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APPROCCIO COGNITIVO E SOCIO-COGNITIVO

APPROCCIO COGNITIVO:
Nell’approccio cognitivo sono centrali gli schemi, intesi come resti di conoscenze
organizzate e complesse
È centrale il ruolo di abilità e processi cognitivi (attenzione, memoria, ragionamento)
attraverso cui le persone conoscono il mondo (e sé stessi) e sono in grado di usare
questa conoscenza (organizzata e strutturata con nodi e relazioni) per mediare la
conoscenza che va oltre l’informazione recepita dall’ambiente e influenzare i nostri
pensieri ed azioni. Esistono 5 capacità di base:
1. Simbolizzazione: permette di rappresentare la conoscenza (es.
Linguaggio)
2. Autoriflessione: riflettere consapevolmente su sé
3. Vicaria: acquisire conoscenze tramite osservazione o modellamento
4. Previsione: anticipare eventi futuri
5. Autoregolazione: stabilire obiettivi e valutare le proprie azioni in
relazione a standard interni di prestazione. Favorita dal linguaggio interiore,
ha origine sociale.

SCHEMI INTERPRETATIVI
Sono strutture cognitive complesse (ovvero reti di conoscenze interconnesse) che
consentono di filtrare l’esperienza e formulare aspettative; sono a priori e le
informazioni selezionate permettono di acquisire nuove conoscenze che trasformano
gli schemi di partenza.
Gli schemi unificano conoscenza personale, culturale, sociale, cognitiva ed emotiva.
Sono economici e vantaggiosi perché disambiguano la realtà in modo veloce, però,
quando gli schemi sono semplicistici o inappropriati, la loro applicazione automatica
può indurre in errore. La conoscenza legata agli schemi è sempre qualitativamente
oltre la realtà percepita (problem-solving, pensiero...), dunque le persone sono agenti
che scelgono ed elaborano le informazioni per generare successivi schemi
interpretativi e insiemi di comportamenti e reazioni. Attraverso i processi di
socializzazione le conoscenze e gli schemi del singolo vengono integrati con gli
schemi e le conoscenze collettive. Dunque, l’impronta individualista o collettivista
porta o a voler scoprire le proprie caratteristiche o quelle del gruppo alle cui norme ci
si dovrebbe uniformare.

LO SCHEMA DI SE’ (Markus e Nurius)


Codifica, interpreta e integra informazioni relative a noi stessi, è facilmente
accessibile e di rapida attivazione (per questo motivo le informazioni che ci
riguardano sono rapidamente individuate, recuperate e ricordate).
Si forma dai primi anni di vita e sono generalizzazioni sul sé alimentate da esperienze
autobiografiche, sedimentando poi in forma di memoria semantica.
Il nucleo centrale dello schema si costruisce tramite la memorizzazione di episodi
autobiografici, in interazione con delle propensioni innate a organizzare in un certo
modo le proprie conoscenze (comprende valori e preferenze, che possono portare ad
adottare con maggiore frequenza determinati comportamenti, oltre alle caratteristiche
fisiche ed anagrafiche stabili). La generalizzazione e l’accorpamento di questi episodi
porta a delle rappresentazioni di carattere generale.
Gli schemi del sé sono determinati culturalmente:
 Culture individualiste: sé autonomo e indipendente
 Culture collettiviste: sé interconnesso e dipendente dagli altri

ACCESSIBILITA’
Le informazioni riferite allo schema di sé vengono elaborate con maggiore rapidità
(sono più veloci e facili da attivare). In generale, le informazioni dello schema
di sè sono le più accessibili in assoluto.
Il self-reference effect è un fenomeno per cui le persone ricordano le informazioni più
velocemente quando sono coerenti con il proprio schema di sé, dunque ognuno dà
significato agli eventi in modo diverso e per la diversa accessibilità di ognuno di
essi.
Secondo Higgins i costrutti centrali dello schema di sé sono
(“cronicamente”)sempre presenti e tendono costantemente ad influenzare
l’interpretazione, oltre ad essere molto accessibili.
Si distingue però un’accessibilità temporanea (priming contestuale --> dovuta alla
presenza momentanea di costrutti pre-attivati) e accessibilità cronica (es.
Caratteristiche riferite al sé).
Secondo Higgins gli effetti dell’accessibilità cronica sono additivi: è più probabile
che venga utilizzato un costrutto che per loro è cronicamente accessibile se è
anche pre-attivato.

LA TEORIA DELL’ATTIVITA’
L’individuo agisce e modifica il mondo con la sua attività e l’individuo viene
modificato dal mondo, dalle esperienze che fa.
Lo sviluppo dell’individuo deriva dal padroneggiare (attraverso l’attività) nuovi
oggetti e dall’incorporare una parte sempre maggiore del mondo che contiene la
persona stessa (chi è e che posto occupa), per questo motivo non è deterministica

Vi sono tre livelli diversi nella rappresentazione del mondo:


1- esperienza sensoriale che ha la funzione di integrare il senso di realtà degli oggetti
nella rappresentazione individuale del mondo (LIVELLO SENSOPERCETTIVO)
2- significati che nascono nelle interazioni sociali e si fondano sul linguaggio (che li
incorpora nelle conoscenze, facendoli diventare parte della coscienza individuale)
(LIVELLO INTELLETTIVO)
3- senso personale, sistema di valori e di atteggiamenti che fornisce alla coscienza la
natura individuale, è diverso per ognuno. Fornisce alla coscienza la sua natura
emozionale ed è il livello più profondo che costituisce la personalità. (LIVELLO DI
PERSONALITA’)
-->ad ogni livello le ipotesi vengono generate in modo diverso e sottoposte a verifica
distinguendosi in: motivi-attività, obiettivi-azioni, o operazioni concrete-condizioni in
cui svolgerle.
-->Grado di soggettività da maggiore a minore: livello di personalità, intellettivo,
sensoriale.
--> La rappresentazione del mondo viene costruita attivamente grazie alla cognizione,
agendo come struttura cognitiva principale.
Questa rappresentazione del mondo è un sistema a più livelli che genera
continuamente ipotesi e le verifica incorporandole nel nucleo del sé che costituisce il
punto di partenenza e di arrivo di ogni attività cognitiva.
La cognizione è come un raggio di luce che illumina varie parti della realtà
permettendone la conoscenza, la scelta di quali aree illuminare viene dalla personalità
attraverso le intuizioni del senso di sé.

L’APPROCCIO SOCIO-COGNITIVO
La personalità si forma a partire da riflessioni ed interpretazioni in contesti relazionali
ed è frutto di una serie di atteggiamenti, convinzioni e ambienti di interazione in
interconnessione.
Vi sono 5 capacità di base per conoscere il mondo, se stessi ed usare questa
conoscenza per regolare il proprio comportamento e le proprie esperienze:
1. Simbolizzazione (rappresentare la conoscenza in modo astratto, il
linguaggio)
2. Autoriflessione (riflettere consciamente su sé)
3. Vicaria: tramite osservazione o modellamento si acquisiscono
conoscenze e abilità affettive)
4. Previsione (anticipare gli eventi futuri)
5. Autoregolazione (stabilire obiettivi e valutare le proprie azioni in
riferimento a standard interni di prestazione)
Le persone sono agenti “attivi che, attraverso i processi cognitivi, danno significato
agli eventi. La personalità è frutto di molte variabili: atteggiamenti, stili di pensiero,
schemi di sé, ambiente e contesti di interazione. Modelli: triadico e CAPS.

Il modello triadico (Bandura)


Interrelazione fra caratteristiche della persona (tratti, sistemi cognitivi e affettivi),
dell’ambiente (fisico e sociale, condizionamento, modelli appresi) e dei
comportamenti. L’interazione reciproca fra queste variabili permette la reciproca
influenza; anche l’interpretazione del contesto influenza il modo di comportarsi di
una persona.

Il modello CAPS (Mischel e Shoda)


CAPS (= Cognitive-Affective Personality System), secondo cui il significato
psicologico delle situazioni, le rappresentazioni di sé stessi, degli altri, di possibili
eventi futuri... sono fortemente interconnessi. In questo approccio si dà spazio alle
emozioni.
I comportamenti si interfacciano con una serie di elementi e poi tornano ad una
lettura e codifica della situazione.
Questo sistema varia da persona a persona e tale differenza costituisce l’aspetto
principale della personalità. Dunque, la personalità è data dall’insieme di sistemi
cognitivi e affettivi che caratterizza l’individuo e dal conseguente significato
psicologico dato dagli eventi. Tendenzialmente è stabile ma può variare in funzione
delle variabili socio-cognitive. Tale modello spiega le reazioni differenti delle
persone di fronte allo stesso stimolo e può inoltre facilitare l’anticipazione di tali
reazioni.
--> di fronte ad ogni situazione le persone attivano una particolare configurazione di
reazioni interne frutto dell’esperienza passata (unità cognitive), che influenzano il
comportamento. Tale attivazione può non riguardare tutte le unità (e non tutte hanno
relazione funzionale tra loro).

Questo modello valorizza le differenze individuali tra le persone poste di fronte alla
stessa situazione, in quanto identifica un profilo caratteristico di relazioni
situazione/comportamento.
Esempi di comportamenti diversi di fronte alla medesima situazione (ESAME):
A--> attiva gli schemi di conoscenza che possono associarsi all’idea di riuscita
insieme a emozioni funzionali di approccio al compito ecc. Il comportamento messo
in atto avrà un impatto sulla situazione che porterà a successive elaborazioni delle
UCA.

B--> potrebbe attivare diverse UCA, come temere di non farcela e dunque agitarsi,
che può tradursi in comportamenti e risultati poco soddisfacenti, che andrebbero ad
alimentare una nuova configurazione di UCA.

Variabili personali socio-cognitive

APPROCCIO PSICODINAMICO
Utilizzato soprattutto a livello clinico, può essere utile per comprendere la personalità
normale per quanto riguarda gli aspetti del profondo e meno consapevoli.
La personalità dipende da conflitti intrapsichici fra diverse istanze e da come questi
sono stati risolti.
La personalità è collocata ad un livello molto profondo e si struttura sin dai primi
anni di vita, dando luogo a fissazioni o meccanismi di difesa, agiti abitualmente.
Essendo posti ad un livello inconscio, i contenuti della personalità possono emergere
attraverso tecniche proiettive, lapsus, sogni o derivati consci.
Come la teoria cognitiva, sostiene che vi sia una distinzione fra contenuti espliciti ed
impliciti e che, dunque, le disposizioni inconsce siano al di là delle proprie possibilità
di controllo e scelta. Inoltre, entrambe le teorie riconoscono una grande importanza al
ruolo del pensiero (psicodinamica --> aiuta a riconoscere i processi del profondo)
(cognitive --> costruisce significati, interpretazioni, aspettative).
Quanto più il pensiero è inconsapevole quanto più influenza il comportamento.

DEFENSE STYLE QUESTIONNAIRE (DSQ)


È uno strumento di assessment dei meccanismi di difesa.
Parte dal presupposto che le difese possano essere ordinate lungo due assi “maturità-
immaturità” e “salute-patologia”. In questo modo gli stili difensivi sono raggruppati
in 4 parti. Il quadro degli stili di difesa ci permette di fare inferenze sulla personalità.

Studia i derivati consci e le difese che la persona pensa di avere. Essendo uno
strumento di self-report, un presupposto alla base del suo utilizzo è che qualsiasi
soggetto sia in grado, utilizzando le proprie capacità di auto-osservazione, di riportare
in modo accurato i propri comportamenti e pensieri. Il questionario presente diverse
versioni (quella italiana include 25 meccanismi di difesa).
L’adattabilità è la capacità di una difesa di essere flessibile e quindi adattabile al
contesto.
Una volta raccolti i risultati andranno convertiti e confrontati con la media (che in
questo caso è 0).

APPROCCIO FENOMENOLOGICO
Nasce dalla contrapposizione tra “scienze della natura” e “scienze dello spirito”
(di Dilthey). Le differenze tra le due riguardano l’oggetto di studio e il metodo
d’indagine.
Scienze della natura (deduzione): analizzano tutto ciò che può essere considerato un
fenomeno naturale. Si basano su due principi metodologici fondamentali: la riduzione
dell’oggetto di studio in parti misurabili e la rappresentazione matematica delle
misurazioni (processo di descrizione); la classificazione è basata su un modello a
priori
Scienze dello spirito (intuizione): studiano l’esperienza umana vissuta nella storia e
per far ciò ritengono indispensabile rispettabile rispettare l’unità dei fenomeni.
LA PERSONALITA’ SECONDO L’APPROCCIO FENOMENOLOGICO
Nelle persone vi è una tendenza alla piena realizzazione di sé, all’espansione e
all’arricchimento che è organismica e già presente nei bambini.
Le persone sono attive e aspirano alla crescita, mosse dal tentativo di realizzare tutte
le possibilità del sé (valori ecc).
L’uomo, dunque, non si sentirà completo finchè non avrà soddisfatto il bisogno di
autorealizzazione (piramide di Maslow).
La personalità dipende da 3 scalini: hic et nunc, scelta e responsabilità e costruzione
di risorse positive.
L’approccio è molto orientato sul futuro.

Piramide di Maslow
Alla base vi sono bisogni di carenza, mentre in alto di crescita.

La teoria di Kelly dei costrutti personali


Ogni individuo utilizza un insieme specifico, unico e irripetibile, di costrutti personali (con componenti affettive),
ossia di schemi di conoscenza che categorizzano gli eventi e che consentono di interpretare sistematicamente
qualunque aspetto del mondo esterno e di darci un significato.
Le persone interpretano la realtà sulla base dei costrutti esistenti facendo ipotesi che sottopongono a verifica
per accettarne l’efficacia (ALTERNATIVISMO COSTRUTTIVO). Il processo è ciclico e prevede per successive re-
interpretazioni degli eventi utilizzando alternative per spiegarli ed anticiparli.
Le persone interpretano gli eventi in modo diverso e quindi hanno reazioni emotive e comportamenti diversi.
Questi schemi interpretativi della realtà (cioè costrutti) definiscono la personalità (che dipende da come
pensiamo noi stessi e dalle interpretazioni date sulla base di bisogni, motivazioni e aspettative.
Nel corso della vita, a causa del susseguirsi di eventi diversi, non sempre le medesime risposte sono adeguate. La
possibilità che ci siano dei cambiamenti all’interno del sistema dei propri schemi può comportare l’emergere di
specifici vissuti emotivi, fra cui:
 la minaccia: è la consapevolezza di un cambiamento imminente, quando la persona sente che
sta per accadere qualcosa che scuote il suo sistema di costrutti
 Paura: si ha quando sopravvive un cambiamento incidentale che mette in discussione il sistema
dei costrutti di un individuo.
 Ansia: causata dal riconoscimento che gli eventi che il soggetto deve fronteggiare si trovano al di
fuori del campo di pertinenza del proprio sistema di costrutti.
 Colpa: è l’esperienza di perdita della struttura.
Terapia di Kelly: l’obiettivo è favorire un cambiamento dei costrutti quando questi sono messi in discussione
dalle sfide poste dalle nuove realtà.
Strategie:
 Creatività: attraverso cui si invita a pensare a più eventi, idee originali, alternative alle
interpretazioni attuali
 Ruolo stabilito in cui si chiede al soggetto di immedesimarsi in uno specifico personaggio,
provando ad abbandonare i vecchi costrutti e assumendo quelli del nuovo modello
 Auto-caratterizzante, che prevede il descriversi in terza persona.

Teoria di Rogers
La teoria rogersiana della personalità è quello di “ORGANISMO”, inteso come un tutto organizzato che
interagisce con la realtà. Le persone hanno un bisogno centrale: sentirsi accettate incondizionatamente.
Le persone tendono naturalmente all’autonomia, maturità e realizzazione, e, secondo Rogers, l’uomo è in grado
di raggiungere questi obiettivi, a patto che l’ambiente permetta loro di essere se stessi.
Tutte le esperienze che la persona fa vengono sottoposte ad un processo di valutazione organismica, il cui esito
dipende dalla percezione di accettazione incondizionata (o condizionata) da parte dell’ambiente.
La percepita accettazione favorirebbe la tendenza attualizzante e quindi la realizzazione di sé. Invece, coloro che
si sentissero accettati solo condizionalmente tenderebbero a “rispondere alle attese” anziché a “manifestare
loro stessi”.
Oltre al bisogno di essere accettati dagli altri, vi è anche quello di autoaccettazione; a seconda se la persona e gli
altri la accettano o meno la persona può sentirsi realizzata o meno.

TERAPIA DI ROGERS
La psicoterapia deve promuovere il cambiamento spontaneo da parte dell’individuo; la terapia è centrata sul
cliente, in cui il terapeuta ascolta il cliente senza dare giudizi ma empaticamente. Il giudizio impedisce
l’autorealizzazione e il flow (flusso, senso di continuità).
Così la persona si sente più libera di raccontarsi e quindi di autoaccettarsi (scopo della terapia).
La persona auto-realizata è:
 Fiduciosa delle proprie potenzialità
 Pronta a vivere esperienze emotivamente intense
 Dotata di umorismo, libera da pregiudizi
 Non aggressiva, perché può esprimere il proprio potenziale
 Aperta, entusiasta, serena e felice
 Autonoma, spontanea, creativa e capace di accettare sé e gli altri.

ALTERNATIVISMO COSTRUTTIVO
I costrutti personali sono le parole attraverso cui ci descriviamo; ognuno ne utilizza di diversi e ogni parola ha un
significato diverso per ognuno di noi.
L'uomo interpreta la realtà facendo ipotesi che sottopone a verifica per accertarne l’efficacia; può reinterpretare
gli eventi utilizzando alternative maggiormente in grado di spiegarli e anticiparli. La personalità dipende da come
pensiamo noi stessi e dalle interpretazioni, sulla base di bisogni, motivazioni e aspettative. Dunque è la persona
stessa a generare i propri schemi.
Vi sono 4 emozioni (tutte spiacevoli) che sono collegate alla fatica che le persone fanno per cambiare i propri
schemi, sono indicatori del fatto che qualcosa sta cambiando:
1. Minaccia: Quado lo schema che sta per cambiare
2. Paura: schema messo in discussione, non sa come interpretare un evento
3. Ansia: evento fuori dalla struttura, non sa come interpretare un evento
4. Colpa: perdita della struttura, la persona si sente diversa

STRUMENTI DI MISURA E VALUTAZIONE


 Colloquio: mi racconto e cambio
 Q-sort: scelgo come descrivermi sulla base di carte che seleziono e ordino
 Differenziale semantico: do significato a dei termini su polarità “buono-cattivo”, “forte-debole”
 Comunicazione non verbale
 Costrutti personali: il REP test. Il compito dei partecipanti è individuare persone significative
(con cui ci si confronta) e “aggettivi”/caratteristiche personali. Una volta trovati gli aggettivi, bisogna
identificare una caratteristica che vede due di queste perone simili ma diverse dalla terza. La
caratteristica identificata per denotare le similarità viene definita “costrutto emergente” (o polo di
somiglianza); quella riferita alle differenze prende il nome di “costrutto implicito” (o polo del
contrasto). Questi costrutti non devono per forza essere opposti logici.
Ulteriori costrutti possono venire elicitati ripetendo il passaggio precedente per triadi diverse di persone.
In tal modo i costrutti personali vengono resi accessibili, perché elicitati.

LA MOTIVAZIONE
Dal latino “motus” (= movimento), è la configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di
spiegare inizio, direzione, intensità e persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo.
Ul concetto di motivazione è quindi usato per capire perché una persona svolge un compito e lo fa in un
determinato modo (inizio e direzione), quanto insiste (intensità) e le ragioni per cui mantiene interesse e
impegno sul compito (persistenza).
2 tipi di motivazione:
 All'avvicinamento: porta a voler affrontare il compito
 All'allontanamento: spinge a voler evitare il compito

Esistono differenze individuali sia a livello quantitativo (molto/poco motivato) che qualitativo (diversi oggetti
creano motivazione); inoltre, si possono distinguere 3 stati: motivato, demotivato, non motivato.
o Motivato: agire avendo delle motivazioni
o Demotivato: motivato ad evitare (può essere conflittuale)
o Non motivato: non coinvolto, senza motivazioni.

I MOTIVI IMPLICITI
= disposizioni che emergono nella scelta di attività, nei comportamenti spontanei e nelle attribuzioni di
significato.
 Sono preoccupazioni ricorrenti, che portano a selezionare gli stimoli cui prestare attenzione e
che ci rafforzano.
 Tratti di motivazione: elementi distintivi presenti fin dalla nascita e aventi una componente
emotiva inconscia; sono presenti fin dalla nascita, stabili e legati agli ormoni.
Si collocano al di fuori della consapevolezza e dunque non sono rilevabili attraverso i questionari, cioè mediante
la manifestazione del grado di accordo personale rispetto ad una serie di quesiti.
--> si usa il metodo proiettivo, che permette di proiettare le disposizioni, le attitudini e gli obiettivi nel
personaggio di cui si racconta la storia.

Teoria motivazionale di McClelland. Considera 3 motivi: riuscita, affiliazione e potere


 La riuscita porta alla ricerca di situazioni in cui esperire un successo. Focus sulle prestazioni.
 L'affiliazione si riflette nel bisogno di intrecciare relazioni, di essere accettati e protetti
 Il potere si riferisce al bisogno di autoaffermazione, che si manifesta nel desiderio di controllare
o influenzare gli altri o di ottenere prestigio.
Ogni motivo ha una componente di avvicinamento e una di evitamento (successo-fallimento, affiliazione-
evitamento, esercitare controllo sugli altri-non riuscire a dominare).
Nei meccanismi di avvicinamento e di evitamento intervengono anche principi morali personali o pressioni
esercitate (più o meno consapevolmente) dal tipo di educazione e dall’ambiente.

MOTIVI E IMMAGINI DI SE’


Rheinberg:
 I motivi sono un numero limitato di propensioni a base biologica, presenti anche nelle specie
inferiori, hanno effetti a lungo termine. Si misurano con test proiettivi e test impliciti: IAT e TAT
(Murray)
 Le immagini di sé sono rappresentazioni cognitive delle proprie motivazioni, che vengono
apprese e guidano il comportamento in ambiti strutturati e definiti anche dal contesto sociale. Sono
rappresentazioni di sé verbalizzabili, producono effetti a breve termine e si misurano tramite
questionari/interviste.

I motivi hanno localizzazione emisferica destra, mentre le immagini di sé sinistra, e hanno un forte legame con
gli ormoni (potere-->testosterone e norepinefrina) (riuscita-->vasopressina) (affiliazione-->dopamina).
Una volta portati a compimento questi motivi, il rilascio ormonale funge da ricompensa. Vi sono differenze
individuali per quanto riguarda la sensibilità a questi ormoni, facendo sì che emerga in modo più netto un motivo
piuttosto che un altro. Oltre al fattore biologico, anche l’ambiente ne modula l’espressione. I motivi predicono
quanto “piacere” o “dolore” sentirà una persona quando riuscirà a soddisfare o vedrà frustato il suo motivo.

SENSATION SEEKING
= Spinta motivazionale che porta a provare sensazioni sempre nuove e che si accompagna spesso alla ricerca di
novità (novelty seeking). Componenti della sensation seeking sono: la ricerca di avventura, il bisogno di
esperienze e di novità, la disinibizione, la suscettibilità alla noia (Zuckerman).
Tramite esperimenti che prevedevano un impoverimento degli stimoli emerse che alcune persone sopportavano
questa situazione peggio che altre.
Non interessa il risultato finale, ma il piacere di padroneggiare la situazione rischiosa.
La causa è di origine genetica (più frequente nei maschi), ma è sostenuta anche dal sistema di pensieri, delle
interpretazioni date alle situazioni e dai valori.

DISPOSIZIONI MOTIVAZIONALI: PAURA DI PERDERE O SPERANZA DI VINCERE


Gray: teoria dell’attivazione comportamentale.
Sistema:
 D'inibizione (BIS): sensibili alle punizioni, paura, tristezza.
 Di attivazione (BAS): sensibili ai rinforzi, sfida, rabbia.
Con una delle due predisposizioni si nasce, nonostante l’ambiente possa comunque incidere. Ciò può avvenire
anche attraverso la focalizzazione da parte degli agenti educativi prima e delle stesse persone poi, una volta
adulte, su modalità prudenti (prevention) o audaci (promotion)--> Higgins.
Queste abitudini, se esercitate nel tempo, diventano stili (= abitudini piuttosto stabili di interpretare e affrontare
o evitare le situazioni).
 Prevention (prudente): agisce se sicuro, non tenta
 Promotion (audace): si cimenta e ci prova anche nell’incertezza

Gli atteggiamenti ad affrontare o evitare, essere audaci o prudenti possono discendere anche da altre
disposizioni e dimensioni e con esse interfacciarsi.

PERCEZIONE DI COMPETENZA
Vi è un bisogno innato che porta a voler padroneggiare l’ambiente, e quindi a esperire competenza. Tale bisogno
viene modulato dalle persone significative, che possono creare situazioni favorevoli al suo sviluppo oppure
ostacolarlo.
In base a questa teoria, l’origine delle differenze individuali nella motivazione andrebbe ricercata negli
atteggiamenti e nei feedback ricevuti dall’ambiente per i propri tentativi di padroneggiare i compiti.
Tappe intermedie che portano a desiderare di esperire competenza:
 Iniziativa da parte del singolo a cimentarsi nel compito
 Approvazione o disapprovazione dei tentativi di padronanza
 Interiorizzazione di un sistema di autoricompenza o di dipendenza
 Un effetto sulla percezione di controllo
 Aumento o diminuzione della motivazione alla competenza.
In caso di situazioni già note il percorso si abbrevia e prevede o un senso di sfida o un’aspettativa di fallimento (e
che perdurerà negli anni).

Harter: concetto di sfida ottimale. È una competizione fra sé e il compito, il quale dovrebbe essere controllato
dalla persona e non costituire minaccia o fonte di paura o ansia; l’aggettivo “ottimale” fa riferimento al livello di
difficoltà percepita o alle abilità esistenti. Ciò che si sfida sono le proprie capacità. La sfida è ottimale se permette
di incrementare le proprie capacità e competenze.

L’ESPERIENZA DI FLUSSO
Percezione di essere assorbiti nel compito al punto da perdere la cognizione del tempo che passa e dei propri
bisogni. Focalizzazione sull’attività che si sta svolgendo e non sugli obiettivi finali, massima concentrazione e
fusione fra attività e sé.
Maggiormente probabile:
 In attività di medio-alta difficoltà
 Quando la percezione di competenza è medio-alta
 Per attività ritenute importanti e scelte da sé
 Quando l’attività non è giudicata

TEORIA DELL’AUTODETERMINAZIONE
L’ambiente sociale può promuovere l’autodeterminazione quando consente di soddisfare 3 bisogni
fondamentali: competenza, autonomia e relazione.
 Competenza: percezione di sentirsi capaci ed efficaci, sperimentando un senso di controllo
personale,
 Autonomia: si concretizza nella possibilità di scegliere cosa fare e come
 Relazione: necessità di mantenere buoni legami sociali e accettazione del proprio agire da parte
degli altri.
Questi bisogni vengono soddisfatti quando una persona:
 Può scegliere cosa fare
 Sente di farlo
 Lo fa con competenza
 Viene sostenuta per quello che fa
Ciò dipende molto dall’ambiente sociale:
 REGOLAZIONE ESTERNA: presenza di rinforzi o minacce di punizione. La persona si sente spinta
a fare cose perché mossa da altri e da contingenze, ma non trova un senso in ciò che fa né prova
soddisfazione personale.
 REGOLAZIONE INTROIETTATA: la persona si sente motivata da premi o punizioni che essa stessa
si concede. Vi è autocontrollo, ma l’attività non è vissuta come parte di sé.
 REGOLAZIONE PER IDENTIFICAZIONE: viene data importanza all’attività (perché tipica di un
gruppo in cui la persona si identifica), dunque la motivazione è data da un obiettivo che ha un
valore, è valutato importante per sé ed è consapevole. Locus of control abbastanza interno e la
regolazione è personale.
 REGOLAZIONE INTEGRATA: la persona è motivata in quanto percepisce l’attività che svolge
come espressione di sé o come obiettivo in armonia con il sé. Il locus of control è interno.
 STATO DI MOTIVAZIONE INTRINSECA: l’attività è vissuta come espressione di sé, ed è
considerata interessante, divertente.

SCELTA E COSTRUZIONE DELLA PERSONALITA’


La teoria dell’autodeterminazione enfatizza l’importanza della scelta personale, che ha rilievo anche per
la teroia della personalità.
Peterson e Seligman: siamo ciò che il nostro impegno frutto di scelte personali ci fa diventare attraverso
l’esercizio di forze che originano delle motivazioni. Dunque anche la personalità è una scelta.
Forze: obiettivi, spinte ad agire o vie per dimostrare le virtù sottostanti. Possono essere:
 Toniche: sempre presenti
 Fasiche: si manifestano nelle situazioni opportune
La personalità è il modo con cui decidiamo di utilizzare le forze del nostro carattere:
 Saggezza e conoscenza (cognitiva): si riferisce all’acquisizione e all’uso della conoscenza
 Coraggio e volontà (emotiva): si manifestano nell’utilizzo della volontà anche di fronte a
ostacoli
 Umanità e altruismo (interpersonale): si concretizza nell’attenzione per gli altri.
 Giustizia (per la comunità): impegno per il bene della comunità
 Temperanza (contro gli eccessi): ha come obietti vo il proteggersi dagli eccessi
 Trascendenza (dare un senso): collegamento con l’universo e bisogno di dare un senso
all’esistenza

La personalità è concepita come costruzione di tratti positivi, dove i tratti sono le “forze” che riconosciamo in
noi e che devono essere liberate (se toniche) o trovare l’ambiente adatto per esprimersi (se fasiche). Dunque la
personalità è una serie di elementi costruiti nel tempo e che vanno esercitati e consolidati, è però allo stesso
tempo flessibile e malleabile in ragione degli elementi di scelta e di esercizio di volontà.
L’approccio è a metà strada fra teorie motivazionali e di personalità.

CONVINZIONI
= ciò in cui nutriamo fiducia, a cui consegniamo il nostro essere (da beliefs); questi sono importanti per
determinare le differenze individuali nella motivazione e per i legami che presentano con il modo in cui ci
vediamo e attraverso il quale comunichiamo con il mondo.

Dweck: entitari VS incrementali


 Entitari: si nasce in un modo e si rimane così, cercano di dimostrare di valere e di non essere
incapaci, hanno paura del fallimento, preferiscono compiti e attività già noti, tendono alla rinuncia e
hanno paura dei giudizi altrui.
 Incrementali: si può sempre migliorare e imparare cose nuove, gli errori e le difficoltà sono
considerati strumenti per capire/migliorare, amano affrontare situazioni nuove, preferiscono attività
ed ambiti in cui sfidare le proprie abilità, soddisfazione anticipata, alte aspettative di riuscita.

Studio a conferma: test di intelligenza a bambini di 10 anni. A fine test veniva detto: “sei molto intelligente”, “ti
sei impegnato molto” o nulla. Viene poi proposto un “fallimento” e poi viene riproposto un test di intelligenza.
Viene osservato un decremento della prestazione per coloro cui era stato detto “sei molto intelligente”, ma non
per gli altri (che invece avevano migliorato la loro prestazione).
Dunque, lodare le abilità rende vulnerabili, ma lodare l’impegno favorisce lo sviluppo di una convinzione
incrementale.

Le convinzioni, fra cui le teorie entitarie o incrementali, risentono del contesto culturale ed educativo, in quanto
sono stili di pensiero che si apprendono attraverso processi di socializzazione come gli stili attributivi.
Cheng e Hau:
I partecipanti compilano questionari riguardanti personalità, intelligenza, creatività, intelligenza emotiva e
moralità. Dai risultati si è riscontrata la tendenza a possedere la stessa visione entitaria o incrementale per tutti
gli aspetti considerati. Vi è solo una leggera differenza nella direzione di una visione un po’ più entitaria della
personalità rispetto all’intelligenza e ad altre abilità legate all’apprendimento. Essendo stata la ricerca condotta
in Cina è strettamente connessa a quel contesto.

GLI STILI ATTRIBUTIVI


Weiner: ragionando sugli eventi, possiamo dire quanto una spiegazione sia interna o esterna a noi, controllabile
o meno, modificabile o no. Queste dimensioni, incrociate, danno luogo alla tipologia di attribuzioni.

LOCUS OF CARATTERITICHE CARATTERISTICHE ETICHETTA


CONTROL ATTRIBUTIVA
INTERNO Stabile controllabile Tenacia, zelo,
determinazione,
volontà
incontrollabile Abilità, caratteristiche
di personalità stabili
Instabile controllabile Sforzo, impegno,
applicazione, interesse
incontrollabile Tono dell’umore, stato
di salute
ESTERNO Stabile controllabile Pregiudizio,
convinzione,
aspettativa di altri
incontrollabile Difficoltà del compito o
situazione
Instabile controllabile Aiuto, sostegno di altri
incontrollabile Fortuna, caso

Gli stili attributivi, dunque, sono schemi interpretativi che le persone sviluppano nel tempo attraverso il
confronto con le esperienze di successo e di fallimento e dopo ripetute riflessioni lungo le dimensioni di
controllabilità, stabilità e locus of control. Gli stili sono quindi la risultante di ripetute attribuzioni di causa e
finiscono per diventare ricorrenti modalità di lettura dei propri successi ed insuccessi.
FRONTEGGIARE O EVITARE – STILI DI COPING
Lo stile di coping si riferisce alla modalità individuale di fare fronte ai problemi e alle difficoltà. 4 stili:

Il coping, pur pur potendo essere scelto di volta in volta, tende a diventare uno stile abituale, che predispone
all’evitamento o a voler affrontare e risolvere il problema. Ciò dipende dalla resilienza o dall’impotenza
appresa.
 Impotenza appresa: tendenza ad assumere un atteggiamento rinunciatario, percezione di
perdita di controllo, aspettativa d’insuccesso. È favorita dall’attribuzione persistente degli insuccessi
alla mancanza di abilità; può sfociare in depressione e apatia.
 Resilienza: capacità di piegarsi e non spezzarsi, ma agire. È favorita dal supporto sociale, dal
senso di potercela fare (agentività) e dall’avere obiettivi e valori da perseguire in cui si crede.
L'emergere di questi due tipi di personalità dipende dalle spiegazioni che le persone danno a ciò che accade loro
e quindi da ragioni di tipo cognitivo legate alle interpretazioni date agli eventi. Viene rivendicato il ruolo attivo
della persona, che può costruire le proprie motivazioni e contribuire a sviluppare la propria personalità, oppure
scegliere di rimanere nello status quo.

AUTOEFFICACIA
Percezione della personale capacità di riuscire ad agire sull’ambiente, ottenendo risultati positivi.
È fondamentale il concetto di agentività (percezione di riuscire a controllare personalmente l’ambiente, il senso
di padronanza, le aspettative di riuscita e la conoscenza delle strategie e delle procedure per riuscire.
Vi è un senso di padronanza, una percezione di controllo, una conoscenza delle strategie per farcela e
aspettative di riuscita.
SPECIFICITA’: l’autoefficacia non è una percezione generale, ma si riferisce a compiti specifici e consente di
stabile quanto una persona sente di riuscire ad affrontare un compito dato con le proprie risorse e pensa di
essere capace di portarlo a termine.
 Componente motivazionale
 Componente legata alle abilità strategiche possedute e che si sanno padroneggiare.

PADRONEGGIARE IL COMPITO, OTTENERE UN BUON RISULTATO O ESSERE VALUTATI BRAVI


Chi possiede una teoria entitaria tenderà a sviluppare obiettivi orientati alla dimostrazione. Invece chi ne
possiede una incrementale tenderà a pensare che si può sempre cambiare e si porrà obiettivi orientati alla
padronanza. Chi possiede obiettivi di padronanza distingue sé dai propri risultati e comportamenti ed interpreta
questi come elementi che possono aiutare a migliorare, mentre chi esprime obiettivi alla dimostrazione è
portato a definirsi in base ai propri risultati.
Gli obiettivi variano in base alle differenze individuali e possono coesistere, in quanto sono adattivi e funzionali in
molte situazioni. Tutti gli obiettivi sono importanti fonti di motivazione, a differenza della dimostrazione (che
tendono a bloccare iniziativa e motivazione).

VALORI
UTILITA’ PERCEPITA
L'utilità percepita è un fattore che predispone alla scelta. Quanto più le persone ritengono utile un ambito, tanto
più si orienteranno su quello. Spesso è il contesto sociale a trasmetterci il senso di utilità e il valore.
Il valore viene prima della motivazione e della scelta ed è stabile e predittore delle scelte e della motivazione.

IL MODELLO ASPETTATIVE-VALORI DI ECCLES


I valori fanno riferimento a 4 distinti fattori:
 Obiettivi a lungo termine
 Emozioni anticipate
 Valore intrinseco (utilità del compito in sé)
 Importanza del risultato (quanto l’obiettivo rientri nella definizione di sé)
Le aspettative personali, invece, si riferiscono alla probabilità soggettiva di riuscire ad affrontare il compito con
successo.
 Componente cognitiva: percezione delle proprie capacità
 Componente strategica: conoscenza del mondo e degli strumenti per affrontare il compito
 Componente di pianificazione dell’attività strategica e aspetti emotivi (ansia per il timore di non
farcela o fiducia per la speranza di riuscire).

I valori risentono di:


 Obiettivi: rappresentazioni cognitive di tati futuri e sono influenzati dalle aspettative nutrite
dagli altri (dunque dagli stereotipi)
 Percezioni personali di abilità e di facilità: se le persone significative sono convinte che l’altro
ce la farà, l’influenza sarà positiva
 Spiegazioni date ai propri risultati (attribuzioni causali)

Le aspettative, invece, risultano influenzate solo dalla percezione di abilità e difficoltà del compito, funzionano in
modo simile alle percezioni di autoefficacia.

Le percezioni di abilità e difficoltà del compito si collegano in modo bidirezionale agli obiettivi e influenzano
tanto le aspettative quanto i valori, ovvero gli elementi che, a loro volta, determinano la motivazione.
Sia i valori che le aspettative decrescono nel tempo con curve variabili. In base alle differenze individuali si avrà
un diverso declino nelle percezioni di abilità e nel valore dato al compito, che riflette sia differenze nelle reali
capacità e prestazioni sia il genere.

Wang e Degol: differenze di genere.


Le componenti legate alla socializzazione e alla trasmissione di valori femminili o maschili incidono sulla scelta
del corso di studi e professionale, riducendo la motivazione e l’investimento in ambiti ritenuti non caratterizzanti
del proprio genere, limitando le effettive possibilità sia in ambito scolastico che lavorativo.

EMOZIONI ANTICIPATE
Le emozioni sono in stretta relazione con i valori, nella misura in cui li esprimono. Ci emozioniamo per ciò che ci
riguarda e per le cose che ci definiscono e che riteniamo importanti.
Le emozioni anticipate sono emozioni esperite nel presente riguardo una situazione futura.

Atkinson: le persone si distinguono per due dimensioni: tendenza al successo e evitare il fallimento.
 Tendenza al successo: desiderio di affrontare delle situazioni e ottenere dei risultati concreti
(successi), propensione di sentire di star controllando l’ambiente e che si esercita un buon livello di
padronanza in ambiti valutativi importanti per sé --> speranza
 Tendenza al fallimento: porta a rinunciare ad affrontare compiti o situazioni nel timore di fallire
--> paura

La spinta motivazionale complessiva = tendenza individuale x probabilità x incentivo


 Tendenza: caratteristica disposizionale, tratto di personalità per cui alcune persone sono più
audaci di altre.
 La probabilità di riuscire è inversamente proporzionale alla difficoltà percepita del compito. La
difficoltà percepita dipende dalla personale valutazione di abilità
 L'incentivo consiste nell’emozione anticipata di orgoglio o di soddisfazione per la tendenza al
successo (o viceversa)

Dunque, la motivazione dipende anche da una componente di personalità che porta alla rinuncia o ad affrontare
determinate situazioni. La componente di personalità entra in relazione con la componente cognitiva ed
emotiva.
La tendenza ad affrontare o evitare il compito dipendono da elementi di personalità, da una valutazione della
difficoltà del compito e da quanto si immagina che ci si sentirà orgogliosi in caso di riuscita o ci si vergognerà in
caso di fallimento. Le emozioni, invece, precedono il comportamento motivato e contribuiscono, assieme alle
tendenze di base e alla valutazione cognitiva della difficoltà del compito, a far sì che la persona si motivi p
rinunci.

VALORI UNIVERSALI
Sono riconosciuti in tutte le culture. Vi sono due spinte contrapposte: trascendenza/auto-affermazione e
apertura al cambiamento/conservatorismo
MOTIVAZIONE E PERSONALITA’
La personalità è l’insieme delle caratteristiche che contraddistinguono le persone e che possono avere una base
diversa da quella emotiva e fisiologica, si modificano nel tempo e sono facilmente verbalizzabili.
Motivazione = Variabili personali x Elementi legati alla situazione

Ogni teoria ha teorie motivazionali differenti:


 Tratti --> motivi (riuscita, affiliazione, potere)
 Situazionismo e interazionismo --> motivazione estrinseca
 Sociocognitivo --> teorie implicite, obiettivi, valori
 Psicoanalitico --> pulsioni
 Fenomenologico-umanistico --> forze del carattere

AUTOSTIMA
È la valutazione globale di sé.
Ci sono due dimensioni: “self-liking” (star bene con se stessi) e “self-competence” (pensare di avere
potenzialità). Entrambe contribuiscono a definire il concetto di autostima contesa come “orientamento positivo
o negativo verso se stessi”. Entrambi si sviluppano in un ambiente sociale e fanno perno sia sulle relazioni
sviluppate nei primi anni di vita e poi internalizzate.
 “self liking”: sentirsi accettati, accolti e sostenuti, ha natura affettiva, porta a ricercare
l’approvazione e sguardi positivi da parte degli altri. Ha un’origine sociale.
 “self confidence”: si riferisce al percepirsi capaci nell’ottenere ciò che si desidera e
nell’apprezzare che i propri sforzi producano effetti. Si sviluppa manipolando l’ambiente con
successo e ottenendo risultati che fanno sì che le intenzioni si traducano in realtà. Ha natura
cognitiva.
Come fare quando questi valori sono bassi:
1. Le due dimensioni sono fra loro correlate: è possibile risollevare una dimensione agendo
sull’altra e probabilmente sono accomunate da un fattore legato al volersi apprezzare.
2. Il piacersi è correlato con il sentirsi accettati e sostenuti, mentre il sentirsi capaci è legato
all’apprezzamento della propria riuscita in ambiti importanti per sé.
3. Siamo noi la fonte della nostra autostima e sta a noi decidere come valutarci e giudicarci.

Self-evaluation (valutazioni di sé): self-efficacy (autoefficacia), self-determination (autodeterminazione), self-


control (autocontrollo), self-regulation (capacità di creare strategie per raggiungere obiettivi) e self-concept
(insieme di definizioni di sé).

Reflected-appraisal: (=valutazione riflessa) le persone tendono a basare i propri personali giudizi di autostima
sulle opinioni e sulle percezioni che altri esprimono sulla loro persona o anche sul gruppo.
 Se i giudizi riguardano ciò che abbiamo fatto: si può mantenere un sistema di fiducia che porta a
credere di poter comunque cambiare.
 Se i giudizi riguardano la persona che siamo: si può sviluppare un “sistema di paura” che può
portare a dubitare delle proprie caratteristiche e capacità e a pensare di non essere all’altezza.

Dweck: due modalità: entitaria (le persone hanno capacità predeterminate) e incrementale (le capacità
si svilupano nel tempo).
 Convinzione entitaria: tendenza alla chiusura, sistema di paura, volersi dimostrare bravi, globale
e rigida, giudizio e classificazione alla persona, i risultati coincidono con chi sei. -->SISTEMA DI
PAURA
 Convinzione incrementale: critica al comportamento, apertura verso il cambiamento, sistema di
fiducia, specifica e flessibile, i risultati indicano come si è cambiati. -->SISTEMA DI FIDUCIA

Come piacere a sé stessi: saying is believing:


1. Io non sono l’immagine di me stesso
2. Non posso vivere nel costante timore di eludere le aspettative altrui
3. Mi stimo per il potenziale che sviluppo (più che per la supposta persona che sono)
4. Posso piacere agli altri, ma devo soprattutto piacere a me
-->bisogna lavorare per la propria persona e non per la propria immagine

Contingent self-worth: sentire di valere in base alle contingenze, ai risultati positivi, ai meriti.
Vi sono persone che fanno dipendere il valore di sé (e quindi l’autostima) dai risultati ottenuti più di altre (riesco
quindi valgo). Ciò porta ad un’autostima instabile (soprattutto negli ambiti importanti per sé), manifestando un
forte calo dell’autostima quando ottiene risultati inferiori alle attese, mentre non ha un corrispondente aumento
dell’autostima quando le cose vanno bene e i risultati confermano il suo valore.
Coloro che non fanno dipendere il livello di autostima dai risultati ottenuti, quando hanno prestazioni sotto le
aspettative, l’autostima subisce solo una lieve inflessione.
Metodi per evitare basi livelli di autostima:
 Ridurre il confronto sociale
 Shifting standard (slittamento degli standard), da un lato vorrebbe porre il termine di paragone
ad un livello più adeguato, dall’altro rischia di svilire o limitare.
 Big fish little pond effect (pesce grosso nello stagno piccolo) porsi in ambiente nei quali il
paragone fa uscire vincenti. Può indurre timore e vergogna e può rendere più difficile una libera
espressione di sé.
 Definizione di sé elaborata personalmente e non in base all’immagine di noi che gli altri ci
trasmettono.
 Esistono: sé ideale (chi vorremmo essere), sé reale (chi siamo) e sé imperativo (chi ci crediamo
di dover essere). Si consiglia di ridimensionare il contenuto del sé ideale, reinterpretare il contenuto
del sé reale, focalizzarsi su ambiti in cui si riesce meglio.

SELF-CONFIDENT E SELF-WORRING
 Self-worring: incertezza, preoccupazione, valutazioni negative su di sé, paura di sbagliare e del
rifiuto, tendenza a dimostrare. Può portare ad ansia e depressione
 Self-confident: fiducia e senso di sfida, valutazione positiva di sé, percepirsi capaci, motivazione
caratterizzata da speranza e mirata a percepirsi capace.

Le emozioni possono bloccare o favorire il processo che porta a costruire l’autostima.


Paura del rifiuto: atteggiamenti esternalizzanti di aggressività e ostilità, o internalizzanti come depressione e
eccessiva autocritica. Per questo motivo, per “conoscere chi siamo”, è meglio favorire emozioni propositive e
funzionali, in quanto emozioni disfunzionali portano ad atteggiamenti “sulla difensiva” per paura di essere
rifiutati dagli altri.

ANDAMENTO DELL’AUTOSTIMA
Gli studi confermano che gli individui con elevata autostima tendono ad essere emotivamente stabili, estroversi,
coscienziosi, amicali e aperti all’esperienza, che la percezione di controllo sulla propria vita influenza l’autostima
e che questa è associata con la salute fisica (e che in modo indiretto influisce anche il reddito).
Andamento:
 L'autostima cresce fino ai 21-23 anni, dopo ha un aumento minimo
 Nel livello di crescita non ci sono differenze di genere
 Le curve distinte in base all’etnia sono sovrapponibili (soprattutto dai 21 anni)
 La stabilità emotiva e l’estroversione sono le due dimensioni che maggiormente influenzano
l’autostima
 La percezione dello stato di salute ha un effetto minimo in senso positivo, mentre influenza
negativamente la tendenza all’assunzione di rischi
 Il reddito non ha funziona sulla crescita dell’autostima
 La crescita dell’autostima è particolarmente frenata se non cresce la percezione di controllo
(mastery, senso di padronanza)
 L'autostima continua a crescere nel tempo e raggiunge il picco verso i 60 anni (variabile)
 A generare il calo successiva sono i cambiamenti nello stato socio-economico e nella salute
fisica, mentre sembrano essere meno rilevanti aspetti quali la presenza di eventi stressanti e le
relazioni.
 Differenze di genere: donne hanno livelli inferiori, la crescita è uguale per entrambi i generi.
Pare che questa differenza sia dovuta alle reali condizioni di vita.
 Chi ha un livello di istruzione superiore mantiene una maggiore autostima per tutto l’arco della
vita
 Fattori cruciali per l’autostima: relazioni sociali, l’impiego, il reddito, il livello di istruzione, la
stabilità, l’estroversione, la stabilità emotiva

INSUCCESSO E AUTOSTIMA
Non è l’insuccesso a fare la differenza sull’autostima, ma come questo viene vissuto.
 Self-defining: “sono un fallito...”. Strategie di self-defeating (difesa), che tendono a generalizzare
il fallimento a tutta la persona e vergogna. Porta ad una conferma di inadeguatezza e una riduzione
di autostima.
--> porta ad un senso di vergogna: il senso di sé è intaccato e il pensiero tipico è di non essere
all’altezza. È distruttiva, autoriferita e globale. Può portare a depressione, suicidio e fuga dalle proprie
responsabilità. Spesso associata a visione entitaria.
 Non self-defining: “non ho usato le strategie giuste per riuscire...” Strategie di self-
enhancing (miglioramento), focalizzazione su forze, sentimenti positivi e colpa. Porta ad un
aumento dell’autostima e la percezione di aver imparato.
--> porta al senso di colpa: il senso di sé è preservato attraverso pensieri tipo “il mio comportamento è stato
sbagliato”. Rimane sempre la possibilità di migliorare, dandosi da fare per migliorare la situazione. Spesso
associata a visione incrementale.

Gli effetti dell’incappare in fallimenti sono più evidenti quando assumiamo una visione in terza persona anziché
una meno astratta e meno rivolta ai significati in cui definiamo e semmai valutiamo noi stessi nello specifico
contesto (cioè in prima persona).

SUCCESSO E AUTOSTIMA
L'autostima:
 Fa stare bene con se stessi
 Consente di ottenere voti migliori nello studio, di essere più soddisfatti per le relazioni e il
proprio lavoro, stare meglio in salute e raggiungere obiettivi importanti.

Orth, Robins e Widaman: studio sulla relazione fra autostima e alcuni indicatori di successo in vari ambiti.
La soddisfazione nelle relazioni, nel lavoro, del vissuto emotivo e dello stato di salute seguono l’andamento
dell’autostima, mentre non si sono osservate relazioni con lo stato occupazionale.

È l’autostima a favorire il successo e non viceversa. Varie componenti positive crescono insieme all’autostima e
suggeriscono che alcuni meccanismi (di tipo ricorsivo):
1. Di natura comportamentale: bassi livelli di autostima inducono il ritiro sociale, spesso sostenuto
da una maggiore sensibilità al rifiuto, cosa che impedisce lo sviluppo di relazioni supportive (con
impatti in ambito relazionale, lavorativo e della salute)
2. Tendenza a ripensare costantemente fatti negativi e problematici: favorisce rabbia, tristezza,
delusione, che incidono negativamente su autostima e relazioni.

VALORIZZAZIONE GLOBALE DI SE’


Non bisogna giudicarsi ma essere aperti e accettare se stessi.
Lo Psichological disengagement (distanziarsi) può avvenire secondo due modalità:
 Devaluing (deprezzare l’ambito, ritenerlo poco rilevante) è una strategia più temporanea e
reversibile. Svalutare un ambito spesso conduce a disinteresse, demotivazione e quindi ad una
prestazione ridotta. Non favorisce l’autostima, abbassa la motivazione intrinseca
ed estrinseca, conducendo ad evitamento e ritiro e abbassando il livello delle prestazioni.
 Discounting (ritenere di meritare di più, di essere sottovalutato), è più utilizzato. Può portare a
disaffezione, disimpegno e quindi ridurre la prestazione. È una strategia più efficace perché incide
positivamente sull’autostima e non intacca né la prestazione né la motivazione
Entrambe le strategie sono utilizzate per proteggere la propria autostima, ma rischiano di demotivare ed
influenzare la prestazione in senso negativo (anche perché non si confermano gli standard attesi).
 Strategie di autosabotaggio (self-handicap): ritiro dall’impegno per proteggere il valore di sé,
non mosse da disinteresse o pigrizia, ma anticipando gli ostacoli reali o presunti che potrebbero
giustificare un fallimento futuro. Sono funzionali nel proteggere l’autostima, ma non lo sono per lo
sviluppo di motivazioni adattive e nell’incrementare la prestazione. Hanno ripercussioni a lungo
andare perché:
1. sono davvero agite
2. determinano disimpegno, la prestazione risulta negativamente influenzata e spesso anche la
motivazione al compito e l’interesse si riducono.

 Impegno + abilità --> modalità statica e additiva (o sottrattiva). Più mi impegno più mi dimostro
incapace: i bravi riescono senza impegnarsi. DIFENSIVA DELL’AUTOSTIMA
 Impegno + abilità --> modalità di crescita (o moltiplicativa). Più mi impegno e più divento bravo.
PROMOZIONE DELL’AUTOSTIMA

RISOLLEVARE L’UMORE DEPRESSO


In seguito ad un momento difficile ci sono due modalità di affrontare la situazione: risollevare l’umore o
mantenere l’umore (depresso).
1. È dovuto alla deservingness (credere di meritare): alcuni, di fronte alle difficoltà, reagiscono
cercando il modo di volgere in positivo la situazione, mentre altri continuano a rimanere nello stato
emotivo più cupo (rimuginando su ciò che è accaduto).
Questa tendenza è determinata dal livello di autostima: persone con bassa autostima hanno la
tendenza a non fare nulla per aggiustare la situazione perché sentono di meritarsi quel dolore.
2. È dovuto al rifiuto sociale: ciò fa credere di non meritarsi di essere accettati.
3. Modo in cui ci interfacciamo con il nostro eventuale umore triste o arrabbiato o impaurito. C'è
chi non si definisce in base alle sue emozioni, mentre chi lo fa è meno motivato a cambiare.

AUTOSTIMA E DEPRESSIONE
Bassa autostima si associa a problemi di salute fisica e mentale, a forme di comportamento antisociale, a
disturbi alimentari e depressione. Ciò non è bidirezionale: la depressione non causa bassa autostima.
 L'autostima si costruisce anche in base ad una ricerca di conferme del proprio valore da parte
degli altri, il rifiuto può causare anche depressione.
 Chi ha bassa autostima tende ad evitare il contatto sociale, perché ha paura di non essere
all’altezza. Ciò impedisce anche di creare relazioni valide per avere supporto sociale.
 La ridotta autostima può portare a pensare troppo (ruminare) su aspetti negativi, portando a
deprimersi.
AUTO-ACCETTARSI
= accettazione di una molteplicità di aspetti di sé, alcuni più piacevoli altri meno; sentimento di positività verso il
passato, è un’importante dimensione del benessere, assieme alla capacità di padroneggiare l’ambiente, alla
percezione di crescita personale, all’avere obiettivi di vita importanti per sé, all’autonomia e alle relazioni
positive.
Comporta piacersi e valutarsi per come si è piuttosto che per la persona che si vorrebbe essere, e accogliersi
cercando di non giudicarsi.

Le emozioni ci raccontano chi siamo, e dunque è necessario ascoltarle. Non sono gli eventi a dirci chi siamo (e a
farci stare meglio) ma il modo in cui li gestiamo. Ciò dipende dalla personalità, che rimane piuttosto stabile nel
tempo ma può avere comunque cambiamenti, portando le persone ad essere più stabili emotivamente e più
estroverse con il passare degli anni.
Ognuno è diverso sia dal punto di vista caratteriale sia per il modo in cui ci relazioniamo alla persona che siamo
per accettarci e valutarci per poi (semmai) cambiare.
Altro elemento legato al riconoscimento delle emozioni è il perdono, inteso come offerta della propria amicizia
indipendente da ciò che è successo.
Fasi del perdono (perdonare noi stessi):
 Accettarci come persona ferita
 Riconoscere che l’altro ha deluso le nostre aspettative
 Accogliere i nostri limiti, inclusa l’incapacità o la difficoltà a perdonare
--> perdono inteso come forma di accettazione di sè particolare, centrata sulla componente emotiva, che solo in
seconda battuta può coinvolgere anche la dimensione relazionale.

Per attuare un cambiamento è necessario in primis ascoltare le proprie emozioni e accettarle.


Il timore dell’esclusione sociale comporta delle risposte fisiologiche simili alla paura/ minaccia di tipo fisico,
portando ad evitare sempre di più il confronto sociale e a svalutarsi e ad attribuire a sè il rifiuto (fattori che si
associano ad una bassa autostima), mostrando anche livelli di cortisolo più elevati.

AMBIVALENZA AFFETTIVA
= compresenza nel nostro vissuto di emozioni contrapposte: una parte di noi rifiuta certe emozioni perché in
antitesi con altre, o quando vi è un altalenarsi troppo frequente di emozioni contrapposte.

Ognuno di noi sente il bisogno di essere amato. Ci sono due tipi di amore: condizionato ed incondizionato.
Quello condizionato conduce a sentire di dover soddisfare le attese, anche con il rischio di dimostrarsi
inautentici, mentre quello incondizionato favorisce la libera espressione di sé. Dunque, quello condizionato, può
instillare sensi di colpa e portare a dover corrispondere ad aspettative diverse dai propri desideri, contrapposto a
quello incondizionato, che invece permette di essere se stessi.
Essere amati incondizionatamente favorisce:
 Lo sviluppo dell’autostima
 L'accettazione del proprio vissuto emotivo
 La trasformazione del vissuto emotivo
Spesso l’amore ricevuto fa sì che si ami attraverso le stesse modalità, influenzandoci.

TEORIA COMUNICATIVA DELLE EMOZIONI


Le emozioni comunicano: 1. quanto un obiettivo è importante per noi, 2. quanto manca per raggiungerlo.
Di fronte a situazioni nuove prevalgono inizialmente emozioni della famiglia della tristezza (ci fa percepire
l’obiettivo come distante), poi proviamo paura (ci teniamo a riuscire ma non siamo sicuri di farcela, cosa che ci
spaventa), che può spingerci ad abbandonare l’obiettivo (anche se la paura si supera affrontando il compito).
Poi subentra la rabbia, che proviamo quando percepiamo un ostacolo al raggiungimento di qualcosa di
importante per noi, dopodichè il coinvolgimento, e infine, in caso di riuscita, la soddisfazione.
Evidentemente, se si provano molte emozioni si è anche particolarmente interessati, motivati e coinvolti
(importanza dell’intensità dell’emozione). Le emozioni non coesistono sempre allo stesso modo, ma in
proporzioni diverse.
Alcuni studi hanno confermato come provare emozioni piacevoli permetta di sperimentare quelle spiacevoli in
modo migliore.

Modi per affrontare compiti difficili:


 Suddividere i grandi obiettivi: la paura viene spezzata e si raggiunge una soddisfazione parziale
in poco tempo, che può darci la carica.
 Avere più obiettivi in parallelo: per trarre forza dalla soddisfazione per un obiettivo per gestire
la tristezza (ad esempio)

MISURARE L’AUTOSTIMA
L'autostima esplicita attinge ai ricordi autobiografici anche “generali”, non riferiti a specifici episodi, ed è
riflessiva (dipende da valutazioni che si riferiscono ad una valutazione globale del sé, che tende a rimanere
stabile). Deriva da: 1.la valutazione positiva da parte degli altri, 2. l’osservazione del nostro comportamento, del
ritrovarsi ad essere la persona che crediamo di essere, 3. il confronto sociale con gli altri, che siano ritenuti come
noi o di più o meno valore.

L’autostima implicita si basa su associazioni (anche inconsapevoli) di aggettivi e nomi con la propria persona. È
inconscia, carica affettivamente, immune da pressioni a presentarsi nel modo migliore possibile. Non è rilevabile
tramite i questionari, ed è spesso ignota anche a noi stessi o rifiutata.

Spesso autostima esplicita e implicita non combaciano.

Test (uno solo non è mai sufficiente e va somministrato con molta cautela):
1. Esplicito:
 RSES: 10 item con scala a 4 punti, distinto in self-confidence (fiducia in sé) e self-
deprecation (svalutazione di sé)
 TMA: misurazione autostima in età evolutiva. Sei punteggi su aree: interpersonale, scolastica,
emotiva, familiare, corporea e padronanza sull’ambiente.
 SLCS: dimensione self-liking (mi piaccio) e self-competence (sono competente) espressi sia in
forma positiva che negativa.

2. Indiretto:
Il motivo di competenza è il bisogno di sentirsi competenti, di valere e di padroneggiare in modo efficiente
l’ambiente e le situazioni. Differenze nello sviluppo: adulti accompagnatori (focus sull’imparare) e intrusivi
(focus sul risultato). La percezione di competenza è comparativa, ed è favorita da rappresentazioni
collettive, stereotipi e confronti con gli altri. Ci sono ambiti e obiettivi, differenziati per genere, età e
contesto, che possono far sentire più competenti e dare una misura indiretta dell’autostima.

3. Implicito:
Si tende a basare le nostre valutazioni di autostima sugli episodi ricordati e che ci sono più
familiari, anzichè su quelli più frequenti e rappresentativi (no bias di memoria --> ricordiamo solo ciò che
riguarda l’autostima). L'autostima implicita condiziona quella esplicita e indiretta. Le misure di autostima
esplicita ed implicita non sono correlate, ma sono entrambe legate al successo e alla percezione di aver fatto
bene; l’autostima implicita protegge dai fallimenti; le aspettative di riuscita non sono correlate con
l’autostima ma con le aspettative, che a loro volta risentono dell’apprezzamento di sé.
L’autostima implicita influenza le aspettative di riuscita e le reazioni al fallimento.
L'alta autostima implicita (e bassa l’esplicita) è un predittore della depressione, quando si hanno alti livelli
dell’esplicita (e bassi dell’implicita) si rischia narcisismo, paranoia e aggressività

TEST:
 Response-Window Affective Priming Task: misura le risposte automatiche. Foto del partecipante
(o di altra persona), aggettivi positivi o negativi, bisogna rispondere velocemente quale dei due. Si
confrontano i tempi di risposta riferiti a sé o agli altri.
 Emotional Stroop task: è richiesto di dire il colore con cui sono scritti gli aspetti positivi
(presentando due parole, una positiva e l’altra negativa, in due colori diversi). Si misurano i tempi di
reazione, persone con alta autostima sono più veloci nel dire il colore.
 Implicit Associaton Test (IAT): vengono presentate delle coppie di parole. La prima designa una
caratteristica, la seconda è “me stesso” o “gli altri”. Bisogna premere il più velocemente possibile un
tasto per associare le caratteristiche (positive o negative) a sé o agli altri. Si misurano i tempi di
risposta alle parole positive e negative. Implicitamente tendiamo ad associare caratteristiche
positive a noi stessi più che agli altri.
 Name Letter Test (NLT): chiesto di esprimere su una scala numerica un giudizio di piacevolezza
riguardante lettere dell’alfabeto scritte in diversi caratteri. Tale valutazione viene espressa sia per le
iniziali del proprio nome che per tutte le altre lettere. L'idea è che associazioni positive riguardanti il
sé tendono ad estendersi ad altri attributi (fra cui il nome).

PROBLEMI
 In caso di alta autostima dichiarata a fronte di dubbi sul proprio valore: ottimismo irrealistico,
ridotta dissonanza cognitiva, difficoltà nelle capacità di autoregolazione, negazione dell’evidenza o
proiezioni dei propri sentimenti su altri.
 È più facile trovare livelli di altissima autostima che di bassissima.
 Un eccesso di autostima si collega a disturbi come la paranoia (sentirsi perseguitati). Ciò è
dovuto all’insicurezza, che porta a sopravvalutarsi e a considerare gli altri colpevoli per i propri
fallimenti.
 Un eccesso di autostima, soprattutto se instabile, favorisce comportamenti aggressivi per
difendersi dalle minacce percepite
--> alta implicita, bassa esplicita: depressione
-->alta esplicita, bassa implicita: narcisismo, paranoia, aggressività
 Una bassa autostima può provocare comportamenti antisociali e aggressivi.

COLTIVARE L’AUTOSTIMA

1. Volerlo fare Risponde ai bisogni di inclusione, identificazione, confronto,


valorizzando te stesso e i tuoi obiettivi, valori e ideali.

Fra i principali motivi che portano a non volerlo:


-Bisogno di sicurezza: spinge ad evitare tutto ciò che ci può fare
percepire incerti.
-Bisogno di coerenza: voler mantenere l’immagine che abbiamo sempre
avuto di noi e la descrizione che facciamo delle personali
caratteristiche, anche quando queste sono sfavorevoli o valutate
negativamente.

questi meccanismi sono sostenuti da un principio cognitivo di


predicibilità, per cui si cerca di evitare l’incertezza e di anticipare gli
esiti.
2. Accettarsi Accresci la conoscenza di te stesso, ascoltandoti, volendoti bene,
accogliendo il tuo vissuto emotivo, perdonandoti ed evitando di
giudicarti.

A bloccarlo possono essere:


-Una teoria entitaria che spinge a credere di essere fatti in un certo
modo e di non poter cambiare
-Un eccesso di confronto sociale che porta a volersi confrontare con gli
altri piuttosto che a guardare alla nostra unicità (accompagnato dal
bisogno di riconoscimento da parte degli altri e da un’insofferenza alle
critiche)
-La tendenza a giudicarsi poiché si tende ad avere una visione a priori di
chi dovremo essere.

Frijda: le emozioni non sono generate direttamente da fatti o persone


ma dal modo in cui vengono interpretati.
1. Eventi, persone, modo di vedersi
2. Codifica e valutazione, attribuzione di
significato, analisi delle proprietà, degli
obiettivi, dei bisogni
3. Predisposizione ad affrontare, evitare,
temporeggiare
4. Emozioni bisogna conoscersi, non giudicarsi,
ascoltare le proprie emozioni e perdonarsi
3. Essere autoregolati e Scegli attività e svolgile sentendoti competente e se possibile integrato,
autodeterminati approvato, sostenuto, almeno da te stesso.

Autoregolazione favorisce la presa di consapevolezza, la percezione


di controllo, l’adattamento a nuove situazioni. Chi riesce ad esercitare il
controllo sui propri pensieri è più capace di regolare il proprio vissuto
emotivo e quindi a migliorare l’autostima. Quindi lo sforzo cognitivo, la
capacità di autocontrollo e la regolazione affettiva sono interrelati e
possono sostenere l’apprezzamento di sé (anche se richiedono un
impegno mirato: scegliere e padroneggiare).
L’autodeterminazione e l’autoregolazione sono sostenute da forme di
regolazione di natura intrinseca piuttosto che estrinseca, che sono
designate dall’ambiente.

Ryan: quattro livelli di regolazione della motivazione:


-regolazione esterna
-regolazione introiettata (siamo spinti a farlo anche se non vogliamo)
-autoregolazione identificata (‘l’attività è parte di me’)
-autoregolazione integrata (attività propria, scelta e controllata da sé)
4. Autoaffermarsi e Soffermati sull’importanza della persona che sei, dei valori che abbracci,
richiamare aspetti positivi su aspetti di te che ti piacciono e/o su attività o ambiti in cui riesci e ti
di sè senti te stesso.

Valutare l’importanza ed enumerare: giustizia, senso dell’umorismo,


relazioni con gli altri, spontaneità, coraggio, modestia, apprezzamento
con gli altri, spontaneità, coraggio, modestia, apprezzamento della
musica, rispetto, creatività, onestà, romanticismo.
Dopodichè si fa un’affermazione di valore (perché è importante)
(accresce la self-clarity, cioè la chiarezza su chi si è)
e di attributo (situazione in cui ti sei sentito più competente degli altri)
(influenza l’autostima direttamente)
Schadenfreude: piacere provocato dalla sfortuna altrui, soprattutto per
chi ha poca autostima e si sente minacciato (self-threat).

L’alta autostima fa prevalere i meccanismi di self-enhancement


(miglioramento) anziché di self-protection (protezione di sé)

Scegliere se stessi: scollegando ciò che siamo dai comportamenti e i risultati, piacendosi malgrado tutto e
accettandosi.

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