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La nostra ricerca didattica si fonda sull’idea che alcune pratiche didattiche fondamentali per
studenti, per esempio, con BES (ovvero l’unica macro-categoria che richiede interventi didattici
specifici e non necessariamente prevede per tutte le sottocategorie il supporto di figure
specializzate come, per esempio, i docenti di sostegno) si rivelano comunque utili per tutti gli
studenti.
Nei nostri studi e ricerche precedenti sulla gestione accessibile e inclusiva della classe, abbiamo
elaborato il concetto di Classe ad Abilità Differenziate (d’ora in poi CAD, cfr. Caon, 2008; Caon,
Melero, Brichese, 2020) con cui intendiamo sostanzialmente un modo di osservare la realtà delle
classi. Nella nostra prospettiva, la classe va intesa non solo come una somma di persone differenti
(che è una semplice evidenza) ma piuttosto come un sistema dinamico caratterizzato
dall'apporto di ogni persona che lo compone e che agisce in esso. Valorizzare tali apporti
differenti è uno dei compiti primari di un docente che agisce secondo tale visione sistemica.
Per gestire efficacemente l’eterogeneità della classe, nelle nostre ricerche abbiamo individuato
alcune azioni di cui daremo brevissima sintesi in questa sede (rimandiamo per approfondimenti a
Caon, Melero, Brichese, 2020):
Le lingue sono prodotti essenzialmente culturali e, per la loro natura simbolica e convenzionale,
possono porre problemi di comprensibilità a diversi livelli:
per gli studenti non italofoni il problema può essere legato a una mancanza delle
conoscenze lessicali e/o grammaticali in italiano o alle diverse concettualizzazioni della
realtà (si pensi alla distinzione a.C/d.C.);
per alcuni studenti con Bisogni Educativi Speciali (si pensi a studenti con DSA) il problema
può essere dovuto alla difficoltà di decodifica del segno grafico.
Nella direzione di una facilitazione dell’apprendimento, Elio Damiano (1999) richiama l’importanza
all’utilizzo di “mediatori didattici” che l’autore divide in quattro categorie e che si caratterizzano
per una maggior o minor “prossimità” alla realtà.
Nel dettaglio, essi si distinguono in:
mediatori attivi, ovvero l’esperienza diretta attraverso esplorazioni, attività di
manipolazione, osservazione diretta, esperimenti, esercitazioni ecc.;
mediatori iconici, ossia immagini, disegni, foto, mappe, reti, grafici, tabelle, modellini e
plastici, ma anche video, immagini dinamiche;
mediatori analogici, quali drammatizzazioni, esecuzioni di copioni, assunzioni di ruoli,
identificazione di regole, simulazioni, giochi di ruolo;
mediatori simbolici, infine, come per esempio narrazioni, riflessioni sul linguaggio,
definizioni di concetti.
Occorre dunque avere una grande attenzione nell’uso dei mediatori e nella loro integrazione che
deve essere adattata di volta in volta al contesto e all’obiettivo didattico prefissato.
Ciò premesso, al fine di facilitare la comprensibilità del contenuto, il docente può appoggiarsi a
due tipologie di attività.
1. Attività multisensoriali in cui il codice linguistico sia integrato con codici non
linguistici (per esempio quello visivo grazie a immagini, disegni, film, grafici, mappe ecc.
o musicale) in cui si offre allo studente la possibilità di appropriarsi di nuovi concetti
attraverso la simulazione (con attività di drammatizzazione quali il role play, il role making,
il role taking ecc. – cfr. Balboni 2006), la manipolazione, l’esperienza diretta,
la sperimentazione attiva.
Presentare attività differenziate e multisensoriali comporta ulteriori vantaggi che
permettono, per esempio, di agire sull’apprendimento sia a livello conscio che inconscio. Il
valore dell’apprendimento inconscio è stato oggetto di vari studi (Jensen 1994), secondo i
quali la gran parte di ciò che si apprende è incidentale, non consapevole.
Dunque «la stimolazione multisensoriale e il materiale organizzato in modo da stimolare e
far crescere intelligenze e stili diversi può agire anche a livello inconscio per migliorare
l’apprendimento: mentre la nostra mente conscia si concentra su uno degli aspetti, quella
non-conscia annota comunque anche la “visione periferica” e rinforza in questo modo
l’apprendimento» (Vettorel 2006, p. 94).
2. Attività “tradizionali” (per esempio, lettura di un testo a cui seguono attività di
comprensione) presentate con il supporto di strumenti e modalità più “innovative”,
legate alla multimedialità, all’ipermedialità e al web come risorsa non solo per alcuni
contenuti, ma soprattutto per le possibilità di interazione e per sviluppare nuove
motivazioni (Per approfondire: La motivazione: una prospettiva didattica) e strategie di
studio.
Proprio l’ottica integrativa ci pare promettente per il nostro discorso perché, da un lato, va
incontro ai nuovi modi di elaborare le conoscenze dei “nativi digitali” e alle loro motivazioni
intrinseche (legate per esempio alla piacevolezza dello stimolo, cfr. Schumann 1997),
dall’altro, non dimentica le forme consolidate di trasmissione e di costruzione del sapere
(consolidate nelle forme più “tradizionali” di insegnamento) e comunque affida al docente
la responsabilità di gestire e organizzare contesti più complessi d’apprendimento.
Le attività didattiche
Passando dalla teoria alla pratica, proponiamo ora alcune attività basate su un uso integrato dei
linguaggi, per realizzare lezioni più inclusive, motivanti ed efficaci e per facilitare la comprensione
e l’apprendimento.
Riprendiamo, dunque, i mediatori didattici definiti da Damiano (1999):