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Unità didattica 1: Le teorie dell’apprendimento

Introduzione
In questa unità didattica esamineremo le tre teorie più importanti relative all’apprendimento,
iniziando da una definizione di quest’ultimo.

Proseguiremo esaminando la teoria comportamentista, la cui idea di fondo è che si può produrre
un apprendimento, inteso come modifica del comportamento, fornendo stimoli opportuni al
soggetto, che dà risposte a questi stimoli.
Analizzeremo il pensiero degli esponenti più importanti di questa teoria, da Ivan Pavlov a Edward
Lee Thorndike, da John Broadus Watson a Burrhus Frederic Skinner.
Proseguiremo esaminando il cognitivismo, che condivide con il comportamentismo l’idea che lo
studio dell’apprendimento dev’essere oggettivo e osservabile, ma occorre trarre informazioni
anche dai processi mentali interni dei soggetti osservati. L’apprendimento ha luogo quando il
soggetto elabora le informazioni ricevute.
Esamineremo il pensiero degli esponenti più importanti di questa teoria, da Edward Tolman a
Clark Leonard Hull, da David Ausubel a Joseph Donald Novak, da Lev Semenovic Vygotsky a Jean
Piaget, da Jerome Seymour Bruner a George Armitage Miller a Wolfgang Kohler.
Analizzeremo poi il costruttivismo. Mentre i comportamentisti vedono la conoscenza come
risposta automatica agli stimoli, i cognitivisti la vedono come rappresentazione simbolica nella
mente delle persone, i costruttivisti vedono la conoscenza come entità complessa, costruita da
ognuno nel mentre passa per un processo di apprendimento.
Approfondiremo il pensiero degli esponenti costruttivisti più importanti, da Seymour Papert a
David Jonassen a Benjamin Bloom.
Infine confronteremo le tre teorie, tentando di estrapolare le caratteristiche peculiari di ognuna.

Obiettivi
Al termine di questa unità didattica saprai:
 Quali sono le teorie dell’apprendimento
 Quali sono gli esponenti più importanti di ognuna di esse e quale è stato il loro pensiero
 Quali sono le differenze e le caratteristiche peculiari delle teorie dell’apprendimento
Una serie di test di verifica ti saranno utili per valutare la tua comprensione dei concetti esposti.

L’apprendimento
L’apprendimento è un processo di nuove conoscenze composto da vari aspetti.

 Strategie di conoscenza personali, stili di apprendimento, esperienze della persona e collettive


 Fenomeni dell’ambiente in cui si vive, stimoli ed informazioni provenienti dalla realtà
circostante
 Modelli, formalismi, teorie e dinamiche delle realtà educative, quali la famiglia e la scuola
 Mezzi di comunicazione e processi che regolano lo scambio delle informazioni
Il sistema di conoscenza della persona si crea con lo scambio di componenti qualitative,
quantitative e intuitive. Ma anche con l’influenza di condizionamenti emotivi, culturali e sociali.
L’apprendimento è un processo complesso, è dinamico, attraverso percorsi non sequenziali e non
lineari. Può essere analizzato in pieno solo con un approccio multidisciplinare.
In passato sono state sviluppate varie teorie legate all’apprendimento. Le più rilevanti ricordiamo
sono la teoria comportamentista, quella cognitivista e quella costruttivista.
Per meglio comprendere gli argomenti legati all’apprendimento, andiamo ad analizzare le tre
teorie, in modo da poter cogliere l’evoluzione del pensiero su questo tema e degli studi in materia
di istruzione. Esamineremo anche il pensiero dei principali esponenti delle teorie suddette.

Il comportamentismo
L’idea di fondo del comportamentismo è che si può produrre un apprendimento, inteso come
modifica del comportamento, fornendo stimoli opportuni al soggetto, che dà risposte a questi
stimoli.
L’idea nasce dall’ipotesi che sia possibile applicare agli uomini i risultati degli studi sul
condizionamento dei comportamenti animali. I processi di insegnamento devono produrre
opportuni stimoli che inducano i comportamenti desiderati. I comportamenti devono poi essere
rinforzati. Per rinforzo s’intende una sorta di ricompensa.
Chi sviluppa un sistema didattico deve partire da alcune domande.

 Quale comportamento voglio costruire?


 Di che rinforzi dispongo?
La risposta a queste domande ha influenzato la ricerca nel settore delle tecnologie didattiche.
Skinner afferma che i processi di insegnamento devono essere suddivisi in molte fasi
estremamente brevi, ognuna delle quali accompagnata da rinforzo. Con questo metodo è possibile
anche ridurre al minimo le conseguenze degli errori.
Queste idee hanno stimolato la nascita, negli Stati Uniti, del CAI, acronimo di Computer Aided
Instruction. In seguito, ricerche successive hanno affermato che il computer sia un supporto
naturale nei processi di apprendimento.
Esaminiamo ora le teorie di alcuni esponenti del comportamentismo.

Ivan Pavlov
Ivan Pavlov era uno psicologo russo che studiò i riflessi condizionati negli animali.
Accanto a riflessi incondizionati, che gli animali posseggono perché innati, quindi non appresi,
Pavlov notò che era possibile, mediante stimoli esterni, costruire dei riflessi condizionati, che gli
animali apprendevano.
Fu Pavlov ad introdurre il concetto di riflesso condizionato, inteso come comportamento appreso,
diverso dai comportamenti istintivi e innati. A questo processo di apprendimento diede il nome di
condizionamento.
Se lo stimolo esterno diventa troppo spesso falso, nel senso che è un falso allarme, indebolisce il
riflesso condizionato.
Esistono due tipi di condizionamento, che conducono a comportamenti differenti.
Il condizionamento classico ha luogo quando ad uno stimolo esterno segue un comportamento
innato. In sostanza, animali e uomini sono costruiti in modo che un certo stimolo produca una
certa risposta.
Il condizionamento operativo ha luogo quando ad uno stimolo viene forzata una risposta. In
sostanza, se ad una risposta ad un certo stimolo si fa seguire un rinforzo, ossia una ricompensa,
quella risposta sarà molto più probabile le volte seguenti. Ad esempio, se ad un cane diamo un
premio quando ci riporta il bastone, è molto probabile che in futuro continui a riportarci il
bastone.

Edward Lee Thorndike


Thorndike era psicologo anche lui e contemporaneo di Pavlov, ma operava in Nord America.
Approfondì gli effetti che le ricompense possono avere nei processi di apprendimento. Giunse alla
conclusione che l’apprendimento si attua per prove ed errori. L’apprendimento si attua secondo
associazioni tra stimolo e risposta. Queste associazioni diventano vere e proprie abitudini.
L’associazione tra impulso sensoriale e azione prende il nome di connessione. Le connessioni
rafforzano o indeboliscono le abitudini. In un suo esperimento, Thorndike chiuse un gatto in una
gabbia e pose del cibo all’esterno di essa. Il gatto fece molti tentativi errati per aprire la gabbia,
finché trovò la soluzione e raggiunse il cibo. Le volte successive, il gatto impiegò sempre meno
tempo per aprire la gabbia. Da questo, Thorndike dedusse che l’apprendimento si attua per
tentativi ed errori.
La teoria di Thorndike è basata su tre leggi.
1. Legge dell’effetto: risposte a situazioni seguite da ricompensa diventano abitudini in quelle
situazioni
2. Legge della prontezza: sequenze di risposte possono essere connesse tra loro per raggiungere
un obiettivo
3. Legge dell’esercizio: la connessione tra stimolo e risposta viene rinforzata con l’addestramento
L’apprendimento migliora se conduce a risultati gratificanti. Così, mentre Pavlov pensava che la
risposta dell’animale fosse una automatica rispetto ad uno stimolo, Thorndike pensa che la
risposta è un’operazione svolta sull’ambiente in vista di un obiettivo da raggiungere.
Applicando le sue teorie all’uomo, Thorndike osservò che l’apprendimento degli studenti
migliorava in caso di risultati positivi, ma che invece essi non apprendevano dagli errori commessi.

John Broadus Watson


È riconosciuto come il fondatore del comportamentismo / behaviorismo, con una brillante
carriera nel campo della psicologia animale, ma anche nello studio osservabile e misurabile del
comportamento umano.
Due sono i principi su cui si poggia il behaviorismo.
1. La psicologia deve concentrarsi sulle relazioni tra ambiente e comportamenti, piuttosto che
sulla coscienza
2. Il comportamento umano e quello animale sono sostanzialmente identici
Lo psicologo deve esaminare il comportamento in risposta a stimoli esterni. Gli eventi interni al
soggetto possono essere ignorati, in quanto non osservabili né misurabili.
Watson intende per comportamento qualunque evento corporeo osservabile, ad esempio
sudorazione, salivazione o movimenti muscolari. Quindi la psicologia deve concentrarsi su stimoli
ambientali e risposte, intese spesso come riflessi condizionati.
È una posizione radicale ed assolutistica, che critica altre correnti di pensiero legate
all’introspezione, considerata non avente basi scientifiche, in quanto soggettiva, non osservabile e
non misurabile.
Altri elementi della teoria di Watson sono l’empirismo, cioè il comportamento è determinato dalle
esperienze passate, e il meccanicismo.
L’estrema radicalità del pensiero di Watson non fu generalmente accettata, e fu in seguito
superata da teorie di altri esponenti del comportamentismo, ad esempio Skinner.
Watson dimostrò l’esistenza del condizionamento classico con un suo esperimento, che
coinvolgeva un bambino, Albert, e un ratto bianco.
Albert non era spaventato dal ratto, ma Watson iniziò a produrre un rumore intenso ogni volta che
il bambino lo toccava. Albert cominciò ad aver paura del rumore e, di conseguenza, anche del
ratto. La paura si indebolì quando Watson non produsse più rumori. L’esperimento si estese anche
ad altri piccoli animali.
Watson dimostrò, quindi, che risposte emotive a certi stimoli sono dovute al condizionamento. Ciò
potrebbe spiegare fobie, paure e pregiudizi di alcune persone.

Burrhus Frederic Skinner


È ritenuto il più importante behaviorista moderno.
Ha inventato la scatola per osservare le risposte, contenente leve, dischi e pulsanti, ma anche
rinforzi quali acqua e cibo. È colui che iniziò a registrare accuratamente i comportamenti animali e
a renderli disponibili per analisi statistiche. Tutte le sue teorie sono basate sul condizionamento
operativo.
Il soggetto fa parte dell’ambiente circostante e ne è influenzato nei suoi comportamenti, ancora di
più se incontra speciali stimoli, i rinforzi. Questi accelerano comportamenti già in essere.
Il condizionamento distingue due classi di stimoli.
1. Le risposte a stimoli conosciuti sono dette rispondenti
2. Altre risposte non devono necessariamente essere messe in relazione con stimoli conosciuti.
Sono dette operanti
Siccome le risposte operanti non sono legate a stimoli noti, la loro intensità non può essere
misurata secondo usuali leggi del riflesso, che sono tutte in funzione degli stimoli. Un
comportamento operante può comunque acquisire una relazione con uno stimolo precedente.
Per Skinner, la maggior parte del comportamento umano è operante. Attività come guidare,
cucinare o disegnare non sono legate a stimoli conosciuti.
I due tipi di risposta citati, rispondente e operante, sono connessi a due tipi di condizionamento.
Il primo è un condizionamento legato agli stimoli, quello di Pavlov per intenderci, che per Skinner
non ha molta importanza.
Nel secondo, fondamentale per Skinner, il rinforzo è condizionato alla risposta. L’intensità di una
comportamento cresce in presenza del rinforzo, ma non dipende dallo stimolo.
Skinner applica queste tesi all’apprendimento umano con la sua Istruzione programmata. Essa
consiste nel far apprendere concetti anche complicati agli studenti, proponendo loro argomenti
via via più complessi e rinforzando solo i risultati positivi ottenuti.
I contenuti sono proposti su fogli di carta, sono brevi e contengono concetti da memorizzare e un
quesito finale. Questi brevi contenuti sono detti frames. Se la risposta al quesito è errata, si torna
sullo stesso frame o si indicano correzioni. In caso di risposta corretta si può passare al frame
successivo, ottenendo così un rinforzo.
L’istruzione programmata ha delle caratteristiche che la rendono efficace.

 I contenuti sono significativi


 Hanno una sequenza logica
 Lo studente manifesta interesse
 Il programma può essere revisionato a seconda dei risultati raggiunti dallo studente
 I test inseriti consentono la valutazione dei risultati raggiunti dallo studente

Il cognitivismo
Abbiamo detto che i comportamentisti, in particolare Watson, escludevano gli eventi mentali dalla
loro ricerca, in quanto ritenevano che l’introspezione non avesse basi scientifiche, perché
soggettiva, non osservabile e non misurabile.
Molti psicologi però non condividevano questo approccio privo di pensiero dell’apprendimento
umano. Era un approccio che non dava risposta ai casi in cui gli uomini cambiano forma alle
informazioni apprese o le trasformano. Può andar bene quando si impara qualcosa a memoria, ma
non quando si apprende un concetto e poi lo si lavora in modo personale.
Nasce così un approccio di tipo cognitivista, che include eventi mentali e cognitivi. La psicologia
cognitivista si basa sulla critica al comportamentismo ed ha consentito lo sviluppo di scienze come
l’intelligenza artificiale.
Il cognitivismo condivide con il comportamentismo l’idea che lo studio dell’apprendimento
dev’essere oggettivo e osservabile, basato sulla sperimentazione.
Ma dalle risposte osservabili, occorre trarre informazioni anche dai processi mentali interni dei
soggetti osservati. L’apprendimento ha luogo quando il soggetto elabora le informazioni ricevute.
Quindi l’apprendimento è composto dai processi di acquisizione, trattamento e
immagazzinamento delle informazioni.
Il formatore è colui che trasmette le informazioni, quindi è coinvolto nel solo processo di
acquisizione. Il soggetto è parte attiva del suo apprendimento, in quanto l’elaborazione delle
informazioni acquisite rafforza i suoi processi mentali.
Successivamente, il cognitivismo si spinge ancora oltre. La cognizione è un processo attivo e
organizzativo di interazione del soggetto con l’ambiente circostante. Gli atteggiamenti e gli stati
mentali del soggetto diventano più importanti dei comportamenti esterni.
La persona è legata alla sua biologia, alla sua evoluzione, al contesto sociale, culturale e
tecnologico.
Per l’educazione queste teorie hanno notevoli ricadute.
Una corrente del cognitivismo, il costruttivismo, passa da un approccio oggettivistico, che
considera centrale il contenuto da imparare, che va travasato nel soggetto, ad un approccio
soggettivistico, che mette al centro il soggetto che apprende, e che considera l’apprendimento un
fatto personale, legato al contesto e alle esperienze fatte.
Il docente non è più colui che trasmette informazioni, ma diventa un facilitatore di processo.
L’apprendimento diventa attivo, collaborativo e situato in un contesto.
Certamente l’implementazione di questo sistema è complessa, ma gli orientamenti odierni della
ricerca e degli studi sono più in ottica cognitivista che comportamentista.
Esaminiamo di seguito alcuni esponenti del cognitivismo.

Edward Tolman e Clark Leonard Hull


Entrambi provengono dal comportamentismo ma se ne distaccano perché cominciano ad
occuparsi della mente umana e dei suoi processi.
Il modello di apprendimento di Hull è di tipo matematico-deduttivo. Partendo da definizioni e da
principi non definiti, il modello si sviluppa in postulati, corollari, teoremi e problemi. I postulati
sono prima enunciati verbalmente, poi in notazione formale, quindi dimostrati con esempi
sperimentali. Allo stesso modo, i teoremi vengono prima enunciati, poi derivati da definizioni e
postulati, infine, se possibile, sottoposti a test sperimentali.
Tolman introduce il concetto di apprendimento latente. In alcuni suoi esperimenti su tre gruppi di
topi in un labirinto, li pose in condizioni diverse. Il primo gruppo riceveva cibo come rinforzo, il
secondo non riceveva nessun rinforzo mentre il terzo riceveva rinforzo solo dopo il dodicesimo
giorno.
I topi senza rinforzo non riuscirono mai a completare il labirinto. I topi degli altri due gruppi
completavano regolarmente il labirinto, quindi con le stesse prestazioni avendo rinforzi diversi.
Tolman concluse che i topi apprendevano anche senza rinforzo, ma la prestazione diventava
corretta solo con presenza del rinforzo stesso.
Per Tolman, quindi, l’apprendimento non è solo un’associazione tra stimolo e risposta, ma è
suddiviso nel raggiungimento di una meta, in una serie di conoscenze iniziali e in una serie di
conoscenze finali. In questo, è in disaccordo con Hull, per il quale l’apprendimento è
un’associazione tra stimolo e risposta.
Tolman si stacca dal comportamentismo, poiché introduce concetti quali scopi, aspettative e
mappe cognitive. Del comportamentismo rimane in lui solo l’approccio iniziale, cioè il
comportamento osservabile e la metodologia.

David Ausubel
Ausubel propone il concetto di organizzatore propedeutico. Questo consente allo studente di
richiamare conoscenze precedenti per metterle insieme a nuove conoscenze in fase di
apprendimento. L’esperienza di apprendimento diventa più significativa se si riesce a stabilire una
relazione tra vecchie e nuove conoscenze.
L’organizzatore propedeutico è una strategia utilizzata dall’insegnante. Potrebbe coincidere con
un discorso breve e generico, che dovrebbe avere alcune caratteristiche.

 È una presentazione breve e astratta


 Funge da ponte tra informazioni già note e informazioni ignote
 È un’introduzione alle nuove informazioni
 È una bozza delle nuove informazioni e contemporaneamente una riaffermazione di
conoscenze note
 Aiuta a strutturare le nuove informazioni
 Incoraggia lo studente ad applicare ciò che già conosce
 È fatto di informazioni concrete
Il concetto di organizzatore propedeutico si è successivamente evoluto nel concetto di schema.
Uno schema è una rappresentazione di contenuti generici. Gli schemi sono pacchetti di
informazioni che vanno rappresentati e che facilitano la specificità della conoscenza.
Esistono quindi schemi che possono rappresentare tutti i concetti. La teoria degli schemi tenta di
spiegare la capacità dell’uomo di fronteggiare i continui mutamenti dell’ambiente circostante.
Non tutti gli eventi ci appaiono completamente nuovi. Di ognuno siamo in grado di riconoscere gli
elementi noti, gli schemi, appunto.
In questo modo riusciamo a comportarci correttamente in ambienti diversi, quali una lezione di
storia, un incrocio o un ristorante, anche se si trovano in un paese straniero.

Joseph Donald Novak


È l’ideatore della teoria delle mappe concettuali. Si basa sulle teorie di Ausubel, che ha
sottolineato l’importanza delle conoscenze già acquisite per aggiungere nuova conoscenza. Una
mappa concettuale è la formalizzazione delle conoscenze strutturate del soggetto. È la
rappresentazione di come le conoscenze possedute sono interconnesse tra di loro.
Una mappa permette alla persona di guardare in profondità le sue conoscenze, rendendo espliciti
elementi che spesso sono inconsci ed impliciti.
La mappa di un soggetto è molto dinamica, nel senso che può cambiare molto nel tempo. Essa è
un ausilio potente delle tecnologie didattiche e dell’apprendimento. Le mappe sono una
rappresentazione di come gli studenti organizzano le loro conoscenze e rendono efficaci gli
strumenti di valutazione dei risultati. Sono strumenti cognitivi che supportano, estendono e
guidano il processo di pensiero.
Come diceva Novak, le mappe concettuali permettono di “imparare ad imparare”.

Lev Semenovic Vygotsky


Maggior esponente della scuola socio-culturale, che si sviluppò in Unione Sovietica ai primi del
Novecento.
Vygotsky mise a confronto la psicologia e i comportamenti dei primati, dei bambini e dell’uomo
adulto.
I riflessi condizionati sono simili negli animali e negli uomini ma, mentre negli animali sono innati,
negli uomini sono il punto di partenza per i processi di apprendimento e comportamento.
Gli esseri umano adottano strumenti per interagire col mondo esterno. I bambini imparano ad
usare questi strumenti dai genitori e dai maestri, per poi riuscire ad utilizzarli successivamente in
autonomia.
Il linguaggio è lo strumento con cui si manifesta il proprio pensiero agli altri e, grazie a regole,
diventa uno strumento per regolare il comportamento.
Attraverso tre fasi, il bambino comunica a voce alta agli adulti i propri pensieri, poi inizia la fase di
regolazione esprimendosi da solo, spesso di fronte a problemi da risolvere, ed infine la regolazione
diviene completa, senza più la necessità di esprimersi a voce alta.
L’interazione con il contesto ambientale è fondamentale per lo sviluppo psichico e cognitivo.
Vygotsky propone il concetto di Zona di Sviluppo Prossimale, abbreviata ZPD. Si tratta di
quell’area in cui il supporto dell’adulto è sviluppato e il bambino può avvicinare mondi cognitivi
oltre le sue conoscenze.
I bambini seguono l’esempio degli adulti e man mano imparano ad eseguire compiti senza più
assistenza. Quindi la ZPD è, in sostanza, la differenza tra ciò che il bambino sa fare da solo e ciò che
sa fare con l’aiuto di un adulto.
La finestra della ZPD può essere limitata. A questo proposito, può essere di molto aiuto il
computer.
Questo strumento può determinare la capacità di risolvere problemi con e senza aiuto, può
interrogare per aiutare a risolvere problemi, può essere un ottimo intermediario tra insegnante e
allievo. Può, in definitiva, annullare la disparità tra insegnante adulto e studente.
Insegnante e studente devono affrontare insieme i problemi da risolvere e il computer può essere
di ausilio in questo processo.
In definitiva, l’interazione col mondo circostante è fondamentale per lo sviluppo delle funzioni
psichiche e cognitiva, tra cui il linguaggio. Tutto quanto si apprende nel contesto ambientale va a
formare l’insieme delle regole, delle strutture e dei contenuti che sono alla base di qualunque
attività psichica.

Jean Piaget
Psicologo svizzero, è uno dei padri delle teorie contemporanee sullo sviluppo cognitivo. Ha fornito
un notevole contributo alla psicologia dell’età evolutiva. Le sue teorie nascono dall’osservazione
diretta dei bambini e del loro comportamento.
Secondo Piaget i bambini necessitano di metodi di indagine specifici rispetto agli adulti. Oltre alla
preparazione psicologica, l’educatore deve sapersi adattare alle esigenze del bambino.
Dopo anni di osservazioni, Piaget ha concluso che lo sviluppo è frutto di fattori ereditari, ma anche
ambientali.
Due sono i processi fondamentali: l’assimilazione ed il riordino.
L’assimilazione è l’acquisizione di conoscenza in uno schema di comportamento già proprio. Il
riordino è la modifica della propria struttura cognitiva per accogliere la nuova conoscenza
acquisita. I due processi operano una continua ricerca di equilibrio.
È dunque il fattore di equilibrio che determina la formazione delle strutture mentali. L’ambiente
esterno favorisce lo sviluppo, ma non ne è la causa.
I bambini passano una serie di stadi di sviluppo, che hanno tempi e sequenze non modificabili.
Per cui l’educazione prepara solo il terreno alla loro comparsa o rinforzo. Il motore dell’intelligenza
è l’azione, per cui l’educatore deve solo predisporre le condizioni che inducano l’allievo a fare.
Piaget identifica differenti fasi evolutive per lo sviluppo cognitivo del bambino.
1. Fase senso-motoria, che va dalla nascita ai due anni circa
Questa fase è a sua volta divisa in sei stadi.

 Riflessi innati, dalla nascita al primo mese


 Reazioni circolari primarie, dal secondo al quarto mese
 Reazioni circolari secondarie, dal quarto all’ottavo mese
 Coordinazione mezzi-fini, dall’ottavo al dodicesimo mese
 Reazioni circolari terziarie, dal dodicesimo al diciottesimo mese
 Comparsa della funzione simbolica, dai diciotto mesi in poi
Nella fase iniziale il bambino dispone solo di riflessi innati, con azioni non coordinate tra loro.
Successivamente, man mano si formano le prime abitudini e la coordinazione tra percezione
ed azione. In questa fase sono importanti le reazioni circolari, cioè azioni fatte per il piacere di
farle. Questo scatena la loro ripetizione e il loro perfezionamento.
2. Fase pre-concettuale, che va dai due ai quattro anni
Il bambino è ancora egocentrico, perché si limita alle esperienza che fa personalmente. Tutti la
pensano come lui e capiscono senza sforzi i suoi desideri. In questa fase assume sempre più
importanza il linguaggio, poiché il bambino comincia ad associare parole ad azioni e oggetti.
Gioca per la maggior parte del tempo ed imita le persone che gli stanno intorno.
Non conosce ancora il concetto di obbedienza, ma impara a fare ciò che gli adulti desiderano
da lui. Non sa ancora mettere in relazione il tempo, lo spazio e la causa.
3. Fase del pensiero intuitivo, che va dai quattro ai sette anni
Socializza e partecipa di più alla vita quotidiana, in nodo autonomo e creativo. Nella scuola
materna sperimenta altre autorità oltre ai genitori. Ciò gli scombussola un po’ le conoscenze
acquisite, ed è costretto a rimodellarle per includere nuovi modelli, diversi dalle esperienze
avute finora. In questa fase assume molta importanza lo studio psicologico dei disegni dei
bambini.
4. Fase delle operazioni concrete, che va dai sette agli undici anni
Il bambino è ora in grado di compiere due azioni successive, capisce che se ripete un’azione
essa non varia. Riesce a giungere ad uno stesso risultato partendo da due punti diversi. È
capace di ragionare solo su azioni concrete, non anche su informazioni presentate solo
verbalmente.
5. Fase delle operazioni formali, che va dagli undici ai quattordici anni
Il ragazzo è capace anche di ragionamento astratto e induttivo. Riesce a capire il valore di
oggetti e fenomeni, la possibilità che vi siano opinioni diverse, che vi sia parità di diritti tra le
persone. È in grado di effettuare misurazioni e operazioni su simboli, ad esempio in
matematica e geometria.
L’evoluzione dei vari stadi porta a livelli sempre nuovi di equilibrio. L’evoluzione mentale va
sempre più verso un equilibrio avanzato.

Jerome Seymour Bruner


Psicologo statunitense, inizia i suoi studi partendo da Vygotsky e Piaget, evolvendo verso l’idea che
la cultura è un elemento fondamentale nello sviluppo della persona.
La conoscenza nasce dalla mente che crea cultura, ma questa a sua volta forgia la mente. L’uomo
pensa a come insegnare, ma anche cosa insegnare, e ciò dipende dalla cultura di appartenenza.
Elemento fondamentale è che l’allievo deve svolgere un ruolo attivo, collaborare e partecipare.
Bruner vede quattro fasi nell’apprendimento del bambino.
1. La capacità di azione
2. La riflessione
3. La condivisione
4. La cultura
La cultura è allora un’interpretazione collettiva e condivisa della realtà. La mente, d’altronde, si
sviluppa relazionandosi con altre persone.
La scoperta non è casuale, ma consiste nel trovare regolarità e relazioni nel mondo circostante.
L’apprendimento di nuove nozioni passa per strategie di ricerca di soluzioni ai problemi.
L’apprendimento è un’attività da svolgere insieme ad altri. Nasce da conversazioni, discussioni,
confronti. Tra studenti, colleghi, docenti ed esperti.

George Armitage Miller


Psicologo statunitense, elaborò la teoria della concettualizzazione della memoria come
elaborazione dell’informazione.
La memoria è in grado di contenere circa sette informazioni raggruppate in blocchi, e questo
numero resta costante per tutta la vita.
Miller formulò il modello T.O.T.E., acronimo di Test-Operate-Test-Exit, cioè verificare, eseguire,
verificare, terminare. In questo modo ribalta il comportamentismo. Il modello è costituito da
quattro fasi.
1. Test. Quando si compie un’attività, si deve verificare se la situazione di partenza sia
congruente con gli obiettivi che ci si pone
2. Operate. Si agisce direttamente oppure si modificano le condizioni iniziali per adeguarle agli
obiettivi
3. Test. Dopo l’azione si riesegue la verifica delle condizioni, confrontandole con gli obiettivi
4. Exit. Se il risultato è soddisfacente, si termina. Altrimenti si torna alla fase Operate
Il cognitivismo intende il comportamento come il risultato dello sviluppo dell’informazione. Ogni
attività umana è allora un continuo processo composto da operatività e successiva verifica. Poiché
ogni attività ha un obiettivo, la persona verifica continuamente la corrispondenza tra l’obiettivo e
ciò che accade realmente.
Di conseguenza, non sono solo gli stimoli esterni a determinare il nostro comportamento, ma
anche la nostra motivazione, che ci porta a continue autocorrezioni.
I processi mentali ci inducono a rimandare le risposte agli stimoli, in modo da poter ragionare ed
adeguare le risposte alle nostre esigenze.
Per ottimizzare questo processo, è fondamentale l’educazione. Con la socializzazione, i bambini
ricevono un addestramento che li porta a mediare le risposte agli stimoli, a rifletterci, e ad
adeguarle alle proprie esigenze.
Negli ultimi decenni vi sono stati alcuni ripensamenti all’interno del cognitivismo. Questo fatto,
accoppiato con lo sviluppo tecnologico, ha portato a parlare di Scienza cognitiva.
Oggi la psicologia cognitiva prende sempre più in prestito spunti e metodologie da altri settori,
quali matematica, fisica, filosofia, medicina, biologia, informatica, scienze motorie.
Inoltre ha uno sviluppo sempre maggiore la teoria sociale cognitiva, che studia le interazioni tra i
processi di apprendimento e le influenze provenienti dall’ambiente circostante.

Wolfgang Kohler
Di origini estoni ma spostatosi in Germania per studiare, è uno dei fondatori della teoria della
Gestalt. Famoso anche per le ricerche sulle capacità cognitive degli scimpanzé.
Il nazismo indebolì lo sviluppo delle ricerche, poiché alcuni esponenti della Gestalt furono costretti
a lasciare la Germania.
Il termine Gestalt comprende i processi di apprendimento, del pensiero, del ricordo, dell’emotività
o dell’agire. È una teoria che fornisce una struttura per molti fenomeni.
Kohler afferma che in un problema è necessario identificarne la struttura generale, poiché esso
non è solo composto da parti indipendenti, ma vi sono parti che è possibile descrivere solo
rispetto al problema generale.
È fondamentale l’idea di raggruppamento, caratterizzato da alcuni fattori.

 Prossimità. Elementi raggruppati secondo la vicinanza


 Somiglianza. Elementi raggruppati perché simili
 Chiusura. Elementi raggruppati perché tendono a completare una unità
 Semplicità. Elementi raggruppati perché simmetrici, regolari o scorrevoli
Osservando gli scimpanzé, Kohler notò che essi sono capaci di capire le relazioni tra gli stimoli, non
gli stimoli isolati. Quindi i primati sono dotati di intelligenza percettiva.
Sono dotati di intuizione, per cui ci si concentrò sulle modalità di risoluzione dei problemi,
piuttosto che sull’apprendimento.
Facendo parallelismi tra i comportamenti degli scimpanzé e dei bambini, si giunse alla conclusione
che i primi non sono in grado di usare i segni come strumento di conoscenza. Quindi l’intelligenza
pratica è indipendente dall’uso dei segni, quindi anche dal linguaggio.
Gli animali diventano creativi se c’è cibo, ma non troppo. Gli esseri umani, invece, diventano
creativi con risorse disponibili e ambiente confortevole. Inoltre, quando vi sono scambi di
informazioni e competizione.
Ma le migliori idee si sviluppano in ambienti informali, quali caffè e ristoranti, nei quali cadono le
barriere dovute ai rispettivi ruoli.
Nel mondo animale la creatività è legata alla sopravvivenza, per cui i più creativi sono i giovani e le
madri che devono cercare cibo.
Negli esseri umani la creatività non è tanto legata all’età o al genere, ma al possesso di adeguati
strumenti di conoscenza.
Mentre nel mondo animale basta un individuo con un’intuizione per diffondere creatività, per gli
esseri umani le innovazioni si sviluppano in luoghi e tempi diversi, per cui è vero che è
fondamentale la componente culturale.
Alla percezione contribuiscono l’ambiente circostante e il sistema percettivo.
La teoria gestaltista, oltre che alla psicologia, fu applicata anche alla memoria, al pensiero, alla
fisica e all’estetica. Essa mira al recupero dell’armonia naturale fra individuo ed ambiente.
Come dimostrato dal successivo sviluppo del movimento, quello della Gestalt non è un pensiero
statico ed immodificabile ma un paradigma in continua evoluzione.

Il costruttivismo
Il costruttivismo è una diramazione del cognitivismo. L’apprendimento si basa sulle nostre
esperienze ed in tal modo costruiamo la conoscenza del mondo.
Ognuno di noi crea le sue leggi e i suoi modelli mentali per dare significato alle nostre esperienze.
L’apprendimento è il processo con cui adeguiamo i nostri processi mentali per mettere ordine
nelle nostre esperienze.
Mentre i comportamentisti vedono la conoscenza come risposta automatica agli stimoli, i
cognitivisti la vedono come rappresentazione simbolica nella mente delle persone, i costruttivisti
vedono la conoscenza come entità complessa, costruita da ognuno nel mentre passa per un
processo di apprendimento.
La conoscenza non può passare da una persona ad un’altra. Può solo essere reinventata da
ognuno. La conoscenza è un prodotto costruito culturalmente, socialmente, storicamente,
temporalmente e contestualmente. Il soggetto costruisce la propria conoscenza attraverso
un'interazione fitta e continua con l'ambiente culturale, sociale, fisico in cui vive e opera. Gli
studenti costruiscono nuove conoscenze non solo sulla base di quelle già in possesso, ma anche
attraverso la negoziazione e condivisione dei significati. Si parla quindi di "costruzione" della
conoscenza. Il bambino costruisce e ricostruisce i concetti base e le forme logiche di pensiero che
costituiscono la sua intelligenza. Questa costruzione avviene tramite lo scambio continuo con
l'ambiente circostante. Da qui il nome di costruttivismo.
L’ambiente, per i costruttivisti, non è qualcosa che accade o uno stimolo che deve produrre una
risposta. È il soggetto che individua nell’ambiente gli stimoli interessanti e a cui può rispondere.
Anche le idee, non esistono di per sé, ma è il soggetto che inventa idee, piuttosto che scoprirle.
Negli anni sessanta, Papert ed alcuni colleghi cominciarono a sviluppare LOGO, un ambiente di
programmazione e un linguaggio pensato per i bambini. Il linguaggio LOGO è anche espressione
tra comportamentismo e costruttivismo.
Mentre il primo pensa all’allievo come modellabile attraverso stimoli e rinforzi, il secondo
considera l’allievo come capace di costruire da solo le proprie strutture intellettuali, mediante
interazioni con l’ambiente.
Vedremo ora più da vicino i più autorevoli esponenti delle teorie costruttiviste.

Seymour Papert
Sudafricano naturalizzato statunitense, è considerato il padre del costruzionismo. Ricercatore a
Cambridge, ha poi collaborato con Piaget a Ginevra e al MIT di Boston, dove con Minsky ha
fondato il Laboratorio di Intelligenza Artificiale.
Papert è convinto che occorre fornire ai bambini strumenti per l’apprendimento, da lui chiamati
artefatti cognitivi.
Ha creato col suo gruppo il linguaggio di programmazione Logo, diventato poi uno standard per il
rapporto tra bambini e computer.
Le sue ricerche portano ad un nuovo movimento, il costruzionismo, che trae le sue origini dal
costruttivismo. Come detto, per i costruttivisti le conoscenze non possono essere trasmesse già
pronte, ma è il soggetto che le rielabora costruendone una versione personale.
A questa teoria, Papert aggiunge il concetto di set da costruzioni. Ogni costruzione mentale può
essere associata a parti assemblate insieme, un po’ come nei linguaggi di programmazione blocchi
di istruzioni formano i programmi.
Le costruzioni mentali funzionano quando sono accompagnate da azioni concrete, che producono
prodotti reali visibili e visualizzabili.
L’apprendimento diventa più potente quando si fa qualcosa. Il pensiero concreto ha valenza
maggiore rispetto a quello astratto.
In questo contesto, gli artefatti cognitivi sono strumenti che aiutano ad apprendere. Per imparare,
la mente ha bisogno di oggetti reali da manipolare, di cui discutere insieme, da smontare e
rimontare.
Il computer diventa uno strumento decisivo con cui ideare e costruire, in modo da facilitare
l’interazione tra la mente e la cultura circostante.
È fondamentale appropriarsi del computer e non semplicemente imparare ad usarlo. Il linguaggio
Logo fu ideato per insegnare geometria e informatica ai bambini. Ma poi è diventato anche una
teoria dell’educazione. Il linguaggio è oggi utilizzato in tante discipline diverse. Per Papert il
computer stimola la creatività e l’individualità dei bambini. Purtroppo ancora oggi è utilizzato per
risolvere esercizi ripetitivi, quindi in maniera meccanica.
Con Logo i bambini non utilizzano giochi, ma li costruiscono. Si trasformano da consumatori a
produttori. Logo è un linguaggio semplice ma potente. I bambini danno istruzioni ad una tartaruga
per farla muovere e disegnare. Gli effetti degli ordini impartiti sono immediatamente visibili.
Facendole disegnare figure geometriche, i bambini imparano la geometria ma anche le logiche di
programmazione.
Mentre la tartaruga disegna, i bambini imparano concetti come istruzioni condizionali, iterative e
addirittura ricorsive.
Il grande sviluppo di Logo ha permesso la realizzazione di prodotti commerciali, quali LEGOLogo,
che usa il linguaggio per interfacciarsi con i mattoncini della LEGO, MicroWorlds, un software per
creare giochi e simulazioni e HyperStudio, un programma per creare ipertesti.
Il segreto del successo di Logo sta nel fatto che imparare a programmare è più divertente se lo si fa
costruendo un gioco. D’altro canto, non lo si fa da soli, ma con un continuo interscambio con altri
bambini.
Anche il ruolo degli insegnanti cambia radicalmente. Trovandosi di fronte a situazioni sempre
diverse, anche loro sono costretti ad apprendere continuamente. L’insegnamento non è più in
un’unica direzione: il docente cresce professionalmente, in una realtà dinamica e propositiva.
Papert ha delle idee relative alla scuola del futuro.

 Le classi non devono essere formate secondo l’età dei bambini


 Insegnare ai bambini ad imparare da soli
 Favorire l’utilizzo del computer
 I videogiochi hanno una funzione educativa
 L’accesso ai computer a scuola elimina eventuali discriminazioni sociali
 Gli insegnanti devono imparare insieme ai loro studenti
 Incoraggiare l’uso della rete per cercare materiali
 Internet deve essere semplice ed accessibile a tutti

David Jonassen
Jonassen si muove nel costruttivismo di Papert, in cui gli strumenti informatici hanno un ruolo
fondamentale nell’apprendimento.
Tre sono le idee principali:

 La conoscenza si acquisisce con processi costruttivi


 Essa è facilitata dalla collaborazione
 Viene determinata dal contesto
Jonassen opera nell’ambito del disegno di ambienti di apprendimento costruttivi, dell’uso di
tecnologie per l’apprendimento e del problem solving.
Ma le tecnologie sono strumenti per trasportare contenuti. Utilizzate così non bastano. Esse
devono costringere a pensare, a fare, in modo da poter allenare le proprie abilità.
Non si impara dalla tecnologia e nemmeno dall’insegnante. Si impara pensando. L’apprendimento
è il risultato del pensiero.
Se usate male, le tecnologie possono condurre alla conoscenza inerte. Da evitare la
semplificazione di concetti complessi, che impedisce di coglierne l’essenza, che porta a
rappresentazioni puerili dei fenomeni.
L’apprendimento deve diventare significativo, in modo che porti alla soluzione di problemi, cioè al
cosiddetto problem solving. Questo perché nella vita reale ci troviamo continuamente di fronte a
problemi da risolvere.
Le persone devono quindi apprendere con le tecnologie e non dalle tecnologie. Le tecnologie,
come gli insegnati, devono essere solo dei mediatori o facilitatori dell’apprendimento.
Le tecnologie vanno utilizzate come strumenti cognitivi, cioè cognitive tools. Sono strumenti di
questo tipo i database, i fogli di calcolo, le videoconferenze, le presentazioni. Tutti strumenti
semplici, ma che aiutano a sviluppare le proprie abilità intellettive.
Soprattutto non sono strumenti utilizzati dagli insegnanti per veicolare conoscenze, ma sono usati
dagli stessi allievi in modo creativo per costruirsi conoscenze e consolidare quelle che già hanno.
In questo modo, quando gli allievi devono affrontare un problema, devono prima analizzarlo,
sviluppare modelli per rappresentarlo, trovare soluzioni. Mettono quindi alla prova la loro
conoscenza in modo nuovo e significativo.
Da sottolineare che le tecnologie non facilitano l’apprendimento, ma costringono a pensare in
modo più profondo. Sono quindi strumenti di riflessione che aiutano l’allievo a costruire la sua
realtà.
L’apprendimento mediante risoluzione di problemi viene vissuto positivamente dagli allievi.
Jonassen parla di apprendimento significativo, in inglese, meaningful learning. Gli allievi facendo
attività e risolvendo problemi danno un senso a ciò che stanno imparando. Purtroppo la scuola è
ancora conservatrice, trasmettendo spesso conoscenza di cui gli allievi non capiscono l’utilità per
loro.
Per Jonassen l’apprendimento significativo è caratterizzato da alcune qualità.

 Attivo. Rende lo studente responsabile dei suoi risultati


 Costruttivo. Equilibrio tra acquisizione e riordino delle informazioni
 Collaborativo. Si apprende insieme e col sostegno dell’insegnante
 Intenzionale. L’allievo è coinvolto attivamente negli obiettivi da raggiungere
 Conversazionale. Favorisce il dialogo tra allievi e tra allievi e insegnante
 Contestualizzato. Attività dell’apprendimento coincidono con problemi del mondo reale
 Riflessivo. L’allievo schematizza ciò che ha appreso, riflettendo su attività svolte e decisioni
prese
Continuiamo a scoprire le teorie di David Jonassen.
Secondo la sua teoria del problem solving, l’apprendimento si realizza presentando dei casi. Il caso
è una sorta di vettore didattico che presenta situazioni concrete. È una storia narrata in forma
critica.
Un caso può essere un esempio, un richiamo, un metodo di studio, un problema da risolvere, un
qualcosa di elaborato dagli allievi.
Una storia favorisce l’apprendimento più di una spiegazione.
La costruzione di significato viene generata da una dissonanza. La dissonanza è una sorta di
sequenza problema, domanda, pensiero confuso, disaccordo. Questa sequenza genera un
processo di discussione e confronto, che porta a rivedere le proprie posizioni o a far rivedere
quelle degli altri.
L’apprendimento si realizza in quello che Jonassen chiama ambiente di apprendimento. Un
ambiente di apprendimento è un luogo in cui più persone lavorano insieme e si sostengono tra
loro, utilizzando strumenti e risorse, per raggiungere insieme obiettivi e risolvere problemi.
Quando si affronta un problema, il primo elemento da considerare è il contesto, inteso come
ambito fisico, organizzativo e socio-culturale. Contesti diversi possono determinare approcci
diversi al problema.
L’attività va resa stimolante ed interessante per gli allievi. Per cui strumenti utili possono essere la
narrazione e la proiezione di video.
Il secondo elemento è la manipolazione del problema. L’allievo diventa parte attiva, prende
decisioni, produce elaborati e può vedere gli effetti dei suoi interventi. Per cui l’ambiente di
apprendimento deve fornire strumenti atti a consentire queste manipolazioni.
Altro elemento sono le risorse informative, quali riferimenti legislativi, schede, siti correlati.
Devono essere disponibili in tempo reale, nel momento in cui l’allievo ne ha bisogno. IN questo
Internet è una risorsa estremamente potente.
Gli strumenti cognitivi sono mezzi di ausilio alla manipolazione. Possono essere strumenti di
presentazione, organizzazione, riproduzione audio e video e così via.
Gli strumenti di discussione e collaborazione aiutano a costruire conoscenza condivisa. Possono
essere forum di discussione o la classe virtuale, ad esempio.
Nell’ambiente di apprendimento l’allievo trova tre direttrici di supporto.
Il modelling è il supporto fornito da un esperto, ad esempio in un forum tematico.
Il coaching consente di disporre di una figura che guida, rassicura e motiva l’allievo.
Lo scaffolding permette di tarare il grado di difficoltà dell’apprendimento sulle singole esigenze
degli allievi, più vicino alle loro caratteristiche e condizioni.
All’unanimità Jonassen è ritenuto uno degli esponenti più autorevoli in campo didattico,
nell’apprendimento e nel problem solving.

Benjamin Bloom
Bloom propose la tassonomia degli obiettivi educativi, cioè una loro classificazione. Essa prese
spunto dall’esperienza degli insegnanti e dai loro criteri di valutazione degli obiettivi raggiunti dagli
allievi e dei loro percorsi di apprendimento.
Le modalità di apprendimento vengono divise in tre aree: dominio cognitivo, dominio affettivo e
dominio psicomotorio. All’interno di ogni area vengono elencati i relativi obiettivi educativi.
Il dominio cognitivo è quello delle attività intellettuali e logiche della persona. Gli obiettivi
educativi sono:
a. Conoscenza
b. Comprensione
c. Applicazione
d. Analisi
e. Sintesi
f. Valutazione
Il dominio affettivo è legato all’ambito emotivo e ai valori della persona. Gli obiettivi educativi
sono:
a. Ricettività
b. Risposta
c. Valutazione
d. Organizzazione
e. Caratterizzazione
Il dominio psicomotorio si riferisce alle capacità psicomotorie della persona. Gli obiettivi educativi
sono:
a. Movimenti riflessi – risposte ad uno stimolo senza volontà cosciente
b. Movimenti fondamentali di base – strutture motorie innate
c. Abilità percettive – interpretazione degli stimoli e adattamento all’ambiente
d. Qualità fisiche – caratteristiche funzionali organiche
e. Movimenti di padronanza e competenza
f. Comunicazione non-verbale
Questa classificazione assume particolare importanza nella valutazione dei risultati degli interventi
formativi, ma aiuta anche nell’impostazione delle metodologie didattiche a seconda delle aree di
apprendimento.
Individuati i metodi didattici più opportuni in relazione agli obiettivi da raggiungere, questi
influenzano la valutazione dei risultati, che ne risulta facilitata grazie alla chiara schematizzazione
e definizione.
In generale, possiamo dire che la conoscenza del mondo deriva dall'esperienza che fa la persona.
Crescendo ed estendendosi l’esperienza, nella mente di una persona si forma un’approssimazione
sempre migliore della realtà. Si può dire allora che la conoscenza esiste di per sé. L’apprendimento
è allora il trasportare conoscenza dall’ambiente alla mente dell’allievo.

Confronto tra le tre teorie


Vogliamo ora mettere a confronto le caratteristiche salienti delle tre teorie esposte, quella
comportamentista, quella cognitivista e quella costruttivista.
Iniziamo da un’estrema sintesi delle tre teorie.
Per i comportamentisti gli obiettivi di apprendimento sono indipendenti dagli allievi. Basta
stabilire dei rinforzi, validi per tutti. Solo il tipo di rinforzo può cambiare da allievo ad allievo.
Per i cognitivisti la conoscenza è nell’ambiente e va trasportata negli allievi. Strumenti come il
computer servono a indirizzare la conoscenza verso gli allievi, che devono solo incamerarla.
Per i costruttivisti la conoscenza devono costruirla gli allievi, che devono aggiungere un senso alle
loro esperienze. Essi non sono dei contenitori da riempire, ma individui alla ricerca di significati.
Essendo costruzione personale, non è detto che la conoscenza debba coincidere col mondo reale.
Le tre teorie hanno, ovviamente, dei punti di forza ma anche dei limiti, che schematizziamo di
seguito. Questa schematizzazione è dovuta a Schuman, che l’ha elaborata nel 1996.
Comportamentismo
Punto di forza
Se l’allievo si focalizza su un preciso obiettivo, il suo comportamento reagisce in automatico, e si
adatta al raggiungimento di quell’obiettivo.
Limite
Un allievo può dover dare delle risposte, ma gli stimoli mentali che hanno gestito finora possono
essere assenti o non compresi
Cognitivismo
Punto di forza
Se tutti gli allievi devono fare qualcosa nello stesso modo, il loro modo di pensare e il loro
comportamento saranno simili a quelli degli altri.
Limite
Se un allievo prova ad imparare un nuovo modo di risolvere un problema, la sua soluzione
potrebbe non essere ottimale.
Costruttivismo
Punto di forza
Gli allievi possono costruire realtà differenti, per cui sono più capaci di entrare in contatto con
situazioni reali. Possono altresì fronteggiare problemi complessi, anche se strutturati male.
Limite
Nelle situazioni obbligatorie di conformismo, come nel mondo militare, pensieri e azioni diverse
possono creare difficoltà.

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