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TEORIE E APPLICAZIONI
Michael A. Hogg, Graham M. Vaughan
Per presenza implicita ci riferiamo a come l’interazione umana attribuisca significato alle cose. Di solito,
questo “significato sociale” è costruito e trasferito attraverso il linguaggio. Un esempio di presenza
implicita sono le norme.
2.1 SCIENZA
La psicologia sociale è una scienza: come tale, utilizza un metodo che include la raccolta dei dati per
verificare le ipotesi.
Per ipotesi intendiamo previsioni verificabili empiricamente sui rapporti di relazione e di causa-effetto.
Gli psicologi sociali prima sviluppano ipotesi basate su teorie, poi raccolgono dati per verificare se queste
ipotesi sono corrette.
Per teoria intendiamo un insieme di concetti e principi correlati che spiegano un fenomeno. La sua validità
si basa sulla sua corrispondenza con fatti pubblicamente verificabili.
2.2 VERIFICA DELLE IPOTESI
In psicologia sociale si dispone di una vasta gamma di metodi per verificare le ipotesi in via empirica.
Esistono due ampie tipologie di metodi: quello sperimentale e quello non sperimentale.
La scelta di un metodo appropriato è influenzata da fattori che hanno a che fare con:
• La natura dell’ipotesi indagata
• Le risorse disponibili per effettuare la ricerca
• Le basi etiche su cui il metodo si fonda
2.3 ESPERIMENTI
Un esperimento è la messa alla prova di un’ipotesi in cui si fa qualcosa per osservarne l’effetto su
qualcos’altro.
Il metodo sperimentale richiede la manipolazione di una o più variabili indipendenti e la misurazione
dell’effetto di tale manipolazione su una o più variabili dipendenti
• Variabili indipendenti: aspetti della situazione che cambiano in modo spontaneo o che possono
essere manipolati dallo sperimentatore per avere effetti su una variabile dipendente.
• Variabili dipendenti: cambiano in seguito a modifiche nella variabile indipendente.
La ricerca d’archivio è un metodo basato sulla collezione di dati raccolti da altri. È utile per indagare
fenomeni riconducibili a tempi passati. Viene spesso utilizzata per fare confronti tra culture o nazioni
differenti in merito a fenomeni come il suicidio, la salute mentale, l’educazione dei figli.
Può rivelarsi inattendibile poiché il ricercatore non ha controllo sulla raccolta dei dati iniziali.
Gli studi di un caso sono un altro metodo non sperimentale. Richiedono analisi approfondite di un caso
singolo e sono particolarmente adatti allo studio di fenomeni rari o inusuali, che non potrebbero essere
ricreati in laboratorio.
Una variante è l’analisi del discorso. L’attenzione è concentrata su quello che le persone dicono
esplicitamente in una naturale conversazione e su quello che si cela dietro le parole.
Un altro metodo è l’inchiesta. Può richiedere la presenza di un ricercatore oppure assumere la forma di un
questionario.
L’equivalente non sperimentale degli esperimenti sul campo è la ricerca sul campo. In essa un ricercatore
non intrusivo e “invisibile” osserva, registra e codifica il comportamento per come si manifesta.
3. FARE RICERCA IN MODO ETICO
Per orientare i ricercatori, l’Associazione degli Psicologi Americani ha stabilito nel 1972 una serie di principi
di condotta etica, riguardanti la ricerca sugli esseri umani. Cinque principi etici hanno ricevuto più
attenzione e sono: protezione dal danno, diritto alla privacy, inganno, consenso informato e trasparenza.
Negli esperimenti è necessario che i partecipanti non siano a conoscenza della manipolazione e delle
ipotesi che vengono verificate, altrimenti i dati rifletterebbero risposte deliberate.
I partecipanti dovrebbero anche ricevere un debriefing, cioè un rapporto dettagliato relativo
all’esperimento cui hanno preso parte.
Durante gli anni ’40 e ’50, il nuovo approccio di ricerca degli psicologi sociali produsse numerose teorie che
condividevano l’assunto secondo il quale le persone perseguono la coerenza cognitiva. Presumevano che
le persone provassero disagio quando i loro pensieri erano contraddittori e che si impegnassero in ogni
modo per risolvere tale incoerenza, anche modificando i propri atteggiamenti.
Durante gli anni ’60, divenne chiaro che le persone possiedono una notevole tolleranza nei confronti
dell’incoerenza cognitiva. I ricercatori adottarono allora il modello dello scienziato ingenuo secondo cui le
persone hanno necessità di attribuire specifiche cause ai comportamenti e agli eventi. Questo modello sta
alla base delle teorie attribuzionali del comportamento sociale.
Alla fine degli anni ’70, la ricerca lasciava intendere che le persone fossero scienziati molto imprecisi, che
compiono errori e tendenze sistematiche e prendono scorciatoie cognitive. Per descrivere il fatto che
spesso giungiamo ad una conclusione in modo rapido piuttosto che accurato, venne utilizzata l’espressione
di economizzatore cognitivo.
Oggi nella psicologia sociale, la cognizione sociale si focalizza su come la cognizione sia influenzata da
contesti sociali ampi che più immediati e su come, a sua volta, influenzi il nostro comportamento sociale.
La formazione delle impressioni e la percezione della persona sono aspetti importanti della cognizione
sociale.
C’è chi ha però suggerito che le persone abbiano convinzioni idiosincratiche e durature, definite da George
Kelly costrutti personali; tra questi, gli attributi sono i più importanti per formulare un giudizio sulle
persone.
David Schneider suggerì che le persone possono anche formulare più teorie implicite della personalità:
principi generali riguardanti quali tipi di caratteristiche si combinano insieme a formare determinati tipi di
personalità.
Le impressioni che si hanno su qualcuno sono anche influenzate dall’ordine in cui si ricevono informazioni
al suo riguardo.
L’effetto primacy consiste nell’incidenza sproporzionata delle prime informazioni ricevute
sull’impressione generale del destinatario.
È stata dimostrata anche l’esistenza di un effetto recency, che si verifica quando le ultime informazioni
hanno un impatto più decisivo delle prime: è più probabile che ciò capiti quando il destinatario è distratto o
poco motivato a prestare attenzione a chi parla.
2. SCHEMI E CATEGORIE
Uno schema è un insieme circoscritto e coerente di cognizioni interconnesse (come pensieri, convinzioni,
atteggiamenti), che ci premette di comprendere rapidamente una persona, una situazione, un evento o un
luogo sulla base di informazioni limitate.
Una volta attivati, gli schemi agevolano il cosiddetto processo top-down: generano rapidamente
un’impressione generale basata su conoscenze preacquisite.
Ci sono molti tipi di schema, ognuno dei quali influenza la codifica di informazioni nuove, il ricordo di
informazioni vecchie e le inferenze capaci di completare le informazioni mancanti:
• Schemi di persona: schemi idiosincratici che formiamo su persone specifiche.
• Schemi di ruolo: strutture conoscitive che riguardano chi ricopre un ruolo. Talvolta possono essere
compresi meglio come schemi relativi a gruppi sociali: se condivisi, diventano stereotipi sociali.
• Script: schemi che riguardano eventi.
• Schemi di sé: schemi del proprio sé: spesso sono più complessi e diversificati degli schemi che
riguardano gli altri.
• Schemi senza contenuto: sono “regole” per elaborare informazioni.
STEREOTIPI E ACCENTUAZIONE
Henri Tajfel sostenne che quando giudichiamo uno stimolo ci basiamo su qualunque informazione
riteniamo possa aiutarci a formulare il nostro giudizio.
Introdusse il termine principio di accentuazione per descrivere come diamo risalto:
• Alle analogie tra istanze appartenenti alla stessa categoria;
• Alle differenze tra istante appartenenti a categorie diverse;
• Alle differenze tra categorie diverse considerate nel loro complesso.
Questo effetto aumenta quando le persone sono incerte su come giudicare qualcosa e quando esse
pensano che ciò che stanno categorizzando sia molto importante, pertinente o dotato di valore.
In sintesi, le categorie che usiamo fungono da base per gli stereotipi.
Gli schemi che utilizziamo in modo automatico possiedono un’accuratezza circoscritta che ottimizza il
compromesso tra la rapida cognizione deduttiva top-down e la scrupolosa cognizione induttiva bottom-
up. Un fattore chiave che governa questo compromesso è la percezione dei costi dell’errore o
dell’indecisione. Se le conseguenze dell’errore hanno costi elevati, stiamo più attenti ai dati e adoperiamo
schemi più accurati. I costi dell’errore sono rilevanti quando le ricompense e le punizioni a cui andiamo
incontro dipendono fortemente dalle azioni degli altri e quando avvertiamo che dovremmo essere
responsabili dei loro atti.
La codifica sociale dipende in larga misura da ciò che cattura la nostra attenzione.
A sua volta, l’attenzione è influenzata dalla salienza e dall’accessibilità.
SALIENZA
La salienza è la proprietà che distingue uno stimolo dagli altri in un contesto specifico.
Le persone possono essere salienti perché sono inusuali e si distinguono dall’ambiente circostante, oppure
perché sono importanti in un determinato contesto. Le persone salienti attraggono l’attenzione e in un
gruppo sono spesso considerate più influenti.
L’attenzione è spesso guidata non tanto dalle proprietà dello stimolo ma dall’accessibilità delle categorie
o degli schemi che abbiamo già in testa.
Le categorie accessibili sono quelle che usiamo di più e sono coerenti con i nostri obiettivi, pertanto
vengono attivate molto facilmente da ciò che vediamo e sentiamo: ha così luogo il priming.
A differenza dell’aspetto fisico, conserviamo ricordi dei tratti delle persone sotto forma di preposizioni che
possono essere alquanto astratte. Esse si basano su inferenza causali derivate dal comportamento e dalle
situazioni e tendono a codificare i tratti in termini di desiderabilità sociale e competenza.
4. INFERENZA SOCIALE
Il termine inferenza sociale si riferisce al modo in cui elaboriamo informazioni sociali per formarci
impressioni sulle persone ed esprimere giudizi al loro riguardo.
Una distinzione chiave è tra il processo bottom-up, nel quale costruiamo impressioni gradualmente a
partire da singoli specifici dati e il processo top-down, nel quale traiamo inferenze specifiche da schemi o
stereotipi generali.
Qualunque processo usiamo, le nostre inferenze di solito sono meno accurate di quanto potrebbero essere
e non molto scientifiche. Siamo preda di una gamma piuttosto ampia di tendenze sistematiche ed errori.
Sebbene l’inferenza sociale non sia affidabile come potrebbe, di solito è sufficiente e adatta alla vita
quotidiana.
Mancare di accuratezza può avere alcuni effetti indesiderabili, tra questi la formazione di impressioni
imprecise sugli altri, o lo sviluppo di stereotipi sulle minoranze.
AUTOPERCEZIONE
Teoria dell’autopercezione, Daryl Bem: nella sua teoria sostenne quanto segue:
1. Facciamo attribuzioni del nostro comportamento allo stesso modo in cui facciamo attribuzioni del
comportamento altrui;
2. Per mezzo dell’attribuzione interna del nostro comportamento aumentiamo la conoscenza di noi
stessi, del nostro sé e della nostra identità.
STILI DI ATTRIBUZIONE
Tutti compiamo attribuzioni, ma sembriamo differire nello stile attribuzionale.
Secondo Julian Rotter gli interni compiono attribuzioni interne, ritenendo che il nostro destino dipenda in
gran parte da noi; gli esterni tendono a fare attribuzioni esterne, ritenendo che abbiamo poco controllo su
ciò che ci accade.
Possiamo anche differire nel peso che attribuiamo, in comportamenti o eventi, a cause assai generali
oppure a cause definite in maniera più precisa.
INFERENZA CORRISPONDENTE
Per spiegare come le persone infieriscono che il comportamento di un individuo corrisponde a una sua
disposizione di fondo o tratto della personalità, è stata sviluppata la teoria dell’inferenza corrispondente.
Una causa disposizionale è una causa stabile che rende il comportamento delle persone prevedibile e
aumenta la nostra sensazione di controllo sul mondo. Un’inferenza corrispondente è in grado di suggerirci
se un atto è frutto di una scelta libera e se è socialmente desiderabile: l’azione socialmente indesiderabile
è lo strumento diagnostico dell’inferenza corrispondente più affidabile, perché è frutto dell’infrazione di
una norma sociale.
In alcune situazioni, l’errore fondamentale di attribuzione può assumere una forma estrema definita
essenzialismo: le persone non solo attribuiscono il comportamento a disposizioni di fondo, ma
considerano tali disposizioni caratteristiche immutabili e spesso innate dell’individuo o del gruppo a cui egli
appartiene.
Le tendenze sistematiche a vantaggio del sé sono anche regolate dal nostro bisogno di credere che il
mondo sia un posto giusto nel quale controlliamo in parte il nostro destino.
Con la credenza in un mondo giusto ci aggrappiamo ad un’illusione di controllo: una conseguenza di ciò
è che spesso incolpiamo gli altri delle proprie sfortune. Possiamo persino accusare noi stessi dei crimini che
subiamo: le vittime di stupro possono per esempio avvertire in maniera così drammatica che il mondo non
è più un luogo stabile da ripristinare un’illusione di controllo assumendosi parte della responsabilità di
quanto avvenuto.
Le attribuzioni intergruppo sono etnocentriche: riflettono differenze etnocentriche tra gli schemi e gli
stereotipi dell’ingroup e dell’outgroup che possediamo; i nostri giudizi sono sbilanciati in favore del gruppo
a cui apparteniamo. Le persone spesso accentuano queste differenze percepite per proporre un’immagine
positiva di sé come membri di un gruppo.
A livello sociale le attribuzioni nei confronti dei gruppi ci forniscono spiegazioni per la povertà, la ricchezza
e la disoccupazione.
È piuttosto chiaro che queste attribuzioni si inseriscono nella cornice di un’ideologia, così come le
attribuzioni destinate a spiegare il malcontento sociale, le contestazioni e persino il malessere diffuso.
7.3 VOCI
La trasmissione delle voci è caratterizzata da livellamento, affinatura e assimilazione: la voce diventa più
breve e meno dettagliata e complessa, mentre alcune caratteristiche selezionate vengono ingigantite per
conformarsi agli schemi preesistenti elaborati dalle persone.
È più probabile che le voci si sviluppino durante una situazione di crisi, quando le persone sono incerte,
ansiose o sotto stress. Quando facciamo circolare una voce, in effetti, contribuiamo a ridurre l’incertezza e
lo stress che viviamo e a costruire integrazione sociale.
1. IL SÉ NELLA STORIA
Nella società medievale vite e identità delle persone erano rigorosamente tracciate secondo la loro
posizione nell’ordine sociale. L’idea di un complesso sé individuale era estremamente difficile da prendere
in considerazione.
Tutto ciò iniziò a cambiare nel sedicesimo secolo, grazie a fenomeni quali l’industrializzazione e l’avanzare
dell’illuminismo, attraverso cui le persone capirono di poter organizzare per se stesse vite differenti
sovvertendo i regimi oppressivi.
Anche l’avanzare della teoria psicoanalitica Freudiana cristallizzò la nozione secondo cui il sé si nascondeva
nelle profondità dell’inconscio.
1.1 IL SÉ PSICODINAMICO
La psicoanalisi fece emergere un problema: il sé e l’identità erano connessi a dinamiche complesse,
nascoste in profondità nella nostra idea di chi siamo. Freud riteneva che gli impulsi libidici asociali ed
egoistici (l’Es) fossero repressi e tenuti sotto controllo da norme interiorizzate provenienti dalla nostra
società (il Super-Io) ma anche che, occasionalmente, in modalità insolite, gli impulsi repressi emergessero
in superficie.
Secondo l’interazionismo simbolico legato al lavoro del sociologo G. H. Mead il sé deriva dall’interazione
umana: quando interagiamo con le persone lo facciamo mediante parole e segni non verbali ricchi di
significato, poiché simboleggiano molto di più di quanto non facciano solo le nostre azioni. Se vogliamo
comunicare con efficacia utilizziamo simboli che devono avere un significato condiviso.
L’interazione efficace si basa anche sulla capacità di assumere il ruolo dell’altro: ciò comporta il vedere noi
stessi come ci vedono gli altri. Poiché gli altri ci vedono spesso come rappresentanti di una categoria, il
“me” è considerato più spesso un “me collettivo”.
L’interazionismo simbolico offre un modello alquanto elaborato e complesso del modo in cui è formato il
sé. Poiché la formazione del nostro concetto di sé deriva dal vedere noi stessi come ci vedono gli altri (sé
riflesso), il modo in cui giudichiamo noi stessi dovrebbe essere intimamente connesso al modo in cui ci
giudicano gli altri.
Schrauger e Schoeneman rilevarono che le persone non tendevano a vedersi con gli stessi occhi degli altri,
ma che si vedevano nel modo in cui immaginavano che gli altri le vedessero.
2. AUTOCONSAPEVOLEZZA
Possiamo definire la consapevolezza di sé come uno stato in cui si è coscienti di sé come di un oggetto,
pertanto si parla di autoconsapevolezza oggettiva.
In tale stato effettuiamo un confronto tra come siamo in realtà e come ci piacerebbe essere. Il risultato è
spesso la scoperta dei propri limiti, accompagnata da emozioni negative. Cerchiamo allora di correggere i
nostri difetti nel tentativo di avvicinare il nostro sé ai canoni ideali.
L’autoconsapevolezza oggettiva è generata da qualcosa che focalizza la nostra attenzione su noi stessi
come oggetto: ciò capita, per esempio, quanto si è di fronte ad un pubblico oppure quando ci si guarda allo
specchio.
Carver e Scheier elaborarono una teoria dell’autoconsapevolezza. Distinsero tra due tipi di sé di cui
possiamo essere consapevoli:
• Sé privato: i nostri pensieri, sentimenti e atteggiamenti privati;
• Se pubblico: il modo in cui le persone ci vedono, la nostra immagine pubblica.
L’autoconsapevolezza privata ci porta ad adattare il nostro comportamento ai nostri modelli interiori,
mentre quella pubblica è orientata verso l’autopresentazione di noi stessi agli altri sotto una luce positiva.
L’autoconsapevolezza può giovarci quando i modelli a cui ci paragoniamo non sono troppo impegnativi,
può anche migliorare l’introspezione, intensificare le emozioni e perfezionare l’esecuzione di compiti.
L’elevata autoconsapevolezza può anche essere stressante o sgradita, alcuni possono cercare di evitare
questa condizione attraverso l’alcol o modalità più estreme come il suicidio.
3. CONOSCENZA DI SÉ
La conoscenza di sé è costruita in modo molto simile e attraverso molti degli stessi processi con cui
costruiamo rappresentazioni delle altre persone.
3.1 SCHEMI DI SÉ
Le persone tendono ad avere idee chiare su se stesse in merito ad alcune dimensioni, ma non su altre.
Hanno schemi di sé relativi a dimensioni che ritengono importanti, rispetto alle quali si collocano in
maniera polarizzata e di cui sono certe che il contrario non abbia valore.
Noi cerchiamo di usare i nostri schemi di sé in modo strategico. Se alcuni schemi di sé sono molto negativi
e altri molto positivi, gli eventi possono procurare cambiamenti estremi di stato d’animo a seconda che
venga attivato uno schema di sé positivo o negativo.
Nel caso delle prestazioni cerchiamo di confrontarci con persone che sono leggermente peggiori di noi:
facciamo confronti che tendono verso il basso, i quali portano ad avere un concetto di sé positivo.
Alcuni confronti sociali indirizzati verso l’alto possono avere effetti dannosi sull’autostima. Secondo il
modello di mantenimento dell’autostima di Abraham Tesser, per evitare ciò, cerchiamo di minimizzare
la nostra somiglianza con l’altra persona o di interrompere i rapporti con lei.
I confronti verso il basso si instaurano anche tra i gruppi. In effetti, le relazioni intergruppo sono in larga
parte una lotta per la superiorità del proprio gruppo nei confronti di outgroup rilevanti. Ciò a sua volta
influenza il concetto che si ha di sé come membro di un gruppo, ossia l’identità sociale.
Secondo la teoria della categorizzazione del sé il processo fondamentale vede le persone che si
considerano parte di un gruppo categorizzarsi come membri del gruppo stesso e interiorizzare in modo
automatico nel giudizio su di sé gli attributi che descrivono il gruppo. Se il gruppo è positivo, gli attributi
sono positivi, quindi anche il sé è positivo.
Lo sport fornisce una cornice ideale ove osservare il risultato di tale processo. Questo fenomeno viene
definito BIRGing (godere di gloria riflessa): consiste nel menzionare nomi importanti per collegarsi a
persone o gruppi ammirati e migliorare di conseguenza l’impressione che le persone hanno nei nostri
riguardi.
La teoria della discrepanza del sé e il concetto generale di regolazione del sé hanno avuto recente sviluppo
nella teoria basata sull’autoregolazione: secondo tale teoria, le persone usano strategie di regolazione
del sé per portarsi al livello dei propri modelli e obiettivi per mezzo di due sistemi:
• Sistema di promozione: se usiamo questo sistema siamo motivati a concretizzare le nostre speranze e
aspirazioni, cioè a perseguire il nostro ideale. Ci concentreremo sugli eventi positivi e adotteremo una
strategia di avvicinamento per realizzare i nostri obiettivi. Una focalizzazione basata sulla promozione
può emergere quando i bambini vengono abbracciati e baciati perché si comportano nel modo
desiderato.
• Sistema di prevenzione: se usiamo questo sistema siamo motivati ad adempiere ai nostri doveri e
obblighi, cioè alle norme. Ci concentreremo sugli eventi negativi e adotteremo una strategia di
allontanamento per realizzare i nostri obiettivi, ad esempio concentrandoci di più su come evitare il
fallimento piuttosto che su come avere successo. Una focalizzazione basata sulla prevenzione emerge
se da bambini si è stati incoraggiati a stare attenti ai potenziali pericoli, oppure si è stati puniti e
sgridati per comportamenti sbagliati.
5. MOTIVAZIONI DEL SÉ
Le persone sono assai motivate ad assicurarsi la conoscenza di sé. Tuttavia, le persone hanno in mente ciò
che vogliono sapere e possono rimanere delusi se essa porta alla luce aspetti imprevisti o che non si
desiderava conoscere.
Gli psicologi sociali identificano tre classi motivazionali che possono interagire per influenzare la
costruzione del sé e la ricerca della conoscenza di sé. Noi perseguiamo:
• L’autovalutazione per confermare noi stessi
• L’autoverifica per essere coerenti
• L’autoaccrescimento per dare una buona impressione
5.2 AUTOACCRESCIMENTO
Le persone desiderano conoscere informazioni di sé che ne diano un’immagine positiva. Ci piace scoprire
nuovi aspetti favorevoli su noi stessi così come trovare modi di rivedere punti di vista negativi: siamo
guidati dal motivo dell’autoaccrescimento. Le persone si impegnano ad affermare pubblicamente aspetti
positivi su di sé: possono farlo in maniera palese, o in modo più sottile. Tale necessità è particolarmente
forte quando è stato messo in crisi un aspetto della propria personalità.
6. AUTOSTIMA
La ricerca indica che di solito le persone hanno un’opinione favorevole di sé. Le persone minacciate o
ansiose esibiscono quello che viene definito egotismo automatico: un’immagine ampiamente positiva di
sé.
Una tendenza sistematica positiva, basata su illusioni positive, è psicologicamente adattiva. Senza questi
sostegni psicologici sono predisposte alla depressione e ad altre forme di disturbo mentale.
L’eccessiva ostentazione di sé, tuttavia, può non solo infastidire, ma anche essere scarsamente adattiva.
L’AUTOSTIMA È UN “SOCIOMETRO”?
L’autostima è anche un ottimo rilevatore interno dell’accettazione e dell’inclusione sociale, piuttosto che
del rifiuto o dell’esclusione. Mark Leary la definisce come un “sociometro”: insieme a dei colleghi
condusse degli esperimenti per mettere alla prova questa posizione, dai quali risultò che i partecipanti con
alta stima di sé registravano una maggiore inclusione sociale. Inoltre, l’esclusione sociale da un gruppo per
motivi personali abbassava l’autostima dei partecipanti.
7. AUTOPRESENTAZIONE
I sé si costruiscono, modificano e manifestano attraverso l’interazione con gli altri. Poiché il sé che
proiettiamo ha conseguenze per le reazioni degli altri, cerchiamo di controllarne la presentazione: questo
fenomeno è chiamato gestione dell’impressione.
Ci sono due classi generali di motivazioni alla base dell’autopresentazione:
• Strategica: persone modellano il proprio comportamento in modo da trasmettere l’impressione che
secondo loro il pubblico o la situazione richiede;
• Espressiva: il comportamento risponde meno alle richieste di un contesto che è mutevole.
Russel Fazio sostiene che la funzione principale di ogni tipo di atteggiamento sia quella di valutazione
dell’oggetto, indipendentemente dal fatto che l’atteggiamento abbia valenza positiva o negativa. Il mero
possesso di un atteggiamento è utile per l’orientamento verso l’oggetto che fornisce ad una persona. Per
assolvere a questa funzione, un atteggiamento deve essere accessibile.
2.1 ESPERIENZA
Molti atteggiamenti derivano dalla nostra esperienza diretta con gli oggetti dell’atteggiamento e ci sono
diverse spiegazioni circa il suo effetto: la mera esposizione, il condizionamento classico o quello operante,
la teoria dell’apprendimento sociale e dell’autopercezione.
L’esperienza diretta ci informa in merito agli attributi di un oggetto e ci aiuta a formare credenze che
influenzano il nostro livello di gradimento o di avversione nei confronti di quest’ultimo.
L’effetto della mera esposizione è il fenomeno per cui l’esposizione ripetuta ad un oggetto dà come
risultato una maggiore attrazione nei suoi confronti. L’effetto dell’esposizione continuata tuttavia
diminuisce.
La mera esposizione ha impatto maggiore quando siamo sprovvisti di informazioni in merito a una
questione: ad esempio, durante le elezioni i membri in carica di un governo o di un partito di opposizione
godono di un vantaggio sugli altri candidati semplicemente perché i loro nomi sono più familiari.
CONDIZIONAMENTO
Nel caso del condizionamento classico l’associazione ripetuta può portate uno stimolo che in passato era
neutrale a provocare una reazione suscitata in precedenza solo da un altro stimolo. Può essere una forma
forte, persino insidiosa, di apprendimento degli atteggiamenti.
Nel caso del condizionamento operante o strumentale il comportamento con conseguenze positive
viene rafforzato, al contrario di quello negativo, e pertanto ha maggiori probabilità di essere ripetuti. Per
esempio, i genitori usano rinforzatori verbali per incoraggiare l’assunzione di un comportamento
accettabile da parte dei figli, mentre nel momento in cui questi si ribellano vengono privati di un premio o
si vedono puniti.
Gli atteggiamenti si possono formare anche attraverso l’apprendimento sociale e manifestarsi in assenza
di rafforzi diretti.
Albert Bandura concentra la sua ricerca sul modellamento, secondo cui le persone tendono a riprodurre
azioni, atteggiamenti e risposte emotive di un modello. Come tale, richiede l’osservazione: gli individui
non apprendono nuove reazioni direttamente dall’esperienza, ma osservando ciò che capita agli altri.
Uno studio condotto da LaPiere mise in discussione la validità di questi questionari: all’inizio degli anni
Trenta intraprese un viaggio turistico negli Stati Uniti in compagnia di due amici cinesi. Spostandosi di
luogo in luogo, questi furono rifiutati in una sola occasione. In seguito Lapiere inviò dei questionari ai
luoghi che aveva visitato, chiedendo loro “accettereste persone di razza cinese come ospiti della vostra
struttura?”. Di tutti i ristoranti e alberghi le risposero, il 92% disse di no.
Certamente questo studio non era progettato su basi scientifiche, ma fornì comunque una prima sfida alla
validità del concetto di atteggiamento: dimostrò che il comportamento delle persone cambiava a seconda
che la situazione fosse pubblica o privata.
Gli atteggiamenti accessibili possono influenzare il modo in cui categorizziamo: quando scegliamo tra una
varietà di categorie possibili per descrivere un oggetto, è più probabile selezionare quella che risulta più
accessibile. Un atteggiamento diventa più accessibile nella misura in cui l’esperienza diretta con il suo
oggetto diventa più frequente.
Tuttavia alcune azioni sono meno di altre sotto il controllo delle persone.
Ajzen mise in evidenza il ruolo della volontà in un modello modificato, la teoria del comportamento
pianificato: la teoria suggerisce che la previsione di un comportamento a partire dalla misura di un
atteggiamento aumenti se le persone ritengono di aver controllo su quel comportamento.
La teoria della motivazione della protezione ha offerto chiarimenti sul modo in cui il ricorso alla paura
può avere successo o fallire nell’eliminare abitudini pericolose per la salute: la teoria evidenzia come le
intenzioni di produrre un cambiamento siano agevolate da:
• Un incremento nella percezione della gravità di una minaccia per la salute
• La vulnerabilità dell’individuo nei confronti di quella specifica minaccia
• La percezione dell’efficacia dell’azione protettiva
• L’autoefficacia
Ad esempio, nel considerare perché una persona possa continuare a fumare o smettere di farlo, la teoria
considera due processi cognitivi di mediazione:
1. Valutazione della minaccia: fumare dà gratificazioni intrinseche ed estrinseche. Questi vantaggi sono
controbilanciati dai pensieri relativi ai rischi per la propria salute e sulla percezione della propria
vulnerabilità.
2. Valutazione dell’impegno: le persone valutano l’efficacia della risposta (se ad esempio la terapia di
sostituzione della nicotina funziona) e l’autoefficacia.
Il compromesso derivato dal confronto tra queste due variabili determina il livello di motivazione alla
protezione.
8.1 REATTIVITÀ
Veniamo più facilmente persuasi se pensiamo che il messaggio non sia deliberatamente inteso a
persuaderci.
Le persone cercano di proteggere la propria libertà di azione. Quando ne percepiscono la riduzione,
agiscono al fine di recuperarne il possesso.
8.2 PREAVVERTIMENTO
Il preavvertimento è la conoscenza a priori di un’intenzione persuasiva: anticipare a qualcuno che si
cercherà di influenzarlo. Quando le persone vengono avvisate, hanno il tempo di recuperare le
controargomentazioni utilizzabili come difesa. Può essere considerato un caso speciale di
immunizzazione.
Il fenomeno dell’immunizzazione è stato usato in alcuni tipi di pubblicità: per esempio in quelle basate sulla
controversia/protezione. Un’industria chimica potrebbe ad esempio pubblicare un comunicato
sull’inquinamento ambientale per immunizzare i suoi clienti contro le accuse di cattiva condotta ecologica
mosse dai concorrenti.
1. NORME
Le norme sono credenze condivise circa la condotta del membro di un gruppo considerata appropriata.
Descrivono le uniformità di comportamento che caratterizzano i gruppi.
Possono prendere la forma di ruoli espliciti, imposti da leggi e sanzioni, oppure possono fungere da sfondo
implicito, inosservato dell’esistenza quotidiana.
Garfinkel riteneva che queste ultime fossero nascoste perché presenti nella vita di tutti i giorni e che
fossero in parte responsabili di quei comportamenti che definiamo spesso innati. Ideò alcune modalità per
mettere in luce queste norme di fondo: tali modalità costituiscono l’etnometodologia, un metodo che
implica la violazione di norme nascoste per rivelarne l’effettiva presenza.
1.1 COME NASCONO LE NORME
Muzafer Sherif mostrò che quando le persone erano da sole nell’esprimere giudizi di tipo percettivo
utilizzavano come schema di riferimento le proprie valutazioni; tuttavia, quando facevano parte di un
gruppo, essi utilizzavano la gamma di giudizi espressi dagli altri membri per convergere velocemente verso
una media del gruppo.
Le persone si basano quindi sul comportamento altrui per stabilire la gamma di comportamenti possibili:
utilizzano perciò lo schema di riferimento, di cui si servono per instaurare confronti sociali in un
determinato contesto.
Sherif dimostrò con le sue ricerche che una norma era una proprietà che nasceva dall’interazione tra i
membri di un gruppo ma che, una volta creata, acquistava vita propria: chi faceva parte del gruppo
continuava a conformarsi alla norma anche quando era da solo.
2. CONFORMISMO
Secondo Asch, se l’oggetto del giudizio fosse chiaro, le opinioni degli altri non avrebbero effetto sul
comportamento.
Per sottoporre a verifica questa idea creò un paradigma sperimentale ad oggi diventato classico.
Studenti di sesso maschile partecipavano a quello che pensavano essere un compito sulla capacità di
discriminazione visiva, si siedevano attorno ad un tavolo in gruppi composti da 7 a 9 individui. A turno, in
ordine fisso, ciascuno dichiarava quale di tre segmenti messi a confronto fosse della stessa lunghezza di un
segmento standard di riferimento. Venivano realizzate 18 prove. In realtà, solo una persona era un
partecipante ingenuo (reale) e si trovava al penultimo posto nell’ordine di risposta. Gli altri erano
collaboratori di ricerca, istruiti per dare risposte erronee su 12 prove.
I risultati furono interessanti: il 25% rimaneva indipendente sulle proprie posizioni; il 50% su sei o più prove
si conformava alla maggioranza nonostante questa sbagliasse; il 5% si conformava su tutte e 12 le prove.
Dopo l’esperimento Asch chiese ai partecipanti perché si fossero conformati alla maggioranza: risposero di
sentirsi insicuri, a disagio, incerti e avevano temuto la disapprovazione da parte del gruppo.
Questi resoconti soggettivi ci dicono che una ragione per cui le persone si conformano alle posizioni della
maggioranza, anche quando la scelta corretta è evidente, può essere quella di evitare la censura, il ridicolo
e la disapprovazione sociale.
La distinzione tra influenza informativa e normativa pone scarsa enfasi sul ruolo dell’appartenenza al
gruppo. A occuparsene è stata la teoria dell’identità sociale, che propone un processo di influenza sociale
separato, responsabile dell’adeguamento alle norme di gruppo, definito influenza informativa del
referente: quando essere parte di un gruppo diventa saliente avvertiamo un senso di appartenenza e
definiamo noi stessi nei termini del gruppo. Recuperiamo informazioni dalla memoria e usiamo
informazioni del contesto sociale per definire norme e attributi rilevanti del gruppo.
3. ACQUIESCENZA
La letteratura sull’influenza sociale usa talvolta il termine acquiescenza come sinonimo di conformismo.
Per acquiescenza ci si riferisce a una risposta comportamentale alla richiesta di un altro individuo, mentre
con conformismo ci si riferisce all’influenza di un gruppo su un individuo.
4. OBBEDIENZA ALL’AUTORITÀ
I risultati dello studio di Asch sono stati criticati da molti psicologi sociali che ritennero che il compito fosse
troppo banale e non comportava alcuna conseguenza né su di sé né sugli altri.
Stanley Milgram cercò di ripetere lo studio, ma ricorrendo ad un compito che presentava conseguenze
importanti a seconda che venisse presa la decisione di conformarsi o di rimanere indipendente.
Successivamente non procedette mai con il suo studio iniziale sul conformismo e il gruppo di controllo
divenne la base di uno dei programmi di ricerca più drammatici della psicologia sociale.
Insieme allo sperimentatore c’era un insegnante (partecipante reale) e un allievo (un collaboratore). Il ruolo
dell’allievo consisteva nell’apprendere una serie di parole. Quello dell’insegnante nell’infliggere una scossa
elettrica ogni volta che questi realizzava un’associazione errata.
L’insegnante era condotto in una stanza separata in cui era collocato un generatore di corrente, gli veniva
richiesto di infliggere scosse elettriche di intensità crescente ogni volta che l’allievo sbagliava.
Per tutta la durata dell’esperimento, l’insegnante si manifestava agitato e teso e chiedeva spesso di
interrompere l’esperimento. A tali richieste, lo sperimentatore rispondeva con una serie di risposte
ordinate, da un gentile “per piacere, continui”, a “l’esperimento richiede che lei continui”, a “è
assolutamente necessario che lei continui”, fino al definitivo “non ha altra scelta: deve continuare”.
A partecipare all’esperimento erano persone del tutto normali: 40 uomini dai 20 ai 50 anni che svolgevano
attività diverse. L’intero esperimento si basava su un complesso inganno, poiché nessuna scarica elettrica
veniva in realtà inflitta.
4.2 FATTORI CHE INFLUENZANO L’OBBEDIENZA
Migram condusse 18 esperimenti sull’obbedienza per isolare i vari fattori che contribuivano al fenomeno.
Tranne che in un caso, i partecipanti erano tutti individui di sesso maschile tra i 20 e i 50 anni, non studenti,
che svolgevano differenti attività lavorative e appartenevano a differenti livelli socioeconomici.
Una ragione del perché le persone continuino a infliggere scariche elettriche può essere data dal fatto che
l’esperimento inizia in modo del tutto innocuo, con scosse assolutamente trascurabili. Una volta che gli
individui si sono fatti coinvolgere in una linea di azione, possono trovare difficile in seguito cambiare idea.
La ricerca di Milgram affronta lo studio di una delle grande debolezze dell’umanità: la tendenza a obbedire
agli ordini senza prima riflettere.
Quest’ultimo punto solleva il tema dell’inganno nella ricerca sociale. Esistono due ragioni per ingannare
coloro che partecipano ad un esperimento: la prima è indurli a partecipare ad un esperimento altrimenti
sgradevole; la seconda è che, per studiare il funzionamento dei processi psicologici, i partecipanti devono
essere all’oscuro rispetto alle ipotesi della ricerca.
5.2 COERENZA
L’efficacia dell’innovazione dipende dal modo in cui la minoranza affronta il proprio compito: dallo stile
comportamentale che adotta.
Lo stile comportamentale più importante è la coerenza: una minoranza coerente, in cui tutti i membri
diffondano ripetutamente lo stesso messaggio, ottiene i seguenti effetti:
• Mette in crisi la norma della maggioranza e produce incertezza e dubbio
• Attira l’attenzione su di sé come entità
• Trasmette l’idea secondo cui un punto di vista alternativo coerente esiste
• Dimostra sicurezza e deciso coinvolgimento nel proprio punto di vista
• Mostra che l’unica soluzione al conflitto è l’accettazione del punto di vista della minoranza
5.3 INCLUSIONE
Nella società i gruppi che diffondono punti di vista minoritari sono spesso stigmatizzati dalla maggioranza,
oppure etichettati come individui devianti. Tale livello di resistenza da parte della maggioranza rende per
le minoranze più difficile essere efficaci.
Le minoranze possono essere più efficaci se non si limitano a promuovere solo un’opinione che differisce
dalla posizione della maggioranza, ma se sono anche considerate suoi membri: esercitano infatti
un’influenza maggiore se la maggioranza le percepisce come ingroup.
Ciò produce quello che viene definito contratto di tolleranza.
Successivamente Floyd Allport dimostrò l’effetto di facilitazione sociale, grazie a cui la sola presenza di
altre persone che non partecipano migliora l’esecuzione di un compito. Tuttavia la ricerca ha anche messo
in luce che la presenza sociale può produrre anche un effetto del tutto opposto: l’inibizione sociale o il
peggioramento dell’esecuzione del compito.
Una delle dimostrazioni più tradizionali di questa contraddizione fa capo alla teoria della pulsione:
l’attivazione o incremento di motivazione è una reazione istintiva alla presenza sociale. Questa attivazione
infonde energia o “stimola” la nostra risposta dominante. Se la risposta dominante è corretta, la presenza
migliora la prestazione; ma se è scorretta, la presenza degli altri porta a un peggioramento.
Una caratteristica evidente della presenza sociale riguarda il fatto che consideriamo le altre persone fonte
di distrazione, e che ciò influenza la nostra esecuzione di un compito. Le persone possiedono una capacità
di attenzione limitata, che può essere messa in crisi dalla presenza di un pubblico.
La presenza sociale ha un impatto più forte quando le persone interagiscono tra loro.
Stare in un gruppo talvolta può motivarci a lavorare persino con più intensità di quando siamo soli. Si
verifica quando il compito e il gruppo sono così importanti che l’individuo sente il bisogno di compensare
l’inerzia prevista da parte degli altri membri del gruppo: si chiama effetto di compensazione sociale.
3. COME FUNZIONANO I GRUPPI
Le transizioni di ruolo sono semplici e prive di complicazioni quando l’individuo e il gruppo sono coinvolti in
ugual misura e condividono le stesse idee sul significato di transizione, altrimenti può verificarsi un
conflitto. Per questa ragione i criteri di transizione sono spesso formalizzati e pubblici, e i riti di iniziazione
diventano parte centrale del gruppo, svolgendo 3 importanti funzioni:
• Funzione simbolica: consentono il riconoscimento pubblico di un cambiamento nell’identità;
• Funzione di apprendistato: aiutano ad abituarsi a nuovi ruoli e standard normativi;
• Funzione di fidelizzazione: iniziative piacevoli possono suscitare gratitudine, la quale a sua volta
accresce il coinvolgimento nel gruppo.
I riti di iniziazione possono anche essere eventi spiacevoli, implicare dolore, sofferenza e umiliazione.
Sicuramente le persone eviterebbero di entrare in gruppi che contemplano prove di iniziazione dure.
Possiamo spiegare questa anomalia nei termini della dissonanza cognitiva: posso ridurre la dissonanza
riconsiderando le mie opinioni sul gruppo, concentrandomi più sugli aspetti positivi che su quelli negativi. Il
risultato sarà un giudizio migliore nei confronti del gruppo e quindi un maggior coinvolgimento. Più dura è
l’iniziazione, più è probabile che porti a una maggiore dissonanza e a un più favorevole giudizio del gruppo.
RUOLI
I ruoli sono modelli di comportamento che distinguono le differenti attività all’interno del gruppo.
Governano le relazioni e le interazioni tra sottogruppi appartenenti al gruppo, spesso al fine di ottenere un
risultato migliore per l’intero gruppo.
I ruoli talvolta possono essere associati ad appartenenze a categorie più ampie, fuori dall’immediato
contesto.
Emergono nei gruppi per delineare una divisione del lavoro. Generalmente, agevolano il funzionamento
del gruppo; tuttavia un ruolo interpretato in maniera inflessibile può rivelarsi dannoso.
Sebbene le persone possano spostarsi tra differenti ruoli, spesso le vediamo rivestirne uno solo, e
inferiamo che questo è il modo in cui sono realmente. Cadiamo cioè vittime dell’errore fondamentale di
attribuzione.
Nell’ambito della psicologia sociale, la più nota illustrazione della capacità che hanno i ruoli di cambiare il
comportamento è l’esperimento con cui Zimbardo simulava le relazioni di ruolo in un carcere.
24 volontari psicologicamente stabili vennero assegnati ai ruoli di prigioniero o di guardia. I prigionieri
venivano arrestati e consegnati alle guardie in una prigione simulata. Zimbardo voleva osservarli per due
settimane, ma dovette interrompere lo studio dopo sei giorni. Nonostante gli studenti fossero
psicologicamente stabili, la situazione sfuggì completamente di mano: le guardie tormentavano e
intimidivano continuamente i prigionieri, talvolta usando tecniche psicologiche per minarne la solidarietà. I
prigionieri inizialmente si ribellarono, ma divennero gradualmente passivi, mostrando sintomi di
disintegrazione individuale e perdita di contatto con la realtà.
STATUS
Alcuni ruoli hanno uno status più elevato di altri.
I ruoli con status elevato sono valutati e considerati prestigiosi dal gruppo e permettono a chi li occupa di
essere innovativo e influente.
Le gerarchie di status nei gruppi possono variare nel tempo e attraverso le situazioni.
Secondo la teoria dell’aspettativa di status lo status all’interno di un gruppo deriva da due insiemi di
caratteristiche:
1. Caratteristiche dello status specifico: attributi riguardanti l’abilità della persona nel compito del
gruppo;
2. Caratteristiche dello status generale: attributi generalmente valutati in modo positivo o negativo
dalla società.
RETI DI COMUNICAZIONE
Indipendentemente dal proprio ruolo, le persone che fanno parte di un gruppo di solito coordinano le
proprie azioni. Lo fanno comunicando tra loro, attraverso una molteplicità di reti di comunicazione.
Le reti differiscono tra loro nel grado di centralizzazione:
• Tipo centralizzato: tutte le comunicazioni circolano passando per un centro di comunicazione o punto
centrale. Nei compiti semplici sembra migliorare la prestazione di gruppo
• Tipo decentralizzato: ogni ruolo può comunicare direttamente con ogni altro. Nei compiti complessi
funziona meglio.
La centralizzazione presenta un problema di fondo: dato che tutta la comunicazione passa per il centro, i
membri periferici possono sentire di avere meno autonomia e potere. Ciò spesso riduce la soddisfazione
generale e può produrre conflitto all’interno del gruppo.
RAGIONI E MOTIVI
La prossimità fisica è un motivo molto comune. Iniziamo ad apprezzare le persone a cui siamo più
prossimi, inoltre la prossimità può rivelare interessi, atteggiamenti e credenze simili.
Un’altra ragione per entrare a far parte di un gruppo è la realizzazione di obiettivi che da soli non si
potrebbero conseguire.
Le persone lo fanno anche per il piacere della compagnia umana e per evitare la solitudine, per ricevere
sostegno emotivo in periodi di forte stress.
4. LEADERSHIP
La leadership è un processo di influenza sociale attraverso il quale un individuo ottiene e mobilita l’aiuto
degli altri nel raggiungimento di uno scopo collettivo. Essa richiede che un individuo o un’associazione
influenzi il comportamento di un altro individuo o di un gruppo di individui.
La leadership esiste quando le persone sono persuase a interiorizzare le norme di gruppo che esse mettono
in atto come espressione delle proprie convinzioni.
La seconda teoria è la teoria del percorso-obiettivo (Path-Goal Theory), che presuppone che una delle
funzioni principali del leader sia motivare i gregari chiarendo i percorsi per aiutarli a raggiungere i propri
obiettivi. Ci sono due classi di comportamento del leader:
• Strutturazione: dirige le attività connesse al compito
• Cura: si dedica ai bisogni personali ed emotivi
LEADERSHIP TRANSAZIONALE
Le teorie della leadership transazionale considerano la leadership come un processo di scambio in cui i
gregari forniscono al leader approvazione sociale, prestigio, status e potere e questi, in cambio, guida il
gruppo verso obiettivi importanti, apprezzando e gratificando i gregari per la realizzazione del compito.
Hollander avanza una proposta interessante secondo cui i leader hanno bisogno di ottenere dal gruppo
credito personale, cioè la libertà di essere innovativi ed autonomi. Un leader può accumularlo:
• Conformandosi inizialmente alle norme di gruppo
• Assicurandosi che il gruppo percepisca come democratica la sua elezione a leader
• Assicurandosi di essere ritenuto adeguato al raggiungimento degli obiettivi di gruppo
• Mostrano la propria identificazione con il gruppo
La teoria dello scambio leader-gregario si basa sulla capacità del leader di sviluppare relazioni di scambio
di buona qualità con i singoli gregari.
Un leader efficace sviluppa relazioni di qualità elevata, basate su fiducia, rispetto e impegno reciproco: tali
relazioni aumentano il benessere e la prestazione lavorativa dei collaboratori, legandoli al gruppo con più
forza.
TRASFORMAZIONE E CARISMA
La leadership trasformazionale è un approccio che si focalizza sul modo in cui i leader trasformano gli
obiettivi e le azioni di gruppo, principalmente attraverso l’esercizio del carisma.
I leader trasformazionali stimolano i gregari ad adottare una visione che vada al di là dell’interesse
personale e si prefiggono lo scopo di aumentare le ispirazioni, migliorarne le abilità, sfigare il loro modo di
pensare. Motivano i gregari a identificarsi con loro e la loro visione.
Il carisma gioca un ruolo chiave: i leader devono avere fascino e forza seduttiva, essere estroversi, piacevoli
e dotati di apertura mentale.
4.3 I LEADER GUIDANO I GRUPPI
Teoria della categorizzazione del leader: le nostre percezioni della leadership giocano un ruolo centrale
nelle decisioni che prendiamo in merito alla selezione e al sostegno dei leader.
Esistono differenti categorie di leadership che le persone rappresentano come schemi o prototipi.
In ogni data situazione di leadership, le persone registrano quanto le caratteristiche e le azioni del leader si
armonizzano con il prototipo di leadership rilevante.
Teoria dell’identità sociale della leadership: i gruppi forniscono alle persone identità sociale. Il tipo di
persona che incarna il prototipo si trova al centro dell’attenzione del gruppo, gode del suo massimo
rispetto ed è molto influente: è o può essere un leader. Le persone fanno affidamento sui propri leader
affinché essi esprimano e rappresentino la loro identità, la chiariscano e mettano a fuoco, rendendola
stabile e fissa.
Un’altra ragione alla base è che le donne rivendicano la leadership in modo meno efficace degli uomini.
Esistono quattro barriere principali per le donne che rivendicano autorità:
• Incoerenza con il ruolo
• Mancanza di esperienza nel dirigere
• Responsabilità della famiglia
• Mancanza di motivazione
Un motivo alla base di questo atteggiamento può essere la minaccia dello stereotipo.
Membri differenti ricordano cose differenti, ma ognuno ha bisogno di ricorda “chi ricorda cosa”. Ciò prende
il nome di memoria transattiva. Nei gruppi di nuova formazione si basa spesso su aspettative stereotipate
riguardo a chi è più probabile che ricordi cosa.
C’è tuttavia un pericolo nascosto nella memoria transattiva: dato che la memoria è distribuita in maniera
disuguale, quando un membro se ne va, parte della memoria di gruppo è temporaneamente perduta o
ridotta.
5.3 BRAINSTORMING
Alcuni compiti decisionali richiedono ai gruppi di inventare soluzioni creative e originali.
Una tecnica comunemente usata è il brainstorming: produzione libera del maggior numero di idee
possibili in un gruppo. Bisogna semplicemente dire qualunque cosa venga in mente e sfruttare le idee altrui
quando è possibile. Si suppone che questa tecnica agevoli il pensiero creativo.
Tuttavia la ricerca afferma diversamente: sebbene i gruppi di brainstorming generino più idee, gli individui
interni al gruppo non sono più creativi di quelli che lavorano da soli; i gruppi nominali possiedono il doppio
della creatività dei gruppo dove c’è interazione.
Il problema più significativo è il blocco produttivo: una riduzione nella creatività e nella produttività
individuale dei gruppi di brainstorming dovuta alle interruzioni e alle attese del proprio turno.
Le giurie spesso devono ricordare ed elaborare enormi quantità di informazioni. La mera quantità
promuove un effetto recency: alla prova presentata per ultima viene attribuito un peso maggiore.
Inoltre, la prova considerata da un giudice inammissibile probabilmente influenzerà lo stesso la decisione
della giuria.
In accordo con gli schemi decisionali, se due terzi o più dei giurati appoggiano inizialmente un’alternativa,
questa rappresenterà probabilmente il verdetto finale della giuria.
2.1 RAZZISMO
La discriminazione basata sulla razza o l’etnia è storicamente responsabile di alcuni dei più terrificanti atti
di inumanità di massa.
La maggior parte della ricerca sul razzismo si è focalizzata su atteggiamenti e comportamenti sfavorevoli
nei riguardi delle persone di colore negli Stati Uniti dove, storicamente, gli afroamericani sono stati
considerati in modo negativo.
NUOVO RAZZISMO
Nel corso di 60 anni è diminuito il numero di coloro che considerano gli afroamericani superstiziosi, pigri e
ignoranti. Lavorando in un contesto teorico basato sulla cognizione sociale, Devine e Elliot rilevarono che
più del 25% degli intervistati considerava gli afroamericani atletici e dotati di senso del ritmo, ma anche
meno intelligenti, predisposti al crimine e ostili. Gli stereotipi specifici sono dunque cambiati, ma la
negatività rimane.
Poiché il razzismo palese è di solito illegale e socialmente condannato, oggi è più difficile da smascherare.
Il nuovo razzismo riflette il conflitto che le persone sperimentano tra l’antipatia emotiva profondamente
radicata verso outgroup razziali e i valori dell’uguaglianza. Le persone con questo pregiudizio risolvono il
problema conducendo vite separate ed evitando il problema della razza. Negano lo svantaggio razziale e vi
oppongono un’azione costruttiva o altre misure indirizzate ad affrontare lo svantaggio razziale.
2.2 SESSISMO
Sono stati condotti molti studi sulla psicologia del genere e si è osservato che quasi sempre la ricerca sul
sessismo si concentra su pregiudizio e discriminazione verso le donne. Questo perché soprattutto le
donne, nella storia, hanno sofferto come vittime di sessismo.
Nella rassegna di Fiske sugli stereotipi sessuali vengono individuati nella cultura occidentale quattro
sottotipi principali di donna:
1. Casalinga
2. Donna sexy
3. Donna in carriera
4. Femminista/atleta/lesbica
I primi due rappresentano una dimensione interpersonale, mentre gli altri una dimensione relativa alla
competenza.
I sottotipi maschili sono meno definiti, ma i due principali sono l’uomo d’affari e il macho: entrambi
rappresentano la dimensione della competenza.
Teoria del ruolo sociale: le differenze sessuali nelle occupazioni sono determinate dalla società piuttosto
che da fattori biologici individuali.
GENERE E POTERE
Una ragione per cui gli stereotipi sessuali persistono è data dal fatto che persiste l’assegnazione di ruolo in
relazione al genere. Certe occupazioni sono state etichettate come “lavoro da donne” e vengono di
conseguenza valutate di meno.
Ciò indica che alcuni ruoli possono essere sessualmente tipizzati e che con l’incrementare dell’assunzione
di ruoli maschili da parte delle donne potrebbe esserci un cambiamento sostanziale degli stereotipi
sessuali. Tuttavia potrebbe anche verificarsi il contrario: poiché le donne ricoprono un ruolo
tradizionalmente maschile, il ruolo stesso può essere meno stimato.
Le donne nel corso della loro ascesa, e proprio a ridosso della vetta, vanno a sbattere contro una barriera
invisibile, definita soffitto di vetro: barriera invisibile che impedisce alle donne e ad altre minoranze di
ottenere posizioni di comando al vertice. Il pregiudizio maschile contro le donne in cerca di potere genera
un contraccolpo che sta alla base di questo fenomeno.
La forma più estrema di pregiudizio legittimato è il genocidio. Il genocidio può anche essere praticato in
modo più indiretto, creando le condizioni per un enorme svantaggio materiale, che porta un gruppo, di
fatto, ad annientarsi attraverso malattie, suicidi e delitti causati dall' alcolismo, dall' abuso di droga e dalla
profonda disperazione.
La spiegazione di Sherif era rappresentata dalla teoria del conflitto realistico, Secondo cui la natura delle
relazioni basate sull’obiettivo determina la natura delle relazioni intergruppo. Gli individui che condividono
obiettivi che richiedono interdipendenza tendono a cooperare e a formare un gruppo. Tuttavia gli individui
che hanno obiettivi reciprocamente esclusivi si impegnano in una competizione.
Quando gli obiettivi condivisi richiedono interdipendenza ai fini del loro raggiungimento - cioè quando gli
obiettivi sono sovraordinati - si riduce il conflitto e si promuove l'armonia.
Per qualche tempo la ricerca suggerì che il mero atto di essere categorizzati in un gruppo fosse sufficiente
per generare etnocentrismo e comportamento competitivo intergruppo. Sembra che ho un motivo per cui
le persone si identificano con i gruppi, anche minimali, sia dato dal desiderio di ridurre l'incertezza
soggettiva.
La conclusione è che la categorizzazione sociale ha un ruolo fondamentale nel comportamento
intergruppo. Su questa base, Tajfel sviluppò il concetto di identità sociale.
1. COS’È L’AGGRESSIVITÀ?
L'aggressività si esprime a diversi livelli, alcuni di scarso rilievo, altri di rilievo enorme.
Le teorie di Freud furono riviste più tardi da teorici che si richiamavano alla sua posizione, che considera
l'aggressività come un processo più razionale, ma tuttavia innato, mediante il quale le persone cercano di
trovare uno sfogo salutare degli istinti primordiali alla base di tutte le specie animali.
2.2 ETOLOGIA
L'etologia è un ramo della biologia dedicato allo studio degli istinti o a modelli costanti di azione, rilevati
fra tutti i membri di una specie nel loro ambiente naturale.
Gli etologi sottolinearono gli aspetti positivi e funzionali dell'aggressività, ma individuarono anche che il
comportamento aggressivo reale è suscitato da stimoli specifici dell'ambiente, conosciuti come
catalizzatori.
Per sostenere che l'aggressività ha valore di sopravvivenza, Lorenz citava i principi evolutivi. un animale è
molto più aggressivo verso gli altri membri della propria specie. Estese le sue argomentazioni agli umani,
che sono in possesso anche di un ereditario istinto al combattimento: un impulso innato all' aggressività
che gli etologi considerano condiviso dagli umani insieme ad altri animali.
Questa ipotesi ha ricevuto notevoli critiche nel corso degli anni. Una delle principali è rappresentata dal
fatto che la frustrazione non è necessaria né sufficiente per scatenare l'aggressività. La collera è un
predittore di aggressività più affidabile rispetto alla frustrazione.
3.2 ATTIVAZIONE E AGGRESSIVITÀ
Secondo il modello del trasferimento dell'eccitazione, l’aggressività ha luogo quando sono presenti i
seguenti elementi:
• Comportamento aggressivo appreso
• Attivazione che può provenire da qualunque fonte
• Interpretazione da parte della persona di questa attivazione in modo che la risposta aggressiva sembri
appropriata
Questa attivazione può persistere per qualche tempo e condurre dalla situazione originaria a un'altra
potenzialmente irritante, rendendo possibile una risposta aggressiva. Uno stato di attivazione crescente
può spesso portarci a essere più aggressivi di quanto lo siamo di solito.
Come può essere appresa, l'aggressività può anche essere modificata e corretta. Questa è la base del
programma di modificazione del comportamento, come il controllo della collera, usato da psicologi clinici
e che lavorano in comunità per aiutare le persone a trovare modi più pacifici di trattare con gli altri.
In un esperimento i partecipanti furono esposti a una massiccia dose di pornografia violenta, quindi
vennero infastiditi da un collaboratore. Diventarono più insensibili a ciò che avevano visto: considerarono
lo stupro in modo più tollerante e si dimostrarono più indulgenti nelle condanne carcerarie che avrebbero
comminato. Tuttavia il progetto sperimentale implica un successivo evento irritante virgola di
conseguenza tale risultato potrebbe rappresentare un caso di trasferimento dell'eccitazione.
L’endocrinologo Gladue Rilevo livelli di aggressività manifesta più alti nei maschi rispetto alle femmine.
Questa differenza si applicava indipendentemente dal fatto che gli uomini fossero eterosessuali o
omosessuali.
SENTIRE CALDO
L'aggressività è collegata la temperatura ambientale.
Gli studi dimostrano che virgola non appena la temperatura aumenta, la violenza incrementa.
Graficamente, la linea che mette in relazione calore e aggressività alla forma di una U rovesciata: alla
crescita della temperatura corrisponde la crescita dell’aggressività, fino al raggiungimento del picco.
Quando fa molto caldo, l'aggressività si stabilisce per poi diminuire: questa tendenza suggerisce che il
caldo rovente prosciuga la nostra energia.
SENSAZIONE DI AFFOLLAMENTO
per gli esseri umani l' affollamento è uno stato soggettivo, ed è generalmente caratterizzato dalla
sensazione di invasione del proprio spazio personale. L'urbanistica da una grande importanza allo spazio
vitale, ma l' urbanizzazione aumenta il livello di stress. Le variabili cruciali per la sensazione di affollamento
sono meno nette come la densità del nucleo familiare e quella del quartiere.
6. INFLUENZE SOCIALI
RUOLI E GENERE
Esiste un'ampia messa di prove che conferma che gli uomini sono più aggressivi delle donne,
indipendentemente dalla cultura e dal gruppo socioeconomico di appartenenza. Tuttavia la dimensione di
questa differenza varia a seconda del tipo e del contesto di aggressività.
In uno studio che coinvolgeva studenti universitari, si riscontrò che la violenza fisica era più probabile in
giovani uomini che in giovani donne, mentre l'attacco verbale virgola in contesti simili, aveva pressoché la
stessa probabilità di verificarsi, sebbene le donne potessero aggredire con un' intensità minore. La
differenza sostanziale tra i generi sessuali e che i ragazzi aggrediscono direttamente mentre le ragazze
indirettamente, per esempio attraverso il pettegolezzo e l'esclusione sociale.
Tuttavia con il cambiamento dei ruoli sessuali nelle società occidentali le donne sono diventate meno
inibite rispetto alla violenza. Sebbene la violenza criminale sia ancora più diffusa tra gli uomini, il tasso di
aggressioni violente è aumentato più rapidamente tra le donne.
VIOLENZA DOMESTICA
Per quanto riguarda la violenza tra le mura domestiche possiamo sin da subito rilevare un’asimmetria di
genere: le vittime sono per lo più donne.
Un quarto degli omicidi in cui l'assassino conosce la vittima sono ai danni del coniuge: un dato che fa
riflettere.
L'abuso sul partner, e più in generale la violenza domestica, può manifestarsi in modi diversi a seconda del
genere e dell’etnia di una persona:
• La maggior parte delle violenze sessuali nelle relazioni eterosessuali è commessa da uomini
• il ricorso alla violenza da parte delle donne consiste virgola in larga misura, nell’autodifesa contro
l'aggressione del partner
• uomini e donne appartenenti a gruppi etnici diversi hanno concetti di genere diversi virgola e ciò
include variazioni nella percezione di quando è il caso di usare la violenza
CULTURA DELL'ONORE
La cultura dell’onore E una cultura che approva la violenza maschile come modo di affrontare i pericoli che
derivano dalle minacce riguardanti la reputazione sociale o la posizione economica. Le regioni in cui si
assegna valore positivo all'uso della violenza per sanare l'orgoglio ferito includono alcune nazioni del
Mediterraneo , il Medio Oriente e i paesi arabi, L'America centrale e settentrionale e gli Stati Uniti del Sud.
Alcune culture approvano o persino incoraggiano speciali forme di violenza e stata constatata per esempio
l'esistenza di machismo tra le famiglie latino americane. Il machismo è un codice di comportamento
secondo cui sfide, offese e persino differenze di opinione possono essere affrontate con i pugni o con altre
armi.
La guerra è una forma di aggressività istituzionalizzata e virgola di solito, legittimata politicamente dalle
parti contrapposte. Il conflitto non è possibile senza una struttura psicologica di sostegno che includa le
credenze e i vissuti emotivi di un popolo. Se tale struttura risulta carente, i leader useranno la propaganda
per crearne uno.
8. RIDUZIONE DELL'AGGRESSIVITÀ
L’altruismo è un'altra sottocategoria del comportamento prosociale, che si riferisce a un azione finalizzata
al vantaggio altrui e propria al proprio. Il vero altruismo e disinteressato, nonostante questa idea presenti
alcuni punti di incertezza.
Molti considerano il comportamento umano egoistico e governato dall’interesse personale. Quindi,
definire un'azione come comportamento prosociale è insolito, perché suggerisce che essa non viene
prodotta grazie al meccanismo del rinforzo.
2. APPROCCI BIOLOGICI
L'idea della predisposizione biologica ad aiutare gli altri è affascinante. Tuttavia sono pochi gli psicologi
sociali che accettano una spiegazione esclusivamente evoluzionista del comportamento umano
prosociale.
2.2 CHI AIUTA PROVA EMPATIA ?
un'esperienza comune che precede l'azione prosociale consiste in uno stato di attivazione seguito da
empatia: la capacità di sperimentare le esperienze di un’altra persona; identificazione condivisione delle
emozioni, dei pensieri e degli atteggiamenti altrui.
L' empatia è una risposta emotiva alla sofferenza altrui. Adulti e bambini rispondono empaticamente ai
segnali di una persona in difficoltà e questo significa che guardare una persona sofferente è spiacevole. di
primo acchito, ciò suggerisce che quando aiutiamo, stiamo cercando di ridurre sentimenti spiacevoli che
stiamo provando.
FARE I CONTI
Modello dei costi-benefici calcolati dallo spettatore: quando pensiamo a qualcuno che è nei guai
passiamo attraverso tre fasi prima di rispondere:
1. Siamo fisiologicamente attivati dalla sofferenza di un altro
2. Etichettiamo questa attivazione come emozione
3. Valutiamo le conseguenze della nostra azione
3. APPROCCI SOCIALI
Proposero diversi processi psicologici che possono innescare la riluttanza all'aiuto in presenza di altri.
• Diffusione della responsabilità: La presenza di altri astanti offre l'opportunità di trasferire a questi la
responsabilità connessa con l'agire, o il non agire.
• Inibizione del pubblico: La presenza di altri astanti può rendere le persone a disagio nell’attuare
l'azione desiderata. nel contesto del comportamento prosociale, questo processo qualche volta è
presentato come paura della brutta figura.
• Influenza sociale: gli altri astanti forniscono un modello di azione. Se sono passivi e senza
preoccupazioni la situazione può sembrare meno seria.
1. PERSONE ATTRAENTI
Un'analisi condotta su più di 100 studi rilevo che le persone attraenti vengono giudicate, sono trattate e si
comporterà in maniera diversa da quelle non attraenti.
In particolare si osserva quanto segue:
• I bambini belli ricevevano i voti più alti dai loro insegnanti, erano più popolari e meglio inseriti dei loro
compagni meno belli
• Gli adulti attraenti avevano più successo nel lavoro, erano fisicamente più sani e avevano una
maggiore esperienza sessuale
• Le donne di bell'aspetto vengono guardate più a lungo dai bambini
2. EVOLUZIONE E ATTRAZIONE
La teoria dell’evoluzione ha offerto approfondimenti che possono aiutarci in parte a capire perché siamo
attratti da certe persone e come potremmo scegliere un partner duraturo.
VISI ATTRAENTI
Gill Rhodes ha condotto numerose ricerche sull’informazione sociale trasmessa dai nostri visi,
considerando anche gli indizi che rendono un viso attraente. Un risultato interessante è il potere
accattivante dell’effetto normalità: l'evoluzione umana ha portato a preferire i visi regolari e simmetrici ai
visi con caratteristiche insolite o distintive.
Per esempio, la simmetria tra la parte destra e quella sinistra del corpo e del viso, sia per gli uomini che per
le donne, rientra nei modelli che la maggior parte delle persone possiede per giudicare la bellezza. Un viso
regolare è come un prototipo. Una spiegazione possibile del perché la regolarità del viso rende una
persona più attraente è che questi indizi rendano un viso più familiare e meno strano. Un'altra spiegazione
è che la normalità come la simmetria siano segni di buona salute e quindi di “buoni geni”.
3.2 FAMILIARITÀ
La prossimità di solito conduce a una maggiore familiarità: nell’acquisire maggiore familiarità con uno
stimolo (rappresentato anche da un'altra persona), ci sentiamo più a nostro agio con esso e lo apprezziamo
di più.
3.3 SOMIGLIANZA
L'attrazione nei riguardi di una persona ha un rapporto diretto con la reale proporzione degli atteggiamenti
simili che si condividono. Più gli altri sono d'accordo con noi, più agiscono come rinforzi nei nostri
confronti, più le apprezziamo.
Al contrario, le differenze negli atteggiamenti possono portare a schivamento e antipatia.
4. ATTRAZIONE E BENEFICI
COSTI E BENEFICI
Lo scambio sociale è un modello di comportamento: spiega le nostre relazioni interpersonali attraverso
concetti economici ed è legato al comportamentismo.
Il fatto che qualcuno ci piaccia o meno è determinato dal rapporto costi-benefici: Un fondamento della
teoria secondo cui l'apprezzamento nei confronti dell'altro è determinato dal calcolo di quanto costerà
ricevere il suo rinforzo.
Lo scambio sociale è una relazione tra le persone basata sul dare e sull’avere. In linea di massima, le risorse
scambiate comprendono beni, informazioni, denaro, servizi e status.
Ciascuna risorsa può essere particolare, cosicché il suo valore dipende da chi offre il beneficio. Poiché le
risorse sono scambiate con un partner, cerchiamo di usare una strategia minimax: minimizzare i costi e
massimizzare i benefici.
Secondo tale strategia, una relazione è insoddisfacente quando i costi superano i benefici.
LIVELLI DI CONFRONTO
Un ultimo concetto importante nella teoria dello scambio sociale è il ruolo giocato dal livello di confronto
di ciascuna persona: uno standard rispetto al quale è valutato tutto ciò che riguarda le relazioni di un
individuo. I livelli delle persone sono il prodotto delle loro esperienze passate in scambi simili con altre
parti.
5. ATTACCAMENTO
Inizialmente focalizzato sul legame che si realizza tra il bambino piccolo e chi lo accudisce, lo studio
dell’attaccamento si è ampliato a includere i differenti modi in cui gli adulti stringono relazioni con chi a
loro vicino.
5.1 AFFILIAZIONE
Il bisogno di affiliazione è l'impulso instaurare rapporti e a prendere contatto con altre persone. Tale
bisogno è forte e pervasivo e sta alla base del modo in cui formiamo relazioni interpersonali positive e
durature.
RICERCA MODERNA
Schachter descrisse una relazione tra isolamento e ansia. La solitudine può invogliare le persone a stare
con gli altri, persino con sconosciuti, per un breve periodo.
Egli suppose che la compagnia servisse a ridurre l'ansia: che l'altra persona potesse quindi servire come gli
estrazione da una situazione preoccupante oppure come parametro per il processo di confronto sociale. Il
confronto sociale e il confronto dei nostri comportamenti e delle nostre opinioni con quelle degli altri, per
stabilire il modo corretto o socialmente approvato di pensare e comportarsi.
Il bisogno di affiliazione può essere influenzato da stati temporanei, come la paura. Non vogliamo stare
con chiunque, ma con una persona particolare.
Un altro lavoro di quegli anni a opera di Harry Harlow trattò gli effetti devastanti dell’isolamento sociale
sulle scimmie neonate della specie rhesus. Queste sperimentavano la deprivazione del contatto con le loro
madri. L'indagine fu poi estesa ai piccoli che rimanevano completamente isolati dal contatto con ogni
essere vivente sino all'età di 12 mesi. Le conseguenze furono vistose: i cuccioli di scimmia, talvolta, si
rannicchiavano in un angolo, si dondolavano ripetutamente avanti e indietro e si morsicavano. Quando
venivano fatti entrare in contatto con coetanei normali, non entravano nei giochi turbolenti degli altri e
non erano in grado di difendersi dagli attacchi. Da adulte erano sessualmente incompetenti.
6. RELAZIONI INTIME
Secondo il modello dell’emozione nelle relazioni, le relazioni si imperniano su aspettative forti, affermate
e ad ampio raggio riguardanti il comportamento del partner.
L'elevata tendenza a provare tutte le emozioni nelle relazioni intime rende importante la nostra capacità di
gestirne la manifestazione, in particolare per quanto concerne le emozioni negative.
TIPI DI AMORE
L'amore appassionato è uno stato intensamente motivo e un insieme di sentimenti: tenerezza, sessualità,
euforia e dolore, ansia e sollievo, altruismo e gelosia.
L'amore amicale, invece, è meno intenso, combinando insieme sentimenti di affetto amichevole e di
attaccamento profondo.
AMORE.COM ETICHETTA
Nella teoria a tre fattori dell’amore, l'amore romantico è un prodotto di tre variabili che interagiscono:
1. una causa determinante culturale che riconosce l'amore come stato
2. un oggetto dell'amore
3. un' attivazione emotiva, auto etichettatasi “amore”, percepita quando si interagisce con un
appropriato oggetto d'amore o quando si pensa a esso
La teoria dei tre fattori sottolinea che l'amore dipende dal passato apprendimento della nozione di amore,
dalla presenza di qualcuno da amare e dall’attivazione. Anche se queste componenti sono necessarie
virgola non sono sufficienti perché l'amore si verifichi.
AMORE E ILLUSIONI
Le persone portano in una relazione amorosa diversi ideali, che possono avere impatto sul modo in cui
questa si svilupperà. Ci si può disamorare rapidamente se il partner non è cosa (o chi) si pensava che fosse:
l'amore iniziale non era per il partner, ma per un'immagine ideale che ci si era formata di lui.
Sono le immagini che abbiamo del partner ideale che sembrano differenziare al meglio l'amore
dall’apprezzamento. Alcune possono essere basate su illusioni. Una di queste e la credenza nel destino
romantico: “siamo fatti l'uno per l'altra”. questa illusione può essere d'aiuto, sia nel sentirsi soddisfatti
inizialmente, sia nel mantenere più a lungo la relazione.
1. CULTURA
Il comportamento è il prodotto di una cultura: un insieme di credenze e pratiche che identificano uno
specifico gruppo sociale e lo distinguono dagli altri.
Quella che potremmo chiamare la nostra cultura ci fornisce un'identità e una serie di attributi che la
definiscono.
La cultura per bade quasi ogni aspetto della nostra esistenza.
2. INDIVIDUALISMO, COLLETTIVISMO E SÉ
Secondo la psicologia sociale, i valori orientano un intero popolo, unendo atteggiamenti e comportamenti
specifici, e integrandoli in modo comprensibile. I valori sono legati a gruppi, categorie sociali e culture, e
sono costruiti e resi stabili socialmente.
2.2 ACCULTURAZIONE
Quando le persone emigrano è per loro quasi impossibile evitare lo stretto contatto con membri della
cultura del paese ospitante e con i gruppi di immigrati appartenenti ad altre culture. Un contatto
prolungato produce inevitabilmente cambiamenti nel comportamento e nel modo di pensare tra i nuovi
immigrati.
L’acculturazione è il processo di interiorizzazione delle regole di comportamento di un'altra cultura;
quando si applica a un intero gruppo si realizza un cambiamento culturale sul larga scala.
Nel confrontare alla cultura d'origine e la cultura dominante gli immigrati possono scegliere tra:
• Integrazione: mantenimento della propria cultura d'origine, ma anche relazione con la cultura
dominante.
• Assimilazione: rinuncia alla propria cultura d'origine e accettazione della cultura dominante.
• Separazione: mantenimento della propria cultura d'origine e isolamento dalla cultura dominante.
• Marginalizzazione: rinuncia alla propria cultura d'origine e fallimento nel relazionarsi in modo
appropriato con la cultura dominante.
La via più seguita dagli immigrati è l'integrazione. tuttavia questo è un processo che richiede una quantità
considerevole di tempo e in molti casi entra in conflitto con la frequente aspettativa dell'assimilazione
della cultura del paese ospitante.
Il multiculturalismo è una visione più positiva, che abbraccia culture dominanti e di minoranza. Permette
alla diversità culturale di proporsi senza l'aiuto di una cultura ospitante.
Nella sua forma attiva prevede una politica nazionale che sostenga la diversità culturale. Il
multiculturalismo funziona quando ai gruppi di minoranza reputano che le proprie preziose identità e
usanze siano rispettate.
3. COMUNICAZIONE
La comunicazione è l'essenza dell'interazione sociale. Trasmettiamo costantemente informazioni sulle
nostre sensazioni, sui nostri pensieri e sui nostri sentimenti, E alcuni dei nostri messaggi non sono
intenzionali.
La comunicazione è sociale in diversi modi:
• comprende le nostre relazioni con altri
• è costruita sulla base di una comprensione condivisa di significati
• è il modo in cui le persone si influenzano reciprocamente
Una versione più blanda di questa teoria sembra accordarsi meglio con i fatti. Il linguaggio non determina il
pensiero: ciò che fa è aiutarci a comunicare più facilmente relativamente agli aspetti del nostro ambiente
fisico e sociale che realmente contano.
Il linguaggio comunica non solo ciò che viene detto, ma anche come viene detto.
Il termine paralinguaggio Si riferisce a tutti gli elementi extra linguistici che accompagnano il discorso
appunto questi elementi possono cambiare il significato in modo evidente.
Il linguaggio contiene marcatori sociali. La classe sociale, l'etnia, l'età, il genere sessuale sono spesso
chiaramente identificabili e sono indizi dell' appartenenza a un gruppo. Se lo stile di linguaggio mette in
evidenza una categoria sociale, esso può indirizzare gli atteggiamenti di un ascoltatore nei confronti di
quel gruppo.
Lo stile del linguaggio può essere una proprietà centrale dell'appartenenza a un gruppo. Si può scegliere di
enfatizzare il proprio linguaggio etnico quando esso è motivato di amor proprio e di orgoglio, o attenuarlo
quando non lo è.
È stato coniato il termine vitalità etnolinguistica per descrivere le caratteristiche di un contesto
interetnico che influenzano la quantità d'uso di una lingua.
Gruppi di status elevato, favoriti dai dati demografici e dalle istituzioni, godono di alta vitalità
etnolinguistica. Una bassa vitalità è segno di declino dell'idioma e un presagio della sua scomparsa.
Le espressioni facciali umane associate alle emozioni fondamentali sembrano essere relativamente
universali. Ekman e co. mostrarono a un gruppo di persone una serie di fotografie di volti che esprimevano
le sei emozioni fondamentali, chiedendo loro di denominarle. Persone di diverse culture furono
notevolmente precise nell’identificare le sei emozioni rappresentate da delle espressioni facciali da parte di
individui sia della stessa cultura sia di culture differenti.
Anche questa tesi è stata criticata. Senza lasciarsi scoraggiare, Ekman ha sviluppato un sistema di codifica
delle espressioni facciali chiamato FACS: un metodo standardizzato per misurare il movimento del viso,
che si basa su piccole unità muscolari, le quali riflettono una varietà di stati emotivi soggiacenti.
Vi sono regole culturali e situazionali marcate, definite regole di ostentazione, che governano
l'espressione delle emozioni. Queste esistono perché usiamo le nostre espressioni facciali per comunicare
con gli altri. Nelle regole di ostentazione ci sono variazioni culturali virgola di genere sessuale e
situazionali. L'espressione di un'emozione è incoraggiata tra le donne e nelle culture mediterranee, ma è
scoraggiata tra gli uomini e nelle culture del Nord Europa e asiatiche.