologo di derivazione Freudiana ma più integrato con le questioni
sociali e influenzato dal Marxismo. Aggressività istintiva benigna (asservitità) e
aggressività maligna dovuta allo sviluppo individuale della personalità (crede che ci
siano delle influenze sociali che portano all’aggressività).
La spiegazione innatista e dell’apprendimento sociale non spiegano lo sterminio di massa della
seconda guerra mondiale → molti generali tedeschi dicono di “aver eseguito degli ordini” senza
intenzioni malevole
- Ipotesi della banalità del male (Arendt 1963): le circostanze possono
deresponsabilizzare gli individui fino al punto da far perdere il senso della propria e altrui
identità → (Milgram, 1963) l’obbedienza all’autorità può portare le persone a attuare
comportamenti dannosi contro i propri simili (esperimento delle scosse)
- Effetto Lucifero (Zimbardo, 1971): parte dall’ipotesi che il potere porta alla corruzione
delle persone e che le persone non nascono “cattive” → sono più importanti invece i
fattori situazionali (piuttosto che quelli disposizionali) → ruolo importante della
deindividuazione (perdere di vista che anche io sono un essere umano, che ho libero
arbitrio → mi dimentico di essere un essere umano e che anche l’altro lo è)
● Esperimento: Vuole studiare i comportamenti oppressivi dei carceri:
- 24 soggetti sani (non antisociali) e li associa casualmente a due gruppi
(guardie e prigionieri) → i prigionieri vengono portati in carcere tramite
una reale procedura di arresto. Le guardie non hanno istruzioni tranne
che devono detenere il potere.
- Zimbardo osserva le dinamiche del finto carcere
- L’esperimento si interrompe presto perché:
- C’è un’escalation di comportamenti vessatori, crudeltà e torture → dopo
36 ore un prigioniero abbandona l’esperimento a causa di un crollo
psicologico
- Dopo 6 giorni deve essere interrotto l’esperimento
- L’esperimento dimostra:
● La violenza e la crudeltà degli uomini contro gli altri uomini non si
spiegano con la cattiveria di alcuni, nessuno è immune dal rischio
del male

Empatia
- Capacità intuitiva di comprendere l’esperienza dell’altro mettendosi nei suoi panni
- 2 componenti:
- Emotiva (risposta emotiva allo stato emotivo altrui)
- Cognitiva (rappresentazione corretta della mente dell’altro
- Kitchener ne parlò agli albori della psicologia generale, Rogers e la terapia centrata sul
cliente
- Scoperta dei neuroni specchio (Rizzolatti): meccanismo biologico di rispecchiamento
- Cervello empatico: il cervello è evoluto per compiti sociali (social brain) e risponde ad
azioni, sensazioni e emozioni altrui attraverso le risposte di rispecchiamento
automatiche
Normalmente la sofferenza dell’altro dovrebbe inibire la violenza (e alleviare la sofferenza
dell’altro) → perché abbiamo tendenza all’accudimento

Posizione di Baron Cohen, 2011: “La scienza del male”: la malvagità deriva dal
malfunzionamento dell’empatia (erosione empatica) che corrisponde a un malfunzionamento
del circuito empatico (neuroni specchio…)
● L’empatia ha 6 livelli:
- Livello 0 negativo: psicopatia, narcisismo, personalità borderline
- Livello 0 positivo: spettro autistico, Asperger (manca la teoria della mente)
● L’rosione empatica dipende da:
- Predisposizione genetica
- Esperienze infantili avverse
- Obbedienza all’autorità (come dimostrato da Zimbardo)
- Ideologia
- Conflitti inter-gruppo
● Teoria del deficit: la malvagità dipende da un difetto di empatia

L’interruttore dell’empatia (Keysers, 2013 - che lavora con il gruppo di Rizzolatti): Abbiamo due
tipi di sistemi empatici:
- Abilità empatica → potenziale empatico
- Propensione empatica → tendenza a esprimere più o meno il potenziale
- Questo ha senso in una visione evoluzionistica: non sempre è conveniente aiutare l’altro
(quando per esempio dobbiamo sacrificare noi stessi)
- Esperimento:
● Esperimento con psicopatici
● Pizzica, accarezza o spinge la mano dei soggetti → poi gli mostra la mano di un
altro che subisce lo stesso trattamento → gli psicopatici rispondono meno
quando è la mano di un altro
● Poi gli fa rivedere e chiede ai soggetti di empatizzare → le risposte di
rispecchiamento diventano analoghe a quelle delle persone normali
● L’interruttore dell’empatia non scatta in automatico, ma può essere acceso
volontariamente → prova contro il deficit di empatia

Il meccanismo inibitore della violenza (Blair, 1995) - viene dall’evoluzionismo:


- Esiste un meccanismo evolutivo che inibisce gli scontri letali tra cospecifici → c’è una
strategia evolutivamente stabile di inibizione della violenza → i costi di deviazione dalla
strategia ha costi evolutivi troppo grandi
- L’inibizione della violenza consente lo scambio di cure, la formazione di legami di coppia,
organizzazione in gruppi sociali gerarchicamente ordinati (c’è un tipo di aggressività
ritualizzata all’interno della stessa specie: l’animale più debole mostra segnali di resa e
lo scontro termina → il segnale di stop è la percezione della sofferenza dell’altro)

Quando il meccanismo inibitore della violenza (MIV) non funziona:


- (Lorenz, 1963): il pensiero concettuale sovrascrive gli istinti più antichi
- (Morris, 1967): il sovraffollamento influisce in molte specie + la capacità umana di
collaborare e affiliarsi può portare alla violenza
- Il paradosso dell’intersoggettività (Liotti, 2017): il pensiero concettuale, la
simbolizzazione e la cultura sono “pennacchi evoluzionistici”, cioè prodotti
dell’evoluzione non vincolati a valori specifici di adattamento → consentono di modulare
i SES preesistenti (compreso il MIV) potenziando o inibendoli → l’uomo può quindi
elaborare ideologie non-violente e provare compassione anche per animali, piante o
oggetti inanimati ma anche realizzare genocidi, torture, guerre in nome di ideologie o
interessi

Aggressività distruttiva e sistema predatorio:


- La predazione è un sistema motivazionale arcaico, caratterizzato da stati eccitatori
euforizzanti e freddezza nei confronti della sofferenza della preda (non c’è empatia o
cattiveria)
- Dovrebbe essere silente nell’attuale organizzazione sociale umana, eppure molte
persone hanno idee omicide
Ruolo dell’esposizione alla violenza:
- Eccitazione + disinibizione
- Deumanizzazione e attenuazione dell’empatia (per esempio attribuendo giudizi negativi
alle vittime di violenza)
- Indebolimento della riluttanza
- Tutto questo è compatibile con l’idea del fallimento del MIV
Aggressività nelle relazioni di cura:
- Inversione dell’attaccamento: caregiver è in condizioni di disagio, bisognoso di cura e
conforto (disorganizzazione dell’attaccamento)
- Le proteste di attaccamento vengono fraintese come segnali aggressivi o di critica o di
minaccia
- Emersione di aggressività incongrua, in cui accudimento, attaccamento, rango e difesa
(con manifestazioni di tipo predatorio) si mescolano

Per concludere:
La disattivazione del MIV può portare a:
1. Predazione (eccitazione + freddezza emotiva)
2. Difesa (paura + rabbia)

Le relazioni romantiche: attaccamento e amore


- Freud: pensa che la fondamentale forza motivazionale umana sia la ricerca del piacere
(in particolare quello sessuale) → relazioni romantiche sono orientate dal piacere
sessuale
Cambia questa idea grazie al lavoro di Bowlby e Harlow (anni 50)
- La ricerca di relazione è altrettanto importante della ricerca del piacere (sesso)
- Esperimento delle scimmie di Harlow (la scimmia sceglie la mamma pelosa senza cibo,
piuttosto che quella di fil di ferro con il cibo)
La relazione e le esperienze precoci di relazione e le relazioni in età adulta

Relazione - legame - attaccamento sono sinonimi tra loro?

L’attribuzione di un sentimento amoroso è insita nell’essere umano (es: vedendo due gatti muso
a muso pensiamo che si amino, ma i gatti non hanno un’intersoggettività: coscienza dei
sentimenti dell’altro) / (es: la mamma umana ama il bambino prima che nasce, ama la
rappresentazione del figlio ma il bambino appena nato non ama la mamma: non ha una mente
sufficientemente sviluppata per provare questa emozione → ha un repertorio espressivo che lo
porta a costruire la relazione tramite l’attaccamento e nel giro di qualche hanno porta all’amore)
/ (es: in una coppia: c’è sessualità, scambio di cure (attaccamento) e ci sono altre cose → qui si
può parlare di intersoggettività (capacità di condividere un significato))
L’attaccamento non è l’amore: l’amore è un’esperienza intersoggettiva svincolata da motivazioni
interpersonali (es: sesso, attaccamento, accudimento…)

Gruppo di Boston sui processi di cambiamento (BCPSG, 2011): punto di incontro tra infant
research, psicodinamica interpersonale, teoria dei sistemi:
1. Visione bi-personale o relazionale dei processi mentali (la mente non è = al cervello, ma
è un fatto relazionale che si costruisce ed evolve nella relazione
2. Comunicazione e pensiero (significati) non sono necessariamente simbolici e verbali.
C'è una parte innata (la conoscenza relazionale implicita) in cui le emozioni sono
centrali. (es: il bambino ha una competenza relazionale che lo porta a sorridere alla
mamma nonostante non ne sia cosciente)
3. L’intenzione (implicita) è la forza primaria dell’interazione (goal directedness):
funzioniamo sulla base di piani e obiettivi (impliciti o espliciti). (es: il bambino ha
l’intenzione che la mamma si prenda cura di lui, ma non ne è cosciente, ma innato)
4. I processi di reciproca sintonizzazione sono la parte più importante della nostra
esperienza relazionale → attraverso la ricerca di sintonia, partecipazione e riparazione
dei malfunzionamenti arriviamo alla condivisione dei significati relazionali impliciti (fare
una cosa da soli o con altri è diverso)
I momenti di sintonia (o di incontro) sono fondamentali per far crescere una relazione

Intersoggettività primaria (Trevarthen, 1979): prime forme in cui gli scambi tra madre e figlio
non sono solo relativi a accudimento e attaccamento:
- L’attaccamento ha un’importanza fondamentale dal punto di vista evoluzionistico
all’inizio.
- Allo stesso tempo, sin dall’inizio madre e bambino cominciano a scherzare (questa è
un’aggiunta all’attaccamento) e aggiungono delle parti alla relazione che prescindono da
questi sistemi motivazionali. L’attaccamento non è l’ambito privilegiato della ricerca di
sintonia interpersonale.

Attaccamento e intersoggettività non vanno confusi (Cortina / Liotti, 2001):


- Funzione primaria di attaccamento: ricerca di vicinanza e protezione
- Intersoggettività: comunicare in modo automatico e intuitivo con i conspecifici, per
facilitare condivisione di significato

Quando i sistemi motivazionali si combinano si chiama un assetto


Il modo in cui gli assetti di mamma e bambino si combinano è una coordinazione

Ci sono diversi livelli di ricerca di sintonia:


- Flessibilità: capacità di utilizzare diversi strumenti dei sistemi motivazionali
- Armonia: capacità di combinare diversi sistemi motivazionali in un assetto
motivazionale funzionale
- Coordinazione: capacità di combinare assetti motivazionali di due individui → questo
aggiunge all’esperienza intersoggettività (ci sono più significati nella relazione)
- Questo porta alla sintonia
Alcune ipotesi:
- La relazione di coppia prevede scambio di cure (attaccamento + accudimento), ma non
è una relazione di attaccamento
- Amore adulto è più simile a una forma di intersoggettività
- La sintonia di una coppia si basa su assetti motivazionali ricchi e armoniosi, ad alto
tasso di intersoggettività (collaborazione, gioco, affiliazione)
Nei momenti di sintonia:
- Combinazioni motivazionali più complesse (percezione di assetti motivazionali
coordinati)
- Alto tasso di collaborazione, gioco, affiliazione
- Lo scambio di cure è meno importante (in una coppia sana)

Esperimento:
Madri e bambini divisi in 2 gruppi:
1. Campione: 30 madri (età media madri 35, età media figli 14 mesi)
2. Campione: 60 soggetti in relazioni di coppia (32 donne, 28 uomini, età media 27,
relazioni di ⅚ anni)
Rievocare episodi significativi della relazione con descrizione dettagliata (CESPA: contesto,
emozioni, sensazioni fisiche, pensieri, azioni):
- Episodio di sintonia (momento di incontro
- Episodio di rottura (now moment mancato)
Poi descrivere i sistemi motivazionali attivi in quel momento proponendo la lista dei SM con
descrizione e chiedendo quanto quel SM si sia attivato in quel momento
Risultato:
- Mamma e bambino: nei momenti di sintonia vanno di pari passo, nei momenti di rottura
la mamma ha impressione che il figlio è sfidante e critico (il bambino ha competenze
collaborative dai nove mesi, quindi non può manifestarle o meno consapevolmente,
quindi non può nemmeno sfidarla). La mamma quindi attribuisce al bambino delle
intenzioni che lui non ha
● nei momenti di sintonia linee coordinate (no SEX, rango, rabbia - yes
collaborazione, gioco, affiliazione) l’attaccamento del bambino è alto, nella mama
è basso
● Nei momenti di rottura: l’attaccamento della mamma è più alto (ha bisogno anche
lei di cura) - si alzano livelli di competizione (la mamma pensa che il bambino la
sfidi) e di rango del bambino (la mamma si sente di rango inferiore),
collaborazione del bambino scende
- Coppia:
● nei momenti di sintonia c’è collaborazione, affiliazione, sesso, gioco, scambio di
cure alla pari (meno attaccamento e un po’ più accudimento) - poco rango,
competizione
● Nei momenti di rottura: la persona percepisce sé stessa come bisognosa e
percepisce poco i bisogni dell’altro, l’altro viene percepito come sfidante, critico e
inflessibile, poco collaborativo
I momenti di incontro sono percepiti come caratterizzati da: assetto motivazionale vario,
improntato alla collaborazione + coordinazione tra assetti dei due partecipanti
Gli episodi di rottura sono percepiti come caratterizzati da: assetti motivazionali più rigidi e
orientati su attaccamento e rango + mancanza di coordinazione
Nelle diadi madre-bambino lo scambio di cure fa parte dei momenti di sintonia e bambino
percepito come collaborativo (non nei momenti di rottura
Nelle coppie adulte, gli episodi di sintonia non sono incentrati su scambio di cure ma su gioco,
sessaulità… le dinamiche di attaccamento conflittuale sono al centro degli episodi di rottura →
bisogna quindi coordinare meglio le dinamiche di attaccamento

La negoziazione
Nel primo dopoguerra si comincia a studiare come si prendono le decisioni

Teoria dei giochi (Von Neuman, Morgenstern, 1947): dal punto di vista logico-matematico la
collaborazione è la strategia più razionale.
Eppure gli uomini non gestiscono i conflitti in questo modo a causa di:
- Distorsioni sistematiche nella valutazione delle informazioni
- Errori previsionali
- Credenze sulla rappresentazione della situazione conflittuale

I conflitti possono essere:


- Interpersonali (tra persone)
- Intragruppo (all’interno di un gruppo)
- Intergruppo (tra gruppi)
Definizioni di conflitto rientrano in 2 categorie:
- Fonti del conflitto (condizioni necessarie e sufficienti per la realizzazione di un conflitto)
- Comportamento conflittuale

Origini del conflitto:


- Divergenza di interessi
- Rancore (annoyance)
Ma anche
- Percezione che le risorse siano percepite (oggettivamente o soggettivamente) come
scarse
- Percezione che ci sia grave disparità/ingiustizia nella distribuzione delle risorse (anche
se sono abbondanti)

Divergenza di interessi: ha come riferimento il futuro, e si basa sul disaccordo su come le


risorse (percepite come scarse) andranno distribuite → la situazione viene percepita come se ci
sia un risultato di vincita/perdita → situazione conflittuale
Rancore: ha come riferimento il passato, almeno una parte ha percepito un’inibizione dei propri
interessi (deriva da deprivazione relativa alle aspettative). È comunque una divergenza di
interessi, ma riguarda il passato. Può agire in vari modi: gradualmente o per accumulo; per
cambiamento di status o di leggitimità percepita; per emersione di una singola divergenza
latente risolta con autorità
→ alla base di un conglitto c’è sempre divergenza di interessi (attuale o passata)

Modalità di gestione del conflitto:


- Lotta (soluzione primordiale e costosa)
- Insindacabile giudizio di un’autorità (soluzione centralizzata)
- Ricorso alle norme (soluzione civile)
Queste modalità risolvono l’incertezza che sta alla base della crescita del conflitto (in condizioni
ambigue le persone che gestiscono la trattativa sono più indecise, mentre se la situazione è
chiara il conflitto tende a risolversi)

Esistono 2 tipi di Ambiguità:


- Ambiguità di dominio: assenza di norme chiare e condivise sulla modalità di gestione
di un conflitto → quando questa non c’è facciamo riferimento ai big three (Norme
generali di giustizia distributiva)
- Ambiguità della relazione: fa riferimento all’identificazione di quale delle due parti
abbia maggiore autorità o potere (in questo modo il conflitto è risolto unilateralmente).
Alcune culture sono più sensibili alle questioni di gerarchia sociale. Inoltre la complessità
della nostra società attuale aumenta i conflitti legati a questo aspetto a causa di mobilità
professionale, ristrutturazione aziendale, società multietnica e globalizzazione

Norme generali di giustizia distributiva (big three):


- Equità: chi più dà più riceve
- Uguaglianza: tutti ricevono in parti uguali
- Necessità: chi ha più bisogno riceve di più
La prevalenza di questi criteri dipende da:
- Cultura e personalità individuale delle parti
- Qualità della relazione (comunione o scambio)
- Considerazione delle conseguenze future desiderate

Il conflitto non è una proprietà della situazione, ma un modo in cui ci si rappresenta una
situazione. Le parti rispondono a una propria interpretazione del conflitto →
Schema del conflitto: rappresentazione mentale della situazione conflittuale. Dipende da vari
fattori:
- Personalità
- Orientamento relazionale/emotivo verso la controparte
- Percezione di contesti, interessi e risorse in gioco (propri o dell’altro)
- Esperienze conflittuale passate
- Aspettative sul prosieguo della relazione
Lo schema del conflitto influenza il modo in cui si affronta la situazione:
- Grado di collaborazione/competività
- Scelta della strategia
- Prorità attribuite ai diversi interessi
- Distorsioni di valutazione (della situazione, della controparte)=

Ci sono 3 dimensioni principali attraverso cui gli individui costruiscono la propria


rappresentazione del conflitto (Pinkley) lungo il continuum tra i due poli si colloca lo schema:
- Relazione vs compito
- Intelletto vs emozione
- Vittoria vs compromesso

7 modalità di interpretazione del conflitto che lo possono rendere difficile da risolvere


(Greenhalgh):
- Questione di principio
- Valutazione delle posta in gioco + rischio di creare un precedente
- Percezione di una interdipendenza delle parti a somma zero (se io vinco tu perdi)
- Continuità della relazione con la controparte
- Percezione del grado di coesione tra i membri della controparte (se l’outgroup è coeso, è
più prevedibile, se è meno organizzata è meno prevedibile)
- La terza parte (mediatore) che aiuta a risolvere il conflitto (meglio se affidabile)
- Probabilità di escalation del conflitto

Copione dell’escalation:
1. Richiedere
2. Esigere
3. Lamentarsi
4. Irritarsi
5. Minacciare
6. Infastidire
7. Gridare, imprecare
Questo copione è valido in tutte le culture e individui, è diversa la velocità in cui si arriva alle
varia tappe

Circoli viziosi: costituiti da attacchi alternati tra le parti in gioco in una escalation:
- Nessuno intende alzare il tiro
- Tendenza a leggere il comportamento dell’altro come un attacco o una provocazione
- Azioni finalizzate a pareggiare i conti
- Valutazioni opposte e simmetriche della situazione conflittuale

Strategie negoziali:
- Contesa (tento di prevalere)
- Risoluzione dei problemi (soluzione creativa win win)
- Compromesso (propongo soluzione intermedia equa)
- Resa (rinuncia alle proprie istanze)
- Inazione (temporeggiare)
- Resa (fuga dal conflitto)
Le strategie possono funzionare meglio o peggio a seconda della situaione e delle parti
Nella considerazione delle strategie si è assistito a una transizione di prospettiva
1. Prospettiva “one best way” → 2. Prospettiva della contingenza → 3. Prospettiva della
complessità

Effetti del conflitto


Secondo l’approccio tradizionale il conflitto è sempre disfunzionale, ma secondo studi più
recenti è funzionale (la soppressione è disfunzionale, oppure dipende da come vengono gestiti)
Effetti negativi della soppressione del conflitto:
- Negazione o minimizzazione dei problemi, richieste di acquiescenza
- Fenomeni di groupthink (perdita del buonsenso)
- Soppressione del pensiero delle minoranze → perdita di creatività
- Logoramento della relazione → predisposizione a una escalation
- Può limitare lo sviluppo, la creatività
- Può danneggiare le relazioni e la qualità delle decisioni collettive
Favorire il conflitto:
- Libera espressione di pensieri e emozioni (anche “negative”)
- Evidenziare aree potenzialmente conflittuali
- Sottolineare limiti nelle risorse disponibili
- Emersione delle ambiguità su cui poggia lo status quo
- Esplicitare ostilità latenti
- Riconoscere danni derivanti dalla soppressione del conflitto
Se ben gestito il conflitto favorisce:
- Comunicazione
- Comprensione
- Collaborazione
- Consenso sugli accordi
- Impegno delle parti
- Creatività
- Identità dei gruppi e maturazione
Secondo Walton, la curva degli effetti del conflitto ha una forma a U rovesciata (totale assenza
di conflitti e elevata conflittualità abbattono la performance)

La produttività di un conflitto dipende anche dal tipo di conflitto:


- Cognitivi: più produttivi, stimolano problem solving (riguardano risorse, procedure, ruoli)
- Emotivi: più disfunzionali → strategie di contesa (riguardano valori, principi, identità)
- Nei contesti di routine, entrambi sono improduttivi

Conflitto e personalità
Secondo alcuni autori le strategie di conflitto sono associate a specifiche caratteristiche di
personalità:
- Problem solving: orientamento ai risultati, tendenza a prendersi cura degli altri e a vole
piacere agli altri, assenza di necessità di difendersi
- Concessione (yielding): bisogno di riconoscimento sociale, scarso piacere nel gioco e
sfida, scarsa impulsività
- Evitamento (withdrawing): bisogno di autonomia, di evitare danni, scarsa tendenza a
prendersi cura degli altri e scarso bisogno di affiliazione
- Contesa (contending): aggressività, bisogno di esibizione, disinteresse a evitare danni,
bisogno di controllare e comprendere
- Compromesso: pazienza, resistenza, sensibilità, tendenza a prendersi cura e affiliarsi
Ma la situazione conta più della persona

Gestione del conflitto e appartenenza di genere


Le donne ricorrono più spesso a strategie legate al problem solving e al compromesso, a meno
che non si tratti di una situazione di persistente sopruso; gli uomini tendono maggiormente alla
contesa

Gestione del conflitto e stili di attaccamento:


Ansia del rigiuto → strategie di contesa
Comfort con l’intimità → strategie di problem solving

Gestione del conflitto e personalità di tipo A


La personalità di tipo A tende all’efficientismo, soppressione dei sentimenti, controllo,
individualismo, coinvolto in conflitti più difficili da gestire

Più dello stile di personalità contano i sistemi di credenze (belief) degli individui. Per esempio:
- Il vantaggio di uno corrisponde allo svantaggio di un altro
- Le vittorie comuni sono meglio di quelle individuali
- Le persone sono naturalmente buone e affidabili

Conflitti negoziabili
Nelle organizzazioni, un conflitto è ben gestito se non compromette la funzionalità dei rapporti
tra le parti. Il manager, per prendere decisioni deve saper gestire i conflitti generando consenso,
favorendo una percezione facilitante:
- Trasformare questioni di principio in q. pratiche
- Abbassare posta in gioco
- Trasformare situazioni a somma 0 → win win
- Ampliare prospettive temporali di risoluzione del conflitto
- Favorire la coerenza interna della controparte
- Utilizzare un mediatore esterno
- Interrompere escalation promuovendo la maturità delle parti
Iniziative di riconciliazione: utili in caso di conflittualità radicata:
- Possibilmente a carico della parte più forte
- Costosa e rischiosa per chi la attua (ha valore)
- Inaspettata e visibile (fa riflettere)
- Irrevocabile e incondizionata (senza secondi fini)
- Preceduta da una dichiarazione di intenti e sostenuta per un periodo sufficientemente
lungo (la controparte può rivedere le sue posizioni avendo tempo)

Sintesi:
Gestione negoziale di un conflitto punta a:
1. Trasformare conflitto da emotivo a cognitivo
2. Promuovere passaggio da prospettiva di scarsità a abbondanza
Evitare che il conflitto assuma forme primordiali (attacco e scontro) o irresponsabili (negazione o
soppressione)
Promuovere modalità negoziali più efficaci per il raggiungimento di un accordo

Modelli normativi delle dinamiche decisionali


Modelli che usiamo per prendere decisioni in situazioni conflittuali

Negoziare significa prendere decisioni (che influenzeranno il comportamento dell’altro)

Il modello di studio usa un decisore isolato (quindi non interagisce con un’altra persona ma con
l’ambiente)

Decision making “prescrittivo”: quali sono le decisioni razionali che portano a massimizzare
la produttività?
Le decisioni in condizioni di incertezza dovrebbero puntare a massimizzare l’utilità attesa →
esiste una formula ideata da Bernoulli (1738)
U (utilità attesa) = V (valore attribuito a un certo esito) x P (probabilità stimata)
Il valore è soggettivo

Strategie decisionali:
- MINIMAX: minimizzare la massima perdita (regret)
- MAXIMIN: massimizzare il minimo guadagno (pay-off)

Gioco a somma zero: ciò che guadagna uno viene perso dall’altro (competizione: chi
guadagna lo fa a spese dell’altro)
Es: battaglia di Bismarck:
- Generale Imamura (minimax)
- Generale Kenney (maximin)

Dilemma del prigioniero (Tucker)


2 persone hanno commesso un crimine e vengono interrogate separatamente. Nessuno ha
delle prove riguardo il crimine.
Matrice dei rendimenti del dilemma

Conviene confessare (utilitariamente) → equilibrio di Nash


Confessando ci si danneggia a vicenda, però. Non confessando si ottiene il massimo vantaggio
entrambi (ottimo Paretiano)

Equilibrio di Nash: profilo di strategie (una per giocatore) rispetto al quale nessun giocatore ha
interesse ad essere l’unico a cambiare

Ottimo Paretiano: quando è tale l’allocazione delle risorse è tale che non si può migliorare la
condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro

Nel dilemma del prigioniero c’è un “paradosso”: non esiste una scelta migliore in assoluto
perché:
1. Confessare è nell’interesse individuale (equilibrio di Nash). Se si confessa entrambi ci si
danneggia
2. Non confessando si ottiene il massimo vantaggio di entrambi (ottimo Paretiano,
razionalità collettiva)

Non sempre il conflitto si risolve in un’istanza, ma si susseguono varie fasi. Un esempio:

Il caso “Prodi-Bertinotti”: il dilemma del prigioniero in più mosse (1997)


Ci sono 2 partiti con idee opposte riguardo una manovra finanziaria + (la manovra finanziaria
permette l’ingresso in Europa)
5 fasi del conflitto:
- Presa di posizione dei protagonisti (esito buono per entrambi)
- Verso il punto di rottura
- Esplosione della crisi
- Ristrutturazione del conflitto
- Accordo e risoluzione della crisi
Nel caso Prodi Bertinotti:
1. Fase iniziale: Tengono duro entrambi (ricevono consensi dai partiti e elettori)
2. Fase intermedia: tenere duro è pericoloso per Bertinotti → crisi del governo (se entrambi
rimangono duri, ci sarà una crisi attribuita a Bertinotti)
3. Fase conclusiva: Bertinotti cede, Prodi fa passare la finanziaria ma rivaluta alcune cose
grazie alla protesta di Bertinotti
Nel processo cambiano gli esiti: le nostre scelte modificano quello che pensa o vuole l’altro,
inoltre ci facciamo un’idea di com’è l’altro

Esperienza “tit for tat”: le parti apprendono dall’esperienza e restituiscono all’altra parte quello
che ricevono (es: una parte è competitiva, si risponde con competizione)

Effetto disgiunzione: la scelta tra due alternative può condizionare le nostre decisioni in modo
non razionale. L’introduzione di una terza scelta che non dovrebbe influire, fa si che cambiano
la nostra richiesta.
esperimento
Sperimentatore (soggetto A) collabora → soggetto B compete
Sperimentatore compete → soggetto compete
Sperimentatore (soggetto A) non si sa (non viene comunicato all’altro soggetto) → soggetto B
collabora
Di fronte a una condizione di incertezza cambiamo strategia

Sure thing principle: se io preferissi X sia in condizioni Y che non-Y, dovrei scegliere X anche
senza sapere se le condizioni sono Y o non-Y
Spiegazione: → In condizioni di incertezza, speriamo con più forza che le cose vadano come
vorremmo, facendo meno calcoli

Il dilemma del prigioniero è alla base di molteplici dilemmi sociali (es: evasione fiscale, condotte
ecologiche…)
2 caratteristiche:
- Ogni giocatore ottiene rendimento più elevato facendo una scelta egoistica
- Tutti i giocatori otterrebbero un vantaggio maggiore se cooperassero
Esempi:
- Il dramma dei pascoli comuni (Hardin, 1968): a ogni allevatore conviene aggiungere
animali alla propria mandria, ma se ognuno aggiunge, ci sarà un danno per tutti (poco
pascolo)
- La corsa agli armamenti nucleari di USA e URSS nel dopoguerra

Il gioco del coniglio (Chicken game)


2 persone su una strada a 1 sola corsia che guidano l’una verso l’altra.
- Se tutti e due sterzano, avranno un piccolo guadagno (conigli)
- Se uno si e uno no, uno avrà piccola perdita + uno grande guadagno
- Se tutti e due non sterzano, avranno una grande perdita
In questo gioco il prezzo è particolarmente elevato → la posta in gioco deve essere alta per
spingere a sostenere il costo

Minacce:
- Possono servire a incentivare ad abbandonare la competizione → rischio escalation
- Devono essere credibili → conta la reputazione di chi minaccia
Ultimatum game
2 persone devono dividere un premio. 1 sceglie la divisione, l’altro sceglie se accettare (tutti e
due ricevono le somme) oppure rifiutare (nessuno riceve le somme)
- Rispecchia trattative in cui è presente una fase “prendere o lasciare”
- La scelta razionale prevede che A offra il minimo e B accetti comunque → Eppure le
persone non accettano offerte inique. I riceventi rifiutano offerte inferiori al 20% e le
offerte sotto al 40% sono a rischio. I proponenti offrono cifre abbastanza eque.
- Media di denaro offerto (4,45 dollari)
- Spartizioni alla pari 78%
- Media del minimo accettabile 2.25
- Richieste maggiori di 1.50 dollari = 59%
Possibili spiegazioni dei rifiuti:
- Punizione altruistica: per scoraggiare comportamenti egoisti a beneficio di future
occasioni
- Mancanza di autocontrollo: non si controlla la reazione vendicativa di punizione
- Avversione alle iniquità (inequity adversion): naturale tendenza a riconoscere quando c’è
un’ingiustizia (ce l’hanno anche scimmie, cani, corvi → c’è forse un substrato, un’eredità
comune di varie specie, specialmente negli animali che vivono in società)

Maledizione del vincitore (winner’s curse)


Tipica delle “aste a valore comune”. Il vincere significa pagare un bene più del dovuto.
Succede perché le decisioni possono essere distorte e indurre cattiva valutazione a causa di
- Mancanza di informazioni
- Motivi emotivi
Perché succede? → In condizioni di incertezza, ci basiamo più sulle valutazioni degli altri
rispetto al bene conteso

Anatomia della negoziazione


Negoziazione: processo di interazione tra 2 o più parti in cui si cerca di stabilire cosa ognuna
dovrebbe dare e ricevere in una transazione reciproca finalizzata al raggiungimento di un
accordo mutuamente vantaggioso
È una forma di coordinamento evoluta e costosa → ognuno deve concedere qualcosa all’altro +
se efficace rafforza il legame tra le parti

4 elementi costitutivi della negoziazione:


1. Parti negoziali:
● Ogni soggetto (individuale o collettivo) portatore di una personale configurazione
di interessi rispetto a come le risorse dovrebbero essere distribuite
● Sono riconosciute come aventi diritto alla spartizione e come aventi possesso di
qualcosa riconosciuto come valore.
● All’aumentare delle parti aumenta la complessità della trattativa
● I team negoziali hanno vantaggi e svantaggi:
+ rendimenti più alti
+ maggire scambio di informazioni
+ soluzioni più creative
- Controparte percepita in modo più negativo (competizione)
- Si rimane meno soddisfatti
2. Struttura dei rendimenti: modo in cui si configura l’interesse delle parti, data dall’utilità
associata a ciascun esito negoziale (soggettiva)
Si rappresenta generalmente in una tabella. La struttura dei rengimenti è composta da:
- Questioni (issue): risorse oggetto della negoziazione
- Alternative
- Utilità (valore soggettivo associato alle alternative)
Il rendimento di un accordo è la somma delle utilità
3. Spazio di utilità individuale: modo di rappresentare come si configura una trattativa.
- Richiesta di apertura del venditore è più alta del suo obiettivo (overbidding)
- Il potenziale compratore ha anche una sua richiesta di apertura inferiore
all’obiettivo (overbidding)
- Punto di indifferenza: soglia sotto la quale il venditore non è più interessato a
vendere / sopra la quale il compratore non è più interessato a comprare (punto di
differenza o limite) → si uscirà dalla trattativa.
- Spazio di trattativa: compreso tra i due punti di indifferenza, al cui centro si
trova il punto di probabile compromesso. Al di sopra/sotto di questo c’è il surplus
negoziale negoziale del venditore/compratore.
Spazio positivo di trattativa: la soluzione è tra i punti di indifferenza
Spazio negativo di trattativa: non esiste uno spazio di accordo
- Le richieste aumentano:
● Con le pressioni delle parti rappresentate (faremo richieste più alte
se negoziamo per qualcun altro
● Con l’ostilità o mancanza di contatto della controparte
● Con Disponibilità di tempo (diminuiscono se si ha fretta)
● Con aspettativa che anche l’altro farà overbidding
- Danza negoziale: si parte da richieste e si trova l’accordo
in un punto intermedio → conviene sempre far esprimere
le richieste prima alla controparte
● Obiettivi: influenzati da:
- Limiti, percezione di fattibilità dell’accordo
- Principi di equità
- Aspettative sulle concessioni della controparte
Più sappiamo della controparte, meglio possiamo impostare gli obiettivi:
- Trackling: se so che la controparte è disponibile, alzo gli obiettivi
- Bisogna saper prevedere l’overbidding
● Limiti (punti di indifferenza): elemento più stabile della negoziazione. Si
abbassano fino al costo percepito del mancato accordo. Influenzato da 3
fattori principali:
- BATNA (best alternative: migliore alternativa all’accordo negoziale
(rendimento che posso avere se non faccio l’accordo… status
quo)
- Break even point: punto dove i benefici dell’accordo sono pari o
inferiori ai suoi costi
- Arroccamento: posizioni del tipo “prendere o lasciare” per motivi
diversi (incluso perdere la faccia)
Nel corso della trattativa: le richieste scendono, gli obiettivi scendono
(meno ripidamente), i limiti rimangono più o meno stabili
4. Spazio di utilità condivisa:
- Punto di non accordo: il punto dove si incontrano i limiti delle due parti
- Fino a che il bene in gioco è fisso (un gioco a somma zero) → il punto di
equilibrio lascia insoddisfatte entrambe le parti. In questo caso bisogna
modificare lo spazio della trattativa (aggiungendo una risorsa a quella che già era
in gioco)

Non tutti i conflitti vengono affrontati con una negoziazione

Avviare il negoziato
Condizioni necessarie:
- Obiettivi (soggettivamente) contrastanti
- Possibilità di comunicazione tra le parti
- Possibilità di soluzioni intermedie e compromessi
- Possibilità di formulare offerte e controfferte provvisorie (processo di esplorazione)
La fine del processo è sancita da un accordo sottoscritto da tutte le parti
Motivazione alla negoziazione
- Entrambi le parti vedono un potenziale vantaggio → Differenza positiva tra benefici e
costi della negoziazione
Modelli motivazionale alla negoziazione:
Modello della “aspirazione”: massimizzazione dell’utilità attesa: più motivati si è alla vittoria, si
faranno meno concessioni, più richieste, più tempo per negoziare → rischio di stallo
Dual Concern Model (Pruitt e Rubin, 1986): gli obiettivi dei negoziatori sono determinati da 2
fattori indipendenti: interesse per il proprio rendimento + interesse per il rendimento per la
controparte

2 dinamiche motivazionali alla base della decisione di avviare il negoziato


Se si è maldisposti verso la controparte → tentazione di attaccare (non favorevole per la
trattativa) → bisogna puntare sulla motivazione a evitare perdite (andare allo scontro porta a
perdite)
Se si pensa che l’accordo con la controparte non porti a un’utilità maggiore dello status quo →
tentazione di fuggire → bisogna motivare ad ottenere guadagni

I vantaggi di una negoziazione sono frutto di un processo che porta frustrazione, rabbia e paura:
- L’attacco non conviene sul lungo termine
- Spesso nasce dopo un periodo conflittuale
- Siamo spesso soggetti al bias dell’overconfidence (sovrastimiamo la nostra
determinazione di superare la sfida) → sottostimare tenacia dell’avversario
- Stallo delle ostilità (la mia ostilità alimenta quella dell’altro)
Prima si riconoscono i potenziali costi del conflitto, prima si avvia la negoziazione (diminuendo
costi e tempi)

A trattativa avviata:
Dual model concern
- Motivazione al guadagno → stile conciliante e cooperativo (obiettivi su lungo periodo)
- Motivazione a evitare le perdite → stile negoziale più dinamico (obiettivi di breve
periodo, focus sul presente)
Le negoziazioni sono “contesti a motivazione mista”:
- Motivazione di tipo contending (obiettivo di prevalere, con minacce, pressioni,
irrigidimenti)
- Motivazione di tipo problem solving (obiettivo di dare informazione, concedere, fornire
alternative) per offrire vantaggi all’altro e chiudere l’accordo
Queste alternative possono combinarsi:
- Alternanza di concessioni e richieste
- E cambiare in base alle fasi, contesto, persone, questioni

Tipologia delle situazioni negoziali


Ovviamente non ci sono 2 situazioni identiche.
13 caratteristiche per comprendere la tipologia di trattativa:
1. Numero delle parti (+ parti → + complessità). Il numero delle parti può variare durante il
processo (coalizioni, scissioni, nuovi ingressi)
2. Compattezza delle parti: ci possono essere anche valori e interessi diversi all’interno di
una stessa parte → complicazione della trattativa (negoziazioni interne ed esterne alle
parti)
3. Ripetitività: negoziazioni occasionali / continuative (in queste si cercherà più
cooperazione per mantenere buona reputazione, però senza apparire troppo concessivi)
4. Collegamento: bisogna conoscere trattative analoghe avvenute in precedenza e i loro
esiti
5. Numero delle questioni: * spesso una questione può risaltare facendo scomparire le
altre → diventa un gioco a somma zero; è utile contemplare più questioni (trattativa più
flessibile e ampia, ma anche più complessa
6. Necessità di accordo: in alcuni casi non si può interrompere la trattativa, in tal caso il
tempo può diventare un’arma negoziale (chi ha più tempo ha più flessibilità); è utile
stabilire il proprio punto di indifferenza (e possibilmente stimare quello altrui)
7. Richieste di ratifica: quando il negoziatore rappresenta una parte che deve approvare
l’accordo (può essere un’arma strategica, ma anche a doppio taglio → il negoziatore
viene percepito come più debole)
8. Minacce: arma potente ma può danneggiare la negoziazione. La minaccia più grande è
interrompere la trattativa (“fixed threat”). A volte si può minacciare di peggiorare le cose
(rispetto allo status quo)
9. Limiti e costi temporali: chi ha più tempo ha un importante vantaggio negoziale
10. Negoziazioni vincolanti: alcuni accordi comportano rischi e svantaggi dopo la
sottoscrizione → l'accordo stipulato deve essere applicato senza danni per le parti
11. Negoziazioni pubbliche vs private: ciò che si dice in pubblico ha più peso (credibilità)e
la trattativa perde elasticità → c’è maggior rischio di escalation. Si può usare il pubblico
per inviare messaggi indiretti (triangolazione)
12. Stile dei negoziatori:
- Antagonisti stridenti: indisponenti, malevoli, inaffidabili
- Antagonisti cooperativi: affidabili, diretti, ma orientati al proprio obiettivo
- Totalmente cooperativi: aperti e orientati al bene comune
13. Intervento di terze parti: alcune trattative sono aperte alla possibilità dell’intervento di
altri
- Mediatori (cercano accordo tra le parti)
- Arbitri (stabiliscono torti e ragioni)
- Anche la sola possibilità che intervenga un mediatore cambia la negoziazione
(esempio, si agisce duramente confidando che il mediatore medi i toni / o si sta
più attenti se c’è un arbitro)

Prepararsi a negoziare
Pianificazione: definizione di strategie finalizzate al raggiungimento degli obiettivi
2 atteggiamenti di base:
- Pensiero incrementale: procedere in maniera flessibile e basata sul qui e ora (razionalità
limitata: non possiamo fare le cose perfette e pianificare)
- Pensiero strategico: cerchiamo di avere una completa visione del quadro
- Quale delle 2 sia migliore dipende dalla situazione: situazione nuova → pensiero
incrementale / situazione conosciuta → pensiero strategico
Una strategia efficace deve essere:
- Imprevedibile (per l’altro)
- Inquadrare in modo chiaro gli obiettivi dall’inizio
- Flessibile e adattabile agli sviluppi
Importante la preparazione: farsi delle domande (chi cosa come perché dove)
Secondo la prospettiva del marketing intelligence bisogna:
- Conoscere i concorrenti (possibili alternative alla controparte)
- Conoscere il mercato
- Conoscere la controparte
Un piano efficace deve essere:
- Semplice (chiaro in ogni momento)
- Specifico (preciso → efficacia)
- Flessibile (adattabile alle circostanze)

Negoziare per vincere


Negoziazione distributiva: avvantaggiarsi nella spartizione di una risorsa limitata (a
svantaggio della controparte → gioco a somma zero

Strategie:
- Concedere (ridurre le richieste in modo strategico e non gratuito, per dare segnali di
disponibilità, mettendo l’altro in una situazione di debito)
- Abbandonare il negoziato: se si ha un BATNA (best alternative to negotiation
agreement) vantaggioso
- Non agire: (usare il tempo a proprio favore, in caso si abbia tempo)
- Richiedere: in vari modi
● Minacciare: mostrare che l’altro avrà dei danni → prospettare una punizione, in
modo credibile
● Pressare: infastidire con l’insistenza → se si cede, cessa la pressione
● Dichiarare una posizione irremovibile: prospettare all’altro un punto di rottura
● Persuadere: manipolare il punto di vista altrui, cercando di portarlo ad assumere
il nostro punto di vista (sfruttando le euristiche e senza farsi accorgere)

Strategie distributive
Esempi delle euristiche
- Principio del contrasto: tendenza a valutare le cose in termini comparativi (1 cosa brutta
e 1 peggio → vuoi quella brutta)
- Principio della reciprocità: tendenza a contraccambiare un favore o un dono ricevuto
- Ripiego dopo un rifiuto: tendenza a sentirsi imbarazzati nell'opporsi due volte di seguito
un rifiuto
- Riprova sociale: tendenza in situazioni di incertezza a decidere cosa è giusto basandosi
su quello che pensano gli altri
- Impegno e coerenza: tendenza a voler apparire coerenti rispetto alle proprie azioni
passate, soprattutto se si è percepiti liberi nello scegliere diintraprenderle
- Simpatia: tendenza a assecondare chi ci piace o a cui sentiamo di piacere
- Autorità: tendenza a essere deferenti verso chi percepiamo come più potente
- Argomentazione contraria: tendenza a fidarsi delle persone percepite come autorevoli
che hanno l'onestà di fornire informazioni anche se sono a loro sfavorevoli
- Principio della scarsità: tendenza a essere pià attratti da risorse che hanno disponibilità
limitate
- Reattanza psicologica: tendenza a ribellarsi alle limitazioni alla propria libertà

Tattiche distributive
Accordo win-win: soluzione negoziale in cui ognuno ottiene, in termini di utilità, il meglio che
poteva sperare di ottenere (reciproco vantaggio)
Secondo Dawson (1999) l’obiettivo è che l’accordo appaia win-win alla controparte, anche se
non lo è (trattativa diventa più malleabile se l’altro non avverte che non sta ottenendo il
massimo)
1. Chiedere di più: aumenta il margine di trattativa. Chiedere il massimo MPP (massima
posizione plausibile), senza preoccuparsi del rifiuto.
2. Indugiare al sì: accettare con entusiasmo insospettisce la controparte → tecnica del
flinch (mostrare sconcerto per le richieste altrui)
3. Recalcitrare: assumere il ruolo del venditore/acquirente riluttante (“le sto facendo un
favore)
4. Migliorare: dire all’altro che può fare meglio di così
5. Argomentare: associare un’argomentazione dettagliata a ogni richiesta/concessione →
per aumentare il valore nella mente dell’altro
6. Limitarsi l’autorità: sostenere di non avere abbastanza autorità per decidere → serve a
prendere tempo e ottenere concessioni o uscire dalla trattativa
7. Far dividere la differenza: indurre l’altro ad affermare “veniamoci incontro” + sfruttare
questa richiesta per strappare nuove concessioni
8. Partire dall’accordo: assicurarsi da subito l’accordo sulle questioni minori → questo
migliora la relazione e il potere di persuasione
9. Concedere ad arte: applicare la tecnica dell’undermatching (fare concessioni più piccole
di quelle che concede l’altro) evitando effetto boomerang (in questo modo l’altro non
pensa che le nostre concessioni siano piccole)
10. Coinvolgere con il tempo: allungando i tempi l’altro diventa più disponibile (ma ci sono
costi per il mancato accordo). Il tempo perso diventa una perdita che non si
vuolesostenere
11. Colpire basso: far credere all’altro di avere già pronto un accordo per lui favorevole.
“Tecnica del possesso” (far pensare all’altro che già possiede l’oggetto)
12. Tollerare il fallimento: monitorare il proprio coinvolgimento e raffreddarlo (non bisogna
mostrare che ci interessi)
13. Temporeggiare: accendere l’ansia di concludere → aggiungere dichiarazioni di interesse
per mantenere vivo l’interesse
14. Tacere: chi parla di meno ha più potere → ascolto aggressivo, poker face
15. Raschiare il fondo: dire di aver raggiunto il punto di indifferenza
16. Gestire il rifiuto: sfruttare il senso di colpa di chi pronuncia il no / se siamo noi a dirlo,
farlo con fermezza
17. Pressare: chiedere insistentemente
18. Indirizzare: dichiarare subito le questioni per noi negoziabili o meno
19. Mettere all’asta: dichiarare di avere avuto offerte migliori, e creare competizioni tra gli
interlocutori
20. Cogliere segnali deboli: fare attenzione a segnali non verbali
21. Imporre scadenze: tattica dell’ultimatum, come mossa di apertura non funziona
22. Avvisare e promettere: avvisare dei rischi in mancato accordo (minaccia velata) /
promettere concessioni nel caso in cui la controparte sia disposta a cambiare posizione
23. Inscenare “emotional labour”: manipolare la propria espressività emotiva in maniera
strategica (rabbia, stupore, empatia, ammirazione, distacco ecc…)
24. Vedere il bluff: chiedersi se le minacce della controparte le converrebbero davvero
25. Provocare il boia: reattanza psicologica
26. Giocare al buono e cattivo: usando un complice
27. Fare l’ingenuo: fingere ingenuità e mettersi nelle mani dell’altro (“ci pensi lei che io non
so niente”)
28. Dividi et impera: nelle trattative con i gruppi, assumere ruoli diversi con i diversi membri
al fine di creare fratture
29. Presentare in prospettiva: mettersi nei panni dell’altro e mostrare l’offerta dal nostro
punto di vista
30. Inibire la ricerca: convincere la controparte a negoziare solo con noi (senza cercare
alternative → abbassare la qualità della BATNA
31. Scoraggiare: insinuare dubbi e preoccupazioni nella controparte
32. Confidarsi: invitando a uno stile più informale
33. Dimenticare: fingere di aver dimenticato accordi precedenti + sfruttare tendenza a
ricordare più le concessioni fatte e non ciò che è stato promesso da noi
34. Allearsi: procurarsi un alleato, meglio se di potere + tecnica del nemico comune
35. Scegliere l’arbitro: introdurre una terza parte apparentemente imparziale
36. Tirare le fila: fare noi un riassunto degli accordi precedenti con delle “integrazioni”
(opposto di dimenticare)
37. Apprezzare: mostrare stima, rispetto, benevolenza
38. Stremare: strappare accordi vantaggiosi dopo aver stremato la controparte
39. Mettere fuorigioco: mostrare valore per una particolare offerta (che sarà gonfiata dalla
controparte) per poi rinunciarvi
40. Sbiadire i costi: distribuire il costo nel tempo (costa come un caffé al giorno) / presentare
il costo dei singoli elementi e non il totale / dimostrare che il costo è ammortizzabile /
confrontarlo con altre spese
41. Chiedere un’opzione: chiedere il diritto di essere informati sulle eventuali trattative con
altre controparti
42. Pilotare: trasformare le proprie proposte in domande pilotanti (sei licenziato, vuoi un
mese pagato in più o un mese di ferie?)
43. Evidenziare le differenze: dichiarare in modo esplicito i punti di contrasto con la
controparte (dà un’idea di avere meno da perdere)
44. Fare l’avvocato del diavolo: inviare l’altro a riflettere sulle conseguenze negative delle
sue richieste
45. Andare oltre: tattica negoziale di tipo distributivo: cercare di capire le reali motivazioni e
interessi della controparte (oltre le richieste)
46. Scrutinare i dettagli: discutere in modo approfondito ogni dettaglio dell’accordo +
negoziare in modo pignolo per stremare e indebolire la controparte
47. Concordare: mai porsi in una posizione diametralmente opposta. Tecnica delle 3 P:
prova (so quello che provi), provato (è successo anche a me), portato (ma mi ha portato
a cattivi risultati)
48. Manipolare il “frame”: creare un contesto positivo e indurre la controparte a fare
concessioni → presentare le proprie richieste come il bisogno di evitare perdite invece
che bramosia di guadagno. Al contrario mostrare le mancate perdite dell’altro come
guadagno
49. Porre problemi etici: analizzare le argomentazioni dell’altro fino a renderle discutibili a
livello etico
50. Raccogliere informazioni: scoprire i punti deboli

Effetti delle tattiche distributive


Conoscere le tattiche serve per attacco e difesa, ma non basta per saperle usare → è una
questione di mentalità.
Utilizzarle è un’arma a doppio taglio → aumenta i potenziali rendimenti ma riduce l’utilità
comune (avere una mentalità distributiva, con gioco a somma zero, non è la migliore strategia e
mette in un contesto competitivo→ risponde all’equilibrio di Nash ma non all’ottimo Parietano) +
espone a maggiori probabilità di rotture
- Deteriore fiducia e credibilità
- Alimenta frustrazione nel perdente
- Innesca spirale di competizione
- Indebolisce i principi etici dei negoziatori
Conviene nel breve, se non si viene scoperti e se non si tiene alla reputazione, ma nel lungo
termine è deteriorante.

Negoziare per crescere


Negoziazione integrativa: generatore di opportunità, tramite la possibilità di coordinamento
degli interessi negoziali → gioco a somma variabile (non è detto che uno debba perdere se
l’altro guadagna → un bene che sembra limitato potrebbe non esserlo se si guarda da punti di
vista differenti

Le negoziazioni sono spesso di tipo misto (mix tra caratteristiche competitive e integrative). Le
caratteristiche integrative spesso non vengono riconosciute (tendiamo a pensare che sia un
gioco a somma zero) perché:
- Bias della “torta fissa”: le situazioni miste ci appaiono competitive
- Euristiche della disponibilità: sovrastima della frequenza delle informazioni più salienti
(cioè quelle a cui pensiamo per prime) (p.e. Le caratteristiche distributive)
- Profezia che si autoavvera: se percepisco una trattativa come competitiva → si
trasformerà in tale

Le strategie integrative comportano vantaggi:


- Materiali:
● Analisi più complete → soluzioni migliori
● Maggiore utilità condivisa degli accordi
● Più creatività
● Maggiore solidità degli accordi
● Maggiore commitment per l’applicazione dell’accordo (rispetto dell’accordo)
- relazionali:
● Fiducia e apertura
● Disponibilità per future negoziazioni
Hanno anche costi maggiori però:
- Richiedono più tempo
- Richiedono di mettersi in gioco (rinunciando al potere + accettare rischio
dell’interdipendenza, affidandosi all’altro)

È fondamentale:
- esplorare insieme la struttura negoziale (tramite prove ed errori (con offerte/controfferte)
+ autodisvelamento e libero scambio di informazioni)
- Costruire fiducia

Il dilemma della negoziazione integrativa (prigioniero):


- Se la controparte è integrativa ci sarà un risultato vantaggioso
- Se è competitiva, si avrà una posizione vulnerabile (informazioni condivise usate contro
di noi, esposti a tattiche persuasive, considerati deboli=

Conviene competere?
- Bisogna mostrarsi collaborativi per primi + rivedere strategie durante il processo

2 stili (Anderson):
- Simbiotico: regredisce verso il predatorio se l’altro è predatorio
- Predatorio: tende a auto confermarsi, resistente al cambiamento
- Bisogna quindi combattere le proprie tendenze predatorie e quelle dell’altro

Dual concern model: la giusta combinazione prevede un elevato interesse per il proprio e l’altrui
rendimento

Interesse al proprio rendimento:


- Necessare per un buon accordo
- Spinge a ricercare buoni accordi
- Motiva a investire energie e mettere in gioco le proprie risorse
- Rischi: fa arenare la trattativa (se vediamo solo il proprio rendimento) + fa prevalere
approccio predatorio e intimorisce la controparte → escalation
Interesse al rendimento altrui:
- Necessario soprattutto se autentico → porta senso di affinità e simpatia
- Non sufficiente: troppo interesse per l’altro porta ad essere remissivi e arrendevoli,
accettando compromessi sub-optimali → paradosso del sacrificio inutile (se nessuno
esprime i propri interessi si arriverà a un accordo non soddisfacente per nessuno
- Usare altruismo illuminato

Relazioni integrative
La relazione influisce sulla qualità della negoziazione:
- Prima (reputazion, aspettative, percezioni)
- Durante (fiducia, comunicazione, cooperazione)
- Dopo (rispetto, fidelizzazione)
Contribuiscono fattori:
- Cognitivi (percezione degli interessi)
- Affettivi (riguardano potere, fiducia)

influenze
- Percepire interessi altrui come speculari ai propri (fare una tabella dei rendimenti). È un
errore di decentramento (la mente dell’altro non è uguale alla nostra!) → devalutazione
reattiva: svalutazione delle concessioni altrui
- Potere (dare premi o punizioni)
- Riconoscere il potere altrui incoraggia accordi integrativi
- Non riconoscerlo porta alla lotta
- Se nessuno ha potere, conta la BATNA
- Fiducia: aspettativa di cooperazione. Aiutata dalla similarità, appartenenza, esperienze
positive e reputazione → la prospettiva di continuità genera fiducia

Benefici delle relazioni integrative:


- Positività della relazione (sentimenti piacvoli e interesse per il benessere dell’altro) +
biunivocità + maggiore problem solvin ma meno contending
3 regole per la relazione eintegrativa:
- Norma del problem solving: ricerca di soluzioni mutualmente vantaggiose
- Norma della mutua disponibilità: a cedere qualcosa
- Norma dell’onestà dei segnali: cercare di essere trasparenti (contenere l’overbidding)

Cosa mantiene atteggiamento negativo verso l’altro:


- percezione selettiva: noto quello che è coerente con le mie idee (adattiamo le
informazioni del mondo alle teorie che già abbiamo)
- Memoria selettiva: ricordo solo quello che è coerente con lo stereotipo che ho
- Distorsione nelle attribuzioni: negative interne stabili

Prescrizioni su come relazionarsi al meglio con la propria controparte (anche se la controparte


non lo fa):
- Rimanere razionale anche se la controparte agisce emotivamente
- Cercare di comprendere
- Ascoltare
- Essere onesti
- Evitare tattiche coercitive anche quando la controparte le usa
- Essere aperti alla persuasione
- Prendersi cura della controparte e al suo punto di vista
- Attaccare il problema e non la persona, rispettando la dignità dell’altro
- Dimostrare impegno genuino nel problem solving
- Premiare aperture cooperative
- Trovare qualcosa che lega le due parti
- Chiamare per nome
- Interessarsi a quello che interessa a loro
- Non giudicare
- Scoprire cosa apprezziamo in lei

Negoziare in modo integrativo: scoprire e capitalizzare le differenze → la differenza crea


opportunità
- Trade off: concedere una proprità all’altro per ottenere una mia priorità
3 tipi di differenze
- Stime di probabilità di accadimento (per le due parti una cosa può sembrare avere
diverse probabilità. Es: se torniamo a casa tardi butto io l’immondizia → io torno sempre
tardi ma l’altro non la pensa così)
- propensione/avversione al rischio
- Tolleranza del costo del tempo
Cosa impedisce di riconoscere le differenze:
- Euristica del falso consenso (“vogliamo tutti le stesse cose”)
- Stereotipi sulla controparte (attenzione selettiva, riduzione della comunicazione)
- Timore delle differenze (“se siamo diversi non possiamo andare d’accordo”)
Promuovere la comunicazione:
● Quantità degli scambi comunicativi → migliore struttura dei rendimenti della controparte
→ qualità dell’accordo
- Atteggiamento empatico e di “ascolto attivo”
- Apertura + fornire informazioni (entrambi devono avere idee chiare su come è
fatto l’altro
- Comprendere le motivazioni (bisogni) sottostanti le richieste
Per stimare la tabella dei rendimenti della controparte possiamo:
- Chiedere la struttura dei rendimenti associata ai migliori risultati possibili
- Proporre soluzioni negoziali
- Chiedere di stilare un’azienda del tavolo negoziale

Attraverso il problem solving (in modo creativo ed esplorativo) cerchiamo un accordo


negoziale pareto-ottimale (soluzione non dominata con rendimento comune)
Possiamo farlo:
- Arricchendo il tavolo delle trattative (aumentando opzioni, trovando differenze)
- Con diverse strategie:
● Allargamento orizzontale (la risorsa è davvero scarsa o è saliente? - es: due
bambini che si focalizzano su un gioco)
● Allargamento verticale (cosa significa la risorsa per le diverse parti? - es: perché
vuoi quel gioco?)
● Compensazioni (cosa posso offrire per indennizzare le concessioni? - es: cosa
può ricompensarti per la tua concessione?)
● Bridging (come rivedere gli obiettivi di entrambi? - es: cos’altro possiamo fare?)
● Si può utilizzare il brainstorming
- Approccio item per item (isolando questioni e trattandole in modo approfondito + iniziare
dalle più facili per creare fiducia MAA si perde possibilità di sfruttare interdipendenze E si
crea una sequenza diacronica di compromessi in cui si fanno compromessi a turni)
favorisce trattative distributive)
- Approccio a testo unico (si affrontano tutte le questioni insieme → meccanismo “log
rolling”: si tiene sui propri punti principali e si cede sugli altri → poi si crea un accordo
finale MA questa procedura sovraccarica cognitivamente)
- Approccio per pacchetti (approccio migliore. 5-6 questioni interdipendenti per volta in cui
gli interessi possono divergere

Come favorire un problem solving collaborativo:


- Setting: mentalità e spazio
- Porte chiuse
- Creare un’iniziale catarsi
- Allontanare la pressione temporale
- Creare ambiente accogliente
- Umorismo
C’è bisogno di
- speranza (le parti devono pensare che l’accordo sia fattibile (obiettivi flessibili e realistici,
negoziatori efficaci, disponibilità delle parti, possibilità di coinvolgere un mediatore) +
considerare interessi di entrambe le parti → creare una vision positiva (scenari futuri
motivanti)
- Maturità (non si può negoziare con la coercizione) → occorre considerare la Vision
negativa: conseguenze catastrofiche della competizione
- Accordo post-accordo: impegno a migliorare ulteriormente gli accordi

Caratteristiche dei negoziatori di successo


- Considerano diversi esiti + approcciano simultaneamente diverse questioni
- Anticipano mosse dell’altro
- Stabiliscono range di esiti favorevoli
- Evitano escalation
- Fanno domande e ascoltano attivamente, riassumento e riflettendo
- Forniscono informazioni (self disclosure inclusa)

Trappole cognitive nei negoziati


Trappole cognitive: risultato del modo in cui i sistemi cognitivi agiscono orientando
l’interpretazione delle informazioni (quando si deve formare un giudizio, una scelta, una stima)

Framing (incorniciamento) delle scelte: tendenza a valutare gli esiti in base al frame (il modo
in cui ci si è rappresentati la situazione). 2 frame principali:
- Guadagno: vediamo le concessioni come mancati guadagni
- Perdita: vediamo le concessioni come perdite
Avversione alle perdite è più forte della motivazione al guadagno:
- Considerare le proprie concessioni come perdite ostacola le negoziazioni
- Più semplice accettare un mancato guadagno
- Concessioni altrui ci sembrano meno rilevanti (le avvertiamo come mancati guadagni
dell’altro)
Il frame di perdita porta le persone a chiedere di più e concedere di mendo

Effetto endowment (possesso)


- Tendenza ad attribuire un valore superiore ad un bene posseduto da noi stessi →
Difficoltà a rinunciarvi (dovuto al framing della perdita)

Effetto del passato:


- Un decisore razionale non tiene conto degli esiti passati
Sunk cost (costi sommersi): costi sostenuti nel passato
- Condizionano le nostre decisioni in modo irrazionale
- Portano a perseverare in attività non proficue (non sappiamo accettare una perdita)
- (es: investo una cifra per un’attività che comincia ad andare male → non accetto la
perdita e persevero
Esiti negativi passati influenzano trattative future:
- anche se riguardano terze parti
- Tendenza a mantenere il punto
Esempi:
- Compreresti un dollaro a più di un dollaro? → sì, se arrivando secondo dovreste perdere
la somma offerta (se l’ultima cifra investita all’asta si perde comunque)
- Investireste ancora su una decisione sbagliata? → sì, più di chi la prima volta ha
ottenuto buoni risultati

Ancoraggio: alcune informazioni rimangono ancorate nella nostra mente e diventano salienti
orientando giudizi e valutazioni. (Nell’incertezza, le poche informazioni che hanno funzionano
da orientamento):
- La prima offerta (posizione iniziale) orienta la discussione
- L’obiettivo iniziale influenza i risultati ottenuti
- Il rendimento minimo (la zona di trattativa) è creata con offerte e controfferte iniziali
- Es: stima degli stati africani nell’ONU
→ quindi conviene dare un prezzo di partenza favorevole → le stime dei prezzi ruotano intorno
a questo

Euristica della disponibilità:


- Stima delle probabilità di un evento futuro in base al passato
- Recupero delle informazioni più disponibili in memoria
→ Nelle trattative, alcune informazioni saranno più salienti (per esempio i costi di nostra
competenza - es: garanzia per un computer… pensiamo che il nostro computer possa rompersi
più facilmente)

Euristica della rappresentatività:


- Stima della categorizzazione (x appartiene a categoria A)
- Basata sul confronto tra caratteristiche (x ha caratteristica tipica di A)
- Più elevata la somiglianza, più è elevata la probabilità stimata
- Es: due sequenze di testa/croce sono esattamente uguali in termini probabilistici (una
sequenza di tutte teste è meno rappresentativa di una tipica sequenza casuale di testa o
croce)

Utilizzo improprio degli avvenimenti “storici”:


- Ci basiamo su comparazioni e analogie tra passato e presente (è comodo per la nostra
mente)
- Si sopravvaluta la somiglianza → si scartano altre opzioni

Negoziatori troppo sicuri


- Non si tiene sufficientemente conto della controparte (sottovalutando) → tendenza a non
cercare un compromesso → ci si affida a un arbitro convinti che sarà favorevole a noi
(68%)
- Es: caso di Jan Schlichtmann: procuratore, guida una class action e rifiuta offerte della
controparte → lungo processo → lui finisce sul lastrico

La funzione del Mediatore (Negoziazioni difficili)


la negoziazione mira a ridurre le differenze tra le posizioni delle parti tramite scambio di
informazioni + rafforzamento delle relazioni tra le parti
Si arriva a uno stallo negoziale quando c’è:
- Distorta percezione delle offerte/richieste
- Considerazione bassa delle concessioni
- Cattivi rapporti con la controparte
In questo caso può essere utile una terza parte che possa ridefinire la situazione negoziale

Figure di intermediazione:
- Agente: terza parte che ha un interesse in gioco (ha un guadagno dalla trattativa)
- Mediatore: promuove il raggiungimento di un accordo, che deve essere liberamente
sancito dalle parti
- Arbitro: ha potere decisionale. È una figura super partes (è neutro), che ha potere di
decidere e imporre una soluzione. Il processo si chiama arbitrato (funziona tramite una
risoluzione pre-giudiziale che impegna le parti a accettare la decisione dell’arbitro)

Non sempre il processo negoziale è libero, a volte è controllato.


- Terze parti interne: nei conflitti intragruppo. Potrebbero stimolare il conflitto in situazioni
controllate (per stimolare crisi generatrici di novità e opportunità)
- Funzione interventista: il mediatore usa costrizione o deterrenza per risolvere il conflitto
(es: in ambito militare es: gli USA)
- Il potere (dare sanzioni o ricompense) delle terze parti è fondamentale

Agente (terza parte interessata):


- Il compenso dipende dall’esito della trattativa
- L’obiettivo principale è massimizzare il proprio guadagno
- È specializzato in un dato ambito
- È di facile accesso alle parti (fiducia e scambio con entrambe le parti)
- Ha abilità nel portare la trattativa a conclusione
- Deve conoscere i prezzi di indifferenza delle parti (se ne conosce solo uno avvantaggia
anche inconsapevolmente quella parte, per via dell’ancoraggio)
Svantaggi:
- Distorsioni della negoziazione mediata (informazioni insufficienti → può non avere tutte
le informazioni; informazioni errate → difetti di comprensione; distorsione nella
comunicazione → riporta informazioni sbagliate)
Obiettivi dell’agente:
- Facilitare l’accordo
- Ottenere il prezzo più alto possibile (favorisce il venditore)
- Mantenere alto il tasso della commissione

Rappresentante (terza parte interna appartenente all’organizzazione)


- Rappresenta e rende conto all’organizzazione
- La sua sicurezza ha impatto sulla sua efficacia: rappresentante sicuro (da parte
dell’organizzazione) → indipendente / rappresentante insicuro (perché non supportato
dall’organizzazione e la teme) → più compiacente verso l’organizzazione e aggressivo
con la controparte
- Lo status (elevato) del rappresentante ne aumenta la sicurezza, lo rende più affidabile
(per le parti), gli consente più margini di manovra)

Arbitro (figure di intermediazione che hanno potere decisionale)


- sistema Convenzionale → effetto raffreddamento (l’arbitro chiede la posizione delle parti
e impone un accordo su un punto intermedio → le parti non fanno sforzi di negoziazioni
e si arroccano su delle posizioni estreme) → porta a insoddisfazione e frizioni
- Sistema non convenzionale → atteggiamento collaborativo (l’arbitro chiede alle parti la
proposta risolutiva e sceglie quella che sembra maggiormente equa → valuta quale
delle due parti è più ragionevole, spingendole a partecipare al processo decisionale
utilizzando strategie di equità

Funzione del mediatore


Le negoziazioni dipendono dai punti di indifferenza. Il suo obiettivo è creare una zona di
possibile accorda laddove c’è uno spazio negativo di trattativa → ridefinizione del frame: il
mediatore crea una rappresentazione diversa della situazione negoziale, tramite scambio di
informazioni, clima di fiducia reciproca e equità (il mediatore è percepito come super partes e
equo)

Per creare fiducia tra le parti: 3 mosse:


1. Conquistare fiducia delle parti
2. Trasferire fiducia sul processo negoziale (se le parti si fidano del mediatore, possono
fidarsi del processo)
3. Favorire fiducia reciproca tra le parti (attraverso il modelling, dando un modello di ruolo
affidabile + esperienze positive durante le prime fasi)

Responsabilizzare le parti:
- Fare domande aperte
- Esprimere dubbi sulle soluzioni esplorate (le proprie, del mediatore)

Strategie e tecniche di mediazione:


- Pressione: ridurre livelli di aspirazione
- Compensazione: promuovere un accordo inserendo delle ricompense
- Integrazione: conciliare interessi divergenti, garantendo elevati benefici congiunti
- Inazione: lasciare che le parti gestiscano direttamente le loro dispute
La scelta della strategia dipende da:
- Probabilità di accordo stimata
- Livello di ambizione delle parti

-
Altri fattori che intervengono:
- Pressione temporale (se elvata porta a fare pressione sulle parti, se bassa all’inzaizone)
- Fattori contestuali:
- Ostilità delle parti
- Caratteristiche delle parti (socio-economiche, politiche, ecc…)
- Status delle parti e del mediatore (identità, rango, peso)
La strategia vincente è scelta momento per momento

Tattiche di mediazione
- Comprendere questioni della trattativa (in cosa consiste la disputa, quali sono le
posizioni, qual è il clima, se ci sono progressi)
- Stabilire le priorità delle parti (cosa è più o meno importanza?)
- Stabilire intenzioni e interessi (cosa sostiene le priorità espresse? Motivazioni, desideri,
bisogni? Comprendere la reale volontà di trovare un accordo, ipotizzare il tipo di accordo
possibile)
- Tattica basata su 3 categorie interpretative:
1. Forza contrattuale delle parti
2. Criteri di valutazione delle questioni
3. Uso dei pros (fonti informative prossime alle parti)
- Tattiche di movimento (per avvicinare le parti, tramite comunicazione efficace tra le parti,
inquadrando aspetti specifici delle questioni e facilitando il processo di mediazione, per
esempio suggerendo concessioni)

Conflitti nelle organizzazioni


- Inevitabili
- Possono aumentare motivazione ed efficienza di un team
- Possono favorire processi di cambiamento creativo
Manager: mediatore informale
- Non è il suo lavoro, non è esterno all’organizzazione
- Ha una posizione gerarchica superiore alle parti
Strategie di mediazione:
- Controllo del processo: controllo dei mezzi (facilitare la comunicazione, senza
preoccuparsi dell’esito)
- Controllo dell’esito (controllo dei fini): influenzare il risultato (si dice quale risultato si
vuole)

La teoria evoluzionistica e il comportamento sociale


umano
Autore di riferimento: Kenrick
“Le interazioni che le persone hanno tra loro sono influenzate da meccanismi mentale mentali
ed emotivi formatisi in seguito alla selezione naturale” → esiste un’impronta che deriva dalla
pressione evoluzionistica
Questa è solo un’influenza (non sono meccanismi deterministici)
- Interazione tra cultura, apprendimento e meccanismi evoluzionistici
- Difficoltà nel distinguere l’influenza dei meccanismi evoluzionistici dagli effetti della cultra
e dell’apprendimento
- Necessità di integrare contributi di molteplici campi di ricerca (biologia evoluzionistica,
antropologia, scienze cognitive)
- La prospettiva evoluzionistica ha implicazioni teoriche e pratiche in ogni ambito del
comportamento sociale umano → qualunque comportamento sociale umano riflette
predisposizioni utili per la sopravvivenza della specie (non sempre queste
predisposizioni sono coscienti, non sempre sono necessariamente coincidenti con le
mete evoluzionistiche o garantiscono comportamenti efficaci alla sopravvivenza)

Come l’evoluzione ha influito sullo sviluppo della mente umana + il fatto di vivere in gruppi
sociali?
Le teorie evoluzionistiche sviluppano ipotesi considerando diversi gruppi/etnie sociali con
caratteristiche invarianti + differenti specie che affrontano problemi di adattamento analoghi (es:
come si organizzano le specie in cui i cuccioli sono inetti alla nascita?)

Contributi dall’etologia
3 premi Nobel a 3 etologi europei nel 1973:
- Niko Tinbergen: studi sperimentali sui pesci spinarelli
- Karl Von Frisch: studio sulla comunicazione delle api
- Konrad Lorenz: studio dell’imprinting sui piccoli d’oca
Tutti e 3 dimostrano l’interazione tra meccanismi innati e gli input dell’ambiente sociale

Nella psicologia sociale (Anni 70):


- Rifiuto dello studio dei “tratti” stabili
- Focalizzazione sulle risposte immediate (nelle circostanze) (es: effetto Lucifero)
- Disegni sperimentali in cui massimizzare il controllo
- Limitare speculazioni sugli eventi non direttamente osservabili
- Punto di svolta per gli psicologi sociali: uscita del libro Sociobiology (Wilson, 1975): dal
mondo delle scienze naturali arrivano delle informazioni che spiegano che i
comportamenti sociali sono spiegabili a livello biologico. L’approccio evoluzionistico può
formulare ipotesi testabili sul comportamento umano.
- Critica alle regole del condizionamento (e del comportamentismo), secondo il quale ci
sono delle pulsioni primarie (innate) + pulsioni secondarie (tramite apprendimento).
- Il modello stimolo-risposta non spiega le motivazioni
- All’interno del paradigma dell’apprendimento ci sono delle incongruenze (perché
impariamo che il fuoco scotta senza il bisogno della ripetizione
dell’apprendimento?)
- Influenza dei genetisti comportamentali (es: studio sui gemelli che nonostante
abbiano subito apprendimenti diversi, sono simili a livello comportamentale) che
però ora hanno perso importanza
- Sviluppo delle scienze cognitive + studio dell’IA (che suggerisce che la nostra
mente funziona in maniera computazionale)
- Apertura allo studio in contesti naturali (in laboratorio i comportamenti sociali
possono essere condizionati)
Quindi, tutti i comportamenti umani sociali ricorrenti (in diverse culture/luighi) riflettono
l’influenza di predisposizioni fisiche e biologiche. Questo non implica determinismo meccanico
da istinti, o che l’ambiente non possa influenzare.
→ la maggior parte dei meccanismi mentali risente dell’interazione tra condizioni ambientali,
apprendimento + controllo sui propri stati emotivi e motivazionali

Livelli multipli di analisi causale


Dal generale al particolare:
1. Spiegazioni storiche: riferimento alle radici ancestrali dei comportamenti
2. Spiegazioni funzionali: riferimento alle finalità adattive ultime del comportamento
3. Spiegazioni dello sviluppo ontogenetico: riferimento agli input tipici di ogni fase di vita
che sensibilizzano l’organismo a segnali specifici
4. Spiegazioni prossimali: riferimento agli stimoli imminenti che scatenano il
comportamento
Una spiegazione a uno dei livelli deve essere compatibile con gli altri livelli, ma le connessioni
tra i livelli possono non essere così ovvie.

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