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FONDAMENTI DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE

1. La psicologia dello sviluppo.


Definizione –
La psicologia dello sviluppo è lo studio scientifico dello sviluppo e
del comportamento del bambino sulla base di dati empirici in
funzione del tempo. Pone attenzione ai problemi relativi
all’evoluzione della personalità, studia le fase e i livelli di sviluppo
e i processi di maturazione cognitiva, affettiva, motivazionale e
sociale.
Storia –
Grecia antica : filosofi come Socrate e Platone danno molto risalto
ai problemi dello sviluppo della personalità.
Roma antica : lo sviluppo dell’individuo era concepito in funzione
della sua utilità sociale, la formazione del fanciullo mirava ad
infondergli coraggio, autodisciplina, efficacia, virtù civiche sulle
quali si fondava la sicurezza e il prestigio della res publica romana
Era moderna : John Locke (1632-1704) sostiene il concetto della c.d.
tabula rasa cioè che il bambino nascesse privo di strutture
psicologiche e che le sue caratteristiche fossero plasmate dalla sola
esperienza e influenzabili dall’ambiente circostante negando il
contributo di fattori innati allo sviluppo psicologico.
Jean Jacques Rousseau (1712-1778) è orientato verso una teoria
naturale secondo la quale i bambini sono per natura buoni e
crescono secondo un disegno di natura.
Stanley Hall (1846-1924) fu il primo a rendersi conto che il mondo
mentale del fanciullo è completamente diverso da quello
dell’adulto.
Francis Galton (1822-1911) pose il problema dell’influenza che nello
sviluppo infantile possono avere i fattori ambientali ed ereditari.
Arnold L. Gesell (1880-1961) sviluppò uno studio basato
sull’osservazione di registrazioni filmate analizzando il
comportamento dei bambini avvalendosi anche del metodo di
indagine trasversale con bambini di età diversa.
Contesto di ricerca:
1) Psicologia dell’età evolutiva: (Freud-Piaget) studia la fase che va
dall’infanzia all’adolescenza analizzando gli stadi tra di loro
interconnessi e strettamente integrati.
2) Psicologia del ciclo di vita: (E.Erikson) studia le modalità di
adattamento delle persone e di come diventino consapevoli del
c.d. calendario biosociale cioè le scadenze dei passaggi evolutivi.
3) Psicologia dell’arco di vita: (Vygotskij-scuola russa) sostiene che
i fattori socio-culturali condizionino fortemente lo sviluppo
psicologico dell’individuo

2. APPRENDIMENTO: teorie dello sviluppo


Definizione:
l’apprendimento è il processo intellettivo attraverso cui l’individuo
acquisisce conoscenze sul mondo che utilizzerà per strutturare e
orientare il proprio comportamento (Ernest Hilgard).
Teorie interpretative:
1) Comportamentismo: (Watson,Pavlov,Skinner) approccio

organismico di tipo quantitativo improntato al rigore scientifico,


alla metodologia sperimentale e di laboratorio, all’osservazione
sistematica. L’individuo è un organismo plasmabile il cui
cambiamento è prodotto dagli stimoli ambientali, quindi le
condizioni ambientali modellano il comportamento.
2) Costruttivismo: (Kelly,Piaget,Vygotskij,Werner) approccio

organismico di tipo qualitativo nel quale il soggetto è visto come


un essere attivo in cui lo sviluppo è guidato da leggi regolative e
principi organizzativi intrinseci. Il cambiamento si realizza nella
continua e reciproca interazione con l’ambiente.
3) Olismo: attribuisce importanza alle relazioni tra gli aspetti fisici,
mentali, emozionali e sociali dello sviluppo umano.
Oggetto di studio sono due processi paralleli:
la filogenesi cioè i cambiamenti comportamentali nel tempo in
una determinata specie;
l’ontogenesi evolutiva cioè i cambiamenti negli individui durante
la loro vita.
4) La Psicoanalisi: (Freud) studia l’individuo come organismo
simbolico capace di attribuire significato a se stesso ed al proprio
ambiente di vita. Qui il cambiamento è considerato come il
risultato di conflitti interni tra emozioni antitetiche amore/odio,
ansia/serenità ecc. In tale prospettiva l’individuo è mosso da due
istinti primordiali: eros (istinto alla vita) e thanatos (istinto di
morte). Lo sviluppo quindi risente del conflitto tra i bisogni
biologici e le regole sociali (conflitti biosociali).
Le componenti della personalità:
1) Id/es che corrisponde all’inconscio ovvero l’irrazionale

principio del piacere;


2) Io/ego che corrisponde alla parte cosciente ovvero il

razionale principio di realtà;


3) Superio che corrisponde all’educazione ovvero ai principi

morali interiorizzati.

Gli stadi di sviluppo sessuale:

- Orale (da 0 a 1 anno) piacere attraverso la bocca;


- Anale (da 1 a 3 anni) piacere nel ritenere o rilasciare le feci;
- Fallico (da 3 a 6 anni) complessi di Edipo/Elettra;
- Latenza (da 6 a 12 anni);
- Genitale (da 12 anni in poi) istinto sociale maturo.

5)Teoria psicologica contestualista: (Urie Bronfenbrenner)

introduce la psicologia ecologica considerando l’ambiente di


sviluppo come una serie di cerchi concentrici legati tra loro e

organizzati in:

- Microsistema: casa/scuola/famiglia
- Mesosistema: insieme di microsistemi
- Ecosistema: collegamenti tra microsistemi e mesosistemi
- Macrosistema: che comprende tutti gli altri e li influenza.
La cultura è la risposta al contesto storico-sociale ed è quella
che organizza l’esperienza quotidiana del bambino.

2.1 Identità e ambiente


La costruzione del Sé è correlata all’habitat affettivo umano e
sociale, è anche governata dal ruolo del bambino che tende ad
essere sempre più intenzionale ed orientato
all’autodeterminazione. Riflettendo su se stessi danno origine ad
una serie di ipotesi nel tentativo di comprendersi e dare una
risposta alla domanda “chi sono io?”.
IDENTITA’:
- Identità personale specificamente individuale;
- Identità sociale consapevolezza di appartenere a una certa
categoria condivisa con altri individui.

Lo sviluppo dell’identità corrisponde con lo sviluppo


dell’autonomia che rappresenta un obiettivo primario e centrale
del processo educativo. In tale consapevolezza l’ insegnante, nel
senso lato del termine, può aiutare il bambino a diventare
autonomo se sa essere un modello autorevole di adulto
autonomo. In tale interazione il fanciullo deve vivere bene
l’eteronomia interiorizzandone il concetto che gli consentirà di
accettare il freudiano principio di realtà: l’eteronomia garantisce
a che l’autonomia non sia vissuta come anarchia piuttosto come
rispetto degli spazi altrui e dell’individualità di ognuno per
giungere ad una progressiva emancipazione dall’aiuto dell’adulto.

3. Lo sviluppo cognitivo dall’infanzia all’adolescenza


Piaget paragonava lo sviluppo mentale alla costruzione di un
edificio. Piaget esalta la figura dell’uomo come costruttore attivo
della propria conoscenza. Le strutture cognitive si costruiscono e
si modificano al fine di consentire il pieno adattamento
dell’uomo al mondo. Respinge sia le ipotesi innatista della
Gestalt (E.Mach Psicologia della forma/ rappresentazione), sia
l’ipotesi ambientalista comportamentista.
Piaget propone una teoria organismica dove:
- Lo sviluppo è comprensibile all’interno della storia evolutiva
della specie;
- L’organismo è attivo e si modifica attraverso gli scambi con
l’ambiente;
- Lo sviluppo consiste nella trasformazione delle strutture non
innate che si modificano con l’attività dell’individuo
(esperienza)
3.1. Costruttivismo: rapporto dinamico tra sviluppo e
apprendimento
Il costruttivismo prende in considerazione la realtà psicologica
e socio-cognitiva influenzata da un insieme di interrelazioni
tra soggetto e ambiente dove la conoscenza viene costruita
dal soggetto che apprende.
Esponenti principali: Piaget e Vygotskij
L’apprendimento presuppone un discente attivo nella
costruzione delle proprie rappresentazioni, il contesto in tale
processo gioca un ruolo determinante.
La teoria piagetiana degli stadi nasce dall’interazione tra
soggetto e ambiente e fa parte della psicologia genetica, qui il
soggetto interagisce incessantemente con l’ambiente,
elaborando in maniera attiva gli stimoli che da questo gli
provengono; in questo processo per Piaget l’affettività è meno
importante dell’intelligenza come fattore di adattamento.
STADI DI SVILUPPO:
- Stadio senso-motorio (da 0a 2 anni); comprensione del mondo
attraverso gli oggetti e le informazioni sensoriali che dalla loro
manipolazione provengono.
- Stadio preoperatorio (da 2 a 7 anni); rappresentazione
mentale degli oggetti e loro classificazione in gruppi;
comprensione del punto di vista degli altri.
- Stadio delle operazioni concrete (da 7 a 12 anni); sviluppo
della capacità logica attraverso l’acquisizione di nuove
operazioni mentali.
- Stadio delle operazioni formali (da 11 anni in poi);
elaborazione mentale di idee, eventi e oggetti, sviluppo del
pensiero ipotetico-deduttivo.
Nessuno stadio può essere saltato.
In relazione allo sviluppo mentale i cambiamenti delle
strutture interne del soggetto sono il prodotto
dell’interazione tra due processi:
- Assimilazione: la struttura cognitiva rimane inalterata ed
elabora le esperienze per poterle spiegare;
- Accomodamento: la struttura cognitiva cambia.
Il meccanismo di sinergia tra questi due processi Piaget lo
chiama equilibrazione.

3.2. Lo sviluppo mentale come interiorizzazione di forme


culturali.
Nella prospettiva socio-costruttivista di Vygotskij la struttura
psicologica degli esseri umani si definisce e si modella
secondo il loro agire nel mondo. Attraverso la produzione di
azioni emerge la coscienza di quello che si fa che rende la
nostra specie diversa dalle altre.
Lo sviluppo mentale trae origine attraverso l’internalizzazione
delle forme culturali. Lo sviluppo individuale è condizionato,
quindi, dal contesto. Lo sviluppo del pensiero e del linguaggio
è eterodiretto dal contesto che attiva il meccanismo da una
zona attuale a una zona prossimale (zsp), quest’ultima non è
altro che l’area psicologica in cui il bambino amplia le
competenze e risolve i problemi grazie all’aiuto degli altri. Per
Vygotskij le capacità cognitive si affinano attraverso il
superamento di tre stadi: abilità in sé; abilità per gli altri;
abilità per se stessi.
Per Vygotskij il linguaggio svolge un ruolo fondamentale nello
sviluppo mentale, infatti parla del c.d. linguaggio egocentrico
la cui funzione non è comunicativa bensì rappresenta una
sorta di monologo che accompagna l’azione che nel bimbo si
interiorizza e diventa strumento di regolazione dell’attività,
fino a diventare una regolazione intenzionale.

3.3. Lo sviluppo cognitivo nella teoria di Jerome Bruner


Secondo Bruner l’acquisizione del pensiero maturo passa
attraverso tre forme di rappresentazione:
- esecutiva (da 0 a 1 anno); la realtà viene codificata attraverso
l’azione;
- iconica (fino a 6/7anni); codificazione attraverso le immagini
dello spettro sensoriale;
- simbolica (oltre i 7 anni); codificazione attraverso il linguaggio
e altri sistemi simbolici come i numeri e la musica.

Il linguaggio consente al bambino di ragionare in termini astratti


mentre l’immagine conserva una stretta somiglianza con la
realtà che rappresenta.

Nella fase della rappresentazione iconica il bambino tende a


formulare giudizi basati sull’apparenza percettiva.
Nella fase della rappresentazione simbolica il bambino e
l’adolescente sviluppano modi più evoluti di trattare
l’informazione, formulano ipotesi e concetto che manipolano
e trasformano la realtà inserendola in sistemi che vanno oltre
l’informazione data.
Brunner sostiene che i processi mentali hanno un fondamento
sociale e che la capacità cognitive sono influenzate dalla
cultura che è intrinseca all’individuo sovrapponendosi alla sua
natura. Importante è dunque l’insegnamento a come pensare
cioè in che modo organizzare fruttuosamente i concetti.
4. Insegnamento e apprendimento

L’insegnamento è la relazione tra docente e allievo che


caratterizza la qualità del processo educativo.

L’apprendimento è una funzione affettivo-cognitiva inserita


in un contesto relazionale complesso.

Bruner sostiene che bisognerebbe instaurare una comunicazione


autentica attraverso la quale giungere a sapere cosa hanno in mente
gli altri.

Il docente quindi dovrebbe attivare l’empatia ed essere un mediatore


dei processi apprenditivi, avere un approccio di tipo sistemico
attivando percorsi euristico-laboratoriali e favorendo nuovi linguaggi
per affrontare la sfida della contemporaneità.

Studio metodologico didattico di Jacobson che definisce 6 fattori


comunicativi: emittente,ricevente,messaggio,canale o mezzo e
contesto; in relazione a questi individua sei funzioni linguistiche:

- emotiva (emozioni)
- conativa (persuasione)
- poetica (sintassi)
- fàtica (connessione psicologica)
- metalinguistica (la lingua si autodefinisce)
- referenziale (descrittiva)
4.1. Corpo e movimento

Il primo rapporto con se stessi e con il mondo avviene attraverso il


corpo, attraverso l’uso di esso quindi attraverso il movimento il
bambino comincia a conoscere il mondo. Questo porta il fanciullo alla
conquista della propria identità e al consolidamento della propria
autonomia.

Il movimento è la base dei processi cognitivi, ha un influsso positivo


sullo sviluppo corporeo, sulla circolazione sanguigna e sulla resistenza
alle malattia, in somma sulla salute.

La nozione di corpo come entità spaziale e temporale è stato il


principale interesse di studio di Wallon (1879-1963) e Piaget.
Soprattutto quest’ultimo ha posto l’accento sulla differenzazione
progressiva fra se stesso e il mondo esterno e di come la
moltiplicazione delle esperienze consentono al bambino di affinare la
conoscenza del proprio corpo e contemporaneamente quella del
mondo. (psicologia dell’età evolutiva).

4.2. L’arte

L’arte è determinante ai fini dell’evoluzione interiore dell’individuo.


E’ il prodotto della creatività umana che attiva molteplici capacità
cognitive. “Un bambino pensa con i propri sensi”(M.Montessori).

Dal punto di vista cognitivo le arti aiutano lo:

- sviluppo del problem solving (per ogni problema più


soluzioni);
- sviluppo emotivo;
- sviluppo sociale;
- sviluppo motorio.
5. Infanzia e fanciullezza
L’infanzia è una fase della vita dotata di proprie specificità.
Lo sviluppo infantile è nella sua interdipendenza organica un
divenire evolutivo tra mente e corpo e trasformazioni sociali che
modificano le potenzialità educative all’interno della famiglia.
Va distinto il valore sociale dell’educazione dal valore personale del
bambino che rappresenta il focus di ogni intervento educativo.
L’identità e l’appartenenza si raggiungono attraverso la capacità di
selezionare e valorizzare le esperienze. Viene richiamata la
specificità e la continuità dell’Io come risultato del dialogo tra Ego
e Alter.
La competenza è correlata alle istanze interiori dell’Io che
permettono al bambino di organizzare su base intuitiva e sincretica
e elaborare in dimensione ludico-simbolica le conoscenze acquisite.
L’educatore deve saper trasformare il “rumore” (differenze tra i
bambini) in “coro”(relazione armonica tra i bambini).
Il gioco in questa fase svolge un ruolo di primo piano.
La fanciullezza può essere definita come un periodo di latenza in
cui si acquisiscono nuove capacità e nuove caratteristiche sul piano
intellettuale, affettivo e sociale. Le capacità cognitive e logiche
assumono un carattere di stabilità e di continuità.
6. Adolescenza
E’ il periodo di transizione tra la fanciullezza e l’età adulta.
Tre cambiamenti psicologici sono considerati come primari:
- Il raggiungimento dello status di adulto;
- La maturazione puberale;
- Lo sviluppo intellettuale.
Si raggiunge la fase del pensiero che Piaget definisce
operatorio formale.
Si passa, per dirla alla Erikson, da una fase di totale
accettazioni dei valori parentali a una fase di diffusione
dell’identità in cui l’adolescente rappresenta sé a se stesso,
organizzando i frammenti di identità finora sparsi.
James Marcia dice che in questa fase l’adolescente sperimenta
nella fantasia forme di identità personali che non applica nella
realtà.
L’identità è conseguente ad un processo di ricerca e di
sperimentazione.
Il gruppo aiuta a ricercare una propria identità contestando gli
standard degli adulti e facendo da tramite nella formazione di
rapporti più esclusivi di amicizie e relazioni sentimentali.
La formazione della personalità è un passaggio intriso di
dinamiche di matrice affettivo-relazionale che, se non
sostenute a livello pedagogico-educativo, rischiano derive
evolutive.
IL PROFILO DOCENTE
1.La normativa di riferimento
Art.395 del D.Lgs. n. 297/1994- definisce la funzione docente come
attività di trasmissione della cultura e alla formazione della
personalità dei giovani.
Art.26 del CCNL 2006/2009 Comparto Scuola il docente realizza il
processo di insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo
sviluppo umano in ogni dimensione.
E’ garantita:
- la libertà di insegnamento;
- l’autonomia didattica;
- l’autonomia professionale.
Il docente inoltre:
- cura il proprio aggiornamento;
- partecipa alle riunioni collegiali;
- partecipa alla realizzazione delle iniziative educative;
- cura i rapporti con i genitori;
- partecipa ai lavori delle commissioni d’esame.

2. Professionalità e profilo docente


La professione è l’attitudine a fare qualcosa.
La professionalità è un habitus, per dirla alla P.Bordieu, ovvero
una disposizione duratura e trasmissibile in progress cioè
soggetta ad evolversi in ragione del proprio bagaglio
esperienziale.
L’insegnante è colui che è capace di tradurre la realtà in
rappresentazione (in signo ponere) attraverso la mediazione
didattica.
Il profilo professionale del docente è un dispositivo avente la
funzione di rappresentare i compiti/obiettivi della formazione
iniziale e in servizio degli insegnanti e di descriverne gli
indicatori.
L’insegnante deve avere la capacità di mobilitare diverse
risorse cognitive per far fronte a un certo tipo di situazioni,
quindi la sua formazione è un oggetto in divenire che deve
saper decidere nell’incertezza e agire nell’urgenza (Ph.
Perrenoud).
L’insegnamento è infatti un processo decisionale continuo
messo in atto da esperienze consolidate e da una perizia
magistrale a saper trovare strade nuove per situazioni nuove.
La professione docente necessita di una formazione ad hoc, a
tale proposito la ricerca didattica mostra due direzioni di
marcia:
1)valorizzare sul piano della ricerca la conoscenza posseduta
dagli insegnanti;
2)collegare la formazione dell’insegnante alla pratica: per una
pratica formatrice con protocolli di formazione continua che
consenta di crescere dall’esperienza criticamente.
La L. 59/97 sull’autonomia scolastica ha determinato uno
sviluppo ed una espansione qualitativa dell’istituzione Scuola
dando una nuova interpretazione all’expertise degli insegnanti
inteso come costrutto evolutivo radicato su competenze
cognitive, sociali e relazionali che duri tutta la vita
professionale.
2.1. Le competenze nella costruzione del profilo docente
1) La cura continua della formazione intellettuale.
L’insegnamento è una professione “de modestie”, è ricerca
umile di risposte possibili. Esige distanziamento critico
dall’esperienza; di qui l’esigenza della ricerca del tempo giusto,
dell’otium inteso come fermarsi e riflettere su quello che si sta
facendo. Infatti otium traduce il greco scholé (tempo libero)
da cui il nostro Scuola, ovvero il tempo per la formazione e la
cultura. E’ un contrappasso doloroso il passaggio dalla Scholé a
una Scuola sopraffatta dalla cultura del fare senza avere il
tempo di fermarsi e pensare appunto.
L’otium realizza l’utopia di una nuova alleanza fra ricercatori
e insegnanti in cui il sapere pratico possa essere interrogato
all’interno di una tensione produttrice di senso che sollecita
curiosità e suscita il desiderio di approfondimento.
La presa-di-parola è l’anticamera narrativa di quella
consapevolezza insegnante che parte dal racconto e arriva a
una conoscenza che la trascende in soggettività magistrale in
teoria.
Oggi il sapere degli insegnanti è ancora largamente
consegnato all’oblio e confinato nel silenzio. I contesti
professionali li costringono a chiudere intenzionalità e
progettualità educative entro l’ambito del ristretto orizzonte
della contingenza e dell’emergenza.
Ecco perché attraverso la presa-di-parola magistrale può
passare l’accreditamento del sapere degli insegnanti come
sapere valido, legittimato in spazi riflessivi riconosciuti nei
quali il diritto ai tempi di parola non venga conquistato al
prezzo di faticosi esercizi di sottrazione ai tempi istituzionali.
2) Saper personalizzare l’azione didattica
L’idea pedagogica di personalizzazione discente dall’art. 3
della Costituzione che sancisce il “pieno sviluppo della
persona umana” affidato ai due istituti della famiglia e della
Scuola.
Victor Garcia Hoz mise in discussione la cultura di matrice
curricolare per le derive funzionaliste e tecnologiche che
avrebbe innescato nei processi scolastici, proponendo la teoria
di un’educazione aperta e integratrice.
Dietro alle pratiche curricolari stava l’ipotesi, poi disattesa, che
quanto più la scuola razionalizzava se stessa dandosi rigorosi
protocolli d programmazione, tanto più si sarebbe alzata la
qualità della prestazione scolastica.
La personalizzazione è il postulato di realizzazione e
riconoscimento del sé al massimo grado possibile, partendo
dall’individuazione del talento di cui ogni allievo è portatore.
La pedagogia differenziata di matrice francese (Legrand,
Altet, Merieu) ha posto i criteri della varietà e flessibilità
delle prassi metodologiche differenziate, distinguendo:
differenzazione successiva (lezioni frontali, lavoro di gruppo,
laboratori);
differenzazione simultanea (consegne differenziate per
gruppi di livello).
La L. 53/2003 e il D.Lgs 59/90 invitano a calibrare l’offerta
didattica sulla specificità e unicità dei bisogni educativi e
migliorare l’efficacia dei sistemi di istruzione coerenti con la
variegata realtà sociale dell’Italia contemporanea.
Insegnare individualizzando i mezzi apprendere
personalizzando il metodo didattico.

3) Saper usare i metodi

Padroneggiare metodologie attive:


- laboratorietà;
- cooperativismo;
- transmedialità.
Non estromettere la classica lezione ma operare una
contestualizzazione dei contenuti entro ambienti di
apprendimento rinnovati. Questo è necessario poiché in
sintonia con il mutamento della disposizione apprenditiva dei
giovani studenti contemporanei dotati di un pensiero
multitasking, olistico, teso alla socialità e alla condivisione.
La Scuola non deve ignorare tale mutamento antropologico, e
attrezzarsi con aule idonee, tecnologicamente innovative
dotate di dispositivi capaci di stimolare la formulazione di
ipotesi (problem solving), la scoperta, la simulazione di
situazioni reali, l’autorialità, la progettualità digitale.
Adottare forme di didattica basata su tecnologie di
produzione, riproduzione e remix dei contenuti tradizionali.
Scuola web 2.0 - gli strumenti del web 2.0 permettono la
partecipazione attiva degli studenti.
E’ necessario pensare la classe in termini di comunità di
apprendimento investendo sulla promozione della
competenza digitale (Raccomandazione CEE 18/12/2006),
comunicando la didattica secondo i principi di Media
Education e Media Studies.

4)Saper riflettere sull’azione e su di sé attraverso la

ricerca/formazione.
Ricerca e formazione costituiscono la doppia identità del
docente, infatti sono partner attivi dei ricercatori.
La ricerca collaborativa prevede:
- il riconoscimento del valore delle pratiche professionali come
contesto epistemologico e storico;
- l’ascolto attivo come esplicitazione delle teorie soggiacenti
alle pratiche di insegnamento.
Passaggi dell’esplicitazione:
1) la presa di coscienza della pratica di insegnamento(vedere

il proprio sé all’opera);
2) la presa-di-parola dell’insegnante (il racconto della

didattica);
3) il “ritorno” alla pratica di insegnamento come
consapevolezza del sé rispetto al ruolo da svolgere
5) Lo stile relazionale

Può essere riassunto in 3 questioni :

1) atteggiamento di ricerca più appropriato ;


2) risultanze della ricerca;
3) etica del ricercare.
La ricerca svolge una funzione euristica dove la presenza
dell’insegnante nell’indagine è sostantiva e non
complementare.
La scelta degli oggetti di ricerca avviene sulla base di una
esigenza espressa dagli insegnanti;
i tempi devono essere distesi;
come alleati partner della ricerca gli insegnanti
acquisiscono una disciplina mentale che risulta assai utile
per la maturazione di un habitus di riflessività sul loro
“fare Scuola”.
Per l’insegnante della Scuola così intesa il processo di
cambiamento e sviluppo professionale prevederà:
-riflessione sulla sua azione didattica;
-valutazione e autovalutazione;
-senso critico sul suo fare scuola, progettare, valutare e
documentare;
-apertura all’innovazione, aggiornamento e alla
sperimentazione.
Il tutto senza mai dimenticare la grande lezione socratica
del “so di non sapere”ovvero quel “de modestie” umiltà
della coscienza di sé per la coscienza dei discenti, di
studiare per sé per far studiare i discenti, poiché se non vi
saranno le prime azioni non vi saranno le seconde.
LA DIDATTICA E I SUOI MODELLI

1.La didattica: teoria dell’insegnamento

La data di nascita della riflessione teorica sull’insegnamento, cioè della


Didattica, risale al 17° secolo con la pubblicazione della Didactica Magna
di Jan Amos Komensky (1640).

La Didattica è nata per trasmettere alle generazioni future la cultura


maturata nel corso dei secoli. Comenio (1592-1670) la definisce l’arte
dell’insegnare “Didactica docenti artificium sonat”. Il termine didattica si
è arricchito nel corso dei secoli avendo come riferimento tutti i soggetti e
per tutta la vita. Col passaggio dal sistema scuolacentrico al sistema
formativo cronotopico e modale (svolto nel tempo e in modi diversi),
l’insegnamento/apprendimento oggi è da intendere come un processo
continuo sine die.

L’oggetto di studio della Didattica è l’agire didattico, ovvero


l’allestimento di tutte le condizioni necessarie affinché uno studente
apprenda. Questo include quindi i saperi disciplinari (cosa insegnare), la
psicologia dell’apprendimento (come si impara), mezzi, strategie,
strumenti (la mediazione didattica).

L’agire didattico ha una struttura ternaria (maestro-allievo-sapere) solo


dalla fine del Novecento, appunto definito il secolo della Didattica. Infatti
nella relazione didattica fino a qualche decennio fa tale struttura era
binaria(maestro-allievo). Grazie al lavoro svolto da J. Houssaye fa la
comparsa, a completare il Triangolo pedagogico, il terzo fattore ossia il
sapere. In sintesi:

- la Didattica è una scienza dell’educazione che ha come oggetto


l’agire didattico esplicato in maniera formale nella scuola e
informale nella famiglia e in altre agenzie formative.
- L’agire didattico mira all’apprendimento che consiste nella
complessa mediazione del sapere da insegnare tramite il c.d.
processo di trasposizione didattica che indica il passaggio di
un contenuto di sapere a oggetto di sapere da apprendere.
Questo nel rispetto rigoroso della sequenza: sapere sapiente
(della scienza e della ricerca), sapere da insegnare (indicato
nella programmazione), sapere insegnato (quello
dell’insegnante in classe), sapere appreso (dello studente).

I problemi per la trasposizione didattica consistono:

- nello scarto fra il sapere scientifico e il sapere insegnato,


quest’ultimo soggetto all’evoluzione della ricerca;
- nella incompatibilità di certi saperi con la società
contemporanea per es. le lettere classiche;
- la tendenza a organizzare i saperi sapienti più intorno al
canone della disseminazione che della sintesi e
dell’universalità.

Pratiche culturali post-moderne sono il dissenso, la


frammentazione, la decostruzione, l’ibridazione, l’intersezione,
la paralogia. L’effetto è che per lo studente il sapere sapiente è
destinato all’oblio appena fuori dalla Scuola. A questo si
aggiunga la disarmonia didattica disciplinare tra Scuola primaria
e Scuola secondaria che non riescono a verticalizzare i saperi
nella progettazione.
2. I modelli didattici

Il modello didattico è una rappresentazione semplificata e

parziale dell’agire didattico.

Individuiamo 3 tipi di modelli didattici:

- process-oriented dove l’attenzione è rivolta


sull’apprendimento dell’allievo; questo modello è ispirato
soprattutto all’attivismo pedagogico; si basa sulla logica
dell’imparare facendo (learning by doing) e sull’interscambio
fra ambiente sociale e processi educativi; forte è l’influenza
della filosofia pragmatista di J. Dewey (1859-1952) il cui
pensiero sostiene che lo sviluppo della cultura si sviluppa in
intima connessione con le attività della vita. La Scuola è vista
come un laboratorio di democrazia dove gli studenti possono
sperimentare una società pluralista e apprendere attivamente
dall’esperienza come nucleo strutturale delle “didattiche su
misura” (quali quelle di Kerschesteinher, Cleparèdes, Ferrière,
Decroly, Montessori); delle ”didattiche dei maestri
sperimentatori di Pietralba” (Agosti, Chizzolini); delle
“didattiche antiautoritarie” (di Neill); delle “didattiche non
direttive” (di Rogers); delle “didattiche cooperative ” (don
Milani, Ciari, Freinet, Lodi, Bernardini); la didattica
del”cooperative learning” (Comoglio, Capoferri); delle
“didattiche della ricerca” (Giunti, Dewey); della “didattica per
problemi” (Scurati, Fiorin, Ehly, Larsen); della “didattica dei
laboratori e dei progetti” (DeBartolomeis); del “peer tutoring”
(Ehly, Larsen) . Il tratto caratterizzante di tali modelli è il
“metodo” come scoperta, riflessione, sperimentazione. Il
metodo scientifico è la procedura privilegiata del pensare
riflessivo. I dispositivi attivi usati da questi modelli sono: il
laboratorio, la scrittura collettiva (don Milani), i contratti di
lavoro come assunzione di responsabilità degli studenti
(Parkhust).
- product-oriented dove l’attenzione è rivolta sugli esiti
dell’apprendimento; il modello è ispirato alle teorie
dell’istruzione da Bruner a Skinner, alle teorie del curricolo
ed alle teorie del primo cognitivismo; sono riconducibili alla
didattica dell’ “Instructional Design” di Gagné; a quella delle
“tecnologie dell’istruzione”; del “mastery learning”
(apprendimento della padronanza di Bloom); della Pedagogia
per Obiettivi; della Pedagogia per competenze (Pellerey). Si
tratta di modelli del cosiddetto “post-attivismo” dove
l’attenzione è centrata sulle discipline di studio, come si è
detto c’è l’influenza tanto della teoria dell’istruzione di Bruner
che della teoria neo-comportamentista di Skinner.
L’apprendimento viene risolto dalla connessione
stimolo/risposta dove l’allievo riceve un rinforzo positivo o
negativo. Si ha la centralità della figura del docente e della
valutazione didattica come coerenza fra il “prima” e il
“dopo”.
- context-oriented o dei “processi mediatori” dove l’attenzione
è rivolta all’ambiente e al contesto di apprendimento e allo
sviluppo del potenziale formativo dei saperi; di ispirazione
ecologico-interazionista-costruttivista trova ispirazione
appunto nel paradigma ecologico di Bronfrenbrenner, nella
teoria costruttivista di von Foerster e di Morin e in quella
enattiva di Maturana e Varela. Alcuni di questi modelli sono
basati sulla conoscenza in rete sincronizzando la rete alla
conoscenza facendo circolare liberamente le informazioni.
Altri modelli context-oriented sono quelli nati dal paradigma
narrativo di Bruner dove l’esperienza e la memoria sono
organizzate sotto forma di racconto. La narrazione è il
dispositivo qualitativo che ha contribuito maggiormente alla
costruzione e trasmissione del sapere in ragione della sua
funzione epistemica. Questi modelli hanno liberato
l’insegnamento dal determinismo della causazione processo-
prodotto, e messo in luce quanto i processi di conoscenza
siano intrinseci all’azione di qui il ruolo dell’ambiente per
l’emergere di affordances, cioè relazioni uomo e contesto
grazie ai dispositivi. La didattica enattiva (Rossi) e quella della
neurodidattica focalizzano l’attenzione sul ruolo del corpo
nell’apprendimento, si tratta di una autentica rivoluzione
culturale nell’ambito della didattica scolastica.
L’insegnamento/apprendimento co-evolvono. Trasposizione
e regolazione sono le due categorie chiave della co-
evoluzione. Tali approcci studiano la funzione didattica della
corporeità.
Dunque in sintesi oggi:

l’insegnante è fonte di sapere professionale;

la Didattica è vicina agli insegnanti e si muove fra analisi dei


loro saperi e formalizzazione teorica;
la teoria della Didattica è oggi costruita su categorie formali
strettamente legate all’ insegnamento.

7. Le “categorie” del discorso didattico


sono 3:
la comunicazione: verbale (voce, Viva vox docet – Herbart-); non
verbale (corpo, la mimica facciale, il sistema aptico del tatto, dello
sguardo); grafica e iconica (immagini, mappe, testi scritti ecc.);
l’esempio: attraverso l’imitazione più o meno speculare;
la pluralità di campi e linee di ricerca (D.P.R. 275 del 8.03.99).
LA PROGETTAZIONE DIDATTICA E IL CURRICOLO
SCOLASTICO
1. La progettazione nella scuola italiana
L’atto progettuale viene definito come il poter pensare e attivare
un cambiamento esplicito e organizzato. La progettazione è dunque
organizzazione intenzionalmente orientata verso uno scopo. Il
tratto caratterizzante è quindi l’intenzionalità educativa.
La progettazione viene introdotta a partire dagli anni 70 come
processo d’azione tendenzialmente orientato al cambiamento, un
fenomeno di apprendimento che coinvolge tutti i partecipanti
(progettisti e destinatari del processo educativo).
2. Elementi che costituiscono la progettazione didattica
A)Macroprogettazione: l’individuazione delle finalità generali e
degli obiettivi.
E’ composta da 2 azioni:
1) L’Analisi dei bisogni di formazione, ovvero rilevazione dei
requisiti cognitivi e socio-affettivi di partenza posseduti dagli
allievi, -questa fase è fondamentale per promuovere quella che
Ausbel chiama apprendimento significativo- ovvero la
relazione tra apprendimento e matrice cognitiva del soggetto,
diverso dall’apprendimento di tipo meccanico che avviene
attraverso la memorizzazione. Il primo quindi è un processo
attivo di esplorazione e scoperta il secondo è passivo di tipo
meccanico appunto.
Tale adattamento avviene secondo i processi di assimilazione
e accomodamento che Piaget utilizza per descrivere la
ristrutturazione delle esperienze pregresse e l’espansione
della matrice cognitiva preesistente a seguito di nuove
informazioni.
L’assimilazione utilizza conoscenze e schemi già posseduti;
L’accomodamento si verifica in una situazione conflittuale tra
quanto posseduto e quanto proposto che implica una
profonda ristrutturazione interna.

2. L’analisi del contesto scolastico e territorio di appartenenza

Ogni Scuola non può prescindere dallo scenario


normativo,socio-culturale e istituzionale così come dal
territorio.

B) Microprogettazione, la traduzione operativa della

macroprogettazione.

Consta delle seguenti azioni.

1) - La definizione degli obiettivi di apprendimento e la scelta degli


oggetti culturali, organizzati in moduli, unità didattiche, unità di
apprendimento;
2) - la selezione di strategie e metodi ritenuti più adeguati per
l’insegnamento dei saperi.
All’interno di questa azione vengono scelti i mediatori didattici
Definiti come i sostituti della realtà, ossia i segni, che consentono
di effettuare un processo di sostituzione dell’esperienza diretta in
qualcos’altro che ad essa corrisponde ad un livello di astrazione
superiore. I mediatori possono essere di tipo:
attivo (si avvalgono dell’esperienza diretta);
iconico (immagini e schemi);
simbolico (simboli, elementi astratti) ;
analogico (simulatori della realtà).
In questo senso l’efficacia dell’insegnamento deriva dalla pluralità
dei linguaggi in grado di rispondere ad una molteplicità di
intelligenze, dove la mediazione è considerata il cuore della
didattica e della trasposizione didattica (Chevellard, Develay,
Damiano) cioè il lavoro di trasformazione da oggetto del sapere
(sapere sapiente) ad oggetto di insegnamento (sapere da
insegnare).
Il processo di trasformazione avviene ad un livello esterno
(commissioni ministeriali che redigono i programmi) e ad un
livello interno (didattica d’aula).
Nel processo di microprogettazione, oltre alla scelta dei mediatori,
l’insegnante deve scegliere come strutturare il setting didattico,
pianificare risorse necessarie e costi e predisporre prove di
verifica intermedie e finali per poter valutare il percorso svolto e
gli apprendimenti maturati.
3. I modelli di progettazione
A- La progettazione per obiettivi (Ralph Tyler)
Elaborata negli USA negli anni 40 diffusasi in Italia negli anni 70
del Novecento. Risponde ad una logica di razionalità tecnica
basata sulla linearità tra le fasi della progettazione, azione e
valutazione, intese come un processo unico. Il modello prevede
la centralità dei fini in risposta alla domanda “perché
insegnare?”, che presuppone i traguardi seguenti:
- finalità formative;
- obiettivi;
- prestazioni;
- standard;
- valutazione

B- La progettazione per concetti.

Influenzata dalle scienze cognitive prende avvio dall’analisi


epistemologica dei contenuti culturali di un ambito disciplinare.
Considera le discipline in senso strutturalista, identificando le strutture
dei concetti chiave del sapere e le strutture sintattiche delle
metodologie di analisi della disciplina. Il riferimento culturale è la teoria
dell’istruzione di Bruner (1967) per cui la cultura di un dato contesto è
data da segni,artefatti, sistemi simbolici che il bambino apprende
attraverso l’educazione in forma di narrazioni e rappresentazioni
iconiche (immagini), simboliche (linguaggi), ed esecutive (azioni).
L’apprendimento avviene attraverso la mediazione dell’insegnante
nell’area di sviluppo prossimo (PSZ), con l’aiuto di un’altra persona più
competente (Vygotskij) attraverso lo scaffolding l’impalcatura di
sostegno che verrà progressivamente smantellata man mano che le
capacità prossime e potenziali emergono ed il bambino sia in grado di
svolgere un’azione in autonomia. Il modello trova applicazione concreta
nella costruzione di mappe concettuali di un determinato ambito
culturale.

C. La progettazione per sfondo integratore

Diffusasi in prevalenza nella scuola dell’infanzia, in primo piano ci sono i


mezzi, ovvero l’evolversi del processo didattico.

Si ha uno “sfondo”, una cornice (un ambiente, un personaggio


fantastico, un problema da affrontare) che faccia da contenitore di un
percorso didattico dove l’itinerario non è preordinato e viene definito in
itinere, declinato in funzione delle risposte e dei bisogni degli allievi.

D. La progettazione per competenze

Implica una didattica orientata a promuovere competenze e


apprendimenti significativi negli allievi, si basa non solo su ciò che lo
studente sa ma anche su ciò che sa fare con ciò che sa. Il sapere che
alimenta la promozione dell’agire competente è dinamico, olistico e
globale. L’apprendimento è di tipo costruttivo, in cui la conoscenza è
appunto costruita all’interno di un contesto relazionale e culturale.

Le competenze corrispondono all’integrazione di componenti che


permettono alla persona di svolgere il proprio agire. Attivando una
combinazione di risorse personali e di contesto la persona affronta una
situazione-problema e la risolve.

In sintesi riassumendo le caratteristiche essenziali di alcuni modelli di


progettazione, possiamo dire che questa è il frutto di un continuo
interscambio tra progetto e ambiente esterno determinando un
approccio basato su una razionalità limitata e su aspetti più dialogici ed
euristici.

Alcune definizioni e dispositivi normativi riguardo la progettazione per


competenze :

CONOSCENZE : Risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso


l’apprendimento (Commissione CE 2006);

ABILITA’ : La capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how


per portare a termine compiti e risolvere problemi;

CONOSCENZE : Comprovata capacità di utilizzare abilità in determinate


situazioni di lavoro o di sviluppo professionale e personale.

Raccomandazione Parlamento Europeo costituzione del Quadro delle


qualifiche per l’apprendimento permanente (2008/C 111/01).

Normativa nazionale: Normativa europea

Legge delega 53/03 DeSeCo 2002

D.M. 139/07 obbligo scolastico Pecup 2004-2005

D.M. 122/09 valutazione Competenze chiave 2006

D.M. 9/10 certificazione competenze

Competenze chiave di cittadinanza DM 139 / Linee guida 2007.

4. Il curricolo scolastico.
Nel gergo comune viene spesso inteso in due modi:

come sinonimo di programma di studio;

come percorso formativo individuale.

In realtà è qualcosa di più infatti il termine può essere associato alle


parole-chiavi di piano e percorso tecnicamente e intenzionalmente
progettato,realizzato e controllato in relazione a un determinato ambito
di esperienza o disciplina; percorso che comprende contenuti, strumenti,
e ambienti predisposti al raggiungimento degli obiettivi del POF.

Il curricolo è inteso anche come dispositivo/strumento per progettare i


percorsi formativi, flessibile ai mutamenti culturali. E’ la struttura che
organizza i processi di insegnamento/apprendimento.

Il collegio dei docenti è il principale responsabile nella definizione del


curricolo sotto il controllo del capo di istituto. Accanto al curricolo
esplicito fin qui esaminato, ve ne uno implicito che condiziona le pratiche
d’aula e non è intenzionale.

La nascita delle teorie didattiche del curricolo si deve a J.Dewey (1902)


che utilizzò il termine nel significato di corso di studi intenzionale (The
Child and the Curriculum); Bobbit lo ha inteso come insieme di esperienze
e come successione strutturata delle esperienze formative; R.Tyler lo
definisce come uno schema di riferimento per la formazione derivante da
quattro temi inerenti: finalità,esperienze,organizzazione e verifica; Hilda
Taba approfondisce questi step; J.Schwab lo definisce come struttura
comprensiva di obiettivi, metodi e materiali didattici. Bruner dice che è
proprio la struttura della disciplina a permettere la conoscenza
dell’esperienza in modo organico e a consentire la comprensione della
materia scolastica. Inizialmente il focus era centrato sugli obiettivi ora è
centrato sul piano di apprendimento. Il punto di approdo sembra proprio
la progettazione curricolare per competenze di cui si è detto che
comporta la promozione di saperi integrati più che le conoscenze
frammentarie.

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