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Filosofia della psicologia (filosofie delle scienze) – A.

Civita
Il saggio di Civita (filosofo, psicologo e psicoanalista) è un saggio scientifico la cui impostazione è,
però, esistenzialista.
Il punto di partenza è quello dell’epistemologia, ossia quella branca della filosofia che si occupa
degli assunti in base ai quali si può realizzare la conoscenza scientifica e dei metodi per poterla
attuare – cioè, l’epistemologia si chiede come è possibile la conoscenza, secondo quale struttura
normativa si basa, se esiste un solo tipo di conoscenza o se ve ne sono molteplici.
L’epistemologia e le filosofie delle scienze vengono considerate come sinonimi, in quanto queste
ultime sono formate dal trinomio dell’etica, ontologia e gnoseologia: l’ontologia è un
discorso/scienza intorno a ciò che è e ciò che c’è, cioè si chiede com’è fatto l’essere e si occupa
anche di spiegare la natura dei processi scientifici, mentre la gnoseologia, invece, è un discorso
intorno al come si conosce (uno dei grandi quesiti filosofici) ed è assimilabile all’epistemologia, in
quanto si chiede com’è possibile conoscere la verità intorno alle cose. Per questo, le filosofie delle
scienze indagano sui fondamenti e metodi delle scienze ma anche sulle implicazioni filosofiche
(sulla cultura, politica, etica, religione) delle scoperte scientifiche. Si parla di filosofie delle scienze
e non di filosofia delle scienze perché ogni scienza tende a produrre una propria filosofia.

Esiste, poi, la filosofia della psicologia, che si occupa dell’epistemologia in relazione alla
psicologia. I primi, nell’antica Grecia, a porre l’attenzione sulla psicologia furono Platone e
Aristotele: quest’ultimo introdusse proprio nel “De anima” l’indagine sulla psiche, che lui
considerava parte della fisica connessa all’ontologia umana. Fin da subito, però, si presentò il
problema dell’etica. Studiare l’anima comprende lo studio delle sue parti:
 Parte vegetativa
 Parte appetiva (i desideri)
 Parte intellettiva (tipicamente umana, ossia la capacità di ragionamento)
Le varie parti in cui si suddivide l’anima hanno uno stretto legame con le parti del corpo che
possiamo controllare.
Lo studio della psicologia (psyché) si sviluppò ulteriormente a partire dal Cinquecento, cioè dal
Rinascimento (grazie a Cartesio e Leibniz), dopodiché si divise nel filone razionale (con Kant ed
Hegel, che si occuparono rispettivamente di categorie e fenomenologia) ed empirico (con Hume,
che pone l’attenzione sull’esperienza). Dall’empirismo derivò poi, nell’Ottocento, la psicofisica di
Weber e Fechner (il quale si interrogava sulla capacità di misurare le forze), e in seguito la
psicologia sperimentale di Wundt.
Al giorno d’oggi, sappiamo che tra filosofia e psicologia c’è una stretta connessione, soprattutto per
quanto riguarda la filosofia morale (in quanto conoscere i processi cognitivi serve a capire come
comportarsi). A dire il vero, vi è una triangolazione nel rapporto tra filosofia, scienza e psicologia.
Nonostante ciò, però, noi non possiamo affermare che la psicologia sia una scienza, in quanto non
esiste un’epistemologia della psicologia, poiché essa cerca di farsi carico della molteplicità delle
dimensioni dell’uomo (complessità, intenzionalità, situazionalità). In realtà, la prima cosa che viene
detta a riguardo è che in passato vi era scarso interesse per la psicologia (almeno nell’indirizzo
classico della filosofia delle scienze), e questo perché:
 da un lato era, ed è tutt’ora, difficile trovare delle conoscenze scientifiche che rispettino i
principi di base di una ricerca epistemologica, ovvero la veridicità e l’oggettività: non devo
affermare una teoria scientifica riempiendola di concetti personali, ma essa deve essere
oggettiva, impersonale, e perciò condivisibile. Inoltre, per la pluralità degli orientamenti
studiati in psicologia risulta difficile trovare un’unica epistemologia valida per tutta la
psicologia indipendentemente dalle singole scuole che la costituiscono.
 d’altro lato, c’è semplice disinteresse per la psicologia: vi sono stati alcuni filosofi che si
sono occupati del problema dell’epistemologia nei confronti della filosofia, però hanno
tralasciato dei punti fondamentali, ad esempio il rapporto che intercorre tra cervello e mente
(che sarà discusso in questo saggio) e tra una scienza vera e una pseudoscienza.
Ciò ha avuto come conseguenza il fatto che solo da poco tempo è stata accettata l’esistenza di una
filosofia della psicologia poiché appunto non se ne parlava, oppure ne si tralasciavano punti
essenziali.
Riprendendo il discorso del pluralismo, dal punto di vista epistemologico si giustifica la scientificità
della psicologia per i singoli e vari orientamenti di cui è costituita: ad esempio, Wundt riuscirà a
spiegare l’epistemologia della sua psicologia, ossia lo strutturalismo. La spiegazione per lo
strutturalismo, però, non è univoca, cioè non è adatta, ad esempio, al funzionalismo di James,
proprio perché nella storia della psicologia vi sono moltissimi orientamenti, molti dei quali si
sovrappongono l’un l’altro e si contraddicono. Un movimento nasce quasi in contraddizione
all’altro e per questo risulta difficile trovare un unico modo per raggiungere la conoscenza
scientifica nel campo della psicologia.
I problemi di base della ricerca epistemologica in filosofia
1. La natura della storia della psicologia (strutturalismo, funzionalismo, cognitivismo…). Tra
così tanti indirizzi psicologici, come è possibile andare ad individuare un unico indirizzo
epistemologico, un’unica base scientifica? Quale tra i diversi indirizzi epistemologici è il più
valido? Per rispondere a questa domanda in particolare, possono essere presi in
considerazione quattro modelli (di cui ne diciamo tre):
 Il primo modello afferma che la storia della psicologia non è un semplice cumularsi di
scoperte scientifiche, ma è fatta di drastici cambiamenti e rivoluzioni.
 Il secondo modello è quello del filosofo americano Thomas Kuhn, il quale afferma che nella
ricerca scientifica vi è l’avanzata di un’altra teoria scientifica quando ci si rende conto che la
precedente teoria è meno valida, ovvero spiega in modo meno efficiente quel determinato
fenomeno – ciò spiega perché in psicologia c’è stato un susseguirsi di movimenti, in quanto
i successivi spiegavano meglio o correggevano gli errori delle teorie precedenti. Ciò è poi
stato confermato anche da un punto di vista pratico, poiché vi sono tanti esempi di
orientamenti di psicoterapia che possono anche essere in contrasto tra di loro. Proprio per
questo, risulta impossibile trovare un unico paradigma condivisibile da tutti.
 Il terzo modello, invece, dice che la natura della storia della psicologia è ancora in attesa di
una profonda chiarificazione, essendo essa piuttosto recente (ha avuto inizio con Wundt nel
1879), per cui soltanto in tempi recenti si è focalizzata l’attenzione sullo studio della mente
umana in chiave scientifica, e quindi lontano dalla religione, dall’etica, dall’economia.
Soltanto per questo si è riusciti ad acquisire ed affermare le scienze umane, ma non è detto
che un domani queste conoscenze non vengano del tutto eliminate: magari delle conoscenze,
delle attenzioni sullo studio dell’uomo possono venire a mancare o possono subire
l’influenza di altre discipline o dottrine, come la religione.
Detto ciò, non si può rispondere alla domanda epistemologica “qual è il modello migliore?”,
in quanto l’unica verità di fondo è che ogni indirizzo psicologico ha una propria visione
dell’essere umano e del suo posto nella natura e nell’universo.
2. Il secondo problema alla base dell’epistemologia è quello del pluralismo, che abbiamo detto
rappresentare i vari indirizzi ed orientamenti. Il pluralismo non ci permette di trovare una
risposta alla domanda “come è possibile raggiungere un sapere scientifico in psicologia?”.
C’è chi afferma che il pluralismo è un carattere costitutivo momentaneo della psicologia,
ossia, siccome essa ha una storia breve ed è ancora un sapere immaturo, il pluralismo della
psicologia sarà rimosso nel momento in cui verrà a consolidarsi una scienza più matura.
Inoltre, il pluralismo è “pura apparenza”: tutte le teorie non devono essere viste come una
divisione del sapere ma devono costituire un unico grande corpo di conoscenze per esplorare
la mente. Bisogna poi sottolineare che il pluralismo deriva anche dal fatto che la psicologia
si occupa dell’essere umano, che in sé è plastico: ciò vuol dire che siamo tutti diversi e che
quindi il pluralismo è un carattere insito della psicologia stessa, nel senso che è possibile
solo fino ad un certo punto trovare delle teorie che siano uguali per tutti.
3. Con il metodo oggettivo e soggettivo arriva quello che è il terzo problema, che si sofferma
sul voler capire qual è la natura della conoscenza psicologica. Le conoscenze in psicologia
possono essere analizzate dal punto di vista oggettivo, ovvero basandosi sul metodo
scientifico (la ricerca scientifica deve avere delle caratteristiche empiriche, oggettive, non
personali o soggettive), oppure dal punto di vista soggettivo, per cui si valuta lo stato
mentale dell’uomo e si trovano delle spiegazioni plausibili della sua natura e del come esso
è inserito e influisce nella vita dell’uomo. Si veda che i due orientamenti/metodi sono in
contrapposizione l’uno con l’altro, poiché quello oggettivo dice che la conoscenza in
psicologia deve essere oggettiva, ossia non va canalizzata in un singolo individuo o in una
singola esperienza, mentre quello soggettivo dice l’esatto opposto, ossia io posso affermare
che vi sono delle teorie oggettive o un’unica, generale teoria che presenta delle
caratteristiche o sintomi generali, ma devo andare sempre a contestualizzare quella teoria
nella vita del singolo individuo.
4. Il problema mente/cervello può essere analizzato sotto due punti di vista:
 Filosofia della mente: è possibile studiare il rapporto che intercorre tra mente e
cervello pur non sapendo quali siano le strutture anatomiche che lo compongono. La
filosofia della mente, inoltre, ha tre posizioni differenti:
- Monismo radiale: non c’è differenza tra gli stati mentali e i processi cerebrali. Se
si identificano è per “psicologia ingenua” o incomprensione del linguaggio. Il
monismo radiale abbraccia il riduzionismo per il quale la psicologia diventerà
una scienza solo quando sarà possibile parlarne in termini di processi cerebrali
fisico-chimici.
- Dualismo radicale: la mente e il corpo sono due entità separate. La mente agisce
nel cervello e dunque sul corpo pianificando i movimenti volontari, che per
Cartesio sono connessi tramite la ghiandola pineale. La mente non è soggetta alla
morte, mentre il corpo sì.
- Dualismo pragmatico: mette insieme il monismo ontologico al dualismo
epistemologico. Afferma che mente e cervello sono diversi per i differenti metodi
utilizzati per studiarli, ma al contempo sono un tutt’uno.
 Filosofia della psicologia: deve fondarsi su conoscenze neuroscientifiche, altrimenti
vengono a mancare i criteri di condivisione e neutralità, che sono alla base anche
dell’epistemologia.

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