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SOCIOLOGIA

Parte prima
CAPITOLO 1: lo studio della società
La sociologia è lo studio scientifico del comportamento degli esseri umani in società, che utilizza
vari metodi di ricerca e approcci teorici specifici al fine di sviluppare una conoscenza approfondita
delle azioni, delle strutture e dei processi sociali.
La realtà sociale: un mondo cosi familiare
La realtà sociale è un mondo cosi familiare, di cui facciamo esperienza tutti i giorni, fatto di regole,
ruoli, aspettative implicite conosciute e condivise da tutti (che costituiscono quello che i sociologi
chiamano «senso comune»), che spesso nemmeno ci accorgiamo che esistono delle regole e un
ordine scale in cui siamo immersi, di cui abbiamo una conoscenza implicita, c ci servono per
orientarci nella vita di tutti i giorni, senza costituire un oggetto specifico della nostra riflessione.
L'atteggiamento dello scienziato sociale: il mondo in questione
L’atteggiamento dello scienziato sociale è l’opposto di quello che assume l'individuo nella sua vita
quotidiana: si tratta della messa in discussione, ricorrente e metodica, di ciò che il senso comune
generalmente dà per scontato. Quando ci si chiede come funziona una certa istituzione, si è fatto il
primo passo per diventare uno scienziato sociale.
La sociologia come scienza sociale

La sociologia come scienza sociale prende distanza da orientamento prescrittivi (la società dovrebbe
essere cosi, sarebbe giusto che fosse cosi).
Sviluppa:
 Concetti
 Metodi di indagine per descrivere e spiegare i fenomeni
sociali
 Tecniche di raccolta e analisi dei dati

Significato weberiano del termine “valore”


I valori sono “orientamenti culturali di fondo che motivano le nostre condotte”. Ad esempio, la
condotta di uno potrebbe essere motivata dal successo, quella di un altro dall’onestà, quella di un
terzo dall’onore. Lo scienziato sociale non può escludere i valori sono “orientamenti culturali di
fondo che motivano le nostre condotte”. Ad esempio, la condotta di uno potrebbe essere motivata
dal successo, quella di un altro dall’onestà, quella di un terzo dall’onore.
Da un lato, infatti, essi sono fondamentali per comprendere l’agire di un individuo o di un gruppo
sociale. I valori, infatti, motivano le loro scelte e pertanto lo/a scienziato/a sociale deve
necessariamente spiegarli. In politologia, ad esempio, sarà necessario individuare i valori e
l’ideologia cui l’oggetto dell’analisi – ad esempio, un partito – si ispira. Stessa cosa se l’indagine
riguarda un sistema economico o una formazione sociale come la famiglia. Ci saranno sempre,
infatti, valori che motivano la loro esistenza e che necessitano, quindi, di una spiegazione. Questo
vale, ovviamente, anche per lo scienziato sociale stesso. I suoi orientamenti personali lo
spingeranno a scegliere di analizzare certi nessi causali piuttosto che altri, lo spingeranno a vedere
certi fenomeni o certi nessi meglio di altri. La realtà, per Weber, è infinita, e nessuna spiegazione
può essere esaustiva: l’orientamento basato sui propri valori sarà dunque quello che conduce lo
scienziato a privilegiare nell’analisi certi elementi piuttosto che altri.
Per capire dov’è l’avalutatività e come garantire un minimo di oggettività alla nostra analisi, Weber
introduce la distinzione tra riferimento ad un valore e il giudizio di valore. Il giudizio di valore è
una frase che esprime una valutazione sulla base di un valore. Per mantenere l’obiettività, è
necessario che il ricercatore si astenga completamente dall’emettere valutazioni morali.
Ad es.; un politologo che studia l’avvento del nazismo, molto probabilmente lo giudica «bestiale»,
«sbagliato». Ma Il compito di un politologo è comprendere e spiegare i motivi dell’avvento di una
dittatura, non dichiararla sbagliata. Quello di un filosofo politico, invece, valutarla da un punto di
vista normativo.
La realtà è una costruzione sociale
Nessuno può dubitare che le “visioni del mondo” costruite dai filosofi, dai romanzieri, siano
prodotti intellettuali che si sovrappongono alla realtà e la interpretano in maniera più o meno
verosimile.
Quando però si analizza la visione del mondo legata all’esperienza di un gruppo sociale o di una
società e che, essendo accettata da gran parte dei membri, definisce il cosiddetto “senso comune”,
c’è il rischio che questa conoscenza della realtà, per il suo carattere realistico sia assunta anche dai
sociologi come un dato poco interessante o comunque non tale da mobilitare un’attenzione
specifica.
Secondo Berger e Luckmann il senso comune va assunto come oggetto privilegiato di riflessione
filosofica e scientifica. La tesi centrale di Berger e Luckmann è che la realtà, ossia l’insieme dei
fenomeni che sono riconosciuti come indipendenti dalla propria volontà, è costruita socialmente,
tale che in ogni società sono diffuse rappresentazioni della realtà condivise e date per scontate dai
suoi membri.
La realtà viene costruita socialmente, Ciò che noi percepiamo come "reale" varia da società a
società ed è prodotto, trasmesso e conservato tramite processi sociali: il compito della sociologia è
quello di analizzare i processi attraverso cui questo avviene.
Per svelarla vi è un esempio fatto da Garfinkel: parte dal problema di Parsons per l’ordine sociale
ma dice che per comprendere come si raggiunge l’ordine sociale, è necessario guardare alle micro
interazioni e ai micro scambi piuttosto che alle istituzioni e alle strutture sociali.
Nuova prospettiva per l’analisi dell’ordine sociale è l'Etnometodologia: Le regole alla radice
dell’ordine sociale si costituiscono a partire dal comportamento delle persone in risposta a
situazioni diverse, ed è proprio l’osservazione delle interazioni quotidiane che ci consente di
comprendere i meccanismi dell’ordine sociale.
I “breaching experiments”
Garfinkel propone una delle categorie di metodi sperimentali, cioè i “breaching experiments” che
miravano a svelare le norme sociali con le quali gli individui costruiscono un senso condiviso della
realtà. Egli stesso, in via procedurale, si interrogava su cosa si potesse fare per turbare la quiete
familiare al fine di analizzarlo.
Fu lui, nel tentativo di scardinare tali norme, che propose ai propri studenti un esperimento:
chiese loro di rivolgersi ai propri genitori come “signor X” e “signora X” e di comportarsi come se
fossero dei semplici inquilini.
Gli esiti dell’esperimento si possono riassumere in un’esasperazione e rabbia, poiché venivano
minacciati i fondamenti dell’ordine sociale.
Secondo Garfinkel, ogni situazione sociale può essere studiata come auto organizzazione.
Garfinkel, in particolare, parlava di scene familiari come la semplice attesa in fila, quest’ultima non
è altro che un’organizzazione prodotta dai membri stessi e frutto di una negoziazione collettiva che
si basa sulle tacite regole dell’interazione sociale in uno spazio pubblico. Questo approccio fu
illustrato da Garfinkel in “Studies in Ethnomethodology”, del 1967.
L'immaginazione sociologica
Il sociologo Charles Wright Mills coniò l'espressione: “L’immaginazione sociologica”.
L’immaginazione sociologica è la capacità di riflettere sistematicamente su quanto cose da noi
percepite come problemi personali – per esempio, i debiti causati dai prestiti d’onore, le richieste
contraddittorie di genitori divorziati o l’incapacità di instaurare una relazione sentimentale
soddisfacente – siano, in realtà, questioni sociali ampiamente condivise da altri individui nati
in un periodo e in un ambiente sociale simile al nostro.

Differenze con senso comune sociologico


SAPERE SOCIOLOGICO COMUNE= il patrimonio di conoscenze, legato all’esperienza diretta,
che ognuno utilizza per orientarsi nella vita sociale.
Limiti di questo sapere:
- è concentrato nel presente
- lo spazio sociale degli individui è circoscritto
- è facilmente influenzabile e deformabile dal “sentito dire”
La SOCIOLOGIA, come scienza sociale, attraverso i suoi strumenti supera i limiti della sociologia
ingenua di senso comune, formulando interrogativi sulla base di una riflessione teorica sedimentata
e cercando risposte a questi interrogativi sulla base di informazioni raccolte sistematicamente.
La sociologia: insieme di teorie e metodi
 Tutti possediamo un certo livello di immaginazione sociologica.
 Per formulare domande sociologiche e valutare le prove empiriche a esse collegate, i
sociologi hanno sviluppato un insieme di teorie sociali (schemi molto generali che
suggeriscono determinati assunti e asserti su come funziona il mondo) e metodi di ricerca
(modi di studiare sistematicamente tali questioni, per trovare nuove evidenze che permettano
di elaborare nuove risposte).

Una teoria è “un insieme di proposizioni organicamente connesse, che si pongono ad un elevato
livello di astrazione e generalizzazione rispetto alla realtà empirica, le quali sono derivate da
regolarità empiriche e dalle quali possono essere derivate alle previsioni empiriche”.
Elementi di Metodologia e tecniche della ricerca sociale:
o Il metodo è una sequenza generale di azioni, finalizzata al raggiungimento di un determinato
obiettivo conoscitivo;
o La tecnica è una specifica procedura operativa che sta dentro un metodo. È una sequenza
particolarmente dettagliata di operazioni che fanno raggiungere un certo risultato. Le
tecniche sono contenute in un metodo e un metodo può richiedere una o più tecniche
insieme;
o Lo strumento è il mezzo che consente al ricercatore di raccogliere dati empirici;
o La metodologia è una riflessione complessiva, un ragionamento sul metodo. È una disciplina
accademica che si studia nelle università. È una branca del sapere;
Alla sociologia si deve riconoscere lo sforzo di sviluppare analisi della società in cui la teoria svolge
un ruolo cruciale nell’orientare l’indagine empirica.
 La sociologia non si è accontentata di dare informazioni dettagliate sui fenomeni studiati ma
ha cercato di comprendere perché un fenomeno sociale sia così.
 Se descrivere e spiegare fenomeni complessi è compito della sociologia, l’integrazione tra
teoria e ricerca, che si usino metodi qualitativi o quantitativi, è un aspetto fondamentale
della disciplina perché se da un lato la ricerca senza teoria è muta (i dati non «parlano» da
soli), dall’altro la teoria senza ricerca (non trovando applicazioni e controllo nei dati), è
astratta.

Il concetto di sociologia
L'oggetto di studio della sociologia è: la società.
NEL LINGUAGGIO COMUNE: si parla infatti di “società letteraria”, “società sportiva” ma da
questo punto di vista è meglio utilizzare il termine “associazione”; in quanto si tratta di individui
che si uniscono volontariamente per raggiungere finalità comuni. Si parla, inoltre, anche di “società
aristocratica”, “debutto in società” per indicare ambiente e contesto sociale.
NELLA PRIMA SOCIOLOGIA: La sociologia nata nell’epoca dei moderni stati nazionali e in
quella dei grandi successi delle scienze naturali, ha per molto tempo considerato la ‘’società’’ come
un’entità collettiva, integrata da una cultura comune e delineata entro i confini di uno stato. Questa
impostazione è stata legata a una letteratura organicistica ottocentesca dove la società veniva
identificata come un organismo vivente. Nella visione funzionalista e marxista appariva, una
‘’totalità’’ indipendente dalla volontà degli individui che ne fanno parte.
La coincidenza tra società e Stato nazione è però messa in discussione, per la presenza di realtà
sociali organizzate (gruppi sociali minoritari) che non hanno una identità nazionale e confini geo-
politici, ma hanno una propria cultura all’interno di uno Stato nazionale che preesistevano alla sua
costruzione.
Bisogna quindi avere presente che in un’unica realtà statuale possono coesistere società
differenti.
Oggi le società moderne sono sempre più complesse, come appare in un titolo importante ‘’La
società degli individui’’ di Norbert Elias, considera la società non come una totalità, indipendente
dagli individui, ma come l’esito dell’interdipendenza tra gli individui e le relazioni sociali.
CAPITOLO 2: la nascita della sociologia
Quando nasce la sociologia
La sociologia si afferma come disciplina autonoma alla fine dell’Ottocento, quando acquisisce delle
caratteristiche metodologiche ed istituzionali che le consentono di assumere un ruolo autonomo
dalla filosofia.
La sociologia è
• da un lato il prodotto di una lunga elaborazione intellettuale che la collega al pensiero
illuminista e a pensatori come Hobbes, Montesquieu e Rousseau
• dall’altro è connessa al nuovo contesto storico e sociale che si delinea alla fine del XVIII
secolo e al profondo sentimento di rottura con il passato che questo genera e diffonde.
• I grandi successi delle scienze naturali, basate sul metodo sperimentale, avevano aperto
la strada anche allo studio dell’uomo e della società. La sociologia l’ultima a
svilupparsi, è anche quella più segnata dall’influenza delle due rivoluzioni: quella
francese e quella industriale.

PERIODO DI FONDAZIONE TRA OTTOCENTO E PRIMO NOVECENTO

La sociologia nasce in Europa nel XIX secolo per studiare i problemi sociali legati
all’industrializzazione e urbanizzazione. Tre rivoluzioni ne influenzano la genesi:
 la rivoluzione scientifica suggerisce la possibilità di studiare i fenomeni sociali con i metodi
delle scienze naturali;
 la rivoluzione industriale muta radicalmente le condizioni materiali di milioni di persone,
costituendosi come arena di indagine per economisti e altri ricercatori sociali;
 la rivoluzione francese scardina la credenza relativa all’immutabilità dell’ordine sociale. Si
apre così lo spazio per una disciplina che studi il mutamento sociale. L’abolizione dei
privilegi di stampo feudale e la ‘’dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino’’ votati
nel 1789, pongono le fondamenta del moderno Stato di diritto in cui non ci sono più sudditi
ma cittadini con uguali diritti;
Con ‘’prima rivoluzione industriale’’ si intende un periodo di grandi innovazioni tecnologiche
legate ai successi della ricerca scientifica che si combinano con la razionalizzazione della
produzione agricola e lo sviluppo della fabbrica meccanizzata. Cambiano, anche, i sistemi di
produzione che portano a nuovi meccanismi di funzionamento del mercato capitalistico e alla
formazione di due classi contrapposte:
 Operai
 Padroni
La rivoluzione industriale induce una trasformazione sociale, culturale e istituzionale inedita per
rapidità e profondità.
La concentrazione dell’attività produttiva nelle città ha portato a un processo di urbanizzazione, a
un cambiamento del rapporto tra città e campagna e alla nascita dei problemi sociali che questo
comporta nelle periferie: aumento della delinquenza e dell’alcolismo. Inoltre le pessime condizioni
di lavoro in cui sono sottoposti gli operai nelle fabbriche danno vita a movimenti di protesta,
scioperi, leghe di lavoratori (poi sindacati). Il conflitto sociale diventa permanente e assume forme
consapevoli e organizzate.
La sociologia, quindi, nasce dalle nuove esigenze conoscitive che questa situazione di cambiamento
porta, e dalla necessità pratica di porre rimedio ai problemi di convivenza sociale che queste
trasformazioni hanno generato.

Origini culturali della sociologia: l’Illuminismo


Movimento culturale che ha luogo nel corso del XVIII secolo
 Critica all’ordine feudale nel nome della ragione: nulla è legittimo se non ciò che è
motivato razionalmente
 L’autorità della tradizione e quella delle chiese, che pretendono di rappresentare i
voleri di Dio, vengono destituite di fondamento
 il mondo umano è un mondo storico, che muove in una direzione: il progresso
 L’idea che il mondo naturale sia osservabile e descrivibile razionalmente –
idea alla base della concezione moderna della scienza – è trasferita dal
campo degli oggetti fisici a quello degli oggetti sociali
 La società diviene una sorta di seconda natura, una natura “che si
dota delle proprie leggi”, come tali conoscibili e trasformabili
 un’idea specifica: il governo della nazione non è cosa propria
del sovrano o dei suoi nobili, ma è cosa pubblica, di tutti e di
nessuno in particolare; ognuno ha il diritto di muovere delle
critiche e di proporre le proprie idea
 La ragione è il principio di un dialogo e di una critica: libera
discussione della cosa pubblica e possibilità di proporre
argomenti non censurabili dal sovrano oppure sulla base di
principi divini o ancora rifacendosi alla tradizione
I precursori della “Sociologia”: il positivismo dell’Ottocento
I grandi precursori che hanno aperto la strada alla sociologia scientifica, cercando di dare alla
conoscenza dei fenomeni sociali uno statuto conforme a quello delle scienze, sono riconducibili a
due scuole di pensiero, molto diverse, ma con l’idea comune che la società sia necessaria non solo
per conoscere, ma anche per agire sull’organizzazione stessa, modificandola. Le due scuole sono:
 La scuola positivistica

il positivismo: è un indirizzo filosofico dominante


nell’Ottocento, orientato a trattare i problemi filosofici
attraverso ricerche empiriche e analisi dei fenomeni sulla
base dell’osservazione accurata utilizzando approcci e
metodi tipici delle scienze naturali, con fiducia nel
progresso. I due esponenti più importanti di questa
corrente (per la sociologia) sono Comte e Spencer.
Questo movimento è fortemente scientista, laico e
orientato al progresso. È erede dell'Illuminismo.
 Pensiero marxista: che intende elaborare una vera e propria scienza della società. Il
marxismo sviluppa un approccio decisamente critico della società borghese-capitalistica e
dove i positivisti parlavano di evoluzione e progresso, Marx parla di conflitto e
contraddizione.

Comte (1798-1857): nel 1839 ideò la parola sociologia, presente


nel suo Corso di filosofia positiva.
La sociologia è la scienza della società capace di svelare le leggi universali che governano il
mondo sociale.
Comte sostiene che si possa giungere a una riorganizzazione della società su basi
scientifiche, anche se questo presuppone l’esistenza di una scienza della società. E’stato il
primo a definirla con il termine ‘’sociologia’’. Egli ritiene che essa debba spiegare le leggi
del mondo sociale come la fisica spiega quelle del mondo naturale, e le assegna una
posizione privilegiata.
Così come esistono leggi naturali che permettono di controllare e prevedere gli eventi del mondo
fisico, esistono anche leggi invariabili che spiegano il mondo sociale.
Questa concezione genera la “legge dei tre stadi”:
1. teologico: la società è espressione della volontà di Dio. Tipico dell'epoca
medioevale;
2. metafisico: la società è spiegata da principi astratti. Periodo che va dal
Rinascimento all'Illuminismo;
3. positivo: la società è indagata con il metodo scientifico. Iniziato con la
rivoluzione industriale che comprende e completa i primi due;

SPENCER (1820-1903): ritiene che la società sia un organismo formato da parti interdipendenti
tendenti all’equilibrio. Questo è un processo dinamico che si sviluppa secondo uno schema
evolutivo.
Influenzato dalla teoria evoluzionistica di Darwin, Spencer estende l’idea dell’evoluzione alle
società umane. Esse si evolvono, sotto la spinta della competizione che seleziona gli organismi con
maggiore capacità di adattamento all’ambiente e alle sue trasformazioni. La società industriale,
caratterizzata da maggiori libertà concesse all’individuo e alla libera concorrenza, è ritenuta lo
stadio più elevato dell’evoluzione e succede alla società tradizionale caratterizzata da un potere
centralizzato di tipo autoritario.

Karl Marx (1818-1883): due sono gli aspetti della sua filosofia che hanno influenzato la nascita
della sociologia: l’analisi del capitalismo e la sua teoria del mutamento sociale:
 IL CAPITALISMO  Marx riconosce nei suoi elementi costitutivi la presenza di due classi
contrapposte: capitalisti borghesi (proprietari dei mezzi di produzione) e il proletariato
(classe operaia che possiede la forza lavoro). Il rapporto tra queste classi è fondato sullo
sfruttamento, i capitalisti si arricchiscono appropriandosi della parte che supera il salario
necessario per la sopravvivenza del proletariato e da qui ne consegue un conflitto di classe.
Il profitto deriva da una appropriazione indebita di plusvalore-pluslavoro. Il capitalismo è un
modo di produzione molto diverso dai precedenti ed è formato da due elementi:
1. il capitale: mezzi di produzione usati per produrre merci;
2. il lavoro salariato: l’insieme dei lavoratori che, privi dei mezzi di
produzione, vendono la propria forza lavoro in cambio di un salario.
LA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA  secondo Marx sono i fattori
economici e non le idee le cause del mutamento sociale.
In particolare Marx ritiene che sia il conflitto di classe, basato su fattori economici, il motore del
cambiamento. La struttura di una società è data:
 I rapporti di produzione, ossia i rapporti generati dalla divisione del lavoro e dalla divisione
della proprietà
 Le forze produttive, ossia i mezzi di produzione e le
tecniche utilizzate per la produzione
La struttura determina le forme di tutto il resto, la sovrastruttura (le istituzioni giuridiche, le
istituzioni politiche, ecc).
Differenza della Sociologia da altre discipline:
 Si differenza dall’economia rispetto al paradigma dell”homo economicus”, piu attenzione al
contesto, alle istituzioni, al ruolo della cultura, a spinte di agire non solo strumentali;
 Non solo razionalità secondo l’interesse individuale, razionalità secondo i fini;
 Non informazione perfetta

 Si differenza dalla storia per GLI STORICI sono consapevoli della complessità della
realtà e della unicità di ogni avvenimento e vicenda, puntando il piu possibile al
concreto, ricostruendo concatenazioni di fatti ed eventi con una intenzione
individualizzante;
 ANCHE I SOCIOLOGI sono consapevoli della complessità del reale ma in modo
esplicito semplificano, con l’obiettivo di costruire modelli astratti, di trovare
regolarità e provare a darne conto, di individuare tipologie- (orientamenti
generalizzati)
CAPITOLO 3: i due grandi paradigmi della sociologia classica
Paradigmi in sociologia

La nozione di “paradigma”, formulata dalla prima volta da Kuhn ne La struttura della rivoluzione
scientifica a (1962), è l’insieme di teorie e metodi che caratterizzano una tradizione di ricerca
all’interno della quale esiste un consenso di tutti i membri di una comunità scientifica. In
quest'opera, Kuhn, sostiene che il progresso scientifico non sia un cumulo di conoscenze teso a
scoprire la verità, ma un'alternanza tra una scienza normale e "rivoluzioni scientifiche", date da un
cambiamento di paradigma. Il criterio con cui un paradigma risulta vincitore sugli altri consiste
nella sua forza persuasiva e nel grado di consenso all'interno della comunità scientifica. Nelle
scienze naturali i paradigmi si susseguono in successione temporale: quando una teoria non è più
riconosciuta come valida, viene sostituita con un’altra. In sociologia si ha la presenza di più
paradigmi contemporaneamente, ma il termine ‘’paradigma’’ resta utile per indicare un progetto di
ricerca argomentato, metodologicamente consapevole, di analisi del sociale. Agli inizi del
Novecento la sociologia sarà istituzionalizzata, ma non diventerà mai una disciplina unitaria in
quanto sarà caratterizzata da una pluralità di prospettive, teorie e approcci metodologici. Nel
periodo classico, sono due i paradigmi che si confrontano e ancora oggi si riproducono in versioni
aggiornate. Questi due paradigmi, chiamati anche “programmi di ricerca", si trovano in due “scuole
sociologiche” diverse:

o scuola francese di sociologia, la cui rivista ufficiale è ‘’l’Annèe Sociologique’’, l'esponente


più importante è Durkheim;
o scuola tedesca di sociologia con Weber

Èmile Durkheim (1858-1917)

Durkheim è considerato uno dei padri fondatori della sociologia. Lo studioso ha elaborato quello
che viene definito ‘’il paradigma oggettivista’’, secondo il quale i fenomeni sociali hanno
un’esistenza propria, indipendente da come gli individui li vivono e dal senso che
attribuiscono loro. Ne “Le regole del metodo sociologico’’ Durkheim, definisce la sua immagine
di scienza, che è più razionalista che positivista, opponendosi quindi a Comte e Spencer. Sempre in
quest’opera definisce 4 principi fondamentali:

1. I fatti sociali sono cose: non sono riconducibili alle idee e ai sentimenti degli esseri umani,
ma sono esterni agli individui;
2. La società viene prima degli individui: è una realtà sui generis, un tutto superiore alla
somma degli individui che lo compongono. Per questo nella spiegazione di un fatto sociale,
non si può partire dal comportamento degli individui, ma solo da altri fatti sociali;
3. Le ‘’leggi della causalità’’: spiegazioni che connettono gli effetti sociali osservabili a cause
di natura sociale;
4. La sociologia opera mediante la comparazione: non si basa sulla concomitanza delle
variazioni dei fenomeni studiati, ma compara le modalità con cui un fenomeno sociale si
verifica in diversi paesi, contesti sociali e periodi;

Il problema di fondo di Durkheim e sapere a cosa sono dovuti l'ordine e la coesione sociale. La
risposta è che la morale è un sentimento che unisce i membri di una società, realizzando una
solidarietà tra gli stessi. Nell’opera La divisione del lavoro sociale (1893) egli considera la società
come dotata di un certo, pur mutevole e imperfetto grado di solidarietà, di integrazione, di
“consensus”. Sempre in quest'opera vi sono due tipi di società:

 Società semplici: la solidarietà meccanica in cui la divisione del lavoro è scarsa. Gli
individui che vivono in essa svolgono funzioni lavorative scarsamente differenziate ed essi
hanno poche possibilità di sviluppare personalità autonome. In essa vi è poco individualismo
e la coscienza collettiva prevale su quella individuale. Durkheim definisce tale solidarietà
“meccanica” proprio per mettere in evidenza che le parti di essa sono fondamentalmente
simili le una alle altre nella loro realtà e nelle loro funzioni. Man mano che la popolazione
cresce comporta anche maggiori possibilità di interazione e proprio questo comporta a sua
volta il superamento della società fondata sulla somiglianza delle funzioni e la necessità
della divisione del lavoro;
 Società complesse: solidarietà organica, un legame che unisce individui che presentano
grandi differenze gli uni con gli altri, ma che tuttavia sono strettamente interdipendenti, in
quanto è la cooperazione che mantiene l’insieme sociale. Nella solidarietà organica, senza
dubbio c’è la possibilità di sviluppare la personalità individuale, di differenziarsi.
Per Durkheim la “morale” è un insieme di norme che vincolano i membri di una società. I vincoli
agiscono dall’esterno e all’interno e infrangere una norma provoca delle sanzioni. La solidarietà che
tiene insieme i membri di una società si basa sull’appartenenza a una morale comune. Le norme
morali si impongono all’interno di una società istituzionalizzandosi nelle forme di un insieme di
credenze religiose. Quindi, nelle società complesse la coesione sociale va mantenuta appositamente
attraverso meccanismi che vincolano tutti alla cooperazione e sempre nelle società complesse, più
elevato il rischio di anomia, ossia è più probabile l’assenza di norme morali condivise che porta
al suicidio anomico.

La sua polemica contro le spiegazioni psicologiche dei fatti sociali raggiunge il culmine nello
studio sul suicidio nel 1897. Nella sua opera “Il suicidio” (1897)

 Osserva le statistiche di diversi paesi europei e riscontra una correlazione positiva tra la
confessione protestante e l'elevato tasso di suicidio. Analizza i le statistiche di diversi paesi
europei. Si accorge che il tasso di suicidi è più elevato tra le persone non sposate e senza
figli, tra i protestanti più che tra i cattolici, in periodi di pace più che in periodi di guerra;
 Ipotesi: Durkheim ritiene che l’appartenenza a una comunità o a un gruppo sociale, sia una
prevenzione rispetto al suicidio. L’individuo solo è più propenso all’autodistruzione. La
religione protestante fornisce ai suoi membri un grado di integrazione sociale minore di
quella fornita da altre confessioni;
 Legge: ‘’Il suicidio varia in ragione inversa al grado di integrazione dei gruppi sociali di cui
fa parte l’individuo’’;
Secondo Durkheim i tassi di suicidio sono più alti nelle società protestanti, perché il singolo
protestante è solo e libero davanti al testo sacro. Quindi il fedele è meno vincolato alla tradizione
e il peso di riconoscere la volontà divina è a carico dei fedeli. Il tipo di suicidio che appare
collegato al protestantesimo è detto egoistico, ha a che fare cioè con un forte sviluppo dell’ego.
Durkheim con il metodo delle variazioni concomitanti va ad analizzare i dati statistici in suo
possesso per individuare le cause sociali che determinano il suicidio. Queste due cause sociali sono:
 L'integrazione sociale  suicidio egoistico (carenza di integrazione sociale)
 suicidio altruistico (eccesso di integrazione sociale)
 La regolazione sociale  suicidio anomico (carenza di regolazione sociale)
 suicidio fatalistico (eccesso di regolazione sociale)
Max Weber (1864-1920)
Anche Weber è considerato uno dei padri fondatori della sociologia e affronta il problema dei
fondamenti in una prospettiva molto diversa rispetto a Durkheim. Il paradigma introdotto da Weber
è quello del ‘’soggettivismo sociologico’’. Egli ritiene che i fenomeni sociali vadano compresi e
spiegati a partire dal significato che le azioni rivestono per l’individuo che le compie. È
l’individuo l’unica sede dell’azione e della decisione. Per enfatizzare l’aspetto metodologico di
questo paradigma ha utilizzato il termine “individualismo”, dato che ritiene che ogni fenomeno
sociale sia il risultato di credenze, azioni e decisioni individuali. Alcuni studiosi riferendosi alle
teorie di Weber, parlano anche di paradigma dell’azione per indicare una prospettiva che non parte
dall’analisi del tutto. La tradizione intellettuale tedesca è invece dualistica: oppone le scienze
dello spirito, alle scienze naturali. Mentre le scienze naturali hanno un metodo ositivista, che riporta
l’analisi dei fatti al modello di spiegazione generalizzante, le scienze storiche e sociali, sono più
interpretative che non esplicative. In questo contesto nasce la sociologia comprendente elaborata
da Weber, che propone di comprendere dall’interno l’agire sociale mediante un procedimento
interpretativo, basato sullo studio del senso soggettivo che gli attori attribuiscono alle loro azioni.
Secondo Weber, le scienze sociali non devono rinunciare agli strumenti della generalizzazione
empirica e della spiegazione dei nessi causali sotto forma di leggi. Per Weber l’influenza di idee e
valori sul mutamento sociale è pari a quella delle condizioni economiche. Del metodo
comprendente Weber ne parla in molte opere, in cui troviamo esposti 4 principi cardine:
1. Il ruolo dell’interesse conoscitivo del ricercatore: ciò che caratterizza un fenomeno sociale è
lo specifico significato culturale che il ricercatore gli attribuisce in base al proprio interesse
conoscitivo;
2. Molteplicità delle cause e selezione del fattore rilevante: conoscere la realtà sociale significa
spiegarla in termini causali, riferendo effetti concreti e cause concrete;
3. Il tipo ideale: l’insieme di questi fattori costituisce un modello concettuale ipotetico che
Weber chiama ‘’il tipo ideale’’, il quale consente la comprensione del fenomeno nella sua
individualità e particolarità;
4. La nozione di ‘’oggettività’’: la nozione di oggettività della conoscenza sociologica si fonda
sulla correttezza logicometodologica del procedimento esplicativo.

La comprensione distingue le scienze umane e sociali dalle scienze naturali, questa distinzione si
ha nello stoicismo tedesco e nel dibattito sul metodo che si è sviluppato in quegli anni. Tutte le
scienze sociali sono comprendenti, cioè hanno come oggetto l’agire come comportamento dotato
di senso. Vi sono però delle differenze:
 La storia si occupa della singolarità degli eventi;
 La sociologia, è orientata alla generalità, studia le azioni sociali cercando quello che esse
hanno di tipico;

La sociologia è orientata a comprendere ma anche a spiegare:


 Spiegare casualmente significa rintracciare un fenomeno che sia precedente al tempo che si
intende spiegare e che rappresenti un antecedente logico;
 una spiegazione causale del tutto esaustiva è impossibile;
 Ogni fenomeno sociale è prodotto da una molteplicità di fattori tra loro combinati.
L’individuazione di una catena causale è sempre e comunque una scelta da parte dello
scienziato sociale, il quale, sulla base della propria esperienza, decide di privilegiare certi
legami e non altri;
Per Weber il tipo ideale è una costruzione astratta "conseguita mediante l'accentuazione
concettuale di determinati elementi della realtà". È uno stereotipo scientifico che rappresenta un
complesso intrecciarsi di concause e di fattori, in una situazione storica e sociale nella quale non è
facile isolare un fattore causale da un altro. Tre specie di tipo ideale nel pensiero di Weber:
 il “capitalismo occidentale moderno”
 la “burocrazia” o i diversi tipi di potere
 i tipi di “azione sociale”
Nell'opera “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo" (1904-1905), Weber si chiede quali
siano le cause dello sviluppo del capitalismo in occidente e attribuisce a questo sviluppo allo spirito
del capitalismo, cioè all'esistenza d'imprese che hanno come scopo il massimo profitto da
raggiungere attraverso l'organizzazione razionale del lavoro. Questo comportamento secondo
Weber aveva basi religiose. L’etica protestante spinge l’individuo a impegnarsi per il successo
delle proprie iniziative economiche, segno di predestinazione divina. Il protestantesimo, più di altre
confessioni, pone l’accento sull’individuo come interprete diretto della parola di Dio e rispetto al
cattolicesimo, pone un’enfasi particolare sulla vita mondana. Lo spirito del capitalismo è quel
complesso di orientamenti normativi che sono alla base della società occidentale moderna. Un atto
economico capitalistico è un atto che si basa sull’aspettativa di guadagno derivante dallo sfruttare,
in maniera formalmente pacifica, le congiunture dello scambio. Centralità della dimensione
formale e razionale del processo di accumulazione, ma serve un altro elemento ed è
l’organizzazione razionale del lavoro formalmente libero.
CAPITOLO 4: i programmi della sociologia contemporanea
Tendenze della sociologia contemporanea
Nel paradigma oggettivista si muovono le prospettive del funzionalismo e dello strutturalismo,
mentre nel paradigma soggettivista si muovono le prospettive dell’azione e dell’interazione sociale.
L’antagonismo tra i due paradigmi viene ricondotto a:
 Microsociologia: rientrano le prospettive di studio che hanno per oggetto privilegiato le
interazioni quotidiane tra gli individui e il senso che vi annettono questi ultimi. (Azione e
interazione);
 Macrosociologia: rientrano quelle prospettive, istituzioni e organizzazioni,
indipendentemente dal significato loro attribuito dagli individui che le compongono.
(Funzionalismo e strutturalismo)
Vi sono alcuni temi “forti” che attraversano la storia della disciplina e restano tuttora al centro della
riflessione sociologica e che si sono consolidati in veri e propri paradigmi. Sono:
1 A Paradigma dell’ordine: si domanda come tenere insieme la società e l’ordine sociale. Per
Hobbes Gli uomini si sottopongono all’autorità coercitiva dello stato, riuscendo a controllare la
loro natura egoistica e violenta, che porterebbe alla disgregazione sociale; per Smith Il mercato è
l’elemento connettivo che tiene insieme gli individui e i gruppi, nel perseguimento dei loro diversi
interessi egoistici (“mano invisibile”); per Spencer e ComteLa società è un organismo le cui parti
sono connesse tra loro da una rete di relazioni di interdipendenza. L’equilibrio che si genera tra le
parti è dinamico; per Durkheim occorre individuare la profonda connessione tra forme di
divisione del lavoro e forme di solidarietà. Società pre-moderne = divisione del lavoro scarsa =
solidarietà meccanica. Società moderna = divisione del lavoro avanzata = solidarietà organica; per
Tonnies La comunità è organica fondata su rapporti di intimità, riconoscenza, condivisione e in
cui gli individui si sentono uniti gli uni agli altri. La società è meccanica fondata sul rapporto di
scambio e l’interesse personale che mettono in relazione non gli individui nella loro totalità, ma
soltanto le loro prestazioni;
2 A Paradigma del conflitto: per MarxIn ogni società i rapporti sociali fondamentali sono quelli
che si instaurano nella sfera della produzione e distribuzione dei beni e servizi che servono alla
società stessa per funzionare e riprodursi. In ogni società esistono due fondamentali classi
contrapposte, i cui rapporti determinano la struttura di classe e sono conflittuali; per WeberIl
conflitto non si riduce alla lotta di classe. Le classi non sono l’unica struttura, intorno alla quale si
organizzano gli interessi in conflitto. Il conflitto non è una condizione patologica della società, ma
la sua condizione normale che può generare sia ordine sia mutamento.
1 B Paradigma della struttura ha quattro caratteristiche: 1)la visione olistica accomuna lo
strutturalismo con il funzionalismo. Le strutture sociali possono essere studiate e comprese solo
facendo riferimento all’interazione fra le parti che lo compongono; 2)lo strutturalismo privilegia le
strutture sociali stabili rispetto al flusso delle azioni e degli eventi perché solo le prime
costituiscono i fattori cruciali per attribuire un significato ai fenomeni osservabili; 3)le strutture di
cui parla lo strutturalismo sono strutture latenti che si riferiscono a strati di realtà profondi, che
sottostanno a fenomeni immediatamente disponibili all’osservazione sensoriale; 4)tali strutture
determinano le azioni e i pensieri degli esseri umani. (Durkheim e Weber);
2 B Paradigma dell'azione i principi sono: i fenomeni macroscopici devono essere ricondotti
alle loro cause microscopiche (le azioni individuali); per spiegare le azioni individuali è necessario
tener conto dei motivi degli attori;
1 C MacrosociologiaI ricercatori che si occupano di macrosociologia si concentrano sulle
strutture che sorreggono le società. Ritengono che l’ordine sociale sia spiegabile in termini di
rapporti tra tali strutture e a partire dai cambiamenti che in tali strutture intervengono.
2 C Microsociologia I ricercatori che si occupano di microsociologia si concentrano sulle
interazioni quotidiane tra individui. Ritengono che l’ordine sociale sia spiegabile a partire dal
significato che gli attori attribuiscono a tali interazioni.

Il funzionalismo
Il funzionalismo nasce con Spencer e il suo quadro concettuale viene rifinito da Durkheim. Nel
Novecento i principali esponenti della scuola sono Parsons e Merton.
La società è vista dai funzionalisti come un organismo vivente, composto di parti, ciascuna delle
quali svolge una funzione specifica. Se una parte smette di funzionare, il corpo sociale subisce dei
problemi o smette di funzionare. Per spiegare un fatto sociale è necessario mostrare la funzione che
esso gioca all’interno della società. È una prospettiva che si basa sul modello organicista classico.
Possiede tre regole:
1. il tutto va distinto dalle sue parti;
2. le parti del tutto sono indispensabili al suo funzionamento,nessuna esclusa, e tra loro
interrelate;
3. il tutto è irriducibile alla somma delle parti
La prospettiva più rilevante è di Malinowski che intende l’utilità che un dato fenomeno riveste per
l’ordine e la persistenza della società in cui è inserito. Elabora una teoria basata sull’idea di bisogno
e di soddisfazione dei bisogni. Vi sono dei bisogni primari legati alla sopravvivenza e bisogni
secondari relativi alla vita associata. Le istituzioni
sorgono in risposta a questi bisogni. Il funzionalismo diventa la prospettiva teorica dominante nella
sociologia americana nel dopoguerra grazie a: Merton che cerca di renderlo più compatibile con
l’analisi empirica delle società complesse e introduce l’analisi funzionale nella sociologia: ogni
funzione può essere svolta da più elementi, la gamma degli elementi che possono svolgere la stessa
funzione è limitata e bisogna distinguere gli scopi intenzionalmente perseguiti e le funzioni latenti
non riconosciute. Parsons mantiene due concetti, quello di struttura e quello di funzione. Parsons è
dell'idea che ogni sistema debba assolvere quattro funzioni per l’esistenza e la persistenza nel tempo
del sistema:
1. Adaptation: consiste nell’attingere dall’ambiente esterno le risorse di cui il sistema ha
bisogno (istituzioni economiche);
2. Goals Attainment: consiste nel definire e conseguire gli scopi necessari al funzionamento del
sistema attraverso la scelta di mezzi efficaci (istituzioni politiche);
3. Integration: riguarda il controllo e il coordinamento delle parti, ossia l’ordine sociale
(istituzioni socio giuridiche);
4. Latency: serve a stabilire e a diffondere le motivazioni dell’azione (istituzioni della
socializzazione);

Lo strutturalismo
Nasce con Ferdinand de Saussure (linguistica moderna), secondo il quale la lingua è un insieme
strutturato di segni, il cui uso è un’esperienza sociale condivisa. È però con Claude Levi-Strauss
(antropologia culturale) che lo strutturalismo influenza la sociologia. Lui ha affermato che la
struttura non è un qualcosa di direttamente osservabile e di cui gli individui abbiano coscienza ma è
un modello teorico che il ricercatore elabora al fine di spiegare il funzionamento del fenomeno che
sta analizzando. Abbiamo diverse versioni dello strutturalismo:
o Le strutture epistemiche: Michel Foucault  nelle sue opere emerge che la storia non è in
prima istanza il risultato delle azioni coscienti degli uomini. L’oggetto di studio non è
rappresentato da ciò che gli uomini hanno detto o fatto ma dalle strutture epistemiche;
o Il marxismo strutturalista: Luis Althusser  ha affermato che i veri protagonisti della
storia non sono i soggetti ma i rapporti di produzione;
o Lo strutturalismo genetico: Pierre Bourdieu  propone di superare la contrapposizione tra
soggettivismo e oggettivismo, integrando l'ottica strutturalista con quella fenomenologica.

La prospettiva dell’azione e dell'interazione sociale


La prospettiva dell’azione sociale si è sviluppata nei primi decenni del XX secolo e si sono sviluppate tre
scuole di pensiero:

1. L’interazionismo simbolico: si concentra sull’analisi delle interazioni dirette nei contesti


della vita quotidiana e ne sottolinea il ruolo nella creazione della società e delle sue
istituzioni. Proposto da Mead, viene ripreso da Blumer secondo il quale i principi
fondamentali si fondano su tre premesse: gli esseri umani agiscono nei confronti delle cose
sulla base dei significati che tali cose hanno per loro, il significato di tali cose è derivato
dall’interazione sociale che il singolo ha con i suoi simili o sorge da essa, questi significati
sono elaborati e trasformati in un processo interpretativo messo in atto da una persona
nell’affrontare le cose in cui si imbatte;
2. La sociologia fenomenologica: elaborata da Schütz, sostiene che la realtà sociale non è
concepita come esterna, fissa e oggettiva, ma come un prodotto dell’attività umana. Tutto
questo è chiamato da Schutz il “mondo della vita”;
3. L’Etnometodologia: principale esponente è Garfinkel. Il termine indica lo studio dei
“metodi” e delle pratiche impiegati dai membri comuni della società per dare significato alla
vita quotidiana. Un altro autore è Goffman. Ha elaborato il modello drammaturgico della
vita sociale affermando che come nel teatro, la vita quotidiana è una rappresentazione, in cui
gli attori interpretano svariati ruoli e personaggi;
La sociologia critica
si intende una prospettiva che al centro dei compiti della disciplina mette quello di contribuire al
miglioramento della società. Si possono distinguere due correnti:
 La sociologia critica nordamericana: Mills denuncia la condizione della nuova classe media
americana in ascesa che risulta “alienata”. Egli esprime anche il suo disaccordo con i limiti
metodologici e ideologici della sociologia contemporanea a cui contrappone il ruolo
dell’immaginazione sociologica;
 La scuola di Francoforte: Horkheimer, Adorno elaborano una “teoria critica della società”
che rivolge una severa critica all’«Industria culturale», dominata dalla comunicazione di
massa che manipola e svuota lo stesso concetto di cultura, riducendola a nient’altro che una
merce tra le altre.

La dicotomia quantità-qualità
Due metodi di ricerca:
 Ricerca quantitativa (paradigma oggettivista): tutte quelle ricerche che fanno ampio uso
della statistica e ha le seguenti caratteristiche: i concetti devono essere traducibili in
operazioni di ricerca, è necessario usare uno strumento di rilevazione uniforme con
l’obiettivo di arrivare a una matrice dati, Il ricercatore deve mantenere un distacco
dall’oggetto della ricerca, l'analisi delle variabili deve essere condotta attraverso l’impiego
di tecniche statistiche e matematiche;
 Ricerca qualitativa (paradigma soggettivista): le varie forme di ricerca sul campo,
dall’indagine etnografica alle analisi di comunità, fino allo studio dei piccoli gruppi. La
ricerca qualitativa ha le seguenti caratteristiche: i concetti devono essere aperti, orientativi,
lo strumento di rilevazione deve variare a seconda dell’interesse di ricerca in gioco, il
ricercatore tende a essere soggettivamente immerso nell’oggetto di studio, l’analisi dei dati è
personale, va in profondità basandosi sull’interpretazione del senso soggettivo e
intersoggettivo della realtà osservata;

PARTE SECONDA

CAPITOLO 1: l'interazione sociale


Azione sociale e interazione sociale
Per Weber l’azione sociale è un atteggiamento orientato intenzionalmente ad altri individui. Per
Weber abbiamo quattro tipi di agire sociale:
a) agire razionale rispetto allo scopo: il soggetto agisce scegliendo i mezzi per raggiungere lo
scopo e valuta tutte le conseguenze;
b) agire razionale rispetto al valore: il soggetto agisce intenzionalmente in base alle proprie
credenze, convinzioni e valori ed è consapevole. Deriva da una valutazione di congruenza
rispetto al valore che si intende affermare;
c) agire affettivo: Chi agisce lo fa sulla base di abitudini acquisite e tramandate dalla
tradizione. Non si tratta di un’azione razionale (routine quotidiana);
d) agire tradizionale: agisce lo fa sulla base di impulsi, emozioni, sentimenti. Non è un’azione
razionale;
La razionalizzazione indica l’allontanamento della società moderna dalle credenze radicate nella
superstizione, nella religione, nelle usanze, nelle abitudini tradizionali, cui subentra il calcolo
strumentale razionale. Gli effetti imprevisti dell'azione non sono intenzionali, a volte anche
indesiderati, da parte degli attori sociali. Buodon li chiama anche effetti perversi. L’interazione,
relazione sociale, è un processo di orientamento reciproco all’azione, in base al quale due o più
attori sociali reagiscono alle azioni degli altri. L’interazione riguarda un campo molto ampio di
fenomeni empirici come ad esempio i fenomeni cooperativi. La reciprocità indica che ogni attore
presuppone che l’altro si orienti verso di lui in base a un’aspettativa nei suoi confronti. Abbiamo
diversi tipi di interazione sociale:
 accidentale: cioè non prevista e difficilmente ripetuta;
 ripetuta: vale a dire non prevista, ma che si dà periodicamente;
 regolare: cioè non prevista ma molto frequente;
 regolata: prevista e regolata da norme;

Il concetto di status
Lo status si riferisce alla posizione sociale che una persona
riveste all’interno di un gruppo sociale e al grado di potere, ricchezza e prestigio associato a tale
posizione. Ogni persona occupa numerose posizioni nella società: può, ad esempio, essere una
donna, un’insegnante, una moglie, una madre. Alcuni status derivano dalla nascita e si parla di
status ascritti. Gli status acquisiti sono invece quelli che derivano da una prestazione. Lo status ha
acquisito caratteristiche diverse nelle società tradizionali:
o Società tradizionali: le posizioni di status sono ascritte e si inseriscono in un rigido
ordinamento gerarchico;
o Società occidentale preindustriale: nell’Europa feudale sono esistiti sistemi gerarchizzati
basati sui ceti, a cui si apparteneva per nascita;
o Società industriali moderne: lo status di un individuo è definito non dalla nascita, ma dalle
acquisizioni ottenute in base alle proprie capacità;

Il concetto di ruolo
Il ruolo è il comportamento atteso di un attore in quanto occupa una certa posizione sociale, un
certo status. A ogni ruolo sono associati tutti i comportamenti collegati ai suoi diritti e doveri. Ogni
ruolo sono associate specifiche aspettative che sono di due tipi: formali quelle collegate a codici
formalizzati, sono informali quelle collegate ad aspetti più soft. Il rispetto (o mancato rispetto) per
le aspettative porta all’erogazione di ricompense, dette sanzioni. Le punizioni si dicono sanzioni
negative, le ricompense si dicono sanzioni positive. Attraverso le sanzioni, il gruppo sociale
rafforza le regole che lo definisco. Due diverse scuole si sono occupate dell’analisi di ruolo:
1) Scuola strutturalista-funzionalista: incline a vedere nei ruoli la realizzazione conforme alle
aspettative e ai bisogni della società;
2) Scuola dell’interazionismo simbolico: accentua l’aspetto interpretativo e negoziale dei ruoli,
sottolineando che questi non implicano un modello passivo di comportamento;
Dalle variabili strutturali di Parsons è ricavabile un’efficace tipologia dei ruoli sociali:
a) Ruoli universalisti/particolaristi: ruoli che richiedono di trattare le persone secondo regole
universali;
b) Ruoli diffusi/specifici: alcuni ruoli sono più circoscritti di altri;
c) Ruoli affettivi/affettivamente neutri: alcune relazioni si basano sull’affetto, altre no;
d) Ruoli ascritti/acquisiti: alcuni ruoli dipendono da status ascritti, altri da status acquisiti;
e) Ruoli orientati all’io/alla collettività: motivazioni diverse sono alla base di ruoli diversi;

Viene definito complesso di ruoli (role-set) l’insieme dei ruoli associato a un determinato status. La
moltiplicazione dei ruoli ha come importante conseguenza che crescono anche le possibilità che
l’individuo si trovi esposto a conflitti di ruoli. Si parla di conflitti di ruolo quando un soggetto è
investito da aspettative relative a due o più ruoli non coincidenti o parzialmente incompatibili
Goffman introduce poi la nozione di ruoli incongruenti che si possono distinguere in tre ruoli: gli
attori, il pubblico e gli estranei. I ruoli incongruenti sono ‘’quelli che introducono una persona in
un’istituzione sociale sotto false apparenze’’.

I gruppi
Un gruppo è costituito da un insieme di individui che interagiscono secondo determinati modelli,
che provano sentimenti di appartenenza alla collettività da loro costituita, e che si riconoscono
reciprocamente come suoi membri. I gruppi possono essere primari o secondari. Un gruppo
primario è costituito da un piccolo numero di persone che interagiscono direttamente tra di loro,
mentre un gruppo secondario è costituito da persone che non hanno tra loro legami emotivi
importanti, in cui quel che conta è l’obiettivo specifico da raggiungere. Le funzioni riconosciute ai
gruppi sono due:
 Funzione strumentale: consiste nello svolgimento di compiti specifici che un individuo da
solo non potrebbe realizzare;
 Funzione espressiva: è l’ottenimento del piacere, della gratificazione, del riconoscimento,
che il fatto stesso di partecipare al gruppo comporta;
L'influenza sociale è la pressione che il gruppo esercita sui singoli alterandone percezioni,
opinioni, atteggiamenti e comportamenti. L'influenza sociale si produce attraverso
meccanismi molto differenti a seconda della posizione di dominanza o subalternità del
gruppo che la promuove. La pressione del conformismo osservata da Asch. I suoi studi
vertono sulla percezione visiva e giungono alla conclusione che il gruppo ha degli effetti
rilevanti sui cambiamenti di opinione e di atteggiamento degli individui. Le ricerche sulle
dinamiche di gruppo hanno consentito di formulare alcune idee sulla formazione e
distribuzione dei ruoli di leadership. Bales e Slater mostrano come emergono sempre due
tipi di leader, con ruoli specialistici, strumentale o espressivo che non coincidono mai, che
tendono ad interagire tra loro più che con il gruppo e che non sono in competizione ma in
coalizione.

 Il leader strumentale svolge il ruolo di risolutore e orienta il gruppo verso obiettivi


specifici,
 il leader espressivo che è la persona più popolare del gruppo si dedica agli
aspetti emotivi che nascono all’interno;

I gruppi di riferimento sono gruppi in cui il soggetto vorrebbe far parte, in quanto incarnano i suoi
ideali di vita e, spesso nella speranza di divenirne membro in futuro, nessuno alcuni criteri di
comportamento.

CAPITOLO 2: le istituzioni

Il concetto di istituzione

Un’istituzione nel linguaggio comune si riferisce a determinati apparati che svolgono funzioni e
compiti di interesse pubblico. Il concetto sociologico di istituzione è: istituzioni come un insieme di
regole di comportamento caratterizzato da stabilità e sistematicità di una data comunità sociale.
Molti sociologi, tra cui Berger e Luckman, ritengono che il linguaggio sia l’istituzione sociale più
importante. Rappresenta la principale forma di oggettivazione dell’espressività umana e il modello
regolatore in ogni condotta individuale. Secondo Mead sulla comunicazione simbolica attraverso il
linguaggio si fonda l’interazione sociale e la capacità da parte dell’individuo di formarsi la propria
identità. I sociologi della scuola durkheimiana hanno enfatizzato il carattere costrittivo cioè il fatto
che
per regolarle si devono stabilire delle sanzioni che assicurano la conformità del comportamento
degli individui alle norme.

Il processo di istituzionalizzazione
è il processo attraverso il quale determinati valori, pratiche ed orientamenti si strutturano come
costruzioni di senso solide e generalmente accettate. Esistono diversi modelli di comportamento
dotati di regolarità, persistenza ordinati in base a norme e regole sociali. Il controllo sociale
comprende una serie di meccanismi utili alla regolamentazione del comportamento sociale:
o Pratiche di socializzazione
o Sanzioni positive e negative
o Condizionamento delle opinioni
Un continuum da massimo controllo sociale: si ha nelle istituzioni descritte da Goffman; a un
minimo: sono regolamentazione informali del comportamento che operano attraverso meccanismi
scarsamente costrittivi. Con processo si vuole sottolineare che le istituzioni hanno una loro
dinamica. Quando fenomeni poco strutturati diventano istituzioni formalizzate o istituzioni con alto
livello di strutturazione. De-Istutuzionalizzazione: quando le istituzioni vedono diminuire il loro
grado di istituzionalizzazione fino allo scioglimento.

Genesi, persistenza e mutamento delle istituzioni


Gli esseri umani, necessitano di una costante cura da parte di altre persone. La natura non gli ha
forniti di un patrimonio genetico, che gli predisponga modelli automatici di comportamento. I
bisogni sociali sono:
 Bisogno di produrre beni e servizi necessari alla sopravvivenza materiale;
 Bisogno di protezione dai pericoli della natura;
 Bisogno di riproduzione naturale dei membri della collettività;
 Bisogno di trasmissione alle generazioni successive delle strategie;
 Bisogno di controllare, applicare le norme e regolare i conflitti;
Differenziazione del lavoro sociale. I sociologi hanno molto insistito sul fatto che la formazione e lo
sviluppo delle istituzioni dipenda dalla tendenza di una maggiore complessità e divisione del lavoro.
Spencer configura un processo in cui il debole sarà eliminato e il più adatto sopravvivrà. Durkheim
sostiene una dinamica di complessità strutturale crescente che comporta una sempre maggiore
specializzazione istituzionale e veda agire nelle società semplici, un principio di solidarietà
meccanica opposto al principio di solidarietà organica. Weber pone le basi della differenziazione
istituzionale nello specifico processo di modernizzazione occidentale. Per Weber non c’è armonia e
integrazione tra le differenti istituzioni, ma possibilità di conflitti interistituzionali. Secondo il
neoistituzionalismo le istituzioni tendono a riprodurre pratiche sperimentate in passato ea smorzare i
conflitti accentuando i simboli di appartenenza dall’alta all’organizzazione.
CAPITOLO 3: le organizzazioni
Che cosa sono le organizzazioni
Nel linguaggio comune, l’organizzazione è l'attività di classificare, disporre in un certo ordine di
risorse e mezzi al fine di raggiungere un progetto e realizzare una finalità. Nella sociologia le
organizzazioni sono: enti internamente strutturati in maniera complessa, formalmente riconosciuti e
capaci di agire come attori collettivi per il raggiungimento di obiettivi comuni. Vi sono due
organizzazioni importanti:
1. Le associazioni volontarie tre principali aspetti: l’appartenenza è volontaria, viene
costituita per promuovere gli interessi comuni dei suoi membri e non è connessa con
istituzioni governative locali, statali o federali;
2. Le associazioni democratiche sono stabiliti da un’autorità esterna e indipendente dalla
scelta volontaria degli individui che ne fanno parte;

La burocrazia e i suoi limiti


Il termine burocrazia fu elaborato in Francia nella seconda metà del Settecento e consiste nel potere
dei funzionari. Per primo è stato Weber a dare al termine un significato neutro ed egli intende la
forma di organizzazione moderna per eccellenza. I tratti della burocrazia sono:
1. Divisione dei compiti.
2. Generazione gli uffici.
3. Ufficio pubblico.
4. Specializzazione.
5. Remunerazione in denaro.
6. Regole generali.
Weber descrive la posizione del funzionario:l’ufficio è una professione che richiede un corso di
studi predeterminato; la posizione personale del funzionario presenta diverse caratteristiche: il
funzionario gode di una posizione di “ceto”, è nominato da un’istanza alle superiore, gode di un
impiego stabile, è remunerato con uno stipendio fisso e con il diritto alla pensione ed è inserito in
una carriera.

Tre prospettive sulle organizzazioni


Organizzazione come sistema razionale gli elementi di un sistema razionale sono: la specificità
del fine e la formalizzazione, cioè le regole sono formulati in modo preciso ed esplicito e i ruoli
sono generali e astratti; Taylor ha concepito l’organizzazione produttiva dell’impresa come una
burocrazia, riferendosi anche agli apparati dello Stato moderno. La razionalità strumentale
attraverso il calcolo esatto dei costi e dei benefici e l’analisi di tutte le conseguenze possibili di ogni
alternativa, risulta un modello ideale ma poco realistico.

Organizzazione come sistema naturale la prospettiva del sistema naturale sostiene: il


mantenimento del sistema, le organizzazioni sono sistemi polimorfi che dedicano le proprie energie
al soddisfacimento di una serie di bisogni interni e a cercare contemporaneamente di adattarsi
all’ambiente esterno, l’importanza delle strutture informali sostiene che anche le strutture formali
risultano trasformate dalla nascita di strutture informali.

Organizzazione come sistema aperto Le caratteristiche dell’organizzazione: sistemi cibernetici,


capaci di autoregolazione, scarsa coesione tra le parti e l’interscambio con l’ambiente.

CAPITOLO 4: socializzazione, identità e devianza


Due prospettive teoriche
La prospettiva del condizionamento (Parsons) meccanismo dell’interiorizzazione:
socializzazione come processo di condizionamento in cui i soggetti apprendono in maniera piuttosto
passiva i valoro sociali condivisi. L’interiorizzazione trasforma aspetti oggettivi esterni della cultura
in disposizione interna della personalità (collegamento a Freud). Ci sono 4 fasi di socializzazione
per Parsons:
1. dipendenza orale: rapporto di identificazione primaria del bambino con la madre;
2. manipolazione delle sanzioni: il bambino comincia a percepire che la madre si aspetta
qualcosa da lui;
3. apprendimento di ruoli differenziati: il bambino comincia ad apprendere le norme del padre
e della madre;
4. raggiungimento della maturità: si ha con l’uscita dalla famiglia;

La prospettiva dell’interazione (Piaget, Mead) è una critica a Parsons che accentua gli aspetti
sociali del processo di socializzazione rispetto all'idea freudiana degli istinti. Considera la
socializzazione come un processo di adattamento e apprendimento attivo. L’individuo interagisce
con gli altri e con l’ambiente sociale, di fronte a situazioni nuove è portato ad arricchire le sue
risorse cognitive e modificare le sue attitudini normative.

Il processo della socializzazione

La socializzazione è il processo attraverso il quale l’individuo diventa un essere pienamente sociale,


e si integra in un gruppo o una comunità più ampia, apprendendo norme valori e stili di vita. Le
caratteristiche della socializzazione sono: è un processo attraverso cui il bambino inerme diventa
gradualmente una persona consapevole di sé stessa, non è una sorta di “programmazione culturale”,
collega l’una all’altra le diverse generazioni ed è un processo che dura quanto la vita stessa.
I sociologici distinguono fra:
 Socializzazione primaria: avviene durante l’infanzia ed è il periodo di più intenso
apprendimento culturale;
 Socializzazione secondaria: comincia dopo l’infanzia per continuare fino alla
maturità e oltre;
I principali agenti della socializzazione sono: la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, le
organizzazioni, i media, il lavoro.
La socializzazione come processo universale diverso in epoche diverse
Nelle società “primitive”: questo processo prevedeva l’intervento di persone particolari (parenti,
anziani, cantastorie), con lo scopo di trasmettere l’insieme di conoscenze, pratiche sociali e valori
che costituisce il patrimonio culturale del gruppo. In assenza di vere e proprie istituzioni preposte
all’educazione dei bambini, la socializzazione si svolge per lo più in famiglia, ma il suo
completamento avviene col passaggio al mondo adulto, momento celebrato con riti di passaggio.
Nelle societa industriali moderne: vi è la famiglia, alla madre attribuiva un ruolo integrativo-
espressivo e al padre un ruolo prevalentemente strumentale. La famiglia, svolge la funzione
principale nel processo di socializzazione durante l’infanzia. Accanto alla famiglia si afferma anche
la scuola. Svolgono una funzione importante, la Chiesa e l’esercito. I gruppi di coetanei o gruppi di
pari, sono importanti perché prolungano l’effettività dell’ambiente familiare ma in una struttura
egualitaria. I riti di passaggio all’età adulta segnalano l’importanza della società ai mutamenti del
ciclo di vita dei suoi membri.
Nelle societa post-industriali contemporanee: l’ingresso tra le agenzie di socializzazione dei mezzi
di comunicazione di massa e dei nuovi media legati a Internet è relativamente recente e i loro effetti
sono controversi. I mass media non forniscono solo informazioni, ma offrono modelli culturali e
stili di vita. il gruppo dei pari da un lato si rileva la crescita della sua importanza per
la socializzazione e la formazione dell’identità, dall’altro tende a sottolineare la possibilità di
conflitti di gruppo.

L’identità personale
La socializzazione è anche un processo di formazione personale che trasforma l’individuo in un
essere morale, con una propria identità. Identità e socializzazione sono due concetti inscindibili.
L’identità personale è l’immagine che l’individuo ha di sé stesso, si riferisce al processo di sviluppo
personale attraverso il quale elaboriamo il senso della nostra unicità. L’identità sociale è l’insieme
dei ruoli svolti dal soggetto nelle varie sfere della vita alle quali appartiene, si riferisce alle
caratteristiche attribuite dagli altri ed è plurima e cumulativa ed è determinata dal ruolo che
adottiamo all’interno di un particolare contesto ambientale. Le scienze sociali, si focalizzano sul
carattere relazionale, intersoggettivo, dell'identità e analizzano i fattori sociali e le dinamiche
interattive che sono alla base della sua genesi e del suo mantenimento. Questo aspetto distingue
l'approccio all'identità di scienze sociali come la sociologia, l'antropologia, la psicologia sociale
dall'uso sempre più diffuso della nozione di identità da parte della psicanalisi. L'approccio clinico
rimane centrato sull'individuo e intende la formazione dell'identità come un processo intrapsichico.

Il concetto di norma sociale


Le norme sociali sono regole di comportamento che ci si aspetta vengano seguite in determinate
situazioni. Sono più specifiche e socialmente imperative dei valori. La norma infatti viene
enunciata come “obbligo o divieto”. Rispetto alle norme, i valori indicano orientamenti più astratti,
dai quali le norme stesse discendono, o dei quali sono specificazioni che riguardano fini ultimi
dell’azione. Le norme sociali sono tali in quanto i comportamenti che da esse si scostano
incontrano invariabilmente qualche forma di sanzione e si distinguono in:
 positive  ricompensano chi rispetta la norma;
 negative  puniscono chi non rispetta la norma;
 formali  se applicate da specifiche autorità a ciò preposte;
 informali  reazioni più spontanee e meno organizzate;
 Interne  quando le norme sociali sono state interiorizzate e quindi trasformate in norme
morali;

Che cos’è la devianza


Due definizioni:
o Prima definizione comportamento che alcuni membri di una società trovano offensivo e
che suscita disapprovazione e comportamento, idee o aspetti di uno o più individui che
alcuni membri di una società reputano offensivi;
o Seconda definizione  Atto o comportamento o espressione, anche verbale, del membro
riconosciuto di una collettività giudicata come uno scostamento o una violazione più o meno
grave di determinate norme o aspettative o credenze che essi (i suoi membri) giudicano
legittime, o a cui di fatto aderiscono, e al quale tendono a reagire con intensità proporzionale
al loro senso di offesa.
Studia il fenomeno della devianza inteso come allontanamento o rifiuto delle regole. Per regole si
intendono sia le norme giuridiche-penali sia le norme sociali:
 Crimini, reati;
 Comportamenti “problematici;

La spiegazione della devianza


Per spiegare che cos’è la devianza ci sono delle teorie che sono:
 Teoria della tensione: i funzionalisti  Durkheim: La devianza è risultato dell’anomia, cioè
la caduta di valori e norme tradizionali. La devianza è inevitabile, in quanto non può esistere
un consenso totale sui valori e le norme. La devianza anche effetti positivi e inaspettati, in
quanto rafforza la solidarietà e i sentimenti di un gruppo. Merton: la devianza è il risultato
del contrasto tra la struttura culturale e la struttura sociale; i funzionalisti elaborarono delle
funzioni positive che svolgono un ruolo fondamentale e addirittura positivo nel
mantenimento dell'ordine sociale e sono: rafforzare la coscienza collettiva, definire i confini
morali della comunità e premere sui confini morali della società. Per Merton l’anomia è la
tensione tra fini e mezzi e le possibili risposte a questa tensione sono: la conformità,
l’innovazione, il ritualismo, la rinuncia e la ribellione;
 Teorie interazioniste  la Scuola di Chicago cercò di affrontare il tema della devianza in
modo più ''scientifico'' e meno moralistico e studiò l’analisi dei processi sociali innescati
nelle metropoli americane dai flussi ininterrotti di arrivo di immigrati soprattutto dal sud e
dall’est dell’Europa. Le teorie della reazione sociale , o teoria dell’etichettamento, stabilisce
che: nessun atto è intrinsecamente deviante, ma è l'etichetta di deviante a renderlo tale, il
soggetto così marchiato interiorizza l’etichetta di deviante che diventa parte della propria
identità e il soggetto definito “deviante” agisce secondo quanto stabilisce l’etichetta;
 La teoria della scelta razionale  considerano l’atto deviante non come il risultato di
un’influenza esterna ma come un azione razionale, adottata spontaneamente e in modo
attivo dall’individuo.

PARTE TERZA
CAPITOLO 1: la cultura
L’analisi sociologica della cultura
La cultura o civiltà, è quell'insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la
morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità o abitudine acquisita dall'uomo in quanto
membro di una società, definizione data da Tylor in “The primitive culture’’ (1871). Questa
definizione è il punto di riferimento classico dell'antropologia culturale. Sia Boas, sia Bronislaw
Malinowski respingono tuttavia il punto di vista storico-evolutivo di Tylor. Viene negata la
possibilità di riportare tutte le culture a uno schema unico e universalmente valido di sviluppo
culturale e di determinarne le fasi secondo leggi uniformi per ciascuna. Malinowski ritiene che ogni
cultura sia un sistema chiuso, un complesso di elementi legati fra loro da relazioni funzionali. Ogni
istituzione deve essere studiata nella sua funzione specifica. Entrambi riconoscono la pluralità delle
culture. Rispetto a Tylor, che parla di cultura al singolare, il concetto si è ampliato in concetto
collettivo ed indica una molteplicità di culture diverse e indipendenti. L’ oggetto dell'antropologia
diventa quindi la singola cultura. Esistono differenze tra cultura e società: l’antropologia comprende
gli atteggiamenti, i comportamenti e le relazioni sociali di una collettività finisce per coincidere
con la società stessa. La sociologia invece distingue tra cultura e società. Differenziazione interna
alla cultura: per l’antropologia la cultura è omogenea e condivisa. La sociologia pone enfasi sulla
differenziazione interna alla cultura e nasce dal suo interesse ad indagare le società contemporanee
in cui agiscono gruppi movimenti diversi portatori di valori e credenze proprie. Carattere innovativo
della cultura: la sociologia tende a sottolineare l’aspetto di innovazione e di cambiamento.

Modelli teorici
I modelli teorici riferiti alla cultura sono 5:
1. Funzionalista: intende individuare la funzione che la cultura svolge nello stabilire e
mantenere il sistema sociale. Sostiene che credenze collettive e simboli abbiano
conseguenze benefiche sulla società nel suo complesso, in quanto ne assicurano la coesione
interna. Il principale interprete di questo approccio è stato Durkheim. Merton ha distinto tra
funzioni manifeste e funzioni latenti, le prime riguardano la finalità esplicita di un rito o
un’attività culturale mentre le seconde riguardano gli effetti non intenzionali.
2. Causalista: sono teorie diverse che hanno in comune l’idea che la cultura sia plasmata da
fattori sociali o psichici che sfuggono alla coscienza degli individui. Marx elabora la
distinzione tra struttura e sovrastruttura. La sovrastruttura riflette la struttura economica
della società, i suoi rapporti di produzione e la lotta di classe. Vilfredo Pareto attribuisce a
cause psichiche l’origine dei valori e credenze, chiamati derivazioni, non sarebbero altro che
razionalizzazioni a posteriori di stati affettivi, impulsi e sentimenti, chiamati residui.
3. Interazionista: dà la priorità alla interazione comunicativa tra gli individui. Norme, valori
estetici, rappresentazioni culturali emergono dalla ripetizione di soluzioni efficaci a
problemi ricorrenti così come dall’attività continua di negoziazione dei significati tra attori
sociali impegnati in un’interazione.
4. Strumentale- individualista: è un modello di tipo economico basato su una razionalità
strumentale, sul calcolo dei costi e dei benefici che è quasi assente in sociologia. L’adesione
a norme e valori morali nei gruppi risulta più conveniente al fine di garantire una
cooperazione stabile.
Strutturalista: deriva dall’applicazione all’analisi della cultura della linguistica strutturale, di De
Saussure che ha spostato l’interesse della linguistica dalla descrizione storica dello sviluppo delle
lingue all’analisi della struttura interna del linguaggio inteso come sistema formale. Per Levi-
Strauss la cultura è vista come la rappresentazione di una struttura profonda della mente umana.
Tipico di questo modello è pensare la cultura come un sistema indipendente della società.
Alexander ha proposto un programma per l’analisi sociologica della cultura. Egli distingue tra
sociologia della cultura e sociologia culturale. La prima considera la cultura come una variabile
dipendente da fattori extra-culturali, di tipo economico e politico, mentre la seconda invece
concepisce la cultura come un ambito autonomo. Dagli anni ’70 gli sviluppi nel campo di analisi dei
fenomeni culturali, prendono le mosse da una critica al funzionalismo di Parsons, accusato di aver
alimentato il ‘’mito dell’integrazione culturale’’. Non esiste un’impostazione unitaria, ma pluralità
di prospettive e di pratiche che però hanno in comune l’esigenza di analizzare: le contraddizioni e
incongruenze della cultura, e il rapporto cultura e azione.

Gli elementi della cultura


Valori: sono le finalità, condivise da un gruppo sociale, verso i quali gli individui dovrebbero
tendere. Sono concezioni del desiderabile e sono analizzabili in base a tre dimensioni dimensione
affettiva: i valori non sono emotivamente neutri e muovono affetti e sentimenti indipendentemente
dai vantaggi e dagli svantaggi. Dimensione cognitiva: i valori si presentano sotto forma di enunciati
che hanno un senso argomentabile da parte dell’attore sociale. Dimensione selettiva: i valori hanno
la capacità di orientare l’agire umano.
Norme: Le norme sono asserti prescrittivi su come ci si deve comportare per realizzare determinati
valori. Sul piano linguistico la norma, viene enunciata come divieto o obbligo. Ad un solo valore
possono fare riferimento molte norme. Vi sono diversi tipi di norme secondo l’ambito scientifico
In base al grado di formalizzazione, si distinguono le norme statuite o consuetudinarie. Le prime
promanano da un’autorità istituzionale preposta a questo compito, sono emesse in forma scritta,
presuppongono un apparato per la loro applicazione e sono più vincolanti e coattive. Le seconde si
sviluppano spontaneamente, non sono scritte, non hanno un apparato di applicazione e sono meno
vincolanti. L’efficacia sociale delle norme, a differenza dei valori dipende dalla presenza di una
sanzione.
Credenze: sono proposizioni di tipo descrittivo attraverso cui gli esseri umani rappresentano e
classificano il mondo. Per Durkheim la società è un fatto morale: un insieme di credenze condivise
che costituiscono la coscienza collettiva sulla quale si basa la solidarietà sociale. Durkheim aveva
mostrato che anche le “rappresentazioni collettive’’ diffuse nelle società totemiche.
Simboli: per simbolo si intende qualsiasi elemento capace di evocare nella mente un’idea astratta,
diversa da quella riconducibile al suo aspetto sensibile. Gli individui comunicano grazie a simboli,
cioè a realtà che rimandano a un significato comune noto a entrambi gli interlocutori e rafforzano i
legami di appartenenza tra gli individui, consentendo la sopravvivenza della comunità secondo le
modalità che la caratterizzano. hanno un carattere intersoggettivo e devono essere collettivamente
condivisi all’interno di un gruppo per essere efficaci. Hanno uno scopo emotivo e cognitivo, aprono
a un vissuto e a un mondo.
Il pluralismo culturale
Il pluralismo culturale riguarda un panorama ampio e variegato di differenze che si sono formate in
prevalenza con la modernizzazione economica e sociale, tipica della società industriale e
postindustriale. Ci sono due caratteristiche della società moderna:
 La complessità sociale: questa caratteristica è stata messa in luce da Durkheim e riguarda sia
l’aumento del numero e la varietà degli elementi del sistema, sia la moltiplicazione della
relazione di interdipendenza tra questi.
 Mancanza di concentricità delle cerchie sociali: Simmel osserva che nella società
premoderna l’individuo era legato alla nascita a un numero limitato di gruppi, ciascuno dei
quali comprendeva quello di scala inferiore.

Tre principali specificità del pluralismo culturale moderno pluralismo significa “coesistenza di
diversi sistemi simbolici i quali sono scarsamente correlati l’uno all’altro’’ ma tra cui esistono flussi
continui di comunicazione, la cultura non è mai totalmente integrata e coerente. Pluralismo può
quindi anche indicare potenziali conflitti culturali e significa aumento smisurato delle opzioni e
delle libertà di scelta dell’individuo.

Cultura alta, cultura popolare, cultura di massa


Le ricerche storiche sull’Europa pre-industriale, hanno fatto emergere l’esistenza di due diverse
culture: una cultura alta, che comprendeva: arte, letteratura, musica; e una cultura popolare
trasmessa in forma orale e indicata generalmente con il termine ‘’folclore’’. Nell’Europa
industrializzata si sviluppano i mezzi di comunicazione di massa. La cultura di massa indica la
standardizzazione dei prodotti culturali che subirebbero un processo di omologazione sia nella
forma che nel contenuto. La cultura di massa viene detta ‘’semi-cultura’’, ossia una cultura
frammentata senza alcun rapporto con l’esperienza. le ricerche hanno evidenziato che il pubblico
dei mass media non è così manipolabile come si pensa. In secondo luogo, i sociologi hanno sempre
criticato l’uso del concetto ‘’cultura di massa’’ e rifiutato la netta distinzione tra cultura alta e
popolare.

Subculture
Si tratta di una cultura più circoscritta di quella della società più ampia, di cui essa occupa un
ambito delimitato, distinto, ma non necessariamente contrapposto. Essa si può basare su fattori
unificati come l’etnia, la religione o l’età. Una caratteristica comune alle subculture è la presenta di
una densa rete di interazione tra i membri di un gruppo che aderiscono a un modello culturale
specifico. Due scuole sociologiche:
1. La scuola di Chicago che fin dagli anni ’40 ha analizzato le bande giovanili che popolano i
quartieri malavitosi delle grande metropoli. Si tratta delle cosiddette ‘subculture delinquenti’
studiate da Cohen;
2. L’università di Birmingham indaga i gruppi giovanili inglesi dagli anni ’60 che sviluppano
un particolare modo di espressione, come i mods e i punks;

Cultura e classe sociale


Le classi per Marx sono essenzialmente due: la borghesia, proprietaria dei mezzi di produzione, e la
classe operaia che possiede solo la sua forza lavoro. Marx distingue tra l’ideologia borghese e la
coscienza operaia. La prima è per Marx una rappresentazione distorta della realtà, con cui la classe
borghese giustifica i rapporti di dominio presenti nella società. La seconda, è una potenzialità,
inserita nei reali rapporti di produzione per arrivare alla comprensione dei propri interessi di classe
sfruttata, attraverso la pratica lavorativa, l’interazione reciproca e la comune partecipazione a lotte.
Bourdieu ha rinnovato l’analisi delle classi marxiana. Al capitale economico, ha affiancato il
capitale sociale, costituito dalla rete di relazioni sociali in cui sono inseriti gli individui, e il capitale
culturale che si divide in “capitale scolastico’’, costruito dall’istruzione ricevuta a scuola, e il
“capitale ereditario’’ costruito dall’insieme di conoscenze e stili di vita trasmessi per mezzo della
socializzazione familiare.

Cultura e genere
Il concetto di genere fa riferimento a differenze ‘’costruite’’ culturalmente
e storicamente a partire da diversità biologiche. Il genere invece segnala
l’insieme di comportamenti che una cultura giudica appropriata agli
uomini e alle donne, costituendo disuguaglianze a partire da questa dualità
sessuale biologica.

APPROFONDIMENTO: le disuguaglianze di classe


La stratificazione sociale: cos’è
La stratificazione sociale è un sistema di disuguaglianze strutturate tra gruppi sociali. Distribuzione
sistematicamente disuguale di risorse e ricompense materiali e simboliche. La stratificazione sociale
può essere determinata da diversi fattori:
 Disuguaglianze di che cosa: reddito, tempo, prestigio, ecc;
 Disuguaglianze tra chi: tra classi, di genere, ecc;
 Disuguaglianze perché

La classe sociale: il concetto


Alcuni concetti sono contestati nella teoria sociologica della “classe”:
 Classe come luogo soggettivo;
 Classe come posizione oggettiva all'interno delle distribuzioni;
 Classe come spiegazione relazionale della possibilità di vita economica;
 Classe come dimensione storica e variazione nei sistemi di disuguaglianza;
 Classe come fondamento dell'economia, oppressione e sfruttamento;

Karl Marx e una struttura di classe


Una classe è un gruppo di individui che condivide un determinato rapporto con i mezzi di
produzione e mezzi con cui si provvede al proprio sostentamento. Si sono sempre opposte due classi
principali in base ai differenti mezzi di produzione e ai differenti rapporti di produzione
caratteristici del periodo storico. Il rapporto tra classi è sempre stato un rapporto di sfruttamento.
Marx vedeva nella lotta di classe la chiave del cambiamento storico: tutte le classi dominanti
vengono alla fine rovesciate da quelle subordinate, che diventano a loro volta dominanti.
La teoria di Max Weber
Le fonti delle disuguaglianze e i principi fondamentali di aggregazione degli individui vanno
ricercati in tre diverse sfere:
 Economia  la classe: si fonda sulla posizione di mercato, possesso dei mezzi di
produzione + capacità e credenziali professionali;
 Cultura  lo status (o ceto): si fonda su differenze sociali relative all’onore o al prestigio e
viene riconosciuto attraverso lo stile di vita;
 Politica  il partito: gruppo di individui che operano insieme in virtù di origine, obiettivi e
interessi comuni;

La classe sociale: misurazione


Goldthorpe ha proposto un modello relazionale della struttura di classe che si basa su dei criteri:
1. La situazione di lavoro: è la posizione che gli individui occupano nel processo lavorativo,
ossia nella divisione dei compiti delle gerarchie organizzative;
2. La situazione di mercato: è il complesso dei vantaggi e svantaggi che gli individui ricevono
per il loro lavoro;
Anche Cobalti e Schizzerotto proposero un modello simile a Goldthorpe basato su criteri: la
posizione occupazionale e la posizione di mercato.
 Classe I = imprenditori, professionisti e dirigenti di livello superiore
 Classe II = professionisti e dirigenti di livello inferiore
 Classe III = impiegati e addetti alle vendite
 Classe IV = piccola borghesia urbana (commercianti e artigiani) e agricola (piccoli
proprietari)
 Classe V = tecnici di livello basso supervisori di lavoratori manuali
 Classe VI = operai specializzati
 Classe VII = operai non qualificati

Mobilità sociale
È il cambiamento della posizione sociale (classe) da parte di individui o gruppi (Cobalti). La mobilità
sociale orizzontale indica il passaggio di un individuo da una posizione sociale a un’altra
nell’ambito dello stesso livello. La mobilità sociale verticale indica il passaggio di un individuo da
una posizione a un’altra La mobilità di lungo raggio indica che il cambiamento è avvenuto fra strati
o classi molto lontani. La mobilità di breve raggio indica che il cambiamento è avvenuto fra strati o
classi contigue. La mobilità intragenerazionale indica il cambiamento di posizione socioeconomica
di un singolo individuo all’interno dell’arco di vita. La mobilità intergenerazionale indica il
cambiamento di posizione socioeconomica rispetto alla generazione precedente.
La disuguaglianza in generale
Diverse interpretazioni e teorie, tra queste:
 Teoria funzionalista/dell’ordine sociale  Le disuguaglianze sono “naturali” e necessarie;
 Teoria del conflitto  Le disuguaglianze derivano dal controllo delle risorse sociali e dalla
difesa e riproduzione nel tempo;

Teorie della stratificazione: il funzionalismo


La posizione sociale dei singoli dipende dal ruolo lavorativo. Le posizioni più importanti e meglio
remunerate sono occupate dai più abili. Gli “strati” sono individui e famiglie che posseggono simili
ricompense. La principale necessità funzionale è l’esigenza sentita da ogni società di collocare e
motivare gli individui nella struttura sociale.

Teorie della stratificazione: teoria del conflitto


I teorici del conflitto negano che la stratificazione sociale svolga una funzione vitale indispensabile
alla sopravvivenza del sistema sociale. Ritengono invece che le disuguaglianze esistano perché i
gruppi sociali che se ne avvantaggiano sono in grado di difenderle dagli attacchi degli altri in una
situazione di conflitto continuo.

Le disuguaglianze scolastiche
Quattro le forme di disuguaglianza scolastica:
 impegno- merito;
 intelligenza o attitudini-talenti;
 ambiente di origine
 ambiente scolastico;

Il ruolo dell’ambiente di origine


Teorie di riproduzione sociale delle disuguaglianze  la maggior parte dell’influenza dell’origine
sulla destinazione si esercita oggi attraverso l’istruzione. Le classi privilegiate usano l’istruzione
come mezzo per assicurarsi il mantenimento dei privilegi.
Teorie della meritocrazia  la relazione tra istruzione e destinazione è oggi molto più forte che in
passato, a causa del ruolo dell’istruzione come criterio per la selezione degli individui nei ruoli
occupazionali.
Funzionalismo  nelle società contemporanee l’influenza diretta dell’origine sulla destinazione è
trascurabile, a causa del prevalere dell’acquisizione e della meritocrazia sull’ascrizione, e a causa
del fatto che le disuguaglianze ascrittive sono considerate inique.
L’intelligenza e la sua origine
Alcuni studiosi hanno sostenuto che l’intelligenza è «ciò che viene misurato dai test del QI (quoziente di
intelligenza)». Da tutti i dati raccolti in molti decenni risulta che il QI degli allievi è correlato sia con il
rendimento scolastico sia con le caratteristiche dell’ambiente di origine.
Classi sociali e successo scolastico
Le ricerche empiriche mostrano che fra la classe sociale di appartenenza e il successo scolastico vi è una
relazione positiva. Tre teorie spiegano questa relazione:
 teoria del deficit: i giovani provenienti dalle classi sociali più basse hanno un cattivo rendimento
scolastico e interrompono presto gli studi, perché la famiglia non fornisce loro né le capacità
cognitive e linguistiche né i valori, gli atteggiamenti e le aspirazioni che la scuola richiede;
teoria della differenza: I fallimenti e i ritardi degli allievi provenienti dalle classi più svantaggiate
dipendono dalle istituzioni scolastiche. Se i ragazzi delle classi più disagiate hanno scarsi
rendimenti è perché questo è esattamente ciò che la scuola e gli insegnanti si aspettano da loro.
teoria del capitale culturale: se gli studenti delle classi agiate vanno meglio a scuola è perché
godono di privilegi sociali, ossia a il capitale culturale e l’ethos di classe. Il primo influisce sul
rendimento scolastico, il secondo sulla carriera scolastica;

PARTE QUARTA
CAPITOLO 1: mercato ed economia
I mercati come modello di organizzazione sono così onnipresenti nella nostra società. Nelle dottrine
economiche classiche, un mercato implica uno scambio di beni o servizi tra compratori e venditori.
Questa definizione non considera, i meccanismi sociali che i sociologi ritengono importanti per il
funzionamento dell’economia, come governi e leggi nonché norme che definiscono i
comportamenti appropriati. Quando i sociologi osservano il modo in cui i mercati effettivamente
funzionano, tendono a trovarvi una disuguaglianza e una serie di vantaggi che interessano
soprattutto chi è in posizione di potere. I sociologi sono ricorsi all’idea di cultura per capire come le
regole formali e informali aiutino a coordinare gli scambi nei mercati.
Tre approcci all’ analisi sociologica dei processi economici
1) L’ approccio micro o individualista:Weber Con i weberiani rispetto agli economisti
neoclassici si assume una concezione più ampia della razionalità: Gli economisti analizzano
solo i comportamenti determinati dal
perseguimento razionale dell’interesse personale degli individui, dal calcolo costo-benefici,
e assumono che le altre motivazioni operano in sfere separate e
organizzate in modo non razionale. L’individuo agisce nel mercato investendo in modo
strategico le risorse che possiede. Secondo i sociologici, invece, bisogna considerare che i
comportamenti sono influenzati dalle relazioni sociali in cui gli attori sono immersi. alcuni
comportamenti sono invece razionalmente orientati ad obiettivi non economici come la
socievolezza, l’approvazione, lo status, il potere. Influiscono anche i valori.

2) L’ approccio macro o strutturalista: Marx  la struttura della società, è data da: i rapporti di
produzione, ossia i rapporti generati dalla divisione del lavoro e dalla divisione della
proprietà e dalle forze produttive, ossia i mezzi di produzione e le tecniche utilizzate per la
produzione. Il modo di produzione dominante all’interno di una data società corrisponde
alla struttura di quella stessa società.
3) La nuova sociologia economica: Polany  i fattori sociali influenzano i processi economici:
le appartenenze culturali, l’essere inseriti i in determinate reti di relazioni interpersonali,
anche i contesti politici e istituzionali. Al centro delle analisi ci sono gli attori, che
interagiscono e sono influenzati dal contesto in cui vivono.

Mercato, reciprocità, redistribuzione


La tesi fondamentale di Polanyi riguarda la negazione della "naturalità" della società di mercato,
l'economia non è integrata all’interno della società. Esistono tre forme di integrazione
dell'economia nella società:
 Scambio di mercato: scambi impersonali regolati da un’equivalenza numerica
determinata dalla moneta.
 Reciprocità: scambio non mediato dalla moneta tra soggetti che sono legati da vincolo
extraeconomico. Quando prevale la reciprocità, beni e servizi vengono scambiati sulla
base di aspettative di ricevere altri beni o servizi secondo modalità e tempi fissati da
norme sociali condivise. La reciprocità opera su e dentro i legami sociali particolari a
differenza del mercato e dello stato. Essa si basa sulla logica del dono.
 Redistribuzione: si genera quando un centro politico è in grado di raccogliere delle
risorse e di ridistribuirle secondo determinati criteri tra i membri di una data collettività.
La redistribuzione come forma d’integrazione. I beni e i servizi vengono prodotti e
allocati sulla base di norme che stabiliscono le modalità delle prestazioni lavorative,
l’entità delle risorse che devono essere trasferite a un centro politico, il quale a sua volta
le redistribuisce ai membri della società secondo determinate regole. È necessaria
l’esistenza di un centro politico che disponga del potere per far accettare le modalità di
trasferimento e allocazione dei beni.

Economia informale, sommersa e criminale


 Economia formale: fa riferimento all’economia regolata dal mercato istituzionalizzato, e da
contratti formalmente stipulati. Secondo degli studi, l’economi a formale acquista
competitività mediante processi di esternalizzazione e subfornitura di varie attività, che a
loro volta possono ricorrere direttamente all’economia sommersa;
 Economia informale: fa riferimento a quelle attività economiche realizzate fuori dal mercato
formale, anche nelle società sviluppate;
 Economia sommersa: fa riferimento al complesso di attività in cui si producono per il
mercato, a scopo di lucro, beni o servizi leciti, violando però le norme che regolamentano le
attività economiche, e in particolare quelle che tutelano i lavoratori o disciplinano i rapporti
di lavoro;
 Economia criminale: l’oggetto dell’attività economica è in se stesso illecito, anche se a volte
viene effettuato con mezzi leciti;

CAPITOLO 2: capitalismo e società industriale


Il capitalismo e la figura dell’imprenditore
L’imprenditore moderno si dedica in modo assiduo e costante all’espansione della sua attività,
accomunando una quantità sempre maggiore di capitale. Secondo Max Weber il capitalismo esige
un’etica, un sistema di valori basato sulla laboriosità, la sobrietà, il risparmio. Weber ha sostenuto
l’origine spirituale e religiosa del capitalismo moderno. Sombart ha affermato che gli innovatori e
gli imprenditori provengono spesso da minoranze etniche e religiose. Il ruolo dello stato in
economia: gli economisti classici come Adam Smith (liberismo economico) sostenevano che lo
stato dovesse limitare il suo ruolo in campo economico alla garanzia della proprietà privata e della
libera concorrenza. In campo economico, questi pensatori pensavano fosse più utile la mano
invisibile: la libera concorrenza avrebbe condotto a fissare spontaneamente i prezzi delle merci
realizzando l’equilibrio fra domanda e offerta. Le teorie keynesiane prevedono misure di sostegno
da parte dello Stato all’economia, in particolare alla domanda. Si inizia a parlare di capitalismo,
dove lo stato assume un ruolo attivo all’interno dell’economia a vantaggio soprattutto delle
categorie più deboli sul piano dei rapporti di mercato. Si è affermata l’economia mista: sistema in
cui lo stato non solo regola ma sostiene attivamente lo sviluppo economico. Un atro concetto affine
è quello di capitalismo riformista che identifica un capitalismo in cui la libertà economica è
temperata dall’intervento dello stato e dà garanzie sociali a vantaggio delle categorie più deboli.
Istituzione centrale del capitalismo riformista è il Welfare State. Weber si chiede quali sono le cause
dello sviluppo del capitalismo e attribuisce questo sviluppo allo spirito del capitalismo, cioè
all'esistenza d'imprese che hanno come scopo il massimo profitto da raggiungere attraverso
l'organizzazione razionale del lavoro. Questo comportamento secondo Weber aveva basi religiose
(cristiani-protestanti). L’etica protestante spinge l’individuo a impegnarsi per il successo delle
proprie iniziative economiche. Lo spirito del capitalismo è quel complesso di orientamenti
normativi che sono alla base della società occidentale moderna, favorito dall’etica protestante e dal
dogma della predestinazione. È caratterizzato da una specifica mentalità, che permette di attribuire
senso a un agire ed è l’ethos razionale che lo anima.
Un atto economico capitalistico è un atto che si basa sull’aspettativa di guadagno derivante dallo
sfruttare, ma per definire in maniera appropriata il capitalismo occidentale moderno, serve un altro
elemento: l’organizzazione razionale del lavoro formalmente libero. Per Marx nel capitalismo vi è
l’assenza del tema dello sfruttamento e il riferimento al carattere razionale dell’agire capitalistico,
ossia alla razionalità formale del calcolo economico alla base dell’organizzazione razionale del
lavoro. Al centro del concetto di capitalismo vi è l’idea di razionalità. La razionalità a cui fa
riferimento Weber è quella dell’agire razionale rispetto a uno scopo.

Società preindustriale, industriale, posti industriale


L’economia si divide in:
 Settore primario: coincidente con l’agricoltura, la pesca, l’attività estrattiva;
 Settore secondario: coincidente con l’industria, riguarda la trasformazione delle materie
prime;
 Settore terziario: che riguarda tutto il complesso dei servizi;
La società pre-industriale era contraddistinta dal primato dell’agricoltura, la società industriale era
contraddistinta dall’egemonia dell’industria e la società post-industriale sarebbe marcata dal ruolo
trainante del settore dei servizi. Alcuni preferiscono parlare di società industriale avanzata.

I diversi capitalismi
Abbiamo diversi capitalismi e sono:
 capitalismo anglo-americano: il più sbilanciato verso il primato americano del mercato
autoregolato. Michel Albert distingue il capitalismo neo-americano che dà maggior rilievo
all’iniziativa e alla personalità individuale dal capitalismo alpino-renano
 Capitalismo alpino-renano: vede una maggiore presenza dello stato nella regolazione
dell’economia e nella produzione di beni pubblici;
Capitalismo giapponese: ha alimentato il dibattito sulle varianti del capitalismo moderno. Ronald
Dore confronta il capitalismo angloamericano con quello giapponese. Egli parla di “impresa-società
per azioni” e “impresa-comunità”. La prima è definita come impresa di proprietà degli azionisti, in
cui i rapporti di lavoro sono basati sul mero scambio giapponese. La seconda si definisce come un
ente a dimensione sociale, di cui fanno parte tutte le persone che vi lavorano a tempo pieno.

Il capitalismo italiano
Il sistema capitalistico italiano è caratterizzato da una forte presenza di aziende familiari
contrapposta ad un grande capitalismo pubblico o comunque legato a poche grandi famiglie e per
un ruolo ridotto del mercato azionario. Il modello italiano sia un modello sui generis, in cui non si
riscontrano né un ruolo della borsa né un ruolo del sistema bancario gestore, ma prevalgono ancora
imprese pubbliche o semiprivate, poche famiglie che controllano la maggior parte delle grandi
imprese, grazie ad una rete di interrelazioni, e tante piccole-medie imprese a prevalente conduzione
familiare, che necessitano di sostegno finanziario per un adeguato sviluppo in un sistema sempre
più globalizzato.

CAPITOLO 4: il mercato del lavoro


Che cos’è il mercato del lavoro
Il mercato del lavoro indica i meccanismi che regolano l’incontro tra i posti di lavoro vacanti e le
persone in cerca di occupazione, e determinano i salari pagati dalle imprese ai lavoratori. Le
controparti del mercato del lavoro sono la domanda (i datori di lavoro) e l’offerta di lavoro (le
persone che cercano un’occupazione retribuita). Inoltre, il suo funzionamento è influenzato da varie
istituzioni sociali e servizi specifici operano per favorire l’incontro tra le parti. Il mercato del lavoro
è stato definito come “mercato atipico” perché affinché nel mercato del lavoro si raggiunga un
equilibrio tra le parti occorre l’intervento dello Stato e il lavoro e i lavoratori hanno sempre resistito
Ha l’idea che il mercato fosse una merce come le altre. Tra economisti non è per nulla ovvio che il
lavoro sia un bene sufficientemente differente dagli appartamenti da affittare, tale da richiedere un
differente metodo di analisi. Il mercato del lavoro deve essere considerato una vera e propria
istituzione sociale. Il suo funzionamento dipende essenzialmente da quanto ritenuto mutualmente
accettabile da entrambe le parti in causa. Gli indicatori del mercato del lavoro sono:
 Popolazione attiva  Occupati dentro mdl- forza lavoro
 Disoccupati dentro mdl- forza lavoro
 Popolazione inattiva (sotto i 15 anni sopra i 64+…)  Inattivi fuori dal mdl

Tasso di occupazione = disoccupati / forza lavoro  indica quanti non hanno trovato lavoro su
quanti lo cercano
Tasso di occupazione = occupati / popolazione totale

La precarizzazione del lavoro


È segnalato da tre tendenze:
a) la crescita dei contratti di lavoro a tempo determinato;
b) La diffusione del lavoro a tempo parziale “involontario”;
c) Aumento del lavoro autonomo sostitutivo del lavoro dipendente;

Cosa si intende per regolazione del Mercato del Lavoro e Politiche del Lavoro
Gli attori del Mercato del Lavoro:
 La domanda di lavoro (imprese, famiglie, singoli datori di lavoro che richiedono lavoratori)
 L’offerta di lavoro (coloro che offrono la propria capacità lavorativa)
 La regolazione del mercato del lavoro (il contesto istituzionale: le regole)

Le politiche del lavoro hanno i seguenti obiettivi:


 la regolazione dell’incontro tra domanda e offerta, e la definizione dei rapporti di lavoro;
 misure di mantenimento o garanzia del reddito, in caso di perdita o sospensione del lavoro
(politiche passive del lavoro);
 i provvedimenti a favore dell’occupazione di particolari categorie di lavoratori;
 misure che incidono su quantità e qualità dell’offerta di lavoro, come formazione
professionale;

PARTE QUINTA
CAPITOLO 3: la politica in azione
Dai grandi principia alla formazione delle decisione politiche
Vi sono tre facce della politica e sono:
1. Polity  tiene insiema la comunità politica. Definisce l’identità e i confini della comunità
politica organizzata attraverso aspetti territoriali, aspetti organizzativo-istituzionali e aspetti
socio-culturali;
2. Policy  cosa fa chi governa e con quali risultati. Problema dell’esercizio di potere: studia
il processo di produzione e attuazione delle politiche pubbliche;
3. Politics  è chi governa e come si governa. Problema della conquistra del potere: studio
della competizione per il potere politico, della rete istituzionale e delle dinamiche del
processo politico-istituzionale;
Lo sviluppo delle politiche sociali ha comportato un’estensione dei compiti dello Stato, per
includere la predisposizione di tutele e di servizi ai cittadini. Di conseguenza ha trasformato in
profondità sia il funzionamento delle strutture statali, sia il sistema di stratificazione sociale. La
formazione dello Stato sociale ha portato alla democrazia di massa e ha contribuito a stabilizzare la
democrazia e a conciliarla con il capitalismo. Le prime manifestazioni del welfare sono consistite in
interventi assistenziali di carattere tipicamente occasionale e spesso discrezionale. Il nucleo
successivo e centrale del moderno welfare è rappresentato dalle assicurazioni sociali, caratterizzate
dall’obbligatorietà dell’adesione e del finanziamento tramite contributi, rivolte a fornire prestazioni
standardizzate in base a diritti specifici e a doveri individuali. La terza modalità di intervento,
indicata come sicurezza sociale, consiste in un sistema di protezione volto a garantire prestazioni di
base uniformi a tutta la popolazione attiva.

L’istituto della cittadinanza e le sue sfaccettature


Le politiche sociali possono essere definite come quell’insieme di interventi pubblici aventi scopi
ed effetti sociali variabili che vanno da una più equa distribuzione societaria di risorse e
opportunità, alla promozione di benessere e qualità della vita. Il benessere (welfare) degli individui
dipende dalle risorse e dalle opportunità che essi hanno a disposizione durante le varie fasi della
vita. Risorse e opportunità rappresentano i diritti sociali, che insieme ai diritti civili e politici (e ai
doveri) definiscono il concetto di cittadinanza. Ai cittadini sono attribuiti doveri e riconosciuti

diritti, tra cui quelli sociali , ossia quello di ottenere risorse e di accedere a servizi. Le definizioni
date da Marshall sulla cittadinanza sono:
 La cittadinanza sociale  è lo status conferito a coloro che sono pieni membri di una
comunità. Tutti coloro che posseggono questo status sono uguali in rapporto ai diritti e
doveri dei quali lo status è dotato.
 Cittadinanza civile  affermazione dei diritti civili della persona: eguaglianza di fronte alla
legge, diritto di circolazione, diritto alla vita, libertà di associazione, ecc.
 Cittadinanza politica  affermazione dei diritti politici individuali e collettivi: suffragio
universale, diritto di eleggere e di essere eletto nei parlamenti, nei consigli comunali, ecc.
 Cittadinanza sociale  affermazione dei diritti sociali legati al lavoro, ai servizi sociali, alla
salute, all’istruzione, ad una “buona vita”, ecc.

Nella caratterizzazione delle politiche sociali si possono evidenziare due temi: bisogno che indica la
carenza o la mancanza di qualcosa necessario per la realizzazione del benessere e il rischio indica
l’esposizione a determinati eventi che possono accadere che quando si realizza minano il benessere
generando un bisogno. Si può rispondere a questi due temi tramite il mercato, la famiglia, il terzo
settore e lo Stato (Welfare State). Sulla base della prospettiva storica, il Welfare State può essere
definito come l’intervento dello Stato impegnato a modificare le forze sociali di mercato allo scopo
di realizzare una piu ampia uguaglianza sociale e presenta quattro temi chiave:

1. protezione sociale 
2. assistenza  carattere condizionale, discrezionale, volto a rispondere in modo MIRATO, a
SPECIFICI BISOGNI individuali o a categorie circoscritte di bisognosi. Ed è selettiva e
residuale. Misure per la famiglia, per esclusione sociale e abitazione.
3. assicurazione  Intervento pubblico che mira all’erogazione di prestazioni standardizzate in
maniera automatica e imparziale, in base a precisi diritti/doveri contributivi e secondo
modalita specializzate e standardizzate;
4. sicurezza sociale  Sistema di protezione esteso a tutti i cittadini volto a favorire
prestazioni uniformi, corrispondenti ad un minimo nazionale e capaci di garantire una vita
degna;

Il welfare regime è il prodotto di una specifica combinazione del ruolo delle famiglie e delle
comunità locali, del mercato, dello stato, e di forme miste di governo, che veicola determinate
forme di coordinamento.

Le tipologie classiche di welfare: Esping Andersen

Regime liberale si basa prevalentemente sulla prova dei mezzi e si caratterizza per modesti
programmi di trasferimento a carattere universale o occupazionale (Gran Bretagna, Australia e Stati
Uniti).. Regime conservatore corporativo tende a preservare i differenziali di status connessi con il
mercato del lavoro, con trascurabili effetti redistributivi. Si basa su una tradizione statalista
(Austria, Germania, Francia, Belgio e Italia). Regime socialdemocratico si basa su un’espansione
del welfare state imperniato sull’intervento pubblico tanto in sostituzione del mercato che della
famiglia ed è volto a promuovere un’eguaglianza degli standard di vita più elevati, garantendo a
tutta la popolazione l’accesso a prestazioni di alto livello e qualità (Paesi scandinavi).

PARTE SESTA
CAPITOLO 4: le migrazioni e la formazione di società multietnche
I problemi di un concetto
Le migrazioni fanno parte della storia dell’umanità, soprattutto con il consolidamento degli Stati
moderni nel XIX secolo, cominciano a assumere il profilo che oggi conosciamo. Un immigrato è
una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel
paese da più di un anno. Questa definizione non include però le migrazioni interne, Migrazioni
stagionali e migrazioni circolari, seconde generazioni, discendenti di antichi emigranti e le
rappresentazioni sociali: “extracomunitari” e “stranieri poveri”.

Fasi o stadi della migrazione


Le fasi o gli stadi della migrazione somo:
 primomigranti: di solito lavoratori giovani soli con orizzonte di temporaneità;
 consolidamento dei flussi: ingressi di altri migranti in rete con i primomigranti di solito si
alza l’età e si allunga l’orizzonte di temporaneità;
 famigliari al seguito (migrazioni secondarie): aumentano i minori, dopo in alcuni casi anche
pensionati;
 stabilizzazione, consapevolezza dell’irreversibilità dell’immigrazione, istituzioni proprie 
da concezioni dell’integrazione “lineari” a “segmentate” e “sconnesse”;

I diversi tipi di ingresso


Principali motivi di ingresso regolare sono:
 Lavora  lavori delle 5 P, stagionali (migrazione circolare), imprenditori o qualificati;
 Famiglia
 Asilo  86% accolti nei paesi del sud del mondo, 10% in Europa;
 Studio
Ci sono anche gli irregolari, clandestini, vittime del traffico e le migrazioni di ritorno.
Le cause della migrazione
Abbiamo tre spiegazioni:
1. Spiegazioni macro  fattori di spinta: la sovrappopolazione, la disoccupazione, la
desertificazione del suolo, le guerre;
 fattori di attrazione: i fabbisogno di lavoro povero e flessibile da parte
delle economie riceventi, famiglie comprese;

2. Spiegazioni micro  scelte razionali individuali e famigliari


3. Spiegazioni meso  reti migratorie “ponti sociali” e “specializzazioni etniche”
 istituzioni migratorie
La formazione di società multietniche e il problema del razzismo
Superdiversità è la percezione di una crescente e problematica sovrapposizione di varie forme di
diversità  xenofobia: paura e rifiuto nei confronti degli «stranieri»; razzismo: qualsiasi teoria che
stabilisca una superiorità o un’inferiorità intrinseca di gruppi razziali o etnici, in base alla quale si
riconosca agli uni il diritto di dominare o eliminare gli altri; discriminazione: trattamento ineguale;
assimilazionismo, multiculturalismo, intercultura; integrazione: divenire parte accettata della
società.
Minorane etniche e diaspore
Minoranze etniche: gruppi subordinati all’interno di società complesse; aspetti fisici o culturali
soggetti a valutazione negativa da parte dei gruppi dominanti; acquistano autocoscienza di gruppo;
possono trasmettere un’identità minoritaria;
Diaspore: dispersione spesso traumatiche da una madrepatria originaria o espansione della patria
per motivi commerciali o ambizioni coloniali; memoria collettiva e mito del ritorno; idealizzazione
della supposta patria ancestrale; movimenti di ritorno; forte durevole e solidale coscienza di
“gruppo etnico”; relazione complessa con le società di arrivo;
la deterritorializzazione delle identità sociali è connessa con la globalizzazione, mentre l’
ethnoscape è l’identità mantenuta e immaginata “nella mente”.

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