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CHE COS’È LA PSICOLOGIA SOCIALE? (Cap.

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La PSICOLOGIA SOCIALE come disciplina nasce negli Stati Uniti all’inizio del XX° secolo.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i ricercatori furono interessati in una varietà di problematiche sociali, incluse le
problematiche di genere e di pregiudizio razziale, e solo negli anni ottanta, tale disciplina raggiunse la propria maturità
di teoria e di metodo.

Un primo contributo importante alla definizione della disciplina fu merito di ALLPORT che, nel 1968, descrisse la
Psicologia sociale “l’indagine scientifica di come pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui siano influenzati
dalla presenza oggettiva, immaginata o implicita degli altri”.
Presenza oggettiva: quando si è fisicamente in presenza di altre persone.
Presenza immaginata: quando si immagina di essere in presenza di altre persone.
Presenza implicita: si riferisce a come l’interazione umana attribuisca significato alle cose, un esempio sono le norme
che determinano il comportamento anche in assenza di altre persone.

La psicologia sociale è una scienza che ha al centro pensieri, sentimenti e azioni delle persone; si focalizza
sull’interazione sociale e sui processi psicologici che avvengono nella mente di un individuo.
E DIFFERISCE DA:
 Psicologia generale: si concentra sull’interazione sociale tra individui e gruppi e come questa influenzi il pensiero
dei membri ed il loro comportamento.
 Sociologia e Antropologia: si focalizza sul ruolo dei processi psicologici che si attivano nella mente di un individuo.
(Sociologia: si concentra sull’organizzazione, il funzionamento e i cambiamenti di gruppi, organizzazioni, categorie
sociale e società. Antropologia: si concentra sulla cultura e le società non industrializzate).

La psicologia sociale utilizza il METODO SCIENTIFICO per studiare il comportamento umano. Sebbene ciò includa una
serie di metodi empirici per raccogliere dati, provare ipotesi e costruire teorie, viene privilegiata la SPERIMENTAZIONE,
poiché è il metodo migliore per scoprire i rapporti causa-effetto: il metodo sperimentale consiste nella manipolazione
intenzionale di variabili indipendenti (aspetti della situazione che cambiano in modo spontaneo o che possono essere
manipolati dallo sperimentatore per avere effetti su una variabile dipendente) per indagare gli effetti su una o più
variabili dipendenti (variabili che cambiano in seguito a modifiche nella variabile indipendente).

È importante assicurarsi che quando si manipola una variabile non si manipoli inavvertitamente qualcos’altro che
potrebbe essere causa dell’effetto prodotto: confusione: situazione in cui due o più variabili indipendenti covariano in
modo tale che è impossibile sapere qual è la causa dell’effetto.
O che la richiesta non sia troppo impegnativa (effetto pavimento) o troppo poco impegnativa (effetto soffitto) da
ridurre o esagerare la risposta.

METODI NON SPERIMENTALI:


 RICERCA D’ARCHIVIO: si lavora sui dati raccolti da altri spesso per fini diversi dai propri e spesso sono confrontati
con quelli di culture e nazioni differenti. È utile per indagare fenomeni ampiamenti diffusi su larga scala riconducibili
a tempi passati ma può rivelarsi inattendibile perché non si ha controllo sulla raccolta dei dati iniziali.
 STUDI DI UN CASO: si analizza approfonditamente un singolo caso, spesso raro e non ripetibile in laboratorio.
 ANALISI DEL DISCORSO: ci si concentra su quello che le persone dicono esplicitamente in una naturale
conversazione e su quello che si cela dietro le mere parole.
 RICERCA BASATA SULL’INCHIESTA: un ampio campione rappresentativo di persone risponde a domande dirette sui
propri atteggiamenti o comportamenti e le inchieste sono anonime e confidenziali.
 RICERCHE SUL CAMPO: si raccolgono dati sul comportamento umano o animale in un ambiente naturale.

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L’Associazione degli Psicologi Americani ha stabilito nel 1972 una serie di principi di condotta etica, aggiornati nel 2002,
riguardanti la ricerca sugli esseri umani e ha stilato 5 PRINCIPI ETICI:
1. PROTEZIONE DAL DANNO: Evitare esperimenti che potrebbero provocare danni fisici o psicologici partecipante.
2. PRIVACY: Garantire la confidenzialità in modo che dai dati non si possa risalire al singolo individuo coinvolto.
3. INGANNO: è necessario che i partecipanti non siano a conoscenza della manipolazione e delle ipotesi che vengono
verificate, altrimenti i dati rifletterebbero risposte deliberate anziché reazioni automatiche. Una certa quantità di
inganno è spesso indispensabile.
4. CONSENSO INFORMATO e 5. TRASPARENZA: dire la verità al partecipante e far presente la possibilità di ritirarsi in
ogni momento, ottenere inoltre per iscritto il loro consenso informato a partecipare. Dovrebbero inoltre ricevere un
debriefing, rapporto dettagliato relativo all’esperimento a cui si prende parte.

Le TEORIE CHE HANNO AVUTO INFLUENZATO LA PSICOLOGIA SOCIALE:


1. COMPORTAMENTISMO: il comportamentista radicale spiega il comportamento osservabile in termini di programmi
di rinforzo, senza far ricorso all’intervento di alcun costrutto non osservabile; il neocomportamentista tenta di
spiegare i comportamenti osservabili in termini di fattori contestuali e con l’intervento di costrutti non osservabili,
come credenze, sentimenti e motivazioni.
2. PSICOLOGIA COGNITIVA: i cognitivisti fondano le spiegazioni del comportamento sul modo in cui le persone
interpretano e rappresentano attivamente le proprie esperienze, per poi pianificare le proprie azioni.
3. NEUROSCIENZA SOCIALE: cerca di scoprire e localizzare l’attività cerebrale associata al pensiero al comportamento
sociale tramite metodologie basate sulla ricostruzione di immagini cerebrali (fMRI). L’idea generale è dunque che il
comportamento sociale ha correlati neurali e biochimici.
4. PSICOLOGIA SOCIALE EVOLUZIONISTICA: prolungamento della psicologia evoluzionistica che considera il
comportamento sociale complesso come adattivo, capace di contribuire alla sopravvivenza dell’individuo, della
famiglia e della specie nel suo complesso.
5. TEORIE DELLA PERSONALITÀ: si è tentato di spiegare il comportamento sociale in termini di attributi durevoli, talvolta
innati, della personalità ma sono scarsissime le evidenze empiriche rispetto la presenza di stabili tratti della
personalità, si pensa dunque che quest’ultima interagisca con molti altri fattori per influenzare il comportamento.
6. TEORIE COLLETTIVISTICHE: si concentrano sul modo in cui le persone prendono socialmente forma grazie alla loro
collocazione nelle categorie sociali e nei gruppi che danno corpo alla società.
Secondo MCDOUGALL nei gruppi, le persone cambiano modo di pensare, di elaborare le informazioni e di agire,
cosicché il comportamento di gruppo differisce in larga misura dal comportamento individuale, facendo emergere una
mente di gruppo.

Tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70 la psicologia sociale vive una CRISI DI AFFIDABILITÀ. Le preoccupazioni
erano che fosse: - eccessivamente RIDUZIONISTICA: poiché spiegando il comportamento sociale principalmente in
termini di psicologia individuale, non riusciva a rendere conto della natura essenzialmente sociale
dell’esperienza umana, con una conseguente riduzione della capacità esplicativa.
- eccessivamente POSITIVISTA: aderente, cioè, ad un modello di scienza distorto, basato
sull’accettazione del metodo scientifico come unico modo per arrivare alla vera conoscenza.

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NASCITA DELLA PSICOLOGIA SOCIALE:
 I primi esordi della disciplina risalgono probabilmente ad un gruppo di studiosi tedeschi influenzati dal filosofo
Hegel, che si diedero il nome di demopsicologi.
 Nel 1860 STEINTHAL e LAZARUS fondarono una rivista dedicata, che pubblicava articoli sia teorici che empirici sul
concetto di mente collettiva (Steinthal la interpretò come una modalità di pensiero sociale interna all’individuo,
Lazarus come una forma di pensiero transindividuale, in grado di includere un intero gruppo di persone).
 Con il nome mente di gruppo quest’idea guadagnò popolarità tra fine ‘800 e inizio ‘900 e autori come
MCDOUGALL e LEBON affermarono che le persone adottano un modo di pensare qualitativamente differente
quando sono in gruppo.
 Tra le prime problematiche ci fu quella di adottare un approccio ‘top-down’ (focalizzata sul modo in cui i processi
sociali influenzano la psicologia dell’individuo - DURKHEIM) o ‘bottom-up’ (focalizzata su come la psicologia
individuale influenzi i fenomeni a livello sociale - TARDE).
Tarde, affermando che una scienza del comportamento sociale dovesse derivare da leggi che affrontassero la
situazione individuale, anticipò quello che fu l’andamento dello sviluppo della disciplina.
 I primi autori di manuali di psicologia sociale furono MCDOUGALL in GB e ROSS in USA.
 Negli anni ’20 in USA ALLPORT pubblicò l’agenda per la disciplina, all’interno della quale sosteneva che la
psicologia sociale si sarebbe diffusa solo diventando una scienza sperimentale.
 Il primo esperimento di psicologia sociale che suscitò interesse fu quello di TRIPLETT sul maggiore impegno della
gente nello svolgimento di un compito se in svolto in presenza di altre persone presenti come spettatori o rivali.
 Sebbene la psicologia sociale fosse nata in Europa, a causa del fascismo negli anni ’30 e della distruzione causata
dalla 2GM, di fatto non esisteva più e gli USA assunsero rapidamente la leadership in termini di idee, riviste, libri e
organizzazioni.
Dal 1945 agli anni ’50 gli USA fornirono risorse all’Europa per riprendersi e gradualmente gli psicologi sociali
europei iniziarono ad interagire organizzando incontri e fondando, nel 1966, L’Associazione europea di psicologia
sperimentale sociale.
 Oggi lo scambio di idee tra Europa e USA avviene in entrambe le direzioni e i temi di maggior interesse sono:
religione, estremismo, terrorismo, emozioni, neuroscienza sociale, comunicazione elettronica e immigrazione di
massa.

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PENSIERO SOCIALE (Cap.2)
La psicologia sociale studia le modalità attraverso cui pensieri, sentimenti e comportamenti umani sono influenzati dagli
altri e a loro volta li influenzano. In quest’ampia definizione, il pensiero ha svolto un ruolo fondamentale: le persone
pensano al proprio mondo sociale e, sulla base del loro pensiero, agiscono in determinati modi.

In ambito psicologico il PENSIERO coincide con il linguaggio interiore ed i simboli che usiamo (spesso conscio); la
COGNIZIONE si riferisce ai processi mentali attraverso cui si elaborano, comprendono e memorizzano informazioni
percettive, e attraverso i quali si pianifica ciò che si dice e si fa (possono essere in larga misura inconsci).

COME SI FORMANO LE NOSTRE IMPRESSIONI SUGLI ALTRI:


TEORIE DELL’ATTIVITÀ COGNITIVA PER SPIEGARE IL COMPORTAMENTO SOCIALE:
 La teoria della COGNIZIONE SOCIALE cerca di spiegare il comportamento sociale: tratta il modo in cui i nostri
processi e le nostre strutture di pensiero interagiscono con il contesto sociale.
 Durante gli anni ‘40/’50 nacquero teorie della COERENZA COGNITIVA: le persone provano disagio quando i loro
pensieri sono contraddittori e si impegnano con tutti i comportamenti e le razionalizzazioni possibili per risolvere
l’incoerenza tra le proprie cognizioni.
 Negli anni ’60 i ricercatori adottarono il modello dello SCIENZIATO INGENUO: le persone hanno necessità di
attribuire specifiche cause ai comportamenti e agli eventi, per rendere il mondo un luogo dotato di senso in cui
agire. Dunque svolgono analisi causa-effetto razionali e di tipo scientifico.
 Negli anni ’70 dominarono la psicologia le TEORIE ATTRIBUZIONALI basate su un processo di individuazione di
una causa alla base del nostro comportamento o di quello degli altri.
 Uno sviluppo recente della cognizione sociale è la NEUROSCIENZA SOCIALE: metodologia in cui l’attività cognitiva
è monitorata dalla risonanza magnetica funzionale (fMRI), che scopre e localizza l’attività elettrica cerebrale
associata ad attività o funzioni cognitive.

Le persone manifestano dei limiti nel modo in cui elaborano le informazioni, condizionati da capacità cognitive limitate o
dall’essere individui irrazionali, mossi da interessi personali, o entrambe le cose. Talvolta sono ECONOMIZZATORI
COGNITIVI (NISBETT e ROSS) che imboccano ogni sorta di scorciatoie cognitive: utilizzano le cognizioni meno complesse
e faticose in grado di produrre comportamenti generalmente adattivi; talaltra sono TATTICI MOTIVATI (SHOWERS e
CANTON), che scelgono, sulla base dei propri obiettivi, motivi e necessità, tra una gamma di strategie cognitive.

CONTROLLO DELLE IMPRESSIONI:


SOLOMON ASH sosteneva che alcuni attributi sono fortemente correlati nelle nostre menti ad un gran numero di altri
attributi: per questo hanno un’influenza spropositata nella configurazione delle impressioni finali: sapere che una
persona ne possiede uno permette di formare facilmente un’impressione integrata. Ash chiamò questi attributi tratti
CENTRALI, per distinguerli da quelli meno distintivi che chiamò tratti PERIFERICI.
La centralità di un tratto è influenzata dal contesto.

Le IMPRESSIONI COMPLESSIVE che ci formiamo sugli altri sono dominate da stereotipi, informazioni sfavorevoli, prime
impressioni e costrutti personali idiosincratici (modi con cui si rappresentano gli altri innanzitutto sulla base di attributi
ritenuti soggettivamente importanti – KELLY).

Le persone possono formulare più teorie implicite della personalità con cui si rappresentano gli altri e si spiega il loro
comportamento (SCHNEIDER), sono largamente condivise all’interno di una stessa cultura ma differiscono tra culture
diverse.

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Le impressioni che si hanno su qualcuno sono influenzate dall’ordine in cui si ricevono informazioni al suo riguardo:
l’effetto PRIMACY consiste nell’incidenza sproporzionata delle prime informazioni sull’impressione generale del
destinatario. Esiste inoltre l’effetto RECENCY che si verifica quando le ultime informazioni hanno un impatto più decisivo
delle prime, generalmente quando il destinatario è distratto o poco motivato a seguire chi parla.

L’ASPETTO FISICO CONTA:


È probabile che l’apparenza abbia un effetto primacy.

Formare impressioni sulla base dell’apparenza può avere EFFETTI INDESIDERABILI:


KNAPP scoprì che i professionisti sopra i 188cm avevano salari di partenza più alti del 10% rispetto a uomini sotto i
183cm; HEILMAN scoprì che i dirigenti maschi di bell’aspetto erano considerati più capaci dei colleghi meno attraenti,
ma per le donne dirigenti valeva il contrario: gli intervistati sospettavano fossero state promosse per il loro aspetto e
non per le capacità.
Un altro problema legato alle prime impressioni fondate sull’apparenza è che, siccome i connotati razziali, etnici e di
genere sono molto evidenti, le persone possono incasellare gli altri in categorie e formare le proprie impressioni sulla
base di tali caratteri.

Quando formiamo le nostre impressioni diamo più peso alle informazioni negative rispetto alle positive e, se basta un
piccolo fatto negativo a rovesciare una prima impressione negativa, le informazioni positive hanno un impatto più
debole sulle prime impressioni negative. Le informazioni negative sono percepite come inusuali e distintive, segnalano
un pericolo potenziale e per questo hanno un valore come strumento di sopravvivenza.

SCHEMI:
Uno SCHEMA è un insieme circoscritto e coerente di cognizioni interconnesse (pensieri, convinzioni, atteggiamenti…),
che ci permette di comprendere rapidamente una persona, un evento o un luogo sulla base di informazioni limitate.
Una volta attivati generano rapidamente un’impressione generale sulla base di pre-concezioni e aspettative.

Esistono 5 diversi TIPI DI SCHEMA:


 SCHEMA di PERSONA: schemi idiosincratici che formiamo su persone specifiche.
 SCHEMA di RUOLO: strutture conoscitive che riguardano chi ricopre un ruolo.
 SCRIPT: schemi che riguardano eventi.
 SCHEMI DI SÉ: schemi del proprio sé, spesso complessi e diversificati dagli schemi che riguardano gli altri.
Formano parte dell’idea di identità di una persona e il concetto di sé.
 SCHEMI SENZA CONTENUTO: non descrivono persone o categorie specifiche, ma sono regole per elaborare
informazioni (es. come si attribuiscono le cause al comportamento della gente).

CATEGORIE E PROTOTIPI:
Per applicare uno schema particolare è prima necessario categorizzare un’istanza in modo adeguato.
Ogni volta che facciamo ricorso ad uno schema, le nostre tendenze sistematiche si assicurano che esso non sia
minacciato dal modo in cui elaboriamo informazioni e facciamo inferenze.

Le CATEGORIE sono insiemi sfuocati di caratteristiche organizzate attorno a un prototipo.


Le categorie sono strutturate gerarchicamente, ordinate sulla base della loro capacità inclusiva: le categorie meno
inclusive sono sottoinsiemi che fanno parte di categorie più ampie e inclusive.

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Rappresentiamo una categoria attraverso un PROTOTIPO (è la rappresentazione cognitiva delle caratteristiche tipiche
che definiscono una categoria, più indistinti rispetto agli schemi) o un ESEMPLARE (specifica e concreta istanza
incontrata dalla persona).
Quando le persone acquistano più familiarità con una categoria passano dall’uso dei prototipi all’uso degli esemplari e
una volta che una persona, un evento o una situazione vengono categorizzati si genera lo schema pertinente.

STEREOTIPI:
Gli STEREOTIPI sono schemi di gruppi sociali e dei membri ampiamente condivisi e semplificati.
Gli stereotipi applicati agli outgroup sono etnocentrici e spesso associati a pregiudizi, discriminazione e conflitto tra
gruppi. Di frequente si basano su differenze o creano differenze, chiaramente visibili tra i gruppi.

La stereotipizzazione è una scorciatoia cognitiva che ha funzione adattiva poiché permette di formarsi rapide
impressioni sulla gente. Per questa loro natura difficilmente cambiano e quando capita è generalmente in risposta a più
ampi cambiamenti sociali, politici o economici.

Alcuni stereotipi sono acquisiti precocemente, spesso prima che il bambino conosca il gruppo che viene stereotipato,
mentre altri si cristallizzano più in là nell’infanzia, oltre i 10 anni.

TAJFEL introdusse il termine ‘PRINCIPIO DI ACCENTUAZIONE’ secondo il quale la categorizzazione accentua la


percezione delle somiglianze all’interno dei gruppi e delle differenze tra i gruppi in merito ad aspetti che le persone
credono correlati alla categorizzazione stessa. Questo effetto aumenta quando le persone sono incerte su come
giudicare qualcosa o quando esse pensano che ciò che stanno categorizzando sia molto importante, pertinente o dotato
di valore.
L’accentuazione è una base del processo di organizzazione dello stereotipo: perché uno stereotipo funzioni davvero ha
bisogno di essere collegato al modo in cui i gruppi si relazionano.

COME USIAMO, ACQUISIAMO E MODIFICHIAMO GLI SCHEMI:


Secondo ROSCH le persone tendono a fare ricorso a CATEGORIE DI BASE né troppo ampie né troppo piccole, che
godono di priorità cognitiva perché più utili (es. ‘sedia’ piuttosto che ‘mobile’ -categoria sovraordinata- o ‘sedia’ a
dondolo -categoria subordinata-).

Secondo la teoria della DISTINZIONE OTTIMALE le persone creano categorie di base e sottotipi per rispondere alla loro
necessità di considerare un individuo simile ad altri, ma anche diverso da altri.
Le persone categorizzano senza difficoltà anche sulla base di indizi distintivi come il colore della pelle, l’abito o l’aspetto
fisico.

Nell’elaborare informazioni sugli altri ci affidiamo soprattutto a schemi che collegano sottotipi, stereotipi e umori
correnti, caratteristiche evidenti, categorie accessibili e informazioni rilevanti al nostro sé. Tuttavia dipendiamo in minor
misura dagli schemi quando il costo dell’indecisione è basso e quando crediamo che seguire uno schema possa portarci
a commettere errori.

Normalmente ACQUISIAMO e modifichiamo i nostri SCHEMI attraverso gli incontri (diretti o tramite media diversi) con
istanze che si inseriscono nella categoria, e diventano più astratti, complessi, organizzati, compatti, resistenti e precisi
con il tempo.

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È difficile CAMBIARE uno SCHEMA, ma può essere modificato quando non è coerente con le informazioni.
ROTHBART ha proposto 3 possibili MODALITÀ DI CAMBIAMENTO DEGLI SCHEMI:
 Per REGISTRAZIONE: cambiano di fronte all’accumulo di prove.
 Per CONVERSIONE: cambiano all’improvviso dopo che si è accumulata una massa critica di prove discordanti.
 Per FORMAZIONE di SOTTOTIPI: per rimediare alla presenza di prove discordanti, gli schemi possono formare una
nuova sottocategoria.

COME PERCEPIAMO GLI ALTRI:


La CODIFICA SOCIALE è il processo di rappresentazione degli stimoli esterni nelle nostre menti.
È composta da 4 FASI:
1. ANALISI PREATTENTIVA: scansione automatica e inconscia dell’ambiente.
2. ATTENZIONE FOCALIZZATA: identificazione e categorizzazione consapevole degli stimoli una volta che sono stati
identificati.
3. COMPRENSIONE: attribuzione di significato agli stimoli.
4. ELABORAZIONE INFERENZIALE: collegamento dello stimolo ad altre conoscenze per rendere possibili inferenze
complesse.

La SALIENZA è la proprietà che distingue uno stimolo dagli altri e gli permette di attirare l’attenzione.
Le persone possono essere salienti perché sono inusuali e si distinguono dall’ambiente circostante, attraggono
l’attenzione e tendiamo a formarci impressioni coerenti su di loro.

L’ATTENZIONE spesso è guidata non tanto dalle proprietà dello stimolo, ma dall’ACCESSIBILITÀ, cioè dalla facilità nel
richiamare categorie o schemi che abbiamo già in mente.
Siccome le categorie accessibili sono quelle che usiamo di più e sono coerenti con i nostri obiettivi, necessità e
aspettative, vengono attivate molto più facilmente da ciò che vediamo e sentiamo, ha così luogo un PRIMING
(attivazione nella memoria di categorie o schemi accessibili, che influenzano il modo in cui elaboriamo nuove
informazioni).

LA MEMORIA: COME RICORDIAMO GLI ALTRI:


La MEMORIA opera con una RETE DI ASSOCIAZIONI: idee specifiche o elementi della memoria, chiamati nodi, sono
collegati ad altri nodi.
I legami associativi possono essere più o meno forti: più sono attivati dalla ripetizione cognitiva, più diventano forti, ed è
più probabile attivare un nodo se ha molti legati forti.
Esistono 2 LIVELLI DI MEMORIA: - memoria a LUNGO TERMINE: vasto magazzino di informazioni che possono essere
richiamate alla mente.
- memoria a BREVE TERMINE (di lavoro): insieme di informazioni più ristretto
immediatamente presente alla coscienza e su cui l’attenzione si focalizza in un
momento specifico.

Conserviamo RICORDI dei tratti delle PERSONE sotto forma di proposizioni che possono essere alquanto astratte (es.
Maria è scortese e cattiva’). Le proposizioni si basano su inferenze causali derivate dal comportamento e dalle situazioni
e tendono a codificare i tratti in termini di desiderabilità sociale e competenza.

Tendiamo organizzare le informazioni riguardanti le persone per individuo (insieme di informazioni rispetto a tratti di
personalità, comportamenti e caratteristiche fisiche – persone importanti) o per gruppo (l’individuo è etichettato,
descritto e memorizzato in termini di attributi stereotipati relativi a una categoria sociale saliente – estranei).

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INFERENZA SOCIALE:
Il termine INFERENZA SOCIALE si riferisce al modo in cui elaboriamo informazioni sociali per formarci impressioni sulle
persone ed esprimere giudizi al loro riguardo.
DISTINZIONE chiave tra: - processo BOTTOM-UP: costruiamo le impressioni gradualmente, partendo dai singoli dati.
- processo TOP-DOWN: traiamo inferenze da schemi e stereotipi generali.

EAGLY e CHAIKEN spiegarono che l’uomo utilizza 2 PERCORSI DI ELABORAZIONE:


 Percorso EURISTICO/PERIFERICO: per rapide decisioni da prendere su due piedi, basate su stereotipi, schemi e
altre scorciatoie cognitive.
 Percorso SISTEMATICO/CENTRALE: quando dobbiamo riflettere attentamente e in modo ponderato.

TENDENZE SISTEMATICHE ED ERRORI:


Le nostre inferenze sono ben lontane dalla perfezione. I nostri schemi ci dominano, ignoriamo gli effetti di regressione e
le informazioni riguardanti le probabilità di base e percepiamo CORRELAZIONI ILLUSORIE (esagerazione cognitiva della
frequenza con cui si manifestano contemporaneamente due stimoli o eventi).

SCORCIATOIE INFERENZIALI:
Le EURISTICHE COGNITIVE sono basate su strategie cognitive: traducono la soluzione di un problema dalle
caratteristiche complesse a più semplici operazioni di giudizio e, nella maggioranza dei casi, forniscono alle persone la
capacità di produrre inferenze sufficientemente accurate:
 Euristica della RAPPRESENTATIVITÀ: scorciatoia cognitiva grazie alla quale gli esemplari vengono assegnati a
categorie sulla base del grado di somiglianza che essi presentano nei confronti della categoria.
 Euristica della DISPONIBILITÀ: scorciatoia cognitiva in cui gli eventi o le associazioni che vengono in mente con
facilità sono considerati più comuni e diffusi di quanto non siano realmente.
 ANCORAGGIO e ACCOMODAMENTO: scorciatoia cognitiva in cui le inferenze sono collegate a modelli iniziali o a
schemi.

CAUSE DEL COMPORTAMENTO:


TEORIE DELL’ATTRIBUZONE CAUSALE:
 HEIDER reputava che le persone fossero psicologi intuitivi e ingenui, capaci di costruire teorie causali del
comportamento umano, importanti perché in grado di influenzarne il comportamento.
Heider si interessò della spiegazione che gli individui adottano per ricercare le cause del comportamento e propose
una DISTINZIONE tra FATTORI INDIVIDUALI (personalità, capacità…) e AMBIENTALI (contesto, pressione sociale…):
i fattori individuali sono esempi di attribuzione interna (assegnazione delle cause del comportamento, nostro o
altrui, a fattori interni o disposizionali), mentre i fattori ambientali esempi di attribuzione esterna (assegnazione
delle cause del comportamento, nostro o altrui, a fattori esterni o ambientali).

 KELLEY coniò modello della COVARIAZIONE: le persone assegnano la causa del comportamento al fattore
situazionale esterno che covaria più sistematicamente con il comportamento.
Le persone utilizzano questo ‘principio di covariazione’ per decidere se attribuire un atto specifico alle disposizioni
interne (es. personalità) o ambientali esterne (es. pressione sociale) e per prendere questa decisione attribuzionale,
considerano 3 tipi di informazione: la coerenza, il valore distintivo e il consenso.

 WEINER riteneva che nell’attribuzione del risultato si considerassero 3 DIMENSIONI DELLA PRESTAZIONE: il luogo,
la stabilità e la controllabilità.

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Weiner Elaborò un modello di tipo dinamico per cui: prima le persone valutano se hanno avuto successo o hanno
fallito e di conseguenza avvertono un’esperienza emotiva positiva o negativa; quindi compiono un’attribuzione
causale a proposito della prestazione. Inoltre, le persone possono provare emozioni specifiche e maturano
aspettative capaci di influenzare le prestazioni future.

BEM elaborò una teoria sull’AUTOPERCEZIONE secondo cui facciamo attribuzioni del nostro comportamento allo stesso
modo in cui facciamo attribuzioni del comportamento altrui e facendolo aumentiamo la conoscenza di noi stessi, del
nostro sé e della nostra identità.

COME SPIEGHIAMO LE NOSTRE EMOZIONI:


le nostre EMOZIONI sono costituite da 2 COMPONENTI: L’ATTIVAZIONE FISIOLOGICA e le COGNIZIONI che usiamo per
etichettare tale stato di attivazione come emozione.

Tutti facciamo attribuzioni ma differiamo nello STILE ATTRIBUZIONALE che dipende dalla predisposizione dell’individuo
a fare attribuzioni interne o esterne.

TENDENZE SISTEMATICHE NELL’ATTRIBUZIONE DELLE MOTIVAZIONI:


Siamo scienziati obiettivamente imprecisi, che nel compiere attribuzioni mostrano tendenze sistematiche.
JONES sviluppò la teoria dell’INFERENZA CORRISPONDENTE per spiegare come le persone spesso e volentieri
inferiscono che il comportamento di un individuo corrisponde a una sua disposizione di fondo o tratto della personalità
e spesso si può giungere ad una tendenza sistematica attribuzionale nota come ERRORE FONDAMENTALE DI
ATTRIBUZIONE (1): che consiste nella tendenza sistematica delle persone ad attribuire il comportamento a stabili
disposizioni di fondo della personalità, persino di fronte a forti prove della presenza di cause esterne.
L’errore fondamentale di attribuzione può assumere una forma estrema: l’ESSENZIALISMO quando le persone non solo
attribuiscono il comportamento a disposizioni di fondo ma considerano queste ultime immutabili e spesso innate.

L’errore fondamentale di attribuzione AVVIENE perché spesso avviene una asimmetria definita effetto ATTORE-
OSSERVATORE (2): tendenza ad attribuire i propri comportamenti a cause esterne e i comportamenti degli altri a cause
interne.

Un’altra tendenza sistematica dell’attribuzione di tipo egocentrico è l’effetto del FALSO CONTESTO (3): la tendenza a
considerare il proprio comportamento più diffuso di quanto non sia.

Vi sono poi le tendenze sistematiche a VANTAGGIO DI SÈ (4): sono distorsioni attribuzionali che proteggono o
migliorano l’autostima o il concetto di sé attribuendo i nostri fallimenti a cause esterne e i successi a cause interne.
Un esempio è la STRATEGIA AUTOLESIVA: si compiono attribuzioni esterne, intenzionalmente e in pubblico, per una
prestazione scadente, persino prima di farla.
Le tendenze sistematiche a vantaggio di sé sono regolate dalla CREDENZA IN UN MONDO GIUSTO (credenza secondo
cui il mondo è un luogo giusto dove le cose positive capitano alle persone buone e le cose negative alle persone cattive)
e dall’ILLUSIONE DEL CONTROLLO (credenza secondo cui abbiamo più controllo sul nostro mondo di quanto sia vero).

COME SPIEGHIAMO IL NOSTRO MONDO SOCIALE:


HEWSTONE osservò che i gruppi sviluppano spiegazioni causali per sè stessi, come membri di un gruppo, e per altri,
come membri di un ingroup o outgroup:

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PETTIGREW descrisse il fenomeno dell’ERRORE ULTIMO DI ATTRIBUZIONE: è la tendenza ad attribuire a fattori interni i
comportamenti positivi di un ingroup e quelli negativi di un outgroup, e ad attribuire a fattori esterni i comportamenti
negativi di un ingroup e quelli positivi di un outgroup: tipico esempio di un’ATTRIBUZIONE INTERGRUPPO etnocentrica.

L’ATTRIBUZIONE INTERGRUPPO è il processo di assegnazione della causa del comportamento altrui o proprio
all’appartenenza a un gruppo.

La teoria delle RAPPRESENTAZIONI SOCIALI di MOSCOVICI descrive uno dei modi attraverso cui è possibile costruire e
trasmettere la conoscenza culturalmente determinata a proposito delle cause di qualcosa: le rappresentazioni sociali
sono spiegazioni elaborate collettivamente, basate sul senso comune, a proposito di fenomeni poco familiari e
complessi, tali da renderli familiari e di facile comprensione.
Le rappresentazioni sociali, come le norme, tendono a trovare il proprio fondamento nei gruppi, differendo dall’uno
all’altro, cosicché il comportamento intergruppo può spesso tradursi in uno scontro tra rappresentazioni sociali.

Il modo in cui le rappresentazioni sociali si sviluppano attraverso la comunicazione informale ricorda come si sviluppano
e diffondono le VOCI: informazioni non verificate diffuse tra individui che cercano di capire eventi incerti e confusi.
La trasmissione delle voci è caratterizzata da livellamento, affinatura e assimilazione: la voce diventa più breve e meno
dettagliata e complessa, mentre alcune caratteristiche selezionate vengono ingigantite per conformarsi agli schemi
preesistenti elaborati dalle persone.
È probabile che le voci si sviluppino in situazioni di crisi, quando le persone sono ansiose, incerte o sotto stress, in
quanto facendo circolare una voce si cerca di ridurre l’incertezza.
Le voci hanno anche una fonte, che spesso le produce di proposito per una ragione specifica: screditare un individuo o
un gruppo.

Le teorie della COSPIRAZIONE sono teorie causali astruse, che attribuiscono disastri naturali o sociali ad attività
intenzionali e organizzate da parte di specifici gruppi sociali, dipinti come organizzazioni di cospiratori che hanno
l’obiettivo di rovinare e quindi dominare il resto dell’umanità.

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