Sei sulla pagina 1di 32

Psicologia dello sviluppo socio-cognitivo

- Viene data per scontata la teoria di Piaget


- no prova in itinere e no preappello
- 2 appelli nella sessione invernale
- tipo di esame: scritto, online; 5 domande in risposta scritta
- libro: introduzione alla psicologia dell’educazione (primi 4 capitoli)
- slide: servono da filo conduttore ma non bastano per l’esame

Introduzione
Il primo problema: cosa succede a metà dell’800? perché diventa importante studiare lo sviluppo dei
bambini?
Lo sviluppo dello studio dei bambini parte a metà dell’800.
La ricerca di paradigmi
Obiettivo: conoscere gli autori che hanno contribuito a dare vita alla psicologia dell’educazione.
Lo sviluppo spinge l’apprendimento e l’apprendimento spinge lo sviluppo; mentre imparo qualcosa il mio
sviluppo cognitivo si muove.
Nella seconda metà dell’800 nasce lo studio della psicologia dell’educazione e quindi dello sviluppo dei
bambini; tutto ciò nasce in Germania.
Wilhelm Wundt ha fondato il primo laboratorio di psicologia sperimentale e studia le funzioni psichiche
elementari (sensazione, percezione, tempi di risposta, … qualcosa che si può misurare con gli strumenti);
egli poi si accorge che mentre era semplice misurare i tempi, conduzione cutanea e questi aspetti, era
meno semplice studiare elementi più complessi come linguaggio, capacità di memoria che vengono
chiamate funzioni psichiche superiori.
Wundt cerca una spiegazione per questi aspetti che non può misurare con strumenti; egli afferma che
queste funzioni complesse sono quelle che sono nate dalla dimensione interindividuale, ovvero da ciò che
gli uomini hanno costruito insieme.
La linea di demarcazione tra il prima e dopo è data dai lavori di Darwin, concetti principali:
- teoria dell’evoluzione delle specie
- continuità-discontinuità fra le specie e fra specie e uomo
- studio dei primi anni di vita
- teoria della ricapitolazione: l’ontogenesi, ripercorrere la filogenesi
Darwin si accorge che tra gli animali ci sono tratti in comune; si pone quesiti importanti sullo sviluppo dei
bambini (a partire dallo studio dei suoi figli) e nel suo viaggio viene colto dall’idea che esista una teoria
sull’evoluzione della specie: ci sono animali più semplici e alcuni più complessi come l’uomo.
Egli cerca di trovare una giustificazione al fatto che esista un percorso tra animali semplici e complessi;
trova conferme a ciò che stava cercando nella teoria della ricapitolazione.
Lui ha in mente l’idea che l’ontogenesi (ovvero percorso dello sviluppo individuale di ogni bambino)
corrisponde alla filogenesi, che è lo sviluppo della specie umana dagli animali più semplici a quelli più
complessi.
Darwin torna in Inghilterra e sostiene che questo sviluppo individuale, ontogenesi, ripercorra la filogenesi e
così da un senso compiuto alla questione della teoria dell’evoluzione della specie.
Darwin muore nel 1882 e la sua idea viene ripresa più avanti da altri studiosi (se io so lo sviluppo della
specie posso prevedere lo sviluppo individuale, ovvero ciò che viene dopo, e posso anche immaginare di
intervenire).
Se ho una teoria complessiva dello sviluppo, posso prevedere, anticipare ciò che viene dopo e posso anche
intervenire e così nasce anche il legame con l’educazione.

1
Tra il 1842 e 1910 un altro studioso, William James, considera l’educazione come un elemento cruciale
della società: la scuola come luogo in cui le abitudini possono essere acquisite; emerge l’idea che si possa
intervenire anche sullo sviluppo.
Idee ispiratrici:
- pragmatismo: studiare se le idee e le pratiche educative funzionino o meno per l’individuo, prima
di utilizzarle concretamente
- funzionalismo: testare se le idee e le pratiche abbiano successo, se siano funzionali per l’individuo
e per gli animali
Stanley Hall (1846-1924) è uno psicologo americano che ha avuto modo di conoscere Freud e Jung ed è
interessato a capire i metodi utilizzati in Europa; egli aderisce alla teoria della ricapitolazione: i bambini
ripercorrono nel loro sviluppo (ontogenesi) lo sviluppo fisiologico e culturale della specie umana
(filogenesi).
Può essere considerato come il fondatore della psicologia dello sviluppo e dell’educazione in America;
permette di diffondere la psicoanalisi in America e fu il promotore del Movimento per lo studio del
bambino.
Emerge il pensiero di: intervenire sulle condizioni di vita: dipendono dal livello socio-economico delle
famiglie, dal governo e come esso favorisce o meno lo sviluppo.

Il movimento per lo studio del bambino


Il movimento nasce a partire da un insieme di studiosi che si uniscono per lo studio del bambino.
Fine dell’800: contesto (caratteristiche economiche, sociali e culturali di fine ‘800):
- industrializzazione
- immigrati dalle campagne alle città
- trasformazione dei ritmi di vita delle famiglie
- lavoro minorile: le bambine vengono tenute in casa per crescere i fratelli piccoli, mentre i bambini
vengono avviati sin da subito al lavoro
- “orfani” come categoria sociale: emerge il problema di collocare questi bambini che in altro modo
rimarrebbero per le strade
- i deboli e i disabili vanno assistiti perché altrimenti finiranno ad essere delinquenti o ad essere
ingaggiati da delinquenti più grossi
- “darwinismo sociale”: differenze tra le diverse fasce di popolazione che rispecchiano le differenze
fra gli individui (i ricchi sono tali perché sono più intelligenti e capaci: c’è una selezione naturale
anche nei contesti sociali)
James, Hall e Dewey sono i principali ispiratori di tale movimento, che poi coinvolse anche genitori, filosofi,
medici, amministratori locali e scolastici e altre figure interessate al benessere dei bambini, per studiarne:
sviluppo fisico, cognitivo (legato all’ambiente scolastico) e morale (i bambini devono seguire regole rigide),
salute e igiene, le pratiche educative e il loro effetto sull’apprendimento, gli interessi e l’immaginazione, la
natura delle loro esperienze e le conoscenze nei confronti delle varie tematiche legate alla realtà
quotidiana.
Si cominciano a costruire realtà rivolte ai bambini per poterli crescere e togliere dalle strade; in alternative
alle scuole esistenti, vengono costruiti lontani dalle città degli istituti o scuole riformatorio dove si trovano
deboli, disabili, bambini con varie difficoltà.
Si costruiscono i primi asili o kindergarten e sorge spontanea la domanda, che cosa accade ai bambini?
quale metodo per studiarli?
Alla fine dell’800 Hall compie un grande questionario sulle conoscenze dei bambini e scopre che la gran
parte di questi bambini sapevano dire ad esempio che il latte viene dalle mucche ma non sapevano con che
cosa si facevano le scarpe (pellame); egli scopre che non sanno le cose e così non sanno costruire il loro
punto di vista. Da qui nasce il legame tra sviluppo e apprendimento: il bambino è il risultato di questi due
punti.
Di conseguenza egli afferma che prima bisogna fare degli studi per capire che cosa pensano, come si
muovono, c’è bisogno di osservare i bambini; in questo tempo si apre la tradizione dei “consigli” ai genitori
e si apre anche lo scontro con i quantitativisti. Quest’ultimi sono quelli che attraverso i test misurano le

2
diverse abilità; in ambito educativo però emerge l’idea che l’approccio psicologico debba inserirsi in quello
educativo.
Se prima sviluppo e apprendimento erano legati, in questi anni esse si separano e nasce la psicologia dello
sviluppo che si occupa dell’indagine di laboratorio e dei test psicometrici; viene tralasciata l’influenza delle
condizioni sociali e l’aspetto educativo dei risultati di ricerca e ci si occupa dell’individuo in quanto tale.
Problema: definita l’abilità del bambino attraverso il test non siamo in grado di dire come intervenire per
fare in modo che quella posizione possa essere modificata in termini di miglioramento.
A questo proposito è necessaria la psicologia dell’educazione.
A fine ‘800 emergono diversi problemi legati al lavoro minorile, i bambini orfani e tutti quelli più emarginati;
da qui emerge la necessità di collocarli nelle scuole e di conseguenza nascono i riformatori.
Il prevalere della psicologia sperimentale dell’educazione: Edward Thorndike (1874-1949)
I suoi contributi: applicare con sistematicità gli strumenti della psicologia generale sperimentale
all’educazione; la scienza psicologica deve essere insegnata come la botanica.
Campi d’indagine: studio della dotazione innata degli individui, studio dell’apprendimento inteso come
ricerca delle sue leggi generali, fa ricerche nelle scuole; ha come obiettivo quello di intervenire nel sociale.
Test, prove, quesiti servono per la valutazione iniziale e per poi intervenire; i test e la ricerca avvengono
nelle scuole, ed egli anticipa il comportamentismo.
La scienza cognitiva
Nel secolo scorso la psicologia dello sviluppo mettendo da parte la psicologia dell’educazione, rimane molto
stretta nell’esagono cognitivo, ovvero all’emergere della psicologia cognitiva, e sottoposta alle
neuroscienze. In questi anni quindi arriva la scienza cognitiva.
La nozione di mente ritorna al centro di riflessioni teoriche, metodologiche e delle ricerche empiriche.
La ricerca cognitiva si dava come obiettivi aprire la scatola nera del comportamentismo, guardare al suo
interno, scoprire quello che c’è tra gli stimoli e le risposte e spiegare come l’organismo produce risposte a
stimoli ricevuti.
Per lavorare sulla cognizione servono anche altre discipline come: antropologia culturale, filosofia,
linguistica, tutta la psicologia che tende agli aspetti cognitivi, neuroscienze e intelligenza artificiale
(parliamo di esagono cognitivo).
C’è quindi bisogno di lavorare accanto ad altre discipline.
Il problema di fondo rimane anche quando abbiamo esaminato il bambino da un punto di vista scientifico e
il problema è: come facciamo ad intervenire? come interveniamo e cosa facciamo?
La sola misurazione degli individui non da modo di intervenire con interventi; c’è bisogno di capire il
contesto sociale in cui vivono gli individui per poter intervenire.
Comparative human cognition, 2003
In questo caso ci sono più discipline che collaborano insieme in cui emergono gli strumenti tecnologici utili
per cambiare le condizioni di successo/insuccesso scolastico.
La rete e l’aspetto informatico diventano possibili risorse per contrastare l’idea di darwinismo sociale e per
fare in modo che le condizioni dei bambini vengano effettivamente modificate.
La robotica dello sviluppo studia quei meccanismi dello sviluppo umano che consentono l’apprendimento di
nuove conoscenze e nuove competenze, utilizzando macchine artificiali. L’obiettivo è di comprendere come
le nuove tecnologie offerte dalla robotica possono contribuire allo sviluppo e all’apprendimento dei
bambini.

3
Un percorso dal passato al futuro
Di nuovo torna il tema che siamo nani sulle spalle dei giganti; per fare della psicologia una scienza capace di
suggerire all’esterno e non solo capace di fare ricerca, quindi una scienza che ha un versante che si prende
cura delle persone e del loro interesse, si è partiti da come gli psicologi dagli anni ’60 hanno pensato al fatto
che ciò che facevano potesse interessare molto alle altre persone.
5 temi chiave della psicologia dell’educazione:
- “psicologizzazione” dell’educazione
- l’impegno nelle indagini interdisciplinari
- la focalizzazione sull’apprendimento come costrutto fondamentale
- l’investimento sulla misurazione e sulle ricerche della variabilità umana
- la necessità di ricerche basate sull’evidenza scientificamente provata dei risultati
La psicologizzazione dell’educazione
Emerge l’idea che gli insegnanti dovrebbero avere un percorso psicologico e muoversi secondo queste
coordinate; ciò è stato un fallimento perché tale idea è arrivata molto dall’alto: negli USA sono stati
introdotti sistemi di misurazione che mostravano ritardi in fasce di popolazioni appartenenti ad etnie
diverse, quindi era un po’ come se le differenze etniche si rispecchiassero poi in differenze del QI per
esempio. Se c’è solo la misura, quel numero può essere utilizzato per giustificare idee più generali su come
sono gli individui, per questo il primo passaggio della psicologia nelle scuole ha prodotto più danni e da qui
nasce l’impegno per le indagini multidisciplinari.
Esistono relazioni alternanti e spesso conflittuali tra ricercatori e professionisti dell’educazione; a parole
tutti vorrebbero lo psicologo nelle scuole ma solo per i bambini deficitari.
Il problema è che agendo solo sui bambini deficitari non aumenta la media dei bambini; il cambiamento
non è detto che avvenga subito, magari assimiliamo qualcosa che non è detto che cambi la nostra struttura
cognitiva, poi magari arriva il problema e allora ho la necessità di prendere ciò che avevo assimilato perché
riconosco di averne bisogno. L’intervento della psicologia dello sviluppo deve avere due facce:
- misura
- ipotesi di intervento: devono derivare da teorie precise ed essere ipotesi consolidate di intervento
Insegnanti ed educatori gradiscono la prima parte ovvero la misura ma non la seconda ovvero accomodare
ciò che viene detto dallo psicologo in maniera graduale all’interno dell’intervento educativo.
Gli psicologi dell’educazione cercano di stringere relazioni significative con i membri delle istituzioni
educative, per comprendere la cultura e le preoccupazioni urgenti che provengono dalle scuole.
L’impegno nelle indagini interdisciplinari
Dopo il fallimento precedente (ovvero della scolarizzazione dell’educazione) c’è stato bisogno di una
convergenza tra le discipline per dare senso ai risultati; i bambini appartenenti a molti contesti etnici posti
all’interno di condizioni di vita sfavorevoli, avevano risultati ai test peggiori degli altri: il tema si focalizza
sull’apprendimento. Da qui nasce la domanda: come possiamo fare noi psicologi a migliorare i risultati di
bambini posti in contesti sfavorevoli per lo sviluppo? se si lavora solo sull’apprendimento senza avere il
versante sullo sviluppo, grandi risultati non se ne ottengono.
La psicologia dell’educazione si è caratterizzata come scienza interdisciplinare, raccogliendo un insieme di
studiosi di discipline diverse come filosofia, psicologia, medicina e matematica.
La centralità dell’apprendimento
Alexander e Riconoscente (2005) afferma che i risultati ai compiti non equivalgono all’apprendimento e
non equivalgono al livello cognitivo di chi ha fatto il compito.
Emerge la necessità di un apprendimento non superficiale ma approfondito delle discipline scolastiche.
Il risultato ai compiti non è lo specchio del reale apprendimento.
Quello che gli individui fanno è strettamente legato al contesto come dice Alexander; gli psicologi possono
essere utili se riescono a fare questo lavoro con gli insegnanti volto ad un apprendimento approfondito.

4
L’investimento sulla misurazione
La psicologia dell’educazione ha come temi centrali:
- la valutazione di costrutti cognitivi generali (ad esempio, intelligenza, ragionamento, creatività o
memoria di lavoro);
- I fattori motivazionali/emotivi (ad esempio, orientamento verso obiettivi, autoefficacia);
atteggiamenti verso le discipline scolastiche.
Queste valutazioni si sono concentrate su:
- ogni livello di età (dall’infanzia all’età adulta)
- lo studio di popolazioni tipiche e atipiche
- il funzionamento in ambienti diversi (classi, laboratori)
- l’utilizzo di strumenti specifici
Caratteristica presente nelle ricerche attuali è la sofisticatezza metodologica e statistica dei dispositivi di
ricerca e degli strumenti di misurazione.
Le scuole possono essere descritte come «istituzioni dedicate alla preparazione e validazione di strumenti
di misura e al servizio dei ricercatori», piuttosto che luoghi o «bastioni dell’apprendimento».
L’eccessiva enfasi e le troppe risorse spese nella sperimentazione e nell’utilizzo di test ha portato al venire
meno dell’apprendimento ottimale degli studenti: troppa enfasi sulla ricerca e poca sul come intervenire
concretamente per permettere il migliore apprendimento.

Cosa avviene in Europa?


Germania: Wilhelm Preyer (1841-1897): osservazioni di carattere fisiologico e psicologico, influenzate dalla
teoria dell’evoluzione di Darwin. Preyer (1892) propone uno schema di sviluppo in cui l’istinto e i riflessi
elementari sono gradualmente sostituiti dal linguaggio e dall’azione intenzionale.
Raccoglie dati su comportamenti motori, le prime manifestazioni del linguaggio, i ricordi di eventi, le
menzogne, il giudizio morale e persino interazioni con un genitore; è stato fra i primi studiosi a sottolineare
l’importanza del gioco infantile nello sviluppo
Apporta un miglioramento della scala di Binet e Simon, standardizzandola per potere confrontare i
punteggi fra le popolazioni infantili
Francia: Binet fa il primo match tra scuola (con ciò che avviene al loro interno) e sviluppo cognitivo; egli
sviluppa la scala metrica dell’intelligenza per poter distribuire la popolazione su una scala.
Sviluppo delle abilità: le abilità di base dipendevano da quanto i bambini avessero appreso prima di arrivare
a scuola e nel corso di ogni anno successivo.
Osservazione delle attività scolastiche: Binet decise di costruire un campione di attività scolastiche
appropriate per ogni anno di scolarizzazione, seguendo i contenuti del curriculum previsto di sistema
scolastico.
Forte interesse per l’educazione, che si è concretizzato in due principali attività:
- le modalità dettagliate nella costruzione delle prove e nella loro misurazione (frutto dei suoi lavori
precedenti sulla valutazione delle conoscenze scolastiche)
- le ricerche sulle differenze individuali e sullo sviluppo cognitivo delle persone (bambini e adulti) con
ritardo mentale.
Regno Unito: partono dalla costruzione di strumenti e gli inglesi si centrano sulle capacità di tipo cognitivo.
Spearman: si concentra sullo studio della natura dell’intelligenza
Cyril Burt (1937): estese la somministrazione di test intellettivi a tutti bambini segnalati dalle scuole per
essere avviati a scuole o classi speciali.
Nascita del Movimento delle scuole nuove, realtà educative che intendevano rinnovare l’organizzazione, i
contenuti e i metodi dei sistemi scolastici allora in vigore
Italia: la psicologia dell’educazione nasce dopo un lungo periodo preparatorio, che vede il sorgere
dell’antropologia pedagogica, della pedologia, degli studi psicopedagogici che si sono sviluppati fra la fine
dell’800 fino agli anni ’20 del ‘900.
Contatto con le nascenti teorie dello sviluppo mentale infantile e con la neuropsichiatria infantile.

5
Oggetto della psicologia dell’educazione riguarda metodi e processi dell’acquisizione della conoscenza che
si svolgono all’interno delle istituzioni educative.
La prima a sviluppare nuove idee è la Montessori che inizia a lavorare negli istituti con quei bambini bollati
come deficitari dal sistema scolastico; la Montessori costruisce un mondo a misura dei bambini e dimostra
che i bambini possano imparare e lei coglie che ci debba essere un avvicinamento tra chi insegna e chi
impara.
Influenze esterne sulla psicologia dell’educazione:
- psicologia sperimentale
- antropologia fisica
- neuropsichiatria infantile: si occupa di fare diagnosi
- psicologia dell’età evolutiva: che diventerà poi psicologia dello sviluppo in quanto anche l’anziano
può apprendere
- orientamento clinico in psicologia dell’educazione
Clotilde Pontecorvo: identifica come psicopedagogia del curricolo le modalità di organizzazione e di
elaborazione delle conoscenze
l’interazione fra contenuti curriculari e processi cognitivi deve essere considerata centrale
La psicopedagogia del curricolo è caratterizzata dalla ricerca delle relazioni fra le modalità dell’acquisizione
delle conoscenze e i contenuti e i metodi della trasmissione culturale che si realizza in ambito scolastico.
I lavori sulla continuità educativa e il curricolo caratterizzano gli anni del contributo significativo alle riforme
del sistema educativo italiano.
Pietro Boscolo: pone attenzione ai processi che caratterizzano la comprensione del testo narrativo; la
produzione del testo scritto.
Fa emergere la necessità di integrare una prospettiva normativa ai risultati scolastici (alle prove oggettive)
con una che utilizzi anche strumenti qualitativi (osservazione diretta).

Schema riassuntivo (capitolo 1)


Parole chiave:
- teoria della ricapitolazione
- darwinismo sociale
- esagono cognitivo

6
Culture, sviluppo ed educazione (capitolo 2)
Nel 1905 Binet scrive:

Egli 115 anni fa afferma che una volta misurati i risultati dei bambini, bisogna fare qualcosa; misurare serve,
ma bisogna capire dove, perché e che cosa hanno i bambini dietro di loro.

Ricerche cross-culturali (conoscere il dibattito nei primi del ‘900 sull’origine delle differenze fra
individui di culture diverse)
Il risultato delle ricerche cross-culturali col modello piagetiano fa emergere che alcuni bambini (per lo più
africani) sono molto più indietro rispetto agli altri (europei).
Le differenze sono dovute per natura o per cultura?
Questo è il grosso argomento fino a quando Michael Cole, attraverso i suoi studi riconosce che gli studi che
tengono conto della misura a sé stante non basta.
Egli va in alcuni villaggi del centro Africa; prende nota di come avviene l’insegnamento, di come stanno i
bambini e alla fine di questo percorso di grande riflessione, egli definisce la Psicologia culturale.
Questo è il risultato finale, ma partiamo dall’inizio…
Quale problema da risolvere ci pongono queste ricerche? capire qual è il peso della cultura nella ricerca;
ciò ci permette di fare ricerca. Bisogna individuare di cosa è fatta la cultura e capire quali sono gli elementi
della cultura trasformabili in variabili (trovare elementi delle culture che possono essere confrontati nei
disegni di ricerca).
Le ricerche cross-culturali hanno approfondito i legami fra cultura e sviluppo in 3 ambiti specifici:
- funzioni elementari considerate universali (sensazione e percezione)
- caratteristiche dell’intelligenza
- processi e contenuti della memoria
Questi sono i 3 temi delle ricerche cross-culturali degli anni ’60 nell’ambito della psicologia dello sviluppo;
le ricerche di questo periodo dimostrano che ci sono diversità e in seguito ricerche di approcci diversi
hanno indagato tali differenze
Le ricerche culturali sono di matrice piagetiana e quindi si concentrano anche sull’intelligenza.
Alcuni contributi delle ricerche cross-culturali si sono concentrati sulla validità delle teorie sviluppate nel
mondo occidentale ma studiate in individui di classe medio-alta; ad esempio la teoria di Piaget è stata
sviluppata su bambini di classe medio-alta.
Il problema è che applicare tali strumenti costruiti su un certo tipo di popolazione, su un altro gruppo di
popolazione fa emergere le differenze che poi vengono giustificate o da un punto di vista culturale o
naturale.
Obiettivi delle ricerche piagetiane:
- identificare differenze e variazioni nello sviluppo
- valutare l’attendibilità degli strumenti
- distinguere processi supposti universali e processi specifici per le culture non-occidentali: è sbagliata
l’idea che gli europei e americani civilizzati siano la norma
- differenziare fra le variabili presenti in un singolo contesto culturale e fra contesti

7
- identificare possibili meccanismi differenziali di funzionamento e di sviluppo dei processi psichici e
possibili fonti di influenza
Un caso emblematico: Piaget e la questione delle culture
Piaget distingueva tra società primitive e civilizzate, alle quali corrispondevano due tipi di mentalità,
primitiva e razionale (o civilizzata).
La prima era considerata un precursore della seconda, così come il pensiero infantile era considerato un
precursore del pensiero adulto; sono i primi lavori di Piaget negli anni ’30 del ‘900.
Idea di Piaget: studiare l’intelligenza col modello dell’epistemologia genetica, ovvero la genesi
dell’intelletto; il metodo utilizzato è quello clinico-critico.
Poi Piaget si concentra sempre di più sul suo modello strutturale dello sviluppo: detto anche modello
dell’epistemologia genetica, sostenuta sul piano dell’indagine empirica dal metodo clinico-critico.
Lo strumento piagetiano è il linguaggio.
Problema: se passo da un contesto civilizzato a uno non civilizzato, qual è il linguaggio che uso? e secondo:
gli oggetti che uso per testare le abilità dei bambini hanno senso per tutti i bambini (africani ed europei)?
L’apprendimento delle tribù africane avveniva e avviene attraverso la costruzione degli strumenti per la vita
quotidiana, quello è il loro ambito; quando i ricercatori degli anni ’60 arrivano al metodo, si schiantano
contro il fatto che il loro metodo siccome ha sempre funzionato debba funzionare e di conseguenza chi
sbaglia sono i bambini (africani).
Michael Cole descrive la sua esperienza affermando che lo straniero in Africa era lui stesso e aveva bisogno
di imparare la loro lingua, aveva bisogno di mettersi all’ascolto, prendendo appunti e scoprire che gli oggetti
nel mondo non hanno un nome univoco ma quel nome è strettamente legato all’uso dell’oggetto; imparare
una lingua per poter insegnare alle persone doveva comprendere l’apprendimento dello straniero, dei
significati della lingua e delle parole. Cole va a recuperare l’idea vigoskiana della zona di sviluppo prossimale
(-> l’apprendimento del bambino si svolge con l’aiuto degli altri).
Un contributo fondamentale di Piaget è aver fornito argomentazioni contro la prospettiva
comportamentista (sono quelli della misurazione: fare laboratori con strumenti se no non ha senso fare
ricerca), sostenendo la partecipazione attiva del bambino nello sviluppo di strutture cognitive.
Molto importante nel comprendere lo sviluppo, diventa il ruolo dell’interazione con i coetanei, considerato
positivamente un facilitatore fondamentale rispetto all’autorità dell’adulto; emerge quindi il problema del
contesto sociale.
Al contrario il problema di Freud non era il contesto sociale ma l’individuo come risultato di dinamiche
affettivo-relazionali nei contesti; mentre il problema dei comportamentisti non era l’interazione coi pari ma
l’individuo di fronte alle situazioni. Piaget apre la strada dell’interazione coi pari come problema.
Quindi emerge un nuovo problema da affrontare: come si può coniugare la relazione tra cultura e sviluppo
del pensiero (che per Piaget coincide con la costruzione dell’intelligenza) con la posizione piagetiana
(bambino valutato nei diversi livelli)?
Il quadro del ‘900: due guerre mondiali e tutte le atrocità commesse.
Per Piaget è cruciale contribuire allo sviluppo della razionalità, del pensiero logico, dell’indipendenza di
giudizio individuale, per costruire adulti poco influenzabili dal potere dell’autorità, che in virtù della
tradizione culturale, tende ad inibire lo sviluppo di un pensiero autonomo e della capacità di riflessione
individuale. Ha in mente un percorso di sviluppo in cui i pari sono importanti, ma la cosa fondamentale è
costruire adulti non influenzabili e capaci di giudizio; l’insegnamento formale che avviene nelle scuole può
diventare un ostacolo alla costruzione di tali adulti (formale: ciò che imparo nelle scuole, informale: ciò che
imparo al di fuori).
Gli uomini devono essere liberi: il tema dell’autorità e dello sviluppo morale è importante per Piaget.
Negli anni ’60 del ‘900 anche Piaget studia le classi sociali differenti per verificare il ruolo della cultura, delle
attitudini e la validità universale degli stadi.
Le differenze esistono e Piaget propone 3 ipotesi di interpretazione:
- differenze nella velocità di acquisizione
- diversificazione delle attitudini con l’età (egli intende disposizioni naturali)

8
- tutti i soggetti possono costruire il pensiero formale, se non ce la fanno entro i 14-15 anni o al
massimo fra i 15-20 anni non ce la fanno più

9
Differenze fra culture (la funzione degli studi comparativi)
Dasen (1993) offre una sintesi di 30 anni di lavori sulle ricerche interculturali condotte nella prospettiva
piagetiana.
La sequenza stadiale piagetiana appare sostanzialmente confermata, ma i ritmi di sviluppo dipendono da
fattori culturali di vario genere; i bambini aborigeni australiani raggiungono prima la conservazione dello
spazio rispetto alla quantità continua.
Mentre la conservazione dello spazio per Piaget si acquisisce dopo la conservazione della quantità
discontinua e continua (perché è un operazione logica di livello più elevato), negli studi piagetiani di
confronto tra culture, questi bambini aborigeni australiani dimostrano di non avere la conservazione della
quantità discontinua ma hanno grandi coordinate spaziali perché gli aborigeni australiani hanno bisogno di
trovare punti di riferimento per muoversi sul territorio; per loro lo spazio e le coordinate spaziali sono vitali.
Alle prove di ricostruzioni spaziali fanno meglio degli europei civilizzati.
Ogni gruppo ha degli ambiti competenti specializzati; ogni gruppo su determinate attività della vita
quotidiana è competente. I bambini sono diversi sui temi che vengono utilizzati, ma se andiamo a guardare
le abilità cognitive, lo sviluppo è pressochè il medesimo.
Le ricerche interculturali ci dicono che la dimensione formale e informale diventano anche non solo
quello che si impara dentro e fuori dalle scuole, ma come la vita quotidiana ti spinge a costruire delle
operazioni mentali cognitive; la vita quotidiana è studiabile con l’osservazione, ricostruibile attraverso ciò
che viene osservato e dalla vita quotidiana si possono prendere delle attività che possono diventare delle
variabili in un disegno di ricerca.
E le differenze?
La questione delle variazioni temporali dello sviluppo è studiata anche secondo altri punti di vista:
- traiettorie dello sviluppo: lo studio si concentra sulle sequenze di sviluppo degli individui nel corso
del tempo
- trasformazione delle abilità sociali e cognitive in funzione dei cambiamenti sociali

Ambienti sociali e pratiche educative


Abbiamo i livelli di sviluppo piagetiani ma anche le pratiche educative che sono:
- formali
- informali
Quindi abbiamo: vita quotidiana, stadi di sviluppo piagetiani e pratiche educative.
Cosa chiediamo di fare ai bambini nel segmento 0-6 anni?
chiediamo di disegnare, ma perché? perché serve per la costruzione di un pensiero rappresentazionale:
vedo un oggetto, mi accorgo che il bambino è interessato e da lì come se fosse il pensiero del bambino e
con le parole, costruisco un’ipotesi del pensiero e ragionamento che il bambino potrebbe fare e gli offro
l’opportunità di portarlo a disegnare.
Nell’interazione col bambino, l’adulto propone e suggerisce “guarda” e c’è un gattino; chiede cosa fa il
gattino “fa miao miao” e poi dice che assomiglia a quello che ha il bambino, quello che gli ha regalato la
nonna e il bambino se lo rappresenta nella mente e gli chiede se lui se lo ricorda.
In psicologia parliamo di interventi psico-educativi nel percorso dello sviluppo: avere idea e per la
consapevolezza che non si può mai interrompere la dimensione di circolarità tra sviluppo, apprendimento
e pratiche educative (ciò che possiamo far fare al bambino: so qual è il suo livello e spingo per il
raggiungimento del passaggio superiore e quello che suggerisco è funzionale allo sviluppo).
Se muovo lo sviluppo, faccio girare le pratiche educative e l’apprendimento: sono legate.
Obiettivo? Costruisco l’intervento psico-educativo che consente al bambino il passaggio al livello successivo
nelle operazioni mentali che ha costruito.
Apprendimento e sviluppo: meccanismi attraverso cui si costruiscono le conoscenze e che sono legate alle
pratiche educative che a loro volta spingono gli altri due ingranaggi.

10
L’influenza degli ambienti sociali sul processo e sulla carriera scolastica è presente a
partire almeno dall’età prescolare, e si accresce nel proseguire della scolarizzazione; gli
ambienti sociali forniscono ai bambini dei temi su cui sono più competenti.
Il darwinismo sociale si lega a questo perché il sistema educativo si rivela inefficace per ridurre le differenze
sociali; l’altro collegamento a questo è il Movimento per i bambini perché ancora oggi è importante
investire risorse per fare in modo che queste differenze non ci siano.
Rispetto alla frase precedente:
. Aspetti critici (natura):
- determinismo biologico: le norme comportamentali e le differenze sociali, economiche e
intellettive tra gruppi e classi sociali derivano da differenze innate erediate e le società, sotto questi
aspetti sono la manifestazione delle caratteristiche biologiche della specie umana
- Jaspers e Leeuw 1980: l’eredità biologica fornisce agli individui delle potenzialità che sono rese
attive soltanto dall’intervento di specifici contesti (familiare, educativo, sociale e culturale)
- differenze nel corredo biologico dei singoli individui possono facilitare, oppure ostacolare,
l’acquisizione del patrimonio culturale e viceversa, differenze nel patrimonio culturale di uno
specifico ambiente possono facilitare o ostacolare l’espressione di potenzialità innate
Pensare che lo sviluppi dei bambini sia legato al corredo biologico porterebbe a dire che l’educazione e gli
psicologi non hanno nessuna possibilità di sostegno (“i giochi sono già fatti”); secondo questa concezione i
migliori hanno i figli migliori.
. Evidenze empiriche (cultura):
- correlazioni importanti tra: l’ambiente sociale (i livelli socio-economici dei genitori), il successo
scolastico, i risultati ai più noti e classici test intellettivi
- influenza degli ambienti sociali sulla carriera scolastica presenti a partire dall’età prescolare e
durante la scolarizzazione
- impossibilità della costruzione di test indipendenti dalla cultura, in grado cioè di assicurare una
loro validità attendibile quali strumenti di misura delle capacità intellettive; al contrario, i test nei
quali il linguaggio svolge una funzione preminente sono anche quelli che evidenziano di più le
differenze tra soggetti appartenenti ad ambienti sociali diversi
Questo grafico ISTAT afferma che lo stato socio-economico
della famiglia può predire la scelta scolastica dei ragazzi.
Idea di fondo: una situazione socio-economico più
favorevole aiuta lo sviluppo dei bambini.
Un articolo interessante afferma che i bambini con un
livello economico basso non sognavano in grande per il loro
futuro e non avevano la possibilità di pensarsi diversi da
come si vedevano in quel momento e anche questo può
influenzare lo sviluppo poi del bambino stesso.
Un altro studio fa emergere che il successo scolastico può
produrre effetti diversi negli individui; se un ragazzo è intelligente e ne è consapevole ma ha questioni più
importanti da affrontare (come aiutare i genitori a lavoro), la scuola media superiore lo definisce come
incapace e magari il ragazzo viene bocciato; la percezione del ragazzo degli anni di scuola, è la percezione di
un luogo in cui ha sperimentato rabbia, in cui ha subito torti. Da qui è poi facile che alle difficoltà che anche
i figli avuti hanno, emergano pensieri del tipo che è il sistema ad essere sbagliato e viene incentivata l’uscita
dalla scuola del figlio.
Mentre negli istituti professionali troviamo diversi figli con genitori con nessun titolo, invece nei licei
troviamo una bassissima percentuale (0.8%) di figli con genitori senza alcun titolo.
I ragazzi hanno prospettive sul futuro diverse che possono dipendere sul loro stato attuale; è importante
quindi aiutare ad avere una prospettiva diversa che non si basi esclusivamente sulla condizione attuale,
bisogna ragionare sul futuro.
Queste cose confermano la frase di inizio pagina.

11
Pratiche educative e sviluppo (le influenze delle credenze dei genitori sulle pratiche educative)
Lautrey (ricerca del 1980) utilizza 3 livelli socio-culturali delle famiglie: alto, medio e basso; e 3 livelli di
organizzazione delle interazioni fra genitori e figli: rigido, flessibile e debole.
Egli costruisce un questionario concernente le pratiche educative quotidiane in famiglia, somministrato ai
genitori.
Si osserva in questo studio:
- una migliore qualità cognitiva nei bambini appartenenti a famiglie di livello socioculturale più alto e
con un’organizzazione flessibile; dove per flessibile si intende la possibilità di dialogo e di
ragionamento, un’apertura nelle richieste e un dialogo narrativo (maggiore tempo nella costruzione
del dialogo dedicato da parte dei genitori)
- una concezione costruttivista dello sviluppo (il bambino costruisce attivamente i propri strumenti
cognitivi) influenza pratiche educative centrate sul figlio, che a loro volta influenzano la presenza di
capacità intellettive più elaborate; genitori più flessibili, che li ascoltano di più, sono genitori che
pensano che quel tempo di dialogo non sia buttato ma pensano che in questi dialoghi si aiuta il
bambino a progredire nello sviluppo del bambino (genitori autoritari sono più portati
all’obbedienza senza una riflessione sulla regola)
Madri e padri hanno idee un po’ diverse, perché le rispettive esperienze sono diverse, ma convergono sulla
centralità del bambino come attivo costruttore del proprio sviluppo.
Centralità dei processi di costruzione: sono più costruttivisti i genitori di livello socio-economico medio-alto
e con meno figli, meno costruttivisti i genitori di livello medio-basso con più figli.
Parenting: insieme di pratiche educative messe in atto da madri, padri, ma anche da tutti coloro che si
prendono cura dei bambini; include la predisposizione degli adulti a prendersi cura dei piccoli.
Nel parenting le idee si manifestano attraverso le conoscenze sullo sviluppo possedute, il grado di
soddisfazione e di attribuzioni di efficacia dei genitori (quanto i genitori si pensano efficaci nel loro mestiere
di genitori); tutto ciò servirebbe a scegliere e organizzare le pratiche di cura, cioè definire i tempi e le
energie dedicate alla cura, messe in atto concretamente nel corso della vita quotidiana.

Il punto di vista dei bambini (rapporto tra pratiche educative e conoscenze del mondo sociale)
Il grado di organizzazione delle pratiche educative da parte dei genitori si traduce, dal punto di vista dei
bambini, nell’esistenza di un certo numero di relazioni stabili fra i diversi aspetti della vita quotidiana e
delle relazioni che progressivamente percepiscono fra i propri comportamenti e le rispettive conseguenze.
Lo stile del genitore se è flessibile permette di ascoltare le esigenze dei bambini e di delegare la parola;
questo permette che i bambini siano meno oppositivi. Uno stile flessibile permette un’apertura all’ascolto
quando i bambini riportano storie, si impuntano e parlano; il non precludersi questo spazio imponendo un
tempo limitato di ascolto permette di essere flessibili e comprensivi.
La comprensibilità della vita quotidiana si fonda sulla presenza, nelle pratiche educative familiari, di
regole e norme che ne consentono una gestione ordinata; i ritmi veglia-sonno, gli orari dei pasti, la pulizia
personale e, più avanti negli anni, durante l’adolescenza, la gestione del denaro e del tempo libero, le
relazioni con gli amici.
Se queste regole della vita quotidiana sono applicate in maniera sistematica da parte dei genitori, anche se
non necessariamente rigida, complessivamente la vita familiare tende a essere più coerente, stabile e
tranquilla ed è resa comprensibile ai bambini.
Per noi psicologi usare l termine “fragilità” permette di non mettere nessun argomento, bambino, famiglia
dentro una categoria chiusa (come invece farebbero i termini: debolezza, insufficienza, …); tale termine
apre uno spazio di cambiamento e non inquadra la situazione in una cornice giudicante.
Le pratiche educative hanno un enorme influenza nelle ricerche interculturali sui bambini.

12
Dalle ricerche cross-culturali alla psicologia culturale
Bruner (1996): la mente come produttrice e trasformatrice di significati; introduce il tema dei significati e
quindi l’idea di operazioni mentali, che non riportano solo operazioni logiche e contabilizzabili come Piaget,
ma egli afferma che quello che i soggetti fanno è il risultato del significato che viene dato a quello che viene
chiesto loro.
Ad esempio lo zaino da significato a quello che viene chiesto, ovvero all’andare a scuola; le persone devono
attribuire significati a quello che stanno facendo e spesso nei bambini i significati sono legati agli oggetti.
I bambini africani non sanno fare quello che viene chiesto a scuola (contare), ma fuori sanno fare cose più
complicate (proporzioni tra cibo e costo); come dice Wundt serve una psicologia che dia risposta a un
bisogno diverso, perché rispetto a questa questione dei bambini africani ci si chiede a quale stadio di
sviluppo piagetiano appartengano questi bambini.

Riassunto primi due capitoli:


- Wundt: era il primo che diceva che il laboratorio era fondamentale ma c’era bisogno di un
approccio psicologico diverso
- Movimento per lo studio dei bambini: persone che colgono il problema e cercano di trovare
soluzioni a tali problemi
- Binet: la misura del QI; le misurazioni sono fondamentali per gli psicologi e lo strumento di misura è
strettamente legato a tale professione
- ricerche interculturali: aprono il mondo delle differenze tra persone che vengono da contesti
diversi, da esperienze diverse, sistemi politici diversi
- Piaget: rimane il punto di riferimento rispetto allo sviluppo anche se molte cose, idee sono state
superate
- prospettive europee e americane (viste finora): negli anni ’60 gli studi si schiantano contro
l’incapacità di insegnare ai bambini (se scivoliamo sulla natura ovvero che tutto dipende da essa,
allora il ruolo degli
psicologi viene
meno perché non
possiamo
cambiare le
cose)

13
La prospettiva storico-culturale (capitolo 3)
Contesto storico (Russia):
- Romanov: regnano fino al 1917
- bambini stanno per le strade, non vanno a scuola; la gente muore di fame, il paese è enorme ma
mancano le strade
- Rivoluzione d’ottobre: fine dinastia Romanov; i nuovi politici si danno come compito quello di
costruire un sistema d’istruzione per i cittadini
Vygotskij: gli viene assegnato il compito di costruire il sistema scolastico in Russia; egli gira tra i diversi
villaggi per farsi un’idea, vuole guardare, si muove.
Due osservazioni:
- necessità di formare gli insegnanti
- guarda quanti bambini ci sono con dei deficit: nasce la scuola di difettologia; necessità di capire le
difficoltà e come intervenire
Come costruire il sistema scolastico? Vygotskij non aveva un modello da imitare e in questa posizione
neutra, osservando gli adulti, scopre che anche nei villaggi più remoti, contadini che non erano mai stati a
scuola e che non avevano mai avuto nessun tipo di educazione formalizzata, quando andavano al mercato
non sbagliavano nel cambio delle monete; avevano una moneta che obbligava a fare calcoli complessi ed
egli registra che queste persone sanno anche firmare in cirillico (complessità elevata della scrittura) e
soprattutto in matematica non si confondevano con i soldi (quei soldi hanno un significato talmente
importante per cui i contadini non devono farsi fregare). Il significato di quello che si fa e soprattutto il
significato per cui si imparano le cose.
Vygotskij ipotizza:
1. Non serve un sistema formale per imparare: le persone imparano anche al di fuori della scuola
2. Considera che quegli adulti hanno imparato a non farsi fregare al mercato perché danno significato
a ciò che fanno attraverso la visione dell’altro e non è una questione di imitazione ma si tratta di
costruire la logica di quell’imitazione per non farsi fregare; l’istruzione legata quindi all’interazione
con gli altri, a un significato che viene dato e dentro ciò vengono costruite le operazioni cognitive.
Vygotskij si colloca in questo quadro con idee e pensieri diversi rispetto ai suoi contemporanei
Egli nasce nel 1896, come Piaget, e muore nel 1934.
Ipotizza che i processi psicologici devono essere studiati attraverso le attività pratiche della vita
quotidiana, attività che sono mediate dalla cultura e che si sviluppano nel corso delle trasformazioni della
cultura nel suo sviluppo storico (-> la scuola storico-culturale).
La denominazione scuola storico-culturale non appare negli scritti di Vygotskij ma è frutto della progressiva
interpretazione avvenuta in ambito anglosassone.
Il punto di partenza è la relazione del bambino con il suo ambiente, definita come situazione sociale dello
sviluppo.
Seguendo questa prospettiva, tutta l’educazione e tutto ciò che viene fatto per educare, è una pratica
contestualizzata: educazione come pratica contestualizzata; tutte le attività intenzionali hanno uno scopo,
un percorso e contenuti e si fanno in un setting che ha caratteristiche ben precise.
L’approccio storico culturale ha una prospettiva che integra la prospettiva piagetiana ed europea; Piaget è
interessato a vedere come l’individuo si sviluppa attraverso gli stadi, descrivere cosa sanno fare i soggetti
negli stadi, perché ciò che il soggetto sa fare è la dimostrazione pratica dello sviluppo (prima non sapeva
farlo perché era in uno stadio precedente). Questo approccio storico-culurale invece, si chiede come si
sviluppano le abilità e capacità e come si apprendono (non più cosa si sviluppa e cosa si apprende); questo
implica trovare strategie e interventi per permettere lo sviluppo.
Rapporto tra sviluppo e apprendimento mediato dalla cultura: rapporto che ci chiede di riflettere su
questo intreccio indissolubile.

14
Il contributo di Vygotskij: la prospettiva della zona di sviluppo prossimale
Nella prospettiva di Vygotskij è cruciale la nozione di mediazione: tutti i processi specificamente umani
sono mediati da strumenti quali il linguaggio, segni, simboli.
Le persone che si occupano dei bambini costituiscono dei veri e propri intermediari (artefatti culturali) che
svolgono un’attività di mediazione rispetto al mondo esterno alla famiglia.
Vygotskij distingue tra:
- mediazione cognitiva: si riferisce all’acquisizione degli strumenti cognitivi necessari per affrontare e
risolvere problemi posti da specifici eventi; è il caso dei concetti spontanei e dei concetti scientifici,
nell’età prescolare e scolare (concezione di conoscenza)
- mediazione metacognitiva: si riferisce all’acquisizione di strumenti semiotici, quali
l’autoregolazione, la pianificazione dei comportamenti e il loro controllo e l’autovalutazione;
questo tipo di mediazione consente l’acquisizione delle funzioni che nella letteratura attuale sono
definite funzioni esecutive (concezione più pratica)
L’interazione, lo scambio dialogico ha un nome: zona di sviluppo prossimale (ZSP); è una metafora per dare
senso a un insieme di comportamenti e attività. Egli non parla mai di educazione, parla di sviluppo; spinge
le persone a fare ragionamenti di livello più elevato a partire dall’apprendimento come base.
Definizione di ZSP: la distanza tra il livello di sviluppo attuale, definito dalle abilità mostrate dal soggetto in
un compito individuale e il livello di sviluppo mostrato dal soggetto, quando affronta un compito del
medesimo tipo, con l’assistenza di un partner più esperto; egli vuole costruire un percorso attraverso la
formazione di insegnanti e afferma che gli scambi, anche nel quotidiano, sono sempre tra un partner più
esperto e uno meno esperto (teoria delle potenzialità non ancora realizzate).
L’idea è: tutto ciò che apprendo, tutto ciò che imparo è utile per lo sviluppo.
La ZSP è un luogo virtuale, una metafora ed è caratterizzata da 3 fasi:
- fase attuale: come si presente attualmente
- fase di sviluppo di un gruppo di funzioni: come chi spinge può permettere lo sviluppo
- fase di acquisizione di queste stesse funzioni
Legge generale dello sviluppo culturale: ogni funzione psichica si presenta due volte nel corso dello
sviluppo culturale degli uomini:
- inizialmente sul piano sociale, come risultato di un’attività congiunta tra più individui (mediazione);
quest’attività cambia e si sviluppa giorno dopo giorno
- successivamente sul piano individuale, come attività padroneggiata dall’individuo che opera da solo
(appropriazione); l’appropriazione scatta nel momento in cui il bambino fa suo il processo che è
stato ripetutamente mediato giorno dopo giorno
In questa zona nessuno rimane nelle proprie posizioni: c’è sviluppo per entrambi!! entrambi cambiano e
producono sviluppo; l’adulto invita il bambino a decentrare il punto di vista e lo aiuta a verbalizzare.
Ciascuno costruisce processi di expertise a partire da oggetti della vita quotidiana che hanno significato; nel
momento in cui l’individuo è capace di tornare su questi processi, è in grado di portarli anche in altri ambiti.
Ogni apprendimento/appropriazione è quindi:
- situato nella cultura (prospettiva storica)
poiché
- la cultura mette a disposizione gli artefatti (oggetti, persone, idee)
di cui
- i soggetti si appropriano partecipando alle attività quotidiane (dalla periferia al centro)
insieme
- ad altri individui (novizi, esperti)
L’oggetto porta un significato su cui è bene ragionare coi bambini (più che concentrarsi sull’oggetto in sè).
Se usciamo dall’idea dell’insegnare e imparare che è propria dell’800, del Movimento per lo studio dei
bambini (io insegno e lui impara e se ciò non avviene è per la sua natura), entriamo nell’ottica del cercare
per tutti gli individui la possibilità di costruire questi spazi di sviluppo (che nella prospettiva storico culturale
si chiamano zone di sviluppo prossimale) dove nessuno insegna e nessuno impara ma si fa della mediazione

15
e dell’appropriazione; non esistono maestri e alunni ma solo dei più esperti e dei meno esperti e tutto
avviene attorno ad attività riconducibili alla vita quotidiana che hanno significato per le persone.

16
Sviluppo storico, artefatti, attività pratiche
Obiettivi:
- comprendere il significato della nozione di artefatti culturali
- conoscere le caratteristiche dell’attività di mediazione
- comprendere la definizione di cultura proposta da Vygotskij
Gli artefatti culturali
Sviluppo, apprendimento, oggetti e pratiche educative possono essere utili a un bambino per sviluppare e
mettere in moto capacità non ancora presenti.
Artefatto culturale: ogni aspetto del mondo materiale, costruito e modificato nel corso della storia della
sua utilizzazione, all’interno di attività umane dirette a uno scopo.
Il primo livello è quello degli utensili, come tavoli, posate, ma anche i linguaggi naturali e i contenuti
riferibili alle forme storiche e all’alfabetizzazione (scrittura, matematica) -> strumenti
Il secondo livello sono le rappresentazioni degli utensili e cioè le regole che presiedono al loro uso,
comprese le norme di comportamento da seguire per il loro utilizzo come e quando si usano (si imparano
nell’interazione con gli altri); quando è appropriato usarli e quando no; perché usarli, in quali modi e tempi
-> cambiamento (la rappresentazione dell’utensile mi consente un’operazione di cambiamento nella
mente).
Il terzo livello è costituito dai sistemi culturali generali di credenze presenti nelle diverse culture cioè
filosofie, ideologie, psicologie del senso comune -> uso come sistema di regole e credenze
Le caratteristiche delle attività
Le attività, ovvero quello che le persone fanno con gli oggetti (teoria dell’attività), sono:
- quotidiane: le funzioni psicologiche hanno origine nella vita quotidiana, dove i soggetti si
appropriano degli artefatti; l’adulto, il soggetto più esperto, mette in atto una strategia di dialogo
ponendo piccole domande al bambino e aiutandolo nella costruzione delle sue funzioni; parliamo
anche di zona di sviluppo prossimale: ti presto i miei strumenti cognitivi, le mie strategie che ho
costruito negli anni, in modo tale che tu, bambino, faccia un processo più elevato di quello che
saresti in grado di fare da solo. Parliamo anche quindi di attività della vita quotidiana in termini di
strategie e non di imitazione e quindi viene utilizzato lo strumento cognitivo che è anche
rappresentazionale per offrire la possibilità di costruire strategie; questa è una modalità di
osservazione senza griglie pre-costituite
- mediate culturalmente: gli artefatti sono gli strumenti dell’azione e della mediazione, quindi la loro
funzione è culturale in quanto vengono trasformati dall’uso che i soggetti ne fanno; l’adulto offre gli
strumenti costruiti nella sua cultura al bambino
- trasformate storicamente: i soggetti si appropriano di artefatti già prodotti dalle generazioni
precedenti; le pratiche possono essere trasformate nella storia (si pensi al periodo che stiamo
vivendo ora)
La cultura
La definizione di cultura intesa da Vygotskij è l’insieme di artefatti costruiti, utilizzati così come sono
prodotti, rappresentati e dotati di significato e legittimati nel corso delle attività pratiche umane, che
individui e gruppi sociali producono, conservano, modificano e mediano alle generazioni successive.
Se ci fermiamo sempre e solo al fatto in sé, ne facciamo un’azione legata al singolo individuo.

17
Qualità, quantità e obiettivo dell’educazione
I ricercatori andavano in giro per le campagne, periferie e avevano uno strumento standardizzato, usavano
sempre lo stesso e registravano le risposte dei soggetti; queste domande erano legate ad indagare i
processi e pensieri logici.
Come studiava Piaget il periodo formale (ci spostiamo quindi in una fase successiva)? periodo caratterizzato
dall’uso di sillogismi, creando collegamenti tra informazioni e trovando risposte.
I contadini dell’Uzbekistan, soggetti non scolarizzati, non alfabetizzati, erano capaci di argomentazioni
comprensibili; ed essi affermano di parlare solo di quello che vedono (sanno dire che non sono in grado di
dare una certa risposta perché non hanno mai visto quella situazione o cosa). L’adulto, il bambino anche
non scolarizzato, è capace di argomentare.
Se lo psicologo si limita a segnare la risposta, essa può essere giusta o sbagliata, ma se viene data parola
alle persone, esse sono in grado di trovare il motivo per cui sono state date certe risposte.
Sicuramente serve lo strumento standardizzato ma serve anche cercare di portare l’individuo da un certo
punto a quello successivo, permettergli di crescere; c’è la necessita di mettere insieme il quantitativo e il
qualitativo con i bambini.
ZSP come teoria delle potenzialità non ancora realizzate: l’insegnamento deve creare una tensione, una
differenza, una contraddizione fra l’esterno (più esperto) e l’interno (meno esperto). Non esercizio, ma
sempre qualcosa di più!
Obiettivo dell’educazione: creare una ZSP (che non è tangibile ma “virtuale”) che permetta il passaggio da
un livello cognitivo all’altro più avanzato.
L’obiettivo non è “cosa” si sviluppa negli stadi ma “come” si sviluppano tali aspetti nei vari stadi; individuare
i meccanismi del “come”, come fa un bambino sviluppare le regole (interiorizzarle per stare in un contesto
sociale). Diventa quindi essenziale integrare la teoria di Piaget con altre teorie e pensieri che permettano di
scoprire come avvengono i vari passaggi.
Creare una ZSP e sapere che tutti i soggetti in tutti i contesti hanno un potenziale di sviluppo ed individuare
tali potenziali, nei singoli, piccoli gruppi, comunità e contesti.

18
Zona di sviluppo prossimale e pratiche educative
Oltre agli strumenti come scale, test, servono anche strumenti di intervento!! queste modalità di intervento
consolidate negli anni dalla ricerca, vado a vedere se ce ne è uno da adottare in un particolare momento e
contesto; si va a vedere nella letteratura come tale modello è stato usato, dove, su quale gruppo e andare a
vedere le ricerche significa, quindi, vedere se quello strumento è adattabile alla situazione che ho in mente
e che devo studiare.
Strumenti per realizzare una ZSP: è possibile individuare specifici strumenti che dettagliano modalità di
attivazione della zona di sviluppo prossimale nelle situazioni di vita quotidiana:
- osservazione di comportamenti: l’altro ti suggerisce, ti presta la sua conoscenza perché tu possa
ottenere i migliori risultati. Significa che un partner offre a un soggetto un comportamento da
osservare ed eventualmente riproporre; può essere mostrato intenzionalmente oppure no, in ogni
caso riproporre un comportamento significa, sempre e comunque che il bambino per costruire un
livello di sviluppo migliore e non semplicemente eseguire un compito, deve dare un significato alla
situazione complessiva (imitazione, non condizionamento!)
- contingenza: utilizzata per indicare una modalità di governo delle produzioni dei comportamenti,
per esempio un adulto può utilizzare premi o sanzioni di vario genere per cercare di ottenere da un
partner la produzione di un comportamento desiderato, oppure che un certo comportamento non
si verifichi (nella prospettiva di Vygotskij non è condizionamento operante); la contingenza è
quando il bambino ad esempio fa una scelta e guarda l’adulto e quest’ultimo sorride, questo è un
feedback positivo non un condizionamento operante e questo feedback deve essere in tempo reale
(il bambino coglie nell’interazione, prelinguistica o poi linguistica, i comportamenti da adottare)
- feedback: può assumere forme molto diverse: può essere un commento dell’insegnante fatto nel
corso di un’attività; una valutazione esplicita (punteggio, voto, giudizio), prodotta in riferimento alle
prestazioni dei compagni, oppure alle prestazioni precedenti del medesimo alunno
- istruzioni sul compito: si tratta probabilmente dello strumento più diffuso ed utilizzato nelle classi,
poiché riguarda tutte le situazioni in cui agli alunni viene chiesto di eseguire e portare a termine un
compito, ma il risultato di ciò che viene chiesto non è mai scontato; istruzioni date che prevedono il
coinvolgimento dell’alunno nel fare il compito
- porre domande: si tratta dell’utilizzo di domande-risposte come strumenti per orientare e
indirizzare il lavoro comune (utilizzate nell’interazione linguistica)
- strutturazione cognitiva: è lo strumento attraverso il quale nella ZSP vengono rese disponibili le
modalità adulte di organizzazione del pensiero e dell’azione che permettono di organizzare le
attività cognitive (costruire abilità e competenze)

Scaffolding (Wood, Bruner, Ross, 1976)


Bruner legge la traduzione degli studi di Vygotskij e rimane molto colpito; Bruner è molto famoso in USA,
paese caratterizzato dalla grande immigrazione e negli anni ’60 c’erano tante ricerche che affermavano che
c’era la necessità di mandare i bambini figli di immigrati per tre anni alla scuola materna prima di inserirli
con gli altri (inizia un progetto di intervento compensativo rivolto ai soggetti più svantaggiati). Il tipo di
lavoro fatto con i bambini era molto centrato sull’apprendimento, tale progetto fu poi chiuso e lo stesso
Bruner fece una ricerca che mise in confronto questi bambini (che parteciparono al progetto) con quelli che
non avevano partecipato al progetto e vide che i primi si erano costruiti una base più solida; i risultati quindi
si potevano vedere solo anni più tardi (tuttavia il progetto costava troppo per tenerlo aperto).
Bruner sceglie come attività e oggetto la costruzione dei puzzle e definisce quello che chiama scaffolding;
egli dice nell’attività di costruzione del puzzle, l’adulto da suggerimenti di contingenza quando il bambino si
blocca; l’adulto guida il bambino come se gli costruisse un’impalcatura attorno tesa alla categorizzazione
sì/no (le tessere percettivamente sono diverse e l’adulto chiede al bambino di categorizzare le tessere con
una certa proprietà). Si osserva la coerenza di ciò che abbiamo davanti e si spinge il bambino a costruire e
fare operazioni con la mente.

19
Lo scaffolding prevede di creare un’impalcatura, che è ciò che fanno gli adulti a partire dal secondo
semestre di vita. Prevede di:
- indirizzare l’attenzione
- mantenere l’attenzione
- coinvolgerlo nelle attività
- ridurre le difficoltà incontrate
- segnalare le caratteristiche degli oggetti e delle attività
Osservare non è vedere, bisogna avere delle idee; ciò che osserviamo acquista significato quando abbiamo
una teoria in mente che permette di dare significato, teorie come strumenti interpretativi.
Cornice del discorso (e del video dei bambini all’asilo con le arance):
- Cultura dei servizi 0-6: interazioni tra bambini, costruzione del linguaggio
- co-costruzione dell’apprendimento-sviluppo (lo sviluppo è cambiamento nel tempo e nello spazio)
- gli oggetti/strumenti/artefatti messi a disposizione che orientano l’attività
- teoria dell’attività (->secondo modulo)

Il tutoring (l’importanza dell’intervento più esperto)


Il tutor è chi si occupa degli altri ed è un modo di mettere in pratica la zona di sviluppo prossimale.
Un’estensione coerente con la metafora di scaffolding si ritrova nella nozione di tutoring; Wood ha
sviluppato nel 1989 uno specifico modello descrittivo dei processi di apprendimento (appropriazione),
inteso come un insieme di attività condivise fra adulto e bambino, nel quale le decisioni e le operazioni, che
definiscono un piano per la realizzazione di un compito, sono distribuite in modo diverso tra tutor e allievo.
Un tutor tiene in mente e parla di:
- conoscenze,
- capacità,
- abilità e competenze
Due attività di tutoring sono state studiate con bambini tra 3 e i 5 anni (esperimento di Wood):
- esperimento: i bambini costruiscono un puzzle
- lo sperimentatore dava un piccolo premio ai bambini alla fine, ovvero una merenda
- alla fine della giornata lo sperimentatore legge un libro ai bambini
- gruppo 1: istruire solo attraverso istruzioni verbali, senza dimostrazioni di azioni concrete
- gruppo 2: fornire istruzioni contingenti, per esempio attraverso specifici modi di porre domande
(anche in questo caso il compito riguarda la costruzione di un puzzle); ad esempio dire “guardate i
lati… sei sicuro che vada qua questo pezzo… stai attento”
- risultati: i bambini che risolvono più facilmente il compito sono quelli che riceno istruzioni
contingenti; chi riceve solo istruzioni verbali ha risultati più bassi e tali bambini dicono che il
compito è difficile, noioso e dicono di non volere rifare il compito (l’intervento dell’adulto non è
nella ZSP e i bambini evitano di rifarlo, l’adulto è stato lontano da loro), inoltre non progrediscono
nelle risoluzione del compito; i bambini che hanno ricevuto l’attività di tutoring sono disponibili a
rifare l’attività di gioco, hanno progressi, disponibilità a continuare, sono calorosi con l’adulto.
Inoltre chi ha ricevuto le indicazioni contingenti, quando l’adulto si mette a dare la merenda, lo
chiamano e chiedono il suo punto di vista al contrario di quelli che non avevano ricevuto istruzioni
contingenti che si disinteressano dell’adulto e continuano nelle loro attività
- l’adulto che interviene con modalità di tutoring è quello che mantiene l’interesse, l’attenzione e la
disponibilità dei bambini a continuare le attività e costruisce con loro una relazione; l’adulto è
percepito come una sorta di compagno che possono coinvolgere nelle attività
- Wood mostra che la motivazione è molto legata alle caratteristiche dell’interazione che l’adulto ha
con il bambino: è fondamentale la qualità dell’interazione adulto/tutor-bambino
Wood: caso di alunni non udenti; il quesito degli anni ’80 a cui Wood cercava di rispondere
sperimentalmente era i bambini non udenti devono frequentare le stesse scuole di quelli udenti? facendo
le stesse attività di prima (composizione del puzzle), il non udente non può utilizzare le istruzioni verbali e
viene inserito nella modalità tutoring che però si rivela deleteria perché l’adulto mette in atto
un’intensificazione della contingenza: ipercontrollo, tutorato eccessivo; in questa situazione specifica

20
l’attività di tutoring prevede un carico di attenzione più elevato rispetto agli altri bambini e il bambino
fragile si mostra ancora più fragile perché gli viene chiesto uno sforzo ulteriore. Con questi bambini veniva
costruito un ipercontrollo e ci sono indicatori: aumentano gli interventi quando i sordi sbagliano ma non
quando fanno bene (quindi se fa male c’è subito l’intervento ma quando fa bene non gli viene detto nulla, il
bambino viene nominato molte più volte degli altri nella classe e la posizione nel gruppo non è più pari agli
altri compagni perché è sempre nominato nelle situazioni negative) e nei loro confronti ci sono turni di
parola brevi, registri semplici e uso di domande dirette.
Le conseguenze sono che questi bambini non progrediscono nelle abilità comunicative, ma se viene
mostrato agli insegnanti il video o registrazioni audio, gli insegnanti modificano il loro approccio e gli alunni
trovano le condizioni per progredire; è importante quindi mettere l’adulto dal punto di vista del bambino in
modo tale che non gli venga detto cosa o come deve fare o dove sbaglia ma viene chiesto all’insegnate cosa
vede e gli viene chiesta una lettura, tale lettura confrontata con quella dello psicologo porta a prendere il
punto di vista del bambino e a cambiare la qualità dell’interazione.

ZSP tra coetanei


In questa prima parte vediamo le metafore che consentono di descrivere non più lo sviluppo del singolo ma
lo sviluppo nell’interazione con gli altri, col singolo e coi gruppi: lo sviluppo avviene nell’interazione.
La prima metafora è la Partecipazione guidata (Rogoff, 1995):
- siamo tutti “apprendisti”: nell’apprendistato ci sono due soggetti con un expertise diversa, ci sono
degli oggetti ma l’esperto non spiega mai, si mette di fianco all’apprendista, gli mostra come fa lui e
gli suggerisce informazioni particolari che consentono la qualità (idea del fare insieme le cose e
sporcarsi le mani)
- partecipazione che consiste nella condivisione dei significati: non cosa fai ma perché lo fai
- guida da parte del più esperto tacita (prevalente) o esplicita, presente o assente
- il comportamento si modifica con il coinvolgimento/partecipazione all’attività
La seconda metafora è l’apprendimento reciproco (Palincsar, Brown, 1984):
- utilizzata per la comprensione del testo scritto (processi di decodifica/codifica); lavori ed esperienze
sono centrati sul fare insieme le cose
- essere il più esperto nella relazione con il compagno, assumendo così il ruolo di tutor
- ZSP realizzata attraverso attività di gruppo orientate allo scopo comune di “leggere per capire”
Ultimo modello è quello della LPP: Legitimate Peripheral Partecipation (Lave e Wenger, 1991):
- si parla di partecipazione legittima periferica: il percorso va dalla periferia al centro (sei l’ultimo
arrivato? allora devi avvicinarti lentamente fino a quando non ti diremo entra e vieni: è il gruppo
che lo accetta, è il gruppo maggioritario che accetta quello minoritario); parliamo di modalità di
ingresso nei gruppi: ad esempio entro, mi presento, osservo, poi pian piano entro sempre di più
nell’attività (la persona è interessata ad entrare e fare parte del gruppo)
- l’apprendimento è dentro e fuori le pratiche educative: attraverso il formalismo delle pratiche
educative, i bambini costruiscono qualcosa al di fuori di esse attraverso una riflessione
- apprendere significa essere sempre più partecipi nel corso delle attività
- l’attenzione è sulla comunità di soggetti che apprende partecipando (comunità di pratiche)
- è centrale favorire e mantenere la partecipazione
Quali strumenti hanno i pari per realizzare una ZSP nelle situazioni di apprendimento formale?
Uno di questi approcci è quello dell’apprendimento cooperativo (cooperative learning): importanza del
conflitto epistemico (mettersi d’accordo nel gruppo per risolvere il conflitto), delle capacità di negoziare il
conflitto (trovare un equilibrio), di argomentare la propria posizione, rovesciare prospettive, realizzare
accordi e trovare soluzioni; questo approccio funziona bene nei contesti che hanno un livello di istruzione
formale diverso dal nostro come nei paesi nordici. Prevede un lavoro organizzato per piccoli gruppi che
utilizzano: interdipendenza positiva (il proprio contributo contribuisce al compito degli altri), responsabilità
individuale e interazione promozionale (modalità di scambio orientate alla crescita del gruppo).
Questo apprendimento è strettamente legato alle metafore precedenti ovvero all’interazione con gli altri e
allo sviluppo attraverso questa interazione.

21
L’apprendimento cooperativo prevede di assumere il punto di vista dell’altro (utilizzo di abilità cognitive
superiori); un utilizzo dell’apprendimento cooperativo, proposto da Johnson e Holubec a proposito della
risoluzione dei conflitti in classe, prevede 3 fasi:
1. Natura dei conflitti: per riconoscere i conflitti di interesse occorre comprendere gli obiettivi, i
desideri delle persone implicate e i loro bisogni (libertà, sostegno, piacere); necessità di trovare uno
spazio nell’attività in cui i bambini possano spiegare cosa intendono per conflitti (i bambini
migliorano attraverso la cooperazione a condizione che le condizioni scelte siano utili per loro per
superare quell’empasse o quell’ostacolo)
2. Imparare a negoziare: la negoziazione si verifica quando i soggetti i cui interessi e desideri
divergono ricercano un accordo o un compromesso; la strategia di risoluzione dovrebbe favorire
una nuova via d’uscita costruttiva, seguendo una strategia
3. Diventare un mediatore: la mediazione consiste nell’intervento di una terza persona per aiutare a
risolvere un conflitto in modo accettabile tra le parti; l’obiettivo del mediatore è di aiutare i soggetti
a percorrere tutte le tappe della negoziazione, per mettere fine alle ostilità, facilitare i negozianti,
formalizzare l’accordo finale.
I conflitti a scuola
Esistono diversi tipi di conflitto:
- i conflitti di sviluppo appaiono durante lo sviluppo cognitivo e permettono al bambino di costruire
soluzioni migliori in funzione del confronto con i compagni
- i conflitti concettuali definiscono un’incompatibilità fra le idee o soluzioni, oppure tra informazioni
nuove e informazioni già possedute
- le controversie intellettuali esistono quando due persone esprimono due punti di vista inizialmente
diversi o addirittura percepiti come incompatibili e cercano di trovare una via d’uscita
- i conflitti di interesse corrispondono a situazioni nelle quali i tentativi di massimizzare i propri
benefici e obiettivi individuali interferiscono o ostacolano i tentativi di un’altra persona
Legato a questi concetti c’è anche quello di interdipendenza; la cooperazione è influenzata da 5 fattori:
- interdipendenza positiva: il mio contributo aiuta gli altri
- responsabilità individuale e condivisa fra i compagni: io faccio bene il mio lavoro e loro fanno il
loro
- riflessione sul lavoro in corso
- governo delle occasioni di conflitto sulle soluzioni
- azione di mediazione dell’adulto

22
Ricerche e programmi di intervento
Con questo argomento arriviamo a Michael Cole.
Il progetto denominato “Field College” realizzato in California tra il 1981 e 82 è relativo all’acquisizione della
lettura e ha rappresentato un passo decisivo verso la costruzione di un modello che unificasse
l’organizzazione di pratiche educative, l’uso di artefatti e l’intervento di adulti mediatori, con l’obiettivo di
attivare concretamente una ZSP.
Un altro programma di intervento che rappresenta anche una linea di ricerca è la “Fifth dimension (5D)” di
Cole; il programma nasce nel 1986 a San Diego in California.
Il programma generale comprendeva una rete di iniziative postscolastiche che metteva in collegamento
alunni e giovani universitari.
Obiettivi principali: furono quelli di offrire ai ragazzi ambienti per studiare e approfondire contenuti
scolastici e per mettere in pratica abilità utili alla vita quotidiana, mentre per gli studenti e gli insegnanti fu
l’occasione per una diversa formazione sul campo.
Organizzavano attività pomeridiane dove si cerca di dare ciò che serve a chi ne ha bisogno; in America i
bambini di lingua spagnola andavano male e avevano bisogno della lingua per riuscire nelle altre materie. I
bambini venivano condotti in alcuni locali con computer collegati ad internet; mentre realizzavano l’attività,
i bambini potevano porre la domanda ad un esperto (studente
universitario).
La cosa interessante era che non aveva alcun sapore di scuola
tutto ciò, non veniva chiesto alcun compito e quello che
emergeva era che i bambini avevano l’impedimento linguistico
del non condividere la lingua; questa attività conferiva una
marcia in più per seguire le attività fatte in aula.
C’era lo strumento (computer che è l’oggetto), bambini in
difficoltà, esperti che erano studenti universitari, facevano attività extrascolastiche partendo da proposte
scolastiche; i bambini potevano scrivere col computer.

Aspetti critici e sviluppi ulteriori


Questa prospettiva
considera la persona come
agente e non bersaglio della
cultura in cui vive.
I maggiori rilievi critici
mossi in tempi diversi
alla prospettiva
storico- culturale sono:
La superiorità del pensiero
tecnico- relazionale
fondato su concetti
scientifici in opposizione ai
concetti quotidiani
Il primato accordato nei
decenni alla cognizione
rispetto agli elementi affettivi
e motivazionali
Qual è il punto finale e ottimale dello sviluppo

23
24
La prospettiva sociocostruttivista (capitolo 4)
Cosa è rimasto del passato nel presente?
Il punto di contatto con la teoria storico-culturale è sempre una teoria di sviluppo, se parliamo di
costruttivismo (prospettiva sociocostruttivista), allora ci riferiamo anche a Piaget.
Il costruttivismo piagetiano incontro il sociale.
La prospettiva storico-culturale considerava la persona come attiva (il tutor lascia la persona agire) e come
agente e non bersaglio della cultura in cui vive. I soggetti assimilano, si appropriano, fanno mediazione, si
accomodano.
Questa prospettiva quindi considera la persona come agente e non bersaglio della cultura in cui vive.
I maggiori rilievi critici mossi in tempi diversi alla prospettiva storico-culturale sono:
• La superiorità del pensiero tecnico-relazionale fondato su concetti scientifici in opposizione ai
concetti quotidiani
• Il primato accordato nei decenni alla cognizione rispetto agli elementi affettivi e motivazionali
• L’accordo su quale sia il punto finale e ottimale dello sviluppo
Piaget: nel passaggio tra il preoperatorio e quello concreto, egli mette come elemento da acquisire nei
bambini la conservazione della quantità; nell’acquisizione della quantità, c’è un preciso decalage dovuto
alle caratteristiche degli oggetti dati al bambino per costruire tale abilità cognitiva. La conservazione della
quantità si distingue in continua e discontinua.
Esperimento: due bicchieri uguali riempiti col succo; viene chiesto se il livello è lo stesso poi il contenuto del
bicchiere viene trasferito in un altro con una forma diversa e viene fatta la stessa domanda e si vede se ill
bambino conserva la quantità.
L’operazione cognitiva è la stessa: se il bambino è capace di tonare indietro, coglie che è la stessa quantità
di liquido, semplicemente il dato percettivo del bicchiere lungo e stretto porta a vedere una differenza che
però non è cognitiva. Se invece di usare i liquidi, uso le caramelle e chiedo di fare due parti uguali, il
bambino le divide una a una; dopodichè viene chiesto se la quantità totale è la medesima, se uno risponde
correttamente allora ha acquisito certe abilità cognitive. Poi le caramelle vengono disposte in file, una fila di
caramelle attaccate e una distanziata; il bambino che conserva le quantità dice che la quantità è la stessa
(non è stato tolto nulla). Nell’età tra i 4 anni e mezzo e i 5 anni e mezzo il compito delle caramelle è più
semplice rispetto a quello dei liquidi, perché le caramelle sono una quantità discontinua perché possono
essere contate al contrario dei liquidi.
La quantità discontinua consente al bambino di acquisire prima tale abilità, quindi il materiale che utilizzo
influisce.
Studiando chi ha delle difficoltà possiamo vedere come si costruisce tale abilità perché la stanno
costruendo: caratteristiche del materiale e del bambino sono utili per comprendere.
Questo è l’esempio della conservazione della quantità: procedura piagetiana classica.

Il costruttivismo
Fra le grandi teorie del ‘900 troviamo il costruttivismo in 2 versioni principali:
- il costruttivismo piagetiano (Piaget 1970): costruire in solitudine; è l’età che è collegata allo
sviluppo secondo lui e il suo è un costruttivismo in solitudine perché ogni bambino nella propria
esperienza costruisce nella propria mente, nell’interazione con gli altri e soprattutto nell’ambiente
le strutture cognitive (punto finale di Piaget, anni ‘70)
negli anni ’70 arriva la variabile sociale in Europa, dagli USA, in maniera prepotente e così Gergen parla di
costruttivismo sociale…
- il costruttivismo sociale (Gergen 1985): costruire con gli altri; è uno psicologo statunitense e dice
che le strutture cognitive e le operazioni che Piaget mette in fila, si costruiscono nel sociale
attraverso le pratiche che gli adulti mettono in atto coi bambini
Del costruttivismo è stata proposta anche una versione definita costruttivismo sociale radicale: mette in
discussione il costruttivismo piagetiano e l’esistenza del soggetto epistemico, in quanto tutte le
manifestazioni della realtà (fenomeni, concetti, rappresentazioni) sono socialmente costruite e mediate
dalle diverse forme linguistiche che si concretizzano nelle culture.

25
Le ricerche di Kurt Lewin
Qual è la relazione che l’adulto ha nei contesti coi bambini? quali sono le caratteristiche di tale contesto?
I primi lavori recuperati per dare dimensione al contesto sono gli studi di Lewin (anni ’40-‘50).
I lavori di Lewin sulle atmosfere di gruppo sono finalizzati a comprendere le caratteristiche dell’influenza
delle dinamiche di cooperazione e competizione sulle condotte nei gruppi.
Effettuò un programma di ricerche sperimentali, grazie al quale furono studiate le relazioni fra tipi diverse
di condotte:
- le dinamiche di leadership all’interno del gruppo (leader democratico, autocratico o autoritario
chiamati anche autorevole, autoritario e laissez faire); queste dinamiche sono attività che
permettono lo sviluppo di apprendimenti e pratiche (anche al di fuori della scuola)
- i comportamenti concreti dei membri di un gruppo e le modificazioni delle condotte che si
verificano quando questi soggetti passano da un gruppo condotto in un modo a un altro

Il sociocostruttivismo
La prospettiva sociocostruttivista parte dai lavori di Doise (1976, psicologo sociale) che aveva l’interesse
sugli aspetti legati alla connessione tra sviluppo e contesti sociali; fa parte del laboratorio di Ginevra di
Piaget.
Sostiene che lo sviluppo di realizzi attraverso le interazioni che richiedono cooperazione ma possono
contenere anche occasioni di conflitti interindividuali, quando punti di vista diversi sono messi a confronto.
Cooperazione e conflitti devono essere coordinati per:
- costruire soluzioni a compiti: implica l’assunzione del punto di vista dell’altro
- affrontare difficoltà: possibilità poi di utilizzare tali soluzioni in altre circostanze
- trovare accordi di qualità più elaborati rispetto a quelli che ciascun partner dispone
individualmente: insieme si costruisce una soluzione al compito affrontando le difficoltà,
discutendo e producendo una soluzione più elaborata rispetto alle abilità di partenza di ciascun
partecipante
Il conflitto è utile perché spinge i soggetti a utilizzare le loro abilità cognitive per costruirne altre se le loro
non sono utili a superare le difficoltà.
Nel sociocostruttivismo c’è il miglioramento del singolo individuo, ma qual è il valore degli altri in tale
relazione?
Gli effetti di miglioramento a livello individuale consentono di partecipare a successive interazioni per
risolvere compiti di livello superiore, che a loro volta possono produrre effetti positivi nelle prestazioni
comuni e poi a livello individuale. Si costituisce così una dinamica di causalità a spirale fra livelli di
funzionamento interindividuale e funzionamento individuale.
Idea dello sviluppo a spirale: il bambino in ogni tempo sa fare alcune cose e il percorso di crescita chiede di
tornare a una serie di abilità acquisite precedentemente (che sono state accomodate e acquisite in
precedenza); gli aspetti natura e cultura influiscono entrambi in questo percorso.
L’idea del crescere e fare un percorso a spirale è dovuto all’utilizzo di strategie semplici acquisite in
precedenza che vengono riutilizzate per costruire categorie sul mondo; quando torno sullo stesso
argomento, non sono più quello di prima (ho nuove capacità, abilità) ma è possibile che per dare una
soluzione al compito possa utilizzare qualcosa di acquisito in termini di sviluppo quando si era piccoli
(natura).
Dal punto di vista della cultura invece abbiamo un insieme di oggetti, strumenti e pratiche di fronte alle
quali siamo posti nel nostro sviluppo che dipendono dalla nostra cultura.
Mentre dal punto di vista culturale il bambino mantiene sempre lo stesso aspetto (abilità che viene
riutilizzata e accomodata sulla base della situazione), dal punto di vista culturale, il bambino è visto da un
adulto che lo guarda e nota le sue potenzialità e le indirizza in un percorso; l’aspetto della cultura è questo:
trovare adulti che colgano le potenzialità e facciano proposte per accompagnarli in questa spirale virtuosa.
Quindi ci si interroga anche qui sul “come” passare da un livello di sviluppo all’altro, i bambini hanno
bisogno di trovare adulti che indirizzino e incanalino queste loro abilità all’interno di percorsi che

26
consentano lo sviluppo (es.: vedo un bambino ingegnoso che costruisce
una fionda e ha una bella mira, il genitore gli regala una mazza per
imparare a giocare a baseball e utilizzare le sue abilità di mira in uno
sport); compito degli adulti è quello di collegare e riconoscere gli aspetti
della conoscenza e le abilità dei bambini e inserirli in un percorso di
sviluppo e socializzazione.
Abbiamo quindi una visione articolata dello sviluppo che mette al centro
l’interazione.
Tale interazione avviene tra adulto (più esperto), bambino (meno esperto) e attività.
Quindi il soggetto più esperto insieme al meno esperto cercano di dare soluzioni ai problemi.
L’interazione tra adulto e bambino è mediata dal tipo di azione che li coinvolge.
Regole sociali e risultati
In queste interazioni ci sono regole sociali, ciò che il bambino fa insieme all’adulto genitore non è ciò che
può fare insieme all’adulto insegnante. Queste regole entrano sulla base del tipo di attività, sulla base del
tipo di richiesta fatta al bambino e sulla base della comunicazione.
Il primo punto di tali regole sociali è il contratto di comunicazione (Rommetveit, 1976): definisce da cosa
sia data l’interazione; in questa interazione esiste una storia in comune che è il qui e ora, però è presente
anche un prima e dopo. Nell modo in cui si costruisce questa interazione esiste un contratto di
comunicazione: i bambini si aspettano che l’adulto segua una routine comunicativa conosciuta nella storia
in comune. I bambini possono così anticipare ciò che avverrà sulla base di quella che è la spirale di sviluppo,
infatti hanno imparato l’idea di routine non nel primo giorno di scuola, ma intorno ai due anni, quando
iniziano ad immaginare ciò che faranno gli altri.
Le routine comunicative fanno parte quindi dell’attività quotidiana e vengono imparate precedentemente
all’inizio del percorso scolastico.
Il secondo punto è il contratto sperimentale (Grossen, 1988); immaginiamo due file da 5 caramelle
ciascuna, una fila disposta con le caramelle attaccate, l’altra con le caramelle distanziate e viene chiesto al
bambino indicando la fila distanziata “perché ci sono più caramelle qui?”, i bambini rispondono “perché ne
hai messe di più” e così rinuncia alla sua conoscenza e capacità di sapere dare la risposta giusta (infatti
possiede già la nozione di costanza). In questo caso la dimensione che viene messa in gioco è il “potere
sociale” dell’adulto; il bambino così di fronte all’adulto, risolve il conflitto che ha dentro di sé rinunciando a
dare una risposta cognitiva e da invece una risposta relazionale: prende atto del fatto che l’adulto ne sa di
più e rinuncia ad esprimere il suo punto di vista corretto in funzione di una risoluzione del conflitto.
Il terzo punto è il contratto didattico (Schaubauer-Leoni, 1986); il contesto scolastico è conosciuto dai
bambini e le cose sono molto anticipabili in termini di routine fino a quando l’associazione dei matematici
francesi (IREM, Grenoble 1980) in una delle loro indagini, in bambini di seconda elementare rispetto ai quali
avevano testato la capacità di fare le 4 operazioni con numeri sotto i 50, inseriscono i “problemi assurdi”;
loro pensano che se questi bambini hanno imparato le 4 operazioni, l’abilità di applicarle e hanno fatto un
apprendimento significativo, allora di fronte a un problema seguente: su una nave ci sono 12 capre e 15
agnelli, chiedono quanti anni ha il capitano?, i bambini dovrebbero rispondere che non si può sapere e
invece rispondono che ha 27 anni. Questi studiosi pensano al fallimento della matematica nelle scuole
francesi. Ai bambini che davano la risposta chiedevano il perché di tale età attribuita ed essi rispondevano
che l’unica operazione che potevano fare era 12 più 15 (12 per 15 è troppo alto, 12 meno 15 non lo sanno
fare); quindi l’unica operazione che da un risultato di senso è 12 più 15 e addirittura i bambini affermano
che secondo loro la maestra deve avere sbagliato la formulazione.
Ci si chiede: perché i bambini cercano lo stesso una soluzione? perché se lo ha dato la maestra, allora
sicuramente c’è una risposta; quindi vediamo due livelli, uno identico al precedente che è una risoluzione
relazionale del conflitto (contratto sperimentale), e il secondo aspetto è il seguente ovvero se il
meccanismo di insegnamento è di routine e non è flessibile, allora la modalità di risposta è quella che si
considera più adeguata e non è tesa all’aumento della creatività. Nelle scuole si allenano i bambini a dare
risposte coerenti e questo però non permette di costruire strumenti di apprendimento all’interno di una

27
relazione che permetta lo sviluppo della creatività e di strumenti (denota l’inefficacia dell’insegnamento
scolastico: non si spingono i bambini a risolvere i conflitti con ragionamenti diversi e creatività).
Tutte le volte in cui il meno esperto è di fronte alla situazione in cui non padroneggia strumenti per dare
una risposta, si apre un conflitto tra ciò che sa e le risposte che si danno abitualmente.

Le ricerche in prospettiva sociocostruttivista


Queste ricerche hanno avuto 4 generazioni di ricerca.
Una nozione centrale per comprendere l’approccio sociocostruttivista è quella di articolare la variabile
sociale e comprendere l’articolazione dei livelli di analisi di tale variabile sociale (Doise, 1982).
Questa nozione ci permette di inquadrare i contributi sperimentali che seguono, come esempi in cui sono
state studiate:
1. le relazioni tra il funzionamento a livello individuale (livello 1): è la relazione tra le caratteristiche
del singolo individuo che fanno i conti con l’ambiente in cui si trova
2. le prestazioni dei singoli individui come risultato di dinamiche sociali di livello interindividuale
(livello 2): attività di scaffolding, interazione a due e come viene costruite e con che modalità
3. l’influenza delle relazioni di ruolo adulto-bambino, oppure fra coetanei quando si attivano
differenze di ruolo (livello 3): come il contratto sperimentale in cui la dinamica sociale è
caratterizzata dalle differenze di ruolo e l’interazione è guidata da tale differenza
4. il livello di rappresentazioni generali di oggetti
sociali rilevanti, come le materie scolastiche
prestigiose rispetto a quelle meno prestigiose (livello
4)
Nell’interazione sono presenti anche questi 4 diversi livelli
oltre a quello verbale e non verbale.
Le ricerche di prima generazione
Parliamo di compiti di coordinamento oculo-manuale in
queste ricerche.
Il modello della ricerca prevede che ogni bambino inserito nella ricerca faccia un pre-test individuale con lo
stesso oggetto che utilizzerà nella ricerca vera e propria; il pre-test serve per vedere se il bambino è in
grado di svolgere il compito, se non ce la fa o se ha delle difficoltà.
Il pre-test serve per assegnare il bambino a queste tre dimensioni: lo sa fare, non lo sa fare, ha difficoltà.
Dopodichè i bambini vengono messi a coppie e assegnati a una categoria di partenza e terminato questo c’è
un post-test individuale.
Una ricerca di questo tipo mi permette di stabilire se c’è un effetto
dovuto alla fase centrale (bambino che lavora con un altro) e osservo se
dal livello iniziale, dopo il lavoro fatto a coppie, il bambino peggiora,
migliora o rimane uguale nel post-test.
Compito 1: gioco cooperativo; l’obiettivo è documentare l’efficacia
dell’attività di coppia.
Il dispositivo sperimentale: base di metallo da cui salgono 3 torrette e
sopra c’è un mulinello (o puleggia) che permette di lasciare, bloccare e
riavvolgere un filo. In mezzo ai 3 mulinelli c’è un tavolo con un foglio.
C’è un corpo mobile e vien fatto un percorso che viene registrato.
Il bambino nella prima parte fa avanzare la macchinina da solo coi
mulinelli e nella parte dritta il compito è facile, ma quando essa deve
girare il compito diventa complesso perché bisogna gestire 3 fili.
I bambini che fanno un grio perfetto non vengono inseriti nella fase
sperimentale in cui le coppie sono costruite da bambini che non hanno
fatto un percorso corretto nella fase pre-test (per evitare che i miglioramenti nel post-test siano dati
dall’osservazione del compagno).

28
Nella situazione di interazione, l’aspetto del sociale è di secondo livello rispetto alla prospettiva di Doise;
insieme bisogna fare muovere la macchina: se uno lascia il filo, l’altro deve avvolgerlo perché il movimento
è dato dalla coordinazione dei due compagni (decentrare il punto di vista e prendere quello dell’altro,
tipicamente piagetiano; comprendere che azione fa l’altro dall’altra parte).

Risultati del lavoro: nel post-test ci sono bambini che hanno avuto dei miglioramenti.
Rispetto ai bambini migliorati nel post-test, posso immaginare due cose:
- familiarizzazione col compito, quindi capacità di utilizzare una manualità fine
- la familiarizzazione però non è sufficiente per assumere il punto di vista dell’altro: occorre
anticipare la mossa dell’altro e anticipare cosa succede alla macchinina se muovo uno dei diversi
mulinelli
- quindi manualità fine, coordinamento, decentramento del punto di vista e anticipazione degli
effetti: abilità da mettere in campo
detto questo quando troviamo il risultato di miglioramento, possiamo ipotizzare che il miglioramento
individuale sia dovuto alle caratteristiche dell’interazione.
Dietro questo compito possiamo intravedere il compito delle 3 montagne di Piaget, in quanto anche in
quest’ultimo il bambino deve assumere il proprio punto di vista e superare tale punto di vista egocentrico,
mettendosi nel punto di vista dell’altro (pensiero rappresentativo della visione dell’altro).
Nella fase di interazione si crea un conflitto fra i diversi punti di vista e le possibili anticipazioni degli effetti
che la corda può avere sulla macchinina; ci sono due modalità per risolvere questi conflitti:
1. soluzione di tipo relazionale: faccio come vuoi tu
2. soluzione di tipo cognitivo: provo ad argomentare la soluzione che ho in mente
Altro compito: la coordinazione dei punti di vista e la conservazione delle relazioni spaziali
C’è un supporto con tre case e una piscina (che ricordano le 3 montagne di Piaget) e i bambini devono
costruire tale plastico su un altro supporto ruotato di 90 gradi; quindi i bambini osservano e devono
riprodurre il plastico sforzandosi di mettersi nel punto di vista dell’uomo che si suppone esca dalla piscina
(riprodurre il punto di vista del signore che esce).
I bambini che al pre-test risolvono il compito, vengono esclusi per evitare un effetto imitazione (l’altro
bambino non lo sa fare e diventa più bravo solo perché osserva l’altro e lo imita, ovvero imita il modello
corretto messo in atto) e anche perché c’è l’idea di costruire interazioni con bambini che hanno idee di
risoluzione che portano all’errore; questo permette di superare il conflitto mediante l’interazione.
E’ un esempio di rendere operativa la ZSP in quanto i bambini hanno una differenza che permette di
negoziare un’ipotesi e produrre un potenziamento delle operazioni cognitive che il bambino possedeva
prima di iniziare le prove, proprio attraverso tale interazione e discussione delle difficoltà.
Obiettivo: verificare in che modo il bambino costruisce il sistema topologico che integra,
contemporaneamente degli oggetti e la collocazione dell’osservatore in un’unica rappresentazione dello
spazio.
Bambino non conservatore: il suo livello di operazioni di cui dispone non gli consentono di decentrare il
punto di vista e padroneggiare le coordinate spaziali.
I bambini conservatori come detto vengono esclusi perché la risoluzione del compito in coppia non
avverrebbe in maniera relazionale; il bambino non conservatore potrebbe essere spinto ad accettare la
soluzione di quello conservatore.
Altri bambini riescono a compiere le ruotazioni più semplici di alcune case ma sbagliano a piazzare le altre,
quindi abbiamo bambini con capacità diverse; nella stessa fascia d’età troviamo tutte le differenziazioni per
quanto riguarda gli strumenti cognitivi per risolvere compiti complessi.
La complessità della fase sperimentale sta nel fatto che la coppia deve mettersi d’accordo e quindi trovare
una soluzione a partire da due punti di vista differenti (alcuni bambini si trovano in una posizione più facile
e altri in una più difficile in base a come sono posti rispetto al plastico da riprodurre); questo implica che ci
sono tante variabili.

29
Questo lavoro ci mostra che al post-test progrediscono i bambini che nella fase dell’interazione hanno un
periodo di interazione più lungo, questo è il dato che emergeva sempre!
Interazione più lunga implica una correlazione con risultati positivi.
Nel gioco cooperativo è la capacità oculo-manuale a fare la differenza, qui c’è un compito più elaborato
cognitivamente in cui le coppie devono essere costruite in maniera pensata sulla base di quello che i
bambini avevano ottenuto nel pre-test.

In questo compito spaziale può essere introdotto anche il tema delle regole; se inseriamo le norme sociali,
il compito è:
- condizione 1: solo costruire la classe coi banchi (come case e piscina): condizione classica
- condizione 2: ricostruire con la regola che la disposizione dipendeva un maggiore o peggiore
comportamento degli alunni in classe: introdotta la ragione per cui i banchi sono messi in quel
modo
- condizione 3: il bambino costruisce lui stesso l’aula modello e poi la riproduce
- condizione 4: dopo aver illustrato la regola della disciplina il bambino costruisce il modello e poi lo
riproduce
Costruzione personale dopo la comprensione della regola: connotazione sociale.
Qua ci sono bambini che a parità d’età danno una soluzione conservatoria completa che non danno
nell’altro compito perché c’è la connotazione sociale, ci sono le norme.
I bambini con l’introduzione della regola danno un risultato più alto: quella regola è specifica del contesto
della scuola e li spinge a mettere in atto una strategia ancora più elevata.
I bambini hanno le operazioni in mente o siamo noi che non troviamo lo strumento perché la performance
venga evidenziata? questo è il quesito.
Nella versione del compito della rappresentazione dello spazio con le norme sociali, i bambini ottengono un
risultato migliore.
Negli studi di prima generazione è la teoria del conflitto sociocognitivo ad essere centrale.
Perché è importante fare lavorare i bambini insieme? è importante a patto che la distanza sia una distanza
in ZSP ovvero non troppo o troppo poco, perché in questo modo si attiva un conflitto che non è solo
relazionale ma è anche a livello di rappresentazione del compito; poiché deve essere data una soluzione
unica, si possono dare due soluzioni, una cognitiva o una relazionale.
La soluzione sul piano relazionale permette lo sviluppo delle abilità relazioni e linguistiche ma non è quello
che a noi interesse, a noi interesse l’esplicitazione del punto di vista sotto l’aspetto cognitivo.
Le ricerche di seconda generazione
Parte dai risultati della prima e va a cambiare gli
strumenti, l’ipotesi e l’età die bambini. Adottano la
prospettiva procedurale propria degli studi di problem
solving che si propone di individuare a quali condizioni le
situazioni di interazione durante la soluzione collettiva di
problemi con contribuiscono alla costruzione di abilità
cognitive, utilizzando problemi specifici.
I bambini che vengono considerati sono più grandi (8 anni)
di quelli della prima generazione (5 anni circa).
Problem solving: anticipare le conseguenze, pianificare,
controllare, queste sono le abilità richieste; si parte da ciò che i soggetti hanno costruito in termini
individuali per vedere poi come si costruiscono le strategie cognitive. Esse si costruiscono nell’interazione e
sono una costruzione comune: l’individuo è un individuo sociale e in esso trova le risorse per crescere nello
sviluppo.
Strumento specifico: torre di Hanoi, consiste nel ricostruire una torre su un altro mattoncino, trasferendo i
mattoncini; i bambini devono mettersi d’accordo su quale muovere, possono parlare tra loro.

30
E il sociale? i bambini vengono messi a coppie secondo vari criteri; la condizione originale è che la coppia
venga costruita sulla base delle amicizie: bambini amici che lavorano insieme, bambini che non hanno
mostrato preferenze e coppie che non volevano giocare insieme.
L’amicizia è una variabile sociale che tocca il singolo individuo e le sue interazioni.
Nella condizione “coppie di amici”, i bambini producono un risultato migliore perché negoziano meglio il
conflitto e le divergenze; il conflitto non viene superato in modo relazionale o per compiacenza.
Nello sforzo di condividere le strategie che sono nella mente, le coppie di amici sono quelle che parlano di
più, illustrano di più, fanno esempi; l’essere amici favorisce la conversazione, interazione e condivisione dei
punti di vista.
Mettere insieme le persone è utile ma va pensato come porre queste relazioni e chi mettere insieme.
Le ricerche di terza generazione
I soggetti non costruiscono soltanto individualmente la risposta a un compito proposto da un partner, ma
costruiscono insieme il significato del compito.
Queste ricerche attuano una forma di etnografia sperimentale (approccio che guarda quello che viene
senza avere particolari posizioni interpretative, metodo qualitativo; costruire dal basso), in quanto
documentano le discussioni che si svolgono durante le interazioni (metodo: analisi del discorso, analisi
dell’interazione), in particolare le argomentazioni a favore o contro le soluzioni proposte da ciascuno dei
partner, ma anche il loro stile argomentativo.
La capacità argomentativa si pone nel rapporto tra pensiero e linguaggio e permette di trovare argomenti
che mettano in discussione il punto di vista dell’altro; è un’abilità che serve per costruire il pensiero adulto
e dare soluzioni ai compiti.
Queste ricerche studiano il significato del compito.
Quando si studiano interazioni sociali che hanno come scopo la costruzione di risposte cognitive, si deve
considerare che si tratta di un insieme di pratiche sociali (sono il negoziare comportamenti che trovano
significato nell’attività di tutti i giorni) che impegnano i due partner e il compito da risolvere.
E’ un modello di ricerca tripolare interessato allo studio dei significati e delle relazioni costruite dai
partner.
In queste ricerche viene ripreso il percorso dello sviluppo morale piagetiano: studio dello sviluppo morale e
dilemmi morali.
Nel sociale, in questi tipi di ricerche, viene manipolato il genere dei bambini.
Simmetria di genere: il soggetto autonomo persuade rapidamente il compagno eteronomo.
Asimmetria di genere: bambina/autonoma (bambina la cui morale è guidata da sé stessa ed è in grado di
portare argomenti e fare similitudini e dare significato al compito) vs bambino/eteronomo (ovvero
bambino la cui morale è guidata dall’esterno).
Le interazioni sono più articolate e meno assertive.
Maggiori progressi al post-test: esplicito riconoscimento della posizione dell’altro, quindi maggiore
discussione e dialogo.
Il progresso è dovuto ad abilità conversazionali.
Conflitto socio-cognitivo (prima generazione), significato dato al compito (seconda generazione) e l’attività
di argomentare (terza generazione) sono le variabili che emergono nelle prime generazioni (il disegno
sperimentale diventa più complesso perché aumentano il numero delle variabili da considerare).
La quantità di variabili da controllare quindi aumenta nel corso delle ricerche.

31
Le ricerche di quarta generazione: conflitti, compiti e obiettivi di apprendimento
(nuove linee di ricerca)
Si tratta di una serie di studi condotti allo scopo di esplorare
l’influenza delle pratiche sociali quotidiane in famiglia sulla
costruzione di strumenti cognitivi in età prescolastica e
scolastica.
In particolare si studiano:
• Gli schemi pragmatici
• Gli schemi di eventi
• Le routine
Hanno a che vedere con gli adolescenti e il pensiero formale.
Strumento utilizzato: il pendolo.
La soluzione si fa bene se viene la formalizzazione; esiste una
logica quotidiana e una formale, il compito del pendolo ha una logica quotidiana.
Sono rilevanti le regole ricevuto nell’ambito sociale: permettono di costruire categorie logiche e fare azioni
logiche nella vita di tutti i giorni.
Rapporto tra pratiche sociali quotidiane e costruzione di strumenti cognitivi; costruzione di routine
quotidiane del “si fa così”, trasformate in “schemi di eventi”: cosa e come si deve fare.
Nel lavorare con gli oggetti si costruisce uno schema pragmatico di ragionamento.
Il percorso di apprendimento è un’altra variabile da studiare.
La teoria dell’elaborazione del conflitto (Perez e Mugny, 1993)
Studia dinamiche caratteristiche delle situazioni di apprendimento che si ispira alle ricerche sul conflitto
sociocognitivo e a una concettualizzazione dello sviluppo e dell’apprendimento come effetto di influenza
sociale.
Mette in discussione molte posizioni che condividono il pregiudizio secondo il quale le situazioni di
conflitto sono negative per le persone, i gruppi e la società. Al contrario, a certe condizioni, le situazioni di
conflitto possono essere produttrici di cambiamento e di innovazione (divergenze di opinioni, di giudizi o
di comportamenti).
Il conflitto di competenze e la sua regolazione
Durante un confronto, quando uno dei soggetti si sente più competente dell’altro cerca di ribadire e
difendere il proprio punto di vista: si crea così un conflitto di competenze.
La soluzione del conflitto si basa sul confronto sociale fra partner che viene definita regolazione relazionale
del conflitto.
Gli obiettivi di apprendimento
Esistono due categorie di obiettivi:
- Obiettivi di apprendimento/abilità: quando un alunno si concentra su un compito desiderando
capire bene di cosa si tratta: acquisire nuove conoscenze, nuove capacità motorie (salto, corsa),
sociali (conversare con successo), cognitive (ragionare, argomentare).
- Obiettivi di prestazione: quando un alunno si concentra sul confronto sociale fra i partner; desidera
mostrare agli altri e a sé stesso quanto è bravo; desidera ottenere giudizi positivi e dimostrare di
essere migliore degli altri, oppure evitare giudizi negativi per non essere considerato peggiore degli
altri.

Centrale negli studi di quarta generazione è la teoria dell’elaborazione del conflitto.

32

Potrebbero piacerti anche