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Lo sviluppo

psicologico morale
e la nascita della
neuroetica
La psicologia

La psicologia può essere sommariamente definita come lo studio dei


processi psichici e mentali di tipo cognitivo e affettivo, relativi alla
vita e alla condotta umana individuale.
Ci sono almeno due modi in cui la psicologia può contribuire alla
comprensione filosofica della moralità, e il primo di essi riguarda
l’elemento dinamico ed evolutivo del comportamento morale.
Il processo educativo (1/4)
È indubbio che le nostre credenze morali comuni sono condizionate dal contesto nel
quale viviamo e dal quale, nel corso del normale processo educativo, apprendiamo
l’insieme dei valori e dei modelli abituali di comportamento che poi usiamo nella vita
quotidiana.
Questo «codice morale» viene interiorizzato attraverso modalità per lungo tempo
ignorate – o comunque non sufficientemente analizzate – dai filosofi morali.
Poiché i tratti della personalità (che potrebbero giocare un ruolo importante nella
decisione morale e quindi nel comportamento) non sono statici ma dinamici, c’è un
forte interesse a sapere come si connette lo sviluppo morale con quelli psicologico e
cognitivo.
Il processo educativo (2/4)
Svizzera
Pioniere di questi studi fu lo psicologo Jean
Piaget, che suddivise lo sviluppo morale in due
fasi. La prima è incentrata sulla nozione di
rispetto del bambino verso l’adulto; è un’etica
di ubbidienza ai comandi e la nozione di bene
si identifica con l’esecuzione dei suddetti.
È il rispetto a formare la base della coscienza
morale, che inizia a svilupparsi come forma
autonoma tra i sette-otto anni nell’ambito
della comunità infantile e del gioco.
Il processo educativo (3/4)
Stati Uniti
Lawrence Kohlberg riprese gli studi di Piaget,
trasportandoli nel dibattito etico attuale.
Lo psicologo statunitense distinse lo sviluppo
morale in tre livelli, comprendenti a propria
volta due fasi.
I livelli sono chiamati pre-convenzionale,
convenzionale e post-convenzionale, e
costituiscono un’articolazione più dettagliata
delle fasi di Piaget; essi sono ordinati secondo
una struttura gerarchica (es. lo stadio
superiore è anche quello più adeguato dal
punto di vista del valore dei comportamenti).
Il processo educativo (4/4)
Stati Uniti
Dato il parallelismo tra sviluppo morale e
sviluppo cognitivo, si deduce da tutto questo
che come si parla di deficit cognitivo, si
dovrebbe anche parlare di deficit morale.
Questo è uno dei punti più controversi delle
ricerche di Kohlberg: invece di limitarsi a
mettere in rilievo le dinamiche che governano i
comportamenti umani studiandone le
condizioni psicologiche fattuali, egli ha
preteso di risolvere, per via psicologica, il
problema del valore dei comportamenti morali
e delle etiche che li ispirano. È chiaro però che
questo fuoriesce dai limiti di una disciplina
come la psicologia.
La psicologia morale
Gli studi di Kohlberg e di altri psicologi hanno avuto il merito di favorire lo sviluppo
di un nuovo e specifico settore di studi chiamato psicologia morale che, anche
avvalendosi delle più recenti tecniche di indagine sul cervello umano, ha allargato il
suo orizzonte a una serie di temi che si situano all’intersezione tra filosofia, etica e
psicologia.
È da questo tipo di studi che emerge un secondo, importante modo in cui la
psicologia può contribuire all’indagine filosofica del fenomeno morale.
Ragione e sentimento
Sin dall’antichità, i filosofi hanno sempre mostrato grande attenzione al funzionamento della
mente umana – sia dal punto di vista cognitivo, che da quello emotivo e sentimentale:
specialmente in etica, essi hanno spesso studiato passioni e sentimenti…

Etiche razionaliste Etiche sentimentaliste


Cercano di stabilire se le Cercano di fondare
passioni siano o no di l’agire morale stesso
impedimento all’agire sulle passioni
morale e come sia
possibile neutralizzarne
gli effetti
La psicologia scientifica
Sia in un caso che nell’altro, i filosofi esaminavano simili nozioni in modo astratto,
oppure ricorrendo a osservazioni empiriche sui comportamenti umani senza una base
scientifica vera e propria.
Da quando è nata la psicologia scientifica siamo in grado di sapere molte più cose
su questi argomenti, e oggi le ricerche si avvalgono anche dell’approccio della
scienza cognitiva, costituita da un gruppo di discipline (psicologia cognitiva,
linguistica, neuroscienza e intelligenza artificiale) accomunate dall’obiettivo di
elaborare nuovi metodi scientifici e sperimentali per studiare il funzionamento della
mente umana, anche in correlazione con l’etica. Grazie ai più recenti strumenti
tecnologici possiamo finalmente guardare il cervello mentre funziona.
La neuroetica (1/5)
Queste conoscenze sono destinate a modificare profondamente il quadro filosofico
tradizionale in base al quale è stato studiato il fenomeno della moralità, e per
valutarne l’impatto è nato uno speciale settore della psicologia morale che va sotto
il nome di neuroetica.
Come il termine fa intuire, la neuroetica intende studiare il fenomeno della moralità a
partire dagli esiti delle ricerche neuroscientifiche sui correlati neuronali del
comportamento umano, e si propone come un tentativo di fornire una spiegazione
«naturalizzata» della moralità, proponendo una reinterpretazione di concetti centrali
della comprensione etica.
La neuroetica (2/5)

Stati Uniti
Il termine neuroetica risale alla fine degli anni
Ottanta del secolo scorso, ma è stato
ufficializzato come ambito specifico di studi
nel 2002, durante un convegno tenutosi a San
Francisco (USA) che aveva come finalità quella
di «mappare il campo della neuroetica».
La neuroetica (3/5)
Durante il convegno, sono stati individuati due settori principali della neuroetica:

01
Etica delle neuroscienze
Si occupa, da un lato, delle questioni etiche che sorgono nel preparare ed eseguire
studi neuroscientifici con i nuovi strumenti di indagine e, dall’altro, delle implicazioni
etiche, sociali e giuridiche che sorgono nel momento in cui le scoperte
neuroscientifiche vengono applicate.
Il primo tipo di problemi rientra nel campo della sperimentazione che coinvolge
esseri umani, regolato ormai da apposite normative internazionalmente riconosciute;
quanto al secondo, le neuroscienze ci dicono che è ormai possibile mappare
completamente il cervello umano, e sarà quindi possibile sviluppare efficaci
strategie di intervento mirate sia al recupero di funzioni compromesse, che a
modificare e migliorare le «normali» prestazioni degli esseri umani.
La neuroetica (4/5)
Durante il convegno, sono stati individuati due settori principali della neuroetica:

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Neuroscienze dell’etica
Ricerche neuroetiche di più spiccato interesse teorico, che si occupano del modo in
cui le conoscenze ottenute dalle sperimentazioni neuroscientifiche gettano nuova
luce su questioni filosofiche tradizionali (es. rapporto mente-corpo, libertà e libero
arbitrio, responsabilità morale…).
Tutta l’etica teorica ha come presupposto l’intuizione della libertà: l’attività di
approvare o disapprovare un’azione ha senso perché supponiamo che l’agente fosse
libero di scegliere se compierla o no, ed è per questo che imputiamo quell’azione
alla sua responsabilità morale. Dunque, gli esperimenti neuroscientifici rievocano il
dubbio: come conciliare l’esistenza della libertà con la concezione meccanicistica
della scienza moderna?
La neuroetica (5/5)
Durante il convegno, sono stati individuati due settori principali della neuroetica:

02
Neuroscienze dell’etica
L’interesse teorico di queste ricerche neuroscientifiche scaturisce dal fatto che esse
pongono all’etica la necessità di ripensare se stessa, e una delle aree più
interessanti in proposito è quella che riguarda il ruolo delle emozioni nella vita
morale.
Morale e sentimento (1/7)

Portogallo
Come già sottolineato, l’immagine in gran parte
prevalente lega l’agire morale a processi
intellettuali e razionali, e concepisce la
dimensione emotiva come ostacolo allo sviluppo
del ragionamento morale – la stessa psicologia
morale, fino a Kohlberg, privilegia il modello
razionalistico; quest’ultimo viene però messo in
crisi verso la metà degli anni Novanta dalle
ricerche del neuroscienziato portoghese Antonio
Damasio, con uno studio ormai classico.
Morale e
sentimento (2/7)
Damasio partì dallo studio di un caso famoso, quello
di Phineas Gage: Gage era un operaio delle ferrovie
che, nel 1848, ebbe un incidente nel corso del quale il
suo cranio venne trapassato da una barra d’acciaio,
la quale distrusse parte del lobo frontale e lasciò
intatte le altre parti.
Morale e
sentimento (3/7)
Dopo l’incidente, la personalità di Gage mutò
radicalmente: da persona responsabile e affidabile,
divenne irascibile e incapace di avere normali
rapporti sociali con gli altri – aveva cioè perso, a
causa di quella particolare lesione che coinvolgeva
aree associate anche alla modulazione delle
emozioni, le caratteristiche che lo rendevano capace
di comportamenti responsabili e moralmente
apprezzabili.
Morale e sentimento (4/7)
Da allora, gli studi neuroscientifici su soggetti malati (sociopatici) e soggetti «sani»
si sono moltiplicati, e l’idea centrale che ne emerge è che l’immagine tradizionale
coltivata dalla filosofia (secondo cui nei soggetti «sani» i giudizi morali sarebbero
conclusioni razionali tratte da princìpi generali) deve essere sostituita da una
concezione secondo la quale i giudizi morali sono il risultato di risposte automatiche
prodotte dalle aree del cervello coinvolte nei processi emotivi.
Morale e sentimento (5/7)
Si è trattato di una vera e propria «rivoluzione copernicana» nel modo di intendere le
emozioni: da ostacolo alla riflessione razionale, la dimensione emotiva diventa
l’indispensabile punto di partenza della costruzione dei giudizi morali.
Anzi, secondo i neuroscienziati che hanno sviluppato le ricerche di Damasio, la
dimensione emotiva è tutto nel giudizio morale, e le teorie elaborate per giustificare
i giudizi sono solo razionalizzazioni a posteriori delle risposte emotive automatiche.
L’idea che la moralità sia responsiva a ragioni è, secondo questi autori,
semplicemente falsa.
Morale e sentimento (6/7)
Sebbene si tratti di conclusioni che non riscuotono un consenso unanime, resta
indubbio che queste ricerche hanno ridimensionato il ruolo della ragione ed esaltato
il ruolo delle emozioni e dei sentimenti – in particolare quelli di simpatia ed empatia
– che sono alla base del comportamento altruistico e influenzano la capacità degli
individui di accettare i vincoli morali.
Morale e sentimento (7/7)

Italia
Di queste emozioni è stato scoperto – da un
team di scienziati italiani, tra cui Giacomo
Rizzolatti e Corrado Sinigaglia – anche il
correlato neurale nei cosiddetti «neuroni
specchio», un tipo particolare di neuroni che si
attiva sia quando un animale compie
un’azione, sia quando osserva un altro animale
compiere la stessa azione.
Naturalizzare l’etica
Per completare questa sintetica esposizione delle ricerche neuroetiche, occorre
ricordare che, secondo alcuni studiosi, dall’insieme delle ricerche neuroscientifiche si
profila una concezione naturalizzata dell’etica, che vede i giudizi morali come esito
di risposte automatiche depositate nel nostro cervello da meccanismi evolutivi,
attivate in maniera non consapevole in presenza di certe situazioni.
Sulla base di ciò, alcuni autori si spingono ad ipotizzare la necessità di sviluppare la
neuroetica in una completa filosofia della vita basata sul cervello, destinata a
soppiantare i sistemi di credenze irrazionali che ancora prevalgono nella società
contemporanea.

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