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PSICOLOGIA GENERALE

La psicologia è una scienza che studia i comportamenti, la personalità e i processi mentali (stress, pressione,
emozioni) degli individui, e come questi influenzano i comportamenti e le esperienze dell’individuo.
Lo psicologo si basa su delle evidenze scientifiche e procede per ipotesi e verifiche.
Il metodo scientifico presenta il seguente percorso di ricerca:
1) Ipotesi: risposta provvisoria a un determinato problema;
2) Verifica (raccolta empirica dei dati): raccolta empirica dei dati;
3) Analisi dei dati (statistica): individuazione delle variabili;
4) Spiegazione teorica: conclusione che avvalora o nega l’ipotesi iniziale.

È meglio che le ricerche coinvolgano un grande numero di persone e che siano congrue con quelle degli altri
professionisti.

ORIGINI

In Grecia iniziano a diffondersi trattati sulla psiche e il suo funzionamento.


Aristotele (384 - 322 a. C.) osserva i processi mentali sul comportamento e prova a fornire una spiegazione
(parva naturalia).
Melantone conia il termine psicologia, che etimologicamente significa “discorso sull’anima”.
Wolff contribuì allo sviluppo della psicologia come scienza, la cosiddetta psicologia empirica, basata
sull’esperienza in termini di quantità.
Verso l’XIX secolo la psicologia diventa una scienza autonoma rispetto alla filosofia.

Oggi la psicologia è una disciplina scientifica e una professione.


In Bavaria nel 2003 Landau fece un esperimento con degli studenti universitari di diversi corsi di laurea,
proponendo una serie di credenze comuni.

Bisogna basarsi sull’evidence based medicine.

Wundt e lo strutturalismo (1832-1920)


Wundt è universalmente considerato il padre della psicologia moderna, in quanto ha dato una svolta alla
psicologia come scienza.

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Il suo scopo è conoscere la struttura della coscienza e nel 1879 fondò il primo laboratorio di psicologia
sperimentale. Studiò le strutture, non le funzioni della mente, e riteneva che esistessero tre stati elementari
dei processi coscienti (elementi di base della psiche):
- Sensazioni
- Immagini mentali
- Stati affettivi
Questi processi di base possono essere indagati tramite un’introspezione, ovvero una registrazione da parte
del soggetto delle proprie esperienze attraverso l’autoanalisi.

James e il funzionalismo (1842-1910)


Nel 1890 James pubblica Principi di psicologia, nel quale sostiene che lo scopo della psicologia è conoscere
la funzione dei processi mentali. La coscienza è infatti un flusso continuo che va indagata come un insieme
di processi mentali che mirano all’adattamento dell’organismo all’ambiente. La mente va dunque studiata
nella sua globalità.
Egli fondò i primi studi di psicologia dell’età evolutiva (Hall, 1844 - 1924) e diede un impulso nella ricerca
dello sviluppo del bambino.

Freud e la psicoanalisi (1856-1938)


Freud è il padre della psicoanalisi, il cui scopo era conoscere la struttura e il funzionamento della mente.
Di particolare rilevanza è la triade conscio-preconscio-inconscio:
- Livello conscio (consapevolezza)
- Livello preconscio (consapevolezza che riaffiora in certe circostanze)
- Livello inconscio (esperienze che non possono riaffiorare e generalmente viene collegato all’età
infantile)
Negli anni successivi avviene una elaborazione di questa contrapposizione che porta alla composizione del
modello psichico, secondo il quale l’uomo è strutturato nel seguente modo:
- Es: parte irrazionale costituita da istinti
- Io: parte di cui si è consapevoli e che rappresenta un’interazione tra es e l’ambiente che circonda, è
la parte razionale che frena gli impulsi biologici dell’es
- Super io: è l’insieme delle regole etiche e morali che sovrastano la ragione e l’es (comprende le
norme, le leggi e le censure che ci sono state inculcate in epoca infantile dai genitori, che i bambini
interiorizzano intorno ai 3-6 anni)
Ci sono molti pensieri e azioni che possono subire un processo inconscio, la rimozione, ovvero
l’allontanamento di pensieri considerati pericolosi. Tuttavia possono riaffiorare nei sogni, in atti mancanti,
in lapsus o in sintomi nevrotici.

Pavlolv e la scuola russa (1849-1936)


In Russia si sviluppa il filone della riflessiologia, secondo cui ogni processo psichico può essere ricondotto a
degli elementi simili e a degli stimoli che lo hanno determinato. A tal proposito si parla di riflessi: per molti
anni egli studiò i riflessi innati (il cibo causa salivazione), successivamente si concentrò sui riflessi
condizionati (il suono di qualcosa che ricorda il cibo causa salivazione). Causalmente si accorse che i cani
salivavano anche in assenza di cibo, quando sentivano i passi dell’inserviente.
Così provo a far suonare un campanellino, ma il cane rimase indifferente. Successivamente, ogni volta prima
di dare il cibo, riprodusse il campanellino e così il cane dimostrò con il tempo un riflesso incondizionato,
iniziando a salivare anche solo sentendo il campanellino.

Wertheimer e la psicologia della Gestalt (1880-1943)


Secondo le Gestalt la mente va studiata nella sua globalità perché il tutto è diverso dalle singole parti
(approccio fenomenico).
La Gestalt inizia a svilupparsi intorno al 1912 grazie all’esperimento sul movimento stroboscopico o
apparente, che consisteva nell’accendere delle lampadine: se queste venivano accese e spente in sequenza la
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persona concepiva un movimento continuo. La Gestalt studia l’organizzazione della percezione e del
pensiero nel senso di un “insieme” piuttosto che come singoli elementi della percezione (diversamente dagli
strutturalisti).
Il fondamento teorico della psicologia della Gestalt si basa sul fatto che il tutto è qualcosa di più e diverso
della somma delle singole parti.
La percezione deriva dall’organizzazione delle sensazioni più che dalla loro associazione: l’intero non è una
semplice somma delle parti.
I principi che regolano i fenomeni percettivi sono:
- Prossimità o vicinanza
- Somiglianza
- Continuità di direzione
- Chiusura
- Pregnanza o coerenza strutturale

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Nello sviluppo dei fenomeni percettivi gioca un importante ruolo il rapporto tra sfondo e figura: basti
pensare all’importanza del contesto nei fenomeni del mimetismo.

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Illusione di Ebbinghaus

Le illusioni ottiche sono situazioni in cui la percezione di uno stimolo da parte di un osservatore non
corrisponde alle proprietà fisiche dello stimolo.
Figura di canniza

Percezione, illusioni e medicina: ricadute per la pratica clinica:


- Errori di lettura delle immagini mediche
- Valutazioni basate su confronti e misure approssimative
- Omissioni anche del 20-30% (Birkelo, 1947)
Secondo un esperimento pubblicato nel Journal of the American College of Radiology, il 60% dei radiologi non si sono accorti che una
clavicola mancava.
Un altro esperimento in HHS Public Access ha preso 24 persone che dovevano cercare noduli cancerosi: l’83% non è riuscita a individuare
un gorilla disegnato in zero.

Watson e il comportamentismo (1887-1958)


Il comportamentismo nasce ufficialmente nel 1913, quando viene pubblicato l’articolo dal titolo Psychology
as the behaviorist views it.
Lo scopo del comportamentismo è la previsione e il controllo del comportamento. L’unico oggetto di studio
della psicologia deve essere il comportamento osservabile e misurabile. Le cause che determinano i
comportamenti umani vanno ricercate nell’ambiente.

Uno dei comportamentisti più noti è Skinner (1904-1990), il quale sostiene che il soggetto è in grado di
riprodurre quel comportamento per il quale ha ricevuto una gratificazione. Va oltre al condizionamento
classico (stimolo e risposta) e indaga il condizionamento operante, che ha un ruolo importantissimo
dell’apprendimento sulle strategie dell’individuo. Tale metodo è basato su un sistema di premi e punizioni.
Il premio o la gratificazione viene fornito in quelle situazioni in cui si desidera ottenere più frequentemente
un certo comportamento. I soggetti operano dunque attivamente nell’ambiente.
Il topo affamato preme casualmente la leva che fa cadere il cibo. Dopo ripetute associazioni risposta casuale e rinforzo, si ottiene la risposta
condizionata.

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Piaget e l’epistemologia genetica (1896-1980)
Piaget sostiene che l’intelligenza si costruisce attraverso un processo di adattamento tra il bambino e
l’ambiente. Per raggiungere un equilibrio serve quindi l’assimilazione e l’accomodamento di una nuova
informazione, l’integrazione di questa in quelle già esistente.
L’epistemolgia genetica si occupa dello studio dello sviluppo della conoscenza e dei passaggi tra i diversi
stadi di conoscenza (e il suo scopo è capire come si forma la conoscenza).

Gli stadi di sviluppo del pensiero infantile:


- Stadio sensomotorio (0-2 anni)
Fondazione del processo di intelligenza e di conoscenza attraverso la manipolazione di oggetti (il
bambino “comprende” il mondo in base a ciò che può fare con gli oggetti e con le informazioni
sensoriali).
- Stadio pre-operatorio (2-7 anni)
Rappresentazione mentale di oggetti tramite simboli (parole e immagini mentali).
- Stadio operatorio concreto (7-12)
Compare il pensiero logico e la capacità di compiere operazioni mentali (classificazione, sensazione,
ecc…)
- Stadio operatorio formale (dai 12 anni)
È capace di organizzare le conoscenze in modo sistematico e pensa in termini ipotetico-deduttivi.
Il passaggio può essere graduale o improvviso, ma la sequenza è invariante e universale.
Ogni stadio è qualitativamente diverso dal precedente e le acquisizioni di uno stadio precedente vengono
integrate in strutture più evolute.

Neisser e il cognitivismo (1928-2012)


Il cognitivismo è un orientamento che si sviluppa in contrapposizione al comportamentismo. Nasce nel 1967,
quando viene pubblicato Cognitive Psychology. Non si tratta di una vera e propria scuola, ma di
un’eterogeneità di indirizzi. Il comportamento non può essere studiato solo osservando le reazioni dei
soggetti, bisogna anche studiare i meccanismi sottostanti. Ciò avviene perché la mente umana è come un
elaboratore di informazioni provenienti dall’ambiente (mente come computer).

Cronologia

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CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA PSICOLOGIA

- Psicologia clinica
Studia il funzionamento adattivo e il comportamento deviante o patologico attraverso osservazione,
valutazione e trattamento e gestisce inoltre le forme psicopatologiche. Esistono diverse forme di
indagine e trattamento e diversi indirizzi teorici di riferimento.

- Psicologia dell’età evolutiva


Studia il comportamento e i cambiamenti nello sviluppo del pensiero, del ragionamento, del
linguaggio, dall’infanzia all’età adulta. Descrive le tappe fondamentali di sviluppo fisico, motorio e
cognitivo del bambino e misura e spiega questi cambiamenti.

- Psicologia del lavoro


Studia il comportamento delle persone nel contesto lavorativo e comprende, analizza e cerca di
modificare le interazioni tra la persona e l’organizzazione. Cerca inoltre di favorire il massimo
benessere per le persone che lavorano e il massimo vantaggio per l’organizzazione presso cui
lavorano.

- Psicologia forense
Valuta le capacità di intendere e volere, il rischio di recidiva, l’attendibilità delle testimonianze e
della simulazione di sintomatologie psichiche e agisce inoltre sul mandato del giudice o di un
avvocato.

- Psicologia sociale
Studia il modo in cui le persone percepiscono e pensano gli altri, li influenzano e si pongono in
relazione. Spiega inoltre il comportamento in termini di interazione tra stati mentali e situazioni
sociali immediate. Vengono inoltre valutati stereotipi, pregiudizi, razzismo, i gruppi e le relazioni di
gruppo.

- Neuropsicologia
Studia gli effetti delle lesioni cerebrali e si occupa della possibile riabilitazione di tali disturbi.
Si avvale di metodi scientifici, proponendo modelli interpretativi del funzionamento mente/cervello.
Nasce nel XIX secolo.
Neuropsicologia cognitiva.

- Ricerca psicologica
Studia il comportamento dell’individuo o dell’animale attraverso l’osservazione e paradigmi
sperimentali e sviluppa e verifica
teorie scientifiche
Ambiti applicativi:
- Ricerca di laboratorio
- Ricerca sul campo
- Ricerca clinica
- Neuroscienze e scienze cognitive
Gli scopi della ricerca scientifica
sono la scoperta di regolarità,
tramite la descrizione del
comportamento e la scoperta di
reazioni sistematiche tra i vari
aspetti del comportamento, e lo
sviluppo di teorie, per organizzare

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le conoscenze in modo sistematico e spiegare le leggi del comportamento. Le teorie devono poter
essere falsificabili.

L’ATTENZIONE

Un paziente con grave deficit di attenzione ha ripercussioni a livello salutistico, le quali si possono
manifestare attraverso la difficoltà nel linguaggio, che tende a essere tangenziale, e nella cognizione (la
tendenza è quella di comprendere solo la prima parte del discorso o solo la parte d’interesse).
Nei peggiori dei casi il paziente può trovarsi in stato di coma.

L’attenzione è il prendere in possesso da parte della mente in forma chiara e vivida di uno fra tanti oggetti
e fra tanti treni di pensieri possibili, esso comporta il ritirarsi della mente da alcune cose per poter operare
su altre con grande efficienza.
James, 1890, Principi di Psicologia

In altre parole, l’attenzione è il tentativo di focalizzare il pensiero su determinati aspetti, filtrare le


informazioni sensoriali per poter operare in maniera efficace.
L’attenzione è un termine utilizzato per esprimere diversi concetti e significati:
- Capacità di essere vigili
- Capacità di selezionare uno stimolo per l’elaborazione, ignorando le informazioni non utili
- Capacità di resistere alla distrazione
- Capacità di concentrarsi su un compito
- Monitoraggio di pensieri e azioni

L’attenzione è un processo che modula le capacità di agire e interagire con l’ambiente e il mondo esterno,
mantenendo uno stato di attivazione, selezionando le informazioni, monitorando i pensieri e le azioni.
Esistono dei network attentivi diversi che sviluppano queste funzioni/capacità e a capacità attentive diverse
corrispondono network diversi.

Caratteristiche dell’attenzione:
- Intensità: posso mantenere un livello di responsitivà adeguato per periodi prolungati (dopo 20
minuti il focus attentivo decresce).
- Selettività: posso prestare attenzione a un evento in particolare.
- Divisa: posso prestare attenzione e più cose (multi-task).
- Involontaria: a volte l’attenzione può essere catturata, indipendentemente dal fatto che lo voglia o
meno.
Con volontarietà dell’attenzione si intende il mantenimento di un livello attentivo su un compito
volontariamente. Altre volte è invece lo stimolo a catturare la mia attenzione, e questo prende il nome di
stimolo iper appreso (per esempio, un pericolo, il suono di una sirena o dell’ambulanza, qualcuno che chiama
il mio nome).
Un esempio è l’esperimento del cocktail party, che riflette “l’ascolto dicotico” dello psicologo Cherry, che
valuta l’attenzione dell’ascolto. Alle persone veniva chiesto di indossare delle cuffie e di ascoltare solo il
suono trasmesso all’orecchio di destra e tralasciare quello emesso all’orecchio di sinistra. Ottenendo risultati
soddisfacenti, lo psicologo capì quindi che gli esseri umani sono in grado di filtrare le informazioni, quindi
sono in grado di fare più cose contemporaneamente, o meglio, sono in grado di dividere il focus attentivo su
più azioni.
Immagina di essere a un aperitivo con gli amici, dove ci sono diverse conversazioni simultanee.
- Attenzione selettiva: non puoi stare attento a tutte le conversazioni.
- Attenzione divisa: puoi conversare e chiedere uno spritz nello stesso momento.
- Spostamento volontario dell’attenzione: puoi volontariamente prestare più attenzione a una
conversazione rispetto che a un’altra.
- Spostamento involontario dell’attenzione: improvvisamente senti nominare il tuo nome nella
stanza.

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Attenzione selettiva
L’attenzione selettiva è un processo cognitivo che consente di selezionare parte degli stimoli presenti
nell’ambiente, lasciandone decadere altri.
Il focus attentivo si può allargare o restringere: nel primo caso si sta attenti a più cose contemporaneamente
ma si è meno efficienti, nel secondo caso si è molto efficienti su una singola cosa selezionata (esempio del
fascio di luce).
L’attenzione selettiva può essere:
- Esogena (di tipo automatico): bottom up, l’ambiente cattura la mia attenzione
- Endogena (di tipo volontario): top down, io focalizzo la mia attenzione sull’ambiente in maniera
volontaria
L’ attenzione selettiva dipende dal livello di arousal (l’arousal è il livello fisiologico di attenzione) e di
vigilanza, ovvero è necessario sia presente un livello di attivazione fisiologico (arousal) e un livello di
vigilanza minimo. Più il livello di arousal e di vigilanza è alto, più sei attivo e attento.

Attenzione bottom-up
L’attenzione bottom-up consiste in un’attività sensoriale
periferica (input) che guida la mia attenzione analisi percettiva
su un determinato aspetto. Un esempio di attenzione bottom-
up riguarda stimoli inattesi o salienti, come l’informazione
sensoriale, che avviene indipendentemente dalla volontà del
singolo.

Attenzione come filtro


Broadbent (1958) crede che l’attenzione possa essere paragonata a una sorta di filtro di tipo attentivo,
posizionato prima dell’elaborazione cognitiva, che permette di ridurre l’informazione da riprocessare.
Le teorie del filtro di Broadbent cercano di spiegare il concetto di selettività dell’attenzione: l’attenzione è
collegata direttamente alla percezione e cioè a un processo che permette l’interpretazione dell’informazione a
partire da dati grezzi.
Esistono dei filtri lungo la via che porta all’elaborazione dell’informazione che permettono il passaggio di
solo alcune informazioni, quelle più rilevanti e da processare.

Selezione precoce
La selezione avviene all’inizio del processo, prima del riconoscimento, e per questo viene detta selezione
precoce.
L’attenzione è quindi un filtro che blocca parte dell’informazione.
Per dimostrare ciò Broadbent ha ricorso al dichotic listening task, ovvero ha fatto ascoltare due voci diverse
su due auricolari diversi chiedendo poi cosa dicessero entrambi.

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Modello dell’attenuazione
Secondo il modello del filtro attenutato di Treisman (1964), il filtro non blocca completamente l’accesso
all’informazione ma attenua la probabilità che le parole vengano elaborate in toto.
Il filtro è il primo livello di riconoscimento, l’informazione passa e non viene completamente abolita, ma
viene ridotta, attenuata, e noi non siamo in grado di rievocarla (si può recuperare solo con sollecitazioni).
Un altro fattore di disturbo può essere la distrazione, secondo cui stimoli salienti entrano a forza nel nostro
fuoco attentivo.

Cecità da disattenzione
Esperimento di Simmon e Chabris (1999) dimostra l’incapacità di percepire consapevolmente degli stimoli
al di fuori del nostro fuoco attentivo. L’esperimento consisteva nel chiedere a degli studenti di guardare
attentamente un video e di contare i passaggi della palla tra le persone vestite.

Cecità al cambiamento
È l’incapacità di individuare in scene successive o contemporanee differenze a volte molto vistose, perché al
di fuori del nostro fuoco attentivo.

Attenzione come filtro precoce


Sono stati condotti esperimenti successivi che hanno dimostrato come il filtro avviene successivamente al
riconoscimento e non prima.

Selezione tardiva
Vengono elaborate tutte le informazioni, anche quelle irrilevanti: la selezione avviene in un momento
successivo al riconoscimento, prima della selezione della risposta.
Nell’effetto stroop, un esempio di selezione tardiva, vengono mostrate delle scritte di colori con colori
diversi e al soggetto viene chiesto di “leggere” il colore della parola.
L’attenzione interviene al momento della selezione della risposta.
L’effetto stroop è l’effetto per cui vi è un rallentamento dei tempi di denominazione del colore
dell’inchiostro quando la condizione è incongruente. Tale effetto è particolarmente evidente nei pazienti con
lesioni frontali, che commettono molti errori di interferenza e aumentano i tempi di lettura.
L’effetto stroop compare quando all’azione di selezione bisogna associare un’azione di inibizione su un
processo automatico molto forte (lettura).
L’effetto stroop è particolarmente evidente nei pazienti con lesioni frontali. Questi ultimi commettono molti
errori d’interferenza e impiegano più tempo nella lettura.

Attenzione top down


L’attenzione top down consiste nella focalizzazione volontaria (output) su un determinato stimolo, quindi
l’attenzione è guidata da processi intenzionali e consapevoli. Un esempio di attenzione top down riguarda i
fattori cognitivi, quindi conoscenze, aspettative, obiettivi.
È considerata una risorsa in quanto contiene un’energia limitata, in quanto è possibile distribuire l’attenzione
su diverse cose, ma non è possibile prestare attenzione a tutto.

Modello di Van Zomeren e Brower (1994)


Secondo il modello di Van Zomeren e Brower esistono diversi modelli dell’attenzione:

- Componenti intensive
- Allerta fisica: aumenta la prontezza di risposta in seguito a un segnale di avvertimento
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- Allerta tonica: generalizzata, involontaria, oscilla nell’arco della giornata
- Vigilanza o attenzione sostenuta
È la capacità di mantenere per un tempo prolungato l’attenzione su uno stimolo.
L’emisfero destro è maggiormente implicato nel mantenere l’attenzione sostenuta.
I pazienti con disturbo dell’attenzione sostenuta hanno una caduta della prestazione piuttosto veloce
(time on task effect). Dopo un certo intervallo di tempo i sistemi coinvolti nell’attenzione perdono di
efficienza, dimostrando con degli errori e una caduta di prestazione veloce.

- Componenti selettive
- Attenzione selettiva
È la capacità di selezionare una o più fonti di stimolazione esterna in presenza di informazioni in
competizione per dedicarsi con maggiore efficacia nell’elaborazione dell’info rilevante per i nostri
scopi del momento e tralasciare quella non rilevante.
L’attenzione selettiva è uditiva o visuo-spaziale.
- Attenzione divisa
Capacità di prestare attenzione a più informazioni contemporaneamente.
Al soggetto viene chiesto di eseguire contemporaneamente due compiti di difficoltà diverse o che
impiegano abilità diverse (Gervasutta, valutazione neuro psicologica neurospecifica per capire
l’idoneità alla guida).

L’allerta è qualsiasi processo selettivo che implica un’intensità minima di attivazione fisiologica.
L’allerta è un processo di attivazione generalizzata che permette all’individuo di avviare dei processi
attentivi consapevoli e rispondere a stimoli (per
esempio, nel coma o nel sonno non viene raggiunto un
livello d’attivazione sufficiente).

Strutture cerebrali coinvolte


Se una particolare struttura viene lesionata allerta
l’organismo producendo uno stato di coma, coinvolta
nell'oscillazione tra stato di veglia e sonno. 
Un paziente con una lesione in un punto avrà
sicuramente un problema legato a quel punto specifico.
Per esempio, una lesione frontale causa un
rallentamento psicomotorio, difficoltà a fare più cose
contemporaneamente, poca attenzione prolungata.
- Allerta: sostanza reticolare ascendente 
- Attenzione sostenuta: aree pre frontali e
parietali dell’emisfero destro
- Attenzione selettiva: aree parietali, corteccia prefrontale
- Attenzione divisa: corteccia prefrontale dorso-laterale

Disturbi dell’attenzione 
I pazienti con cerebrolesioni e trauma cranico sono soggetti a:
- Fase acuta: ridotta attenzione sostenuta 
- Fase subacuta: deficit attenzione selettiva, facile distraibilità, deficit attenzione divisa

- Attenzione sostenuta: difficoltà a mantenere l’attenzione su un compito per periodi prolungati,


facile distraibilità, peggioramento della prestazione alla fine del compito (tempi di reazione lunghi,
errori).
- Attenzione selettiva: difficoltà a prestare attenzione solo su un’informazione rilevante, distraibilità,
incapacità a ricercare visivamente un oggetto con una certa caratteristica fisica.
- Attenzione divisa: difficoltà a prestare attenzione su più cose o compiti contemporaneamente,
difficoltà a cucinare, a guidare l’auto.
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LA MOTIVAZIONE

La motivazione è un processo che ha origine da un bisogno e spinge un individuo ad agire in un certo modo.
Si tratta dunque di una sequenza dinamica di eventi che attiva un comportamento.
Il comportamento motivato prevede tre livelli:
- Stimolo, può essere interno o esterno;
- Motivazione, derivata da esigenze personali;
- Emozioni, che hanno un ruolo di mediazione tra gli stimoli ambientali e permettono di attivare una
serie di reazioni e comportamenti.
La motivazione si innesta quando l’individuo percepisce una situazione di squilibrio tra quella che è la
situazione attuale e quella che l’individuo vorrebbe raggiungere. Si parla quindi di uno stato di disequilibrio
tra la situazione ambientale e quella che si vorrebbe raggiungere. È tramite un comportamento motivato che
l’individuo cerca di ristabilire l’equilibrio perso.

Livelli della motivazione


- Riflessi: sono la più semplice forma di attività di un organismo in risposta all’azione di stimoli
interni o esterni. Sono delle risposte automatiche, rapide, che mettiamo in atto e che non derivano da
un rendimento precedente.
- Istinti: vera e propria sequenza comportamentale complessa, attivata dall’organismo in relazione a
determinate sollecitazioni ambientali. Sono finalizzati a un obiettivo, a una meta, e sono mediati
dalle cognizioni (sono più evoluti dei riflessi).
- Pulsioni: forza interna dell’organismo che si realizza secondo modalità non prefissate, ma grazie al
supporto dell’attività cognitiva.

Classificazione delle motivazioni


- Motivazioni primarie: legate a bisogni di tipo fisiologico (fame, sete…) e alla sopravvivenza
- Motivazioni secondarie: legate a bisogni di natura individuale e sociale, nate attraverso processi di
apprendimento (successo, cooperazione, competizione)

- Motivazioni intrinseche: legate a una spinta interiore (piacere, curiosità…)


- Motivazioni estrinseche: sostenute da rinforzi esterni (vantaggi, riconoscimenti, evitamento
punizione).

Piramide dei bisogni di Maslow

Maslow è uno studioso statunitense che ha


stimato una gerarchia dei bisogni.
La soddisfazione di questi bisogni non
segue necessariamente un ordine specifico,
si tratta di una tendenza generale. Per
esempio, Maslow sostiene che se
l’individuo non soddisfa i bisogni
fisiologici è difficile che cerchi di
soddisfare bisogni superiori (moralità,
assenza di pregiudizi, autostima…).
Nel caso di autorealizzazione aumenta il
livello di tensione, mentre in tutti gli altri
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bisogni diminuisce. L’autorealizzazione è infatti il livello più alto dei bisogni e ci distingue dagli animali e
inoltre, a differenza degli altri bisogni in cui si agisce per diminuire la tensione interiore e per creare un
equilibrio, si crea tensione.

Sviluppo delle motivazioni


0 - 4 anni: prevalgono i bisogni fisiologici e di sicurezza.
4 - 7 anni: bisogni di affiliazione e di stima.
7 - adolescenza: bisogni di stima, crescita di autonomia, autorealizzazione.

LE EMOZIONI

Una delle cose più significative che si può dire sulle emozioni è che qualsiasi persona ha ben chiaro cosa
sia un’emozione finchè non viene chiesto di dare una definizione del termine.
Joseph LeDoux (1996)

Le emozioni sono uno strumento evolutivo che ha permesso agli uomini di interagire con l’ambiente: si
tratta di risposte fisiologiche e comportamentali, specie-specifici, generati da particolari situazioni.
Le emozioni sono strettamente correlate alla motivazione in quanto la soddisfazione di un bisogno determina
un’emozione positiva o negativa.
Esse sono costituite da un misto di:
- Attivazione fisiologica (alterazioni ormonali, muscolari…)
- Valutazione cognitiva (ricordare, interpretare, aspettative…)
- Modificazione del comportamento e impulso all’azione (piangere, ridere, attaccare, fuggire…)
- Esperienza soggettiva

Funzione delle emozioni

Esterna Interna

- Iniziare a fronteggiare la situazione - Preparare il corpo e la mente all’azione


- Segnalare il proprio stato (e le proprie - Portare al centro dell’attenzione l’evento
intenzioni) alle altre persone e/o ai da fronteggiare (auto-segnalazione)
predatori
- Valutazione scopi e obiettivi

Quindi, una delle funzioni delle emozioni sembra essere una forma di comunicazione, sia della persona
verso l’esterno sia all’interno della persona.
Classificazione delle emozioni

Le emozioni primarie o di base sono quelle che accomunano universalmente tutti gli esseri umani,
indipendentemente dalla loro cultura, e sono 6: gioia, sorpresa, paura, rabbia, tristezza, disgusto.
Queste sono riconoscibili attraverso dei canali di espressione, che possono essere volontari (espressioni
facciali, postura, linguaggio) e involontari (risposte fisiologiche, come arrossire e respirazione, voce).
Da queste ultime derivano delle emozioni secondarie più complesse: vergona, colpa, amore, rimorso.

Esperimenti di Paul Ekman

Paul Ekman dimostrò che le espressioni facciali di paura, sorpesa, disgusto, gioia, rabbia e tristezza sono dei
segnali distintivi universali.
Il canale più studiato nella psicologia delle emozioni è quello delle espressioni facciali: ci sono prove di
alcuni segnali distintivi universali almeno per emozioni di paura, sorpresa, disgusto, gioia, rabbia, tristezza.

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È un canale molto utilizzato e ricercato dalle persone, è parzialmente volontario e parzialmente involontario
(ricerche sulla menzogna…).
Approcci teorici

- Approccio differenziale: ritiene che ci sia un numero ristretto di emozioni primarie su base innata e
delle emozioni secondarie che si basano su quelle primarie.
- Approccio componenziale: le emozioni sono il risultato della combinazione di componenti mentali
e fisiologiche diverse.
- Approccio dimensionale: le emozioni sono viste come modalità generali di risposta (es.
piacevolezza vs spiacevolezza).

Teoria di James Lange


Uno dei primi filosofi che ha parlato di emozioni nel 1800 è James Lange, che fece degli esperimenti per
vedere come lo stimolo ambientale potesse venire percepito da un punto di vista emotivo.
Egli presentava uno stimolo sensoriale di tipo visivo che poteva evocare, per esempio, uno stimolo di paura.
Questo stimolo veniva percepito dall’individuo e vi era immediatamente una risposta fisiologica-emotiva,
che faceva in modo che l’altro percepisse la sua sensazione di paura.
In questo caso prima c’è uno stimolo sensoriale periferico che permette all’individuo di capire che emozione
sta provando (“il mio cuore sta battendo, devo essere spaventato”).
Esiste un marker fisiologico a livello nervoso autonomo periferico che permette di sperimentare una
particolare emozione. La percezione delle emozioni si basa su risposte fisiologiche.

Teoria di Cannon Bard


La teoria di James Lange è stata smentita da Cannon Bard (1930), che sostiene che il cervello abbia un ruolo
fondamentale per l’espressione delle emozioni: una volta che si percepisce lo stimolo sensoriale, questo
viene elaborato a livello corticale.e successivamente vengono generate delle risposte fisiologiche.
La risposta fisiologica è quindi conseguente a un’elaborazione cognitiva (“mi sento spaventato, perciò il mio
cuore batte”).
Bard arriva a questa conclusione tramite una serie di esperimenti su un gatto, al quale taglia le afferenze che
collegano le risposte fisiologiche periferiche con il feedback a livello centrale. Se la teoria di James fosse
vera, infatti, il gatto non avrebbe dovuto sperimentare alcun tipo di emozione, mentre invece inizia a rivelare
episodi comportamentali anomali e di aggressività, testimonianze di una recezione a livello corticale dello
stimolo.
Vi è quindi prima un’elaborazione corticale, poi una risposta autonomica.
Cannon sostiene che ci sia una corteccia che governa delle strutture emotive, che governano i riflessi
semplici.
Le emozioni hanno una sede specifica e dipendono dal controllo corticale. Le sedi sono: ippocampo,
ipotalamo e cingolata anteriore, tutti posizionati nella zona mediale del lobo temporale.

Le emozioni si possono studiare tramite le neuroscienze, le quali si fondano su:


- Sfruttamento di modelli animali (soprattutto negli studi sulla paura),
- Studi con pazienti
- Psicofisiologia (requenza cardiaca e risposta simpatico-cutanea)
- Neuroimaging (fMRI)
- Elettrofisiologia: EEG (MEG, registrazioni singola cellula, TMS).

Circuito di Papez
Il circuito di Papez o circuito a due vie sostiene che esistono due vie che ci permettono di integrare tutte le
informazioni dall’origine all’emozione:
- Via corticale: dal talamo procede alla corteccia sensoriale fino alla corteccia cingolata, generando i
sentimenti;

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- Via subcorticale: dal talamo procede all’ipotalamo, responsabile dell’attivazione a livello periferico
della nostra risposta corporea.
Dall’ippocampo l’informazione può attivare un circuito che prevede la parte anteriore del talamo, la
corteccia cingolata e l’ippocampo, permettendo una modulazione della risposta emotiva.

James Papez ha identificato le strutture limbiche importanti per le emozioni, aggiungendo al lobo limbico le
strutture talamiche e l’ippocampo.
C’è un circuito di modulazione delle esperienze, in quanto siamo in grado di modulare le risposte emotive.

Kluver – Bucy Syndrome (1939)


L’esistenza del circuito a due vie viene confermata dallo studio di Kluver Bucy, che identifica una
particolare sindrome lavorando sulle scimmie e andando a rimuovere la parte temporale.
Nota che le scimmie manifestavano comportamenti anomali
(ipersessualità, iperoralità, comportamenti sociali non
adeguati). La stessa cosa è stata osservata quando viene
rimossa sperimentalmente l’amigdala.

Lobo limbico di Paul Broca (1878)


Il lobo limbico è un insieme di strutture posizionate vicino
al corpo calloso (lobo temporale, la parte mediale,
ippocampo, giro cingolato, amigdala) e che hanno un ruolo
importante nella percezione dell’olfatto.

Sistema limbico di McLean


Dalla concezione di lobo limbico si è passati alla
concezione di
sistema limbico,
importante per la percezione e per l’elaborazione delle informazioni.
Secondo McLean il cervello è tripartito dal punto di vista della
percezione e della modulazione delle emozioni:
- Rettiliano (sopravvivenza)
- Limbico (emozioni)
- Neocorteccia (razionalità)

Il sistema limbico è importante perché interviene nell’elaborazione


dei comportamenti correlati con la sopravvivenza della specie,
elabora le emozioni e le manifestazioni vegetative che a esse si
accompagnano ed è coinvolto nei processi di memorizzazione.
Viene inoltre attivato nella percezione, nell’elaborazione delle informazioni, negli impulsi sessuali, nelle
emozioni, nelle manifestazioni vegetative e nelle filtrazioni delle informazioni che ci provengono.

Le-Doux e amigdala (2000)


Grazie agli studi di Le-Doux è stato possibile individuare l’importanza dell’amigdala nell’elaborazione delle
informazioni, soprattutto della paura. Gli esperimenti consistevano nel mostrare per 50 millisecondi (sopra i
100 millisecondi forse si capisce qualcosa, ma ce ne vogliono quasi 200 per capire cosa si ha veramente
davanti) immagini molto violente, che causavano un’elaborazione inconscia di stimoli visivi con valenza
negativa. Nonostante ciò Le-Doux notava che l’amigdala si attivava comunque (l’amigdala si attivava in
maniera specifica a determinate aree della corteccia).
L’amigdala ha una posizione strategica a livello neuro-atomico perché è:
- Connessa con regioni ipotalamiche e SNA (e quindi interviene nella regolazione delle risposte
corporee)
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- Connessa con ippocampo (connessa alla memoria visiva)
- Connessa con corteccia cerebrale (importante nella regolazione delle emozioni e dei processi
decisionali)

La regione orbitofrontale controlla razionalmente le emozioni e le elabora: un danno a questa regione causa
dei cambiamenti nella personalità (famoso è l’esempio di Phineas Gage).
Una lesione a livello orbito frontale determina, a seconda di cosa viene lesionato, aggressività, irritabilità,
apatia, scarsa motivazione.

A livello motorio la parte destra del cervello coordina la parte sinistra, mentre la parte sinistra del cervello
coordina la parte destra.è stata notata un’asimmetria anche a livello emozionale.

Ipotesi dell’emisfero destro: il dx è maggiormente implicato nella percezione e nell’espressione delle


emozioni. Vi è inoltre una lateralizzazione delle emozioni verso l’emisfero destro mentre il linguaggio è
rappresentato dall’emisfero di sinistra. Questo sembrerebbe anche un po’avvalorato dal fatto che, in termini
evolutivi, si sviluppa prima l’emisfero destro (un bambino può esprimersi con il piano ancora prima di
parlare).
Ipotesi della valenza: le emozioni negative lateralizzate a destra ed emozioni positive lateralizzate a sinistra.

Disturbi emozionali nelle malattie neurologiche:


- Lesioni cerebrali possono determinare modifiche della personalità e delle emozioni
- Ansia e depressione sono presenti frequentemente
- Danni alla corteccia prefrontale possono causare irritabilità, comportamenti socialmente inadeguati,
apatia.

Ruolo adattivo delle emozioni


Le emozioni hanno un importante ruolo motivazionale:
- Spingono all’azione
- Modulano i comportamenti di evitamento
- Facilitano l’apprendimento
- Potenziano la memoria
L’arousal associato con le emozioni facilita la performance (fino a
un certo livello).
L’arousal è uno stato di attivazione psicofisiologica dell’organismo.
Secondo la legge di Yerkes e Dodson la performance è strettamente
correlata al livello di arousal, al tipo di compito che si sta svolgendo,
all’abilità del soggetto e all’ansia pre-gara.

Lo stress è un termine che viene utilizzato in riferimento a fattori positivi e negativi che suscitano risposte
soggettive di ansia.
Le tre fasi dello stress sono:
- Allarme: attivazione SNA, diminuzione difese
- Resistenza: livelli di difesa normali
- Esaurimento: livelli di difesa molto bassi, stanchezza
Lo stress influisce sulla prestazione.
L’ansia di tratto è una caratteristica relativamente stabile e duratura di personalità. L’ansia competetitiva è
la tendenza a percepire le situazioni agonistiche come pericolose e a rispondere con sentimenti di tensione e
apprensione.
L’ansia di stato è una condizione dell’organismo transitoria e fluttuante nel tempo (legata a quella
situazione o contesto).

Qual è il modello motivazionale proposto da Maslow?


Che coso sono le emozioni e che funzione hanno?
Che cos’è l’ansia di tratto?
Che disturbi nella sfera emozionale può dare una lesione a carico della corteccia prefrontale?
Quali sono i tre livelli del sistema limbico proposti da McLean
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Descrivi il modello a due vie proposto da Papez per l’elaborazione delle emozioni
Quali sono le emozioni di base?
Illustra la teoria di Cannon-Bard
Illustra la teoria di James-Lange
Quali sono i possibili canali di espressione delle emozioni?
Che cosa dice la legge di Yerkes e Dodson?

LA MEMORIA

La memoria è una capacità psichica che permette di codificare, immagazzinare, mantenere nel tempo e
richiamare informazioni ed esperienze pregresse al momento del bisogno.
È il mantenimento degli apprendimenti nel tempo attraverso la registrazione e il richiamo dell’informazione.

La memoria presenta diversi componenti:


- Memoria a breve termine
- Memoria a lungo termine
- Esplicita (conscia, consapevole-dichiarativa): richiama intenzionalmente e consapevolmente
informazioni ed esperienze pregresse
- Episodica: permette di ricordare eventi specifici, emozioni associate, “coordinate s/t”
- Semantica: permette una conoscenza generale del mondo (fatti, parole, concetti, conoscenza
astratta)
- Implicita (inconscia, meno consapevole, si attiva in maniera automatica senza uno sforzo
volontario): tipo di memoria in cui le esperienze pregresse aiutano nell’esecuzione di un compito
senza averne consapevolezza.
- Priming: memoria di brevissima durata che influenza il comportamento.
- Procedurale: una volta appresa viene mantenuta costante nel tempo e le abilità motorie apprese
vengono svolte automaticamente. Molto spesso i pazienti con lesioni cerebrali sono in grado di
avere una memoria procedurale in maniera perfetta ma sono amnesici.

Modello della memoria di Atkinson e Shiffrin (1968)


Secondo questo modello esistono degli stimoli esterni che vengono codificati, introdotti e mantenuti nei
nostri magazzini di memoria per essere successivamente richiamati.
Resoconto totale: Sperling mostrava una matrice di consonanti diverse per 50 millisecondi per diversi trials
e chiedeva ai soggetti di ricordarla. Le persone ripetevano qualche lettera ma erano consapevoli che ce ne
fossero di più.
Resoconto parziale: Sperling forniva un suono alto medio o basso, a seconda che le lettere si trovino in
posizione in alto, in mezzo o in basso, e notava che le persone erano agevolate nel ricordarsi le consonanti.
Il modello a tre stadi ha guidato la ricerca sulla memoria dagli anni ’60 e vede la memoria come composta da
tre stadi distinti:
1. Memoria sensoriale: serve a registrare temporaneamente l’informazione in attesa che passi allo
stadio successivo della memoria (memoria a breve termine)
- Iconica: informazione di tipo visivo
- Ecoica: informazione di tipo acustica
2. Memoria a breve termine (MBT): gli eventi vengono registrati visivamente, acusticamente e
semanticamente.
3. Memoria a lungo termine (MLT): ha la potenzialità di elaborare informazioni per sempre.
Fondamentale è il ruolo della ripetizione, che permette di elaborare, organizzare e visualizzare.

Memoria retrospettiva: insieme delle informazioni relative a esperienze passate dell’individuo.


Memoria prospettica: insieme di ricordi chi si riferiscono ad azioni che devono essere fatte nel futuro.
(Neisser, 1982: la memoria retrospettiva implica ricordare ciò che abbiamo già fatto, mentre la memoria
prospettiva implica ricordare ciò che dobbiamo fare).

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Il working memory (WM) è considerate un processo esecutivo, in quanto viene attuato uno sforzo cognitivo.

Processo di memoria
Processi cognitivi collegati alla memoria, la letteratura individua tre fasi che sembrano caratterizzare il
processo della memoria:

1. Codifica: è il processamento dell’informazione nel sistema di memoria.


È la fase iniziale per creare una nuova memoria.
Permette di percepire lo stimolo di interesse che deve essere convertito in un costrutto che può essere
immagazzinato nel cervello e richiamato più avanti dalla memoria a breve e lungo termine.
È un evento che comincia con la percezione attraverso i sensi.
- Codifica visiva: le informazioni vengono registrate come immagini.
- Codifica acustica: le informazioni vengono registrate come suoni.
- Codifica semantica: le informazioni vengono registrate come significati.

2. Registrazione: è il mantenimento del materiale codificato nel tempo.


È un processo che permette di mantenere un’informazione nel cervello (nella memoria sensoriale, a
breve o a lungo termine). Più l’informazione viene ripetuta e utilizzata, più è probabile che venga
mantenuta nella memoria a lungo termine: consolidamento (stabilizzazione della traccia di memoria
dopo l’iniziale acquisizione).

3. Richiamo: è il processo che permette di “ritrovare” l’informazione nel magazzino di memoria.


È il richiamo dell’informazione immagazzinata in risposta a qualche stimolo ambientale o attività.
È un ri-accesso e una ricostruzione die venti o informazioni del passato che sono stati
precedentemente codificati e registrati nel cervello.
È indipendente da:
- Contesto: il richiamo è più veloce quando la
persona si trova in una situazione o ambiente
simile a quello in cui l’informazione è stata
appresa.
- Stato emotivo: il richiamo è più veloce quando
la persona si trova in uno stato emotivo simile a
quello in cui l’informazione è stata appresa.

- Il concetto di richiamo di informazioni è


legato alla curva di posizione seriale,
tramite la quale il ricordo dipende dalla
posizione seriale degli elementi nella lista (presentando una lista di parole, bisogna chiamare
liberamente queste ultime, ovvero rievocarle in qualsiasi ordine).

L’amnesia è la perdita della memoria temporanea o duratura, globale o parziale. Può assumere varie forme,
in relazione al sistema di memoria interessato e all’andamento temporale. Può avere una causa organica o
psicogena e può essere retrograda (non si possono ricordare gli eventi avvenuti prima del danno cerebrale) o
anterograda (non si possono ricordare gli eventi avvenuti dopo il danno cerebrale).
- Amnesia globale transitoria: è l’incapacità di ricordare e ad apprendere nuove informazioni
accompagnata da continue domande. Non è legata da deficit neurologici o cognitivi ed è
caratterizzata da un’insorgenza improvvisa, una durata variabile da alcuni minuti a ore (< 24).
La capacità di acquisire nuove memorie viene gradualmente recuperata
- Amnesia postraumatica: è la conseguenza a un trauma cranico ed è caratterizzata da durata
variabile. Il paziente risulta confuso, disorientato e incapace di apprendere e rievocare
informazioni a breve e lungo termine.
Come viene classificata tradizionalmente la memoria?
Descrivere il quadro di amnesia globale transitoria.
Che informazioni ci può dare la curva di posizione seriale?
Che cosa si intende per working memory?
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Descrivi le 3 fasi che sembrano caratterizzare 3 fasi che sembrano il processo di memoria.
Che cosa si intende per memoria prospettica?
Descrivi i possibili disturbi di un paziente con un disturbo di memoria a breve termine.
IL SONNO

Il sonno è uno stato dell’organismo qualificato da una ridotta reattività agli stimoli ambientali, con la
sospensione delle attività relazionali e da una riduzione del livello di coscienza.
Sorge spontaneamente e periodicamente, si autolimita nel tempo ed è reversibile.
In tal modo si crea un’alternanza sonno-veglia che regola il ritmo delle giornate degli individui.

Le teorie ristorative del sonno:


- Il sonno consente un recupero delle risorse sia a livello somatico sia a livello cerebrale
- Il sonno svolgerebbe, quindi, la funzione di riparazione dei danni subiti durante la veglia.

Le teorie circadiane del sonno:


- Il sonno comparso durante l’evoluzione della specie. I nostri antenati avevano maggiori probabilità
di vivere se durante la notte rimanevano riparati dai predatori e dai pericoli e conservavano le
energie per il giorno successivo: sonno come protezione della vulnerabilità della specie.

I sistemi neuronali coinvolti nel sonno non sono un fenomeno passivo legato alla cessazione delle attività
nervose che sostengono la veglia, ma sono invece il prodotto di specifici sistemi neuronali.

Il sonno è controllato da due differenti processi: quello omeostatico determina la quantità di sonno in
relazione al tempo che un individuo ha speso nella fase di veglia, quello circadiano stabilisce a quale ora del
giorno il sonno si verifica. In condizioni fisiologiche questi due sistemi interagiscono.

Fasi del sonno


Il sonno è caratterizzato da due fasi distinte sulla base delle caratteristiche comportamentali e
neurofisiologiche:

- Sonno non-REM (lento, perché rappresenta lo stadio delle onde lente)


È il sonno ad onde lente che costituisce il 75% del tempo totale di sonno. Prevale nelle prime ore del
sonno e sembra essere coinvolto apprendimento e consolidamento della memoria.
- Stadio 1: tra veglia e sonno (onde alfa)
- Stadio 2: sonno leggero (onde theta), i grafolinenti sembrano avere un ruolo di protezione del
sonno (complesso k…)
- Stadio 3: sonno profondo (onde delta)
- Stadio 4: sonno molto profondo (onde molto lente)

I ritmi del cuore e della respirazione sono lenti e regolari; i movimenti oculari sono praticamente
assenti; si ha un notevole rilassamento dei muscoli e i valori del metabolismo cerebrale
diminuiscono di circa il 30% rispetto alla condizione di veglia. In sintesi, il sonno NREM è
caratterizzato da un’attività cerebrale lenta e ridotta in un corpo pienamente rilassato.

I sogni assomigliano maggiormente ai pensieri normali e non emotivamente qualificati (il 25% dei
casi riferisce che stava sognando).

- Sonno REM (rapid eye movement)


È anche chiamato sonno paradosso, costituisce circa il 25% del tempo totale di sonno, prevale nelle
ultime ore del sonno e favorisce lo sviluppo cerebrale e l’apprendimento.
Vi è la presenza di rapidi movimenti degli occhi, in scariche da 10 a 20 secondi; l’attività cerebrale
aumenta fino a raggiungere una condizione simile a quella della veglia attiva; si ha parimenti un
aumento dell’attività del sistema nervoso autonomo (di conseguenza, aumentano la pressione

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arteriosa, il polso e la respirazione); per contro, si ha la perdita del tono della muscolatura; di norma
infine è accompagnato dall’erezione del pene e dal turgore clitorideo.
I sogni del sonno REM sono visivamente vividi e hanno le caratteristiche emotive, bizzarre e
illogiche tipiche dell’attività onirica (l’80% dei casi riferisce che stava sognando).

Ogni notte avvengono 4-6 cicli di sonno.


Nelle prime fasi della notte ci sono più fasi lente, vicino al giorno ci sono tante fasi rem.
Ipnogramma, rappresentazione grafica delle ore di sonno
Quando si parla di arousal o di microrisvegli si parla di un risveglio inferiore ai 10 secondi.
Le persone dovrebbero dormire 7/8 ore, ma ci

sono brevi dormitori e lunghi dormitori e


mattutini e
seronini.
Il sonno si studia con
la

polisonnografia, tramite la quale si monitorizzano simultaneamente EEG, ECG, EOG, EMG

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DISTURBI DEL SONNO

Insonnie
Le insonnie sono caratterizzate da difficoltà ad addormentarsi, quindi si dorme troppo poco.
Si riferisce a una percezione soggettiva di non trarre sufficiente ristoro dal sonno per quantità o qualità e può
essere occasionale, transitoria o cronica (> 3 settimane)
Può essere da addormentamento, del centro della notte e da risveglio precoce
Gli indicatori sono: difficoltà all’addormentamento, risvegli frequenti, risvegli precoci, sonno non ristoratore
e anche stanchezza, irritabilità, sonnolenza e disturbi della concentrazione.

- Insonnia ideopatica: insorge in età infanto-giovanile, dura tutta la vita, è correlata a familiarità e
non è influenzata da eventi della vita o di stress. È caratterizzata da un anomalo controllo dei
meccanismi che regolano il ritmo sonno-veglia, con conseguente scarsa efficienza diurna, stanchezza
e scarsa motivazione.
- Insonnia psicofisiologica: equivale a circa 15% delle insonnie (prevale nelle donne e nelle persone
di mezza età) e spesso si instaura dopo evento stressante. I soggetti avvertono il bisogno di dormire
ma appena a letto non riescono ad addormentarsi e tale disturbo è correlato al condizionamento
negativo nei confronti del sonno (apprensione per difficoltà all’addormentamento) oppure ai
condizionamenti esterni o ambientali legati al luogo in cui si dorme (meglio. In hotel o cambiando
stanza).
- Pseudoinsonnia: è anche chiamata distorta percezione del sonno
ed è un’insonnia percepita in assenza di segni o di sonno
insufficiente o disturbato (anche la polisonnografia è normale).
Le possibili cause sono: eccessiva attività mentale, modificazioni
sottili che sfuggono alle attuali metodiche d’indagine e
sottovalutazione del sonno (ipocondria).

Trattamento insonnia:
- Rimuovere ove possibile le cause
- Trattare malattie internistiche o psichiatriche responsabili
d’insonnia
- Igiene del sonno
- Andare a letto e alzarsi sempre alla stessa ora
- Andare a letto solo se avverti sonno e, se non riesci a dormire,
alzati, vai in un’altra stanza e fa qualcosa di distensivo (leggi o ascolta musica)
- Utilizza il letto solo per gli scopi per i quali è stato concepito: il sonno e l’attività sessuale
- Non concederti sonnellini pomeridiani nell’intento di recuperare il sonno perso di notte
- Non dormire un paio di ore prima di recarti a letto
- Evita esercizi fisici faticosi e attività mentali impegnative le ore che precedono il sonno
- Non prolungare le ore abituali di sonno durante il week end
- Evita che la stanza da letto sia troppo calda o lo stomaco troppo vuoto
- Evita il caffè, il tè, la cioccolata in tazza o la Coca Cola prima di coricarti, evita anche di fumare
molte sigarette
- Psicoterapia, tecniche di rilassamento
- e autocontrollo
- Uso farmaci (benzoadizepine)

La sonnolenza colpisce maggiormente nell’arco orario 3-5 del mattino e tra le 15-17 (meno intensa).
Cause dell’eccessiva sonnolenza: deprivazione del sonno, insonnia, frammentazione del sonno, disordini del
ritmo sonno veglia, patologie internistiche o neurologiche, sindromi ipersonniche.
Scale di valutazione (scala di Epworth), anamnesi e polisonnografia.

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Ipersonnie
Le iperinsonnie sono caratterizzate da un eccesso di sonno, quindi si dorme tanto e a tutte le ore.
- Narcolessia: ipersonnia primaria che esordisce intorno ai 15/35 anni e che presenta come primo
sintomo la sonnolenza (10% cataplessia, ovvero uno stimolo emotivo).
Sintomi: allucinazioni ipnagogiche, attacchi di sonno, cataplessia, paralisi del sonno.
- Sindrome apnee ostruttive (OSAS): le cause sono la conformazione individuale (es. ipertrofia
tonsille, adenoidi, deviazione del setto nasale) e altri fattori favorenti (obesità, abuso di alcolici,
postura). L’ipersonnia secondaria è caratterizzata da russamento intermittente, apnee, sonnolenza
diurna.

Parasonnie
Le parasonnie sono caratterizzate da strani comportamenti durante il sonno, quindi si dorme male.
Sono disturbi episodici che rappresentano una intrusione nel normale svolgimento del sonno.
Essi si possono presentare in tutti in modo sporadico, ma sono più frequenti nei bimbi. Vengono classificate
in base alla fase del sonno in cui compaiono: le parasonnie dell’addormentamento o del sonno leggero e le
parasonnie dell’ultima parte della notte.
- Sonnambulismo: è una parasonnia del sonno NREM, dove il soggetto svegliandosi da una fase di
sonno lento compie movimenti complessi. Si verifica nella prima parte della notte e durano qualche
minuto, è più frequente nei bambini, tende a scomparire con l’adolescenza, familiarità.
- Pavor notturno (o terrore nel sonno): è una parasonnia del sonno NREM, dove il soggetto si
sveglia all’improvviso da una fase di sonno profondo e comincia a urlare in preda a uno stato di
terrore (tachicardia, sudorazione, aumento del tono muscolare). Il picco d’incidenza è intorno ai 5-7
anni.
- Rem behaviour disorder (RBD): è una parasonnia del sonno REM, dove il soggetto presenta
un’eccessiva attività motoria caratterizzata da comportamenti bruschi (es. urlare, tirare pugni e
calci). Non vi è atonia muscolare.
- Sindrome gambe senza riposo: consiste nella difficoltà a iniziare il sonno e si rivela tramite forme
ideopatiche genetiche e secondarie (neuropatie periferiche, uremia, deficit di ferro).
- Bruxismo: disturbo del sonno, dove il soggetto digrigna i enti in maniera incontrollata. I sintomi
sono: indolenzimento, dolori ai muscoli e all’articolazione temporo-mandibolare, cefalea. In risposta
allo stress ambientale ci sono fattori emozionali.

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