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CAPITOLO 1 -> LA PSICOLOGIA SOCIALE

Psicologia sociale: studio scientifico del modo in cui i pensieri, i sentimenti e i comportamenti delle
persone vengono influenzanti dalla presenza reale o immaginaria degli altri.

Livello di analisi della psicologia sociale: l’individuo nel contesto della situazione sociale

Errore fondamentale di attribuzione: tendenza a spiegare il nostro comportamento e quello delle altre
persone unicamente in termini di tratti di personalità, sottostimando in tal modo la forza dell’influenza
sociale.

Situazione sociale:
1. Comportamentismo
2. Psicologia della Gestalt

1. Comportamentismo : psicologia USA (prima metà ‘900) -> nasce dall’osservazione delle specie
inferiori, ogni apprendimento si verifica attraverso il rinforzo.
Associare eventi positivi o negativi dall’ambiente a comportamenti specifici.
Watson e Skinner: la spiegazione dell’intero comportamento umano può avvenire meditante l’esame
delle ricompense e delle punizioni riservate dall’ambiente al soggetto. NON vi è il bisogno di
studiare sentimenti / pensieri.
Approccio errato: troppo inadeguato e semplicistico per una comprensione accurata del
comportamenti umano sociale -> potere dell’interpretazione sociale

2. Psicologia della Gestalt: modo soggettivo in cui un oggetto appare alla mente delle persone (Gestalt o
forma), piuttosto che la combinazione degli attributi fisici oggettivi.
La psicologia della Gestalt si concentra sulla fenomenologia del soggetto alla percezione = il modo in
cui un oggetto si presenta alle persone, piuttosto che sui singoli elementi dello stimolo oggettivo

Kust Lewin: padre fondatore della moderna psicologia sociale sperimentale. Applicò i principi della
GESTALT alla PERCEZIONE SOCIALE (modo in cui le persone percepiscono gli altri e le loro motivazioni,
Intenzioni e comportamenti).
Comprese l’importanza di descrivere la prospettiva della persona che si trova in una qualsiasi situazione
sociale, per poter vedere come essa costituisce l’ambiente sociale.

Realismo ingenuo (ROSS): convinzioni che tutte le persone hanno di percepire le cose come “realmente
sono”. Ipotizzare che altre persone ragionevoli come noi vedano le cose allo stesso modo. Anche quando
riconosciamo che l’altra parte percepisce diversamente le questioni, ciascuno ritiene che l’altra sia
influenzata, che solo NOI siamo oggettivi e che le nostre percezioni della realtà dovrebbero offre la base
per l’accordo finale.
Motivazioni umane fondamentali: COME SI ARRIVA A FORMULARE LE IMPRESSIONI SOGGETTIVE
SUL MONDO?

1) Bisogno di essere accurati: approccio della cognizione sociale

Ipotesi di partenza: tutte le persone tentano di formulare una visione del mondo nel modo più accurato
possibile. Gli esseri umani vengono visti come degli investigatori dilettanti, che fanno del loro meglio per
capire e prevedere il mondo sociale.

Complicazioni: spesso non si conoscono tutti gli elementi necessari per delineare il giudizio più
accurato di una determinata situazione

Aspettative sul mondo sociale: le nostre aspettative di esso spesso si frappongono alla nostra percezione
accurata, e addirittura ne modificano la natura. —> Effetto Pigmaglione o profezia che si autoadempie
(Rosenthal e Jacobson, 1968)

2) Bisogno di giustificare i nostri pensieri e le nostre azioni: approccio basato sull’autostima, desiderio
di stare bene con sé stessi e mantenere un’alta autostima del sé.
Le persone cercano di mantenere una buona immagine della propria persona.
Spesso preferiamo avere una visione distorta del mondo per poterci sentire bene con noi stessi piuttosto
che fornire una rappresentazione accurata.
Le persone normali possono dare spesso una spiegazione diversa dalla verità in modo da uscire sotto la
miglior luca possibile.

A volte le due motivazioni possono essere in contrasto tra di loro, da ciò è possibile rilevare le preziose
informazioni su come operino la nostra intelligenza e il nostro animo umano

Psicologia e problemi sociali: utilizzo della psicologia sociale contro problemi sociali come ostilità e
pregiudizio.
Eventuali processi di rifiuto al cambiamento sono presentemente generati dal disagio di conservare
l’autostima più che da quello di essere accurati.
CAPITOLO 2: LA COGNIZIONE SOCIALE

Modo in cui gli esseri umani concepiscono il mondo; in cui le persone pensano sé stesse ed il mondo
sociale, come selezionano, interpretano, ricordano e usano le informazioni sociali.
Due tipi di cognizione sociale:

PENSIERO AUTOMATICO: quando agiamo “senza pensare”, senza riflettere coscientemente e senza
pensare se le nostre valutazioni sono corrette.
-> Si tratta di un pensiero che avviene in maniera non conscia, non intenzionale, involontaria e senza
sforzo. Esso ci aiuta a comprendere situazioni nuove, collegandole alle nostre esperienze passate.

SCHEMI: strutture mentali che organizzano la conoscenza del mondo sociale; racchiudono le nostre
conoscenze e impressioni che usiamo per organizzare cosa conosciamo del mondo sociale e come
interpretiamo le nuove situazioni.
Utilità: - aiutare ad organizzare le informazioni, dare senso al mondo e colmare le lacune;
- ridurre le ambiguità che a volte incontriamo con informazioni suscettibili di più
interpretazioni (es. pag 33);
- schemi come guide di memoria: la memoria umana è ricostruttiva, e le persone spesso
riempiono gli spazi vuoti con gli schemi.
Ci ricordiamo solo alcune informazioni presenti, quelle che il nostro schema ci induce a
a notare e a considerare con maggiore intenzione.
Le ricostruzioni che avvengono in memoria tendono ad essere coerenti con il nostro
schema.

Lo schema che ci viene in mente e guida le nostre impressioni è influenzato dalla


accessibilità (2 tipi)

- Schemi accessibili in base all’esperienza passata


- Schemi accessibili temporaneamente

PRIMING: processo mediante cui le esperienze recenti aumentano l’accessibilità di uno schema, tratto o
concetto. (es. pag 34)
I pensieri però devono essere sia accessibili che applicabili per poter agire da priming, ed
esercitare quindi un’influenza sulle nostre impressioni del mondo sociale.
Si tratta di un ottimo esempio di pensiero automatico -> avviene rapidamente, senza sforzo,
intenzionalità e inconsciamente.

Metafore PRIMING su corpo e mente: quando pensiamo a qualcosa o a qualcuno facciamo riferimento
a come reagisce il nostro copro.
Es. siamo stanchi -> realtà interpretata negativamente
Sporcizia ispira sfiducia vs pulizia e ordine ispirano fiducia
Strategie e scorciatoie mentali: le EURISTICHE

EURISTICA: regola che gli individui seguono per formulare giudizi in maniera rapida ed efficiente.
NON da delle inferenze precise sul mondo.

- Euristica della DISPONIBILITÀ: giudizi fondati sulla facilità con cui ricordiamo esempi alla mente (es.
pag 40).
Per formulare dei giudizi su sé stessi e sugli altri le persone impiegano questa euristica, ovvero la facilità
con cui ricordano gli esempi.

- Euristica della RAPPRESENTATIVITÀ: impiegata quando si cerca di categorizzare qualcosa di nuovo,


giudicando quanto esso sia simile al caso tipico (es. pag 41)
Le persone dedicano spesso eccessiva attenzione alle caratteristiche individuali di ciò che osservano, a
scapito della media di base. Quando vi sono informazioni particolarmente vaghe, chiunque vi riconduce
un comportamento passato che sia simile (o “rappresentativo”) al feedback.

- Euristica dell’ANCORAGGIO e dell’ACCOMODAMENTO: scorciatoia mentale con cui le persone


utilizzano un numero o un valore come punto di partenza e quindi precisano la loro risposta rispetto ad
esso. Diverse ricerche svolte sull’ancoraggio fanno pensare che accade proprio questo: le persone si
attengono strettamente ai numeri iniziali perfino quando essi sono del tutto arbitrati e non hanno nessuna
pertinenza con il giudizio che si sta formulando.
Campionamento tendenzioso: quando si generalizza partendo da un campione di informazioni
per arrivare alla sua totalità viene messo in atto questo processo.
Le nostre stesse esperienze fungono da ancoraggio per le nostre generalizzazioni e spesso
l’accomodamento, partendo da esse, rimane inadeguato perfino quando sappiamo che le nostre
esperienze sono atipiche e incomplete.

Pensiero inconscio: spesso la nostra mente inconscia sceglie un obiettivo per noi, basando la decisione
sugli obiettivi che sono stati oggetto recente di priming.

Cognizione sociale influenzata dalla cultura: pensiero OLISTICO vs ANALITICO

La cultura può influenzare i generi di pensiero che le persone usano automaticamente per comprendere il
mondo.

- Pensiero olistico: cultura orientale. Le persone si concentrano sul contesto generale, in particolare sui
modi in cui gli oggetti sono collegati tra di loro
- Pensiero analitico: cultura occidentale. Tipo di pensiero in cui le persone si concentrano sulle proprietà
degli oggetti senza considerare il contesto circostante.

Comunque le persone di ogni cultura sono capaci di pensare in maniera olistica o analitica, è l’ambiente in
cui vivono che stimola l’attivazione di uno dei due stili.
PENSIERO CONTROLLATO: pensiero conscio, intenzionale, volontario e che necessita di sforzi (energia
mentale), può essere attivato per una cosa per volta e frena quello automatico.

Il libero arbitrio: controllo delle proprie azioni, tanto da scegliere deliberatamente cosa fare e in quale
momento.

Illusione di libero arbitrio: un’azione “deliberata” spesso viene innescata da un desiderio inconscio,
senza alcun intervento del pensiero conscio.

Il pensiero controfattuale: annullamento mentale del passato. Si tratta del ragionare su cosa sarebbe
potuto succedere se le cose fossero andate diversamente.
La facilità con cui le persone riescono ad annullare mentalmente il passato, pensando ad esiti alternativi,
influenza enormemente le loro reazioni emotive agli eventi, tanto che, più è facile annullare mentalmente
un esito, più è forte la reazione emotiva ad esso.
Alcuni generi di esiti sembrano facili da evitare o da modificare non tanto perché lo siano realmente,
quanto per la facilità con cui possiamo annullarli mentalmente.

CAPITOLO 3: LA PERCEZIONE SOCIALE: COME ARRIVIAMO A COMPRENDERE GLI ALTRI

PERCEZIONE SOCIALE: studio del modo in cui creiamo impressioni e formuliamo giudizi riguardo agli
altri.

La comunicazione non verbale: modo in cui le persone comunicano, intenzionalmente o meno, senza
parole. Gli indizi non verbali ci aiutano ad esprimere emozioni, atteggiamenti e personalità.
Canali più utilizzati: espressioni del volto, tono della voce, gesti, posizioni, movimenti del corpo, uso del
tatto e dello sguardo.

Universalità delle espressioni facciali: teoria darwiniana sull’universalità delle emozioni primarie,
secondo la quale le espressioni del volto erano ciò che restava di reazioni fisiologiche dotate di una loro
utilità per la stessa sopravvivenza della specie umana in evoluzione.
6 forme di espressione delle emozioni: rabbia, felicità, sorpresa, paura, disgusto, tristezza.

Regole di esibizione: esistono queste regole proprie di ciascuna cultura, le quali controllano quali tipi di
espressioni emotiva vadano mostrati.
es. le regole di esibizione delle culture individualiste scoraggiano l’espressione della vergogna
di fronte agli altri, mentre quelle delle culture collettiviste lo permettono o lo incoraggiano.

Altri canali di comunicazione NON verbale:


- contatto visivo / sguardo
- impiego dello spazio personale
- gesti di mani e braccia
- emblemi: gesti che dispongono di definizioni chiare e facilmente comprensibili (es. gesto OK)
Teoria IMPLICITA DI PERSONALITÀ: schema mentale che ci permette velocemente di riempire gli spazi
vuoti, teoria composta dalle nostre idee su quali tipi di tratti di personalità si accordano tra di loro.
Quando formuliamo velocemente un’impressione veloce sulle persone, ricorriamo a due schemi generali,
ossia a due teorie implicite di personalità:
- giudizio di calore umano, una persona calorosa è percepita anche come generosa, affidabile e
disponibile VS una persona fredda che viene vista come egoista e non disponibile;
- competenza, una persona competente è vista anche come potente e dominante VS
una persona incompetente è vista come “debole”.

Teorie CULTURALI della personalità: teorie implicite di personalità -> credenze culturali che si
sviluppano lungo un arco di tempo e che si trasmettono in una determinata società.

Teoria dell’ATTRIBUZIONE (Heider): la sua teoria raffigura le persone come degli scienziati “naïfe”, che
cercano di comprendere il comportamento degli altri assemblando varie informazioni finché non arrivano a
una spiegazione / causa ragionevole.
Quando il comportamento non verbale e le teorie implicite di personalità non bastano, si va oltre le
informazioni che ci sono state date e si inferisce da ciò che si osserva, ossia la vera natura delle persone e
le ragioni alle loro azioni.
Quando cerchiamo di decidere perché le persone si comportano in un determinato modo possiamo
compiere:
- un’attribuzione interna, o disposizionale -> la causa del comportamento che osserviamo è
determinata da fonti “interne” alla persona (personalità, atteggiamenti, carattere)
- un’attribuzione esterna, o situazionale -> la causa del comportamento è legata alla situazione

MODELLO DELLA COVARIAZIONE (Kelley): teoria che determina come le persone decidano di
compiere un’attribuzione interna o esterna.
Mentre formuliamo un’attribuzione, raccogliamo dati o informazioni che ci aiutano ad arrivare ad un
giudizio -> i dati che utilizziamo sono il modo in cui un comportamento di una persona covaria a seconda
della situazione spaziale e temporale, e dei diversi attori e bersagli del comportamento.

Nel processo di attribuzione vanno considerate 3 variabili:


- Le persone, le cui azioni vengono osservate;
- Gli stimoli, che possono caratterizzare la situazione di osservazione;
- I tempi e le modalità di interazione delle persone con gli stimoli.

3 tipi fondamentali di informazioni:


- consenso, modo in cui le altre persone si comportano nei confronti del medesimo stimolo;
- specificità, modo in cui l’attore (la persona di cui stiamo cercando di spiegare il comportamento)
risponde ad altri stimoli;
- coerenza: frequenza con cui il comportamento osservato fra lo stesso attore e il medesimo
stimolo si verifica nel tempo e in varie circostanze.

Le persone compiono con maggiore probabilità un’attribuzione interna in presenza di:


- bassa specificità, alta coerenza, basso consenso

Le persone compiono con maggiore probabilità un’attribuzione esterna in presenza di:


- alta specificità, alta coerenza, alto consenso
Errore fondamentale di attribuzione
O BIAS di CORRISPONDENZA: tendenza a sovrastimare il punto fino al quale il comportamento delle
persone è causato da fattori disposizioni o interni, sottostimando i fattori situazionali.
Le persone tendendo infatti a sottostimare l’influenza delle situazioni sociali all’atto di spiegare il
comportamento degli altri.

La salienza percettiva: quando cerchiamo di spiegare il comportamento di qualcuno, la nostra attenzione


si concentra di norma sulla persona piuttosto che sulla situazione circostante.
= ciò che osserviamo con la vista e con l’udito -> ciò che a noi sembra la causa più ragionevole
e logica del comportamento osservato.

L’errore fondamentale di attribuzione è così diffuso perché quando cerchiamo di spiegare il


comportamento umano, di fatto ci concentriamo più sugli individui che sulla situazione circostante, in
quanto questa è difficile da vedere o da conoscere, così facendo sottostimiamo, o addirittura ci
dimentichiamo, l’influenza che ha la situazione sociale.

Differenze culturali nella percezione sociale: pensiero olistico vs pensiero analitico


La cultura è una variabile situazionale che influenza la nostra vita quotidiana -> differenti valori culturali
influenzano il tipo di informazioni a cui le persone fanno attenzione.

Pensiero olistico: cultura orientale, attenzione posta sul contesto e sulle relazioni che intercorrono tra gli
individui -> preferenza per le attribuzioni situazionali

Pensiero analitico: cultura occidentale, attenzione posta sull’individuo -> preferenza per le attribuzioni
disposizionali

Le AUTO-ATTRIBUZIONI o self-serving attributions: tendenza delle persone a prendere il merito dei


propri successi mediante delle attribuzioni interne e a dare la colpa agli altri e alla situazione nel caso di
fallimento.

Ragioni delle auto-attribuzioni:


- bisogno di mantenere intatta la propria autostima (anche a costo di descrivere la
realtà modificando una cognizione)
- desiderio che le altre persone pensino bene di noi
- numero di informazioni disponibili alle persone

Attribuzioni DIFENSIVE: precauzioni che le persone prendono per preservarsi da sensazioni di


vulnerabilità e mortalità
- ottimismo irrealistico: modo che adottano le persone per proteggersi dalla sensazione di
essere mortali;
- credenza in un mondo giusto: spiegare gli eventi spiacevoli della condizione umana come se
potessero capitare solo alle persone “malvagie”. Tutti ricevono quello che meritano,
pertanto ci convinciamo che non sia il nostro caso. Sotto questa influenza attribuzionale
chi percepisce la situazione non avverte il bisogno di ammettere che la vita è retta
dal caso e che anche una persona innocente come lui può essere colpita da qualcosa
di negativo.
CAPITOLO 4: LA CONOSCENZA DI SÉ - come arriviamo a comprendere noi stessi

Differenze culturali nella definizione di SÉ:


- culture occidentali: visione di sé indipendente, esaltazione dell’individualismo, definizione di sé
stessi differenziandosi dagli altri e valorizzando l’indipendenza e l’unicità
- culture orientali: visione di sé interdipendente, valorizzazione dell’associazione e della
interdipendenza tra le persone (maggiori possibilità di fare riferimento ai gruppi sociali)

L’introspezione: per giungere a conoscere sé stessi. “Guardarsi dentro” ed esaminare le informazioni


interne che abbiamo circa i nostri pensieri, sentimenti e motivazioni.
- le persone non si affidano a questa fonte di informazione tanto frequentemente quanto potremmo
immaginare;
- spesso, anche in presenza di introspezione, le ragioni dei sentimenti e dei comportamenti
possono rimanere celate dalla nostra consapevolezza.

Teoria della consapevolezza del sé: quando ci focalizziamo su noi stessi, valutiamo e confrontiamo il
nostro comportamento presente rispetto ai valori e alle regole interne -> diventiamo letteralmente
coscienti di noi stessi, diventiamo oggettivi, osservatori giudicanti di noi stessi

Focalizzarsi su sé stessi:
- negativo: se riscontriamo disparità fra il nostro comportamento e le regole morali e
non siamo in grado di cambiarlo, ci risulterà un feedback negativo su noi stessi;
- positivo: se si ha appena raggiunto uno scopo importante, possiamo notare una
corrispondenza tra il nostro comportamento e i nostri ideali.

Conoscenza del perché ci sentiamo come ci sentiamo: molti dei nostri processi mentali di base sono
difficili da spiegare e avvengono al di fuori della nostra coscienza.
Siamo coscienti dei risultati finali dei nostri processi mentali, ma non abbiamo coscienza dei processi
cognitivi che hanno portato a quei risultati.
L’introspezione non ci conduce a vere cause dei nostri sentimenti e comportamenti, ma può spiegare o
convincerci di poterlo fare.

Teorie CAUSALI: le persone possiedono molte teorie su che cosa influenzi il loro comportamento e i
sentimenti, e spesso le usano per aiutarsi a spiegare perché si sentono in un certo modo.
Molte di queste teorie derivano dalla cultura in cui una persona cresce.
Tuttavia a volte le nostre teorie ed i nostri schemi sono errati, e possono portarci a formulare giudizi errati
sulle cause delle nostre azioni. Oltre alle teorie disponiamo di una serie di informazioni su noi stessi.

Il cambiamento di atteggiamento generato dalle RAGIONI: i soggetti cambiano atteggiamenti come


risultato della riflessione sulle ragioni di tali atteggiamenti. Questo accade perché:
- le persone ricordano ragioni che non riflettono veramente come si sentono;
- parlano a sé stesse credendo che quello sia il modo in cui si sentono.
Se le persone compiono decisioni importanti dopo aver fatto un’analisi dettagliata delle ragioni,
potrebbero prendere decisioni che in seguito potrebbero rimpiangere.
Ciò avviene perché dopo aver analizzati le ragioni, gli individui tenendo a concentrarsi sulle cose
che sono semplici da dire a parole e ignorare le sensazioni da spiegare.
Le ragioni dei sentimento che sono difficili da esprimere hanno buone probabilità di modellare i
sentimenti futuri, focalizzandoci solamente sulle motivazioni facili da esprimere.
Teoria dell’auto-percezione: altro modo per capire che tipo di persone siamo e quali sono i nostri
atteggiamenti, OSSERVAZIONE DEI NOSTRI STESSI COMPORTAMENTI.
Quando i nostri comportamenti e sentimenti sono ambigui e incerti, li inferiamo osservando il nostro
comportamento e la situazione in cui ci troviamo.
FASI:
- inferiamo i nostri sentimenti dal comportamento solo se essi risultano deboli e poco chiari;
- le persone pensano alle ragioni dei loro comportamenti per vedere se essi riflettono
veramente come si sentono.

Motivazione INTRINSECA vs ESTRINSECA

Motivazione intrinseca: legata a ragioni relative alla persona stessa, al piacere e al godimento già
presente nel fare una determinata cosa, piuttosto che farla per ricevere ricompense o sollecitazioni.

Motivazione estrinseca: motivazione NON reale, indotta da altri tramite fattori esterni come le
ricompense, e che induce agli individui a perdere interesse per un’attività che inizialmente era fonte di
piacere.

EFFETTO DI SOVRAGIUSTIFICAZIONE: le persone sovragiustificano il loro comportamento sulle cause


esterne (come le ricompense) e sottostimano il loro interesse intrinseco verso lo stesso comportamento
..come annullarlo:
- le ricompense diminuiscono l’interesse SOLO se questo era inizialmente alto,
incentivare una persona con uno scarso interesse iniziale per un’attività tramite ricompense
può al contrario rivelarsi utile;
- è il TIPO di ricompensa che fa la differenza:
1) ricompense legate al compito, che le persone ottengono solo per aver svolto un
determinato compito, indipendentemente dalla validità della loro prestazione;
2) ricompense legate alla prestazione, le quali dipendono dalla bravura con cui le
persone hanno svolto il compito.
In questo caso c’è più probabilità di un aumento di interesse per il compito, in
quanto viene comunicato il messaggio che si è bravi in quell’attività (a patto che
si riesca a non far provare nervosismo e apprensione alle persone nel sentirsi
giudicate)

La teoria BIFATTORIALE delle EMOZIONI (Schachter): si tratta di una teoria delle emozioni, secondo la
quale gli individui inferiscono quali sono le loro emozioni nello stesso modo in cui inferiscono quale genere
di persona sono o quale interesse provano.
Secondo Schachter le persone osservano i propri comportamenti interni, ossia il grado di eccitazione
fisiologica che viene avvertita.
Si chiama teoria bifattoriale in quanto la comprensione dei nostri stati emotivi avviene in due stadi:
- le persone devono provare eccitazione fisiologica;
- successivamente devono cercare una spiegazione adeguata a tale eccitazione.

Le emozioni sono il risultato di un processo di percezione di sé mediante il quale le persone ricercano la


spiegazione più plausibile per l’eccitazione che avvertono. Tuttavia spesso non si tratta di quella giusta, ed
è per questo che le persone finiscono per avvertire un’emozione sbagliata. Molte volte le persone, per
spiegare l’eccitazione che provano, riconducono le cause del proprio comportamento agli unici indizi che
riescono ad avere dalla situazione.

L’attribuzione errata di eccitazione: si verifica ogni volta che le persone compiono inferenze sbagliate
circa la causa delle sensazioni che provano, attribuendo la causa delle proprie sensazioni a fattori errati.
I MINDSETS (Dweck): si tratta di un altro genere di conoscenza di sé, attraverso il quale spieghiamo a noi
stessi le nostre doti e le nostre abilità.

Fixed mindset: approccio di staticità, l’idea che possediamo una quantità determinata e
immutabile di abilità che NON può modificarsi (quantità fissa di intelligenza, abilità sportive)

Growth mindset: approccio di crescita, l’idea che le nostre abilità sono delle qualità mutabili che
si possono coltivare e accrescere.

Il tipo di MINDSET che si possiede è cruciale per il successo: le persone con un fixed mindset, dopo un
insuccesso, sono più propense a rinunciare; quelle con un growth mindset, tendono invece a vedere gli
insuccessi come un’opportunità al miglioramento.
I mindsets sono modificabili, si può passare da uno statico a uno di crescita.

Teoria del CONFRONTO SOCIALE (Festinger): Se non interagissimo mai con gli altri, la nostra immagine
risulterebbe sfumata.
Si tratta di un ulteriore modo per conoscere sé stessi, attraverso il confronto con gli altri, i cui sentimenti,
tratti e capacità, sono una pressione fonte di informazioni per determinare i nostri sentimenti, tratti e
personalità.
La teoria propone due questioni:
- quando mettiamo in atto il confronto sociale?
- con chi cerchiamo di farlo?

Mettiamo in atto il confronto sociale quando non disponiamo di alcun criterio oggettivo con cui poterci
misurare e avvertiamo incertezza su noi stessi in una determinata area.
Cerchiamo di mettere in atto il confronto sociale inizialmente con tutti, e questo confronto avviene in
maniera rapida e automatica. Successivamente vi è una selezione dove viene ritenuto maggiormente
informativo il confronto con le persone che si ritengono più simili nell’area di interesse.

- confronto verso l’alto, si ricorre a tale confronto per avere informazioni sull’eccellenza a cui
puntare (correndo il rischio di sentirci inferiori)

- confronto verso il basso, si ricorre a tale confronto per proteggere ed innalzare il proprio sé, e
sostenere quindi la nostra immagine, per sentirci meglio.

Il sé RISPECCHIATO (Cooley): in alcune situazioni le persone adottano le opinioni delle altre persone che
frequentano come metro di giudizio.

SINTONIZZAZIONE SOCIALE: processo mediante cui le persone adottano atteggiamenti di un’altra


persona. Si tratta di un processo che può avvenire anche inconsciamente.
Le persone tendono automaticamente ad adottare le opinioni delle persone a loro piacevoli, mentre
tendono automaticamente a respingere quelle delle persone a loro spiacevoli.

La funzione ESECUTIVA del sé: importante funzione del sé che dirige le scelte su cosa fare nel presente
e fa progetti per il futuro.
Una forma di controllo di sé che non funziona molto bene è quella della soppressione del pensiero. Essa
infatti produce spesso effetti negativi, in quanto più le persone cercano di non pensare ad una cosa, più
questa torna alla mente.
Per risolvere questo problema —> modello della risorsa autoregolativa del sé: assicurarsi di disporre di
molte energie quando cerchiamo di controllare le nostre azioni.
La gestione delle IMPRESSIONI -> la presentazione di sé: aspetto fondamentale della nostra esistenza
sociale, mediante cui ci presentiamo per quello che siamo o per quello che vogliamo che gli altri credano
che siamo.
Gestione delle impressioni: Orchestrazione più o meno consapevole di una presentazione
accuratamente congegnata del sé, destinata a creare una data impressione che è in accordo con i nostri
scopi o obiettivi nell’interazione sociale.
Due strategie:
- ingraziamento: quando lusinghiamo, lodiamo e ci rendiamo graditi a un’altra persona, in genere
di status superiore, mediante complimenti, commiserazione e accordo con le sue opinioni;
Tecnica di grande efficacia, a meno che il suo destinatario non capisca cosa stiamo facendo
- self-handicapping: quando le persone creano degli ostacoli e delle scuse verso se stesse per
giustificare le ragioni del loro fallimento.
Due modi per ottenere questa strategia:
- si creano ostacoli che riducono la possibilità di successo, in modo da poter dare la colpa
ad essi, in caso di effettivo fallimento;
- si congegnano scuse preconfezionate in caso di fallimento

L’AUTOSTIMA:
Alta autostima: quando ci sentiamo bene con noi stessi; valutazioni che le persone hanno di sé stesse e
del proprio valore.

Bassa autostima: stato spiacevole associato alla depressione, alla sensazione di non essere all’altezza e
di non controllare la propria vita.

Terror management theory: l’autostima funge da “cuscinetto” per proteggere le persone da


pensieri terrificanti di morte -> ci ha un’autostima alta è meno preoccupato della propria
mortalità, rispetto a una persona con un’autostima bassa

Narcisismo: combinazione di un eccessivo amore di sé e la mancanza di empatia nei confronti


degli altri. Dose eccessiva di autostima, non sana. I narcisisti hanno meno successo negli affari e
sono più violenti, aggressivi e poco graditi dagli altri.

CAPITOLO 5: IL BISOGNO DI GIUSTIFICARE LE NOSTRE AZIONI

Teoria della DISSONANZA COGNITIVA: sensazione di malessere provocata da informazioni che risultano
discrepanti con il concetto di noi stessi (noi tutti abbiamo il bisogno di preservare un’immagine stabile e
positiva)
La dissonanza diventa molto forte quando compiamo un’azione o apprendiamo qualcosa che minaccia
l’immagine che abbiamo di noi stessi -> la conseguenza è un’incoerenza tra ciò che pensiamo di essere e
il modo in cui ci comportiamo.
La dissonanza cognitiva spinge l’individuo a cercare di attenuare il malessere che essa stessa a creato

Come ridurla: (es. pag 92)


- cambiare il proprio comportamento fino a farlo accordare con la cognizione dissonante;
- cercare di giustificare il comportamento mediante la modifica di una delle cognizioni;
- cercare di modificare il comportamento mediante l’aggiunta di nuove cognizioni.

Le persone che avvertono una dissonanza non esitano ad arrivare a cose estreme pur di ridurla, e si
dedicano a processi di razionalizzazione fuori dall’ordinario.
Autostima e dissonanza: le persone con un’alta autostima di sé sperimentano una maggiore dissonanza
quando si comportano in maniera contraria all’alta opinione che hanno di sé stessi e si sforzano molto per
ridurla rispetto a quelle che possiedono un livello medio di autostima.
Al contrario, quando gli individui con una bassa autostima commettono qualcosa di stupido o un’azione
immorale non si sentono molto dissonanti perché il pensiero “ho fatto qualcosa di orribile” non risulta in
contrasto al pensiero “sono uno stupido e faccio sempre cose orribili”

Comportamento razionalizzante: gli esseri umani non elaborano le informazioni in maniera


incondizionata, qualche volte ne elaborano delle nuove perché vogliono essere accurati o decidere in
maniera saggia, ma in seguito la maggior parte degli individui le distorce in modo da confermare le proprie
credenze ed idee.

Dissonanza post-decisionale: accade ogni volta che prendiamo una decisione importante, ossia una
decisione che risulta impegnativa, difficile da modificare, richiede sforzi o può provocare danno a un’altra
persona.

LA GIUSTIFICAZIONE DI SÉ NELLA VITA QUOTIDIANA:

La giustificazione degli SFORZI: la maggior parte delle persone fa numerosi sforzi per ottenere qualcosa
che desidera realmente. Nel caso in cui essa fallisce nonostante i numerosi sforzi, si crea una dissonanza,
creata sia dal fallimento stesso che intacca la propria autostima, sia dagli stessi sforzi da noi impiegati per
raggiungere l’obiettivo.
Per evitare la dissonanza causata si può:
- modificare il proprio concetto di sé convincendosi di non essere dopo tutto una persona così
intelligente e accorta, giustificando quindi il fallimento intaccando l’autostima;
- convincersi che la cosa a cui si aspira sia qualcosa di più bello e interessante di quanto non si
pensasse, qualcosa per cui è valsa la pena lottare.

Se una persona acconsente a sperimentare un’esperienza difficile o dolorosa solo per poter aggiungere un
determinato obiettivo o oggetto, vi scorgerà un’attrazione ancora maggiore verso il risultato raggiunto
grazie ai propri sforzi.

Giustificazione ESTERNA vs INTERNA

ESTERNA: quando mentiamo o ci comportiamo in un determinato modo, al fine di non arrecare dispiacere
o dolore alle persone che ci interessano e che amiamo, ci costruiamo questa valida giustificazione.

INTERNA: quando non riusciamo a rinvenire una giustificazione esterna del nostro comportamento,
utilizziamo questa giustificazione avvicinando le due cognizioni dell’atteggiamento o del comportamento.

Counterattitudinal advocacy: “dire una cosa è crederci”.


Processo che induce gli individui a dichiarare pubblicamente un’opinione o un atteggiamento che è in
contraddizione con i loro atteggiamenti intimi.
Quando gli individui hanno una notevole giustificazione esterna (come una grande ricompensa) per dire
una bugia tendono a non cambiare il proprio atteggiamento interno, mentre quando gli individui hanno una
minima giustificazione esterna (minima ricompensa) tendono a cambiare il proprio atteggiamento pur di
ridurre la dissonanza creata dalla bugia.
La punizione: tutte le società si reggono in parte sul concetto di pensa o della sua minaccia. Ogni
membro della società si trova continuamente in situazioni in cui è minacciato di essere punito dai custodi
della legge e dell’ordine se si rifiuta di seguire le regole.
Tuttavia, la minaccia di una pena pesante come mezzo per costringere le persone a non commettere
un’azione che provoca piacere richiede una vigilanza continua, poiché le persone obbediranno solo se
controllate, ma una volta libere riprenderanno a commettere quell’azione.
Con una punizione leggera, o insufficiente, le persone avvertono ugualmente una dissonanza, tuttavia,
quando non vengono sorvegliate esse non compiono effettivamente la disobbedienza, in quanto la pena è
così leggera da non fornire un eccesso di giustificazioni.

Meno pesante è la minaccia, minore è la giustificazione esterna; e minore è la giustificazione esterna,


maggiore è il bisogno di una giustificazione interna che spieghi il nostro comportamento o atteggiamento.

Autopersuasione: autoconvincimento riguardo a qualcosa. È più potente della persuasione diretta e


permane nel tempo, proprio perché ha luogo internamente, e non a causa di una pressione o un
convincimento esterno.

Se vogliamo che una persona faccia o no una determinata cosa per una volta sola, la migliore strategia
che potremmo utilizzare sarà una ricompensa tangibile o una pena severa.
Se invece desideriamo che quella persona sviluppi un atteggiamento radicato, minore sarà la ricompensa o
la pena che induce un’obbedienza temporanea, maggiore sarà l’eventuale cambiamento di atteggiamento
e pertanto sarà la permanenza dell’effetto.
Le pene o le ricompense severe, in qualità di forti giustificazioni esterne, incoraggiano la condiscendenza,
ma impediscono la reale modificazione dell’atteggiamento.

Il paradigma dell’IPOCRISIA: si verifica quando un soggetto compie un determinato comportamento che


vogliamo cambiare, inducendolo a predicare contro il suo stesso comportamento. Si produce una
dissonanza interna, dal momento che si contraddice e diventa incoerente. Questa induzione di ipocrisia
fa effettivamente cessare il comportamento iniziale.

La giustificazione delle azioni BUONE: quando veniamo forzati a fare un favore ad una persona
che non ci piace, in seguito tenderemo a gradirla maggiormente.

La giustificazione delle azioni CATTIVE: un modo per giustificare la crudeltà è quello di


deumanizzare il nemico con appellativi crudeli, al fine di ridurre la dissonanza: vedere l’altro
come un NON umano è un modo per mantenere la propria immagine di persone giusta.

La trappola della razionalizzazione: le persone, impegnate nella riduzione della dissonanza, provano una
tendenza a intrappolarsi in un labirinto di distorsioni che gli impediscono di vedere le cose come
realmente sono.
Bisogna quindi essere consapevoli della tendenza umana inconscia all’autogiustificazione. Una volta
appreso questo, possiamo cominciare a monitorare criticamente il nostro comportamento.
CAPITOLO 6: GLI ATTEGGIAMENTI

Gli atteggiamenti: tendenza o disposizione durevole a reagire in modo favorevole o sfavorevole ad un


particolare oggetto o ad una categoria di oggetti. Giudizi su persone, oggetti e idee che determinano
quello che facciamo.
3 tipi:
- atteggiamento a base cognitiva: valuta l’oggetto, lo classifica a seconda delle ricompense
e degli svantaggi che esso comporta, in modo da essere in grado di valutare rapidamente se
valga la pena o meno impegnare la nostra attenzione. (es. aspirapolvere, qualità oggettive)

- atteggiamento a base emotiva: si fonda sulle emozioni e sui valori piuttosto che sulle
valutazioni oggettive. Danno espressione del sistema di valori di una persona.
Viene attivato da:
- valori personali (credenze religiose/morali)
- reazioni sensoriali (gusto per qualcosa)
- condizionamento —> classico o operante/strumentale

condizionamento classico: quando un certo stimolo che provoca una reazione


emotiva viene avvertito ripetutamente insieme con uno stimolo neutro che
non provoca nessuna reazione, finché quest’ultimo non assume le proprietà
emotive del primo stimolo. (es. pag 118)

condizionamento operante: si nota un aumento o una diminuzione della


frequenza dei comportamenti che abbiamo deciso di assumere a seconda che
siano seguiti da una conferma positiva o da una punizione.

- atteggiamento a base comportamentale: fondato sui comportamenti.


Teoria dell’autopercezione: in determinate circostanze le persone non sanno quali sono le
loro emozioni finché non vedono come si comportano, ma solo se l’atteggiamento iniziale
è debole o ambiguo e se mancano altre spiegazioni plausibili del comportamento stesso.
(es. amica che fa sport per divertimento pag 119)

Atteggiamenti IMPLICITI vs ESPLICITI: una volta che un atteggiamento si sviluppa può essere a 2 livelli:
- atteggiamento esplicito: è quel genere di atteggiamento che sosteniamo coscientemente e che
possiamo riportare con facilità; ciò che pensiamo quando qualcuno ci chiede un’opinione
precisa su un argomento;
- atteggiamento implicito: valutazione involontaria, incontrollabile e a volte inconscia. Questo
atteggiamento può anche essere virtuale.
Gli atteggiamenti impliciti sono radicati nelle esperienze infantili delle persone, mentre quelli espliciti
soprattutto in quelle recenti.

Il CAMBIAMENTO di atteggiamento: in alcuni casi gli atteggiamenti possono cambiare, spesso a causa
dell’INFLUENZA SOCIALE: ogni nostro atteggiamento può essere influenzato dalle azioni e dalle parole
degli altri, dal comportamento reale o immaginato degli altri.
La comunicazione persuasiva: attraverso i mass media.

Approccio al cambiamento di atteggiamento della scuola di Yale: studi attraverso i quali vennero
analizzate le condizioni in cui le persone vengono influenzate dalla comunicazione persuasiva.

Fonte della comunicazione: in che misura chi parla sembra esperto o attraente

Comunicazione stessa: qualità del ragionamento e natura della comunicazione


- le persone vengono influenzate maggiormente da messaggi che NON sembrano ideati
per influenzare
- quando il pubblico in generale sostiene la nostra posizione, è meglio presentare una
comunicazione schierata da una parte, offrendo solo gli argomenti a nostro
sostegno.
Quando invece il pubblico non è d’accordo, è meglio presentare una comunicazione
basata su entrambe le parti e quindi confutare gli argomenti contrari alla nostra
posizione.
- effetto primacy: se ci troviamo in un dibattito e c’è una pausa solo prima della decisione, è
meglio andare per primi -> effetto secondo cui le persone vengono influenzate da
ciò che sentono prima.
effetto recency: se ci troviamo in un dibattito e la pausa è tra i due dibattiti e la decisione
verrà presa subito dopo l’ultimo discorso, allora è meglio andare per ultimi

Natura del pubblico: a chi


- il pubblico che viene distratto durante la comunicazione persuasiva viene spesso
persuaso più di quello che non viene distratto
- le persone più plasmabili hanno un’età compresa tra i 18 e i 25 anni

Percorso CENTRALE e percorso PERIFERICO della persuasione: 2 teorie

Modello della persuasione euristico-sistematico


Modello della probabilità di elaborazione

Entrambi i modelli precisano in quali situazioni le persone vengono influenzate dal contenuto del
messaggio o dalle caratteristiche più superficiali.

Entrambe affermano che, in determinate condizioni, le persone prestano attenzione ai fatti inerenti una
comunicazione e che esse verranno persuase quanto più questi fatti possiedono una forza logica. Spesso
gli individui trasformano ciò che ascoltano, ripensando accuratamente ed elaborando il contenuto della
comunicazione. —> via centrale di persuasione

In altre condizioni, le persone NON prestano attenzione al contenuto dei fatti, e colgono solamente le
caratteristiche superficiali del discorso, quali la sua lunghezza, o chi invia il messaggio. Pertanto, esse
verranno persuase nella misura in cui le caratteristiche superficiali del messaggio lo fanno apparire
ragionevole —> via periferica della persuasione
In quali condizioni le persone seguono rispettivamente la via centrale o quella periferica?

- MOTIVAZIONE a fare attenzione ai ragionamenti, ossia il grado in cui il ragionamento stesso


produce delle conseguenze importanti per il benessere dell’individuo -> quanto più
una questione ha rilevanza personale, tanto più le persone saranno disposte a prestare
attenzione ai ragionamenti implicati in un discorso e a seguire quindi la via centrale della
persuasione.

- CAPACITÀ di fare attenzione ai ragionamenti, alcune volte, per quanta attenzione si possa
prestare ad un discorso, non lo si riesce a seguire. Le ragioni possono essere la
stanchezza, la distrazione provocata dai rumori di fondo o la sua complessità.
In queste eventualità, vengono guidati da indizi periferici.
- se si hanno dubbi sulla validità del proprio discorso, si dovrebbe distrarre
il pubblico con rumori di sottofondo;
- se si ritiene che i propri ragionamenti abbiano forza e capacità di persuasione,
occorre assicurarsi di avere piena attenzione dal pubblico.

Come ottenere un cambiamento di atteggiamento PERMANENTE: le persone che fondano i


loro atteggiamenti sull’analisi accurata dei ragionamenti hanno maggiore probabilità di
conservarli nel tempo, di comportarsi in maniera coerente con essi e di opporre maggiore
resistenza alla persuasione contraria, rispetto invece agli individui che motivano i loro
atteggiamenti con indizi periferici.

Le EMOZIONI e il cambiamento di atteggiamento: prima che le persone prendano in considerazione i


nostri ragionamenti, dobbiamo ottenere la loro attenzione. Un modo per ottenerla è giocare con le loro
emozioni, che possono essere influenzare il cambiamento di atteggiamento in diversi modi.

La comunicazione che genera paura: un modo per attirare l’attenzione delle persone è
spaventare.
Tutto dipende dal grado in cui la paura influenza la capacità delle persone di prestare
attenzione ed elaborare i ragionamenti di un messaggio: se si crea una dose moderata
di paura e le persone ritengono che ascoltare il messaggio sarà utile per ridurla, allora
saranno motivate ad analizzarlo con correttezza, modificando il loro atteggiamento
mediante la via centrale.
La creazione di paura in un soggetto per il cambiamento di un atteggiamento NON
funziona se:
- la dose di paura è insufficiente nello spaventare le persone;
- viene creata solo paura, senza alcuna informazione su come ridurla.
Gli appelli tesi a scatenare la paura sono destinati a fallire anche se risultano
troppo forti e arrivano a minacciare le persone: se queste si sentono terrorizzate dalla morte
assumeranno un atteggiamento di difesa, negheranno l’importanza della minaccia e
saranno incapaci di pensare in maniera razionale al problema.
Il modello della persuasione euristico-sistematico: un modo in cui le emozioni possono cambiare
un atteggiamento è quello di segnalare le nostre sensazioni rispetto a un determinato
problema.
Secondo questo modello, le persone usano le euristiche (scorciatoie mentali che le persone
utilizzano per emettere giudizi in maniera rapida ed efficiente) per decidere quale sia il loro
atteggiamento, senza dover perdere tempo ad analizzare ogni dettaglio dell’argomento.
Anche le nostre emozioni e stati d’animo possono fungere da euristica che viene a
determinare i nostri atteggiamenti. Infatti, se ci sentiamo bene, associamo queste
sensazioni positive ad un atteggiamento positivo, mentre se abbiamo sensazioni
spiacevoli allora vuol dire che il nostro atteggiamento in merito all’argomento è negativo.

Le emozioni e gli atteggiamenti di diversa origine: il successo delle differenti tecniche di cambiamento
dell’atteggiamento dipendono dal tipo di atteggiamento che stiamo cercando di modificare: se un
atteggiamento si basa su argomenti razionali, bisogna cercare di modificare con altri argomenti razionali;
se invece si fonda su emozioni, occorre modificarlo con altre emozioni.

La cultura e i tipi diversi di atteggiamenti: partendo da presupposto che gli occidentali fondano i loro
atteggiamenti sull’individualità, mentre gli orientali sono più preoccupati per la loro posizione nel gruppo
sociale, la pubblicità che enfatizza il senso e mantenimento si sé potrebbe funzionare meglio nelle culture
occidentali, mentre quelle mirate al senso d’appartenenza al proprio gruppo sociale potrebbero
funzionare in una società asiatica/orientale.

Come RESISTERE ai messaggi persuasivi: esistono varie strategie che ci permettono di resistere al
bombardamento di messaggi persuasivi.

- inoculazione dell’atteggiamento
- resistere alla pressione dei pari
- la teoria della reattanza

Inoculazione dell’atteggiamento: se si vuole impedire alle persone di venire influenzate da un discorso


persuasive, occorre inoculare in loro una piccola dose degli argomenti che in seguito andranno ad
ascoltare. Dopo averli soppesati in anticipo, i soggetti dovrebbero risultare relativamente immuni agli effetti
della comunicazione, un po’ come se fossero stati vaccinati (es. pag 152)

Resistere alla pressione dei pari: la pressione proveniente da amici non è collegata a una serie di
argomenti logici, ma piuttosto ai valori e alle emozioni delle persone e gioca sulla paura di essere rifiutati e
sul desiderio di libertà e indipendenza.
Per resistere bisogna estendere l’inoculazione a tecniche di base emotiva, come per l’appunto la
pressione esercitata dai pari. —> role playing

Teoria della reattanza: è importante NON esagerare quando si cerca di vaccinare le persone dagli assalti
ai loro atteggiamenti, o si rischia di scatenare un aumento di interesse verso l’attività proibita. Secondo
questa teoria le persone non amano sentire minacciata la loro libertà di fare o pensare determinate cose.
Tale sarà la loro sensazione se un’azione viene vietata a rigore, reagendo con una ribellione contro la
proibizione. Spesso ciò implica un aumento di interesse per il comportamento proibito, oltre che una
sensazione di rabbia e aggressività contro chi l’ha vietata.
Quando gli atteggiamenti predicono il comportamento?
Quando le persone cambiano gli atteggiamenti, cambiano anche il loro comportamento.
Nonostante questo, molte volte gli atteggiamenti delle persone non combaciano con il comportamento
reale, è quindi improbabile che gli atteggiamenti delle persone prevedano il loro comportamento manifesto
(es. pregiudizi verso gli asiatici hotel).

Gli atteggiamenti fanno prevedere il comportamento, ma SOLO in determinate condizioni. È cruciale


sapere se il comportamento che stiamo cercando di prevedere è spontaneo, deliberato o pianificato.

Prevedere i comportamenti spontanei: il grado in cui gli atteggiamenti fanno prevedere i comportamenti
spontanei dipende dall’accessibilità dell’atteggiamento, ossia alla forza con cui un oggetto viene
associato al nostro atteggiamento o a una sua valutazione, tipicamente misurata dalla velocità con cui i
soggetti dicono come si sentono rispetto all’evento o all’oggetto.
In condizioni di accessibilità alta, il nostro atteggiamento ci viene in mente ogni volta che
incontriamo quell’oggetto
In condizioni di accessibilità bassa, tale evocazione avviene più lentamente.
Quando gli atteggiamenti NON sono accessibili, le persone vengono influenzate maggiormente da
variabili situazionali.

Prevedere i comportamenti volontari —> azione ragionata: in presenza di tempo sufficiente per
soppesare un comportamento futuro, il modo migliore per prevederlo è considerare l’interazione di agire in
un certo modo, ovvero delle azioni pianificate e deliberate che non rispondono al concetto di accessibilità.

L’importanza di atteggiamenti specifici: solo gli atteggiamenti specifici verso un comportamento


possono prevedere il comportamento stesso

L’importanza delle norme soggettive: le credenze delle persone su come i propri cari
giudicheranno un certo comportamento

Controllo comportamentale percepito: se le persone sono convinte che sia difficile seguire
un determinato comportamento, non avranno una forte intenzione nel metterlo in atto.
Se al contrario lo ritengono facile da seguire, avranno maggiori probabilità di avere
intenzione di farlo.

Il potere della PUBBLICITÀ: la maggioranza delle persone ritiene che funzioni su tutti tranne che su sé
stessi.
Come funziona: distinzione tra i due atteggiamenti:
- se i pubblicitari vogliono modificare un atteggiamento a base emotiva, devono contrastare
con altre emozioni, quindi associare sensazioni di eccitazione, giovinezza, energia..
- se i pubblicitari vogliono modificare un atteggiamento a base cognitiva, non c’è una diretta
rilevanza personale e pertanto il successo si può ottenere tramite la via periferica, con
l’inserimento di personaggi famosi oppure rendendo i prodotti di rilevanza cognitiva
personale.

I messaggi subliminali: parole o immagini che, seppur non percepite consciamente, possono
influenzare il giudizio, gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone a livello inconscio.
Possono anche esserci messaggi subliminali sonori nelle pubblicità. Tuttavia NON esiste
alcuna prova che i tipi di messaggi subliminali impiegati nella vita quotidiana producano
alcun effetto sul comportamento delle persone. Al contrario, in ricerche di laboratorio
controllate, producono degli effetti.
Gli stereotipi nella PUBBLICITÀ: le pubblicità sono più potenti quando possiamo percepirle
coscientemente.
Inoltre, spesso esse non si limitano ad influenzare il comportamento consumistico: essi
veicolano stereotipi culturali mediante parole e immagini, collegando in maniera subdola
un prodotto a un’immagine desiderata.
Le pubblicità possono inoltre rafforzare e percepire dei modi stereotipati di pensare ai
gruppi sociali (es pag. 141)
I media possono avere effetti significativi sull’atteggiamento delle persone sia
direttamente (verso un dato prodotto), sia indirettamente (es i modi in cui vengono
raffigurate le donne)

CAPITOLO 7: IL CONFORMISMO

2 tipi:

Influenza sociale informazionale


Influenza sociale normativa

Influenza sociale informazionale: spesso ci capita di non sapere cosa fare in una situazione, o
addirittura di non sapere cosa stia accadendo: il mondo sociale è spesso ambiguo e poco definito. Per
definire una situazione, pertanto, è utile osservare il comportamento degli altri, chiedendo e vedendo ciò
che fanno.
Quando in seguito ci comportiamo come loro, ci conformiamo perché le persone sono diventate una fonte
di informazione, e ci aiutano a compiere azioni appropriate

Accettazione privata: quando gli individui che si sono “conformati” arrivano a credere e a
convincersi della definizione della situazione che hanno appreso dagli altri

Obbedienza pubblica: quando i soggetti si conformano a un gruppo pubblicamente, ma nel


loro intimo restano convinti delle propria opinione; non vi è pertanto un’accettazione
individuale.

Importanza di essere accurati: una variabile che influenza particolarmente l’influenza sociale
informazionale è quanto è importante per l’individuo essere precisi nello svolgimento di un
compito.
I nostri giudizi e le nostre decisioni hanno delle conseguenze, e ciò ci motiva a fare le cose
per bene. Questo però ci rende più vulnerabili alla influenza sociale informazionale,
facendoci conformare più spesso.

Gli inconvenienti del conformismo informazionale: durante periodi di crisi, gli individui si
confrontano con situazioni potenzialmente pericolose e spaventose, alle quali non sanno
come rispondere. In questi casi il bisogno di informazioni diventa forte, e il
comportamento degli altri risulta molto informativo.
CONSEGUENZE:
- contagio, emozioni e comportamenti che si diffondono apparentemente senza
controllo in una folla;
- malattia psicogena di massa: l’insorgere di sintomi fisici simili in un gruppo di
persone, privi di una vera causa.
SITUAZIONE nelle quali le persone si conformano attraverso l’influenza sociale
informazionale:

- ambiguità della situazione, variabile più importante: quando non siamo certi di qualcosa
è più facile che faremo affidamento agli altri;

- situazione di crisi, quando vi è una crisi, solitamente non si ha il tempo per fermarsi a
pensare cosa fare. Bisogna agire subito e se ci sentiamo spaventati, in preda al
panico e sotto pressione, è normale che ci mettiamo a guardare come reagiscono
gli altri

- quando gli altri sono degli esperti, quanto più una persona appare esperta o al corrente
di una questione, tanto più viene ritenuta guida valida in una situazione ambigua.

Influenza sociale normativa: l’importanza di essere accettati. Un’altra ragione che ci spinge al
conformismo è il desiderio di essere graditi e accettati dagli altri, seguendo così le norme sociali del
gruppo.

Norme sociali: regole implicite (a volte esplicite) che dettano quali siano i comportamenti, i
valori e le credenze accettabili, Chi non le rispetta viene percepito come diverso, difficile
e potrà per tanto essere preso in giro, punito o respinto dagli altri membri del gruppo

Gli esseri umani sono una specie sociale, le altre persone sono molto importanti per il nostro benessere.
Di fronte a questo bisogno umano fondamentale di compagnia, ci conformiamo per continuare a restare
nel gruppo e trarre dei benefici dall’appartenenza. (es. pag 151/165)

Acquiescenza (public compliance) SENZA accettazione privata: avviene quasi sempre nel
conformismo normativo, quando le persone concordano con il gruppo pur non credendo
in ciò che stanno facendo o addirittura ritenendolo sbagliato.

Conseguenze della resistenza all’influenza sociale normativa: vi sono delle prove BIOLOGICHE della
sensazione spiacevole che si prova quando si resiste a questo tipo di influenza sociale (tramite lo
screening dell’attività celebrale).
Se un individuo dovesse comunque violare le norme del proprio gruppo:
- i membri del gruppo cercherebbero di riportarci al suo interno, soprattutto aumentando la
comunicazione con noi, discutendo e provando ad indurci nel conformismo nel senso
delle loro attese;
- è molto probabile che il gruppo cessi ogni comunicazione con noi

I gruppi sociali hanno un grande talento nel ricondurre in riga l’anticonformista, il che spiega perché
cerchiamo sempre di rispondere alle pressioni normative.

L’influenza sociale e l’immagine del corpo femminile: tentativi femminili di conformarsi alle
definizioni culturali di bellezza fisica tramite l’influenza sociale informazionale: le donne
apprendono quale sia il tipo di bellezza femminile in un determinato periodo nella loro
cultura, e imparano dalla famiglia, dagli amici e dai mass-media in che cosa
consiste un corpo attraente.
L’influenza sociale normativa spiega invece i tentativi di modellare il proprio corpo con
diete e disturbi alimentari ben più gravi come l’anoressia o la bulimia. La pressione
socioculturale esercitata sulle donne a favore della magrezza è una forma
potenzialmente fatale di influenza sociale normativa.
Quando il GRUPPO è importante: le pressioni normative sono molto più forti quando provengono da
persone di cui ci è cara l’amicizia, l’amore e il rispetto -> i gruppi verso cui proviamo forte attrazione e con
cui ci identifichiamo fortemente eserciteranno maggiore influenza normativa su di noi rispetto a quelli per
cui proviamo attaccamento scarso o inesistente.
Conformarsi normativamente a un gruppo importante il più delle volte le può far guadagnare il diritto di
deviare occasionalmente senza serie conseguenze.

Quando il gruppo è UNANIME: l’influenza sociale normativa è più forte quando ogni membro del gruppo
dice o crede nella stessa cosa, e resistevi può essere arduo, se non impossibile, a meno che non si trovi
un’altra persona che sia in disaccordo con il gruppo e che con il suo comportamento fornisca un aiuto per
andare controcorrente —>
l’osservazione di una persona che resiste all’influenza sociale normativa incoraggia
l’individuo a fare lo stesso

Quando il gruppo appartiene a una CULTURA COLLETTIVISTA: i soggetti delle culture collettiviste
mostrano un grado elevato di conformismo rispetto alle culture individuali, poiché esso viene considerato
un tratto di valore. Inoltre, l’influenza sociale normativa è più alta nelle culture collettiviste perché
promuove l’armonia e i legami affettivi all’interno del gruppo.

L’influenza della MINORANZA: l’individuo, o una minoranza, può indurre un cambiamento nella
maggioranza tramite:

- coerenza: le persone che hanno opinioni minoritarie devono mantenerle invariate nel tempo
e i diversi membri della minoranza devono essere concordi con loro: se solo una persona esita
fra due diversi punti di vista o se due individui esprimono opinioni minoritarie ma diverse, allora
la maggioranza se ne sbarazzerà.
Se invece la minoranza dà voce a un’opinione coerente e inflessibile, è probabile che la
maggioranza ne prenda nota e arrivi ad adottarla

- esercitare influenza sociale informazionale: le minoranza introducono nel gruppo nuove


informazioni impreviste che lo costringono a riesaminare con maggiore attenzione la questione

La maggioranza spesso provocano acquiescenza (public compliance) in virtù dell’influenza sociale


normativa, mentre le minoranze spesso inducono l’accettazione privata grazie all’influenza sociale
informazionale.

L’utilizzo dell’influenza sociale per promuovere un COMPORTAMENTO POSITIVO: alcune norme


sociali possono essere utilizzate in maniera latente per indurre le persone a conformarsi al comportamento
sociale corretto e opportuno.
Due tipi di norme sociali:

- norme ingiuntive: hanno a che fare con ciò che pensiamo le altre persone approvino o meno;
motivano il comportamento promettendo ricompense/pene per il comportamento normativo;

- norme descrittive: riguardano le nostre percezioni del mondo su come le persone si


comportano realmente in una data situazione, indipendentemente del fatto che quel
comportamento sia approvato o meno dagli altri.

Una norma ingiuntiva è ciò che la maggior parte delle persone approva o disapprova, una norma descrittiva
è ciò che le persone realmente fanno.
L’effetto BOOMERANG: effetto di un messaggio dei mezzi di comunicazione di massa che, in termini di
reazioni dell’audiance, si manifesta in modo opposto a quello atteso.

Le norme ingiuntive hanno maggiore capacità, rispetto a quelle descrittive, di produrre un


comportamento desiderato. Questo perché le norme ingiuntive si radicano nel conformismo normativo.
Per incoraggiare un comportamento positivo, ci deve essere qualcosa nella situazione che attrae
l’attenzione sulla norma pertinente, in modo da farci pensare ad essa, oltre che alla presenza di norme
ingiuntive.

L’obbedienza alle AUTORITÀ (Milgram): siamo da sempre abituati ad obbedire a figure autoritarie che
percepiamo come legittime. La norma sociale dell’obbedienza viene interiorizzata e ciò ci porta ad
obbedire a regole e leggi anche quando l’autorità non è presente fisicamente.
Ma l’obbedienza può produrre conseguenze gravi, se non tragiche, quando obbediamo agli ordini dati da
una figura autoritaria di ferire o uccidere un essere umano.
La maggior parte delle persone che vengono obbligate a seguire un ordine, che comporta delle atrocità,
non sono quasi mai semplicemente sadiche o masochiste, bensì il loro comportamento va considerato
come l’insieme di atti compiuti da persone normali che sono state sottoposte a una straordinaria influenza
sociale.

È difficile dire no e non obbedire ad una persona che realmente vuole costringerci a fare qualcosa, ed è
particolarmente vero se questa persona occupa una posizione di autorità nei miei confronti.

Ruolo dell’influenza sociale informazionale: quando le persone si trovano in una situazione di confusione e
non sono sicure di cosa fare, usano gli altri come mezzi per definire la stessa situazione.
Risulta ancora più facile usare un esperto come aiuto a decidere quale fosse la cosa giusta da fare.

La perdita della RESPONSABILITÀ PERSONALE: un’altra ragione per cui è difficile che i soggetti
abbandonino la norma dell’obbedienza all’autorità negli esperimenti, è perché il soggetto della ricerca,
messo davanti ad una figura legittima ed autoritaria, è come un pupazzo nelle sue mani: è l’altra persone a
definire cosa deve fare il soggetto, ed è lui il responsabile per i risultati finali -> in fondo si sta solo
seguendo degli ordini
CAPITOLO 12: IL PREGIUDIZIO

Il pregiudizio è un atteggiamento ostile o negativo nei confronti dei membri di un gruppo, basato
unicamente sull’appartenenza a quel determinato gruppo; si riferisce alla struttura generale
dell’atteggiamento e alla sua componente affettiva, e può essere tecnicamente sia positivo che negativo.
3 componenti:

- COGNITIVA -> gli stereotipi: generalizzazione condotta su un gruppo di persone, in cui


caratteristiche identiche vengono attribuite a tutti i membri di un gruppo, senza tener conto
delle variazioni tra i membri. Una volta formati, sono resistenti al cambiamento, anche
quando sopraggiungono nuove informazioni.

La legge del minimo sforzo: la stereotipizzazione è semplicemente un modo per semplificare


il mondo: esso infatti è troppo complesso perché noi possiamo permetterci di conservare
un atteggiamento differenziato rispetto ad ogni cosa -> massimizziamo la nostra energia
cognitiva al fine di sviluppare degli atteggiamenti accurati solo verso alcuni argomenti,
mentre semplifichiamo le credenze nei confronti degli altri.

La correlazione ILLUSORIA: modo in cui viene perpetuato il pensiero stereotipico; nel caso in cui,
aspettandoci che due cose siano collegate, inganniamo noi stessi fino a credere che di fatto lo
siano, nonostante la realtà mostri il contrario.
È più probabile che si verifichi questa correlazione quando gli eventi o le persone sono
caratteristici o visibili, e ognuno di queste caratteristiche porta alla correlazione illusoria
—> relazione tra la persone caratteristica e il suo comportamento

Gli stereotipi di GENERE: esagerazione delle differenze tra generi. Ignorando le differenze nei
tratti di personalità e nelle abilità all’interno di ciascun genere e semplificando eccessivamente.
2 forme di pregiudizio nel mondo sessuale:
- sessismo ostile: visioni stereotipiche delle donne, inferiorità rispetto agli uomini;
- sessismo benevolente: visioni stereotipiche positive delle donne, di natura
cavalleresca, dando per scontato che esse rappresentino il sesso debole, e tendendo a
idealizzare romanticamente e proteggerle anche quando non ne hanno bisogno.

- AFFETTIVA: gli individui che in genere sono sensibili e ragionevoli di fronte a molti argomenti
diventano sordi ad argomentazioni logiche e razionali quando vengono posti di fronte ai
loro pregiudizi. 2 motivi:

- è la componente affettiva dell’atteggiamento a rendere la persona con pregiudizio


resistente al ragionamento -> le spiegazioni logiche non hanno alcun effetto sulle emozioni

- l’atteggiamento tende a organizzare il modo in cui si elaborano le informazioni rispetto


all’oggetto dell’atteggiamento stesso. Le persone fanno più attenzione alle
informazioni coerenti con le proprie opinioni rispetto a un gruppo bersaglio, le
richiameranno più alla mente e le ricorderanno meglio delle informazioni che non sono
coerenti con le proprie opinioni.
Ogni volta che un membro di un gruppo si comporta secondo le nostre aspettative,
tale comportamento confermo e spesso rafforza il nostro stereotipo.

- COMPORTAMENTALE -> discriminazione: quando le credenze stereotipate, combinate con la


reazione emotiva negativa, si traducono in un comportamento scorretto o addirittura violento.
La discriminazione è un’azione ingiustificata o dannosa verso i membri di un gruppo,
semplicemente a causa dell’appartenenza a quel determinato gruppo.
Discriminazione -> 2 tipi:
- discriminazione formale
- discriminazione interpersonale

Distanza sociale: riluttanza di una persona a stare troppo vicino a un membro di un altro
gruppo.

RAZZISMO E PREGIUDIZI IMPLICITI

Pregiudizio moderno: quando i pregiudizi della gente si manifestano in maniera nascosta e


indiscreta, poiché gli individui hanno imparato a nascondere i propri pregiudizi nelle situazioni
in cui potrebbero essere accusati di razzismo. Quando la situazione è sicura, invece, i
pregiudizi possono essere liberamente manifestati.

Un modo efficace per misurare i pregiudizi impliciti consiste nell’osservare come si comportano
le persone quando sono sotto stress, arrabbiate o comunque non nel totale controllo delle loro
intenzioni consce.

L’attivazione dei pregiudizi impliciti: shooting bias -> quando i soggetti fanno relativamente
pochi errori se una persona di colore ha in mano una pistola e vengono commessi più errori
quando un nero è disarmato.
In molte persone i pregiudizi si nascondo ad un livello superficiale, non ci vuole molto per
attivarli, e una volta fatto, essi possono avere conseguenze disastrose su come viene percepito
e trattato un membro dell’outgroup.

Stereotipi AUTOMATICI e CONTROLLATI: le credenze stereotipiche e pregiudiziali hanno


effetto sull’attivazione cognitiva, introducendo la differenza tra elaborazione automatica ed
elaborazione controllata delle informazioni.
Gli stereotipi automatici non sono controllabili e si attivano ogni qual volta una persona
incontra una persona o si trova in una situazione che fa attivare tale processo. Il processo
attraverso il quale si formano gli stereotipi automatici introduce l’informazione automaticamente
quando una persona incontra un membro dell’outgroup, e viene ignorato successivamente da
un’elaborazione conscia, per esempio da una persona che NON ha pregiudizi.

Gli effetti del pregiudizio sulle vittime: un risultato comune dell’essere vittima di pregiudizio è la
diminuzione dell’autostima e l’interiorizzazione di una visione di sé e del proprio gruppo come inferiore,
poco interessante o incompetente. —> profezia che si autoadempie

La minaccia dello stereotipo: quando gli studenti afroamericani si trovano in contesti


educativi fortemente valutativi, la maggior parte tende a sviluppare tensione rispetto al fatto di
confermare, con il loro comportamento, lo stereotipo culturale negativo dell’inferiorità
intellettuale. Questa apprensione interagisce con la loro capacità di fare bene, soprattutto
se l’appartenenza etnica è ulteriormente resa saliente.
Questo fenomeno si applica anche alle differenze di genere.
Tuttavia, conoscere la minaccia dello stereotipi può essere utile per migliorare le prestazioni
nei test e in altri compiti valutativi.
Le CAUSE del pregiudizio: cosa rende le persone affette da pregiudizio?

Le regole normative: conformismo -> molte persone hanno atteggiamenti pregiudiziali e


discriminatori proprio per conformarsi ed adattarsi alle posizioni prevalenti della maggioranza.
É probabilmente questo conformismo sociale la causa principale del pregiudizio.
Un modo per determinare il ruolo del conformismo normativo è quello di vedere i cambiamenti
del pregiudizio e della discriminazione nel tempo. Il cambiamento delle norme sociali provoca
una modificazione dei pregiudizi e dei comportamenti discriminatori.

Razzismo e sessismo istituzionalizzato: avvengono se viviamo in una società in cui le


informazioni stereotipiche abbondano e il comportamento discriminatorio è la regola, la maggior
parte di noi svilupperà atteggiamenti ostili e dei pregiudizi.

La categorizzazione: tema sottostante della cognizione sociale umana, è l’atto di raggruppare


gli stimoli in base alle loro somiglianze e di metterli in contrasto in base alle loro differenze;
ordiniamo pertanto il mondo sociale raggruppando le persone per sesso, nazionalità, appartenenza
etnica e così via.

L’ingroup bias: mostrare sentimenti positivi e trattamenti speciali per le persone appartenenti al
nostro INGROUP e avere sentimenti negativi e trattamenti ingiusti nei confronti dei membri dello
OUTGROUP. Questo meccanismo viene principalmente innescato dallo stimolo del sé: i soggetti
aumentano la stima di sé identificandosi con un gruppo sociale preciso. La stima di sé aumenterà
però solo se gli individui percepiscono il gruppo come superiore rispetto agli altri.

Il paradigma del gruppo minimo: i soggetti, durante un esperimento, si comportavano come se


fossero amici di lunga data con membri del proprio gruppo, sebbene non li conoscessero in
precedenza, né tantomeno interagissero fra loro durante lo svolgimento dell’esperimento.
Quando sono minime le ragioni di differenziazione, l’appartenenza all’ingroup ci fa desiderare
di vincere l’outgroup e ci permette di trattarli ingiustamente, perché queste tattiche sereno a
rafforzare la stima di sé.

L’omogeneità dell’outgroup: quando i membri dell’ingroup tendono a percepire quelli


dell’outgroup come PIÙ omogenei di quanto siano realmente, e più di quanto siano i membri
dell’ingroup.

I BIASES ATTRIBUZIONALI:

Spiegazioni DISPOSIZIONALI vs SITUAZIONALI: gli individui tenendo spesso a fare attribuzioni


disposizionali (trarre le conclusioni pensando che il comportamento di una persona è dovuto ad
alcuni aspetti della sua personalità piuttosto che alla situazione) —> errore fondamentale di
attribuzione.

Quando l’errore fondamentale di attribuzione viene rivolto ad un outgroup —> errore ultimo di
attribuzione: es. il ruolo delle donne spesso. Per spiegare le cause dei comportamenti
di determinate persone nei loro confronti, ci si riferisce alla disposizione o al carattere delle
persone, piuttosto che alla circostanza della situazione.
Biasimare la vittima: i membri del gruppo dominante possono cadere in questa trappola di
biasimare la vittima per la sua condizione.
Si tratta di una tendenza con la quale si tende a biasimare la vittima attribuendogli i propri
guai alla mancanza di carattere e di capacità, per conservare la visione di un mondo come
un posto regolato dalla giustizia, in cui ognuno ha ciò che si merita in base a ciò che fa.

Il modo migliore per proteggere noi stessi dalle paure e preoccupazioni che ci affliggono che possa
succederci quello che è successo alla vittima, è convincerci che la persona deve avere fatto
qualcosa di male e ciò comporta semplicemente un’attribuzione disposizionale, e non situazionale,
nei confronti della vittima.

Questo accade perché entra in atto: il modello della giustificazione-soppressione del


pregiudizio (Devine): la maggior parte delle persone entra in conflitto con la voglia di esprimere i
propri pregiudizi e il bisogno di mantenere un concetto di sé positivo.
Tutto ciò però richiede energia cognitiva, soprattutto per sopprimere il pregiudizio, e dal momento
che le persone sono programmate per evitare il costante dispendio di energie, siamo sempre alla
ricerca di informazioni che riescano a convincerci che c’è una giustificazione valida per avere un
atteggiamento negativo nei confronti di un particolare outgroup.

La teoria del conflitto realistico: quando le risorse sono limitate, esiste un reale conflitto tra i
gruppi. La competizione si genera dai sentimenti negativi sviluppati nei confronti del gruppo contro
cui si compete. I pregiudizi aumentano quando vi sono tensioni e si sviluppa un conflitto su
obiettivi che si escludono reciprocamente.

Il capro espiatorio: in situazioni in cui non esiste un vero rivali, e quando gli individui sono
frustati, tendono a mostrare già aggressività nei confronti dei gruppi che non sono graditi,
visibili e con poco potere.

COME SI PUÒ RIDURRE IL PREGIUDIZIO? -> è necessario un tipo particolare di contatto


La semplice ipotesi del contatto spesso si rivela inefficiente, in quando a volte il contatto può rendere le
relazioni intergruppi più ostili e addirittura accentuare i pregiudizi. Per far sì che il contatto produca degli
effetti positivi, deve essere tra gruppi di persone di status uguale e che perseguono gli stessi scopi.

6 condizioni per ridurre il contatto:

- il contatto ha successo quando in un gruppo c’è interdipendenza reciproca -> quando i


due gruppi hanno bisogno l’uno dell’altro e devono dipendere l’uno dall’altro per raggiungere
obiettivi importanti per entrambi
- la condivisione di spazio comune
- i membri del gruppo devono essere uguali in termini di status e potere. Quando lo status non
è uguale, infatti, le interazioni possono portare a pattern stereotipici.
- il contatto deve avvenire in condizioni amichevoli e informali, in cui tutti i membri dell’ingroup
possono interagire con quelli dell’outgroup a livello personale
- l’individuo pregiudiziale può rendersi conto che le sue credenze sui membri dell’outgroup sono
sbagliate, e deve pertanto riconoscere tali membri come tipici del proprio gruppo;
- devono esserci regole sociali che promuovono e sostengono l’uguaglianza fra i gruppi.

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