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Parte prima
CAPITOLO 1: lo studio della società
La sociologia è lo studio scientifico del comportamento degli esseri umani in società, che utilizza
vari metodi di ricerca e approcci teorici specifici al fine di sviluppare una conoscenza approfondita
delle azioni, delle strutture e dei processi sociali.
La realtà sociale: un mondo cosi familiare
La realtà sociale è un mondo cosi familiare, di cui facciamo esperienza tutti i giorni, fatto di regole,
ruoli, aspettative implicite conosciute e condivise da tutti (che costituiscono quello che i sociologi
chiamano «senso comune»), che spesso nemmeno ci accorgiamo che esistono delle regole e un
ordine scale in cui siamo immersi, di cui abbiamo una conoscenza implicita, c ci servono per
orientarci nella vita di tutti i giorni, senza costituire un oggetto specifico della nostra riflessione.
L'atteggiamento dello scienziato sociale: il mondo in questione
L’atteggiamento dello scienziato sociale è l’opposto di quello che assume l'individuo nella sua vita
quotidiana: si tratta della messa in discussione, ricorrente e metodica, di ciò che il senso comune
generalmente dà per scontato. Quando ci si chiede come funziona una certa istituzione, si è fatto il
primo passo per diventare uno scienziato sociale.
La sociologia come scienza sociale
La sociologia come scienza sociale prende distanza da orientamento prescrittivi (la società dovrebbe
essere cosi, sarebbe giusto che fosse cosi).
Sviluppa:
Concetti
Metodi di indagine per descrivere e spiegare i fenomeni
sociali
Tecniche di raccolta e analisi dei dati
Una teoria è “un insieme di proposizioni organicamente connesse, che si pongono ad un elevato
livello di astrazione e generalizzazione rispetto alla realtà empirica, le quali sono derivate da
regolarità empiriche e dalle quali possono essere derivate alle previsioni empiriche”.
Elementi di Metodologia e tecniche della ricerca sociale:
o Il metodo è una sequenza generale di azioni, finalizzata al raggiungimento di un determinato
obiettivo conoscitivo;
o La tecnica è una specifica procedura operativa che sta dentro un metodo. È una sequenza
particolarmente dettagliata di operazioni che fanno raggiungere un certo risultato. Le
tecniche sono contenute in un metodo e un metodo può richiedere una o più tecniche
insieme;
o Lo strumento è il mezzo che consente al ricercatore di raccogliere dati empirici;
o La metodologia è una riflessione complessiva, un ragionamento sul metodo. È una disciplina
accademica che si studia nelle università. È una branca del sapere;
Alla sociologia si deve riconoscere lo sforzo di sviluppare analisi della società in cui la teoria svolge
un ruolo cruciale nell’orientare l’indagine empirica.
La sociologia non si è accontentata di dare informazioni dettagliate sui fenomeni studiati ma
ha cercato di comprendere perché un fenomeno sociale sia così.
Se descrivere e spiegare fenomeni complessi è compito della sociologia, l’integrazione tra
teoria e ricerca, che si usino metodi qualitativi o quantitativi, è un aspetto fondamentale
della disciplina perché se da un lato la ricerca senza teoria è muta (i dati non «parlano» da
soli), dall’altro la teoria senza ricerca (non trovando applicazioni e controllo nei dati), è
astratta.
Il concetto di sociologia
L'oggetto di studio della sociologia è: la società.
NEL LINGUAGGIO COMUNE: si parla infatti di “società letteraria”, “società sportiva” ma da
questo punto di vista è meglio utilizzare il termine “associazione”; in quanto si tratta di individui
che si uniscono volontariamente per raggiungere finalità comuni. Si parla, inoltre, anche di “società
aristocratica”, “debutto in società” per indicare ambiente e contesto sociale.
NELLA PRIMA SOCIOLOGIA: La sociologia nata nell’epoca dei moderni stati nazionali e in
quella dei grandi successi delle scienze naturali, ha per molto tempo considerato la ‘’società’’ come
un’entità collettiva, integrata da una cultura comune e delineata entro i confini di uno stato. Questa
impostazione è stata legata a una letteratura organicistica ottocentesca dove la società veniva
identificata come un organismo vivente. Nella visione funzionalista e marxista appariva, una
‘’totalità’’ indipendente dalla volontà degli individui che ne fanno parte.
La coincidenza tra società e Stato nazione è però messa in discussione, per la presenza di realtà
sociali organizzate (gruppi sociali minoritari) che non hanno una identità nazionale e confini geo-
politici, ma hanno una propria cultura all’interno di uno Stato nazionale che preesistevano alla sua
costruzione.
Bisogna quindi avere presente che in un’unica realtà statuale possono coesistere società
differenti.
Oggi le società moderne sono sempre più complesse, come appare in un titolo importante ‘’La
società degli individui’’ di Norbert Elias, considera la società non come una totalità, indipendente
dagli individui, ma come l’esito dell’interdipendenza tra gli individui e le relazioni sociali.
CAPITOLO 2: la nascita della sociologia
Quando nasce la sociologia
La sociologia si afferma come disciplina autonoma alla fine dell’Ottocento, quando acquisisce delle
caratteristiche metodologiche ed istituzionali che le consentono di assumere un ruolo autonomo
dalla filosofia.
La sociologia è
• da un lato il prodotto di una lunga elaborazione intellettuale che la collega al pensiero
illuminista e a pensatori come Hobbes, Montesquieu e Rousseau
• dall’altro è connessa al nuovo contesto storico e sociale che si delinea alla fine del XVIII
secolo e al profondo sentimento di rottura con il passato che questo genera e diffonde.
• I grandi successi delle scienze naturali, basate sul metodo sperimentale, avevano aperto
la strada anche allo studio dell’uomo e della società. La sociologia l’ultima a
svilupparsi, è anche quella più segnata dall’influenza delle due rivoluzioni: quella
francese e quella industriale.
La sociologia nasce in Europa nel XIX secolo per studiare i problemi sociali legati
all’industrializzazione e urbanizzazione. Tre rivoluzioni ne influenzano la genesi:
la rivoluzione scientifica suggerisce la possibilità di studiare i fenomeni sociali con i metodi
delle scienze naturali;
la rivoluzione industriale muta radicalmente le condizioni materiali di milioni di persone,
costituendosi come arena di indagine per economisti e altri ricercatori sociali;
la rivoluzione francese scardina la credenza relativa all’immutabilità dell’ordine sociale. Si
apre così lo spazio per una disciplina che studi il mutamento sociale. L’abolizione dei
privilegi di stampo feudale e la ‘’dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino’’ votati
nel 1789, pongono le fondamenta del moderno Stato di diritto in cui non ci sono più sudditi
ma cittadini con uguali diritti;
Con ‘’prima rivoluzione industriale’’ si intende un periodo di grandi innovazioni tecnologiche
legate ai successi della ricerca scientifica che si combinano con la razionalizzazione della
produzione agricola e lo sviluppo della fabbrica meccanizzata. Cambiano, anche, i sistemi di
produzione che portano a nuovi meccanismi di funzionamento del mercato capitalistico e alla
formazione di due classi contrapposte:
Operai
Padroni
La rivoluzione industriale induce una trasformazione sociale, culturale e istituzionale inedita per
rapidità e profondità.
La concentrazione dell’attività produttiva nelle città ha portato a un processo di urbanizzazione, a
un cambiamento del rapporto tra città e campagna e alla nascita dei problemi sociali che questo
comporta nelle periferie: aumento della delinquenza e dell’alcolismo. Inoltre le pessime condizioni
di lavoro in cui sono sottoposti gli operai nelle fabbriche danno vita a movimenti di protesta,
scioperi, leghe di lavoratori (poi sindacati). Il conflitto sociale diventa permanente e assume forme
consapevoli e organizzate.
La sociologia, quindi, nasce dalle nuove esigenze conoscitive che questa situazione di cambiamento
porta, e dalla necessità pratica di porre rimedio ai problemi di convivenza sociale che queste
trasformazioni hanno generato.
SPENCER (1820-1903): ritiene che la società sia un organismo formato da parti interdipendenti
tendenti all’equilibrio. Questo è un processo dinamico che si sviluppa secondo uno schema
evolutivo.
Influenzato dalla teoria evoluzionistica di Darwin, Spencer estende l’idea dell’evoluzione alle
società umane. Esse si evolvono, sotto la spinta della competizione che seleziona gli organismi con
maggiore capacità di adattamento all’ambiente e alle sue trasformazioni. La società industriale,
caratterizzata da maggiori libertà concesse all’individuo e alla libera concorrenza, è ritenuta lo
stadio più elevato dell’evoluzione e succede alla società tradizionale caratterizzata da un potere
centralizzato di tipo autoritario.
Karl Marx (1818-1883): due sono gli aspetti della sua filosofia che hanno influenzato la nascita
della sociologia: l’analisi del capitalismo e la sua teoria del mutamento sociale:
IL CAPITALISMO Marx riconosce nei suoi elementi costitutivi la presenza di due classi
contrapposte: capitalisti borghesi (proprietari dei mezzi di produzione) e il proletariato
(classe operaia che possiede la forza lavoro). Il rapporto tra queste classi è fondato sullo
sfruttamento, i capitalisti si arricchiscono appropriandosi della parte che supera il salario
necessario per la sopravvivenza del proletariato e da qui ne consegue un conflitto di classe.
Il profitto deriva da una appropriazione indebita di plusvalore-pluslavoro. Il capitalismo è un
modo di produzione molto diverso dai precedenti ed è formato da due elementi:
1. il capitale: mezzi di produzione usati per produrre merci;
2. il lavoro salariato: l’insieme dei lavoratori che, privi dei mezzi di
produzione, vendono la propria forza lavoro in cambio di un salario.
LA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA secondo Marx sono i fattori
economici e non le idee le cause del mutamento sociale.
In particolare Marx ritiene che sia il conflitto di classe, basato su fattori economici, il motore del
cambiamento. La struttura di una società è data:
I rapporti di produzione, ossia i rapporti generati dalla divisione del lavoro e dalla divisione
della proprietà
Le forze produttive, ossia i mezzi di produzione e le
tecniche utilizzate per la produzione
La struttura determina le forme di tutto il resto, la sovrastruttura (le istituzioni giuridiche, le
istituzioni politiche, ecc).
Differenza della Sociologia da altre discipline:
Si differenza dall’economia rispetto al paradigma dell”homo economicus”, piu attenzione al
contesto, alle istituzioni, al ruolo della cultura, a spinte di agire non solo strumentali;
Non solo razionalità secondo l’interesse individuale, razionalità secondo i fini;
Non informazione perfetta
Si differenza dalla storia per GLI STORICI sono consapevoli della complessità della
realtà e della unicità di ogni avvenimento e vicenda, puntando il piu possibile al
concreto, ricostruendo concatenazioni di fatti ed eventi con una intenzione
individualizzante;
ANCHE I SOCIOLOGI sono consapevoli della complessità del reale ma in modo
esplicito semplificano, con l’obiettivo di costruire modelli astratti, di trovare
regolarità e provare a darne conto, di individuare tipologie- (orientamenti
generalizzati)
CAPITOLO 3: i due grandi paradigmi della sociologia classica
Paradigmi in sociologia
La nozione di “paradigma”, formulata dalla prima volta da Kuhn ne La struttura della rivoluzione
scientifica a (1962), è l’insieme di teorie e metodi che caratterizzano una tradizione di ricerca
all’interno della quale esiste un consenso di tutti i membri di una comunità scientifica. In
quest'opera, Kuhn, sostiene che il progresso scientifico non sia un cumulo di conoscenze teso a
scoprire la verità, ma un'alternanza tra una scienza normale e "rivoluzioni scientifiche", date da un
cambiamento di paradigma. Il criterio con cui un paradigma risulta vincitore sugli altri consiste
nella sua forza persuasiva e nel grado di consenso all'interno della comunità scientifica. Nelle
scienze naturali i paradigmi si susseguono in successione temporale: quando una teoria non è più
riconosciuta come valida, viene sostituita con un’altra. In sociologia si ha la presenza di più
paradigmi contemporaneamente, ma il termine ‘’paradigma’’ resta utile per indicare un progetto di
ricerca argomentato, metodologicamente consapevole, di analisi del sociale. Agli inizi del
Novecento la sociologia sarà istituzionalizzata, ma non diventerà mai una disciplina unitaria in
quanto sarà caratterizzata da una pluralità di prospettive, teorie e approcci metodologici. Nel
periodo classico, sono due i paradigmi che si confrontano e ancora oggi si riproducono in versioni
aggiornate. Questi due paradigmi, chiamati anche “programmi di ricerca", si trovano in due “scuole
sociologiche” diverse:
Durkheim è considerato uno dei padri fondatori della sociologia. Lo studioso ha elaborato quello
che viene definito ‘’il paradigma oggettivista’’, secondo il quale i fenomeni sociali hanno
un’esistenza propria, indipendente da come gli individui li vivono e dal senso che
attribuiscono loro. Ne “Le regole del metodo sociologico’’ Durkheim, definisce la sua immagine
di scienza, che è più razionalista che positivista, opponendosi quindi a Comte e Spencer. Sempre in
quest’opera definisce 4 principi fondamentali:
1. I fatti sociali sono cose: non sono riconducibili alle idee e ai sentimenti degli esseri umani,
ma sono esterni agli individui;
2. La società viene prima degli individui: è una realtà sui generis, un tutto superiore alla
somma degli individui che lo compongono. Per questo nella spiegazione di un fatto sociale,
non si può partire dal comportamento degli individui, ma solo da altri fatti sociali;
3. Le ‘’leggi della causalità’’: spiegazioni che connettono gli effetti sociali osservabili a cause
di natura sociale;
4. La sociologia opera mediante la comparazione: non si basa sulla concomitanza delle
variazioni dei fenomeni studiati, ma compara le modalità con cui un fenomeno sociale si
verifica in diversi paesi, contesti sociali e periodi;
Il problema di fondo di Durkheim e sapere a cosa sono dovuti l'ordine e la coesione sociale. La
risposta è che la morale è un sentimento che unisce i membri di una società, realizzando una
solidarietà tra gli stessi. Nell’opera La divisione del lavoro sociale (1893) egli considera la società
come dotata di un certo, pur mutevole e imperfetto grado di solidarietà, di integrazione, di
“consensus”. Sempre in quest'opera vi sono due tipi di società:
Società semplici: la solidarietà meccanica in cui la divisione del lavoro è scarsa. Gli
individui che vivono in essa svolgono funzioni lavorative scarsamente differenziate ed essi
hanno poche possibilità di sviluppare personalità autonome. In essa vi è poco individualismo
e la coscienza collettiva prevale su quella individuale. Durkheim definisce tale solidarietà
“meccanica” proprio per mettere in evidenza che le parti di essa sono fondamentalmente
simili le una alle altre nella loro realtà e nelle loro funzioni. Man mano che la popolazione
cresce comporta anche maggiori possibilità di interazione e proprio questo comporta a sua
volta il superamento della società fondata sulla somiglianza delle funzioni e la necessità
della divisione del lavoro;
Società complesse: solidarietà organica, un legame che unisce individui che presentano
grandi differenze gli uni con gli altri, ma che tuttavia sono strettamente interdipendenti, in
quanto è la cooperazione che mantiene l’insieme sociale. Nella solidarietà organica, senza
dubbio c’è la possibilità di sviluppare la personalità individuale, di differenziarsi.
Per Durkheim la “morale” è un insieme di norme che vincolano i membri di una società. I vincoli
agiscono dall’esterno e all’interno e infrangere una norma provoca delle sanzioni. La solidarietà che
tiene insieme i membri di una società si basa sull’appartenenza a una morale comune. Le norme
morali si impongono all’interno di una società istituzionalizzandosi nelle forme di un insieme di
credenze religiose. Quindi, nelle società complesse la coesione sociale va mantenuta appositamente
attraverso meccanismi che vincolano tutti alla cooperazione e sempre nelle società complesse, più
elevato il rischio di anomia, ossia è più probabile l’assenza di norme morali condivise che porta
al suicidio anomico.
La sua polemica contro le spiegazioni psicologiche dei fatti sociali raggiunge il culmine nello
studio sul suicidio nel 1897. Nella sua opera “Il suicidio” (1897)
Osserva le statistiche di diversi paesi europei e riscontra una correlazione positiva tra la
confessione protestante e l'elevato tasso di suicidio. Analizza i le statistiche di diversi paesi
europei. Si accorge che il tasso di suicidi è più elevato tra le persone non sposate e senza
figli, tra i protestanti più che tra i cattolici, in periodi di pace più che in periodi di guerra;
Ipotesi: Durkheim ritiene che l’appartenenza a una comunità o a un gruppo sociale, sia una
prevenzione rispetto al suicidio. L’individuo solo è più propenso all’autodistruzione. La
religione protestante fornisce ai suoi membri un grado di integrazione sociale minore di
quella fornita da altre confessioni;
Legge: ‘’Il suicidio varia in ragione inversa al grado di integrazione dei gruppi sociali di cui
fa parte l’individuo’’;
Secondo Durkheim i tassi di suicidio sono più alti nelle società protestanti, perché il singolo
protestante è solo e libero davanti al testo sacro. Quindi il fedele è meno vincolato alla tradizione
e il peso di riconoscere la volontà divina è a carico dei fedeli. Il tipo di suicidio che appare
collegato al protestantesimo è detto egoistico, ha a che fare cioè con un forte sviluppo dell’ego.
Durkheim con il metodo delle variazioni concomitanti va ad analizzare i dati statistici in suo
possesso per individuare le cause sociali che determinano il suicidio. Queste due cause sociali sono:
L'integrazione sociale suicidio egoistico (carenza di integrazione sociale)
suicidio altruistico (eccesso di integrazione sociale)
La regolazione sociale suicidio anomico (carenza di regolazione sociale)
suicidio fatalistico (eccesso di regolazione sociale)
Max Weber (1864-1920)
Anche Weber è considerato uno dei padri fondatori della sociologia e affronta il problema dei
fondamenti in una prospettiva molto diversa rispetto a Durkheim. Il paradigma introdotto da Weber
è quello del ‘’soggettivismo sociologico’’. Egli ritiene che i fenomeni sociali vadano compresi e
spiegati a partire dal significato che le azioni rivestono per l’individuo che le compie. È
l’individuo l’unica sede dell’azione e della decisione. Per enfatizzare l’aspetto metodologico di
questo paradigma ha utilizzato il termine “individualismo”, dato che ritiene che ogni fenomeno
sociale sia il risultato di credenze, azioni e decisioni individuali. Alcuni studiosi riferendosi alle
teorie di Weber, parlano anche di paradigma dell’azione per indicare una prospettiva che non parte
dall’analisi del tutto. La tradizione intellettuale tedesca è invece dualistica: oppone le scienze
dello spirito, alle scienze naturali. Mentre le scienze naturali hanno un metodo ositivista, che riporta
l’analisi dei fatti al modello di spiegazione generalizzante, le scienze storiche e sociali, sono più
interpretative che non esplicative. In questo contesto nasce la sociologia comprendente elaborata
da Weber, che propone di comprendere dall’interno l’agire sociale mediante un procedimento
interpretativo, basato sullo studio del senso soggettivo che gli attori attribuiscono alle loro azioni.
Secondo Weber, le scienze sociali non devono rinunciare agli strumenti della generalizzazione
empirica e della spiegazione dei nessi causali sotto forma di leggi. Per Weber l’influenza di idee e
valori sul mutamento sociale è pari a quella delle condizioni economiche. Del metodo
comprendente Weber ne parla in molte opere, in cui troviamo esposti 4 principi cardine:
1. Il ruolo dell’interesse conoscitivo del ricercatore: ciò che caratterizza un fenomeno sociale è
lo specifico significato culturale che il ricercatore gli attribuisce in base al proprio interesse
conoscitivo;
2. Molteplicità delle cause e selezione del fattore rilevante: conoscere la realtà sociale significa
spiegarla in termini causali, riferendo effetti concreti e cause concrete;
3. Il tipo ideale: l’insieme di questi fattori costituisce un modello concettuale ipotetico che
Weber chiama ‘’il tipo ideale’’, il quale consente la comprensione del fenomeno nella sua
individualità e particolarità;
4. La nozione di ‘’oggettività’’: la nozione di oggettività della conoscenza sociologica si fonda
sulla correttezza logicometodologica del procedimento esplicativo.
La comprensione distingue le scienze umane e sociali dalle scienze naturali, questa distinzione si
ha nello stoicismo tedesco e nel dibattito sul metodo che si è sviluppato in quegli anni. Tutte le
scienze sociali sono comprendenti, cioè hanno come oggetto l’agire come comportamento dotato
di senso. Vi sono però delle differenze:
La storia si occupa della singolarità degli eventi;
La sociologia, è orientata alla generalità, studia le azioni sociali cercando quello che esse
hanno di tipico;
Il funzionalismo
Il funzionalismo nasce con Spencer e il suo quadro concettuale viene rifinito da Durkheim. Nel
Novecento i principali esponenti della scuola sono Parsons e Merton.
La società è vista dai funzionalisti come un organismo vivente, composto di parti, ciascuna delle
quali svolge una funzione specifica. Se una parte smette di funzionare, il corpo sociale subisce dei
problemi o smette di funzionare. Per spiegare un fatto sociale è necessario mostrare la funzione che
esso gioca all’interno della società. È una prospettiva che si basa sul modello organicista classico.
Possiede tre regole:
1. il tutto va distinto dalle sue parti;
2. le parti del tutto sono indispensabili al suo funzionamento,nessuna esclusa, e tra loro
interrelate;
3. il tutto è irriducibile alla somma delle parti
La prospettiva più rilevante è di Malinowski che intende l’utilità che un dato fenomeno riveste per
l’ordine e la persistenza della società in cui è inserito. Elabora una teoria basata sull’idea di bisogno
e di soddisfazione dei bisogni. Vi sono dei bisogni primari legati alla sopravvivenza e bisogni
secondari relativi alla vita associata. Le istituzioni
sorgono in risposta a questi bisogni. Il funzionalismo diventa la prospettiva teorica dominante nella
sociologia americana nel dopoguerra grazie a: Merton che cerca di renderlo più compatibile con
l’analisi empirica delle società complesse e introduce l’analisi funzionale nella sociologia: ogni
funzione può essere svolta da più elementi, la gamma degli elementi che possono svolgere la stessa
funzione è limitata e bisogna distinguere gli scopi intenzionalmente perseguiti e le funzioni latenti
non riconosciute. Parsons mantiene due concetti, quello di struttura e quello di funzione. Parsons è
dell'idea che ogni sistema debba assolvere quattro funzioni per l’esistenza e la persistenza nel tempo
del sistema:
1. Adaptation: consiste nell’attingere dall’ambiente esterno le risorse di cui il sistema ha
bisogno (istituzioni economiche);
2. Goals Attainment: consiste nel definire e conseguire gli scopi necessari al funzionamento del
sistema attraverso la scelta di mezzi efficaci (istituzioni politiche);
3. Integration: riguarda il controllo e il coordinamento delle parti, ossia l’ordine sociale
(istituzioni socio giuridiche);
4. Latency: serve a stabilire e a diffondere le motivazioni dell’azione (istituzioni della
socializzazione);
Lo strutturalismo
Nasce con Ferdinand de Saussure (linguistica moderna), secondo il quale la lingua è un insieme
strutturato di segni, il cui uso è un’esperienza sociale condivisa. È però con Claude Levi-Strauss
(antropologia culturale) che lo strutturalismo influenza la sociologia. Lui ha affermato che la
struttura non è un qualcosa di direttamente osservabile e di cui gli individui abbiano coscienza ma è
un modello teorico che il ricercatore elabora al fine di spiegare il funzionamento del fenomeno che
sta analizzando. Abbiamo diverse versioni dello strutturalismo:
o Le strutture epistemiche: Michel Foucault nelle sue opere emerge che la storia non è in
prima istanza il risultato delle azioni coscienti degli uomini. L’oggetto di studio non è
rappresentato da ciò che gli uomini hanno detto o fatto ma dalle strutture epistemiche;
o Il marxismo strutturalista: Luis Althusser ha affermato che i veri protagonisti della
storia non sono i soggetti ma i rapporti di produzione;
o Lo strutturalismo genetico: Pierre Bourdieu propone di superare la contrapposizione tra
soggettivismo e oggettivismo, integrando l'ottica strutturalista con quella fenomenologica.
La dicotomia quantità-qualità
Due metodi di ricerca:
Ricerca quantitativa (paradigma oggettivista): tutte quelle ricerche che fanno ampio uso
della statistica e ha le seguenti caratteristiche: i concetti devono essere traducibili in
operazioni di ricerca, è necessario usare uno strumento di rilevazione uniforme con
l’obiettivo di arrivare a una matrice dati, Il ricercatore deve mantenere un distacco
dall’oggetto della ricerca, l'analisi delle variabili deve essere condotta attraverso l’impiego
di tecniche statistiche e matematiche;
Ricerca qualitativa (paradigma soggettivista): le varie forme di ricerca sul campo,
dall’indagine etnografica alle analisi di comunità, fino allo studio dei piccoli gruppi. La
ricerca qualitativa ha le seguenti caratteristiche: i concetti devono essere aperti, orientativi,
lo strumento di rilevazione deve variare a seconda dell’interesse di ricerca in gioco, il
ricercatore tende a essere soggettivamente immerso nell’oggetto di studio, l’analisi dei dati è
personale, va in profondità basandosi sull’interpretazione del senso soggettivo e
intersoggettivo della realtà osservata;
PARTE SECONDA
Il concetto di status
Lo status si riferisce alla posizione sociale che una persona
riveste all’interno di un gruppo sociale e al grado di potere, ricchezza e prestigio associato a tale
posizione. Ogni persona occupa numerose posizioni nella società: può, ad esempio, essere una
donna, un’insegnante, una moglie, una madre. Alcuni status derivano dalla nascita e si parla di
status ascritti. Gli status acquisiti sono invece quelli che derivano da una prestazione. Lo status ha
acquisito caratteristiche diverse nelle società tradizionali:
o Società tradizionali: le posizioni di status sono ascritte e si inseriscono in un rigido
ordinamento gerarchico;
o Società occidentale preindustriale: nell’Europa feudale sono esistiti sistemi gerarchizzati
basati sui ceti, a cui si apparteneva per nascita;
o Società industriali moderne: lo status di un individuo è definito non dalla nascita, ma dalle
acquisizioni ottenute in base alle proprie capacità;
Il concetto di ruolo
Il ruolo è il comportamento atteso di un attore in quanto occupa una certa posizione sociale, un
certo status. A ogni ruolo sono associati tutti i comportamenti collegati ai suoi diritti e doveri. Ogni
ruolo sono associate specifiche aspettative che sono di due tipi: formali quelle collegate a codici
formalizzati, sono informali quelle collegate ad aspetti più soft. Il rispetto (o mancato rispetto) per
le aspettative porta all’erogazione di ricompense, dette sanzioni. Le punizioni si dicono sanzioni
negative, le ricompense si dicono sanzioni positive. Attraverso le sanzioni, il gruppo sociale
rafforza le regole che lo definisco. Due diverse scuole si sono occupate dell’analisi di ruolo:
1) Scuola strutturalista-funzionalista: incline a vedere nei ruoli la realizzazione conforme alle
aspettative e ai bisogni della società;
2) Scuola dell’interazionismo simbolico: accentua l’aspetto interpretativo e negoziale dei ruoli,
sottolineando che questi non implicano un modello passivo di comportamento;
Dalle variabili strutturali di Parsons è ricavabile un’efficace tipologia dei ruoli sociali:
a) Ruoli universalisti/particolaristi: ruoli che richiedono di trattare le persone secondo regole
universali;
b) Ruoli diffusi/specifici: alcuni ruoli sono più circoscritti di altri;
c) Ruoli affettivi/affettivamente neutri: alcune relazioni si basano sull’affetto, altre no;
d) Ruoli ascritti/acquisiti: alcuni ruoli dipendono da status ascritti, altri da status acquisiti;
e) Ruoli orientati all’io/alla collettività: motivazioni diverse sono alla base di ruoli diversi;
Viene definito complesso di ruoli (role-set) l’insieme dei ruoli associato a un determinato status. La
moltiplicazione dei ruoli ha come importante conseguenza che crescono anche le possibilità che
l’individuo si trovi esposto a conflitti di ruoli. Si parla di conflitti di ruolo quando un soggetto è
investito da aspettative relative a due o più ruoli non coincidenti o parzialmente incompatibili
Goffman introduce poi la nozione di ruoli incongruenti che si possono distinguere in tre ruoli: gli
attori, il pubblico e gli estranei. I ruoli incongruenti sono ‘’quelli che introducono una persona in
un’istituzione sociale sotto false apparenze’’.
I gruppi
Un gruppo è costituito da un insieme di individui che interagiscono secondo determinati modelli,
che provano sentimenti di appartenenza alla collettività da loro costituita, e che si riconoscono
reciprocamente come suoi membri. I gruppi possono essere primari o secondari. Un gruppo
primario è costituito da un piccolo numero di persone che interagiscono direttamente tra di loro,
mentre un gruppo secondario è costituito da persone che non hanno tra loro legami emotivi
importanti, in cui quel che conta è l’obiettivo specifico da raggiungere. Le funzioni riconosciute ai
gruppi sono due:
Funzione strumentale: consiste nello svolgimento di compiti specifici che un individuo da
solo non potrebbe realizzare;
Funzione espressiva: è l’ottenimento del piacere, della gratificazione, del riconoscimento,
che il fatto stesso di partecipare al gruppo comporta;
L'influenza sociale è la pressione che il gruppo esercita sui singoli alterandone percezioni,
opinioni, atteggiamenti e comportamenti. L'influenza sociale si produce attraverso
meccanismi molto differenti a seconda della posizione di dominanza o subalternità del
gruppo che la promuove. La pressione del conformismo osservata da Asch. I suoi studi
vertono sulla percezione visiva e giungono alla conclusione che il gruppo ha degli effetti
rilevanti sui cambiamenti di opinione e di atteggiamento degli individui. Le ricerche sulle
dinamiche di gruppo hanno consentito di formulare alcune idee sulla formazione e
distribuzione dei ruoli di leadership. Bales e Slater mostrano come emergono sempre due
tipi di leader, con ruoli specialistici, strumentale o espressivo che non coincidono mai, che
tendono ad interagire tra loro più che con il gruppo e che non sono in competizione ma in
coalizione.
I gruppi di riferimento sono gruppi in cui il soggetto vorrebbe far parte, in quanto incarnano i suoi
ideali di vita e, spesso nella speranza di divenirne membro in futuro, nessuno alcuni criteri di
comportamento.
CAPITOLO 2: le istituzioni
Il concetto di istituzione
Un’istituzione nel linguaggio comune si riferisce a determinati apparati che svolgono funzioni e
compiti di interesse pubblico. Il concetto sociologico di istituzione è: istituzioni come un insieme di
regole di comportamento caratterizzato da stabilità e sistematicità di una data comunità sociale.
Molti sociologi, tra cui Berger e Luckman, ritengono che il linguaggio sia l’istituzione sociale più
importante. Rappresenta la principale forma di oggettivazione dell’espressività umana e il modello
regolatore in ogni condotta individuale. Secondo Mead sulla comunicazione simbolica attraverso il
linguaggio si fonda l’interazione sociale e la capacità da parte dell’individuo di formarsi la propria
identità. I sociologi della scuola durkheimiana hanno enfatizzato il carattere costrittivo cioè il fatto
che
per regolarle si devono stabilire delle sanzioni che assicurano la conformità del comportamento
degli individui alle norme.
Il processo di istituzionalizzazione
è il processo attraverso il quale determinati valori, pratiche ed orientamenti si strutturano come
costruzioni di senso solide e generalmente accettate. Esistono diversi modelli di comportamento
dotati di regolarità, persistenza ordinati in base a norme e regole sociali. Il controllo sociale
comprende una serie di meccanismi utili alla regolamentazione del comportamento sociale:
o Pratiche di socializzazione
o Sanzioni positive e negative
o Condizionamento delle opinioni
Un continuum da massimo controllo sociale: si ha nelle istituzioni descritte da Goffman; a un
minimo: sono regolamentazione informali del comportamento che operano attraverso meccanismi
scarsamente costrittivi. Con processo si vuole sottolineare che le istituzioni hanno una loro
dinamica. Quando fenomeni poco strutturati diventano istituzioni formalizzate o istituzioni con alto
livello di strutturazione. De-Istutuzionalizzazione: quando le istituzioni vedono diminuire il loro
grado di istituzionalizzazione fino allo scioglimento.
La prospettiva dell’interazione (Piaget, Mead) è una critica a Parsons che accentua gli aspetti
sociali del processo di socializzazione rispetto all'idea freudiana degli istinti. Considera la
socializzazione come un processo di adattamento e apprendimento attivo. L’individuo interagisce
con gli altri e con l’ambiente sociale, di fronte a situazioni nuove è portato ad arricchire le sue
risorse cognitive e modificare le sue attitudini normative.
L’identità personale
La socializzazione è anche un processo di formazione personale che trasforma l’individuo in un
essere morale, con una propria identità. Identità e socializzazione sono due concetti inscindibili.
L’identità personale è l’immagine che l’individuo ha di sé stesso, si riferisce al processo di sviluppo
personale attraverso il quale elaboriamo il senso della nostra unicità. L’identità sociale è l’insieme
dei ruoli svolti dal soggetto nelle varie sfere della vita alle quali appartiene, si riferisce alle
caratteristiche attribuite dagli altri ed è plurima e cumulativa ed è determinata dal ruolo che
adottiamo all’interno di un particolare contesto ambientale. Le scienze sociali, si focalizzano sul
carattere relazionale, intersoggettivo, dell'identità e analizzano i fattori sociali e le dinamiche
interattive che sono alla base della sua genesi e del suo mantenimento. Questo aspetto distingue
l'approccio all'identità di scienze sociali come la sociologia, l'antropologia, la psicologia sociale
dall'uso sempre più diffuso della nozione di identità da parte della psicanalisi. L'approccio clinico
rimane centrato sull'individuo e intende la formazione dell'identità come un processo intrapsichico.
PARTE TERZA
CAPITOLO 1: la cultura
L’analisi sociologica della cultura
La cultura o civiltà, è quell'insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la
morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità o abitudine acquisita dall'uomo in quanto
membro di una società, definizione data da Tylor in “The primitive culture’’ (1871). Questa
definizione è il punto di riferimento classico dell'antropologia culturale. Sia Boas, sia Bronislaw
Malinowski respingono tuttavia il punto di vista storico-evolutivo di Tylor. Viene negata la
possibilità di riportare tutte le culture a uno schema unico e universalmente valido di sviluppo
culturale e di determinarne le fasi secondo leggi uniformi per ciascuna. Malinowski ritiene che ogni
cultura sia un sistema chiuso, un complesso di elementi legati fra loro da relazioni funzionali. Ogni
istituzione deve essere studiata nella sua funzione specifica. Entrambi riconoscono la pluralità delle
culture. Rispetto a Tylor, che parla di cultura al singolare, il concetto si è ampliato in concetto
collettivo ed indica una molteplicità di culture diverse e indipendenti. L’ oggetto dell'antropologia
diventa quindi la singola cultura. Esistono differenze tra cultura e società: l’antropologia comprende
gli atteggiamenti, i comportamenti e le relazioni sociali di una collettività finisce per coincidere
con la società stessa. La sociologia invece distingue tra cultura e società. Differenziazione interna
alla cultura: per l’antropologia la cultura è omogenea e condivisa. La sociologia pone enfasi sulla
differenziazione interna alla cultura e nasce dal suo interesse ad indagare le società contemporanee
in cui agiscono gruppi movimenti diversi portatori di valori e credenze proprie. Carattere innovativo
della cultura: la sociologia tende a sottolineare l’aspetto di innovazione e di cambiamento.
Modelli teorici
I modelli teorici riferiti alla cultura sono 5:
1. Funzionalista: intende individuare la funzione che la cultura svolge nello stabilire e
mantenere il sistema sociale. Sostiene che credenze collettive e simboli abbiano
conseguenze benefiche sulla società nel suo complesso, in quanto ne assicurano la coesione
interna. Il principale interprete di questo approccio è stato Durkheim. Merton ha distinto tra
funzioni manifeste e funzioni latenti, le prime riguardano la finalità esplicita di un rito o
un’attività culturale mentre le seconde riguardano gli effetti non intenzionali.
2. Causalista: sono teorie diverse che hanno in comune l’idea che la cultura sia plasmata da
fattori sociali o psichici che sfuggono alla coscienza degli individui. Marx elabora la
distinzione tra struttura e sovrastruttura. La sovrastruttura riflette la struttura economica
della società, i suoi rapporti di produzione e la lotta di classe. Vilfredo Pareto attribuisce a
cause psichiche l’origine dei valori e credenze, chiamati derivazioni, non sarebbero altro che
razionalizzazioni a posteriori di stati affettivi, impulsi e sentimenti, chiamati residui.
3. Interazionista: dà la priorità alla interazione comunicativa tra gli individui. Norme, valori
estetici, rappresentazioni culturali emergono dalla ripetizione di soluzioni efficaci a
problemi ricorrenti così come dall’attività continua di negoziazione dei significati tra attori
sociali impegnati in un’interazione.
4. Strumentale- individualista: è un modello di tipo economico basato su una razionalità
strumentale, sul calcolo dei costi e dei benefici che è quasi assente in sociologia. L’adesione
a norme e valori morali nei gruppi risulta più conveniente al fine di garantire una
cooperazione stabile.
Strutturalista: deriva dall’applicazione all’analisi della cultura della linguistica strutturale, di De
Saussure che ha spostato l’interesse della linguistica dalla descrizione storica dello sviluppo delle
lingue all’analisi della struttura interna del linguaggio inteso come sistema formale. Per Levi-
Strauss la cultura è vista come la rappresentazione di una struttura profonda della mente umana.
Tipico di questo modello è pensare la cultura come un sistema indipendente della società.
Alexander ha proposto un programma per l’analisi sociologica della cultura. Egli distingue tra
sociologia della cultura e sociologia culturale. La prima considera la cultura come una variabile
dipendente da fattori extra-culturali, di tipo economico e politico, mentre la seconda invece
concepisce la cultura come un ambito autonomo. Dagli anni ’70 gli sviluppi nel campo di analisi dei
fenomeni culturali, prendono le mosse da una critica al funzionalismo di Parsons, accusato di aver
alimentato il ‘’mito dell’integrazione culturale’’. Non esiste un’impostazione unitaria, ma pluralità
di prospettive e di pratiche che però hanno in comune l’esigenza di analizzare: le contraddizioni e
incongruenze della cultura, e il rapporto cultura e azione.
Tre principali specificità del pluralismo culturale moderno pluralismo significa “coesistenza di
diversi sistemi simbolici i quali sono scarsamente correlati l’uno all’altro’’ ma tra cui esistono flussi
continui di comunicazione, la cultura non è mai totalmente integrata e coerente. Pluralismo può
quindi anche indicare potenziali conflitti culturali e significa aumento smisurato delle opzioni e
delle libertà di scelta dell’individuo.
Subculture
Si tratta di una cultura più circoscritta di quella della società più ampia, di cui essa occupa un
ambito delimitato, distinto, ma non necessariamente contrapposto. Essa si può basare su fattori
unificati come l’etnia, la religione o l’età. Una caratteristica comune alle subculture è la presenta di
una densa rete di interazione tra i membri di un gruppo che aderiscono a un modello culturale
specifico. Due scuole sociologiche:
1. La scuola di Chicago che fin dagli anni ’40 ha analizzato le bande giovanili che popolano i
quartieri malavitosi delle grande metropoli. Si tratta delle cosiddette ‘subculture delinquenti’
studiate da Cohen;
2. L’università di Birmingham indaga i gruppi giovanili inglesi dagli anni ’60 che sviluppano
un particolare modo di espressione, come i mods e i punks;
Cultura e genere
Il concetto di genere fa riferimento a differenze ‘’costruite’’ culturalmente
e storicamente a partire da diversità biologiche. Il genere invece segnala
l’insieme di comportamenti che una cultura giudica appropriata agli
uomini e alle donne, costituendo disuguaglianze a partire da questa dualità
sessuale biologica.
Mobilità sociale
È il cambiamento della posizione sociale (classe) da parte di individui o gruppi (Cobalti). La mobilità
sociale orizzontale indica il passaggio di un individuo da una posizione sociale a un’altra
nell’ambito dello stesso livello. La mobilità sociale verticale indica il passaggio di un individuo da
una posizione a un’altra La mobilità di lungo raggio indica che il cambiamento è avvenuto fra strati
o classi molto lontani. La mobilità di breve raggio indica che il cambiamento è avvenuto fra strati o
classi contigue. La mobilità intragenerazionale indica il cambiamento di posizione socioeconomica
di un singolo individuo all’interno dell’arco di vita. La mobilità intergenerazionale indica il
cambiamento di posizione socioeconomica rispetto alla generazione precedente.
La disuguaglianza in generale
Diverse interpretazioni e teorie, tra queste:
Teoria funzionalista/dell’ordine sociale Le disuguaglianze sono “naturali” e necessarie;
Teoria del conflitto Le disuguaglianze derivano dal controllo delle risorse sociali e dalla
difesa e riproduzione nel tempo;
Le disuguaglianze scolastiche
Quattro le forme di disuguaglianza scolastica:
impegno- merito;
intelligenza o attitudini-talenti;
ambiente di origine
ambiente scolastico;
PARTE QUARTA
CAPITOLO 1: mercato ed economia
I mercati come modello di organizzazione sono così onnipresenti nella nostra società. Nelle dottrine
economiche classiche, un mercato implica uno scambio di beni o servizi tra compratori e venditori.
Questa definizione non considera, i meccanismi sociali che i sociologi ritengono importanti per il
funzionamento dell’economia, come governi e leggi nonché norme che definiscono i
comportamenti appropriati. Quando i sociologi osservano il modo in cui i mercati effettivamente
funzionano, tendono a trovarvi una disuguaglianza e una serie di vantaggi che interessano
soprattutto chi è in posizione di potere. I sociologi sono ricorsi all’idea di cultura per capire come le
regole formali e informali aiutino a coordinare gli scambi nei mercati.
Tre approcci all’ analisi sociologica dei processi economici
1) L’ approccio micro o individualista:Weber Con i weberiani rispetto agli economisti
neoclassici si assume una concezione più ampia della razionalità: Gli economisti analizzano
solo i comportamenti determinati dal
perseguimento razionale dell’interesse personale degli individui, dal calcolo costo-benefici,
e assumono che le altre motivazioni operano in sfere separate e
organizzate in modo non razionale. L’individuo agisce nel mercato investendo in modo
strategico le risorse che possiede. Secondo i sociologici, invece, bisogna considerare che i
comportamenti sono influenzati dalle relazioni sociali in cui gli attori sono immersi. alcuni
comportamenti sono invece razionalmente orientati ad obiettivi non economici come la
socievolezza, l’approvazione, lo status, il potere. Influiscono anche i valori.
2) L’ approccio macro o strutturalista: Marx la struttura della società, è data da: i rapporti di
produzione, ossia i rapporti generati dalla divisione del lavoro e dalla divisione della
proprietà e dalle forze produttive, ossia i mezzi di produzione e le tecniche utilizzate per la
produzione. Il modo di produzione dominante all’interno di una data società corrisponde
alla struttura di quella stessa società.
3) La nuova sociologia economica: Polany i fattori sociali influenzano i processi economici:
le appartenenze culturali, l’essere inseriti i in determinate reti di relazioni interpersonali,
anche i contesti politici e istituzionali. Al centro delle analisi ci sono gli attori, che
interagiscono e sono influenzati dal contesto in cui vivono.
I diversi capitalismi
Abbiamo diversi capitalismi e sono:
capitalismo anglo-americano: il più sbilanciato verso il primato americano del mercato
autoregolato. Michel Albert distingue il capitalismo neo-americano che dà maggior rilievo
all’iniziativa e alla personalità individuale dal capitalismo alpino-renano
Capitalismo alpino-renano: vede una maggiore presenza dello stato nella regolazione
dell’economia e nella produzione di beni pubblici;
Capitalismo giapponese: ha alimentato il dibattito sulle varianti del capitalismo moderno. Ronald
Dore confronta il capitalismo angloamericano con quello giapponese. Egli parla di “impresa-società
per azioni” e “impresa-comunità”. La prima è definita come impresa di proprietà degli azionisti, in
cui i rapporti di lavoro sono basati sul mero scambio giapponese. La seconda si definisce come un
ente a dimensione sociale, di cui fanno parte tutte le persone che vi lavorano a tempo pieno.
Il capitalismo italiano
Il sistema capitalistico italiano è caratterizzato da una forte presenza di aziende familiari
contrapposta ad un grande capitalismo pubblico o comunque legato a poche grandi famiglie e per
un ruolo ridotto del mercato azionario. Il modello italiano sia un modello sui generis, in cui non si
riscontrano né un ruolo della borsa né un ruolo del sistema bancario gestore, ma prevalgono ancora
imprese pubbliche o semiprivate, poche famiglie che controllano la maggior parte delle grandi
imprese, grazie ad una rete di interrelazioni, e tante piccole-medie imprese a prevalente conduzione
familiare, che necessitano di sostegno finanziario per un adeguato sviluppo in un sistema sempre
più globalizzato.
Tasso di occupazione = disoccupati / forza lavoro indica quanti non hanno trovato lavoro su
quanti lo cercano
Tasso di occupazione = occupati / popolazione totale
Cosa si intende per regolazione del Mercato del Lavoro e Politiche del Lavoro
Gli attori del Mercato del Lavoro:
La domanda di lavoro (imprese, famiglie, singoli datori di lavoro che richiedono lavoratori)
L’offerta di lavoro (coloro che offrono la propria capacità lavorativa)
La regolazione del mercato del lavoro (il contesto istituzionale: le regole)
PARTE QUINTA
CAPITOLO 3: la politica in azione
Dai grandi principia alla formazione delle decisione politiche
Vi sono tre facce della politica e sono:
1. Polity tiene insiema la comunità politica. Definisce l’identità e i confini della comunità
politica organizzata attraverso aspetti territoriali, aspetti organizzativo-istituzionali e aspetti
socio-culturali;
2. Policy cosa fa chi governa e con quali risultati. Problema dell’esercizio di potere: studia
il processo di produzione e attuazione delle politiche pubbliche;
3. Politics è chi governa e come si governa. Problema della conquistra del potere: studio
della competizione per il potere politico, della rete istituzionale e delle dinamiche del
processo politico-istituzionale;
Lo sviluppo delle politiche sociali ha comportato un’estensione dei compiti dello Stato, per
includere la predisposizione di tutele e di servizi ai cittadini. Di conseguenza ha trasformato in
profondità sia il funzionamento delle strutture statali, sia il sistema di stratificazione sociale. La
formazione dello Stato sociale ha portato alla democrazia di massa e ha contribuito a stabilizzare la
democrazia e a conciliarla con il capitalismo. Le prime manifestazioni del welfare sono consistite in
interventi assistenziali di carattere tipicamente occasionale e spesso discrezionale. Il nucleo
successivo e centrale del moderno welfare è rappresentato dalle assicurazioni sociali, caratterizzate
dall’obbligatorietà dell’adesione e del finanziamento tramite contributi, rivolte a fornire prestazioni
standardizzate in base a diritti specifici e a doveri individuali. La terza modalità di intervento,
indicata come sicurezza sociale, consiste in un sistema di protezione volto a garantire prestazioni di
base uniformi a tutta la popolazione attiva.
diritti, tra cui quelli sociali , ossia quello di ottenere risorse e di accedere a servizi. Le definizioni
date da Marshall sulla cittadinanza sono:
La cittadinanza sociale è lo status conferito a coloro che sono pieni membri di una
comunità. Tutti coloro che posseggono questo status sono uguali in rapporto ai diritti e
doveri dei quali lo status è dotato.
Cittadinanza civile affermazione dei diritti civili della persona: eguaglianza di fronte alla
legge, diritto di circolazione, diritto alla vita, libertà di associazione, ecc.
Cittadinanza politica affermazione dei diritti politici individuali e collettivi: suffragio
universale, diritto di eleggere e di essere eletto nei parlamenti, nei consigli comunali, ecc.
Cittadinanza sociale affermazione dei diritti sociali legati al lavoro, ai servizi sociali, alla
salute, all’istruzione, ad una “buona vita”, ecc.
Nella caratterizzazione delle politiche sociali si possono evidenziare due temi: bisogno che indica la
carenza o la mancanza di qualcosa necessario per la realizzazione del benessere e il rischio indica
l’esposizione a determinati eventi che possono accadere che quando si realizza minano il benessere
generando un bisogno. Si può rispondere a questi due temi tramite il mercato, la famiglia, il terzo
settore e lo Stato (Welfare State). Sulla base della prospettiva storica, il Welfare State può essere
definito come l’intervento dello Stato impegnato a modificare le forze sociali di mercato allo scopo
di realizzare una piu ampia uguaglianza sociale e presenta quattro temi chiave:
1. protezione sociale
2. assistenza carattere condizionale, discrezionale, volto a rispondere in modo MIRATO, a
SPECIFICI BISOGNI individuali o a categorie circoscritte di bisognosi. Ed è selettiva e
residuale. Misure per la famiglia, per esclusione sociale e abitazione.
3. assicurazione Intervento pubblico che mira all’erogazione di prestazioni standardizzate in
maniera automatica e imparziale, in base a precisi diritti/doveri contributivi e secondo
modalita specializzate e standardizzate;
4. sicurezza sociale Sistema di protezione esteso a tutti i cittadini volto a favorire
prestazioni uniformi, corrispondenti ad un minimo nazionale e capaci di garantire una vita
degna;
Il welfare regime è il prodotto di una specifica combinazione del ruolo delle famiglie e delle
comunità locali, del mercato, dello stato, e di forme miste di governo, che veicola determinate
forme di coordinamento.
Regime liberale si basa prevalentemente sulla prova dei mezzi e si caratterizza per modesti
programmi di trasferimento a carattere universale o occupazionale (Gran Bretagna, Australia e Stati
Uniti).. Regime conservatore corporativo tende a preservare i differenziali di status connessi con il
mercato del lavoro, con trascurabili effetti redistributivi. Si basa su una tradizione statalista
(Austria, Germania, Francia, Belgio e Italia). Regime socialdemocratico si basa su un’espansione
del welfare state imperniato sull’intervento pubblico tanto in sostituzione del mercato che della
famiglia ed è volto a promuovere un’eguaglianza degli standard di vita più elevati, garantendo a
tutta la popolazione l’accesso a prestazioni di alto livello e qualità (Paesi scandinavi).
PARTE SESTA
CAPITOLO 4: le migrazioni e la formazione di società multietnche
I problemi di un concetto
Le migrazioni fanno parte della storia dell’umanità, soprattutto con il consolidamento degli Stati
moderni nel XIX secolo, cominciano a assumere il profilo che oggi conosciamo. Un immigrato è
una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel
paese da più di un anno. Questa definizione non include però le migrazioni interne, Migrazioni
stagionali e migrazioni circolari, seconde generazioni, discendenti di antichi emigranti e le
rappresentazioni sociali: “extracomunitari” e “stranieri poveri”.