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Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

CAP 1. LE PROFONDE IMPLICAZIONI DELLE TEORIE DELL’APPRENDIMENTO


NEL CONTESTO DELLA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

L'apprendimento, definito come l'acquisizione di nuove conoscenze, abilità o comportamenti, è al centro


dell'educazione. Sono emerse varie teorie dell'apprendimento nel corso degli anni, e la maggior parte di
esse può essere raggruppata in tre principali correnti: il comportamentismo, il cognitivismo e il
costruttivismo. Queste correnti offrono diverse lenti attraverso cui esaminare e comprendere il processo di
apprendimento.

Il COMPORTAMENTISMO: Questa teoria, sviluppatasi principalmente negli Stati Uniti e spesso riferita come
behaviourismo, sostiene che l'apprendimento è fondamentalmente un processo di associazione tra stimoli
e risposte. In questo modello, gli stimoli provengono dall'ambiente esterno e provocano determinate
risposte o comportamenti nell'individuo. Un aspetto distintivo del comportamentismo è che non cerca di
analizzare o spiegare ciò che avviene all'interno della mente tra la presentazione dello stimolo e la
manifestazione della risposta, questo spesso viene descritto come una "scatola nera" o "black box".
Piuttosto, il focus è sull'osservazione e l'analisi delle relazioni tra stimoli esterni e comportamenti manifesti.

Ivan Pavlov (1849-1936): Questo scienziato russo è noto per i suoi esperimenti sui cani, attraverso i quali ha
introdotto il concetto di riflessi condizionati. Ha distinto tra stimoli e risposte incondizionati (come la
salivazione di un cane in risposta al cibo, che è un comportamento innato) e stimoli e risposte condizionati
(come la salivazione del cane in risposta al suono di una campanella, che è un comportamento appreso).

John Watson (1878-1958): Spesso riconosciuto come il fondatore del comportamentismo, Watson ha
sostenuto che gli individui sono essenzialmente passivi e reagiscono agli stimoli esterni. Ha proposto che ci
sono due tipi di connessioni: quelle innate ed ereditarie e quelle apprese attraverso il condizionamento.
Watson ha inoltre identificato la legge della frequenza, che sostiene che più spesso una risposta segue uno
stimolo, più probabile è che tale risposta si verifichi nuovamente in futuro, e la legge della recenza, che
suggerisce che le risposte più recenti sono più probabili di ricorrere.

Edward Thorndike (1874-1949): È noto per la sua ricerca sul comportamento animale e la teoria
dell'apprendimento attraverso tentativi ed errori. Ha postulato che gli animali (e gli esseri umani)
apprendono attraverso una serie di tentativi, eliminando le risposte errate e adottando quelle che portano
a risultati positivi. Ha introdotto l'importanza dei rinforzi nell'apprendimento, sostenendo che una risposta
seguita da una ricompensa positiva è più probabile che venga ripetuta in futuro.

Burrhus Skinner (1904-1990): Skinner ha ampliato e raffinato le idee del comportamentismo. Ha distinto
tra il comportamento rispondente, che è passivo e reagisce agli stimoli esterni, e il comportamento
operante, che è attivo e mira a ottenere rinforzi. Ha introdotto la "Skinner box", un dispositivo utilizzato per
studiare l'apprendimento negli animali, e ha sviluppato il concetto di shaping, o modellamento, attraverso il
quale un comportamento può essere gradualmente formato o modificato attraverso rinforzi selettivi.
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Il COGNITIVISMO è una prospettiva psicologica che ha avuto origine durante la metà del XX secolo. Questo
movimento, almeno inizialmente, si è sviluppato in parallelo agli studi comportamentisti. Tuttavia, col
tempo, si è distinto da essi, poiché ha iniziato a porre una maggiore enfasi sulla comprensione dei processi
mentali interni, considerando questi ultimi fondamentali per spiegare il comportamento umano. Mentre il
comportamentismo tende a concentrarsi su osservazioni esterne e misurabili del comportamento, il
cognitivismo sottolinea l'importanza delle strutture e dei processi mentali interni. Questo approccio ha
portato alla nascita di un'ampia varietà di teorie, tutte accomunate dall'interesse verso lo studio della
mente e dei suoi intricati processi. In particolare, gli studiosi cognitivisti sono convinti che solo esaminando
questi processi sia possibile comprendere appieno attività cognitive complesse come il linguaggio, la
memoria, la percezione e il ragionamento.

Una delle correnti principali all'interno del cognitivismo è la Psicologia della Gestalt. Questa corrente
sottolinea la distinzione tra la sensazione, cioè ciò che percepiamo attraverso i nostri organi sensoriali
(come occhi e orecchie) che trasformano gli stimoli esterni in segnali elettrici inviati al Sistema Nervoso
Centrale (SNC), e la percezione, ovvero come il nostro cervello interpreta e organizza queste sensazioni,
permettendoci di interagire efficacemente con l'ambiente circostante. La psicologia della Gestalt ha radici
storiche che risalgono all'empirismo, un movimento filosofico originatosi in Inghilterra nel 600 con
pensatori come John Locke, che riteneva che la conoscenza derivasse principalmente dall'esperienza
sensoriale. Da questo contesto filosofico emerge anche l'associazionismo, una teoria secondo la quale la
conoscenza si forma attraverso l'associazione di sensazioni diverse, convergendo nella formazione di
un'immagine mentale dell'oggetto percepito.

Tuttavia, la psicologia della Gestalt, nata in Germania all'inizio del XX secolo, si poneva in contrasto sia con
l'empirismo che con il comportamentismo. A differenza dell'empirismo, che enfatizza la somma delle
esperienze individuali, la Gestalt sostiene che la rappresentazione mentale delle sensazioni dovrebbe
essere vista come un'entità olistica e integrata, non semplicemente riducibile alla somma delle sue parti.
Questa visione contesta anche l'approccio comportamentista all'apprendimento, proponendo che
l'apprendimento non avvenga semplicemente attraverso tentativi ed errori, ma piuttosto come un processo
intuitivo e globale. Per la Gestalt, la comprensione del comportamento e dell'apprendimento richiede
un'analisi approfondita dei processi cognitivi che vi stanno dietro, piuttosto che limitarsi all'osservazione
del comportamento esterno.

Principali Figure della Psicologia della Gestalt:

 Wolfgang Kohler (1887 – 1967): Wolfgang Kohler è noto per i suoi esperimenti con gli scimpanzé,
illustrati in particolare nel suo libro "The Mentality of Apes" del 1925. Durante questi esperimenti,
Kohler osservò che, inizialmente, gli scimpanzé tentavano di ottenere del cibo attraverso un
approccio di tentativi ed errori. Tuttavia, ad un certo punto, uno degli scimpanzé ebbe una sorta di
"illuminazione" o intuizione (ciò che Kohler definì "insight"). L'animale improvvisamente riconobbe
un nuovo uso per gli oggetti intorno a lui, ad esempio utilizzando cassette come gradini per
raggiungere una banana. Questo comportamento rivelava due aspetti fondamentali: primo, lo
scimpanzé assegnava un nuovo significato agli oggetti, vedendoli in una luce completamente nuova
e, secondo, aveva una visione olistica della situazione, comprendendo come gli elementi potessero
collaborare per risolvere il problema. Kohler credeva fermamente che molti processi psicologici
fossero holisticamente connessi e non potessero essere pienamente compresi se analizzati
solamente attraverso le loro componenti isolate.
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 Max Wertheimer (1880 – 1943): Max Wertheimer è spesso descritto come il fulcro della psicologia
della Gestalt. Ha particolarmente brillato nei suoi studi sul movimento stroboscopico, evidenziato
dal fenomeno Phi. Nel suo esperimento del 1912, "Experimental Studies on the Perception of
Movement", Wertheimer mostrò che, quando due luci separate da una piccola distanza vengono
proiettate in rapida successione, gli osservatori percepiscono una singola luce in movimento
piuttosto che due luci distinte. Questa percezione, secondo Wertheimer, non era possibile senza la
naturale tendenza umana di percepire gli eventi come interi coerenti, piuttosto che focalizzarsi sui
dettagli singoli. In altre parole, la nostra percezione era guidata dal tutto e non semplicemente
dalla somma delle parti. Wertheimer credeva anche nella differenza tra "pensiero riproduttivo" e
"pensiero produttivo". Durante il suo lavoro come ispettore scolastico, notò che l'istruzione
tendeva a enfatizzare la ripetizione e l'applicazione meccanica delle conoscenze preesistenti. Egli
sottolineò l'importanza di stimolare gli studenti ad affrontare nuovi problemi, incoraggiando un
tipo di pensiero che fosse più innovativo e intuitivo, piuttosto che semplicemente ripetitivo.

Questi due esponenti della psicologia della Gestalt hanno profondamente influenzato il modo in cui
vediamo la mente e la percezione, sottolineando l'importanza delle strutture globali e dei processi di
pensiero innovativi nella nostra comprensione del mondo.

Il modello HIP (Human Information Processing) rappresenta una visione avanzata e dinamica della
psicologia che analizza la mente umana in maniera analoga al funzionamento di un computer. Questa
teoria sostiene che la mente funziona in maniera strutturata, processando le informazioni passo dopo
passo, proprio come un computer tratta dati ed esegue comandi.

Così come un computer riceve dati, li elabora e produce risultati, anche la mente umana segue un flusso
simile: riceve input dall'esterno, li elabora attraverso varie fasi cognitive e produce risultati o azioni che
interagiscono con l'ambiente circostante. Alcune di queste informazioni vengono processate
automaticamente, mentre altre richiedono una riflessione consapevole.

Il Modello multi-magazzino descrive dettagliatamente come la mente organizza e gestisce le informazioni:

1. MS (Memoria Sensoriale): Funziona come un sensore, raccogliendo informazioni dall'ambiente


circostante e registrandole per un brevissimo periodo. In questa fase iniziale, i dati subiscono una
prima selezione ed elaborazione, determinando quali stimoli sono rilevanti. Ciascun registro
sensoriale è specializzato per una specifica modalità percettiva, come la vista o l'udito.

2. MBT (Memoria a Breve Termine o Memoria di Lavoro): Qui, le informazioni ricevute dalla
memoria sensoriale vengono elaborate e combinate con le esperienze passate, contribuendo alla
formazione della nostra consapevolezza immediata. Essendo un "magazzino" temporaneo, ha una
capacità limitata e trattiene le informazioni per un breve lasso di tempo. Durante questo intervallo,
avvengono vari processi come la codifica (trasformando dati in un formato comprensibile), il
consolidamento (preparando le informazioni per essere conservate a lungo termine),
l'immagazzinamento e il recupero.

3. MLT (Memoria a Lungo Termine): È il grande archivio della mente, dove le informazioni sono
conservate indefinitamente. Questa memoria è suddivisa in diverse categorie. La memoria esplicita
o dichiarativa comprende fatti e eventi di cui siamo pienamente consapevoli, come i ricordi
personali (memoria episodica) o le informazioni generali come i fatti (memoria semantica). Al
contrario, la memoria implicita o procedurale rappresenta le abilità e le procedure che eseguiamo
automaticamente, come guidare una bicicletta o leggere, spesso senza riflettere consapevolmente
su come le abbiamo apprese.
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In definitiva, il modello HIP offre una panoramica strutturata su come la mente umana riceve, elabora e
conserva le informazioni, riflettendo la complessità e l'efficienza dei nostri processi cognitivi.

Il Metacognitivismo emerge come una svolta rivoluzionaria negli anni '70 nell'ambito della ricerca
psicologica e pedagogica. Questa corrente si propone non solo di analizzare i processi cognitivi di base di un
individuo, come la memoria o l'attenzione, ma va oltre, esaminando la capacità di un individuo di riflettere
sulla propria cognizione. In pratica, il metacognitivismo si concentra su come le persone pensano al proprio
pensiero, permettendo loro di diventare apprendenti più autoregolati e consapevoli.

L'attività metacognitiva può essere vista come una sorta di "guida interna" che accompagna il processo
cognitivo, aiutando l'individuo a navigare nel mare della conoscenza in modo più efficace e intenzionale.
Ecco come si sviluppa:

1. Metacomprensione: È la fase iniziale in cui l'apprendente cerca di comprendere appieno la natura


del compito che gli è stato assegnato. Si chiede: "Cosa mi viene chiesto di fare? Ci sono parti del
compito che non comprendo? Ho bisogno di ulteriori informazioni per procedere?". Questa fase
pone le basi per un apprendimento efficace, identificando eventuali ostacoli o aree di incertezza.

2. Metamemoria: Una volta compreso il compito, l'individuo inizia a riflettere sulle migliori strategie
per affrontarlo. Questa fase implica la comprensione di fattori che possono influenzare la
memorizzazione e l'apprendimento, come le proprie capacità, la natura del materiale da
apprendere e la specificità del compito.

3. Gestione del Tempo: Un aspetto fondamentale del metacognitivismo è la capacità di distribuire e


gestire il tempo in modo efficace. L'apprendente decide quanto tempo dedicare a ciascuna parte
del compito, tenendo conto della sua complessità e delle proprie capacità.

4. Monitoraggio e Controllo: Durante l'esecuzione del compito, l'individuo si impegna in un processo


continuo di autovalutazione. Si pone domande come: "Sto seguendo la strategia giusta? Devo
apportare modifiche al mio approccio?". Questa fase è essenziale per assicurarsi che
l'apprendimento avvenga in modo fluido e senza intoppi.

5. Valutazione del Risultato: Una volta completato il compito, l'apprendente riflette sui risultati
ottenuti. Questa auto-riflessione consente di riconoscere successi e aree di miglioramento,
fornendo preziosi feedback per futuri compiti.

In sintesi, il metacognitivismo enfatizza l'importanza della riflessione e dell'autoconsapevolezza


nell'apprendimento, sottolineando che l'apprendimento non è solo una questione di acquisizione di nuove
informazioni, ma anche di comprensione e ottimizzazione del processo attraverso il quale queste
informazioni vengono acquisite.

Il costruttivismo può essere considerato una sorta di sintesi evolutiva tra cognitivismo e
comportamentismo. Questa corrente teorica pone l'accento sul ruolo attivo dell'individuo nel costruire e
modellare la propria comprensione del mondo attraverso l'interazione con l'ambiente circostante.
Piuttosto che essere meri recipienti passivi di informazioni, gli individui sono visti come agenti attivi nel
processo di apprendimento, utilizzando strutture cognitive preesistenti per interpretare e dare significato
alle nuove informazioni.

Il costruttivismo rappresenta un'intersezione tra le visioni filosofiche del realismo e del nominalismo.
Mentre il realismo sostiene l'esistenza di una realtà esterna oggettiva, il nominalismo suggerisce che la
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nostra comprensione di questa realtà è fortemente influenzata, se non determinata, dai nostri processi
cognitivi e linguistici. In questo contesto, Raskin ha proposto diverse sfumature del costruttivismo:

1. Realismo Limitato/Critico: Anche se esiste una realtà esterna obiettiva, la nostra capacità di
comprenderla è intrinsecamente limitata dalla natura soggettiva della percezione umana. La realtà
può essere conosciuta, ma solo in modo approssimativo e parziale.

2. Costruttivismo Epistemologico (Prima Tipologia): Sebbene esista una realtà esterna indipendente
dall'osservatore, non può essere conosciuta direttamente. La comprensione emerge attraverso un
processo attivo di costruzione e interpretazione.

3. Costruttivismo Epistemologico (Seconda Tipologia): Va oltre suggerendo che non esiste una realtà
esterna obiettiva separata dall'osservatore. In questo contesto, la conoscenza è vista come il
risultato dell'interazione linguistica e sociale. Il linguaggio in particolare non ha un significato
universale, ma è piuttosto relativo a chi lo utilizza e al contesto in cui viene usato.

Gli studi e i contributi di eminenti esponenti del costruttivismo, come Kelly, von Glaserfeld e Maturana,
hanno avuto un impatto significativo sulla cibernetica, una disciplina che esplora i meccanismi di
autoregolazione e controllo sia nei sistemi naturali che in quelli artificiali. Questo campo introduce concetti
come l'omeostato, che descrive un sistema in grado di auto-organizzarsi e di distinguersi dall'ambiente
circostante, e il feedback, una risposta a uno stimolo che può rafforzare (feedback positivo) o stabilizzare
(feedback negativo) un comportamento o un processo all'interno del sistema.

George Kelly (1905-1967): La Teoria dei Costrutti Personali George Kelly è meglio conosciuto per la sua
"Psicologia dei Costrutti Personali". Secondo Kelly, la conoscenza non è un'entità oggettiva e immutabile,
ma piuttosto una costruzione della realtà che riflette le percezioni e le comprensioni individuali. Egli vedeva
l'individuo come uno scienziato, formulando e testando continuamente le proprie ipotesi sulla realtà.
Questo approccio, noto come "alternativismo costruttivo", suggerisce che ogni individuo è aperto all'idea
che esistano altre interpretazioni o versioni della realtà oltre alla propria.

Il cuore della teoria di Kelly è l'idea che gli individui anticipano gli eventi basandosi su costrutti, le
interpretazioni o categorie attraverso le quali vedono il mondo. Ha formulato undici corollari principali, tra
cui:

1. Costruzione: le persone cercano di trovare regolarità negli eventi per dare un senso al mondo.

2. Individualità: ogni individuo ha interpretazioni uniche degli eventi.

3. Organizzazione: i costrutti sono interconnessi in modelli gerarchici.

4. Dicotomia: i costrutti sono spesso bipolari, derivando significato dal contrasto.

5. Scelta: si inclinano verso le opzioni che sono viste come estendendo o elaborando il loro sistema di
costrutti.

6. Esperienza: i costrutti possono cambiare con nuove esperienze.

7. Modulazione: la permeabilità di un costrutto determina come può cambiare o adattarsi.

Ernst von Glasersfeld (1917-2010): Costruttivismo Radicale Von Glasersfeld ha ampliato l'epistemologia
genetica di Piaget, sviluppando la teoria del "costruttivismo radicale". Ha sottolineato l'interazione tra
l'individuo e l'ambiente attraverso schemi e strutture cognitive evolutive. L'assimilazione è il processo di
prendere nuove informazioni e adattarle alle strutture esistenti, mentre l'accomodamento riguarda la
modifica delle strutture esistenti quando non sono più adeguate.

Il costruttivismo radicale di von Glasersfeld si basa su tre principi fondamentali:


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1. La conoscenza è attivamente costruita, non passivamente ricevuta.

2. La cognizione ha una funzione adattiva, aiutando gli individui a navigare il loro ambiente.

3. L'adattamento mira alla "praticabilità", o la capacità di una conoscenza di essere applicabile nella
realtà esterna.

Tuttavia, von Glasersfeld era anche critico riguardo alle possibili implicazioni estreme del suo pensiero. Ha
riconosciuto il rischio di solipsismo, ovvero l'idea che solo la mente del soggetto esiste. In risposta, ha
sottolineato l'importanza della "praticabilità", suggerendo che mentre la realtà può essere costruita, deve
ancora essere radicata in esperienze concrete.
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CAP 2. PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

Jean Piaget (1896-1980) è una figura centrale nella teoria cognitiva, e molte delle sue idee hanno gettato le
basi per le teorie dell'apprendimento successive, come quella del costruttivismo. Basando la sua teoria sulla
filosofia di Immanuel Kant, Piaget ha sottolineato l'importanza delle categorie mentali nell'organizzazione
delle informazioni provenienti dall'esperienza. Ma a differenza di Kant, Piaget credeva che questi schemi
mentali fossero dinamici e in costante evoluzione, influenzati dall'interazione continua tra individuo e
ambiente.

Questa idea della relazione tra biologia e teoria della conoscenza è uno degli aspetti chiave del pensiero di
Piaget. Secondo lui, la conoscenza si evolve attraverso vari stadi, che vanno dal semplice al complesso,
seguendo l'evoluzione della vita biologica. Ha coniato il termine "trasformazione" per descrivere
l'interazione attiva tra l'individuo e l'ambiente. Queste azioni possono essere sia fisiche (reali) che mentali
(interiorizzate), e contengono sia dimensioni cognitive che affettive/relazionali.

Piaget ha identificato alcune costanti, chiamate "invarianti funzionali", che guidano tutte le azioni umane e
che rimangono stabili durante tutta la vita di un individuo. Questi sono: il Principio di organizzazione, che
suggerisce che tutte le strutture dell'organismo tendono ad armonizzarsi tra loro, e il Principio di
adattamento, che descrive l'interazione dinamica e continua tra l'individuo e l'ambiente. L'adattamento,
secondo Piaget, avviene attraverso due meccanismi principali: l'assimilazione, in cui le nuove informazioni
vengono integrate nelle strutture preesistenti, e l'accomodamento, dove le strutture esistenti devono
essere modificate per far posto a nuove informazioni. La perfetta sinergia tra questi due processi porta a
quello che Piaget chiama "comportamento intelligente", ovvero la capacità di un individuo di adattarsi con
successo al suo ambiente.

Contrapposte agli invarianti, ci sono le "strutture variabili". Inizialmente, il neonato possiede semplici
schemi d'azione, che comprendono sensazioni, percezioni e movimenti, come i riflessi. Ma con il tempo,
queste strutture si fondono e si trasformano in schemi mentali più complessi. Questi, a loro volta, evolvono
e si arricchiscono fino a diventare complesse strutture mentali che influenzano profondamente il pensiero e
il comportamento dell'individuo.

Gli stadi evolutivi dell'uomo, come teorizzati da Jean Piaget, rappresentano un viaggio attraverso il
progresso cognitivo, dalla nascita all'adolescenza. Questi stadi sono costellati da momenti di equilibrio
cognitivo, interrotti da squilibri che spronano il soggetto a nuovi livelli di comprensione. Questi squilibri
sono spesso il risultato della crescita biologica e dell'evoluzione delle strutture mentali, che a loro volta
introducono nuove sfide e bisogni cognitivi.

1. Stadio senso-motorio (0-2 anni): Questo stadio è suddiviso in sei fasi, che tracciano l'evoluzione
delle prime interazioni del bambino con il mondo. Inizia con semplici riflessi innati, come la suzione,
e progredisce attraverso varie fasi di "reazioni circolari", dove il bambino scopre il piacere di
ripetere azioni che producono effetti piacevoli. Durante questo stadio, emerge la consapevolezza
dell'esistenza persistente degli oggetti e la capacità di formare rappresentazioni mentali, come
immaginare azioni prima di eseguirle o ricordare azioni passate.

2. Stadio preoperatorio (2-7 anni): Questo stadio rappresenta una fase cruciale nello sviluppo
cognitivo. Mentre il bambino inizia a utilizzare simboli e linguaggio, la sua capacità di pensare
logicamente è ancora limitata. Il pensiero è spesso egocentrico; ad esempio, il bambino potrebbe
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credere che il sole si muova seguendolo. Tuttavia, progressivamente sviluppa la capacità di


relazionare due concetti, come l'identità di un oggetto e la sua funzione.

3. Stadio delle operazioni concrete (7-12 anni): Qui, il bambino sviluppa la capacità di pensare
logicamente su eventi concreti e può categorizzare, seriare e operare con oggetti in modi più
avanzati. La capacità di pensare reversibilmente emerge, permettendo al bambino di capire che le
azioni possono essere invertite. Ad esempio, se si versa l'acqua da un bicchiere largo e basso in uno
stretto e alto, la quantità di acqua rimane la stessa.

4. Stadio delle operazioni formali (12-16 anni): Durante questo stadio, l'adolescente inizia a ragionare
astrattamente e a pensare in termini ipotetici. Può immaginare situazioni al di fuori della sua
esperienza diretta e ragionare su concetti astratti come la giustizia, l'amore o la libertà. Questa
capacità di pensare in termini astratti e di combinare informazioni in nuovi modi rappresenta il
culmine dello sviluppo cognitivo secondo Piaget.

In sintesi, la teoria degli stadi di Piaget descrive il modo in cui i bambini costruiscono attivamente la loro
comprensione del mondo attraverso l'interazione con esso. Ogni stadio è un gradino verso una maggiore
capacità di comprendere e interagire con la realtà circostante. La teoria sottolinea l'importanza
dell'esperienza diretta e dell'interazione nell'apprendimento e nello sviluppo cognitivo.

Lev Semenovic Vygotskij (1896-1934) rappresenta una figura emblematica nella psicologia dello sviluppo,
essendo il principale esponente del cognitivismo storico-culturale. Questa corrente di pensiero enfatizza
l'idea che lo sviluppo delle capacità mentali non è un prodotto esclusivo della biologia, ma è
profondamente influenzato dall'ambiente storico, sociale e culturale in cui un individuo cresce.

In opere fondamentali come "Il processo cognitivo" e "Pensiero e linguaggio", Vygotskij si concentra
sull'importanza del linguaggio come veicolo centrale per lo sviluppo cognitivo. Ecco alcune delle sue
osservazioni fondamentali:

1. Linguaggio come esternalizzazione del pensiero interno: Vygotskij, prendendo spunto dagli
esperimenti di Kohler sull'insight, sostiene che i bambini, prima di sviluppare pienamente il
linguaggio, lo utilizzano in maniera simile agli animali. Ma, con la maturazione, i bambini iniziano a
parlare mentre eseguono compiti, collegando parole ai loro gesti. Questo, che Piaget chiamava
"linguaggio egocentrico", per Vygotskij rappresenta l'emersione del pensiero interno in forma
verbale.

2. Linguaggio come strumento di auto-stimolazione e auto-regolazione: Diversamente da altri


animali, come le scimmie, i bambini utilizzano il linguaggio come uno strumento chiave nella
risoluzione dei problemi. Attraverso il linguaggio, i bambini amplificano i loro stimoli e acquisiscono
una maggiore capacità di riflessione. Infatti, con il linguaggio, possono non solo interagire con
l'ambiente esterno ma anche controllare e regolare il proprio comportamento.

3. Il ruolo del linguaggio sociale: Vygotskij ha notato che il linguaggio è fondamentale per i bambini
quando cercano aiuto. Non si tratta di una richiesta generica di assistenza, ma piuttosto di una
comunicazione strategica su come affrontare un problema. Ciò dimostra la stretta interconnessione
tra linguaggio egocentrico e sociale.

L'"esperimento dei tasti", che coinvolge percezione visiva, memoria e abilità motorie, è particolarmente
significativo. Vygotskij ha dimostrato che con l'introduzione di simboli, il processo decisionale diventa più
metodico e meno casuale. Questo enfatizza la distinzione tra le funzioni psichiche base, comuni anche agli
animali, e le funzioni superiori dell'uomo, che sono plasmate dal linguaggio e dalla cultura.
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Vygotskij ha anche sottolineato l'importanza della "zona di sviluppo prossimale" nell'apprendimento.


Questo concetto suggerisce che ci sono determinate aree dello sviluppo in cui un individuo può progredire
con l'adeguata guida o interazione sociale. Questo rende Vygotskij un pioniere nell'idea del "tutoraggio tra
pari", sottolineando come la collaborazione possa stimolare sia il tutor che l'allievo in maniera reciproca e
costruttiva.

Jerome S. Bruner (1915-2016) è una figura di spicco nel panorama della psicologia cognitiva e della
pedagogia, grazie ai suoi contributi fondamentali e pionieristici. Alcune delle sue opere più influenti
includono "A study of Thinking", "The process of Education" e "Toward a Theory of Instruction", in cui
analizza e sviluppa concetti chiave per la comprensione dell'apprendimento e dello sviluppo cognitivo.

La teoria dello sviluppo cognitivo di Bruner si erge come un ponte tra le idee di due giganti del pensiero
psicologico: Piaget e Vygotskij. Bruner ha cercato di integrare le migliori parti delle teorie di entrambi questi
autori. Da Piaget, ha assimilato l'approccio scientifico e rigoroso alla ricerca psicologica, così come l'idea
fondamentale di schema o struttura come fulcro della conoscenza. Mentre da Vygotskij, Bruner ha tratto
ispirazione sulla centralità dei fattori storici, sociali e culturali nell'influenzare lo sviluppo cognitivo di un
individuo.

Un concetto chiave nell'opera di Bruner è quello di "rappresentazione", inteso come un mezzo o un sistema
attraverso il quale elaboriamo e codifichiamo le informazioni provenienti dal nostro ambiente. Seguendo
questo ragionamento, Bruner ha identificato tre modalità principali di rappresentazione:

1. Esecutiva: È la modalità primaria e emerge nel primo anno di vita di un individuo. Questa forma di
rappresentazione è paragonabile agli schemi di azione di Piaget. In sostanza, si tratta di come un
bambino comprende gli oggetti in termini delle azioni che può compiere con essi. Queste
rappresentazioni persistono nella vita e sono spesso difficili da esprimere con le parole, poiché
sono radicate nelle esperienze dirette e concrete.

2. Iconica: Questa modalità emerge nel secondo anno di vita e si manifesta attraverso immagini
mentali. A differenza della rappresentazione esecutiva, la modalità iconica permette una
separazione dalla realtà concreta. In altre parole, attraverso immagini mentali, un individuo può
evocare la rappresentazione di un oggetto anche in sua assenza, rendendo possibile la riflessione e
l'elaborazione mentale.

3. Simbolica: Questa è la forma di rappresentazione più avanzata e si basa su linguaggio, simboli e


segni. Le rappresentazioni simboliche non necessitano di una somiglianza diretta con la realtà che
rappresentano, permettendo un alto grado di astrazione e generalizzazione.

Bruner ha enfatizzato come queste forme di rappresentazione non siano mutualmente esclusive, ma
piuttosto possano interagire e combinarsi in vari modi, permettendo agli individui di formulare
rappresentazioni sempre più complesse e astratte man mano che si sviluppano cognitivamente.

Sigmund Freud (1856-1939) è universalmente riconosciuto come il padre della psicoanalisi, una disciplina
che ha rivoluzionato il modo in cui comprendiamo la mente umana. La sua opera ha lasciato un'impronta
indelebile nella storia della psicologia, fornendo strumenti concettuali che sono ancora oggetto di studio e
discussione.

Freud ha sviluppato due modelli chiave per comprendere la struttura della mente umana: il modello
topografico e il modello strutturale.

1. Modello Topografico: Questo modello divide la psiche in tre regioni principali:


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 Conscio: Parte della mente di cui siamo consapevoli e che usiamo attivamente nel pensare,
percepire e prendere decisioni.

 Preconscio: Informazioni che non sono immediatamente accessibili, ma che possono


diventare coscienti attraverso la riflessione o la concentrazione.

 Inconscio: Profondità della nostra psiche che contiene desideri, paure, ricordi e impulsi di
cui non siamo consapevoli e che spesso influenzano il nostro comportamento.

2. Modello Strutturale: Qui, Freud presenta una triade di funzioni psicologiche:

 Es: Rappresenta le pulsioni istintive e immediate. Opera secondo il principio del piacere e
cerca gratificazione immediata.

 Io: Funziona come mediatore tra le esigenze dell'Es e le restrizioni del Super-Io. È regolato
dal principio della realtà.

 Super-Io: Incarna i valori morali e le aspettative sociali, spesso in conflitto con l'Es.

Quando l'Io non riesce a bilanciare le esigenze tra Es e Super-Io, emergono diverse forme di ansia. Queste
possono essere: - Angoscia reale/oggettiva: Timore di minacce esterne tangibili. - Angoscia neurotica:
Deriva da impulsi interni non controllati e repressi. - Angoscia morale/normale: Sensazioni di colpa o
vergogna legate alla violazione dei principi morali del Super-Io.

Freud ha anche tracciato una teoria dello sviluppo psicosessuale, dove individua diversi stadi, ognuno
associato a specifiche zone erogene e dinamiche psicologiche: - Stadio orale: Fino ai 18 mesi, focalizzato su
piaceri orali. - Stadio anale: Fino ai 3 anni, concentrato sulla formazione dell'Io e sull'educazione alla
toilette. - Stadio uretrale: Breve fase intermedia. - Stadio fallico: Fino ai 6 anni, caratterizzato dal
complesso di Edipo nei maschi e di Elettra nelle femmine. - Stadio latente: Fino ai 12 anni, dove le pulsioni
sessuali sono sublimate in attività produttive e sociali. - Stadio genitale: Dall'adolescenza in poi, marcato da
un'evoluzione della sessualità e dalla formazione di relazioni mature.

Freud ha radicalmente trasformato la nostra comprensione della psiche, introducendo concetti e teorie che
hanno spesso generato dibattito, ma che continuano ad essere centrali nella psicologia contemporanea.

Ampliando e differenziandosi dagli studi di Freud, Erikson ha ideato la teoria degli stadi psicosociali che
esplora lo sviluppo della personalità e dell'identità psicologica dell'individuo. Quest'identità si sviluppa
attraverso diversi aspetti:

 Identità somatica: riguarda l'aspetto fisico e genetico.

 Identità sociale: collegata alla posizione e al ruolo dell'individuo nella società.

 Identità psicologica: rappresenta la personalità dell'individuo.

Ogni stadio di sviluppo, che è universale per ogni individuo, rappresenta una sfida specifica per l'Io. In ogni
fase, si manifesta una crisi di identità caratterizzata da due forze opposte che formano una coppia
antinomica. La risoluzione positiva di ciascuna crisi porta all'acquisizione di una virtù fondamentale. Se non
risolta, possono emergere due potenziali patologie.

1. Fiducia vs. Sfiducia: Durante questa fase, la madre è la figura chiave. Se la madre fornisce cura e
affetto costanti, il bambino sviluppa fiducia. In caso contrario, emerge la sfiducia. Una corretta
bilancia tra queste forze porta alla virtù della speranza. Se predominante, la sfiducia porta alla
rassegnazione, mentre un eccesso di fiducia può causare una dipendenza eccessiva.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

2. Autonomia vs. Vergogna/Dubbio: I familiari diventano figure centrali. Qui, il bambino sperimenta il
desiderio di autonomia. Tuttavia, se controllato eccessivamente, può sviluppare vergogna o dubbi.
La virtù chiave è la volontà. Gli estremi possono causare costrizione o impulsività.

3. Iniziativa vs. Senso di Colpa: Al di là della famiglia, i bambini ora interagiscono con i loro coetanei
all'asilo. L'iniziativa emerge quando sono motivati, mentre il senso di colpa può apparire se
ostacolati. Questo stadio porta alla virtù di avere obiettivi e scopi. L'inadeguatezza può portare
all'antisocialità o al narcisismo.

4. Industriosità vs. Senso di Inferiorità: I compagni di scuola diventano essenziali. Qui, l'impegno e la
dedizione nell'apprendimento sono bilanciati dalla percezione di inferiorità rispetto ai coetanei. La
competenza è la virtù chiave, mentre l'inerzia e la superficialità sono le possibili patologie.

5. Identità vs. Confusione: Durante l'adolescenza, c'è una ricerca attiva di identità. I giovani cercano
modelli a cui ispirarsi, affrontando diverse forze di identità. La virtù derivante è la fedeltà o
l'autocoscienza. La mancanza di definizione porta al ripudio o al fanatismo.

6. Intimità vs. Isolamento: In questa fase adulta, il focus è sull'instaurare relazioni profonde. La virtù è
l'amore o l'apertura, mentre le patologie sono l'esclusività e la promiscuità.

7. Generatività vs. Stagnazione: Durante la maturità, c'è un desiderio di contribuire alla società e alle
future generazioni. La virtù è la cura, e le patologie sono la sovraestensione e la recettività.

8. Integrità dell’Io vs. Disperazione: Nella vecchiaia, c'è una riflessione sull'intera vita. La saggezza
emerge come virtù, mentre il disprezzo e la presunzione sono i pericoli.

Questo percorso psicosociale tracciato da Erikson evidenzia come l'individuo, attraverso le diverse fasi della
vita, affronta sfide cruciali per la formazione della propria identità e personalità.

John Bowlby (1907-1990) è stato un pioniere nella comprensione dei legami affettivi tra bambini e genitori.
Partendo dagli illuminanti studi di Freud e dalle analisi etologiche, in particolar modo focalizzate sui
comportamenti dei primati, Bowlby si è anche ispirato alla teoria evolutiva di Darwin. Quest'ultima sostiene
che il comportamento adattivo ha privilegiato quegli individui con maggiore inclinazione alle risposte
istintuali. Queste risposte, infatti, sono cruciali perché spingono gli adulti a prendersi cura dei bambini e a
proteggerli, garantendo così la sopravvivenza della specie.

La teoria dell’attaccamento di Bowlby ha avuto origine con il suo rivoluzionario articolo del 1958 intitolato
"The nature of the Child’s Tie to His mother". Qui, Bowlby afferma che la connessione del bambino con la
madre è regolata da una serie di risposte istintuali primarie, innate e trasmesse geneticamente. Queste
risposte sono fondamentali per il bambino per stabilire un contatto con la madre e comprendono
comportamenti come succhiare, aggrapparsi, seguire, piangere e sorridere.

Bowlby ha ulteriormente classificato queste risposte in due categorie: le prime tre (succhiare, aggrapparsi e
seguire) che tendono ad avere successo indipendentemente dalla reazione precisa della madre, e le ultime
due (piangere e sorridere) che sono efficaci solo se la madre risponde in maniera corrispondente. Questi
due comportamenti, il sorriso e il pianto, sono definiti "social releasers" perché innescano nei genitori e in
altri adulti una serie di comportamenti di cura innati, propensi alla protezione del bambino.

Nel corso degli anni, il pensiero di Bowlby ha subito ulteriori evoluzioni, portandolo a definire quattro fasi
distintive dell'attaccamento e a individuare tre categorie principali di comportamenti associati: i
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

comportamenti di orientamento, quelli di segnalazione e quelli esecutivi. Queste azioni sono essenziali per
il bambino per navigare nella complessità delle interazioni sociali e per garantire la sua sicurezza.

Ma l'attaccamento non riguarda solo la vicinanza alla madre. Il bambino è anche guidato da un desiderio
esplorativo, una curiosità verso il mondo circostante. Questa tendenza esplorativa, tuttavia, è
controbilanciata dalla necessità di non allontanarsi troppo dalla figura materna, considerata una fonte di
sicurezza. In base a queste dinamiche, Bowlby ha ulteriormente analizzato i comportamenti di
attaccamento, identificando diverse modalità di interazione tra bambino e madre, comprendendo
comportamenti proattivi, reattivi, comportamenti esplorativi e quelli mirati ad evitare la separazione o a
cercare conforto in situazioni di stress o paura.

John Bowlby, psicologo e psicoanalista britannico, ha profondamente influenzato il campo dello sviluppo
infantile con la sua teoria dell'attaccamento. Le sue idee emergono da una fusione di concetti tratti dalla
psicoanalisi di Freud, dagli studi etologici sui primati e dalla teoria evolutiva di Darwin, che evidenziava
l'importanza dei comportamenti adattivi.

Le Fasi dell'Attaccamento L'evoluzione del legame tra bambino e madre attraversa quattro fasi
fondamentali:

1. Orientamento e Segnalazione senza Discriminazione (0-2/3 mesi): Durante questi primissimi mesi
di vita, i bambini tendono a rispondere in modo non selettivo a chiunque interagisca con loro, non
riuscendo ancora a riconoscere volti familiari.

2. Orientamento e Segnalazione con Discriminazione (3-5/6 mesi): Qui, il bambino inizia a mostrare
una predilezione per la madre, diventando maggiormente focalizzato sull'instaurazione di un
legame con lei. La madre diventa l'ancora principale, poiché il bambino è ancora troppo piccolo per
iniziare azioni attive per stabilire questo legame.

3. Mantenimento della Prossimità mediante Segnalazione ed Esecuzione (6 mesi-2 anni): In questa


fase, il bambino diventa più attivo nel cercare la vicinanza della madre, adottando comportamenti
come avvicinamento, arrampicamento ed esplorazione.

4. Formazione di una Relazione Reciproca (2 anni in poi): Il bambino ora inizia a dimostrare la
capacità di regolare il proprio comportamento per mantenere o ristabilire la vicinanza desiderata
con la madre. La reciproca responsabilità nell'attaccamento diventa più bilanciata, con il bambino
che assume un ruolo più attivo.

Approfondimento sulla Teoria Nelle opere "Attachment and Loss" (1969 e 1973), Bowlby amplia il concetto
di attaccamento, proponendolo come un sistema comportamentale sofisticato e maturo, piuttosto che una
semplice serie di comportamenti indipendenti. Evidenzia come l'esperienza quotidiana del bambino non
inizi da un foglio bianco ogni giorno, ma piuttosto sia influenzata dalle esperienze precedenti. Così facendo,
il bambino sviluppa "Internal Working Models", strutture mentali che gli permettono di interpretare,
prevedere e rispondere al suo ambiente in modo più sofisticato. Questi modelli hanno molte funzioni, dalla
rappresentazione del mondo esterno alla previsione di eventi futuri, e possono essere paragonati agli
schemi o strutture di pensiero di Piaget.

Deprivazione Materna Un altro importante contributo di Bowlby è stato il suo studio sulla deprivazione
materna. Nei suoi scritti, sottolinea come la mancanza della figura materna durante l'infanzia può avere
gravi ripercussioni sullo sviluppo emotivo, sociale e cognitivo del bambino. Questi effetti possono variare in
gravità, da ritardi nello sviluppo a gravi disturbi della personalità e del comportamento.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Concludendo, l'opera di Bowlby ha gettato le basi per una migliore comprensione della relazione madre-
bambino e dell'importanza vitale dell'attaccamento sicuro nella formazione di individui emotivamente sani.
Le sue ricerche e teorie continuano ad influenzare il campo della psicologia dello sviluppo e a fornire insight
preziosi sull'importanza delle relazioni nella nostra vita.

Mary D. S. Ainsworth, psicologa canadese-americana nata nel 1913 e scomparsa nel 1999, ha esteso e
arricchito gli studi pionieristici di Bowlby sulla teoria dell'attaccamento, fornendo al mondo una visione
pratica e tangibile di come i bambini interagiscano con i loro principali caregiver in contesti sperimentali. La
sua ricerca si è concentrata sulla "Strange Situation", una procedura sperimentale che ha gettato nuova
luce sulle dinamiche dell'attaccamento.

La "Strange Situation" è una metodologia osservazionale che esamina il comportamento del bambino in
una serie di separazioni e riunioni con la madre e un estraneo. Durante questo esperimento, Ainsworth ha
identificato tre principali comportamenti manifestati dai bambini:

1. Comportamento di Attaccamento: Questo includeva diverse reazioni come la ricerca del contatto
fisico con la madre, il mantenimento del contatto, evitare il contatto o resistere ad esso.

2. Comportamento di Ricerca: Si riferisce al modo in cui il bambino reagisce quando la madre lascia la
stanza, cercando attivamente la sua presenza.

3. Comportamento di Esplorazione: Il modo in cui i bambini interagiscono con l'ambiente circostante,


che potrebbe essere spostarsi nella stanza o giocare con i giocattoli presenti.

Basandosi sulle reazioni dei bambini durante la "Strange Situation", Ainsworth ha definito tre categorie di
attaccamento:

 Gruppo A - Attaccamento Insecure-Evitante: I bambini in questo gruppo tendono a evitare o a


mostrare indifferenza verso la madre e si mostrano relativamente a proprio agio con gli estranei.
Non mostrano segni evidenti di distacco o ansia quando la madre se ne va.

 Gruppo B - Attaccamento Sicuro: Questi bambini cercano conforto e sicurezza dalla loro madre.
Quando lei non è presente, manifestano chiaramente il loro disagio e, quando ritorna, cercano
attivamente il suo contatto. Rispetto agli estranei, possono essere socievoli o timidi.

 Gruppo C - Attaccamento Insecure-Ambivalente/Resistente: I bambini in questo gruppo mostrano


chiari segni di distacco e ansia in assenza della madre, ma possono anche dimostrarsi ambivalenti o
contraddittori nei suoi confronti al suo ritorno.

Nel 1990, Main e Salomon hanno introdotto una quarta categoria, basandosi sulle loro osservazioni nella
"Strange Situation":

 Gruppo D - Attaccamento Disorientato/Disorganizzato: Questi bambini mostrano comportamenti


incoerenti e contraddittori. Potrebbero aver sperimentato traumi o maltrattamenti, e spesso i loro
genitori hanno avuto storie di attaccamenti problematici durante la loro infanzia.

Il lavoro di Ainsworth ha fornito una chiara struttura per comprendere le sottili dinamiche
dell'attaccamento tra bambini e caregivers. Queste categorie, derivanti dalla "Strange Situation", hanno
offerto uno strumento prezioso per gli psicologi, terapeuti e ricercatori, aiutandoli a decifrare e a
rispondere meglio alle necessità emotive dei bambini.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Lawrence Kohlberg (1927-1987) ha svolto un ruolo cruciale nell'evoluzione della psicologia dello sviluppo
morale. Attingendo dalle fondamenta cognitive poste da Jean Piaget, Kohlberg ha delineato una teoria
comprensiva che mappa lo sviluppo morale degli individui attraverso vari stadi. Le sue opere, in particolare
"Moral Development: a Review of the Theory" (1977) e "Development as the Aim of Education" (1972),
rappresentano pietre miliari nel campo.

Secondo Kohlberg, lo sviluppo morale avviene attraverso trasformazioni progressive delle strutture
cognitive. Afferma che l'evoluzione morale si verifica quando c'è un cambiamento nella struttura del
pensiero di un individuo. Questo sviluppo morale, secondo Kohlberg, è universale e non limitato da
specificità culturali.

Ogni stadio del modello di Kohlberg rappresenta un sistema di pensiero organizzato e gerarchico. Questi
stadi sono:

1. Universali: Si susseguono nello stesso ordine in ogni individuo e cultura.

2. Gerarchici: Ogni stadio successivo integra e costruisce sul precedente.

Kohlberg ha utilizzato sia studi trasversali, esaminando vari soggetti di diverse fasce d'età, sia studi
longitudinali, seguendo lo stesso soggetto nel corso del tempo. Il suo strumento principale di ricerca era
l'uso di dilemmi morali, come il famoso "Dilemma di Heinz".

I Tre Livelli e Sei Stadi dello Sviluppo Morale

1. Livello Preconvenzionale (età 4-10 anni)

 Stadio 1: Orientamento verso la Punizione e l'Obedienza: Il bambino giudica le azioni


basandosi sulle potenziali punizioni.

 Stadio 2: Orientamento Strumentale-Relativistico: Le azioni vengono guidate dalla propria


utilità e dalla possibilità di ricompensa.

2. Livello Convenzionale (adolescenti e adulti)

 Stadio 3: Orientamento verso la Concordia Generale e l'Approvazione degli Altri: L'individuo


cerca l'approvazione sociale.

 Stadio 4: Orientamento verso l'Ordine e la Legalità: L'individuo aderisce all'ordine sociale e


rispetta le regole stabilite.

3. Livello Post-Convenzionale (livello avanzato, non raggiunto da tutti)

 Stadio 5: Orientamento Legalistico verso il Contratto Sociale: Si riconosce il relativismo dei


valori e si sottolinea la necessità di modificare le leggi in base all'utilità sociale.

 Stadio 6: Orientamento Universale, Etico e verso i Principi: Dominato da principi etici


universali che sottolineano la dignità e il valore inerente dell'umanità.

La teoria dello sviluppo morale di Kohlberg offre una struttura per comprendere come le persone evolvono
nei loro giudizi morali lungo la vita. Sebbene la teoria abbia ricevuto sia elogi che critiche, ha avuto un
impatto duraturo sulla psicologia e sull'educazione, fornendo un quadro di riferimento per discutere e
comprendere la moralità umana.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Robert L. Selman (1942): Riconosciuto per i suoi contributi alla psicologia dello sviluppo, Selman ha diretto
la sua attenzione verso lo sviluppo sociale nei bambini e negli adolescenti, concentrandosi sull'abilità dei
bambini di assumere la prospettiva degli altri. Nel contesto educativo, le scoperte di Selman hanno avuto
implicazioni importanti, poiché hanno guidato la formulazione di programmi scolastici incentrati sul
potenziamento delle competenze sociali degli studenti. L'abilità di mettersi nei panni degli altri è stata da
lui definita "Roletaking" o "Perspective-taking". Questa competenza è intrinsecamente sociale e
interpersonale, in quanto esige la capacità di comprendere le emozioni, le aspettative e le intenzioni altrui.

Riprendendo il lavoro di Piaget sullo sviluppo cognitivo e sull'egocentrismo del bambino, Selman ha
tracciato un parallelo tra l'incapacità iniziale del bambino di vedere le cose da altre prospettive e lo sviluppo
graduale della capacità di Role-taking. Attraverso questa linea di ricerca, Selman ha proposto una teoria
evolutivo-strutturale del Role-taking, evidenziando come, attraverso l'acquisizione progressiva di questa
competenza, il bambino sviluppi una comprensione sempre più sofisticata sia della realtà psicologica degli
altri sia delle intricate relazioni che esistono tra individui.

Selman ha identificato e descritto cinque stadi evolutivi chiave del Role-taking:

0. Stadio Egocentrico (4-6 anni): A questo livello, i bambini possono riconoscere manifestazioni esteriori di
emozioni in altri (come piangere) ma non comprendono le motivazioni o le cause sottostanti di tali
manifestazioni. Ciò significa che non possono distinguere tra azioni intenzionali e azioni involontarie e
tendono a interpretare tutte le situazioni solo dalla loro prospettiva.

1. Stadio Soggettivo (6-8 anni): I bambini iniziano a comprendere che ogni azione ha un motivo e possono
differenziare tra intenzionale e accidentale. Si rendono conto che diverse persone possono avere diverse
prospettive sulla stessa situazione in base alle informazioni a loro disposizione.

2. Stadio Autoriflessivo (8-10 anni): Qui, i bambini sviluppano una maggiore consapevolezza delle priorità e
delle preferenze degli altri. Cominciano a capire che anche gli altri valutano e reagiscono alle loro azioni.

3. Stadio Reciproco (10-12 anni): A questo stadio, i bambini comprendono la dinamica tra due individui e
riconoscono che entrambi i soggetti possono tenere in considerazione le prospettive dell'altro. Riconoscono
anche l'influenza dei terzi nelle interazioni.

4. Stadio Sociale (12 anni in poi): I bambini diventano consapevoli che la comprensione reciproca non è
sempre garantita e che esistono norme e convenzioni sociali stabilite per facilitare la comunicazione.
Riconoscono anche che le interazioni sono influenzate da una combinazione di fattori personali, emozionali
e sociali.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

CAP. 3 - SVILUPPO E CARATTERISTICHE DELLE COMPETENZE PSICO-


PEDAGOGICHE

A cavallo tra il XIX e il XX secolo, il panorama educativo mondiale si trovò ad assistere a un profondo
cambiamento con l'avvento delle cosiddette "new schools", soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Queste
istituzioni innovative si distinguevano per un forte impegno nella promozione di un'istruzione basata su
fondamenti scientifici, sulla valorizzazione delle lingue e sull'apprendimento diretto, attraverso attività che
sollecitassero curiosità e coinvolgimento degli alunni. Questa evoluzione pedagogica rappresentava un
netto distacco dalla tradizione didattica passata: gli alunni non erano più mere spugne che assorbivano
passivamente le lezioni, ma diventavano protagonisti attivi del proprio percorso di apprendimento.

Bovet, un noto pedagogista dell'epoca, definì questi nuovi approcci come "scuole attive", sottolineando la
dinamicità e l'engagement che caratterizzavano il processo educativo. Ma fu Adolphe Ferrière, un altro
illustre pedagogista, a diffondere e a sistematizzare i principi di questa "Educazione Nuova" durante il
Primo Congresso sull’Educazione Nuova nel 1921. Secondo Ferrière, gli assiomi cardine delle "scuole attive"
erano:

1. Puerocentrismo: L'istruzione doveva ruotare attorno al bambino, conferendogli un ruolo centrale e


attivo nel suo apprendimento.

2. Personalizzazione dell'apprendimento: Era essenziale che l'educazione fosse modulata in base alle
singole attitudini, bisogni, interessi e fasi di sviluppo dell'alunno.

3. Promozione della cooperazione: L'apprendimento doveva incoraggiare la collaborazione tra gli


studenti attraverso attività pratiche, esperienze dirette e giochi. La presenza di entrambi i sessi
(coeducazione) era anche vista come essenziale per un apprendimento equilibrato.

4. Ambiente stimolante: L'ambiente di apprendimento doveva essere concepito come uno spazio
dinamico e stimolante, in quanto elemento cruciale nel processo educativo.

5. Autonomia dell'alunno: L'autorità del docente doveva essere minimizzata, limitando gli interventi
direttivi, per consentire agli studenti di esprimersi liberamente e pienamente.

6. Approccio progressivo all'apprendimento: Contrariamente alla semplice memorizzazione, le


attività intellettuali dovevano essere organizzate in modo progressivo, incentrate sulla
comprensione e sull'elaborazione critica.

7. Educazione civica e cittadinanza attiva: Le nuove scuole puntavano a formare cittadini consapevoli
e responsabili, promuovendo interazioni sociali tra gli studenti e assegnando loro ruoli e
responsabilità specifiche all'interno della comunità scolastica.

John Dewey, vissuto tra il 1859 e il 1952, si distingue come colonna portante del pensiero attivista in
campo pedagogico. La sua visione e le sue idee rivoluzionarie hanno profondamente influenzato l'approccio
educativo contemporaneo.

Nella sua opera "Il mio credo pedagogico" del 1897, Dewey espone chiaramente i principi che sottendono
la sua visione educativa:
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

1. Educazione come Processo: Dewey vede l'educazione come un mezzo attraverso il quale l'individuo
si avvicina gradualmente alle vaste risorse intellettuali e morali dell'umanità. Questo processo è
bilanciato tra una componente psicologica, che identifica bisogni, interessi e potenzialità
dell'alunno, e una sociologica, che considera come le condizioni sociali modellino le predisposizioni
degli studenti.

2. La Scuola come Comunità: Nella visione di Dewey, la scuola diventa un microcosmo sociale, un
luogo dove l'individuo impara a partecipare attivamente alla vita collettiva e a contribuire al
progresso della comunità.

3. Interconnessione delle Discipline: L'apprendimento, secondo Dewey, non è compartimentalizzato.


Le varie discipline si intrecciano e convergono attraverso le attività sociali degli studenti.

4. Metodo Educativo Attivo: L'approccio educativo dovrebbe rispecchiare la natura intrinsecamente


attiva e dinamica degli studenti.

5. Scuola e Progresso Sociale: Per Dewey, la scuola è il motore principale del progresso sociale, grazie
alla sua azione educativa.

Nell'opera "Scuola e società" del 1899, Dewey amplia ulteriormente le sue idee, tratteggiate dall'esperienza
nella scuola-laboratorio dell'Università di Chicago. Enfatizza come la scuola debba mirare a una crescita
sociale che nasca dai bisogni e interessi degli alunni, e come l'esperienza sia al centro dell'apprendimento,
con un focus particolare sul ruolo del lavoro come mezzo educativo.

Il suo saggio "Democrazia ed educazione" del 1916 è forse tra i più influenti. Qui, Dewey sostiene che la
democrazia non è solo una forma di governo, ma una filosofia di vita. Sottolinea l'importanza della
comunicazione come strumento educativo e propone la scuola come ponte tra famiglia e società. Introduce
inoltre il concetto di "learning by doing", un'apprendimento pratico e motivato, che va oltre la semplice
preparazione per superare esami, ma prepara all'interazione con il mondo reale.

Nel 1938, con "Esperienza ed educazione", Dewey risponde alle critiche mosse verso l'approccio attivista.
Qui, traccia una distinzione tra le scuole tradizionali, caratterizzate da un approccio didattico rigido e
verticalizzato, e le scuole attive, basate sull'apprendimento esperienziale. Ma Dewey avverte: non tutte le
esperienze sono educative. Una vera esperienza formativa dovrebbe seguire principi di continuità, crescita
e interazione. E l'educatore? Ha il compito cruciale di bilanciare le motivazioni degli studenti con la
necessità di offrire esperienze realmente significative.

Burrhus Frederic Skinner, noto psicologo del XX secolo, ha rivoluzionato l'ambito dell'apprendimento e
dell'insegnamento con i suoi studi pionieristici. Nell'articolo "The science of learning and the art of
teaching" del 1954 e nel volume "The technology of teaching" del 1968, Skinner si avventura nella
delineazione degli obiettivi chiave dell'apprendimento.

1. Fondamenta dell'Apprendimento: Secondo Skinner, la base dell'apprendimento deve necessariamente


fondarsi su concetti semplici e basilari. Una comprensione chiara e robusta di questi concetti costituisce il
fondamento essenziale per costruire ulteriori competenze.

2. Progressione e Complessità: Una volta acquisiti questi concetti fondamentali, gli studenti dovrebbero
passare a procedure più avanzate e complesse. Questo li prepara a affrontare e risolvere situazioni
problematiche, arricchendo le loro capacità cognitive.

3. La Tecnica del Rinforzo: Skinner introduce il concetto di "rinforzo" come strumento essenziale
nell'apprendimento, sostituendolo alla tradizionale idea di sanzione. Il rinforzo ha lo scopo di incoraggiare e
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

motivare l'apprendimento, e la sua efficacia dipende in gran parte dalla tempestività con cui viene
applicato. Se troppo ritardato, il rinforzo perde la sua potenza motivazionale.

4. Strutturazione Programmatica: Un aspetto saliente dell'approccio di Skinner è l'importanza data alla


strutturazione del programma di apprendimento. Questa strutturazione dovrebbe guidare tutti gli studenti
verso obiettivi comuni, ma attraverso percorsi personalizzati e flessibili che tengano conto delle singole
esigenze. La progressione nel programma deve essere sequenziale, logica e basata su principi scientifici.

5. L'Incorporazione della Tecnologia: Skinner, pur riconoscendo l'efficacia del suo modello, comprende
anche la sua complessità di implementazione. Propone quindi l'introduzione di tecnologie innovative come
soluzione. Introduce l'idea delle "macchine per insegnare", dispositivi progettati per facilitare
l'apprendimento strutturato e sequenziale. Queste macchine, capaci di organizzare domande e attività in
sequenze di apprendimento mirate, sono state precursori dei moderni software didattici. Con l'avvento
della rivoluzione informatica, queste idee hanno trovato piena espressione nei software CBT (Computer-
Based Training) e CAI (Computer-Assisted Instruction), che oggi rappresentano strumenti essenziali nella
pedagogia moderna.

In conclusione, la visione di Skinner ha anticipato molti degli sviluppi chiave nell'educazione moderna,
integrando pedagogia e tecnologia per un'apprendimento efficace e personalizzato.

Il teorico e pedagogista Benjamin S. Bloom (1913-1999) ha introdotto un cambiamento radicale nell'ambito


educativo con la sua proposta di "Mastery Learning" (Apprendimento per Padronanza). Questa
metodologia mirava a un obiettivo ambizioso: portare la stragrande maggioranza degli studenti, circa il
90%, a padroneggiare completamente una disciplina.

1. Filosofia dell'Apprendimento per Padronanza: Nel suo fondamentale articolo "Learning of Mastery"
(1968), Bloom sottolinea che l'obiettivo dell'educazione non dovrebbe essere selezionare gli studenti più
brillanti, ma piuttosto sviluppare il potenziale della grande maggioranza. Era fermamente convinto che
quasi ogni studente potesse raggiungere l'eccellenza se gli venisse dato il giusto tipo di istruzione e il tempo
necessario per apprendere.

2. Problematiche dell'Insegnamento Tradizionale: Bloom ha identificato due principali problemi: -


Valutazione Relativa: Molte volte, i docenti valutano gli studenti confrontandoli con i loro compagni,
invece di utilizzare un standard oggettivo e universale. - La Curva Gaussiana: Esiste una tendenza tra i
docenti a credere che solo un piccolo numero di studenti possa eccellere. Questa mentalità non solo limita
le potenzialità degli studenti, ma trasforma anche l'educazione in un semplice processo di ricalco delle
attitudini preesistenti piuttosto che svilupparne di nuove.

3. Variabili Fondamentali dell'Apprendimento: Bloom ha identificato diverse variabili chiave: - Attitudine:


Definita come il tempo richiesto per uno studente per raggiungere la padronanza completa di un
argomento. La chiave era garantire che ogni studente avesse il tempo necessario. - Qualità dell'Istruzione:
La presentazione, l'organizzazione e l'elaborazione degli elementi di apprendimento devono essere ottimali
per ogni studente. - Abilità nel Comprendere: È essenziale che gli studenti comprendano la natura del
compito e sappiano come affrontarlo. - Perseveranza: Il tempo che uno studente è disposto a investire in
un argomento è cruciale. Se la perseveranza di uno studente è inferiore alla sua attitudine, non raggiungerà
la padronanza. - Tempo a Disposizione: Il tempo che un docente dedica all'insegnamento, considerando sia
la presentazione che la comprensione da parte degli studenti.

4. Gli Strumenti del Mastery Learning: Secondo Bloom, gli obiettivi fondamentali erano: - Strategie e
Strumenti: Definire le migliori strategie e strumenti per ridurre il tempo necessario a ogni studente per
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

apprendere. - Tempo Necessario: Determinare quanto tempo è necessario per ogni studente per
apprendere.

5. Implementazione del Mastery Learning: - Precondizioni: Gli standard di valutazione devono essere
chiari e basati su criteri assoluti e realistici. - Procedure Operative: Frammentare la materia in unità più
piccole e condurre valutazioni formative frequenti per fornire feedback costanti agli studenti. - Risultati
Attesi: Oltre alla padronanza della materia, Bloom si aspettava anche un aumento dell'interesse e della
motivazione degli studenti.

In sintesi, la visione educativa di Bloom ha posto l'accento sull'importanza di fornire un'istruzione di qualità
a tutti gli studenti, assicurandosi che abbiano le risorse e il tempo necessari per raggiungere la padronanza
completa di una disciplina. La sua metodologia ha sottolineato l'importanza della personalizzazione
nell'educazione, ponendo le basi per molte delle pratiche educative moderne.

Jean Piaget, uno dei pionieri nel campo della psicologia dello sviluppo, ha profondamente esplorato il
legame tra i processi cognitivi dei bambini e il loro apprendimento. Le sue teorie sul cognitivismo e il
costruttivismo hanno gettato le basi per nuovi metodi pedagogici, come si può dedurre dalle sue opere
seminali: "Psicopedagoia e mentalità infantile" (1928), "Il diritto all’educazione nel mondo attuale" (1948) e
"Psicologia e pedagogia" (1969).

In queste opere, Piaget enfatizza il legame intrinseco tra pensiero e azione. Per lui, il pensiero non è una
mera attività cerebrale astratta, ma è strettamente connesso all'azione e alla pratica. Questo concetto
risuona con le idee delle scuole attive, che enfatizzano l'apprendimento basato sull'esperienza e
l'interazione diretta con l'ambiente circostante.

Piaget non si limita a presentare teorie; propone anche un approccio pratico all'istruzione. Sostiene che gli
educatori dovrebbero avere una solida comprensione della psicologia dello sviluppo per poter applicare
efficacemente le sue teorie in classe. Questa formazione psicologica non solo permetterebbe agli
insegnanti di comprendere meglio le fasi evolutive attraverso cui passano i loro studenti, ma li aiuterebbe
anche a creare un ambiente di apprendimento ottimale.

Inoltre, Piaget dà grande rilievo all'importanza delle attività di gruppo nell'apprendimento. Secondo lui, le
interazioni tra pari, così come quelle tra studenti e docente, sono fondamentali per stimolare la crescita
cognitiva. Le discussioni di gruppo, i progetti collaborativi e altre attività simili offrono opportunità per
confrontarsi, sfidarsi e arricchirsi a vicenda, facilitando così il processo di costruzione della conoscenza.

In sintesi, l'approccio pedagogico di Piaget enfatizza un'apprendimento centrato sullo studente, dove la
costruzione attiva della conoscenza avviene attraverso esperienze dirette e interazioni significative. Gli
educatori, armati di una comprensione profonda delle teorie evolutive, sono quindi meglio equipaggiati per
guidare e facilitare questo processo.

Lev Vygotskij, psicologo e filosofo bielorusso, ha esplorato profondamente la relazione tra sviluppo
cognitivo e apprendimento nel capitolo 6 del suo noto libro "Thinking and Speech" del 1934. Qui, si
confronta con tre principali correnti di pensiero esistenti sull'argomento:

1. L’approccio di Piaget: Jean Piaget riteneva che lo sviluppo e l'apprendimento fossero due processi
distinti e autonomi. Secondo lui, lo sviluppo avviene attraverso fasi biologiche predefinite, mentre
l'apprendimento avviene in seguito, seguendo queste tappe evolutive.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

2. L’approccio di Thorndike: Edward Thorndike, in contrasto con Piaget, vedeva lo sviluppo e


l'istruzione come processi che avanzano in parallelo. Per lui, insegnare significa innescare lo
sviluppo.

3. L’approccio di Koffka: Kurt Koffka tentava di fare da ponte tra le idee di Piaget e Thorndike,
suggerendo che lo sviluppo potesse essere considerato sia come un processo di maturazione che
come un percorso parallelo all'istruzione.

A partire da queste teorie, Vygotskij propone un approccio innovativo, definito "sviluppo prossimale".
Questa teoria suggerisce che mentre sviluppo e apprendimento sono strettamente correlati, non sono
identici. La "zona di sviluppo prossimale" si riferisce a quel range di competenze che un bambino può
raggiungere con l'aiuto di un educatore o attraverso la collaborazione con i coetanei. Si tratta di un'area di
potenziale apprendimento, che si situa tra ciò che l'individuo può fare da solo e ciò che può fare con
l'assistenza.

Vygotskij sottolinea due principi pedagogici cruciali:

1. Adattamento alle individualità: Le attività didattiche dovrebbero posizionarsi nella zona di sviluppo
prossimale di ogni studente, che varia da individuo a individuo.

2. Collaborazione e guida: Quando un bambino affronta sfide appena oltre il suo attuale livello di
competenza, è essenziale che sia guidato da un educatore o che collabori con i suoi coetanei,
apprendendo anche attraverso l'imitazione.

Vygotskij differenzia anche tra concetti scientifici e concetti spontanei. Mentre i concetti scientifici sono
astratti, formali e sistemati in una struttura coerente di conoscenza, i concetti spontanei sono concreti,
basati sull'esperienza e spesso acquisiti in contesti quotidiani e informali. Questi ultimi si apprendono
attraverso l'induzione, mentre i concetti scientifici si apprendono mediante deduzione.

Il vero punto di convergenza tra questi due tipi di concetti, secondo Vygotskij, è la "zona di sviluppo
prossimale". Quando un concetto spontaneo raggiunge una maturazione tale da entrarvi, dovrebbe essere
presentato all'allievo in modo strutturato e scientifico, permettendogli di evolvere la sua comprensione in
modo più sistematico e profondo.

Nella sua influente opera "The process of education" (1960), Jerome Bruner presenta una serie di concetti
rivoluzionari ispirati dalla conferenza di Woods Hole del 1959, che mirava a rinnovare l'approccio educativo
americano in risposta alle sfide poste dai progressi sovietici nel campo della scienza e della tecnologia.
Esaminiamo i quattro principi cardine della filosofia educativa di Bruner:

1. La Struttura delle Discipline:

 Per Bruner, ogni disciplina è caratterizzata da un insieme di idee centrali che forniscono la
comprensione essenziale della materia. Queste idee chiave non sono solo principi isolati,
ma piuttosto una rete di concetti e le relazioni che li uniscono.

 L'insegnamento dovrebbe concentrarsi sulla presentazione di queste idee chiave in modo


che gli studenti possano trasferire le loro competenze in vari contesti (transfer non
specifico). Questa visione dell'istruzione, incentrata sull'importanza di comprendere la
struttura di una disciplina, è spesso etichettata come "strutturalismo".

 Gli educatori dovrebbero promuovere un apprendimento profondo, coinvolgendo


attivamente gli studenti in un percorso di scoperta. Tale approccio non solo facilita la
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comprensione e la memorizzazione, ma incoraggia anche il trasferimento delle competenze


e la connessione tra concetti.

2. Il Curricolo a Spirale:

 Bruner suggerisce un approccio evolutivo nell'insegnamento. Gli argomenti fondamentali


dovrebbero essere introdotti in modi semplici nelle prime fasi dell'istruzione e reintrodotti
con maggiore complessità in fasi successive.

 Questa metodologia si basa sul concetto di "readiness for learning", ossia la


predisposizione naturale dell'individuo all'apprendimento.

 Bruner enfatizza anche l'importanza di avere curricoli flessibili che possano adattarsi ai
cambiamenti socio-culturali, garantendo al contempo la coerenza a livello nazionale.

3. Pensiero Intuitivo vs. Pensiero Analitico:

 Bruner distingue tra due modi di pensare: l'approccio analitico, basato su procedure
algoritmiche ben definite, e l'approccio intuitivo, che si avvale di euristiche e offre una
visione olistica del problema.

 Mentre il pensiero analitico si concentra sull'applicazione della conoscenza esistente, il


pensiero intuitivo è orientato alla scoperta e all'innovazione.

 La pedagogia moderna dovrebbe riconoscere e valorizzare entrambi gli approcci,


garantendo che il pensiero euristico, benché difficile da valutare, venga adeguatamente
incorporato nell'istruzione.

4. Motivazione dello Studente:

 Per coinvolgere e motivare gli studenti, Bruner suggerisce l'uso di tecnologie moderne,
strumenti audiovisivi e altre risorse pedagogiche innovative.

 La motivazione può essere ulteriormente potenziata permettendo agli studenti di scoprire


le idee fondamentali e le loro interrelazioni, offrendo loro una sensazione di competenza e
una comprensione pratica della loro applicabilità in vari contesti.

In sintesi, la visione educativa di Bruner enfatizza l'importanza di un'apprendimento profondo, basato sulla
comprensione delle strutture fondamentali delle discipline, sottolineando la necessità di un curricolo
evolutivo e di una pedagogia incentrata sulla motivazione e sulla valorizzazione di entrambe le modalità di
pensiero.

Nell'illustre opera "Toward a Theory of Instruction" del 1966, Jerome Bruner esplora in maniera dettagliata
e profonda la sua visione innovativa dell'istruzione. Questo trattato rappresenta un punto di svolta nella
pedagogia poiché Bruner distingue chiaramente tra la teoria dell'istruzione e quella dell'apprendimento.
Mentre la teoria dell'istruzione fornisce una cornice normativa, proponendo criteri e condizioni universali
per un'insegnamento ottimale, la teoria dell'apprendimento ha un approccio più descrittivo, cercando di
capire e analizzare come avviene l'apprendimento e cosa succede quando esso raggiunge il suo culmine.

La teoria dell'istruzione di Bruner si basa su diversi pilastri:

1. Predisposizione: Bruner riconosce l'apprendimento come un fenomeno sociale e intrinsecamente


legato al contesto in cui avviene. Due aspetti chiave di questa socialità sono le relazioni tra
studente e docente e tra studenti stessi. Bruner enfatizza l'importanza di equilibrare autorità e
autorevolezza nella relazione docente-studente, mentre nella relazione tra studenti, sottolinea
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l'importanza delle abilità sociali, come l'autocontrollo e il rispetto delle regole. Queste dinamiche
sociali sono influenzate da diversi fattori, come classe sociale, genere e background etnico. La
teoria dell'istruzione di Bruner suggerisce un processo trifase: attivazione, mantenimento e
direzione.

2. Struttura: Questo pilastro riguarda la creazione di una base solida di conoscenze per ogni disciplina.
La struttura di una disciplina dovrebbe avere la capacità di semplificare, generare nuove idee e
rendere più accessibile l'informazione. Bruner sostiene che la struttura della conoscenza evolve non
solo in base alle nuove scoperte, ma anche in relazione all'età e allo sviluppo cognitivo
dell'apprendente.

3. Sequenza: Bruner riflette sulla modalità, ritmo e ordine in cui presentare i concetti. Sottolinea
l'importanza di avvicinare gli studenti alle nuove idee attraverso analogie e confronti prima di
introdurre rappresentazioni simboliche.

4. Conseguenza: Qui Bruner discute l'importanza della motivazione nella formazione, considerando
non solo il successo ma anche gli approcci originali, incoraggiando così gli errori "intelligenti".

In un altro lavoro influente, "The act of discovery" (1961), Bruner introduce il potente concetto di
apprendimento per scoperta. Questo si riferisce all'acquisizione di conoscenza attraverso l'esplorazione
personale e l'uso critico del pensiero. Bruner identifica due metodi di insegnamento: espositivo e ipotetico,
che offrono diversi gradi di libertà e collaborazione tra docente e studente.

L'apprendimento per scoperta, come descritto da Bruner, ha diverse caratteristiche chiave:

 L'esposizione a situazioni che rivelano regolarità o relazioni di causa-effetto.

 Promozione della ricompensa intrinseca, che è la conoscenza stessa.

 L'importanza del problem-solving e della memoria nell'apprendimento.

Infine, nel suo articolo "The role of tutoring in problem solving" (1976), Bruner esplora il concetto di
scaffolding (o impalcatura). Qui, sottolinea l'importanza del tutor, che guida l'apprendente attraverso
problemi complessi, supportando la sua crescita cognitiva. Bruner suggerisce che un buon tutor dovrebbe
essere attento alla motivazione intrinseca dell'apprendente e dovrebbe presentare concetti solo quando lo
studente è pronto a comprenderli.

In sintesi, il lavoro di Bruner ha influenzato profondamente il campo dell'educazione, fornendo una visione
chiara e articolata su come migliorare l'insegnamento e l'apprendimento.

Nel suo influente articolo del 1988 intitolato "Cognition, Construction of Knowledge and Teaching", von
Glasersfeld affronta con profondità l'approccio costruttivista all'educazione e delineando le sue numerose
implicazioni nel campo educativo.

Uno degli aspetti cardine del suo pensiero è l'analisi della differenza tra addestramento e apprendimento.
L'addestramento, secondo von Glasersfeld, è essenzialmente orientato verso l'acquisizione di abilità
concrete e tangibili, ponendosi come uno strumento prettamente utilitaristico. Si concentra, in altre parole,
su "cosa è utile saper fare". L'apprendimento, d'altro canto, ha un carattere più epistemologico,
focalizzandosi sul "cosa è importante conoscere". Questa sottigliezza sottolinea l'importanza di costruire
curricoli scolastici che possano distinguere e separare questi due aspetti, assicurando che le attività di
addestramento, volte a raggiungere specifici standard di performance, non oscurino o minimizzino il
profondo processo di comprensione che è l'essenza dell'apprendimento.
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Von Glasersfeld mette in rilievo anche la complessità della comunicazione nell'apprendimento. Sottolinea
che il linguaggio, sia scritto che parlato, ha le sue limitazioni come mezzo di trasmissione della conoscenza.
Non tutti gli apprendenti sono in grado di collegare nuovi concetti con quelli già acquisiti solamente
attraverso spiegazioni verbali. Questo accento sulla comprensione mette in evidenza l'importanza di
organizzare la conoscenza in modo che sia ancorata in una robusta rete di relazioni e significati, facilitando
la connessione tra idee vecchie e nuove.

Inoltre, von Glasersfeld enfatizza il ruolo cruciale degli insegnanti nel costruttivismo. Sostiene che essi
dovrebbero progettare esperienze educative che sfidino e perturbino le strutture cognitive degli studenti.
Questo può essere realizzato incoraggiando la formazione di gruppi di apprendimento o di studio
collaborativo, garantendo al contempo un monitoraggio costante ma non invadente delle loro attività.

Per concludere, la questione della motivazione degli studenti è centrale nel pensiero di von Glasersfeld. Egli
sostiene che la motivazione nel contesto dell'addestramento è relativamente facile da instaurare poiché gli
studenti possono immediatamente riconoscere l'utilità di ciò che stanno imparando. Tuttavia, nell'ambito
epistemologico, la sfida è maggiore: gli studenti devono essere in grado di vedere il valore intrinseco di
padroneggiare modelli concettuali che hanno ampie applicazioni, permettendo loro di applicare queste
conoscenze in vari contesti e situazioni. Questo approccio costruttivista, dunque, non solo pone l'enfasi
sull'apprendimento come processo ma anche sul ruolo dell'insegnante come guida e facilitatore in questo
viaggio.

Nel saggio intitolato "Perception of the future and the of perception" del 1971, von Foerster presenta una
critica approfondita del pensiero moderno e delle sue ramificazioni nel sistema educativo. Egli sostiene che
molte delle problematiche emergenti sono dovute a una crescente confusione semantica e a una tendenza
a reprimere la creatività e l'intelligenza degli studenti.

Un punto chiave della sua analisi è la distorsione nel modo in cui percepiamo e utilizziamo le parole. Molte
persone, secondo von Foerster, tendono a confondere un processo - una sequenza dinamica di azioni - con
un prodotto statico o tangibile. Prendendo come esempio le parole "informazione" e "conoscenza", egli
sottolinea come esse siano state trasformate da concetti dinamici a mere entità statiche. L'informazione,
nel suo vero significato, dovrebbe rappresentare il mezzo attraverso il quale acquisiamo conoscenza,
mentre la conoscenza dovrebbe essere vista come un continuo processo di integrazione delle esperienze,
sia passate che presenti. Questa continua evoluzione ci permette di ideare nuove attività e pensieri, siano
essi interni, come il ragionamento e le emozioni, o esterni, come il linguaggio e le azioni fisiche.

Von Foerster fa notare anche come il linguaggio sia stato ridotto da uno strumento per esprimere
esperienze e percezioni personali a un mezzo per assorbire idee preconfezionate. Questa mutazione
linguistica ha influenzato anche il sistema educativo, che ora spesso sopprime le potenzialità comunicative
innate del linguaggio e limita le attività cognitive degli studenti. Due pilastri dell'insegnamento moderno
sono particolarmente problematici per von Foerster: la tendenza a imporre regole osservate in passato
come assiomi invariabili per il futuro e una visione ristretta della causalità che esclude interpretazioni più
ampie e profonde.

Esplorando ulteriormente, von Foerster introduce il concetto di "macchina" come un'entità che riceve input
e produce output. Descrive due tipi di macchine: le "macchine banali", prevedibili e determinate da regole
fisse, e le "macchine non banali", le cui risposte sono influenzate dalle risposte precedenti e quindi sono
imprevedibili. Von Foerster sostiene che la maggior parte dei fenomeni naturali mostrano comportamenti
non banali. Tuttavia, l'umanità spesso cerca di ridurre questi comportamenti a modelli banali per trarne
vantaggio, un processo che può essere dannoso, in particolare nel sistema educativo. Questo porta a una
tendenza dell'istruzione a favorire risposte prevedibili piuttosto che incoraggiare la creatività e la riflessione
critica.
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L'argomento culmina nella critica di von Foerster alle "domande illegittime" nel sistema educativo, ossia
domande il cui scopo non è ampliare la conoscenza ma piuttosto perpetuare il sapere esistente. Egli
sostiene che l'educazione dovrebbe piuttosto concentrarsi su "domande legittime", che spingono gli
studenti a pensare in modo critico e creativo.

Concludendo, von Foerster esprime una visione educativa costruttivista, suggerendo che l'istruzione
dovrebbe:

1. Essere considerata come una necessità, non un diritto o un privilegio.

2. Concentrarsi sull'insegnamento degli studenti su come formulare domande significative e rilevanti.

3. Promuovere un ambiente di apprendimento collaborativo e solidale, dove il benessere di un


individuo migliora il benessere di tutti.

Queste riflessioni di von Foerster sottolineano l'importanza di un approccio critico e riflessivo all'istruzione,
riconoscendo la dinamicità della conoscenza e la centralità della creatività e dell'interrogazione
nell'apprendimento.

Edgar Morin, nato nel 1921, è stato uno dei sociologi più influenti del XX secolo. La sua visione pedagogica
si basa sull'osservazione critica della realtà contemporanea, in particolare sullo stretto intreccio tra
ambiente, uomo, cultura ed educazione. Una delle sue principali preoccupazioni riguarda la complessità
della realtà e la capacità degli individui di affrontarla in maniera critica e consapevole.

Tra le sue opere fondamentali, emerge l'importanza di "Introduzione al pensiero complesso" (1993), "La
sfida della complessità" (2011) e "I sette saperi necessari all’educazione del futuro" (2001). Questi testi
riflettono una preoccupazione per l'approccio eccessivamente semplificato dei sistemi educativi
tradizionali, che spesso tendono a fornire risposte preconfezionate anziché stimolare la capacità di pensiero
critico degli studenti.

Nelle sue opere, Morin critica il paradigma educativo tradizionale, basato su quattro pilastri fondamentali:

1. L'ordine: la convinzione che la realtà sia regolata da leggi fisse e prevedibili.

2. La separabilità: l'idea che i problemi possono essere affrontati solo se scomposti in parti minori,
perdendo di vista l'interconnessione tra discipline diverse.

3. La riduzione: l'approccio che pone maggiore enfasi sulla comprensione dei dettagli piuttosto che
sulla visione d'insieme.

4. La logica induttivo-deduttiva: che esclude altri processi cognitivi, come la creatività e l'intuizione.

Per Morin, questi pilastri hanno portato ad una "intelligenza cieca", in cui la conoscenza viene frammentata
e isolata. La risposta del sociologo a questa sfida è di promuovere un'educazione basata sulla complessità,
che incoraggi gli studenti a considerare i problemi da molteplici prospettive.

Nel suo libro "I sette saperi necessari all’educazione del futuro", Morin propone un nuovo curriculum
educativo basato su sette principi fondamentali:

1. Comprendere l'errore e l'illusione: riconoscere che la conoscenza è un processo continuo,


suscettibile di errori e illusioni.

2. Promuovere la conoscenza pertinente: integrazione delle conoscenze locali e specifiche in un


contesto globale.
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3. Conoscere la condizione umana: una visione olistica dell'essere umano che abbraccia la sua
complessità.

4. Riconoscere l'identità terrestre: comprendere come le azioni a livello locale possano avere
ripercussioni globali.

5. Affrontare le incertezze: sviluppare resilienza e adattabilità in un mondo in costante cambiamento.

6. Insegnare la comprensione: promuovere l'empatia e la comprensione reciproca.

7. Promuovere un'etica globale: riconoscere l'interdipendenza di tutti gli esseri umani e promuovere
un senso di responsabilità planetaria.

In sintesi, la visione di Morin dell'educazione mira a preparare gli studenti per un mondo complesso e
interconnesso, promuovendo un approccio critico, multidisciplinare e globale all'apprendimento.
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CAPITOLO 4: LE PROFONDE SFACCETTATURE DELLE COMPETENZE


DIDATTICHE DEL DOCENTE

Nel panorama educativo, la didattica rappresenta l'arte e la scienza dell'insegnamento e


dell'apprendimento. È il ponte che collega le teorie pedagogiche alla pratica effettiva in aula, rendendo
concreto l'approccio teorico. Per secoli, la didattica ha evoluto le sue tecniche, rispondendo alle mutevoli
esigenze della società e del contesto educativo.

Nel cuore della didattica, si trova la metodologia di insegnamento. La lezione frontale, una delle forme più
antiche e tradizionali, mette in primo piano il docente come principale veicolo di trasmissione della
conoscenza. In questo metodo, gli studenti assumono prevalentemente un ruolo passivo, limitandosi ad
assorbire le informazioni presentate. Nonostante sia efficace nella diffusione rapida di contenuti, questa
modalità spesso non incoraggia una comprensione profonda o l'applicazione pratica delle competenze.

Contrastando la lezione frontale, ci sono metodologie immerse nell'ideologia dell'apprendimento attivo.


Questo approccio, ben sottolineato da teorici come Felder, Brent e Prince, mette gli studenti al centro
dell'esperienza di apprendimento, incoraggiandoli non solo a partecipare attivamente, ma anche a
riflettere sul significato e sulla rilevanza di ciò che stanno apprendendo. La chiave dell'apprendimento
attivo è il coinvolgimento degli studenti, sia in termini di partecipazione che di riflessione critica.

Strategie come "Think-pair-share", "Concept test", e "Thinking-aloud pair problem solving (TAPPS)" sono
esempi lampanti di come si può integrare l'interazione studentesca nel processo di apprendimento,
potenziando le capacità di comprensione e collaborazione. Tuttavia, queste metodologie non sono esenti
da sfide. Spesso, l'interazione tra studenti può essere limitata, e l'equilibrio tra lezione frontale e
apprendimento attivo potrebbe non essere ottimale.

Confrontandosi con tali limitazioni, l'evoluzione didattica ha portato al concetto di Apprendimento tra pari.
Questo approccio riconosce l'importanza dell'interazione tra compagni e promuove una dinamica
collaborativa nell'ambiente di apprendimento. Che sia attraverso l'apprendimento cooperativo, che
enfatizza la sinergia di un gruppo, o attraverso il tutoraggio tra pari, dove gli studenti assumono ruoli
specifici di tutor e tutee, la centralità dell'interazione e della collaborazione studentesca è evidente.

Il tutor, una figura cruciale nel panorama educativo, svolge un ruolo distinto rispetto ad altre figure
d'accompagnamento, come il mentore e il coach. Il mentore, generalmente, è un individuo esperto che
offre un sostegno psico-sociale, spesso rivolgendosi a gruppi svantaggiati, guidandoli nei loro percorsi di
carriera. Il coach, invece, mira a risvegliare e potenziare le capacità innate di un individuo, motivandolo a
esprimere le sue abilità e competenze nascoste.

Il tutoraggio tra pari, benché abbia guadagnato rilevanza solo di recente nel sistema scolastico, affonda le
sue radici in un'antica pratica pedagogica. Tradizionalmente, si riteneva che gli studenti più abili dovessero
essere i tutor, mentre quelli con difficoltà avrebbero beneficiato maggiormente come tutee. Questa
dinamica rischiava di creare una dicotomia in cui il tutor diventava quasi un surrogato del docente,
potenzialmente provocando una serie di problematiche. Per esempio, una significativa disparità di
competenze tra tutor e tutee potrebbe sfociare in disinteresse o demotivazione da parte del tutor,
influenzando negativamente anche il tutee.

Topping, un importante pedagogista, suggerisce che la differenza di competenze tra tutor e tutee dovrebbe
essere minima. In questo modo, entrambi possono sentirsi sfidati e motivati a impegnarsi nel processo di
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apprendimento. Il tutoraggio, infatti, va oltre la mera trasmissione di conoscenze: promuove una


comunicazione aperta e sincera, creando un ambiente in cui gli studenti possono mostrare vulnerabilità e
imparare da essa.

Recentemente, si è evoluto il concetto di tutoraggio, mettendo l'accento sulla cooperazione e l'interazione


tra gli studenti come catalizzatori dell'apprendimento, piuttosto che sulla disparità delle loro abilità. Ciò ha
dato origine a nuove modalità di tutoraggio, dove gli studenti possono invertire i ruoli nel tempo.

Esaminando le diverse modalità di tutoraggio, possiamo identificare:

1. Apprendimento Tra Pari di Età Diverse: Qui, la significativa differenza di età tra tutor e tutee ricrea
una dinamica simile a quella tra un esperto e un principiante, rendendola popolare nelle istituzioni
educative. Può essere particolarmente efficace anche per gli studenti con bisogni speciali.

2. Apprendimento Tra Pari della Stessa Età: Questa modalità prevede la creazione di coppie con una
lieve differenza d'età, offrendo diverse sottocategorie di tutoraggio, come il modello con ruoli fissi
o quello reciproco.

3. Apprendimento Tra Pari Reciproco: In questa dinamica, entrambi gli studenti beneficiano della
relazione, evitando dinamiche di dipendenza o autoritarismo.

4. Apprendimento Tra Pari Diffuso nell'Intera Classe: Qui, l'intera classe è coinvolta nel processo, con
diverse varianti, tra cui tornei tra coppie e il cosiddetto "apprendimento con l'assistenza di pari".

In conclusione, il tutoraggio tra pari, nelle sue molteplici forme, rappresenta un potente strumento
pedagogico, in grado di arricchire l'esperienza educativa e di promuovere una crescita reciproca tra gli
studenti.

L'apprendimento cooperativo è un approccio pedagogico che pone l'accento sull'importanza delle


interazioni e della collaborazione tra gli studenti. Smith e Mac Gregor, esperti in questo campo, affermano
che l'apprendimento si basa su alcune fondamenta essenziali:

1. Processo costruttivo: L'apprendimento è un'azione attiva, in cui le nuove informazioni si fondono e


integrano con le conoscenze preesistenti dell'individuo.

2. Contesto stimolante: Per favorire un'assimilazione ottimale, è fondamentale che l'ambiente di


apprendimento sia dinamico e interessante. Ad esempio, presentare agli studenti un problema
come punto di partenza può rendere l'attività di apprendimento molto più coinvolgente.

3. Unicità degli studenti: Ogni studente è un individuo con un suo background socio-culturale,
esperienze di vita, aspirazioni, attitudini e stili di apprendimento unici. Questa diversità, quando
confrontata e condivisa con quella degli altri studenti, permette sia all'insegnante sia agli stessi
studenti di comprenderne meglio le peculiarità e le potenzialità.

4. Dimensione socio-emotiva: L'apprendimento non è solo un processo cognitivo, ma anche


un'esperienza emotiva e sociale. Interagire con gli altri, condividere idee e confrontarsi su concetti
e metodi arricchisce il processo di apprendimento.

Dall'apprendimento cooperativo si diramano diverse metodologie, che variano in base a determinati


parametri come la dimensione del gruppo, il tempo a disposizione, la composizione del gruppo (omogenea
o eterogenea), il tipo di attività e il compito assegnato. Slavin, un altro esperto in materia, ha esplorato
l'apprendimento cooperativo attraverso tre diverse strutture incentivanti:
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1. Struttura cooperativa: Gli studenti vengono premiati per il lavoro svolto come un team,
incentivando la collaborazione e l'interazione tra i membri.

2. Struttura competitiva: Gli studenti vengono valutati e premiati in base alle loro prestazioni
individuali in confronto a quelle dei loro compagni.

3. Struttura individualistica: Ogni studente viene valutato e premiato in base ai propri risultati, senza
paragoni con gli altri.

Nell'apprendimento cooperativo, oltre all'assimilazione dei contenuti, è fondamentale l'acquisizione di


competenze sociali e relazionali. Questo è stato particolarmente enfatizzato dai fratelli Johnson, che hanno
individuato cinque caratteristiche essenziali che elevano l'apprendimento cooperativo rispetto a quello
individuale:

1. Interdipendenza positiva: Ogni membro del gruppo si rende conto che il suo successo è legato a
quello degli altri e viceversa.

2. Responsabilità individuali: La consapevolezza di ogni studente del suo ruolo all'interno del gruppo
e delle sue responsabilità è fondamentale.

3. Interazioni dirette: Questo permette ai membri del gruppo di condividere, discutere e trasmettere
le conoscenze apprese.

4. Abilità sociali: Per lavorare efficacemente in gruppo, gli studenti devono sviluppare abilità come la
leadership, la comunicazione e la gestione dei conflitti.

5. Elaborazioni di gruppo: In questa fase, il gruppo riflette sul suo lavoro, identificando punti di forza
e debolezza, per migliorare le future collaborazioni.

L'apprendimento cooperativo, quindi, non è solo un metodo per acquisire conoscenze, ma un modo per
sviluppare competenze trasversali fondamentali per la vita di ogni individuo.

Il mondo dell'educazione ha visto emergere numerose metodologie e approcci per rendere


l'apprendimento più efficace e partecipativo. Una di queste metodologie è l'apprendimento cooperativo,
una modalità didattica che pone l'accento sulla collaborazione tra studenti al fine di raggiungere un
obiettivo comune. Gli esperti in campo educativo hanno individuato diverse tipologie di apprendimento
cooperativo, basandosi su specifici criteri.

Robert Slavin, uno degli eminenti ricercatori in questo campo, ha proposto una classificazione che
considera due principali variabili: la natura dell'incentivo e la struttura del compito. Per quanto riguarda la
prima variabile, si può avere un incentivo basato sul risultato individuale, uno basato sul risultato di gruppo,
oppure nessun incentivo. La seconda variabile, invece, considera se il compito è stato suddiviso tra i
membri o se tutti partecipano a tutte le attività.

Combinando queste variabili, Slavin ha identificato sei principali metodologie di apprendimento


cooperativo:

1. STAD (Student Teams-Achievement Divisions): Questo metodo vede gli studenti divisi in squadre
di quattro, ognuna composta da individui con diverse abilità e background. Dopo una lezione
frontale, gli studenti collaborano per assicurarsi che tutti i membri abbiano compreso gli argomenti
trattati. Segue un test individuale e i risultati vengono aggregati per determinare il punteggio totale
del team.
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2. TGT (Teams-Games-Tournament): Questa modalità, simile al STAD, introduce un elemento ludico.


Dopo il periodo di studio, gli studenti si cimentano in giochi o tornei basati sugli argomenti trattati.

3. Team Assisted Individualization: Ogni studente viene valutato attraverso un test iniziale,
successivamente viene inserito in un gruppo in cui ogni membro ha compiti personalizzati in base al
proprio livello. Al termine, un test valuta i progressi individuali, ma il punteggio del gruppo è la
somma delle valutazioni individuali.

4. Jigsaw e Jigsaw II: Questo metodo scompone un argomento in diverse parti. Ogni studente studia
una parte specifica e poi si riunisce con gli "esperti" della stessa sezione per discuterla. Infine, gli
studenti si riuniscono nel gruppo originale per insegnarsi a vicenda. La variante Jigsaw II prevede
gruppi più piccoli.

5. Learning Together: In questo metodo, i gruppi ricevono una sola copia del materiale di studio,
promuovendo così la collaborazione e la condivisione. I gruppi discutono, pianificano e lavorano
insieme per produrre un output comune, che sarà valutato.

6. Group Investigation: Qui, l'insegnante presenta un argomento generale. I gruppi, poi, scelgono un
sottotema specifico, lo scompongono ulteriormente e distribuiscono i compiti. Al termine, ogni
gruppo presenta le proprie scoperte al resto della classe.

Queste metodologie, se ben implementate, possono migliorare significativamente l'interazione tra


studenti, promuovendo un'apprendimento più profondo e partecipativo. L'importanza dell'apprendimento
cooperativo risiede non solo nella mera acquisizione di conoscenze, ma anche nello sviluppo di competenze
sociali e relazionali, fondamentali nella società moderna.

Gli eminenti studiosi Johnson e Johnson hanno esplorato in profondità le dinamiche dell'apprendimento
cooperativo, sviluppando una suddivisione metodica basata su due criteri fondamentali: lo scopo per cui
vengono formati i gruppi e la durata della loro attività collaborativa. Hanno così identificato:

1. Apprendimento Cooperativo Formale: Si tratta di gruppi che vengono creati con obiettivi didattici
chiari e specifici. Questi gruppi sono progettati per operare per un periodo di tempo definito, che
potrebbe essere pari al numero di lezioni necessarie per completare un compito.

2. Apprendimento Cooperativo Informale: Questi gruppi vengono formati per intervalli di tempo
brevi, che possono variare da alcuni minuti fino a un'ora. Questa struttura offre flessibilità, in
quanto i compiti assegnati possono variare a seconda delle necessità.

3. Gruppi di Base: Questa categoria si riferisce a gruppi che durano a lungo, talvolta per l'intero anno
accademico. Gli studenti in questi gruppi si incontrano regolarmente, stabilendo legami forti e
sostenendosi reciprocamente nel loro viaggio accademico.

Nei loro scritti, in particolare nel libro "Circles of Learning", hanno delineato le responsabilità e le strategie
che un insegnante dovrebbe adottare per implementare efficacemente l'apprendimento cooperativo:

Prima dell'inizio dell'attività:

 Definizione chiara degli obiettivi didattici.

 Determinazione della dimensione ottimale dei gruppi.

 Formazione dei gruppi di studenti in modo equilibrato.

 Organizzazione degli spazi di lavoro.


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 Distribuzione del materiale didattico e assegnazione di ruoli specifici agli studenti.

 Istruzione dettagliata sul compito e sugli obiettivi da raggiungere.

 Creazione di un'atmosfera di cooperazione e responsabilità.

 Spiegazione chiara dei criteri di valutazione e dei comportamenti attesi.

Durante l'attività:

 Monitoraggio costante della dinamica di gruppo e delle interazioni studentesche.

 Fornire assistenza e supporto quando necessario.

 Promozione delle competenze cooperative tra gli studenti.

 Riassunto e riflessione sulle competenze acquisite durante la lezione.

Al termine dell'attività:

 Valutazione della qualità e quantità di ciò che è stato appreso.

 Analisi del funzionamento del gruppo: successo nel completamento del compito e qualità delle
interazioni interpersonali.

 Infine, una fase critica nota come "Group Processing", durante la quale gli studenti discutono e
riflettono sugli aspetti positivi e su quelli migliorabili del loro lavoro di gruppo.

Infine, i Johnson hanno enfatizzato l'importanza dell'insegnamento delle abilità cooperative. Questo si basa
su cinque pilastri: riconoscere l'importanza delle abilità cooperative, comprenderne il significato, applicare
tali abilità in situazioni pratiche, riflettere sulla propria performance e, infine, persistere nell'applicare
queste abilità nel tempo.

Il metodo dell'insegnamento induttivo prende una rotta alternativa rispetto alla più convenzionale pratica
deduttiva. Mentre l'approccio deduttivo inizia presentando principi ed idee generali, seguito da una fase di
esercitazione pratica, l'insegnamento induttivo inverte questa sequenza. Qui, il viaggio educativo inizia
dall'esperienza pratica, dall'analisi di dati specifici o dall'esplorazione di un particolare caso studio, e da lì,
avanza verso la comprensione e l'identificazione di concetti astratti e generalizzati.

Questa metodologia, favorita da molti educatori, ha dimostrato di aumentare la motivazione degli studenti.
La ragione dietro ciò è che si sfida gli studenti a comprendere e generalizzare concetti senza i quali non
potrebbero risolvere il problema o il caso presentato. Una delle espressioni più note di questa pedagogia
induttiva è l'Apprendimento Basato sull'Indagine. Questo approccio pone lo studente al centro
dell'esperienza di apprendimento, e integra elementi di costruttivismo (dove lo studente è l'artefice della
propria conoscenza), di collaborazione e di apprendimento attivo.

Per avvalersi efficacemente dell'insegnamento induttivo, l'iniziativa didattica dovrebbe presentare un


dilemma o una situazione che richiede una conoscenza che non è stata ancora introdotta formalmente.
Questa pedagogia si estende su una gamma di metodi, differenziati tra loro a seconda dello stimolo iniziale,
della complessità dei materiali didattici e del livello di guida fornito ai discenti:

1. Apprendimento per Scoperta: Qui, gli studenti sono incoraggiati a indagare una domanda, un
problema o un set di dati in modo autonomo, senza intervento diretto del docente. Questo metodo
richiede un'alta autonomia da parte degli studenti e una preparazione accurata da parte
dell'insegnante.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

2. Apprendimento per Problemi: In questo approccio, gli studenti sono presentati con un problema
complesso e realistico e sono guidati nel definire, analizzare e risolvere il problema, integrando
nuove conoscenze lungo il percorso.

3. Apprendimento per Progetti: Concentrandosi sulla creazione di un prodotto finale, gli studenti
applicano e integrano competenze e conoscenze in un contesto pratico e spesso collaborativo.

4. Insegnamento mediante Studi di Caso: Gli studenti analizzano casi reali o ipotetici per applicare e
riflettere su concetti e competenze già acquisite.

5. Insegnamento Just-in-time: Questo metodo richiede che gli studenti rispondano a sondaggi su
argomenti non ancora trattati, sfidando le preconcezioni e costruendo curiosità per le lezioni
future.

6. Classi invertite (Flipped Classroom): Gli studenti si preparano al di fuori della classe attraverso
risorse come video-lezioni e poi applicano ciò che hanno appreso in un ambiente di classe
interattivo, focalizzandosi su problemi ed esercizi pratici.

Questi metodi, pur vari nella loro esecuzione, condividono l'obiettivo comune di rendere gli studenti
partecipanti attivi e centrali nel loro percorso di apprendimento.

Il metodo di insegnamento reciproco, come descritto da Brown e Palincsar, enfatizza l'importanza dei
processi metacognitivi nel migliorare la comprensione della lettura. Questo metodo si basa su quattro
attività chiave, che mirano a stimolare la consapevolezza degli studenti sulle proprie strategie di
apprendimento e sulla loro comprensione dei testi:

1. Riassumere: Qui, lo studente non si limita semplicemente a ripetere ciò che ha letto, ma elabora
attivamente i contenuti, identificando i concetti principali e tracciando una narrazione coerente che
connette le diverse parti del testo. Questo aiuta a consolidare la comprensione e a rendere
esplicito il filo logico del materiale.

2. Interrogarsi: Durante la lettura, lo studente è incoraggiato a porsi domande, stimolando una


riflessione profonda sul contenuto. Questo processo non solo aiuta a chiarire dubbi, ma permette
anche di riconoscere e collegare informazioni nuove a quelle già note, e di riconciliare eventuali
contraddizioni nel testo.

3. Chiarificare: Se un punto del testo risulta ambiguo o difficile da comprendere, l'interazione con gli
altri membri del gruppo o con l'insegnante può fornire spunti utili per una migliore comprensione.
Questo approccio riconosce l'importanza del dialogo e della collaborazione nell'apprendimento.

4. Predire: Questa fase sfida gli studenti a guardare al futuro, basandosi sulle informazioni presenti
nel testo, sulle proprie conoscenze preesistenti e sulle proprie capacità logiche. Fare previsioni può
stimolare una maggiore curiosità e interesse verso il materiale.

La flessibilità è un tratto distintivo del reciprocal teaching. Anche se le quattro attività sono centrali, non vi
è un ordine rigido in cui devono essere eseguite. Ciò che Brown e Palincsar hanno definito con precisione è
la dinamica interattiva tra i partecipanti. Ad esempio, nella configurazione base, un insegnante e uno
studente, che potrebbe avere difficoltà di lettura, si scambiano i ruoli. Dopo aver letto indipendentemente
un brano, il "docente" per turno guida l'altro attraverso le quattro attività.

Con il tempo, sono emerse variazioni di questa metodologia, spostando l'approccio verso un modello di
apprendimento più cooperativo. Un esempio notevole è la versione di Donna Dyer, che vede gli studenti
divisi in gruppi e a ciascuno assegnato un ruolo specifico.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Infine, secondo Brown e Palincsar, se ben implementato, l'insegnamento reciproco può trasformare un'aula
di studenti in una "comunità di apprendenti". In un tale ambiente, ogni studente non solo prende in mano
la responsabilità del proprio apprendimento, ma diventa anche una risorsa preziosa per i suoi compagni,
promuovendo un ambiente di collaborazione e di sostegno reciproco.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

CAPITOLO 5: LA STRUTTURA E L'EVOLUZIONE DEL CURRICOLO SCOLASTICO

La riforma costituzionale del 2001 ha rappresentato un punto di svolta significativo nel panorama educativo
italiano. Questa riforma ha introdotto il principio di sussidiarietà, un concetto che enfatizza la
decentralizzazione e la delega delle responsabilità. Nel contesto scolastico, ciò ha tradotto in una revisione
profonda del sistema delle autonomie territoriali, conferendo alle singole istituzioni scolastiche una
maggiore libertà decisionale e operativa.

Un altro cambiamento fondamentale è stato il passaggio da una struttura basata su "Programmi", che
erano essenzialmente prescrizioni dettagliate stabilite dal ministero sull'insegnamento, ai più flessibili
"Indicazioni". Questo ha segnato un allontanamento da un approccio rigido e prescrittivo verso uno più
adattabile e focalizzato sulle esigenze locali.

Ma per comprendere a fondo il concetto di curricolo e la sua progettazione, è indispensabile chiarire la


differenza tra tre termini chiave che spesso vengono utilizzati in modo intercambiabile, ma che hanno
sfumature distinte:

1. Conoscenza: Si tratta del vasto insieme di informazioni che un individuo possiede. Queste
informazioni possono comprendere fatti, nozioni, idee e possono essere acquisite attraverso vari
metodi come lo studio, l’osservazione o l’esperienza diretta.

2. Abilità: L'abilità va oltre la semplice conoscenza. È la capacità di utilizzare le informazioni che si


possiedono in maniera efficace e appropriata. Un individuo abile non solo "sa" qualcosa, ma sa
anche "come" utilizzarla, specialmente in situazioni standardizzate e prevedibili.

3. Competenza: Questa è la capacità più elevata e complessa tra le tre. Implica non solo avere
conoscenze e abilità, ma anche saperle integrare con altri elementi come attitudini, motivazioni,
emozioni e relazioni sociali. Le competenze permettono di affrontare sfide articolate e complesse,
unendo vari aspetti del sapere e dell'essere. È importante sottolineare che le competenze non sono
innate o ereditate geneticamente; piuttosto, si sviluppano lentamente nel corso della vita
attraverso esperienze e apprendimenti continui, e possono essere acquisite da chiunque,
indipendentemente dal background o dalle predisposizioni iniziali.

Queste definizioni pongono le basi per una comprensione più approfondita della progettazione curricolare,
garantendo che gli obiettivi educativi siano allineati non solo con la trasmissione di informazioni, ma anche
con lo sviluppo di abilità e competenze vitali per la vita di ogni studente.

FORME DI INTELLIGENZA: UNA PANORAMICA SU GARDNER E GOLEMAN

Howard Gardner (1943): Tra i precursori nella riflessione sul concetto di intelligenza, Gardner ha
rivoluzionato il modo in cui percepivamo l'intelligenza. Contrariamente all'idea tradizionale di
un'intelligenza unica, quantificabile attraverso un punteggio di QI, ha proposto la teoria delle intelligenze
multiple. Gardner ha evidenziato che gli individui esibiscono competenze diverse in vari ambiti dell'attività
umana. Ha inizialmente identificato sette tipi principali di intelligenza:

1. Logico-matematica: Riguarda la capacità di ragionare logicamente e risolvere problemi matematici.

2. Linguistico-verbale: Competenza nel linguaggio, nella lettura e nella scrittura.

3. Spaziale: Capacità di percepire il mondo visivamente e di creare immagini mentali.


Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

4. Musicale: Abilità di comprendere e creare la musica.

5. Cinestetica: Coinvolge il corpo e il movimento.

6. Interpersonale: Capacità di comprendere e interagire con gli altri.

7. Intrapersonale: Conoscenza e comprensione di sé.

Più tardi, ha aggiunto due ulteriori tipi di intelligenza: 8. Naturalistica: Conoscenza e amore per la natura.

9. Esistenziale: Riflessione sulle grandi domande della vita.

Nel suo testo "Cinque chiavi per il futuro", Gardner ha sottolineato l'importanza di cinque abilità chiave per
affrontare i cambiamenti e le sfide del futuro: intelligenza disciplinare, sintetica, creativa, rispettosa ed
etica. Gardner crede che un'applicazione pratica della sua teoria nelle aule possa aiutare a sviluppare una
gamma completa di abilità in ogni studente.

Daniel Goleman (1946): Goleman è meglio conosciuto per il suo lavoro sull'intelligenza emotiva. Anche se
il concetto fu inizialmente introdotto da Salovey e Mayer, fu Goleman a portarlo all'attenzione del grande
pubblico. L'intelligenza emotiva di Goleman descrive la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni
e quelle degli altri. Evidenziando l'importanza dell'intelligenza emotiva oltre al semplice QI, Goleman ha
distinto tra competenze personali, che riguardano la comprensione delle proprie emozioni, e competenze
sociali, che si riferiscono alla comprensione e interazione con gli altri. Ha inoltre delineato cinque aspetti
fondamentali dell'intelligenza emotiva: consapevolezza di sé, dominio di sé, motivazione, empatia e abilità
sociale. Questi aspetti enfatizzano l'importanza delle emozioni nella determinazione del successo e della
felicità nella vita di un individuo.

TEORIE DELL'EVOLUZIONE EMOTIVA: UNO SGUARDO DETTAGLIATO AL LAVORO DI L. A. SROUFE

L. A. Sroufe: Uno dei maggiori teorici del campo dello sviluppo emotivo, Sroufe ha proposto una visione
dinamica dell'evoluzione delle emozioni negli esseri umani. Secondo la sua teoria della differenziazione
emotiva, l'individuo nasce con un insieme di emozioni primarie, che si sviluppano e si diversificano con il
tempo e l'esperienza. Nel suo lavoro intitolato "Lo sviluppo delle emozioni", Sroufe ha tracciato una mappa
accurata delle fasi attraverso le quali passano le emozioni, delineando otto stadi fondamentali:

1. Stadio Neonatale: In questa fase iniziale, il neonato appare quasi immune agli stimoli esterni.
Alcuni segni precursori di emozioni come il sorriso durante il sonno e il pianto emergono, ma sono
piuttosto indifferenziati.

2. Stadio di Risposta (0-3 mesi): Con una crescente sensibilità agli stimoli esterni, il bambino inizia a
rispondere attraverso meccanismi innati, come piangere o agitarsi.

3. Emergere dell'Emotività (3-6 mesi): Qui, assistiamo all'apparizione del sorriso sociale e al sorgere
della distinzione tra ciò che è interno e ciò che è esterno al bambino. Questa fase segna l'inizio di
un'effettiva vita emotiva con emozioni come piacere, rabbia e disappunto.

4. Differenziazione Emotiva (7-9 mesi): Il bambino inizia a esprimere emozioni più specifiche e
distinguibili, come gioia, rabbia e paura.

5. Fase dell'Attaccamento (9-12 mesi): Questo periodo vede il bambino formare legami profondi con
le persone che si prendono cura di lui. L'espressione delle emozioni diventa più sofisticata,
riflettendo le sue interazioni.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

6. Esplorazione e Separazione (12-18 mesi): Il desiderio di esplorare il mondo circostante emerge, ma


il bisogno di attaccamento rimane forte. Ciò porta a una tensione tra il bisogno di avventurarsi e il
desiderio di sicurezza.

7. Sviluppo del Sé (18-36 mesi): A causa della tensione tra attaccamento e bisogno di esplorazione, il
bambino inizia a sviluppare una crescente consapevolezza di sé. Questo porta all'emergere di
emozioni come l'auto-stima e la vergogna.

8. Maturazione Emotiva (3-5 anni): In questa fase, il bambino inizia a manifestare emozioni più
complesse e ha una maggiore comprensione delle implicazioni delle sue azioni. Diventa quindi più
abile nel controllare e, se necessario, nel nascondere le sue emozioni.

Il viaggio dello sviluppo emotivo, come delineato da Sroufe, sottolinea come le emozioni siano un aspetto
cruciale dell'esperienza umana, evolvendosi e maturando mano a mano che l'individuo cresce e si sviluppa.

C.E. Izard: La Teoria Differenziale dello Sviluppo Emotivo

C.E. Izard ha proposto una teoria dello sviluppo emotivo che, pur avendo affinità con le idee di Sroufe,
presenta alcune distinzioni cruciali e approfondimenti specifici. Secondo Izard, ogni individuo nasce con un
insieme innato di emozioni fondamentali. Queste emozioni primarie, tra cui rabbia, tristezza, gioia e
disprezzo, sono organizzazioni biologicamente radicate che giocano un ruolo cruciale nel guidare e
motivare il comportamento umano.

La visione di Izard dell'emozione è in gran parte biologica e istintiva. Afferma che le emozioni primarie
emergono non come risultato di esperienze personali o apprendimento, ma piuttosto come prodotti di
meccanismi innati. Questa idea contrasta con molte altre teorie che pongono una maggiore enfasi
sull'interazione tra natura e nutrimento nello sviluppo delle emozioni.

Gli aspetti salienti della teoria di Izard sono:

1. Stabilità Emozionale: Per Izard, le emozioni fondamentali sono stabili e consistenti fin dalla loro
prima apparizione. Ciò significa che mentre la loro espressione e comprensione possono variare, la
loro essenza rimane costante.

2. Centralità del Sistema Nervoso: A differenza di altre teorie che possono sottolineare il ruolo del
sistema autonomo, Izard afferma che il processo emotivo è principalmente guidato dal sistema
nervoso centrale. Il sistema autonomo svolge un ruolo complementare in questo contesto.

3. Maturazione Innata: Le emozioni emergono seguendo un percorso maturativo predeterminato.


Questa idea suggerisce che le emozioni sono in gran parte prodotti della biologia e hanno funzioni
evolutive, aiutando l'individuo ad adattarsi al suo ambiente.

4. Configurazioni Emotive Complesse: Mentre le emozioni fondamentali sono stabili, possono


combinarsi in vari modi per formare emozioni più complesse. Questa combinazione può essere
influenzata da esperienze e contesti specifici.

5. Interconnessione tra Emozione e Cognizione: Anche se Izard sottolinea la natura innata delle
emozioni, riconosce anche la stretta interazione tra emozione e cognizione. Mentre le emozioni
fondamentali rimangono stabili, la loro interazione con i processi cognitivi può variare con l'età,
l'esperienza e le circostanze.

In sintesi, la teoria di Izard pone l'enfasi sull'importanza e sulla centralità delle emozioni primarie nello
sviluppo emotivo, vedendole come pilastri stabili e invariati nel corso della vita di un individuo. Tuttavia,
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

riconosce anche la complessità della sfera emotiva e come le emozioni possano interagire e combinarsi in
modi nuovi e diversi in risposta a specifici contesti e esperienze.

A. Bandura e la Teoria dell'Apprendimento Sociale

Albert Bandura è una figura di spicco nel campo della psicologia, particolarmente noto per la sua teoria
dell'apprendimento sociale. Questa teoria, situata nel contesto cognitivista, sostiene che gli individui, in
particolare i bambini, acquisiscono nuove competenze e comportamenti osservando e imitando gli altri nel
loro ambiente sociale.

Il suo famoso esperimento della bambola Bobo con bambini in età prescolare ha rivelato risultati
fondamentali. Questo studio ha sfidato l'idea tradizionale del comportamentismo, che afferma che
l'apprendimento avviene principalmente attraverso premi e punizioni. Bandura ha dimostrato che
l'apprendimento può anche avvenire osservando gli altri, un processo che ha chiamato "apprendimento
osservativo" o "apprendimento vicario". Questo tipo di apprendimento si basa sulla capacità dell'individuo
di imitare un modello, influenzato da ciò che accade al modello stesso. Se il modello riceve una ricompensa
o una punizione, questo può influenzare la probabilità che l'osservatore adotti o eviti quel comportamento
specifico, un fenomeno noto come "rinforzo vicario".

Bandura ha introdotto anche il concetto di "modellamento", riferendosi al processo attraverso il quale il


comportamento di un individuo, agendo come modello, influisce sul comportamento dell'osservatore.

Un ulteriore sviluppo significativo nella teoria di Bandura è il costrutto di autoefficacia (self-efficacy).


Questo concetto mescola gli elementi del comportamentismo con quelli della cognizione, sottolineando la
capacità dell'individuo di anticipare e prevedere le proprie reazioni e comportamenti basandosi sulle
esperienze passate e sulle riflessioni personali. L'autoefficacia riguarda la convinzione dell'individuo sulla
propria capacità di raggiungere un determinato obiettivo o compito. Questa convinzione può influenzare
direttamente il comportamento: chi ha una forte sensazione di autoefficacia tende a impegnarsi di più e ad
ottenere risultati migliori, mentre chi ha una bassa autoefficacia potrebbe evitare particolari compiti o
sfide.

Gli individui con una forte autoefficacia sono spesso caratterizzati da una maggiore capacità di
autoriflessione, che li porta ad analizzare e riflettere sulle proprie esperienze e pensieri, e di
autoregolazione, che li aiuta a guidare e motivare il proprio comportamento in base a obiettivi e standard
interni, piuttosto che essere influenzati esclusivamente da fattori esterni.

Albert Bandura è una figura emblematica nel panorama della psicologia, noto soprattutto per la sua teoria
dell'apprendimento sociale. Questa visione, radicata nel contesto cognitivista, suggerisce che gli individui, e
in particolare i bambini, apprendono nuove abilità e comportamenti osservando e imitando gli altri nel loro
contesto sociale.

Il suo celebre esperimento della bambola Bobo su bambini in età prescolare ha portato a scoperte
rivelatrici. Questa ricerca ha messo in discussione l'idea dominante del comportamentismo, che vedeva
l'apprendimento come un processo guidato principalmente da premi e punizioni. Bandura, invece, ha
illustrato che l'apprendimento può avvenire anche semplicemente osservando gli altri, un fenomeno che ha
definito "apprendimento osservativo" o "apprendimento vicario". Questa forma di apprendimento dipende
dalla capacità dell'individuo di imitare un comportamento visto in un modello, influenzato dalle
conseguenze che il modello sperimenta, che può essere una ricompensa o una punizione, in un
meccanismo noto come "rinforzo vicario".

Un altro concetto introdotto da Bandura è il "modellamento", che si riferisce al modo in cui il


comportamento di un individuo, che funge da modello, può influenzare il comportamento di chi lo osserva.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Una componente cruciale nella teoria di Bandura è l'introduzione dell'autoefficacia (self-efficacy). Questa
nozione combina gli elementi chiave del comportamentismo con quelli della cognizione, evidenziando la
capacità dell'individuo di anticipare e prevedere le proprie azioni basandosi sulle esperienze passate e sulla
propria riflessione. L'autoefficacia riguarda la fiducia che l'individuo ha nelle proprie capacità di raggiungere
un determinato obiettivo o compito. Questa fiducia può avere un impatto diretto sul comportamento: chi
ha un'alta autoefficacia tende a impegnarsi di più e a ottenere risultati migliori, mentre chi ha una bassa
autoefficacia potrebbe evitare certe sfide o compiti.

Chi possiede una forte autoefficacia spesso mostra una profonda capacità di autoriflessione, che consente
loro di analizzare e riflettere sulle proprie esperienze e pensieri, e di autoregolazione, che li guida nel
definire e motivare il proprio comportamento secondo obiettivi e standard personali, piuttosto che essere
guidati unicamente da fattori esterni.
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CAP. 6 LE COMPETENZE SOCIALI DEL DOCENTE: UN FULCRO RELAZIONALE

Il ruolo del docente va ben oltre la semplice trasmissione di contenuti didattici. Esso si estende in un
intricato labirinto di rapporti e relazioni, sia con gli studenti all'interno della classe, sia con un vasto
universo di adulti nel contesto scolastico - dai dirigenti scolastici agli altri docenti, dagli specialisti ai genitori
degli studenti. Questa ragnatela di interazioni rende imperativo che il docente acquisisca e affini una serie
di competenze sociali. Queste competenze includono vari stili comportamentali, capacità di gestione e
controllo della classe, metodi per innalzare e mantenere alta la motivazione degli studenti, e l'abilità di
cooperare efficacemente con i colleghi.

Le competenze sociali sono strettamente legate alle abilità comunicative. Delimitando la comunicazione,
possiamo identificarla su tre piani principali:

1. Comunicazione Verbale: Questo aspetto riguarda il linguaggio, sia esso scritto o parlato. Un
individuo è considerato competente a livello linguistico quando sa utilizzare la comunicazione
verbale per descrivere, articolare pensieri, condividere informazioni, e contemporaneamente,
riesce a decifrare e interpretare le varie sfumature dei messaggi, sia essi scritti o orali, che gli
vengono diretti.

2. Comunicazione Paraverbale: Si focalizza sull'uso della voce, includendo aspetti come il volume, il
tono, il ritmo, l'accento sulle parole, il timbro e l'altezza della voce. Questi elementi, che a volte
sono costanti e in altre occasioni variano a seconda del contesto, trasmettono informazioni
preziose riguardo lo stato d'animo e le emozioni dell'oratore. Riconoscere e interpretare la
comunicazione paraverbale dell'interlocutore può consentire di modulare la propria, al fine di
instaurare una comunicazione fluida ed efficace.

3. Comunicazione Non Verbale: Questa dimensione engloba tutto ciò che riguarda l'uso del corpo e la
sua espressività - dalla mimica facciale, allo sguardo, dai gesti alle posture, dalla gestione delle
distanze (prossemica) al modo in cui ci si veste e ci si presenta. La regola di Mehrabian, che
suggerisce la distribuzione 7%-38%-55% per la comunicazione, mette in evidenza quanto la
comunicazione non verbale sia cruciale nel trasmettere emozioni e sentimenti.

Robert Norton, nel 1974, ha introdotto un'innovativa prospettiva sulla comunicazione: lo stile
comunicativo. Questo concetto ha trovato applicazione in vari settori, ma è particolarmente rilevante
nell'ambito dell'istruzione. Lo stile comunicativo riflette il modo in cui una persona si rapporta con gli altri
attraverso la comunicazione verbale, paraverbale e non verbale. Serve a delineare come l'individuo vuole
essere percepito, interpretato e compreso rispetto ai contenuti che comunica.

Questo stile non è definito da un'unica variabile, ma da una combinazione di 11 variabili o costrutti
identificati da Norton. Queste variabili, quali dominante, amichevole, attento, rilassato, polemico,
drammatico, animato, aperto, d’effetto e preciso, sono misurabili. A queste si aggiunge l'undicesima
variabile, "immagine del comunicatore", che riflette l'efficacia e la positività della comunicazione di un
individuo in diverse situazioni. Norton ha progettato un questionario, il Communicator Style Measure
(CSM), per valutare questi stili, il quale ha subito diverse revisioni nel tempo.

Nell'ambito educativo, gli strumenti di Norton sono utilizzati per analizzare sia come i docenti percepiscono
il proprio stile comunicativo, sia come viene percepito dagli studenti. Studi hanno identificato tre principali
stili comunicativi tra i docenti: il docente umano (caratterizzato da un approccio aperto, attento e
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

amichevole), il docente attore (orientato all'effetto, drammaticità e animazione) e il docente autoritario


(con un approccio dominante, preciso e polemico).

Le ricerche hanno evidenziato discrepanze tra la percezione che i docenti hanno del proprio stile e come
vengono effettivamente percepiti dagli studenti. Questa constatazione ha spostato l'attenzione dei
ricercatori sui modelli di interazione tra docenti e studenti. Un esempio è il Modello di Leary, che considera
le relazioni interpersonali lungo due assi principali: Dominanza-Sottomissione e Ostilità-Affetto.

Nel 1985, questo modello è stato adattato al contesto educativo, dando origine al Modello Interpersonale
del Comportamento del Docente (MITB). Questo modello identifica due dimensioni chiave: la Dimensione
Influenza, relativa al grado di controllo del docente nella comunicazione, e la Dimensione Prossimità, che
indica la vicinanza e cooperazione tra docente e studenti. Visivamente, il MITB è rappresentato da una
griglia bidimensionale con otto settori che definiscono specifici comportamenti docenti.

Per misurare il comportamento dei docenti secondo il MITB, viene utilizzato il Questionnaire on Teacher
Interaction (QTI). Questo strumento, composto da 77 osservazioni, valuta l'interazione del docente da
diverse prospettive, fornendo infine un profilo interpersonale basato su otto valori medi.

Numerosi studi hanno utilizzato il QTI per analizzare i profili interpersonali dei docenti, rivelando l'esistenza
di otto modelli comportamentali predominanti tra gli educatori. Questi variano da approcci direttivi e
autorevoli a quelli tolleranti o incerti, con diverse implicazioni sull'ambiente di apprendimento.

Il concetto di flusso nell’apprendimento

La motivazione è un motore fondamentale dell'apprendimento e può essere suddivisa in due tipologie:


intrinseca ed estrinseca. La motivazione intrinseca nasce dall'interesse genuino e dalla passione per
l'attività in sé, dove l'atto stesso di svolgere l'attività rappresenta una gratificazione. Al contrario, la
motivazione estrinseca è guidata da incentivi esterni, come ricompense o riconoscimenti.

Nell'ambiente scolastico, la distinzione è chiara. Uno studente può studiare una materia perché ne è
veramente affascinato (motivazione intrinseca) o perché vuole una buona votazione o una lode
(motivazione estrinseca). L'ideale educativo, però, è quando uno studente trova gioia nell'apprendimento
stesso, indipendentemente dalle ricompense esterne.

Mihaly Csikszentmihalyi, psicologo ungherese, ha esplorato profondamente questo aspetto attraverso il


concetto di "flusso". Studiando gli artisti e il loro processo creativo, ha notato che essi si immergono
completamente nelle loro attività, tanto da perdere la nozione del tempo. Questo stato di assorbimento
totale, dove l'individuo è completamente coinvolto e motivato nell'attività che sta svolgendo, è stato
denominato "flusso" o "esperienza ottimale".

Csikszentmihalyi ha identificato due condizioni principali per raggiungere lo stato di flusso:

1. La percezione dell'attività come una sfida equilibrata rispetto alle proprie abilità.

2. Obiettivi chiari e feedback immediato sull'avanzamento.

L'esperienza di flusso è profondamente legata alla motivazione intrinseca. Favorisce l'apprendimento,


poiché spinge l'individuo a cercare sfide sempre maggiori per sperimentare nuovamente quella sensazione.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Dopo aver sperimentato il flusso, l'individuo tende a cercare attività più complesse per rivivere quella
stessa esperienza.

Csikszentmihalyi ha sviluppato diversi strumenti per misurare e analizzare l'esperienza di flusso, tra cui il
Questionario di flusso e la Scala di flusso. Questi strumenti hanno portato alla creazione di modelli grafici
che rappresentano l'equilibrio tra le sfide e le abilità di un individuo, evidenziando le aree di "flusso", "noia"
e "ansia".

In ambito educativo, l'esperienza di flusso è cruciale. Se gli studenti sperimentano regolarmente il flusso,
sono più propensi a guidare autonomamente il proprio apprendimento. Sono più motivati, più coinvolti e
sviluppano una maggiore autostima. Strategie educative come l'apprendimento cooperativo e il tutoraggio
tra pari possono favorire l'esperienza di flusso, rendendo l'apprendimento più profondo e significativo.

CO-TEACHING: UNA PRATICA COLLABORATIVA NEL MONDO SCOLASTICO

Il mondo dell'istruzione è caratterizzato non solo dalla trasmissione di conoscenze, ma anche dalla
profonda interazione tra i membri della comunità scolastica. Questa interazione trascende gli obblighi
formali, come quelli previsti dai contratti di lavoro, e include una serie di modalità collaborative tra docenti,
essenziali per la loro crescita professionale.

1. Definizione di Co-Teaching: Il termine "co-teaching" si riferisce all'insegnamento collaborativo tra due


docenti. Questo approccio è stato definito dalle studiose Cook e Friend attraverso quattro pilastri:

 La collaborazione tra due educatori.

 La trasmissione di concetti fondamentali agli studenti.

 La gestione di gruppi di studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES).

 L'adozione di pratiche didattiche condivise.

Originariamente, il co-teaching era rivolto principalmente all'inclusione, cioè all'integrazione di studenti con
difficoltà di apprendimento nel contesto di classe. Con il tempo, la sua portata si è ampliata, venendo
utilizzata in contesti diversificati come l'insegnamento a gruppi eterogenei, studenti stranieri, studenti
particolarmente dotati o come approccio innovativo per personalizzare l'apprendimento.

2. Tipologie di Co-Teaching secondo Cook e Friend:

 Insegnamento Osservativo: Un docente insegna, mentre l'altro osserva per raccogliere dati.

 Insegnamento a Stazione: Rotazione di gruppi di studenti tra insegnanti organizzati in "isole" di


banchi.

 Insegnamento Parallelo: Entrambi gli insegnanti impartiscono la stessa lezione a metà classe
ciascuno.

 Insegnamento Alternativo: Un docente presenta i contenuti principali, l'altro interviene con un


gruppo specifico per attività aggiuntive.

 Team-Teaching: Collaborazione sinergica tra i docenti che alternano la presentazione degli


argomenti.

 Assistenza in Aula: Mentre un docente insegna, l'altro fornisce assistenza individuale agli studenti.

3. Implementazione del Co-Teaching:


Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

 Preparazione Iniziale: Sensibilizzare la comunità scolastica e inserire il co-teaching nel Piano


Triennale dell'Offerta Formativa (PTOF).

 Pianificazione: Definire classi, contenuti, obiettivi e aspetti logistici del progetto.

 Preparazione e Attività Didattica: Pianificazione dettagliata delle lezioni, con particolare attenzione
alla comunicazione.

 Monitoraggio: Verifica continua delle attività.

 Valutazione: Valutare sia gli studenti, rendendoli consapevoli dei criteri di valutazione, sia l'efficacia
del progetto attraverso feedback dagli studenti.

Il co-teaching, quindi, si pone come una strategia didattica dinamica e flessibile, in grado di rispondere alle
diverse esigenze degli studenti, promuovendo al contempo una crescita professionale per i docenti
coinvolti.

LA COMUNITÀ PRATICA: UN APPROFONDIMENTO

La nozione di "comunità pratica" rappresenta un caposaldo nell'ambito delle teorie dell'apprendimento


sociale. Fu lo studioso Etienne Wenger a presentare questo concetto alla fine degli anni '90, mettendo in
evidenza come un insieme di individui possa radunarsi intorno a un interesse o una passione comune,
contribuendo attivamente alla costruzione e alla condivisione delle conoscenze.

1. Definizione: Una comunità pratica non è semplicemente un gruppo di persone che condividono un
interesse. Piuttosto, è un'entità dinamica, dove gli individui interagiscono, apprendono e si sviluppano
attraverso un impegno congiunto. Si tratta di un ambiente in cui la passione e la dedizione verso un
determinato argomento o una pratica specifica guidano l'apprendimento collettivo.

2. Caratteristiche chiave:

 Mutuo Impegno: Questo aspetto riguarda l'interazione tra i membri della comunità. Non basta
semplicemente far parte della comunità; è fondamentale partecipare attivamente. Ciò richiede la
creazione di occasioni, la messa a punto di strumenti e la definizione di modalità di interazione che
incoraggino una partecipazione significativa.

 Impresa Comune: Al centro di ogni comunità pratica vi è un obiettivo o una missione. Questa
"impresa comune" guida gli sforzi collettivi, stabilendo una direzione e un proposito chiari. È
l'obiettivo che la comunità mira a raggiungere, fornendo un senso di scopo e direzione a tutti i suoi
membri.

 Repertorio Condiviso: Ogni comunità pratica sviluppa un insieme unico di risorse: linguaggi,
strumenti, storie, esperienze, che i membri utilizzano nel corso del tempo. Questo repertorio
diventa il "collante" che lega i membri insieme, offrendo una base comune di comprensione e un
punto di riferimento.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

CAP. 8 - PROFONDITA' DEGLI STILI DI APPRENDIMENTO E L'ADATTAMENTO DEGLI STILI DI


INSEGNAMENTO

Negli anni ’70, un'onda di rinnovamento ha attraversato il mondo educativo: numerosi ricercatori hanno
iniziato a esplorare la teoria secondo cui gli studenti potrebbero avere stili di apprendimento distinti e
variabili. Questa percezione ha sollevato l'importanza di adattare le strategie didattiche in funzione di tali
stili, al fine di offrire un insegnamento più personalizzato e, quindi, efficace.

1. Evoluzione dei Modelli Teorici: Diversi modelli teorici sugli stili di apprendimento sono stati sviluppati
nel corso degli anni, molti dei quali sono stati corroborati da prove sperimentali. L'obiettivo principale di
questi modelli è stato quello di:

 Potenziare la consapevolezza degli studenti riguardo le loro personali modalità di apprendimento.

 Fornire agli educatori degli strumenti per identificare e adottare metodi didattici ottimali in linea
con gli stili di apprendimento dei singoli studenti.

 Aiutare gli studenti a comprendere le proprie inclinazioni e abilità, facilitando così scelte formative
e professionali più consapevoli in futuro.

2. Complessità nella Definizione: La vastità e la varietà di teorie sugli stili di apprendimento derivano dalla
complessità intrinseca del concetto stesso. Ogni modello teorico ha radici in diversi paradigmi concettuali,
rendendo difficile una definizione universale.

3. Fattori Chiave nell'Analisi degli Stili di Apprendimento: Nonostante la diversità dei modelli, è possibile
individuare alcuni fattori comuni che emergono frequentemente:

 Fattori Cognitivi/Psicologici: Si riferiscono ai metodi con cui un individuo elabora le informazioni.


Ciò include le capacità di memoria, di analisi e di sintesi.

 Fattori Affettivi/Emotivi: Comprendono aspetti come la personalità dell'individuo, la sua


motivazione, il livello di emotività e la propria consapevolezza di sé.

 Fattori Fisiologici/Ambientali: Questi riguardano le caratteristiche biologiche e i canali sensoriali


che un individuo utilizza in modo predominante per apprendere (ad esempio, visivo, uditivo,
cinestetico).

 Fattori Sociologici: Questi affrontano le abilità relazionali e interpersonali dell'individuo e come


influenzano l'apprendimento in un contesto sociale.

Nel panorama delle teorie sull'apprendimento, quella dell'apprendimento esperienziale proposta da David
Kolb nel 1971 si distingue per la sua profondità e per l'interconnessione con i lavori di eminenti studiosi
come Dewey, Piaget, Lewin e Rogers. Kolb si è basato su sei pilastri per strutturare la sua teoria,
rappresentando un modello di come gli individui apprendono attraverso le esperienze.

I Sei Assiomi del Modello di Kolb:

1. Approccio Processuale: L'apprendimento viene visto come un continuo processo dinamico,


piuttosto che un insieme statico di conoscenze. Questo enfatizza la necessità di coinvolgere gli
studenti attivamente, fornendo feedback tempestivi.

2. Fondamento sul Precedente: L'apprendimento è più efficace quando si costruisce sulle conoscenze
e esperienze preesistenti dello studente.
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3. Risoluzione dei Conflitti: Adattarsi all'ambiente esterno spesso comporta superare dissonanze o
conflitti tra modi diversi di apprendimento.

4. Approccio Olistico: L'apprendimento integra l'intero essere – pensieri, emozioni, percezioni e


comportamenti – e non può essere suddiviso in parti separate.

5. Sinergia tra Persona e Ambiente: L'apprendimento è il risultato dell'interazione dinamica tra


l'individuo e il suo ambiente.

6. Costruzione della Conoscenza: Questo è un'eco dell'approccio costruttivista, dove la conoscenza


viene continuamente ricostruita e personalizzata.

Il Ciclo di Apprendimento di Kolb: La teoria si evolve in un ciclo di apprendimento in quattro fasi:

1. Esperienza Concreta: Fase in cui si sperimenta attivamente, con la percezione come azione
principale.

2. Osservazione Riflessiva: Qui, l'individuo riflette sulle esperienze, cercando di interpretarle e


comprenderle.

3. Concettualizzazione Astratta: Da una riflessione emerge un modello teorico o concetto.

4. Sperimentazione Attiva: Si mette alla prova il modello o la teoria attraverso nuove esperienze,
completando il ciclo.

Questo ciclo rappresenta una dialettica continua tra ricezione e trasformazione, echi delle teorie evolutive
di Piaget sullo sviluppo cognitivo.

Interconnessioni con le Neuroscienze: In una convergenza sorprendente tra pedagogia e neuroscienze, il


biologo Zull ha correlato le fasi del ciclo di apprendimento di Kolb con specifiche aree della corteccia
cerebrale. Questo collegamento suggerisce che l'apprendimento esperienziale non è solo un modello
concettuale, ma ha una base neurologica, con differenti aree del cervello che si attivano sequenzialmente
durante il processo di apprendimento.

Basandosi sulla teoria dell'apprendimento, Kolb ha sviluppato un dettagliato modello di sviluppo articolato
in tre stadi evolutivi:

1. Fase dell’acquisizione (dalla nascita all'adolescenza): Durante questa fase, si osserva lo sviluppo
delle competenze fondamentali e delle strutture cognitive del soggetto. In questo periodo, il
soggetto è intrinsecamente incline all'apprendimento, assorbendo informazioni e sviluppando
abilità in modo organico.

2. Fase della specializzazione (dall'istruzione avanzata alle prime esperienze lavorative): Qui, lo stile
di apprendimento del soggetto si affina e si specializza, modellato dalle esperienze sociali,
educative e professionali che incontra. È un periodo di focalizzazione, dove il soggetto inizia a
mostrare una preferenza per certi modi di apprendere basati sulle esperienze vissute.

3. Fase dell'integrazione (dalla consolidazione della carriera in avanti): Durante questa fase, gli stili di
apprendimento sono messi alla prova in ambito lavorativo e nella vita quotidiana. Il soggetto inizia
a sperimentare, integrando e adattando ciò che ha appreso in diverse situazioni e contesti.

All'interno di questi stadi evolutivi, si possono identificare alcune tendenze chiave, tra cui una maggiore
complessità nelle quattro fasi del ciclo di apprendimento, un incremento del relativismo nelle strategie di
adattamento dell'individuo all'ambiente, e un'accentuata integrazione tra i vari processi dialettici
dell'apprendimento.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

Kolb ha successivamente collegato la sua tesi sul ciclo dell'apprendimento agli stili individuali di
apprendimento. Ha suggerito che ogni fase del ciclo corrisponde a un particolare stile di apprendimento,
indicando che ogni persona ha una predisposizione naturale verso una delle quattro fasi. Queste
inclinazioni sono influenzate da fattori come la genetica, le esperienze passate e l'ambiente circostante.

Per analizzare e categorizzare questi stili di apprendimento, Kolb ha ideato il "Learning Style Inventory", un
questionario composto da 12 domande. Al termine della compilazione, è possibile identificare lo stile di
apprendimento dominante del soggetto. Kolb ha identificato quattro stili principali:

1. Stile divergente: Questo stile enfatizza la percezione e la riflessione. Individui con tale stile tendono
a osservare situazioni da diverse prospettive, mostrando un'eccezionale capacità immaginativa e
creatività. Tuttavia, possono anche risultare dispersivi e inclini a perdere il focus.

2. Stile assimilante: Qui, la riflessione e il pensiero sono dominanti. Gli individui sono bravi a
sintetizzare informazioni e a concentrarsi efficacemente. Tuttavia, possono evitare interazioni
sociali e trascurare aspetti pratici.

3. Stile convergente: L'enfasi è sul pensiero e sull'azione. Gli individui con questo stile sono orientati
alla pratica, con una forte capacità di applicare teorie in contesti reali. Tendono, però, a essere
meno inclini verso idee innovative.

4. Stile accomodante: Questo stile valorizza l'azione e la percezione. Gli individui sono intuitivi,
adattabili e socialmente abili. Ma possono anche tendere a improvvisare o adottare approcci
superficiali ai compiti.

La teoria di Kolb sull'apprendimento ha suscitato molto interesse nel mondo accademico e ha spinto molti
ricercatori a indagare ulteriormente su questa teoria, cercando di validarla e ampliarla attraverso ricerche
sperimentali. Uno degli studiosi che ha apportato notevoli contributi in questo campo è David Hunt. Nel
1985, Hunt ha introdotto ulteriori quattro stili di apprendimento, che sembravano colmare le lacune
presenti nella rappresentazione grafica proposta da Kolb. Queste nuove tipologie sono:

Stile Settentrionale: Gli individui con questo stile di apprendimento mostrano un forte orientamento verso
l'esperienza concreta e una buona capacità riflessiva. Tuttavia, trovano difficoltà nell'organizzare le loro
riflessioni in un sistema astratto e coerente che possa indirizzare efficacemente le sperimentazioni future.

Stile Orientale: Questo stile è caratterizzato da una marcata inclinazione per l'osservazione riflessiva.
Nonostante ciò, gli individui con questo stile manifestano una limitata capacità di sperimentazione attiva,
che si traduce in una difficoltà nel progettare azioni concrete per verificare le loro riflessioni e idee.

Stile Meridionale: Gli appartenenti a questa categoria hanno un forte senso della concettualizzazione
astratta. Tuttavia, mostrano una carenza nel coinvolgimento con esperienze concrete. Questo può causare
difficoltà nell'interazione con gli altri, nella gestione dei sentimenti e nell'assorbire appieno le esperienze
vissute.

Stile Occidentale: Gli individui con questo stile di apprendimento sono particolarmente orientati alla
sperimentazione attiva. Ma, parallelamente, manifestano una capacità riflessiva limitata. Questo può
portare a difficoltà nel riflettere in modo critico sulle proprie azioni e nel riconoscere e correggere eventuali
errori.

In seguito a ulteriori ricerche, nel 2002, Kolb, insieme ai suoi collaboratori, ha introdotto un'ulteriore
categoria, il Stile Bilanciato. Gli individui che si identificano in questo stile di apprendimento hanno una
distribuzione equilibrata delle competenze e abilità tra le diverse fasi del ciclo dell'apprendimento. Ciò
significa che sono in grado di sfruttare al massimo ogni fase del ciclo, garantendo un processo di
apprendimento ottimale.
Approfondimenti di Pedagogia e Competenze didattiche

La teoria elaborata dai coniugi Dunn rappresenta un altro pilastro fondamentale nella comprensione degli
stili di apprendimento. Secondo questa prospettiva, lo stile di apprendimento di uno studente emerge dalla
combinazione di diversi fattori che influenzano le modalità con cui uno studente apprende e l'efficacia di
tale apprendimento. La teoria suggerisce che, quando questi fattori si combinano in un certo modo, essi
possono ottimizzare o compromettere il processo di apprendimento di uno studente.

Nel 2005, i Dunn hanno presentato una versione raffinata della loro teoria, nella quale hanno identificato e
raggruppato i fattori che influenzano lo stile di apprendimento in cinque principali categorie:

1. Ambientale: Questa categoria comprende elementi come il livello di rumore nell'ambiente, la


luminosità, la temperatura e l'organizzazione spaziale.

2. Emotivo: In questa sezione, vengono considerati aspetti legati alla motivazione dello studente, alla
sua persistenza nel perseguire obiettivi, alla responsabilità e alla necessità di una struttura nel
processo di apprendimento.

3. Sociologico: Questo ambito si concentra su come lo studente preferisce apprendere in termini di


interazione sociale, ad esempio se preferisce studiare da solo o in gruppo, se risponde meglio
all'autorità o desidera varietà nel suo apprendimento.

4. Fisiologico: Questa categoria riguarda le percezioni sensoriali (come udito, vista, tatto, gusto e
olfatto), l'orario di massima efficacia nell'apprendimento (mattino o sera), le preferenze alimentari
e il bisogno di movimento durante lo studio.

5. Psicologico: Qui si analizzano le preferenze nell'elaborazione delle informazioni, se lo studente ha


un approccio globale o analitico e se tende ad agire in modo riflessivo o impulsivo.

I fattori sopra elencati hanno origine da due fonti principali: la biologia (genetica) e l'evoluzione (basata
sulle esperienze di vita).

Per determinare lo stile di apprendimento di uno studente, i Dunn hanno ideato un questionario. Dopo
averlo compilato, è possibile attribuire un punteggio a ciascun fattore, il quale può variare tra due estremi
(ad es. "preferisce silenzio" vs "preferisce rumore") con cinque livelli intermedi.

Una questione che si pone riguardo all'utilizzo di questo questionario è se gli studenti siano realmente in
grado di autovalutare accuratamente il proprio stile di apprendimento. Nonostante queste perplessità, le
analisi dei Dunn, basate su una vasta serie di risposte, hanno evidenziato che gli studenti sembrano abili
nell'identificare i fattori chiave che influenzano il loro apprendimento. Questi risultati sottolineano
l'importanza di riconoscere e organizzare l'ambiente didattico in modo da supportare e potenziare lo stile
di apprendimento individuale di ogni studente.

Neil Fleming ha sviluppato un terzo modello, ispirandosi ai fattori percettivi identificati dal modello dei
coniugi Dunn, e lo ha denominato VARK, un acronimo che sta per Visual (Visivo), Aural (Uditivo), Read/write
(Testuale) e Kinesthetic (Cinestetico). Questo modello, pur avendo una radice fisiologica, poiché si focalizza
sulle caratteristiche biologiche dei sensi, mette in relazione diretta la sensazione con la percezione, ovvero
il processo di elaborazione cognitiva delle informazioni provenienti dall'esterno, captate attraverso i sensi.

Per Fleming, la chiave della comprensione dello stile di apprendimento degli studenti risiede nel modo in
cui essi ricevono e trasmettono le informazioni in maniera efficace. Questa prospettiva ha notevoli
conseguenze dal punto di vista didattico. Infatti, consente ai docenti di orientare l'insegnamento secondo i
canali comunicativi prediletti dai singoli studenti, garantendo un approccio più personalizzato
all'apprendimento. Ciò comporta l'esigenza per l'insegnante di strutturare le lezioni in modo da coinvolgere
tutti gli studenti, di creare materiali didattici su misura e di effettuare valutazioni che tengano conto delle
diverse caratteristiche degli studenti.
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Esaminando il modello VARK, possiamo identificare diverse tipologie di apprendenti:

 Apprendente visivo: Questi studenti assimilano meglio le informazioni quando sono presentate
visivamente attraverso grafici, immagini e mappe concettuali, piuttosto che attraverso semplici
testi. Beneficiano di lezioni strutturate con slide che evidenziano i concetti principali, organizzano le
informazioni in liste o diagrammi, e utilizzano dispense schematiche. Essi sono facilmente distratti
dai movimenti e dagli eventi in classe, e hanno bisogno di un contatto visivo diretto con
l'insegnante.

 Apprendente uditivo: Questi studenti imparano meglio attraverso l'ascolto, quindi preferiscono
lezioni verbali, discussioni e confronti. Hanno la capacità di concentrarsi meglio in ambienti
silenziosi e tendono a consolidare il loro apprendimento spiegando ciò che hanno imparato ad altri.
Possiedono una naturale inclinazione per l'apprendimento delle lingue e hanno notevoli capacità
narrative.

 Apprendente testuale: Anche se si affidano principalmente alla vista per apprendere, questi
studenti differiscono dagli apprendenti visivi perché preferiscono testi dettagliati piuttosto che
immagini o schemi. La loro modalità principale di apprendimento è attraverso la lettura, mentre
utilizzano la scrittura come modalità principale di espressione.

 Apprendente cinestetico: Questi studenti apprendono meglio attraverso esperienze concrete e


attività pratiche, sfruttando tutti i sensi in un approccio integrato. Pur potendo comprendere
concetti astratti, preferiscono che questi vengano presentati attraverso analogie ed esempi tratti
dalla vita quotidiana. Per loro, è essenziale che l'insegnante offra spiegazioni sintetiche, intervalli le
lezioni con brevi pause e li coinvolga in attività pratiche.

Neil Fleming ha sviluppato un metodo sistematico per identificare gli stili di apprendimento degli studenti.
Attraverso un questionario accurato composto da 13 domande, ogni domanda offriva quattro possibili
risposte. Ogni risposta rappresentava uno dei quattro stili di apprendimento del modello VARK. Dopo aver
analizzato le risposte ottenute, Fleming ha identificato diverse categorie di apprendenti:

 Preferenza singola: qui, uno stile di apprendimento dominava nettamente le scelte dell'individuo.
In base al numero di risposte che coincidono con uno stile, si può identificare una preferenza lieve,
media o forte. Al contrario, gli altri stili potrebbero avere una presenza minore o addirittura
assente.

 Preferenza doppia: questa categoria comprende studenti che mostrano una chiara tendenza verso
due stili di apprendimento, con una differenza minima tra i due, ma significativamente diversi
rispetto agli altri stili. Questi sono gli studenti multimodali.

 Preferenza tripla: gli studenti in questa categoria tendono a favorire tre stili di apprendimento.

 Profilo VARK: un'apprendente che non mostra una preferenza chiara, ma che può essere
classificato in due tipologie. Il tipo 1 è capace di adattarsi e scegliere il canale più appropriato in
base alle circostanze, come lo stile dell'insegnante o la natura del soggetto. Il tipo 2, invece, ha
bisogno di sfruttare tutte le modalità per raggiungere una comprensione completa, il che potrebbe
richiedere più tempo ma garantire un'apprendimento più profondo.

Dall'altra parte, Felder e Silverman hanno esplorato gli stili di apprendimento focalizzandosi sulle discipline
scientifiche. Hanno suddiviso il processo di apprendimento in due fasi fondamentali: la ricezione delle
informazioni e l'elaborazione delle stesse. Felder ha ulteriormente distinto 5 dimensioni, successivamente
ridotte a 4, attraverso le quali uno studente può navigare per identificare il proprio stile di apprendimento.
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Queste dimensioni, con stili complementari, offrono un'ampia gamma di combinazioni, risultando in teoria
in 32 possibili stili di apprendimento. Le dimensioni includono:

1. Dimensione della percezione: stile sensoriale o intuitivo. Questa dimensione riguarda il modo in cui
gli studenti percepiscono e catalogano le informazioni.

2. Dimensione dell'input: stile visivo o verbale, che trae le sue radici dal modello VAK di Fleming.

3. Dimensione dell’organizzazione: stile deduttivo o induttivo.

4. Dimensione dell’elaborazione: stile attivo o riflessivo.

5. Dimensione della comprensione: stile sequenziale o globale.

Per permettere agli educatori e agli studenti di identificare gli stili di apprendimento, Felder ha sviluppato
l'Index of Learning Styles (ILS). Questo strumento di valutazione consiste in un questionario di 44 domande,
suddivise equamente tra le quattro dimensioni, con opzioni di risposta mutualmente esclusive
rappresentando i due stili di ogni dimensione.
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