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Unità didattica 1: Progettazione didattico-curriculare

Introduzione
In questa unità didattica esamineremo gli apprendimenti di base, approfondendo temi quali
l’apprendimento, la costruzione delle competenze e differenziando concetti come la conoscenza,
l’abilità e la competenza. Scopriremo le otto competenze chiave di cittadinanza, definiremo il
termine “competenza” secondo il Quadro Europeo delle Qualifiche, individueremo la relazione tra
le competenze dei quattro assi culturali e le competenze chiave di cittadinanza. Scopriremo altresì
le tre principali teorie dell’apprendimento, quella comportamentista, quella cognitivista e quella
costruttivista, valutando i loro punti di forza e i loro limiti.
Proseguiremo con le chiavi pedagogiche, esaminando il concetto di curricolo e la sua
organizzazione. Scopriremo la differenza tra curricolo e programma didattico, descriveremo il
curricolo della Scuola dell’infanzia, quello della Scuola primaria e secondaria di primo grado e
quello della Scuola secondaria di secondo grado.
A proposito dell’organizzazione del curricolo, indicheremo i traguardi per lo sviluppo delle
competenze, determineremo gli obiettivi di apprendimento, riconosceremo la differenza tra
l’approccio multidisciplinare ed interdisciplinare e specificheremo il ruolo delle discipline.
Infine esamineremo delle proposte per una progettazione didattica per competenze. Vedremo
come si progetta una unità di apprendimento, riconosceremo i vari formati grafici e di testo e
scopriremo la differenza tra unità didattica e unità di apprendimento.

Obiettivi
Al termine di questa unità didattica saprai:

 Promuovere la progettazione e la sperimentazione di percorsi formativi per competenze


 Diffondere modalità di lavoro condivise per una pratica didattica efficace
 Sperimentare percorsi di ricerca e azione per l’organizzazione del curricolo
Una serie di test di verifica ti saranno utili per valutare la tua comprensione dei concetti esposti.

Il concetto di apprendimento
L’apprendimento è un processo di nuove conoscenze composto da vari aspetti.

 Strategie di conoscenza personali, stili di apprendimento, esperienze della persona e collettive


 Fenomeni dell’ambiente in cui si vive, stimoli ed informazioni provenienti dalla realtà
circostante
 Modelli, formalismi, teorie e dinamiche delle realtà educative, quali la famiglia e la scuola
 Mezzi di comunicazione e processi che regolano lo scambio delle informazioni
Il sistema di conoscenza della persona si crea con lo scambio di componenti qualitative,
quantitative e intuitive. Ma anche con l’influenza di condizionamenti emotivi, culturali e sociali.
L’apprendimento è un processo complesso, è dinamico, attraverso percorsi non sequenziali e non
lineari. Può essere analizzato in pieno solo con un approccio multidisciplinare.
In passato sono state sviluppate varie teorie legate all’apprendimento. Le più rilevanti ricordiamo
sono la teoria comportamentista, quella cognitivista e quella costruttivista.
Per meglio comprendere gli argomenti legati all’apprendimento, andiamo ad analizzare le tre
teorie, in modo da poter cogliere l’evoluzione del pensiero su questo tema e degli studi in materia
di istruzione.

Le teorie dell’apprendimento: il comportamentismo


L’idea di fondo del comportamentismo è che si può produrre un apprendimento, inteso come
modifica del comportamento, fornendo stimoli opportuni al soggetto, che dà risposte a questi
stimoli.
L’idea nasce dall’ipotesi che sia possibile applicare agli uomini i risultati degli studi sul
condizionamento dei comportamenti animali. I processi di insegnamento devono produrre
opportuni stimoli che inducano i comportamenti desiderati. I comportamenti devono poi essere
rinforzati. Per rinforzo s’intende una sorta di ricompensa.
Chi sviluppa un sistema didattico deve partire da alcune domande.

 Quale comportamento voglio costruire?


 Di che rinforzi dispongo?
La risposta a queste domande ha influenzato la ricerca nel settore delle tecnologie didattiche.
Skinner afferma che i processi di insegnamento devono essere suddivisi in molte fasi
estremamente brevi, ognuna delle quali accompagnata da rinforzo. Con questo metodo è possibile
anche ridurre al minimo le conseguenze degli errori.
Queste idee hanno stimolato la nascita, negli Stati Uniti, del CAI, acronimo di Computer Aided
Instruction. In seguito, ricerche successive hanno affermato che il computer sia un supporto
naturale nei processi di apprendimento.
Abbiamo detto che i comportamentisti escludevano gli eventi mentali dalla loro ricerca, in quanto
ritenevano che l’introspezione non avesse basi scientifiche, perché soggettiva, non osservabile e
non misurabile.
Molti psicologi però non condividevano questo approccio privo di pensiero dell’apprendimento
umano. Era un approccio che non dava risposta ai casi in cui gli uomini cambiano forma alle
informazioni apprese o le trasformano. Può andar bene quando si impara qualcosa a memoria, ma
non quando si apprende un concetto e poi lo si lavora in modo personale.

Le teorie dell’apprendimento: il cognitivismo


Nasce così un approccio di tipo cognitivista, che include eventi mentali e cognitivi. La psicologia
cognitivista si basa sulla critica al comportamentismo ed ha consentito lo sviluppo di scienze come
l’intelligenza artificiale.
Il cognitivismo condivide con il comportamentismo l’idea che lo studio dell’apprendimento
dev’essere oggettivo e osservabile, basato sulla sperimentazione.
Ma dalle risposte osservabili, occorre trarre informazioni anche dai processi mentali interni dei
soggetti osservati. L’apprendimento ha luogo quando il soggetto elabora le informazioni ricevute.
Quindi l’apprendimento è composto dai processi di acquisizione, trattamento e
immagazzinamento delle informazioni.
Il formatore è colui che trasmette le informazioni, quindi è coinvolto nel solo processo di
acquisizione. Il soggetto è parte attiva del suo apprendimento, in quanto l’elaborazione delle
informazioni acquisite rafforza i suoi processi mentali.
Successivamente, il cognitivismo si spinge ancora oltre. La cognizione è un processo attivo e
organizzativo di interazione del soggetto con l’ambiente circostante. Gli atteggiamenti e gli stati
mentali del soggetto diventano più importanti dei comportamenti esterni.
La persona è legata alla sua biologia, alla sua evoluzione, al contesto sociale, culturale e
tecnologico.

Le teorie dell’apprendimento: il costruttivismo


Una corrente del cognitivismo, il costruttivismo, passa da un approccio oggettivistico, che
considera centrale il contenuto da imparare, che va travasato nel soggetto, ad un approccio
soggettivistico, che mette al centro il soggetto che apprende, e che considera l’apprendimento un
fatto personale, legato al contesto e alle esperienze fatte.
Il docente non è più colui che trasmette informazioni, ma diventa un facilitatore di processo.
L’apprendimento diventa attivo, collaborativo e situato in un contesto.
Certamente l’implementazione di questo sistema è complessa, ma gli orientamenti odierni della
ricerca e degli studi sono più in ottica cognitivista che comportamentista.
Il costruttivismo è una diramazione del cognitivismo. L’apprendimento si basa sulle nostre
esperienze ed in tal modo costruiamo la conoscenza del mondo.
Ognuno di noi crea le sue leggi e i suoi modelli mentali per dare significato alle nostre esperienze.
L’apprendimento è il processo con cui adeguiamo i nostri processi mentali per mettere ordine
nelle nostre esperienze.
Mentre i comportamentisti vedono la conoscenza come risposta automatica agli stimoli, i
cognitivisti la vedono come rappresentazione simbolica nella mente delle persone, i costruttivisti
vedono la conoscenza come entità complessa, costruita da ognuno nel mentre passa per un
processo di apprendimento.
La conoscenza non può passare da una persona ad un’altra. Può solo essere reinventata da
ognuno. La conoscenza è un prodotto costruito culturalmente, socialmente, storicamente,
temporalmente e contestualmente. Il soggetto costruisce la propria conoscenza attraverso
un'interazione fitta e continua con l'ambiente culturale, sociale, fisico in cui vive e opera. Gli
studenti costruiscono nuove conoscenze non solo sulla base di quelle già in possesso, ma anche
attraverso la negoziazione e condivisione dei significati. Si parla quindi di "costruzione" della
conoscenza. Il bambino costruisce e ricostruisce i concetti base e le forme logiche di pensiero che
costituiscono la sua intelligenza. Questa costruzione avviene tramite lo scambio continuo con
l'ambiente circostante. Da qui il nome di costruttivismo.
L’ambiente, per i costruttivisti, non è qualcosa che accade o uno stimolo che deve produrre una
risposta. È il soggetto che individua nell’ambiente gli stimoli interessanti e a cui può rispondere.
Anche le idee, non esistono di per sé, ma è il soggetto che inventa idee, piuttosto che scoprirle.
Negli anni sessanta, Papert ed alcuni colleghi cominciarono a sviluppare LOGO, un ambiente di
programmazione e un linguaggio pensato per i bambini. Il linguaggio LOGO è anche espressione
tra comportamentismo e costruttivismo.
Mentre il primo pensa all’allievo come modellabile attraverso stimoli e rinforzi, il secondo
considera l’allievo come capace di costruire da solo le proprie strutture intellettuali, mediante
interazioni con l’ambiente.

Confronto tra le tre teorie


Vogliamo ora mettere a confronto le caratteristiche salienti delle tre teorie esposte, quella
comportamentista, quella cognitivista e quella costruttivista.
Iniziamo da un’estrema sintesi delle tre teorie.
Per i comportamentisti gli obiettivi di apprendimento sono indipendenti dagli allievi. Basta
stabilire dei rinforzi, validi per tutti. Solo il tipo di rinforzo può cambiare da allievo ad allievo.
Per i cognitivisti la conoscenza è nell’ambiente e va trasportata negli allievi. Strumenti come il
computer servono a indirizzare la conoscenza verso gli allievi, che devono solo incamerarla.
Per i costruttivisti la conoscenza devono costruirla gli allievi, che devono aggiungere un senso alle
loro esperienze. Essi non sono dei contenitori da riempire, ma individui alla ricerca di significati.
Essendo costruzione personale, non è detto che la conoscenza debba coincidere col mondo reale.
Le tre teorie hanno, ovviamente, dei punti di forza ma anche dei limiti, che schematizziamo di
seguito. Questa schematizzazione è dovuta a Schuman, che l’ha elaborata nel 1996.
Comportamentismo
Punto di forza
Se l’allievo si focalizza su un preciso obiettivo, il suo comportamento reagisce in automatico, e si
adatta al raggiungimento di quell’obiettivo.
Limite
Un allievo può dover dare delle risposte, ma gli stimoli mentali che hanno gestito finora possono
essere assenti o non compresi
Cognitivismo
Punto di forza
Se tutti gli allievi devono fare qualcosa nello stesso modo, il loro modo di pensare e il loro
comportamento saranno simili a quelli degli altri.
Limite
Se un allievo prova ad imparare un nuovo modo di risolvere un problema, la sua soluzione
potrebbe non essere ottimale.
Costruttivismo
Punto di forza
Gli allievi possono costruire realtà differenti, per cui sono più capaci di entrare in contatto con
situazioni reali. Possono altresì fronteggiare problemi complessi, anche se strutturati male.
Limite
Nelle situazioni obbligatorie di conformismo, come nel mondo militare, pensieri e azioni diverse
possono creare difficoltà.

Concetti di apprendimento e insegnamento


L’apprendimento è un processo determinato del soggetto che apprende, durante il quale egli
modifica se stesso e le proprie mappe mentali; è frutto di una sua scelta consapevole e della sua
cultura e della esperienza precedente.

L’input venuto dall’esterno può generare un disequilibrio, una crisi che mette in moto un
meccanismo di riorganizzazione interna. Ma l'input deve essere vissuto in modo cosciente come
elemento di disequilibrio. Pertanto l'apprendimento è un percorso consapevole del soggetto.

In relazione all’ambiente circostante l’individuo riorganizza la propria rete concettuale. La


conoscenza è reticolare. Non è presente nella nostra mente come sommatoria di informazioni.

L’apprendimento non è lineare, ma avviene per salti e "catastrofi".

Per Wittgenstein la conoscenza segue un percorso fatto di riattraversamenti, in cui si passa


attraverso lo stesso territorio seguendo prospettive diverse. Il cambiamento di prospettive
permette una visione tridimensionale dei concetti e un effettivo apprendimento.

Inoltre secondo Vygotskij l’apprendimento può avvenire solo nella zona di sviluppo prossimale,
ovvero avviene in un "territorio" vicino a quello posseduto, in modo che quanto sappiamo funge
da tramite, da ponte (come analogia) per conoscere l'ignoto.

Citando Platone, egli sostiene che non possiamo chiedere di voler conoscere ciò di cui non
conosciamo neanche l'esistenza, allora si può conoscere solo ciò che, in effetti, già si sa.

Se l'apprendimento è un processo determinato dal soggetto che apprende, l’insegnamento non


genera apprendimento. Non c’è legame deterministico tra insegnamento e apprendimento. Ciò
però non svaluta il ruolo dell’insegnamento.

Il ruolo dell'insegnamento è di creare le condizioni affinché l’apprendimento possa avvenire.


Creare quelle situazioni che creano crisi e obblighino l'altro a mettersi in discussione. Chiaramente
si parla di apprendimento significativo e non di semplice acquisizione di una informazione.

Creare ambiente di apprendimento, caratterizzato da una dialettica, significa creare un ambiente


ricco, che permetta all'apprendente di avere un ruolo attivo, un ambiente personalizzato. In tal
senso un elemento centrale per chi insegna è la sua capacità di ascolto oltre alla sua competenza
didattica e disciplinare.
L'insegnamento dipende dalla competenza del docente, dal suo mondo, dalla sua filosofia
educativa.

Se non esiste dipendenza lineare, alcuni autori vedono queste due aree come ambiti tra cui
trovare una mediazione, un ruolo dialettico.

Un elemento di cui occorre tener conto è l'evento perché anche da esso dipende il rapporto non
deterministico tra apprendimento e insegnamento.

Il concetto, introdotto da Morin negli anni ’70, si inserisce in una corrente di pensiero che ha
approfondito la tematica della complessità. Secondo questa teoria la relazione tra gli eventi non è
lineare ma dipende dal sistema nella sua complessità. Ogni evento può determinare modifiche nel
sistema che sono sproporzionate rispetto alla sua portata. Classico esempio è il battito di ali di una
farfalla in America che può causare un ciclone nell'Oceano indiano. È il sistema a reagire all'input
esterno secondo un suo DNA interno. I sistemi sono autopoietici ovvero si modificano in itinere
secondo logiche interne e per propria scelta (consapevole o inconsapevole). La classe è un
sistema. Ogni individuo è un sistema autopoietico.

Un evento è tutto ciò che di imprevisto succede e determina una rottura di equilibri. L’evento,
quindi, può favorire l’apprendimento ma non può essere prestabilito dall’insegnante. Perché un
qualcosa venga visto come un evento dipende dal soggetto. Ecco dunque anche una competenza
centrale nella società della formazione: problematizzare la realtà. La difficoltà nella soluzione di un
problema non è tanto risolverlo bensì definire l'aspetto problematico, il Problem posing più del
Problem solving.

Apprendimenti conseguiti nei vari contesti


Qualsiasi apprendimento si realizza in un contesto, ovvero in un ambiente più o meno organizzato
in cui vi possono essere altri individui. Si può allora parlare di contesto educativo come l’insieme
delle risorse materiali, umane e simboliche utilizzate allo scopo di educare, sviluppare e far
apprendere i bambini.
Le risorse materiali si riferiscono al mobilio, agli oggetti, al materiale educativo, ecc. Le risorse
umane sono costituite dalle persone coinvolte nell’educazione e che possono essere a diretto
contatto con i bambini (ad es. genitori e insegnanti) o da loro alquanto distanti (ad es. il pediatra e
il dirigente scolastico). Per risorse simboliche si intendono i sistemi simbolici utilizzati nel contesto,
come il linguaggio, la scrittura e la numerazione, i libri, il computer, eccetera.
Lo sviluppo del bambino avviene sempre all’interno di contesti educativi e ciascun bambino si
sviluppa entrando in contatto con diversi contesti educativi (la famiglia, la scuola, il gruppo dei
pari, le attività sportive, ecc.). Nei diversi contesti il grado di strutturazione e organizzazione varia,
così come variano i processi di sviluppo e apprendimento che vengono messi in atto.
La famiglia costituisce un contesto educativo abbastanza piccolo per numero di persone coinvolte,
non molto strutturato (anche se con ruoli ben definiti) e molto poco organizzato. Molti degli
apprendimenti che vi si realizzano sono incidentali e informali; si pensi all’acquisizione del
linguaggio, delle competenze relazionali, ma anche all’acquisizione delle regole di comportamento
sociale in particolari situazioni (dal dottore, al ristorante, al parco). La scuola, dell’infanzia e
primaria, è un contesto fortemente strutturato e organizzato, in cui la principale forma di
apprendimento è quella derivata dall’insegnamento formale di contenuti altamente simbolici
(disegno, scrittura, numerazione, discipline, ecc.). Ciò vale soprattutto nella scuola primaria, ma
riguarda anche quella dell’infanzia, come nel caso dell’insegnamento delle stagioni e dei giorni
della settimana.

Analisi dei contesti


I contesti educativi e i processi di sviluppo e apprendimento che vi si verificano possono essere
analizzati, riprendendo la concettualizzazione di Doise (1982), a quattro livelli; lo stesso
comportamento può essere affrontato a diversi livelli di analisi, i quali possono essere integrati tra
loro per studiare lo stesso comportamento. I quattro livelli di analisi sono:
 Intraindividuale
 Interindividuale
 Posizionale
 Normativo e delle rappresentazioni
Il livello intraindividuale si riferisce all’individuo e ai suoi processi di funzionamento, in primo luogo
la cognizione, che comprendono tutte le capacità, le conoscenze e le modalità di comportamento;
gli esiti di questi processi di funzionamento vengono interpretati come derivanti da capacità o
manchevolezze dei singoli individui. Un chiaro esempio di analisi del bambino a livello
intraindividuale è stata compiuta da Piaget nella sua concezione sullo sviluppo dell’intelligenza.
Il livello interindividuale riguarda tutte le caratteristiche specifiche che possono assumere le
interazioni del bambino con i suoi partner, che siano adulti o altri bambini. L’analisi a questo livello
viene focalizzata su come il bambino apprende nell’interazione con l’altro. Vygotskij e gli studiosi
che sono stati influenzati dal suo pensiero, hanno indagato questi processi parlando di zona di
sviluppo prossimale e del ruolo dell’adulto all’interno della zona di sviluppo prossimale
(scaffolding).
Il livello posizionale ha a che fare con le caratteristiche dello status sociale ovvero del ruolo che
ricoprono i partecipanti della relazione educativa (alunno-insegnante, figlia-genitore, ecc.).
Rientrano a questo livello aspetti dell’interazione che non sono immediatamente presenti, come le
esperienze pregresse e i significati attribuiti a certe situazioni. La ricerca scientifica si è dedicata
poco a questo livello di analisi, che risulta modificare gli esiti degli apprendimenti e pertanto
andrebbe sempre tenuto in considerazione.
Il livello normativo e delle rappresentazioni si riferisce alle caratteristiche delle concezioni generali
sul bambino e l’educazione in tutti i diversi aspetti (sviluppo, apprendimento, ruolo dell’educatore,
ecc.) e delle norme sociali che regolano la relazione educativa. L’analisi a questo livello ha
riguardato, ad esempio, le credenze che i genitori e gli insegnanti hanno e come queste
influenzano le loro pratiche educative e i conseguenti effetti sullo sviluppo del bambino. O anche
le regole implicite ed esplicite che regolano le relazioni tra insegnante e alunno e di conseguenza
le azioni e le aspettative reciproche (ad es. il significato delle domande degli insegnanti durante
una interrogazione).
Nell’analizzare i processi educativi in generale o più specificatamente quelli che avvengono
nell’ambito scolastico, è importante tenere presente questi quattro livelli e le influenze che
determinano sullo sviluppo e l’apprendimento del bambino.
Didattica per competenze
Di seguito diamo alcune indicazioni utili allo sviluppo di una didattica per competenze. Si parte da
alcune operazioni preliminari.
1. Individuare un nucleo centrale del sapere ovvero una tematica
2. Coinvolgere i colleghi che condividono lo stesso nucleo del sapere
3. Identificare le competenze mirate, prevalenti e concorrenti, delle discipline e l’insieme delle
risorse mobilitate (conoscenze e abilità) operando una prima selezione
4. Pensare ad un compito il più vicino possibile alla realtà, che abbia dentro di sé un problema
non scontato, specificando il prodotto da realizzare, dotato di valore e riferito ad un
interlocutore che non sia il docente
5. Operare sulla base della precedente una nuova selezione / identificazione di abilità e
conoscenze in relazione al compito scelto
6. La scelta della tematica deve essere significativa: deve avere aspetti problematici e stimolanti,
appassionanti per i ragazzi. Se la tematica è interdisciplinare deve prestarsi a prospettive
diverse: i ragazzi superano la divisione disciplinare e imparano per problemi e approcci diversi.
Per potere condurre un lavoro intenzionale e sistematico sulle competenze è necessario ciò che
segue.

 Individuare le competenze (in termini di risultati finali attesi)


 Articolarle in abilità e conoscenze
 Rilevare le “evidenze”, ovvero le prestazioni essenziali che denotano il possedimento della
competenza;
 Individuare i saperi essenziali;
 Individuare esempi di compiti significativi da affidare agli allievi;
 Definire livelli di padronanza (ad esempio strutturando “rubriche”)
 Strutturare percorsi didattici (ad esempio unità di apprendimento) disciplinari e
interdisciplinari centrati sulle competenze
 Prevedere attività che permettano all’allievo di esercitare le competenze in contesti
significativi, per risolvere problemi
Per poter attivare un apprendimento per competenze è necessario prestare attenzione ai punti
seguenti.

 Promuovere i saperi epistemologici a partire dai saperi personali di ciascun allievo


 Promuovere una didattica laboratoriale in cui l’allievo prova / costruisce
 Adottare tecniche attive: Simulative (role play, copioni, ...), Analitiche (studi di caso /autocaso
/autobiografie), Problemiche (situazioni critiche / incident, ...), Proattive (brainstorming,
progetti, …), Relazionali (cooperative learning, peer tutoring), Esercitative
 Promuovere apprendimento sociale: peer‐tutoring, laboratorialità, approccio collaborativo;
apprendimento sociale in contesto significativo, discussione
 Costruire condizioni didattiche per lo sviluppo delle competenze COSTRUIRE SITUAZIONI ‐
PROBLEMA tali da sollecitare la riorganizzazione delle risorse possedute dal soggetto
 Valorizzazione dell’esperienza attiva, concreta dell’allievo, in contesti significativi veri o
verosimili
Le competenze possono manifestarsi solo in situazioni reali e necessitano di conoscenze e abilità.
Il “luogo” in cui possono manifestarsi ed essere osservate e valutate è lo spazio reale di un
compito unitario.
Per valorizzare l’esperienza attiva, concreta dell’allievo, in contesti significativi veri o verosimili
occorre costruire condizioni didattiche per lo sviluppo delle competenze.

 In forma di sfide che possono essere affrontate direttamente dall’allievo


 Anche richiamando la sfera dei valori
 Con possibilità risolutive aperte
 Da risolvere preferenzialmente con l’utilizzo di documenti autentici
 Vicine all’esperienza dell’allievo (personale, quotidiana, scolastica)
Il compito unitario è una “situazione” in grado di mobilitare negli allievi la competenza da
promuovere e da valutare per essere coerente con la specificità della sua funzione.
Esso deve avere caratteristiche precise.

 Per essere portato a termine con successo necessita dell’utilizzo di conoscenze e abilità
disciplinari
 La competenza o le competenze necessarie per portarlo a compimento sono quelle su cui si
fonda il percorso disciplinare
 Non deve confondersi con il prodotto, che rappresenta “l’oggetto”, se esiste, in cui si
concretizza il lavoro. Non deve ridursi alla sola verifica e valutazione del prodotto
 Nel compito finale il ruolo del docente è quello di osservatore, che rileva in quale grado gli
allievi riescono autonomamente ad utilizzare ciò che sanno, ciò che sanno fare, le loro risorse
interne ed, in generale, le risorse esterne per realizzare il compito.

Le otto competenze chiave di cittadinanza


La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sollecita gli
Stati membri perché “sviluppino l’offerta di competenze chiave per tutti nell’ambito delle loro
strategie di apprendimento permanente, tra cui le strategie di apprendimento universale”. La
Raccomandazione è seguita da un allegato in cui sono indicate le competenze chiave. Queste sono
definite “alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al
contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo
sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”.
Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave.

1. Comunicazione nella madrelingua


2. Comunicazione nelle lingue straniere
3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia
4. Competenza digitale
5. Imparare a imparare
6. Competenze sociali e civiche
7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità
8. Consapevolezza ed espressione culturale
Un importante passaggio del documento stabilisce che esse sono considerate ugualmente
importanti: non va quindi stabilita tra di esse una gerarchia.

Le prime quattro competenze chiave rimandano a competenze culturali, disciplinari e


pluridisciplinari, mentre le altre quattro insistono sulla persona in quanto tale e sul cittadino. In
effetti, le tre dimensioni o polarità della persona formata, del lavoratore istruito, del cittadino
educato sono individuate e definite in tutte le loro possibili interazioni.

Il termine “competenza” secondo il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF)


Il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF) è un quadro delle qualifiche e non un quadro delle
competenze, poiché consente la classificazione dei livelli e dei sistemi delle qualifiche.
Non è inteso come strumento utile alla classificazione delle competenze individuali. È un quadro
orientato ai risultati dell’apprendimento, in cui i descrittori descrivono appunto tutte le tipologie
di risultati dell’apprendimento. Il malinteso per cui l’EQF dovrebbe essere un quadro delle
competenze ha origine dal fatto che i risultati dell’apprendimento sono formulati come asserzioni
relative a ciò che gli individui sono in grado di fare, fornendo in tal modo un certo “orientamento
alle competenze”. Inoltre, l’EQF non è un quadro delle competenze perché i risultati
dell’apprendimento possono ad esempio consistere in conoscenze senza alcuna corrispondenza a
competenze o abilità.
Di conseguenza, i risultati dell’apprendimento hanno un significato maggiore rispetto alle
competenze, mentre non si verifica mai la situazione inversa. È per questo motivo, dunque, che le
competenze non possono essere ritenute un termine onnicomprensivo adeguato per l’intero
quadro. Più precisamente, l’EQF dovrebbe essere considerato un “quadro delle qualifiche basato
sui risultati dell’apprendimento”.

Recepimento delle indicazioni europee nell’Obbligo di istruzione


La didattica per competenze è l'approccio metodologico che, secondo le indicazioni nazionali,
dovrebbe rendere percorribile l'obiettivo di "costruire, attraverso il dialogo fra le diverse
discipline, un profilo coerente e unitario dei processi culturali".
La progettazione curricolare per competenze culturali implica ed impone un profondo
rinnovamento della didattica tradizionale; è necessario il superamento di un modello indirizzato
principalmente alla trasmissione di contenuti a favore di una didattica più cooperativa e
laboratoriale, che rivolge l'attenzione alla complessiva evoluzione dello studente il quale cresce e
diventa, insieme agli altri, cittadino competente.
Il concetto di competenza è complesso: comprende non solo il sapere, quello appreso in un
contesto formale come la scuola e le conoscenze informali che derivano dall'esperienza, ed il
saper fare, ovvero le abilità, ma anche il saper essere, cioè gli atteggiamenti e le disposizioni, ed il
saper imparare.
La costruzione di un curricolo per competenze aiuta gli studenti a sviluppare la costruzione del sé,
a gestire le corrette relazioni con gli altri e fornisce la base per consolidare ed accrescere saperi e
competenze per le successive occasioni di apprendimento.
Nel complesso di questa necessaria revisione metodologica, occorre progettare attentamente i
piani di lavoro, valorizzando gli stili cognitivi dei singoli studenti e prevedendo l'uso costante delle
nuove tecnologie per avvicinare i diversi codici comunicativi generazionali e sviluppare processi
didattici innovativi.
Abbiamo visto in precedenza le otto competenze chiave. Si tratta di competenze di cui tutti hanno
bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e
l'occupazione. Le ribadiamo qui.

 Comunicare nella lingua madre


 Comunicare nelle lingue straniere
 Competenza Matematica e di base in Scienza e Tecnologia
 Competenza Digitale
 Imparare ad imparare
 Competenze sociali e civiche
 Spirito di iniziativa ed imprenditorialità
 Consapevolezza ed espressione culturale
Nel definire le modalità organizzative e didattiche per innalzare l'obbligo scolastico, partendo dalle
indicazioni europee, in Italia sono stati operati alcuni adeguamenti per meglio corrispondere alla
realtà del sistema educativo di istruzione italiano. Nell'ambito del Decreto n. 139 del 22 agosto
2007 "Regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo scolastico", sono state
individuate otto competenze chiave di cittadinanza, da acquisire al termine dell'istruzione
obbligatoria.
Costruzione del sé

 Imparare ad imparare
 Progettare
Relazioni con gli altri

 Comunicare
 Collaborare e partecipare
 Agire in modo autonomo e responsabile
Rapporto con la realtà

 Risolvere problemi
 Individuare collegamenti e relazioni
 Acquisire ed interpretare l'informazione

Gli assi culturali: asse dei linguaggi e asse matematico


Le conoscenze e le abilità riferite a competenze di base sono ricondotte a quattro assi culturali.

 Asse dei linguaggi


 Asse matematico
 Asse scientifico-tecnologico
 Asse storico-sociale
Esploriamoli in dettaglio.
L'asse dei linguaggi ha l'obiettivo di far acquisire allo studente la padronanza della lingua italiana
come ricezione e come produzione, scritta e orale; la conoscenza di almeno una lingua straniera; la
conoscenza e la fruizione consapevole di molteplici forme espressive non verbali; un adeguato
utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. L'integrazione tra i diversi
linguaggi costituisce lo strumento fondamentale per acquisire nuove conoscenze e per
interpretare la realtà in modo autonomo.
Le competenze di base da acquisire a conclusione dell'obbligo d'istruzione sono:

 Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l'interazione


comunicativa verbale in vari contesti
 Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo
 Produrre testi di vario tipo in relazione a differenti scopi comunicativi
 Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi
 Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico e
letterario
 Utilizzare e produrre immagini attraverso vari linguaggi espressivi: grafico-pittorico, plastico,
architettonico e multimediale
L'asse matematico ha la finalità di far acquisire allo studente saperi e competenze che lo pongano
nelle condizioni di possedere una corretta capacità di giudizio e di sapersi orientare
consapevolmente nei diversi contesti del mondo contemporaneo. La competenza matematica, che
non si esaurisce nel sapere disciplinare, consiste nell'abilità di individuare e applicare procedure
che consentano di affrontare situazioni problematiche attraverso linguaggi formalizzati, oltre a
vagliare la coerenza logica delle argomentazioni proprie e altrui in molteplici contesti.
Le competenze di base da acquisire a conclusione dell'obbligo d'istruzione sono:

 Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole


anche sotto forme algebrica
 Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando in varianti e relazioni
 Individuare le strategie appropriate per la soluzione a problemi
 Analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi, anche con
l'ausilio di rappresentazioni grafiche, usando gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da
applicazioni specifiche di tipo informatico

Gli assi culturali: asse scientifico-tecnologico e asse storico-sociale


Continuiamo l’esplorazione degli assi culturali.
L'asse scientifico-tecnologico ha l'obiettivo
di facilitare lo studente nell'esplorazione
del mondo circostante, per osservarne i
fenomeni e comprendere il valore della
conoscenza del mondo naturale e di quello
delle attività umane. Si tratta di un campo
ampio e importante per l'acquisizione di
metodi, concetti, atteggiamenti
indispensabili a interrogarsi, osservare e
comprendere il mondo, anche attraverso la
conoscenza del proprio corpo, dei propri limiti e delle proprie possibilità.
L'apprendimento avviene per ipotesi e verifiche sperimentali, raccolta di dati, valutazione della
loro pertinenza, formulazione di congetture, costruzione di modelli, superamento di difficoltà ed
acquisizione di sempre nuovi schemi motori. Obiettivo determinante è inoltre rendere gli studenti
consapevoli dei legami tra scienza e tecnologie, della loro correlazione con il contesto culturale e
sociale, con i modelli di sviluppo e con la salvaguardia dell'ambiente.
Le competenze di base da acquisire a conclusione dell'obbligo d'istruzione sono:

 Osservare, descrivere e analizzare i fenomeni appartenenti alla realtà naturale ed artificiale e


riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità
 Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia
a partire dall'esperienza
 Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale e
sociale in cui vengono applicate
 Conoscere e comprendere attività motorie diverse, essere in grado di rielaborarle e svolgerle
consapevolmente
 Rispettare regole ed avversari, collaborare nel gruppo e risolvere problematiche dinamiche
L'asse storico-sociale si fonda su tre ambiti di riferimento: epistemologico, didattico e formativo.
Le competenze relative all'area storica riguardano la capacità di percepire gli eventi storici nella
loro dimensione locale, nazionale, europea e mondiale e di collocarli secondo le coordinate spazio-
temporali, cogliendo nel passato le radici del presente. Il senso dell'appartenenza, alimentato dalla
consapevolezza di essere inseriti in un sistema di regole fondato sulla tutela e sul riconoscimento
dei diritti e dei doveri, concorre all'educazione alla convivenza e all'esercizio attivo della
cittadinanza.
La Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo sollecita gli Stati membri a
potenziare nei giovani lo spirito d'intraprendenza e di imprenditorialità. Di conseguenza risulta
importante fornire gli strumenti per la conoscenza del tessuto sociale ed economico del territorio,
delle regole del mercato del lavoro e delle possibilità di mobilità.
Le competenze di base da acquisire a conclusione dell'obbligo d'istruzione sono:

 Comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica


attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra
aree geografiche e culturali
 Collocare l'esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconoscimento
dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività e dell'ambiente
 Riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio-economico per orientarsi nel tessuto
produttivo del proprio territorio

Conoscenza, abilità e competenza


Nell’ambito del Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF), sono stati distinti in maniera chiara i
termini di conoscenza, abilità e competenza (KSC, dall’inglese knowledge, skills and competence).
Esistono molte differenti possibilità per strutturare e definire i risultati dei processi di
apprendimento. Tuttavia questa distinzione è stata considerata dagli esperti di tutti i paesi
coinvolti nello sviluppo dell’EQF il metodo più utile e condiviso nella categorizzazione dei risultati
di apprendimento.
Tale categorizzazione è stata ispirata e collegata ad altre concettualizzazioni molto simili, relative
ai risultati di apprendimento. Esiste già una distinzione simile in Francia, Germania e nei paesi di
lingua Inglese.
La distinzione praticata dall’EQF fra conoscenze, abilità e competenze si può pertanto considerare
un accordo pragmatico fra i vari ed ampi approcci adottati e non obbliga i paesi a fare altrettanto. I
quadri o sistemi settoriali o nazionali potrebbero infatti richiedere approcci differenti, poiché si
devono tenere in considerazione tradizioni ed esigenze di carattere specifico.
La separazione dei risultati dell’apprendimento in conoscenze, abilità e competenze contribuisce a
definire chiaramente i descrittori e a classificare più agevolmente i livelli delle qualifiche. Queste
tre categorie non devono tuttavia essere lette in modo separato, ma al contrario percepite come
un insieme: è per questo motivo che per comprendere le caratteristiche di un livello è necessaria
anche la “lettura orizzontale”. È indubbio che possano esistere somiglianze fra le categorie (ad
esempio, le “competenze” includono determinate abilità, mentre le “abilità” comprendono alcune
forme di conoscenza), ma ciò è insito nella natura delle cose.

Il curricolo
Il curricolo è il "corso degli studi" che tutte le scuole autonome devono predisporre sulla base di
"standard di competenza" che verranno fissati gradualmente dal Ministero della Pubblica
Istruzione. Quindi, a guidare le scelte delle scuole per quanto riguarda la predisposizione dei
curricoli, non saranno più le "materie" (come avviene ora), ma saranno le capacità e le abilità che
gli studenti dovranno dimostrare di aver acquisito al termine degli studi "per mezzo" delle materie.
In altri termini, agli studenti si chiederà di dimostrare di sapere, fare, essere con le conoscenze
acquisite durante il corso degli studi, non tanto di sapere la matematica, la storia, il greco,
eccetera. Tant'è che in alcune scuole si stanno già sperimentando "nuovi saperi" come:
le comunicazioni di massa; una lingua straniera (si potrà cominciare dalla scuola materna con la
prima lingua e dalla media con una seconda); i linguaggi (musicale, artistico, audiovisivo,
telematico eccetera); gli studi sociali (storia, geografia, ecologia, sociologia eccetera).
Le scuole autonome hanno il dovere di adattare i programmi nazionali, introducendo queste o
altre nuove forme di conoscenza nei loro curricoli per completare la formazione che intendono
impartire agli allievi: tali "nuovi saperi" potranno essere opzionali (cioè scelti soltanto da alcuni
studenti) o integrativi (cioè obbligatori per tutti) e potranno, in parte, sostituire alcune parti delle
materie tradizionali di quella scuola. Si capisce come, in questo contesto, sia estremamente
importante per le scuole dotarsi di un sistema di orientamento degli alunni (magari in rete con
famiglie, ASL ed Enti Locali) e di personale competente in queste nuove forme di conoscenza.
È possibile attivare anche i cosiddetti curricoli differenziati. Si tratta di curricoli che una istituzione
scolastica può attivare variando le opzionalità all'interno delle discipline e attività alternative ed
integrative nell'ambito dello stesso piano di studi. I curricoli differenziati devono essere indicati nel
POF, il Piano dell’Offerta Formativa.

Il curricolo prima dell’autonomia


Sembrerebbe che la diffusione del termine curriculum, nel mondo dell'educazione, sia avvenuta in
Inghilterra intorno al Settecento quando incominciarono i primi tentativi di regolarizzare il corso
degli studi. Successivamente questo termine ha assunto connotazioni differenti secondo il tipo di
ricerca, di analisi e di cultura dei diversi paesi in cui è stato utilizzato.
L'idea del curricolo come consapevolezza delle variabili che entrano in gioco nella costruzione
delle conoscenze, ovvero di un curricolo non centrato esclusivamente sugli aspetti disciplinari
(oggetto/cultura) o sugli intenti istituzionali (programma nazionale), ma anche sul soggetto e
sull'offerta formativa della scuola (programmazione/P.E.I./P.O.F.), quindi come un sistema
integrato, si incomincia a delineare già a partire dal 1959, cioè dall'anno della Conferenza di
Woods Hole negli Stati Uniti. Qui si incominciava ad avvertire la necessità di trasferire nei curricoli
scolastici lo spirito di ricerca continua che caratterizza le scienze utilizzando il contributo della
ricerca psicologica più avanzata nel settore dell'apprendimento-insegnamento.
Il curricolo, come elaborazione di obiettivi, contenuti, metodi, materiali e verifica o come sistema
di decisioni affidato alle responsabilità degli insegnanti e della scuola, trova la sua collocazione
storica nei paesi anglosassoni proprio a causa della mancanza, fino al 1983, di un piano
programmatico di tipo pedagogico e scientifico da applicare su tutto il territorio nazionale.
Prima dell’approvazione del Regolamento dell'autonomia organizzativa e didattica, il concetto di
curricolo poteva tradursi, in generale, come un itinerario di formazione individuale attraverso
l'esperienza di vita, di studio e di attività; oppure come la totalità delle opportunità culturali delle
esperienze verificabili in termini comportamentali e possibilmente spendibile a livello personale,
sociale e nel mondo del lavoro; o anche come un indistinto di problematiche istituzionali,
organizzative, pedagogiche e didattiche della scuola.
In passato, dagli anni Sessanta in poi, registriamo altre interpretazioni, anche se nessuna di esse
può essere considerata esauriente rispetto ai nuovi compiti che la scuola italiana è chiamata a
realizzare.
C'è una visione istituzionale essenziale, identificabile con l'idea del corso di studi: la sua durata, la
sua articolazione in periodi ed unità, il regime degli esami, le certificazioni, tutti gli aspetti
strutturali della scuola.
Un'accezione riduttiva, ma abbastanza frequentata nelle scuole superiori, considerava molto
semplicemente il curricolo come l'insieme delle discipline e dei rispettivi contenuti che connota un
corso di studi.
Nel segmento primario, invece, prevaleva l'idea di un insieme di operazioni attraverso le quali la
scuola, o meglio un gruppo di insegnanti, progetta le proprie attività riservate ad un numero
limitato di allievi, classe o gruppo, al fine di conseguire obiettivi prefissati e verificabili.
Altre interpretazioni definivano un curricolo come un tentativo di comunicare i principi e le
caratteristiche essenziali d'una proposta educativa in forma tale da restare aperto a qualsivoglia
revisione critica e suscettibile di un'efficiente conversione in pratica.

Il curricolo con il regolamento dell’autonomia


È il Regolamento dell'autonomia che sposta le sintesi delle ricerche sul curricolo da logiche
possibiliste e dialettiche ad interpretazioni più tecniche ed operative, da scelte concettuali
costruite sulle diverse scuole di pensiero a definizioni fondate sulla normativa.
In un allegato di una bozza provvisoria, quella del 4 agosto 1998, era riportata e definita la
terminologia essenziale impiegata nel Regolamento, tra cui anche il termine curricolo e curricoli
differenziati. Il curricolo era stato, qui definito come piano di studi proprio di ogni scuola, in
continuità con quella visione che negli anni passati, pur presente, era però considerata
estremamente riduttiva, anche perché, in regime di programmi e ordinamenti nazionali, poche e
marginali potevano essere le diversità tra i piani di studio delle singole scuole. La spiegazione
terminologica del glossario continua con ulteriori specificazioni. Nel rispetto del monte ore
stabilito a livello nazionale, ogni istituzione scolastica compone il quadro unitario in cui sono
indicate le discipline e le attività fondamentali definite a livello nazionale, quelle fondamentali
alternative tra di loro, quelle integrative, nonché gli spazi di flessibilità. I curricoli differenziati
sono indicati come quelli che una istituzione scolastica può attivare, variando le opzionalità
all'interno delle discipline e attività alternative ed integrative, nell'ambito dello stesso piano di
studi. La precisazione, inoltre, che tali curricoli devono essere indicati nel piano dell'offerta
formativa, conferisce ad essi un'identità pubblica e, in quanto tale, sottoposta al controllo sociale,
essendo il P.O.F. un atto reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie.
Si evince chiaramente l'evoluzione concettuale che il termine ha subito contestualmente con
l'evoluzione del modello formativo italiano.

Differenza tra curricolo e programma didattico


Il curricolo è elaborato dai docenti e non centralmente dal ministero; non è unico dappertutto e
per sempre, ma è commisurato dai docenti alle realtà degli allievi e delle singole realtà scolastiche
e ambientali; è composto di una quota oraria nazionale, che assume le indicazioni curricolari
specificate in questi Indirizzi, e di una quota obbligatoria del 20 % circa, riservata alle scuole che
rafforza e/o integra la quota nazionale.
L’elaborazione del curricolo è dunque il terreno su cui si misurano più specificamente la capacità
progettuale e la nuova professionalità dei docenti e dei dirigenti delle singole istituzioni
scolastiche.
Il curricolo si attua nella concretezza di un clima sociale in cui variamente si esplicitano i nodi del
vivere e del conoscere. È l’azione didattica che risolve il curricolo in un processo di
insegnamento/apprendimento teso a una formazione non solo solidamente compiuta, ma anche
umanamente coinvolgente. In tal senso, esso è al centro della nuova scuola: ne interpreta le
finalità e le traduce nei contesti delle pratiche educative.
Il curricolo rende riconosciuta e riconoscibile - nei suoi termini culturali, sociali e istituzionali -
l’identità della singola scuola. Nel sistema delle autonomie l’istituzione scolastica diviene allora il
campo in cui tutte le implicazioni del curricolo si riassumono e si integrano, sollecitando al tempo
stesso la crescita della professionalità dei docenti attraverso una costante pratica di riflessione e di
approfondimento.
È evidente la differenza tra il programma e il curricolo. Il programma indica un insieme di
contenuti definiti centralmente: a essi il docente doveva riferirsi per il suo insegnamento. In tale
contesto sono state senz’altro chiare le tappe e le scansioni del processo di insegnamento; meno
chiari sono stati, invece, gli esiti effettivi dell’apprendimento. E, come sappiamo, i tradizionali
giudizi o voti, preziosi nell’interazione didattica immediata, non bastano a dare certezza sugli
effettivi livelli raggiunti in aree e zone diverse, in istituti scolastici diversi, con insegnanti diversi.
Il curricolo parte anch’esso naturalmente dai contenuti, ma delinea l’articolato e complesso
processo delle tappe e delle scansioni dell’apprendimento. I contenuti stessi divengono così non
tanto la guida dell’insegnante, quanto la via per far conseguire agli allievi conoscenze solidamente
assimilate e durature nel tempo. È qui che la professionalità del docente trova tutto il suo spazio
poiché può esplicarsi nel nuovo quadro di libertà culturale e progettuale, di flessibilità
organizzativa e didattica garantito dall’autonomia.
Il curricolo della Scuola dell’infanzia
La scuola dell’infanzia deve ipotizzare un curricolo che tenga conto delle peculiari dimensioni dello
sviluppo infantile e che, al tempo stesso, metta in evidenza quale progressività esso delinei nei
confronti della scuola di base.
La specificità del curricolo della scuola dell’infanzia deriva, tra l’altro, dal fatto che
l’apprendimento dei bambini, specie nei primi anni di scolarità e nel passaggio dalla scuola
dell’infanzia alla scuola di base, va inteso come un processo di progressiva, attiva e creativa
rielaborazione della realtà nell’incontro con i diversi linguaggi che la cultura ha elaborato e usa.
Il curricolo della scuola dell’infanzia si pone essenzialmente come ricerca integrata dei criteri, dei
contenuti e dei modi più efficaci per organizzare la conquista di conoscenza da parte dei bambini.
Non si tratta di semplificare o ridurre contenuti disciplinari. Occorre invece identificare ed
essenzializzare una serie di competenze fondamentali da promuovere progressivamente nei
diversi livelli di età e scolarità, date qualità, significatività, organizzazione e flessibilità delle
esperienze conoscitive sollecitate da ogni linguaggio e stante la struttura formativa di ogni
disciplina. Bisogna dunque interpretare in modo progressivo, processuale, organico e coerente le
correlazioni esistenti tra i modi di apprendere del soggetto in crescita, le strategie e i contenuti
della conoscenza postulati dai diversi campi disciplinari e le competenze specifiche e i traguardi
formativi da promuovere.
In base a tale approccio, il curricolo del ciclo dell’infanzia non può scaturire da un’idea riduttiva e
monolaterale di competenza, né da una polarizzazione dell’attenzione sulle strutture storico-
epistemologiche interne ad ogni disciplina, né, infine da un’enfatizzazione delle strutture
psicologiche dello sviluppo in senso funzionale. Analogamente, sul piano dei modelli di
apprendimento cui riferirsi, la processualità e la progressività del curricolo, fin dalla scuola
dell’infanzia, implicano l’abbandono di impostazioni di tipo cumulativo e gerarchico che,
interpretando l’apprendimento come comportamento indotto, finirebbero, ancora una volta, col
privilegiare gli aspetti ricettivo – riproduttivi della conoscenza.
In tale ottica, il curricolo della scuola dell’infanzia non coincide con la definizione di competenze
identificate solo in riferimento ai concetti, ai nodi metodologici che strutturano una disciplina. Il
processo di socializzazione e di elaborazione culturale, esplicitato nel curricolo, si evolve in vario
modo e nei diversi cicli scolastici, utilizzando come base anche l’epistemologia di una disciplina,
non considerandole però le uniche.
Nell’elaborazione del curricolo occorre allora coniugare in una dimensione unitaria l’esigenza di
una mediazione culturale sia psicopedagogica che didattica. Ciò si impone nella scuola
dell’infanzia. Ma anche nei cicli successivi lo sviluppo di conoscenze e competenze ha, a ogni
tappa, un carattere non definitivo, ma aperto e progressivo e la costruzione dell’apprendimento
ha natura processuale. In questo senso il curricolo della scuola dell'infanzia descrive e definisce la
struttura anche dei successivi sviluppi curricolari.

Il curricolo della Scuola primaria e secondaria di primo grado


La scuola del primo ciclo, avviando il pieno sviluppo della persona, concorre a:
 Elaborare il senso della propria esperienza in modo che ogni alunno possa assumere un ruolo
attivo nel proprio apprendimento, esprimere curiosità, riconoscere le proprie difficoltà,
assumere maggiore consapevolezza, avviarsi a costruire un proprio progetto di vita
 Acquisire gli apprendimenti di base della cultura cioè acquisire linguaggi e codici della nostra
cultura in un orizzonte allargato ad altre culture, attraverso un uso consapevole dei media;
potenziare attraverso i linguaggi e i saperi delle varie discipline e di un’educazione plurilingue e
interculturale, l’alfabetizzazione culturale e sociale, che include quella strumentale (leggere,
scrivere e far di conto)
 Promuovere la pratica consapevole della cittadinanza con la costruzione del senso di legalità
e lo sviluppo di un’etica della responsabilità
La Scuola del primo ciclo (Primaria e Secondaria I grado), è il luogo della promozione e
dell’organizzazione degli apprendimenti in maniera progressivamente orientata alle conoscenze,
abilità e competenze delle varie discipline. Il Curricolo si articola nelle varie discipline, le cui
trasversalità e interconnessioni, finalizzate all’unitarietà degli apprendimenti, sono fondamentali
per elaborare il senso dell’esperienza, promuovere la pratica consapevole della cittadinanza attiva,
acquisire gli alfabeti di base della cultura.
Le competenze al termine del primo ciclo d’istruzione in riferimento alle discipline e al pieno
esercizio della cittadinanza, sono la premessa per il conseguimento delle competenze chiave
europee, alla cui costruzione gli studenti devono essere avviati, sin dalla scuola dell’infanzia e nel
corso della scuola primaria e secondaria di primo grado, sviluppando tre aspetti fondamentali
della vita di ciascuna persona:

 La propria identità personale (il Sé in quanto capacità di autonomia e responsabilità)


 Le conoscenze e le competenze trasversali e culturali necessarie al futuro esercizio di una
professione (il Sé in rapporto con la Realtà fisica e sociale)
 La propria responsabilità sociale (il Sé nei rapporti con gli Altri a livello interpersonale e
politico-sociale) nell’esercizio delle competenze chiave di cittadinanza attiva

Organizzare il curricolo
Nel rispetto e nella valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, le Indicazioni
nazionali costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole.
Sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare,
elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti
con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale.
Il curricolo di istituto è espressione della libertà d’insegnamento e dell’autonomia scolastica e, al
tempo stesso, esplicita le scelte della comunità scolastica e l’identità dell’istituto. La costruzione
del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione
educativa.
Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del Piano dell’offerta formativa con riferimento al
profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione, ai traguardi per lo sviluppo delle
competenze, agli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina.
A partire dal curricolo di istituto, i docenti individuano le esperienze di apprendimento più efficaci,
le scelte didattiche più significative, le strategie più idonee, con attenzione all’integrazione fra le
discipline e alla loro possibile aggregazione in aree, così come indicato dal Regolamento
dell’autonomia scolastica, che affida questo compito alle istituzioni scolastiche.

I traguardi per lo sviluppo delle competenze


Al termine della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado,
vengono fissati i traguardi per lo sviluppo delle competenze relativi ai campi di esperienza ed alle
discipline.
Essi rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti, indicano piste culturali e didattiche
da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’allievo.
Nella scuola del primo ciclo i traguardi costituiscono criteri per la valutazione delle competenze
attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi, impegnando così le istituzioni
scolastiche affinché ogni alunno possa conseguirli, a garanzia dell’unità del sistema nazionale e
della qualità del servizio. Le scuole hanno la libertà e la responsabilità di organizzarsi e di scegliere
l’itinerario più opportuno per consentire agli studenti il miglior conseguimento dei risultati.
Nel caso della Scuola per l’infanzia, Il bambino gioca in modo costruttivo e creativo con gli altri, sa
argomentare, confrontarsi, sostenere le proprie ragioni con adulti e bambini.
Sviluppa il senso dell’identità personale, percepisce le proprie esigenze e i propri sentimenti, sa
esprimerli in modo sempre più adeguato.
Sa di avere una storia personale e familiare, conosce le tradizioni della famiglia, della comunità e le
mette a confronto con altre.
Riflette, si confronta, discute con gli adulti e con gli altri bambini e comincia e riconoscere la
reciprocità di attenzione tra chi parla e chi ascolta.
Pone domande sui temi esistenziali e religiosi, sulle diversità culturali, su ciò che è bene o male,
sulla giustizia, e ha raggiunto una prima consapevolezza dei propri diritti e doveri, delle regole del
vivere insieme.
Si orienta nelle prime generalizzazioni di passato, presente, futuro e si muove con crescente
sicurezza e autonomia negli spazi che gli sono familiari, modulando progressivamente voce e
movimento anche in rapporto con gli altri e con le regole condivise.
Riconosce i più importanti segni della sua cultura e del territorio, le istituzioni, i servizi pubblici, il
funzionamento delle piccole comunità e della città.
Il bambino vive pienamente la propria corporeità, ne percepisce il potenziale comunicativo ed
espressivo, matura condotte che gli consentono una buona autonomia nella gestione della
giornata a scuola.
Riconosce i segnali e i ritmi del proprio corpo, le differenze sessuali e di sviluppo e adotta pratiche
corrette di cura di sé, di igiene e di sana alimentazione.
Prova piacere nel movimento e sperimenta schemi posturali e motori, li applica nei giochi
individuali e di gruppo, anche con l’uso di piccoli attrezzi ed è in grado di adattarli alle situazioni
ambientali all’interno della scuola e all’aperto.
Controlla l’esecuzione del gesto, valuta il rischio, interagisce con gli altri nei giochi di movimento,
nella musica, nella danza, nella comunicazione espressiva.
Riconosce il proprio corpo, le sue diverse parti e rappresenta il corpo fermo e in movimento.
Il bambino comunica, esprime emozioni, racconta, utilizzando le varie possibilità che il linguaggio
del corpo consente.
Inventa storie e sa esprimerle attraverso la drammatizzazione, il disegno, la pittura e altre attività
manipolative; utilizza materiali e strumenti, tecniche espressive e creative; esplora le potenzialità
offerte dalle tecnologie.
Segue con curiosità e piacere spettacoli di vario tipo (teatrali, musicali, visivi, di animazione …);
sviluppa interesse per l’ascolto della musica e per la fruizione di opere d’arte.
Scopre il paesaggio sonoro attraverso attività di percezione e produzione musicale utilizzando
voce, corpo e oggetti.
Sperimenta e combina elementi musicali di base, producendo semplici sequenze sonoro-musicali.
Esplora i primi alfabeti musicali, utilizzando anche i simboli di una notazione informale per
codificare i suoni percepiti e riprodurli.

Gli obiettivi di apprendimento


Gli obiettivi di apprendimento individuano campi del sapere, conoscenze e abilità ritenuti
indispensabili al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze. Essi sono
utilizzati dalle scuole e dai docenti nella loro attività di progettazione didattica, con attenzione alle
condizioni di contesto, didattiche e organizzative mirando ad un insegnamento ricco ed efficace.
Gli obiettivi sono organizzati in nuclei tematici e definiti in relazione a periodi didattici lunghi:
l’intero triennio della scuola dell’infanzia, l’intero quinquennio della scuola primaria, l’intero
triennio della scuola secondaria di primo grado. Per garantire una più efficace progressione degli
apprendimenti nella scuola primaria gli obiettivi di italiano, lingua inglese e seconda lingua
comunitaria, storia, geografia, matematica e scienze sono indicati in genere anche al termine della
terza classe.
Gli obiettivi del percorso vanno resi quanto più possibile espliciti. Gli obiettivi possono essere divisi
in obiettivi formativi, i quali fanno riferimento ad un area più vasta di competenze del soggetto su
cui il percorso formativo dovrebbe insistere e obiettivi specifici di apprendimento, i quali fanno
riferimento a conoscenze e abilità empiricamente osservabili nei destinatari al termine del
percorso.
Gli obiettivi specifici di apprendimento devono essere formulati in forma empiricamente
controllabile, allo scopo di agevolare la definizione di interventi didattici e di momenti valutativi.
Nella definizione degli obiettivi è possibile far riferimento a tassonomie di obiettivi, ossia a sistemi
di classificazione gerarchica e sequenziale degli obiettivi stessi. L’utilizzo di una tassonomia di
riferimento è utile per progettare interventi didattici e valutativi in grado di spaziare su un insieme
variegato di attività cognitive. Per questo le tassonomie definiscono spesso categorie che
riflettono manifestazioni dell’attività umana del “creare conoscenza”.

Differenza tra approccio multidisciplinare ed interdisciplinare


Rispetto al passato, quando l’istruzione constava nella pura trasmissione delle conoscenze ed
aveva come fondamento lo studio delle discipline, oggi la prospettiva educativa di fondo è
cambiata, nel senso che le esigenze sociali sono: conoscere, fare, vivere accanto agli altri, esistere.
Tradotto in termini educativi, ciò significa che oggi apprendere significa: imparare a conoscere,
imparare a fare, imparare a vivere accanto agli altri, imparare ad esistere.
In questo quadro, a livello transdisciplinare, la pratica didattica nell’imparare a conoscere significa
fissare i rapporti tra le varie conoscenze, tra le conoscenze ed i loro significati sociali, tra le
conoscenze ed i loro significati interiori.
Una possibile distinzione tra approcci intradisciplinari, interdisciplinari, multidisciplinari e
transdisciplinari potrebbe essere la seguente.
1. L’approccio intradisciplinare comporta l’insegnamento successivo di concetti e di principi vari
all’interno della stessa disciplina
2. L’approccio interdisciplinare comporta l’insegnamento di concetti e di principi nell’ambito
delle varie discipline, estraendo numerose applicazioni e sfaccettature da ogni disciplina per
applicarli nell’arco delle discipline coinvolte nel processo cognitivo
3. L’approccio multidisciplinare oppure tematico evidenzia una strategia comune attraverso la
quale diverse discipline affrontano un tema, una situazione o un problema
4. L’approccio transdisciplinare evidenzia la centralità delle pratiche intellettive o affettive
dell’allievo; un tale prospettiva supera le discipline, sottomettendole alla persona che
vogliamo istruire; in questo contesto le discipline non sono ignorate, ma non costituiscono più
il punto centrale della preparazione scolastica, bensì forniscono delle occasioni per
l’insegnamento

Il ruolo delle discipline


I saperi disciplinari in quanto tali hanno un grande ruolo nella formazione di competenze di
cittadinanza. Possiamo forse immaginare che una persona oggi si possa inserire come soggetto di
cittadinanza consapevole, attivo e solidale nel mondo attuale se non ha un possesso adeguato per
prima cosa della sua lingua madre, ma poi anche di altre lingue nazionali? Se non sa utilizzare
come fruitore e come produttore i linguaggi non verbali e gli strumenti telematici? Se non
possiede mappe mentali dello spazio in cui inserire la propria esperienza e i principali problemi del
mondo attuale? Se non è in grado di comprendere lo spessore storico della propria civiltà,
cogliendone quindi gli aspetti di dinamicità e di relazione e scambio con le altre culture? Se non sa
vedere il valore ma anche i limiti della scienza e della tecnologia?
Le varie materie costruiscono competenze di cittadinanza e questo costituisce il grande valore
della scuola. Per questo la scolarizzazione di massa è stata una rivendicazione sociale ed è
diventata uno tra i principali protagonisti dei processi di democratizzazione in tutti i paesi del
mondo.
Ma se le materie vengono insegnate secondo il “canone” scolastico, ciascuna isolata dalle altre e
presentata secondo una logica e una scansione tutta interna a se stessa, difficilmente riusciranno a
produrre le competenze sperate (o le produrrà solo in una fetta molto limitata di studenti). Invece
questo avverrà molto più facilmente se nella progettazione curricolare i saperi disciplinari saranno
integrati dalle istanze formative di quelle che chiamiamo Educazioni trasversali: educazione
interculturale, alla mondialità, alla pace, all’ambiente, all’informazione eccetera. Le Educazioni
trasversali, infatti, indicano priorità e rilevanze di temi/problemi, facendo sì che lo studio recuperi
senso, suggeriscono possibili convergenze interdisciplinari, dato il loro caratteristico approccio alla
complessità, invitano a una didattica progettuale e di ricerca, superando il carattere solamente
verbale dell’insegnamento scolastico, aprono la scuola al territorio, sollecitando a osservare la
realtà e a collaborare con enti, istituzioni e associazioni che in essa operano. Da una didattica
centrata sulla trasmissione di contenuti sarà possibile, allora, passare a una didattica per temi e
problemi, cioè a un modo di fare scuola che invita la classe a riflettere su un argomento che abbia
stretta implicazione con il presente e lo affronta in tutte le sue implicazioni anche personali, a
livello sia individuale che collettivo, utilizzando gli strumenti disciplinari necessari e una pluralità di
testi (scritti, visivi o multimediali).

Progettare un’Unità di Apprendimento


Per la costruzione di un’Unità di Apprendimento
si possono seguire le seguenti fasi: pre-attiva,
attiva, post-attiva, tenendo sempre presente
che la successione proposta non intende
disegnare un percorso lineare ma circolare (con
possibilità di andate e ritorni). Questo significa
che la fase attiva può suggerire l’esigenza di
ritornare sulla fase ideativa e di modificare
quanto prefigurato o che la fase post-attiva può
indurre a rivedere e a modificare il tutto.
In ogni caso, è forse opportuno ricordare che, al di là delle terminologie, la realizzazione di
un’Unità di Apprendimento comporta soprattutto l’assunzione di un atteggiamento di fondo
flessibile nei confronti della progettazione didattica, procedendo secondo ipotesi di lavoro sempre
modificabili in corso d’opera. E questo ha sempre fatto parte delle migliori pratiche di
insegnamento.
FASE A (pre-attiva): IDEAZIONE-PROGETTAZIONE
1. Analisi della situazione (bisogni/risorse) degli alunni: età, contesto socio-culturale di
appartenenza, territorio. I bisogni andrebbero analizzati in relazione alle diverse dimensioni del
rapporto sé–mondo: conoscenze, valori, progettualità, espressività, che consentono di
costruire e progettare il curricolo e a cui corrispondono diverse strutture didattiche:
conoscenze ➝ discipline; valori ➝ esperienze; progetto ➝ problem solving; espressività ➝
attività espressive
2. Analisi del Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP) e individuazione dei
bisogni/risorse degli alunni con riferimento agli OGPF (Obiettivi generali del processo
formativo) e OSA (Obiettivi specifici di apprendimento)
3. Scelta e analisi del bisogno – problema – compito sfidante da cui partire: apprendimento da
promuovere in alunni di una determinata età e di un determinato contesto, espresso in termini
di competenze
4. Analisi del problema didattico: individuazione e scelta degli elementi disciplinari o
interdisciplinari più adeguati a soddisfare il bisogno di apprendimento individuato (selezione
dei temi generativi che i singoli ambiti disciplinari riescono a mettere in campo). L’esperienza
insegna che è opportuno fare prima un lavoro per discipline o ambiti disciplinari e riservarsi, in
un secondo tempo, la possibilità di individuare temi e percorsi interdisciplinari
5. Definizione dei requisiti in uscita (Obiettivi Formativi)
6. Definizione delle conoscenze, abilità, comportamenti da promuovere in tutti gli allievi
7. Prime ipotesi su possibili attività da realizzare e sui tipi di prodotto attesi
8. Prime ipotesi di possibili percorsi personalizzati, differenziati per abilità e interessi
9. Ipotesi di articolazione delle attività (canovaccio o scenario di azione) con esplicitazione di
metodi, mediatori, tempi, organizzazione, raggruppamenti, strumenti, e delineazione di
possibili alternative. È importante infatti disegnare anche scenari differenti, a cui ricorrere in
base a quanto avviene nella concreta situazione didattica
10. Definizione del “compito in situazione”, che consentirà poi di verificare fino a che punto la
capacità si sarà trasformata in competenza. In un contesto determinato e significativo,
simulato o reale, utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite per affrontare un compito o per
risolvere un problema in modo personale
FASE B (attiva): ATTIVAZIONE
11. Mentre l’insegnante mette in atto le varie fasi dell’Unità di Apprendimento, rileva i bisogni /
risorse specifici di ciascun alunno e progetta gli aspetti di personalizzazione, tenendo presente
che a ciascun alunno dovrebbe essere dato ciò che gli serve per il suo processo di crescita
12. Concretamente, per ciascun alunno, si tratta di individuare: punti deboli da migliorare (in
un’ottica di individualizzazione); punti forti da valorizzare e da potenziare ulteriormente (in
un’ottica di personalizzazione)
13. Ciascun alunno può contribuire a segnalare interessi specifici o capacità che vorrebbe
sviluppare e, nei limiti delle possibilità offerte dalla scuola e dal territorio, effettuare opzioni
personalizzate
14. Definizione degli Obiettivi Formativi Personalizzati
15. In base a questi, riprogettazione e attuazione dei percorsi di personalizzazione, con costante
revisione della fase di progettazione iniziale
FASE C (post-attiva): CONCLUSIONE
16. Verifica degli obiettivi formativi attraverso
 Verifiche specifiche
 Prodotti
17. Riflessione sull’attività svolta, da inserire nel portfolio
18. Scelta di elaborati da inserire nel portfolio secondo determinati criteri
19. Valutazione congruente con i criteri espressi
20. Controllo, revisione e formalizzazione dell’Unità di Apprendimento
Possiamo concludere sottolineando ancora una volta che, più che le cose “diverse” da fare, risulta
determinante l’atteggiamento che l’insegnante è chiamato ad assumere e che non può essere
quello dell’adempimento formale.

Differenza tra Unità didattica e Unità di Apprendimento


Le Unità di Apprendimento rappresentano il “cuore” del processo educativo. La loro elaborazione,
caratterizzata dalla individuazione di Obiettivi Formativi adatti e significativi per i singoli allievi,
può costituire lo strumento per realizzare formazione. Per quanto riguarda i percorsi che possono
essere seguiti per identificare gli Obiettivi Formativi, nelle Indicazioni troviamo esemplificate due
possibilità.
1. Partire dall’esperienza degli allievi e individuare “le dissonanze cognitive e non cognitive che
possono giustificare la formulazione di obiettivi formativi da raggiungere, alla portata delle
capacità degli allievi e, in prospettiva, coerenti con il Profilo educativo, culturale e
professionale, nonché con il maggior numero possibile di Obiettivi Specifici di Apprendimento”
2. “Ispirarsi direttamente al Profilo educativo, culturale e professionale e agli obiettivi specifici di
apprendimento” e considerare “se e quando, attraverso quali apposite mediazioni
professionali di tempo, di luogo, di qualità e quantità, di relazione, di azione e di circostanza,
aspetti dell’uno e degli altri possono inserirsi nella storia narrativa personale o di gruppo degli
allievi”.
Le vecchie Unità didattiche (UD) e le Unità di Apprendimento (UdA) si differenziano
essenzialmente nell’approccio. Possiamo schematizzare le differenze rispetto ai seguenti
parametri.

 Funzione. Nelle UD è prevalentemente didattica: la funzione educativo-formativa rimane sullo


sfondo. Nelle UdA è prevalentemente formativa: il fine è la formazione integrale della persona
 Scopo. Nelle UD è quello di programmare l’insegnamento. Nelle UdA è quello di favorire
l’adattamento dell’azione didattica alle esigenze dell’apprendimento
 Termine di riferimento. Nelle UD è l’attività di insegnamento da parte del formatore. Nelle
UdA è l’attività di apprendimento degli alunni
 Elemento unificante. Nelle UD è il contenuto culturale o argomento che unifica
estrinsecamente apprendimenti che di per sé sarebbero piuttosto parcellizzati. Nelle UdA è la
scelta di un intero apprendimento che sia unitario, articolato, organico, adatto e significativo,
che aggreghi a sé una pluralità
 Concezione di apprendimento. Nelle UD è la ricezione - acquisizione. Nelle UdA è la
trasformazione di capacità in competenze per la vita, tramite l’acquisizione di conoscenze e
abilità
 Obiettivi. Nelle UD sono le prestazioni. Nelle UdA sono gli obiettivi formativi
 Concezione del soggetto in apprendimento. Nelle UD è un utente - fruitore. Nelle UdA è un
co-progettista del percorso formativo
 Ruolo del formatore. Nelle UD è quello di determinare il percorso. Nelle UdA è quello di
mettere a disposizione delle risorse
 Curvatura del percorso. Nelle UD è l’individualizzazione. Nelle UdA è la personalizzazione
 Rischi. Nelle UD sono l’uniformazione, l’omologazione, l’ingegnerismo, il meccanicismo. Nelle
UdA sono la discriminazione, l’indeterminazione, la retorica

Formati grafici e di testo


La leggibilità di un documento informatico dipende dalla possibilità e dalla capacità di interpretare
ed elaborare correttamente i dati binari che costituiscono il documento, secondo le regole
stabilite dal formato con cui esso è stato rappresentato. Il formato di un file è la convenzione usata
per interpretare, leggere e modificare il file.
L’evolversi delle tecnologie e la crescente disponibilità e complessità dell’informazione digitale ha
indotto la necessità di gestire sempre maggiori forme di informazione digitale (testo, immagini,
filmati, eccetera) e di disporre di funzionalità più specializzate per renderne più facile la creazione,
la modifica e la manipolazione.
Questo fenomeno porta all’aumento del numero dei formati disponibili e dei corrispondenti
programmi necessari a gestirli nonché delle piattaforme su cui questi operano. In particolare,
volendo fare una prima sommaria, e non esaustiva, catalogazione dei più diffusi formati, secondo
il loro specifico utilizzo possiamo elencare:
 Testi/documenti (DOC, HTML, PDF, ...)
 Calcolo (XLS, ...)
 Immagini (GIF, JPG, BMP, TIF, EPS, SVG, ...)
 Suoni (MP3, WAV, ...)
 Video (MPG, MPEG, AVI, WMV, ...)
 Eseguibili (EXE, ...)
 Archiviazione e Compressione (ZIP, RAR, ...)
 Formati email (SMTP/MIME, …)
Per la rappresentazione delle immagini sono disponibili diversi formati, che possono essere distinti
secondo la grafica utilizzata: raster o vettoriale.
Nel caso della grafica raster, l’immagine digitale è formata da un insieme di piccole aree uguali
(pixel), ordinate secondo linee e colonne. I formati più diffusi sono il .tif (usato dai fax), il .jpg, il
.bmp.
La grafica vettoriale è una tecnica utilizzata per descrivere un'immagine mediante un insieme di
primitive geometriche che definiscono punti, linee, curve e poligoni ai quali possono essere
attribuiti colori e anche sfumature. I documenti realizzati attraverso la grafica vettoriale sono
quelli utilizzati nella stesura degli elaborati tecnici, ad esempio progetti di edifici. Attualmente i
formati maggiormente in uso sono:

 DWG, un formato proprietario per i file di tipo CAD


 DXF, un formato simile al DWG
 Shapefile, un formato vettoriale proprietario per sistemi informativi geografici (GIS) con la
caratteristica di essere interoperabile con i prodotti che usano i precedenti formati
 SVG, un formato aperto, basato su XML, in grado di visualizzare oggetti di grafica vettoriale,
non legato ad uno specifico prodotto
Il PDF (Portable Document Format) è un formato creato da Adobe. È stato concepito per
rappresentare documenti complessi in modo indipendente dalle caratteristiche dell’ambiente di
elaborazione del documento. Nell’attuale versione gestisce varie tipologie di informazioni quali:
testo formattato, immagini, grafica vettoriale 2D e 3D, filmati. Un documento PDF può essere
firmato digitalmente.
ODF (Open Document Format) è uno standard aperto, basato sul linguaggio XML (Extensible
Markup Language), sviluppato per la memorizzazione di documenti corrispondenti a testo, fogli
elettronici, grafici e presentazioni. Secondo questo formato, un documento è descritto da più
strutture XML, relative a contenuto, stili, metadati ed informazioni per l’applicazione. È
ampiamente usato come standard documentale nativo da un’ampia serie di prodotti disponibili
sulle principali piattaforme: Windows, Linux. Mac. È stato adottato come standard di riferimento
da moltissime organizzazioni governative e da diversi governi ed ha una "penetrazione" di mercato
che cresce giorno per giorno.

Le relazioni tra le discipline e le competenze dichiarate


“La società diventa sempre più esigente in fatto di qualità e di livello di preparazione culturale dei
giovani. La loro formazione dovrà, pertanto, essere il più possibile generale e flessibile e dovrà
fondarsi sempre più sull'unità del sapere.”
C’è da chiedersi: quali sono le coordinate culturali che costituiscono il quadro di riferimento per lo
sviluppo di un progetto educativo di base? Quale è la funzione delle discipline di studio? Che cosa
si deve insegnare ai giovani, oggi? E come?
Le risposte al riguardo possono essere varie, ma tutte dovrebbero esprimere questo concetto
fondamentale: i docenti, in quanto educatori, hanno il dovere di fornire, attraverso le scienze, la
storia, la filosofia, la letteratura e tutte le altre forme di conoscenza, gli strumenti culturali per
comprendere il mondo ed il significato di una realtà che si va facendo sempre più complessa ed in
cui gli aspetti naturali, alle cui manifestazioni la vita dell'uomo è intimamente legata, sono sempre
più soverchiati da quelli artificiali.
Sul piano educativo-didattico, “le discipline di studio, nella loro differenziata specificità, sono
strumenti ed occasione per uno sviluppo unitario ma articolato e ricco di funzioni, di conoscenze,
capacità ed orientamenti indispensabili alla maturazione di persone responsabili ed in grado di
compiere scelte” (dai programmi del ’79 per la ex scuola media). E più avanti, nello
stesso documento, si legge che “i vari insegnamenti esprimono modi diversi di articolazione del
sapere, di accostamento alla realtà, di conquista, sistemazione, trasformazione di essa, e a tal fine
utilizzano specifici linguaggi che convergono verso un unico obiettivo educativo: lo sviluppo della
persona nella quale si realizza l'unità del sapere”.
Finalità educativa della scuola, dunque, è la formazione integrale dell'uomo, attraverso lo sviluppo
della sua personalità in tutte le direzioni (intellettive, creative, operative, religiosa, sociale,
affettiva, eccetera). In un tale progetto educativo la scienza, al pari della poesia, dell'arte, della
musica, delle lingue, della filosofia, della storia, della geografia, della tecnologia, dell’informatica, è
una componente essenziale della formazione dell'uomo nella sua integralità in quanto espressione
della sua esigenza di conoscere la natura nella sua genesi e nel suo sviluppo, in una tensione
conoscitiva che comprende momenti speculativi e momenti operativi. Di conseguenza, le discipline
tradizionalmente umanistiche e le discipline scientifiche vanno viste come aspetti conoscitivi
complementari di un’unica realtà (in questa visione, la contrapposizione tra le due culture viene
superata in nome dell'unità dell'uomo).
Come affermava il prof. Dalla Porta, ordinario di astrofisica teorica alla Scuola internazionale
Superiore di studi avanzati di Trieste, ”le due conoscenze, quella scientifica e quella metafisica, pur
operando con metodi diversi su realtà diverse, possono trovare la loro integrazione nella ragione
dell'uomo: quindi è dentro l'uomo che si deve ricercare l'unificazione delle due modalità
conoscitive”, indicate dal prof. Dalla Porta come “esperienze interne” ed “esperienze esterne”.
L'obiettivo di un discorso educativo appare quindi ben delineato: il problema della formazione
dell'uomo diventa il problema della sua formazione integrale, in una visione complessiva
dell'uomo in cui tutte le dimensioni abbiano la loro specifica rilevanza e sia loro riconosciuto un
ruolo fondamentale per lo sviluppo della personalità umana.
In una dimensione interdisciplinare, le singole discipline non perderanno le loro caratteristiche che
devono essere invece rigorosamente rispettate e praticate, ma ritroveranno la loro valenza
formativa ed il loro valore pedagogico in una forma operativa di progettazione didattica
coordinata ed interdisciplinare, finalizzata allo "sviluppo della persona nella quale si realizza l'unità
del sapere". Ogni disciplina dovrebbe essere trattata secondo uno spirito costantemente
interdisciplinare che sappia generalizzare le strutture di cui si serve per introdurle in sistemi che
includono le altre discipline. Per accostarsi ad uno studio a carattere interdisciplinare occorre,
cioè, che "gli insegnanti stessi posseggano una mente epistemologica sufficientemente ampia
affinché, senza che venga trascurato il campo delle materie specifiche, l'alunno possa vederne in
modo continuo i rapporti con l'insieme del sistema delle scienze". (J. Piaget)
Sul piano operativo, si favorirà l’apprendimento personalizzato tramite gli obiettivi
formativi senza però banalizzare la natura degli “oggetti di studio” relativi alle diverse discipline di
studio e indicati come “obiettivi specifici di apprendimento” (OSA) nelle Indicazioni Nazionali, ma
occorre, nel contempo, che tutto ciò che si insegna abbia un valore autenticamente
significativo. Inoltre, poiché le discipline di studio non sono fini ma solo mezzi del processo
educativo di apprendimento, i docenti sono invitati a mettere a disposizione del contesto
educativo tutte le loro competenze professionali ed umane in quanto “non esiste una conoscenza
o un’abilità stabilita che sia riconducibile in maniera univoca e biunivoca ad una sola ed esclusiva
dimensione disciplinare” (dalle “Indicazioni nazionali” per le scuole del 1° Ciclo di istruzione). Solo
così la scuola potrà garantire a chi la frequenta lo sviluppo di tutte le sue potenzialità e la capacità
di orientarsi nel contesto sociale e culturale in cui vive e che è in continua e profonda
trasformazione.

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