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Le case dei bambini sotto questo punto di vista risultano dei veri e propri LABORATORI PSICOLOGICI
Le manifestazioni psichiche dei bambini posti all’interno di questi ambienti hanno rivelato delle capacità ed
un progresso intellettuale che non si erano mai visti prima. Perciò, questo ambiente che lascia il bambino
LIBERO DI ESPRIMERE SÉ STESSO, è chiamato AMBIENTE RIVELATORE.
In esso vennero tolti tutti quegli ostacoli che erano “causa di repressione” a cui il bambino era sottoposto a
casa anche in modo inconsapevole da parte dei genitori.
La scuola Montessoriana è un luogo per eccellenza dove si può ottenere un contatto intimo con l’animo del
bambino ma anche dell’adulto. I bambini, dice la Montessori, ci hanno aiutato a capire un qualcosa di molto
profondo e cioè: “Chi vuole essere grande nel Regno dei Cieli, si faccia simile al piccolo bambino”.
Nella ristampa della quinta edizione dell’opera della Montessori, il titolo fu cambiato in “La scoperta del
bambino” (1950)
Montessori ci parla di scienziato e di maestro.
scienziato: può essere definito come colui che ha sentito nell’esperimento un mezzo che lo conduce
ad indagare le verità profonde della vita, qualcuno che si dimentica di sé stesso e si dedica solo alla
sua ricerca. Questo è lo spirito dello scienziato.
maestro: così come nello scienziato, deve essere indirizzato verso la via dello spirito scientifico.
Esso è un osservatore dell’umanità.
Facendo l’esempio di uno scienziato, la Montessori spiega come bisognerebbe impostare le scuole:
ESEMPIO: Immaginiamo uno scienziato che vuole studiare la pronospera:
Esso per studiarla si reca sul posto, sul luogo, e fa le sue osservazioni capendo che è così che deve essere
studiata la natura. Ma se noi portiamo una teca nel laboratorio dello scienziato con all’interno delle farfalle
morte appuntate con uno spillo ad ali spiegate chiedendogli di studiarle, lo scienziato ci risponderà che non è
possibile farlo, che quello non è materiale di studio per uno scienziato poiché non si può studiare qualcosa
che è morto.
Lo stesso concetto si può portare nelle odierne scuole dove, i ragazzi sono soffocati, dove non possono
esprimere la loro personalità e dove sono fissi sul loro rispettivo posto: i banchi. Il maestro scienziato non
può studiare gli alunni in un posto dove essi non sono liberi di esprimersi.
Dunque, non basta preparare il maestro scienziato ma bisogna anche apportargli la scuola adatta.
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“È necessario che la scuola permetta le libere manifestazioni naturali del fanciullo perchè vi nasca
la Pedagogia Scientifica”, questa è la sua riforma essenziale.
Il BANCO è la prova lampante che questo senso di libertà, non esisteva nella primitiva pedagogia scientifica
materialistica
BANCO
qualcosa di bruto e di cieco.
La scienza perfeziona il banco a seconda dell’età del fanciullo, della lunghezza delle sue
gambe, per modellare il sedile alla giusta altezza. Con cura matematica calcola la distanza
tra sedile e leggìo in modo che il dorso del bambino non si deformi in scoliosi, separa i
sedili e li modifica nella larghezza cosi che il fanciullo ci stia seduto appena e non possa
avere interazioni con il vicino di banco. Con questa disposizione il bambino non può in
alcun modo alzarsi in piedi.
La Montessori sottolinea il fatto che i banchi erano progettati per non far venire la scoliosi agli scolari. La
colonna vertebrale che resistette alle lotte più aspre che l’uomo dovette affrontare senza piegarsi, invece, si
piega sotto l’oppressione della scuola.
Sempre la Montessori sottolinea che è invece la CONQUISTA DELLA LIBERTA’ che occorre e non il
meccanismo di un banco.
Nella classe c’è il maestro FACCENDIERE:
travasa le nozioni nella testa degli scolari: per farlo è necessaria la disciplina dell’immobilità da
parte degli scolari.
si avvale anche di PREMI E CASTIGHI
“il banco dell’anima” strumenti di schiavitù dell’anima che
non servono ad attenuare le deformità dell’anima ma a
provocarle.
Nel fanciullo bisogna cercare la sua VOCAZIONE, di cui tutti ne siamo in possesso almeno di una, e
spingerlo verso di essa. Così un giovane studente potrà diventare un gran dottore se è spinto allo studio dalla
sua vocazione; ma se lo è dalla speranza di un’eredità, o di un matrimonio, o di un vantaggio esteriore
qualsiasi –mai diventerà vero maestro e gran dottore.
Il castigo dice Montessori, è rivolto ad un solo tipo di persone: i delinquenti. Non di certo alle persone
oneste o agli scolari.
Per fare ciò è importante trovare un metodo e dalla sua applicazione attendere il contenuto
Ad esempio: se vogliamo fare ricerche sullo sviluppo della testa negli scolari più intelligenti e meno
intelligenti, una delle condizioni dell’esperienza deve essere quella d’ignorare, mentre si misura la testa,
quali siano i più intelligenti e quali i più tardi tra gli scolari. Chi sperimenta deve spogliarsi in quel
momento di ogni preconcetto, solo rinunciando alla fede e seguendo solo e soltanto il metodo, si potrà
procedere alla ricerca del vero.
Quindi la VERA PEDAGOGIA INFANTILE:
solo attraverso l’osservazione spontanea
dei bambini
Il metodo della pedagogia infantile, doveva essere un metodo unico diverso da quello usato dalle altre
scienze.
Il metodo Montessori nacque dalle esperienze compiute dalla pedagogista nelle “case dei bambini” sui
bambini dai 3 ai 6 anni. Essa si interessò prima che ai bambini normali, a quelli anormali.
Dai suoi studi comprese che il problema di questi bambini più che medico era pedagogico. Espose le sue
idee su questa materia nel congresso pedagogico del 1898 di Torino dove il ministro Baccelli le diede
l’incarico di impartire un corso alle maestre di Roma sull’educazione dei bambini “frenastenici”, corso
che si trasformò dopo in una Scuola Magistrale Ortofrenica, diretta da Montessori per due anni.
Una volta finita l’esperienza con i bambini anormali
tale metodo anche sui bambini normali,
Egli fu il primo che abbia tentato una metodica educazione del senso dell’udito, riuscendo a rendere udenti i
sordastri: e in seguito, avendo avuto per otto anni in cura un fanciullo idiota detto il selvaggio dell’Aveyron,
estese a tutti i sensi quei metodi educativi che già avevano dato per l’udito eccellenti risultati.
ITARD:
primo educatore a praticare l’osservazione dell’allievo specialmente per i malati
del sistema nervoso.
Anche se, il merito di avere completato un vero sistema educativo per fanciulli
deficienti si deve a: SEGUIN
Montessori, facendo le sue esperienze ed i suoi studi, tentò un metodo per la scrittura e la lettura.
Essa condusse alcuni bambini idioti del
manicomio, a scrivere correttamente
riuscirono a presentarsi agli esami nelle scuole
pubbliche insieme ai fanciulli normali.
Ciò che interessò a Montessori però, non fu tanto il successo ottenuto dagli allievi idioti infelici quanto, le
ragioni che potevano trattenere gli allievi felici e sani delle scuole comuni ad un livello così basso da
poter essere raggiunti nelle prove d’intelligenza dai suoi allievi infelici.
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PAGINE 123-136
In quei giorni: fu sopra me la mano del Signore e mi menò fuora – e mi posò in mezzo di un
campo, che era pieno di ossa, e mi fece girare intorno ad esso – e disse a me: Figliuol dell’uomo,
pensi tu che queste ossa sieno per riavere la vita? Ed io dissi: Signore Dio, tu lo sai. Ed egli disse
a me: profetizza sopra queste ossa e dirai loro: Ossa aride, udite la parola del Signore: io
infonderò in voi lo spirito e avrete vita. E farò sopra di voi nascere i nervi, e sopra di voi farò
crescere le carni, e sopra di voi stenderò la pelle; – darò a voi lo spirito, e vivrete. E profetai
com’egli mi aveva ordinato; e nel mentre che io profetava , udissi uno strepito, ed ecco un
movimento, e si accostarono ossa ad ossa, ciascuno alla propria giuntura. E mirai, ed ecco sopra
di esse vennero i nervi e le carni, e si distese sopra di esse la pelle, ma non avevano spirito. Ed
egli disse a me: Profetizza allo spirito, profetizza, figliol dell’uomo: dai quattro venti vieni, o
spirito, e soffia sopra questi morti. E profetai com’egli mi aveva comandato – ed entrò in quelli
lo pirito159, e riebbero vita e si stettero sui piedi loro, e dissero: È perita la nostra speranza: noi
siamo come rami troncati.
"infonderò voi lo spirito e avrete vita" si riferisce all'opera del maestro, che incoraggia, aiuta
l'allievo e lo prepara all'educazione.
"sopra voi farò nascere i nervi e farò crescere le carni, e sopra di voi stenderò la pelle" ricorda
la frase che riassume il metodo del Sèguin, condurre il fanciullo per la mano dall’educazione del
sistema muscolare a quello del sistema nervoso e dei sensi con cui il Séguin conduce gl’idioti a
saper camminare, a saper mantenere l’equilibrio nelle mosse più difficili del corpo, come montar le
scale,saltare ecc, e infine a sentire, principiando dall’educazione delle sensazioni muscolari, tattili e
termiche e finendo a quella dei sensi specifici.
Montessori dopo che si è ritirata dall'azione attiva verso i deficienti rimase a studiare le opere di Itard e
Sèguin. Aveva bisogno di meditare e ricopiò in italiano gli scritti di questi autori. Ricevette da New-York un
volume del secondo libro, quest'ultimo però non diede grande contributo per le esperienze pedagogiche ma
per le filosofie dell'esperienze esposte nel primo volume.
Lei era iscritta all'università come studentessa di filosofia, seguiva corsi di psicologia sperimentale e nel
mentre seguiva nelle scuole elementari alcune ricerche di antropologia pedagogica.
Il suo desiderio era quello di sperimentare i metodi dei deficienti in una prima classe elementare, non
aveva mai pensato agli asili d'infanzia.
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Verso la fine del 1906 venne invitata da Edoardo Talamano, rettore generale dell’Istituto Romano di Beni
Stabili in Roma, a voler assumere l’organizzazione di scuole infantili dentro la casa,
l'idea era quella di raccogliere i piccoli figli degli inquilini del casamento, dai 3 ai 7 anni e riunirli sotto la
guida di una maestra che coabitasse nel casamento stesso. Ogni casamento avrebbe avuto la sua scuola.
La prima scuola si doveva formare nel gennaio del 1907 in un casamento nel quartiere di San
Lorenzo, la scuola fu battezzata da Olga Lodi, con il nome di "Casa dei bambini" inaugurata il 6
gennaio 1907 affidata alle cure della maestra Candida Nuccitelli.
Il 7 aprile dello stesso anno se ne aprì una seconda al quartiere San Lorenzo, il 18 ottobre del 1908 si
inaura una nel quartiere operaio dell'Umanitaria a Milano.
Nel gennaio 1909, la Svizzera italiana comincia a trasformare i suoi Asili d’Infanzia retti col
metodo Froëbel in “Case dei Bambini” adottando i nostri metodi e il nostro materiale didattico. "La
casa dei bambini" ha una duplice importanza sociale e pedagogica.
(136-159)
Ecco il testo del discorso fatto da Maria Montessori nel 1907 all'inizio di uno dei periodi più
gloriosi della sua vita di educatrice. Queste pagine sono anche pagine di storia del nostro
paese: una terribile storia di miseria e fatiche che ci sono appena alle spalle, una
testimonianza, e tanto più vera in quanto occasionale che potrebbe altrimenti andar perduta.
"Può darsi che la vita dei poveri sia una cosa, che qualcuno di voi, qui presente, non abbia mai
considerato in tutta la sua degradazione. Può darsi che abbiate sentito la miseria della estrema
povertà umana soltanto attraverso le pagine di qualche grande libro, o la vibrante voce di un
grande scrittore. .Supponiamo che in un certo momento una voce vi gridi: – Va’ e guarda
queste case di miseria e della più nera povertà. Poiché esse son sorte, fra il terrore e le
sofferenze. I poveri avranno una casa propria. Nei quartieri dove regnavano la povertà e il
vizio si va svolgendo un'opera di redenzione morale, le coscienze del popolo saranno redente
dal torpore del vizio, dalle ombre dell'ignoranza. Le nuove generazioni vanno incontro a nuovi
tempi, tempi in cui si distrugge la miseria. In cui le oscure caverne del vizio e della malvagità
saranno diventate cose del passato, nessuna traccia di esse rimarrà. Con quali nuove e mutate
emozioni i affretteremo a venire qui, come i saggi guidati da un sogno e da una stella di
affrettarono a Betlemme.
Ho parlato così affinchè voi possiate intendere il grande significato, la vera bellezza di questa
umile stanza, che sembra parte della casa stessa, quasi destinata dalla mano di una madre
all'uso e alla felicità dei bambini del quartiere.
Questa è la seconda "Casa dei bambini" aperta nel malfamato quartiere di S. Lorenzo. Questo
quartiere è molto noto: ogni giornale della città reca quasi quotidianamente resoconti dei suoi
misfatti. Eppure ci sono molti che ignorano le origini di questa parte della città. Non penso mai
di costruire qui un quartiere di case popolari. Infatti, San Lorenzo non è il quartiere del
popolo, è il quartiere dei poveri, il quartiere dove vive l'operaio mal retribuito e spesso
disoccupato in una città non industriale come Roma, dove alla rinfusa vivono anche l’ozioso e
il vigilato che ha scontato in prigione la sua condanna.
Il rione di S. Lorenzo sorse tra l’84 e l’88, all’epoca della grande febbre edilizia, e nessun
criterio sociale e igienico guidava le nuove costruzioni, si costruiva pur di coprire mura e metri
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Scoppiata la inevitabile crisi edilizia intorno all’88-90 queste case malamente ultimate
rimasero per lungo tempo disabitate, poi poco per volta, cominciando a risentirsi il bisogno
delle abitazioni, si riempirono di inquilini e perchè coloro i quali erano rimasti possessori di
quei vasti casamenti non volevano nè potevano ai capitali già perduti aggiungerne dei nuovi, le
case stesse già antigienicamente costruite e peggio ancora ridotte ad abitazioni provvisorie,
servirono di ricoverso alla classe più povera della Capitale. Gli appartamenti, non essendo
preparati pel popolo, erano troppo grandi: 248 di cinque, sei o sette stanze; e andavano a
prezzi vilissimi in relazione allo spazio, ma troppo alti per ogni singola famiglia. Di qui il
subaffitto. L’affittuario, che ha preso un appartamento di sei stanze a 40 lire mensili,
subaffittando per 8 o 10 lire mensili la camera ai più abbienti, e l’angolo di camera o il
corridoio ai più poveri, ricava un frutto di 80 e più lire mensili, oltre l’abitazione gratuita. Così
il problema dell’esistenza è per esso in gran parte risolto, e si completa in ogni caso con
l’usura: l’affittuario traffica sulla miseria dei suoi coinquilini, prestando piccole somme di
danaro a un frutto che generalmente corrisponde a una lira la settimana per dieci lire di
capitale prestato, ciò che equivarrebbe al frutto annuo del 500 0I0. Cioè nel subaffitto si ha il
più crudele tra gli sfruttamenti: quello che solo sa compiere il povero sul povero. E a ciò si
aggiunga ancora l’agglomeramento, la promiscuità, l’immoralità, il delitto. Ogni tanto la
cronaca ci scopre alcuni di questi intérieurs: una famiglia numerosa dorme in una stanza, coi
figli grandi di ambo i sessi, mentre un angolo di stanza è occupato da una estranea, che riceve
gli amanti di nottetempo: li vedono i fanciulli e le ragazze; e si accendono turpi gelosie di letto
in letto, e infine ecco il delitto di sangue che svela per un attimo fuggevole, un piccolo dettaglio
di tanto accumulo di miseria.
Chi di noi entra in uno di questi appartamenti, comunque voglia prima con la fantasia
immaginare, prova un senso di raccapriccio e di sorpresa. Ciò che colpisce è il buio, che non fa
distinguere di pieno mezzogiorno un particolare della stanza, per es. dopo che l’occhio si è
abituato alle tenebre, si vede che là dentro c’è un letto e sopra una persona malata. Se per
esempio si sono portati dei danari, per conto di una società di mutuo soccorso, e si deve
contare e far firmare la ricevuta, bisogna accendere una candela. Oh! quando parliamo di
questioni sociali, vagando sulle nuvole della nostra fantasia, senza prepararci con una
osservazione positiva della realtà delle cose! e discutiamo se i bambini delle scuole devono o
no studiare e fare i compiti a casa, immaginando che il più povero possa magari scrivere in
terra accanto a un pagliericcio; e vogliamo fondare biblioteche circolanti perché i poveri
leggano in casa, e vogliamo stampare opuscoli di propaganda igienica o educativa per
diffonderli come lettura domestica tra le genti più povere: noi ci mostriamo profondamente
incoscienti dei loro bisogni. Molti di essi non hanno luce per leggere! C’è per questo
proletariato un problema più profondo prima di quello della elevazione intellettuale: il
problema della vita.
Qui per fanciulli che nascono bisogna mutare la frase consueta: essi non vengono alla luce,
vengono alle tenebre, e crescono tra le tenebre e i veleni dell’agglomeramento umano.
Necessariamente sudici, perché l’acqua disponibile in un appartamento povero di varie stanze,
dovrebbe servire, appena sufficiente, a tre o quattro persone e distribuita tra venti o trenta
basta appena per bere! Se pensiamo all’idea poetica e dogmatica che ci siamo fatti della “ casa
elevata fino al significato quasi sacro della “home inglese, il tempio chiuso dell’intimità dove i
sentimenti più fini infiorano le anime che trovano la pace, e i fiori più olezzanti sembrano il
sentimento che adorna le mura, il recinto dell’ “intérieur” inaccessibile a chi non è caro; e se
riflettiamo al gran contrasto, e alla crudeltà d’infondere come sentimento educativo questo
della casa, in tutti mentre tanti non hanno casa! ma soltanto mura luride, dove non c'è mai
intimità, nè gentilezza e spesso non v’è luce! nè aria! nè acqua! allora noi dobbiamo
concludere che non possiamo parlare in astratto, di casa, come di un’idea generica di
educazione delle masse, e come un fondamento che dà, con la famiglia, solide basi alla
compagine sociale. Poiché saremmo non positivisti, ma fantasiosi poeti.
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Così che per queste persone è più decoroso e più igienico rifugiarsi nella strada, e nella strada
fanno consueta dimora i fanciulli. Ma quanto spesso qui le strade sono teatro di delitti di
sangue, di risse, di spettacoli immondi e quasi inconcepibili a noi! Parlano le cronache di
donne inseguite dai mariti bestiali e avvinazzati, armati di coltello, che raggiungono la vittima
e colpiscono all’impazzata! di ragazze pallide come cadaveri per lo spavento, seguite da
giovinastri che gettano sassi. E ancora si vedono fatti che la cronaca non registra e che è
difficile narrare: una donna che fu preda notturna in una osteria di molti uomini avvinazzati, i
quali la gettarono poi spossata e ubriaca tra il fango della via: e i fanciulli accorsi il mattino vi
si raggrupparono intorno come sciame di uccelli su preda morta, gridando e ridendo su quel
lurido corpo di donna giacente nel fango e nero di fango, mentre lo rimuovevano coi piedi!
Spettacoli tanto estremi di bruttura, più profonda assai della barbarie sono possibili qui alle
porte d’una città cosmopolita, madre di civiltà, e regina delle arti belle per un fatto nuovo,
che i passati secoli non conobbero: l’isolamento delle masse povere.
Nel medio evo si isolavano i lebbrosi; i cattolici isolarono nei ghetti gli ebrei; ma non fu mai la
povertà considerata come un pericolo e un’infamia tali da doversi isolare. Anzi i poveri vissero
mescolati ai ricchi e fu argomento sfruttato della letteratura fino a noi, fino a Victor Hugo fino
ai tempi della nostra infanzia nelle scuole, il contrasto tra il povero e il ricco: tra il palazzo che
toglie luce ai vicini tuguri, tra il dramma delle soffitte e la festa di ballo del primo piano.
Ed era argomento consueto di educazione morale il racconto del soccorso inviato dalla
principessa nell’adiacente casina del povero, ovvero dalle buone bambine ricche alla donna
malata nella soffitta. Tutto ciò sarebbe oggi senza senso di realtà. I poveri non hanno più alcun
esempio di gentilezza dai vicini più fortunati e non hanno più speranza di soccorso, in caso di
estremo bisogno, dai vicini che sono ricchi; queste briciole che si gettavano ai poveri, anche
queste abbiamo loro tolto; agglomerandoli lontano da noi, fuori delle mura della città, e
lasciandoli a se stessi nell’abbandono, nella disperazione, nella reciproca scuola di ruralità e
di vizio. Ma con ciò abbiamo creato dei focolari infetti, che dovrebbero significare pericolo e
minaccia , per chi ha coscienza sociale su quella città che si è depurata all’interno da tutto ciò
che è brutto, e che si è ammalata di cancrena, volendo farsi tutta bella e tutta linda, dietro un
aristocratico ideale estetico.
Quando sono venuta la prima volta per le vie di questo quartiere, dove la gente per bene passa
solo dopo morta, ho avuto l’impressione di trovarmi in una città dove fosse avvenuto un gran
disastro. Ha difatti l’aspetto di un lembo di città e un lembo di città si volle fabbricare su
questa terra vicina all’estrema dimora dei cittadini con le strade diritte e i grandi casamenti.
Mi sembrò che un lutto recente gravasse su la popolazione che si aggirava per le strade muta,
con aspetto stuporoso e quasi spaventato. L ’alto silenzio sembrava che significasse una vita
collettiva interrotta, spezzata: non una carrozza, nemmeno il vocio lieto, popolare dei venditori
ambulanti, non il suono di un organetto girovago in cerca del soldo. Nemmeno tutto ciò che è
già proibito come espressione di povertà e di inferiore civiltà nell’interno di Roma, si trovava
qui
a ravvivare quel grave silenzio triste. Osservando le vie coi loro avvallamenti, e i sassi
sporgenti dal sottosuolo, si poteva supporre che quel disastro fosse stato una grande
inondazione che avesse trasportato via tutta la terra, ma osservando le case tutte smantellate
negli androni,
coi muri scoperti o mancanti qua e là di mattoni, si pensava se fosse stato un terremoto il
disastro che aveva afflitto quel quartiere. Non c'era nemmeno un negozio, nessun magazzino in
cui di vendono oggetti di prima necessità a basso prezzo, nessun negozio, nessun consumo, solo
osterie luride, aprenti numerose le loro bocche fetide ai passanti delle vie.
Si può dire che ogni miseria ispirò una forma di rimedio e tutto vi fu tentato dall’igiene di
alcune abitazioni alle crèches, agli asili infantili, agli ambulatori.
Ma che cos’è la beneficenza? poco più di un’espressione di lamento, è la pietà tradotta in
azione. Per la mancanza di continuità di mezzi e d’indirizzo pochi benefici risultati essa può
dare, costretta com’è a riservare e restringere i soccorsi ad un troppo limitato numero di
persone. Solo un interesse, che facendo il bene altrui nutrisca sè stesso e prosperi della
prosperità che procura, poteva, insediandosi qui nel quartiere, compiere opera efficace di bene.
Ecco iniziarsi l’opera grandiosa e geniale dell’Istituto Romano di Beni Stabili, ispirata nei
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suoi criteri di alta modernità dall’ing. Edoardo Talamo suo benemerito Direttore generale:
opera originale che nella complessità dei suoi intenti pratici è senza esempio in Italia e
all’estero. Tre anni fa si costituiva in Roma questo Istituto, il cui programma era di acquistare
stabili urbani, migliorarli, metterli in valore ed amministrarli come da buon padre di famiglia.
Tra i primi edifici acquistati fu compresa buona parte del Quartiere di S. Lorenzo, dove oggi
l’Istituto ha 58 case, che occupano una superficie di circa 30 000 metri quadrati, contenenti,
oltre ai piani terreni, 1600 di quegli appartamenti agglomerati, i quali raccolgono numerose
famiglie. Su molte migliaia di persone può quindi avere benefica influenza la riforma
progettata dall’Istituto Romano di Beni Stabili: riforma perciò, grandiosa!
Secondo il suo programma l’Istituto, appunto da buon padre di famiglia, pensò che non poteva
considerare quale proprietà reale e rimuneratrice un ammasso di vecchie ed umili case, che
per il loro stato igienico e costruttivo avrebbero ogni giorno perduto una parte del loro valore.
Pensò quindi che occorreva trasformarle tutte con criteri di modernità, sia sotto l’aspetto
edilizio, che igienico e morale; poiché la trasformazione edilizia avrebbe creato una proprietà
vera e duratura; mentre la trasformazione igienica e morale avrebbe, col miglioramento
dell’inquilino, sempre meglio consolidato ed assicurato il reddito di questi suoi casamenti.
Stabilì quindi un programma che gli consentisse di raggiungere il suo intento a poco per volta:
a poco per volta, perché è difficile vuotare casamenti agglomerati in un’epoca come questa in
cui le
case sono scarse. Perciò l’Istituto ha finora trasformato tre soli dei casamenti di S. Lorenzo,
sulle basi del suo programma, che sono le seguenti:
a) Demolire in ogni casamento tutta la parte creata originariamente non per far case, ma per
crear cambiali ed assorbire danaro, in altri termini, abbattere i
corpi centrali che ingombrano i cortili, riuscendo abitazioni malsane e togliendo
aria e luce al rimanente del casamento. Così sono abolite le relative vanelle e pozzi di luce e
creati invece vasti cortili, coi quali può darsi aria e luce a tutte le camere del rimanente
edificio, le quali vengono in tal modo a rappresentare un valore redditizio.
b) Creare nuove scale e distribuire meglio i quartierini, riducendoli da cinque, sei, sette stanze
a piccoli appartamenti di una, due o al più tre stanze e cucina.
L’importanza di tali trasformazioni s’illustra da se medesima così dal lato economico pel
proprietario, come da quello materiale e morale dell’inquilino.
Aumentare il numero delle scale vuol dire diminuire su esse l’agglomeramento e ridurre il
danno che porta allo stabile il continuo passaggio di tante persone, tutt'altro che educate al
rispetto della casa e alle abitudini d’ordine e di pulizia. È anche ridurre i contatti tra inquilini,
specialmente nei passaggi delle ore notturne: principio evidente d’igiene morale!
La trasformazione poi dei grandi in piccoli appartamenti compie l’opera isolando in case
separate le singole famiglie, cioè curando radicalmente la pericolosa piaga del subaffitto, e
insieme tutte le sue disastrose conseguenze di agglomeramento e d’immoralità; mentre riduce
da una parte l’onere del singolo reale inquilino, migliorando dall’altra il reddito del
proprietario, il quale viene ad assorbire quei guadagni coi quali i singoli affittuari operarono
lo sfruttamento dei subaffitti. Allorché il proprietario che affittava per 90 lire mensili un
appartamento di 6 stanze, lo riduce a tre piccoli quartierini di una stanza e cucina, sani e bene
aereati e illuminati, aumenta evidentemente il proprio reddito.
L’importanza morale di questa riforma sarebbe già grande, poiché essa ha tolte le cattive
occasioni e gli stimoli che venivano dall’agglomeramento e dalla promiscuità; mentre fa
sorgere per la prima volta in queste popolazioni il dolce sentimento di sentirsi liberi entro la
casa propria, nell’intimità della famiglia.
Ma il progetto dell’Istituto va oltre nei suoi disegni: vuol dare non solo una casa libera ben
soleggiata ed aerata, bensì anche offrirla linda, intatta, quasi lucente e come profumata di
purezza e di verginità. Tanto benessere non è tuttavia senza peso per chi ne gode; occorre
pagare una tassa attiva di cure, di buona volontà: l’inquilino che riceve la casa pulita, deve
mantenerla tale e rispettare l’integrità delle mura, dall’ingresso nel portone, fino all’interno
del piccolo appartamento. Chi meglio conserverà la propria casa avrà un premio annuale e gli
inquilini diventeranno concorrenti in una gara sana e nobilitante d’igiene pratica, resa
possibile e facile dal compito così semplice di conservare.
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Finora solo i grandi monumenti nazionali, le opere d’arte ricche e meravigliose, avevano la
manutenzione continuata: ecco che queste case offerte al popolo hanno l’onore di atteggiarsi
alla pari coi monumenti; la loro manutenzione è affidata a centinaia di operai, cioè a tutti
inquilini della casa. Manutenzione quindi perfetta, impeccabile; che mantiene lo stabile intatto,
senza una macchia sola, proprio come intatti e lucenti sono i marmi delle storiche basiliche. L
’edificio dove noi ci troviamo e dove oggi s’inaugura la seconda “Casa dei bambini”, è da due
anni sotto la protezione unica e sotto l’opera esclusiva di manutenzione degli inquilini.
L’effetto è quindi sperimentato e meraviglioso. Le genti acquistano perciò insieme al
sentimento della casa quello della pulizia, che fa parte del sentimento estetico, e questo viene
pure aiutato dagli ornamenti naturali che si diffondono nella casa, cioè le piante numerose e gli
alberi e i palmizi nei cortili.
Ecco sorgere con la nobile gara in cose buone e feconde di bene, un orgoglio nuovo nel
quartiere: l'orgoglio collettivo d’aver il casamento meglio conservato, di avere acquistato cioè
un grado più elevato di civiltà. Esse non solo abitano una casa, ma la sanno abitare e la
sanno rispettare, da persone educate e civili.
È questa quasi una prima spinta nel bene, dalla casa verrà la persona.
Una delle riforme più igieniche dell’istituto è quella dei bagni, ogni casamento riformato ha in
un locale apposito stanze separate da bagno a vasca o a doccia con acqua calda e fredda, dove
tutti gli inquilini possono andare a turno.
Comodità grande che invita alla pulizia! quale vantaggio sui bagni pubblici popolari è il bagno
tiepido in casa , dove l’affluenza viene limitata a poche persone!
Noi così introduciamo insieme la civiltà e la salute e apriamo non solo alla luce del sole, ma
anche a quella del progresso le antiche buie abitazioni, gli antri nefandi della miseria.
Ma nel raggiunger l’ideale della manutenzione perfetta semigratuita dei suoi stabili, l’Istituto
incontrava una difficoltà nei bambini prima dell’età della scuola, che abbandonati durante le
ore del giorno dai parenti lavoratori, incapaci di intendere il senso di emulazione e il desiderio
del premio che sono gli stimoli educativi al rispetto della casa per i loro genitori, divengono i
vandali incoscienti dell’edificio.
Ed ecco l’altra riforma che rientra, indirettamente, nelle spese di manutenzione, e che si può
chiamare la più brillante trasformazione di spese che abbia genialmente pensata finora nei suoi
progressi la civiltà.
Nella “Casa dei bambini” riservata esclusivamente ai piccini del casamento che non hanno
ancora l’età della scuola, le madri lavoratrici possono lasciare tranquille i figliuoli, con loro
immenso beneficio, con risparmio di forza, con gran sollievo di libertà. Ma anche questo
beneficio non è senza tassa di cure e di buon volere; lo dice il Regolamento appeso sulle mura
dello stabile: “Le madri hanno l’obbligo di mandare i loro bambini puliti e di coadiuvare
all’opera educativa della direttrice.
Due obblighi: cioè la cura fisica e morale dei propri figli. Se il bambino dimostrerà con le
parole, col contegno, che in casa sua viene guastata l’opera educativa della scuola, esso
graverà senza remissione sulle braccia dei genitori ignavi e incapaci del proprio
miglioramento. Chi bestemmia, chi si abbandona a litigi, a brutalità sente sopra di se gravare
il peso delle piccole vite tanto bisognose di cure, ovvero sente di nuovo ripiombare
nell’abbandono le piccole creature che
sono la parte più teneramente cara della famiglia. Bisogna cioè sapersi meritare il beneficio
d’avere in casa il gran vantaggio d’una scuola per i figliuoli più piccoli. E basta la “ buona
volontà „ perché, in quanto al saper fare, il regolamento lo dice, le madri dovranno andare
almeno una volta la settimana a conferire con la Direttrice, dando notizie del proprio bambino
e là potranno raccogliere i consigli che la Direttrice darà a loro vantaggio. Consigli certo
illuminati, sulla salute e sulla educazione del piccino poiché nella “ Casa dei bambini” è
preposto, insieme a una Maestra, anche un Medico.
La Direttrice è sempre a disposizione delle madri e la sua vita di persona colta e civile è
costante esempio agli abitanti della casa, perché essa ha l’obbligo imprescindibile „ di
alloggiare nel casamento e essere quindi la coinquilina delle famiglie di tutti i suoi allievi. Tra
queste persone quasi selvagge, in queste case tra le quali di nottetempo
nessuno si aggira senza essere armato, ecco va a vivere una gentile donna, di elevata cultura,
un’educatrice di professione, che dedica tutto il suo tempo e la sua vita a civilizzare le genti!
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Vera missionaria, e regina morale tra il popolo: ella, se ha un sufficiente tatto e un sufficiente
cuore, coglierà frutti inauditi di bene dalla sua opera sociale!
Questo caso è veramente nuovo: sembra un sogno irrealizzabile, ma è verità sperimentata.
Invero ci fu il tentativo fatto da persone generose di andare a vivere tra i poveri per civilizzarli.
Ma l’opera non è attuabile senza che la casa dei poveri sia igienica e renda possibile la
coabitazione di genti socialmente più elevate, nè si può riuscire all’intento senza una specie di
coercizione al bene che obblighi coi premi, coi vantaggi più vari, a chinarsi o a ben disporsi
sotto il giogo della civiltà, la popolazione del casamento intero.
Il caso è nuovo anche per la organizzazione pedagogica della “Casa dei bambini”. Essa non è
un ricovero passivo dei fanciulli: ma una vera scuola di educazione, i cui metodi sono ispirati
ai razionali principi della pedagogia scientifica. Viene seguito e diretto lo sviluppo fisico dei
bambini che sono tutti studiati dal lato antropologico, e gli esercizi del linguaggio, dei sensi e
della vita pratica formano le basi principali delle cognizioni. L’insegnamento è eminentemente
oggettivo: e dispone di una ricchezza non comune di materiale didattico. Ma su ciò non è
possibile addentrarci: basti dire che già esiste, propria alla scuola, una sala per i bagni caldi e
freddi e per i lavabi parziali ai bambini; e dove è possibile, una distesa di terreno ove i fanciulli
potranno coltivare il campicello educativo. Ciò che importa rilevare qui sono i progressi
pedagogici che la “Casa dei bambini” raggiunge come istituzione. Chi ha pratica della scuola
e dei principali problemi pedagogici che la riguardano, sa come venga considerato un gran
principio – principio ideale e quasi irrealizzabile l’armonia dell'intenti educativi tra la famiglia
e la scuola. Ma la famiglia è qualche cosa di sempre lontano e di quasi sempre ribelle; una
specie di fantasma irraggiungibile, per la scuola. La casa è chiusa non solo ai progressi
pedagogici, ma spesso anche ai progressi dell’ambiente sociale. Questa è la prima volta che si
vede la possibilità pratica di realizzare il tanto decantato principio pedagogico. Si mette la
scuola in casa; non solo, ma si mette in casa come proprietà collettiva; e si
lascia sotto gli occhi dei parenti tutta intera la vita della maestra, nel compimento della sua
alta missione.
È dolce e nuovo e profondamente educativo il sentimento della proprietà collettiva.
I genitori sanno che la “Casa dei bambini” è loro proprietà e si ricava dalle spese della
pigione. Le madri possono a tutte le ore del giorno sorvegliarla, o ammirarla, o meditarla.
Essa è in ogni modo uno stimolo continuo a riflessioni e una fonte di benessere evidente e di
miglioramento proprio e dei figli. Le madri, infatti si può dire che adorino la “Casa dei
bambini” e la direttrice.
Un altro progresso raggiunto dall’istituzione della “Casa dei bambini “riguarda la pedagogia
scientifica. Essa, basandosi sullo studio antropologico dell’allievo da educare, toccava solo
una parte della questione positiva che tende trasformarla. Poiché l’uomo non è solo un
prodotto biologico, ma anche un prodotto sociale e l’ambiente sociale degli individui in via
d’educazione è la casa con la famiglia. Ora invano cercherà la pedagogia scientifica di
migliorare le nuove generazioni, se non giunge ad influire anche sull’ambiente, ove le nuove
generazioni sorgono e crescono! Tutte le applicazioni d’igiene pedagogica sarebbero vano
tentativo, se la casa dovesse rimaner chiusa a ogni progresso! Io credo dunque che aver potuto
aprire la casa alla luce dei nuovi veri, al progresso della civiltà cioè aver risolto il problema di
poter direttamente modificare l’ambiente delle nuove generazioni, sia stato rendere possibile
l’attuazione pratica dei principi fondamentali della pedagogia scientifica.
Un altro progresso segna ancora la “Casa dei bambini essa è il primo passo verso la casa
socializzata. Si trova nella propria abitazione il vantaggio di poter lasciare i piccoli figli in
luogo sicuro, non solo, ma atto a migliorarli; e sono tutte le madri che possono godere tale
immenso vantaggio, allontanandosi di casa per i propri lavori.
Finora soltanto una casta sociale godeva tale privilegio; erano le donne ricche, le quali
potevano allontanarsi dai figli per le loro occupazioni mondane, lasciandoli in mano a una
istitutrice. Oggi le donne del popolo che abitano in queste case riformate possono dire come le
gran dame: ho lasciato i miei figli con l’istitutrice; ma di più, esse, come principesse del
sangue, possono aggiungere: e il medico di casa veglia giornalmente su loro, e dirige la loro
sana crescenza. Solo le gran dame inglesi hanno consueta mente l’elegante “ carnet maternel “
dove si notano le principali misure e le date dei principali avvenimenti della crescenza del
bambino: queste donne del popolo posseggono dei loro figliuoli le “ Carte biografiche “,
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cercherà il benessere e il riposo nella casa riformata e socializzata. Per sé stessa vorrà essere
amata e non come mezzo di benessere e di riposo, e vorrà amore, libera da ogni forma di
lavoro servile. Lo scopo dell’amore umano non è quello egoistico di assicurare i propri riposi:
ben più in alto vola sublime. Lo scopo dell’amore è di moltiplicare le forze dello spirito libero
facendolo quasi divino, e in tanta luce eternare la specie.
È l’amore ideale incarnato da Federico Nietzsche nella donna di Zaratustra, che vuole
coscientemente il figlio migliore di sé stessa. “Perché mi desideri? Chiede ella all’uomo:
“forse per timore della solitudine? cioè per difenderti dai disagi della vita? “In questo caso, va
lontano da me. Io voglio l’uomo che ha vinto se stesso e si è formata un’anima grande; io
voglio 442 l’uomo che ha conservato un corpo sano e robusto; io voglio l’uomo che voglia con
me unire l’anima e il corpo, per procreare il figlio! il figlio migliore, più perfetto, più forte di
quelli che l’hanno creato!” Migliorare la specie coscientemente, coltivando la propria salute e
la propria virtù ecco quanto resta al connubio famigliare degli uomini. Sublime concetto al
quale ancora non pensiamo! E la casa del futuro socializzata, vivente, provvida, dolce,
educatrice e consolatrice, è il vero e degno nido delle coppie umane, che vogliono in essa
migliorare la specie e slanciarla trionfante nell’eternità della vita!
Il caso le permise di provare la prima applicazione dei metodi più deficienti su bambini
normali non delle scuole elementari ma degli asili infantili. Il paragone tra normali e i
deficienti si può nel periodo della prima infanzia dove il fanciullo che non ebbe la forza di
sviluppare e quello che ancora si deve sviluppare possono somigliarsi. Il Preyer nei sui studi di
psicologia infantile ha mostrato il parallelo tra i difetti patologici del linguaggio e quelli
normali del bambino in via di sviluppo, i difetti permanenti come quelli del linguaggio, si
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acquistano nel periodo della sua età nel quale forma e fissa le sue principali funzioni dai 3 ai 6
anni. Questo è il significato del suo esperimento pedagogico svolto per due anni nelle “case dei
bambini”. Sono una serie di prove sull'educazione della prima infanzia ovviamente non come i
metodi di Seguin ma dietro questi due anni di prova c'è una base sperimentale, anche i suoi 10
anni di studio possono essere sommati ai 40 di Itard e Seguin.
Appena seppe di avere a disposizione una scuola di piccoli bambini volle farne un campo
sperimentale di pedagogia scientifica e di psicologia infantile. Partì dal punto sul quale
conviene il Wundt, che la psicologia infantile non esiste gli sperimenti sui bambini come quelli
di Preyer e Baldwin, sono fatte sui figli degli sperimentatori. Gli strumenti di psicometria
devono essere ridotti e semplificati, gli strumenti di ricerca per la psicometria applicata alla
pedagogia furono fin oggi limitati alla parte estiosiometrica, lei tenne conto delle ricerche ma
ne fu indipendente.
Ritenne essenziale solo l'affermazione di Wundt: tutti i metodi della psicologia sperimentale
possono ridursi ad un metodo unico, cioè ad un'osservazione esattamente regolata. Visto che si
trattava di bambino dove intervenire anche lo studio dello sviluppo.
Parte antropologica
Per quando riguarda lo sviluppo fisico per prima cosa cerca di regolare le ricerche antropometriche.
Fece costruire un antropometro per bambini con la scala metrica che oscillava tra 0,50 e il m 1,50 sul piano
c'era un piccolo sgabello monile all'altezza di cm 30 per la statura seduta. consigliava di realizzare quello a
duplice piano da un lato misura la statura totale e dall'altro seduta. Fece prendere le misure in piedi e seduti
ogni mese per avere misure più esatte relative allo sviluppo, stabilì che doveva avvenire quando il bambino
compiva il mese d'età.
Lei propose un registro (vedi foto pag. 171-172) per quando riguarda il peso, aveva dato la disposizione di
prenderlo ogni settimana. La registrazione del peso è fatta molto semplicemente (vedi foto pag. 174):
ogni pagina del registro corrisponde a un mese; ha pensato che queste fossero le uniche misure
antropologiche di cui la maestra dovesse farsi carico le altre misure dovevano essere prese da un
medico. (vedere tabelle pag. 175-177).
ne fece costruire apposta per bambini di quattro anni, banchi leggeri che potessero essere spostati
dai diretti interessati,
187 a 250
Nel quadro di Raffaello si vede l’umanità che rende omaggio alla maternità, fatta sublime nel suo
definitivo trionfo, e al tempo stesso, si rappresenta come tale umanità sublime non leghi più solo la
madre al proprio figlio, ma congiunga la madre con l’umanità intera.
Si tratta di un’opera d’arte del più grande artista italiano e se un giorno le “Case dei bambini” si
diffondessero nel mondo, il quadro di Raffaello starebbe a parlare abilmente della loro patria
d’origine. I bambini non potranno capire il significato simbolico della Madonna della Seggiola ma
ci vedranno qualcosa di più grande degli altri quadri raffiguranti madri, padri, nonni e bambini: e lo
ravvolgeranno nel loro cuore con un sentimento religioso.
Conosco la prima obbiezione che si presenta alla mente dei seguaci degli antichi metodi
disciplinari. I bambini, muovendosi, rovesceranno sedie e tavoli producendo chiasso e disordine, ma
questo è un pregiudizio. Altrettanto il popolo ha creduto che fossero necessarie le fasce per i neonati
e i cesti chiusi per i bambini che muovevano i primi passi. Tutto questo sta nel concetto che il
bambino dovesse crescere nell’immobilità e nel pregiudizio che per avere un’azione educativa
dovesse tenere una particolare posizione del corpo.
I tavoli, le sedie, le poltroncine leggere e trasportabili permetteranno al bambino di scegliere la
posizione che preferisce: si potrà accomodare anziché sedersi al posto e questo indicherà sia un
segno di libertà che di educazione. Se il bambino farà cadere rumorosamente una sedia avrà una
prova evidente della sua incapacità, dopo di che avrà modo di correggersi e quando si sarà corretto
vedrà che le sedie e i tavoli rimangono fermi al loro posto, allora vorrà dire che il bambino avrà
imparato a muoversi.
Invece con il metodo antico la prova della disciplina raggiunta era nel fatto contrario, ossia
nell’immobilità e nel silenzio del bambino. Immobilità e silenzio che non permettevano al bambino
di imparare a muoversi con criterio in modo che quando poi si trovava in ambienti dove non c’erano
banchi, gli accadeva di rovesciare facilmente oggetti leggeri. Qui invece il bambino impara un
contegno e un’abilità di muoversi, che gli sarà utile anche al di fuori della scuola.
La maestra della “Casa di Bambini” di Milano fece costruire una lunga mensola accanto a una
finestra, in cui metteva i leggii per la scelta degli incastri di ferro utili per i primi disegni (materiale
didattico per la preparazione alla scrittura). Però la mensola era troppo stretta e dava il problema
che i bambini durante la scelta dei pezzi spesso facevano cadere un leggio rovesciando anche gli
incastri di ferro che c’erano sopra. Per cui, la maestra pensò di modificare la mensola ma il
falegname tardò a venire e i bambini impararono a muoversi così facilmente che i leggii non si
rovesciarono più nonostante non fossero molto in equilibrio. La semplicità o l’imperfezione degli
oggetti esterni servono quindi a sviluppare l’attività e la destrezza degli allievi.
Il metodo pedagogico dell’osservazione ha per base la libertà del bambino: e libertà è attività.
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Disciplina alla libertà: ecco un altro principio difficile da capire per i seguaci della scuola comune.
Come ottenere la disciplina in una classe di fanciulli liberi?
Nel nostro sistema, se la disciplina fondata sulla libertà,
Qualche volta accadeva che, mentre la Direttrice metteva a posto nelle scatole gli oggetti usati una
bambina le si avvicinava prendendo quegli oggetti con il desiderio evidente di imitarla: prima cosa
che faceva la maestra era rimandarla al posto, con la solita imposizione: “lascia stare, vai al posto”
ma invece la bambina avrebbe voluto fare un’azione utile;
Altro esempio fatto dalla Montessori: Un’altra volta i bambini si erano raggruppati
chiassosamente nella sala, intorno ad una bacinella d’acqua dove si muovevano dei galleggianti.
Avevamo a scuola un bambino di appena due anni e mezzo: egli era rimasto indietro, solo e si
vedeva che era animato da molta curiosità. Io l’osservavo da lontano con grande interesse: si
avvicinò prima al gruppo, scansò con le manine dei bimbi, capì che non sarebbe riuscito a passare;
quindi, si fermò e si guardò intorno. Vide una seggiolina e ci andò incontro, ma in quel momento la
maestra lo prese brutalmente in braccio e gli fece vedere la bacinella da sopra il gruppo dei
compagni dicendo: “Vieni, caro, vieni, poverino, guarda anche tu!” Certo il bambino, vedendo i
galleggianti, non provò la gioia che stava per sentire quando stava raggiungendo la sedia, e la
visione di quegli oggetti non gli portò alcun vantaggio, mentre il suo sforzo intelligente avrebbe
sviluppato le sue forze interiori. La maestra impedì al bambino di educare sé stesso, senza portargli
alcun bene. Si stava per sentire vittorioso ma poi si trovò tra due braccia come un impotente.
Quando le maestre furono stanche delle mie osservazioni, cominciarono a lasciar fare ai bambini
tutto quello che volevano: vidi bimbi con i piedi sul tavolino e con le dita nel naso senza che le
maestre intervenissero a correggerli, ne vidi alcuni dare spinte ai compagni e acquistare nel viso
un’espressione di violenza, senza che la maestra facesse niente. Allora la Montessori dovette
intervenire per far vedere con quale rigore occorre impedire tutti i comportamenti che non devono
compiersi, affinché il bambino riesca a capire il bene e il male.
Questo è il punto di partenza necessario per la
disciplina
tempo più faticoso per la maestra: impedire che il
bambino confonda il bene con l’immobilità e il male
con l’attività, come avveniva nelle forme dell’antica
Poiché Il nostro scopo è di
disciplinare all’attività, al lavoro, al bene, non all’immobilità, alla passività, all’obbedienza.
Una sala dove tutti i bambini si possono muovere tranquillamente, intelligentemente e
volontariamente senza fare alcuno sgarbo per Montessori sembrerebbe molto ben disciplinata.
Disporre i bambini allineati come in una scuola comune, assegnare ad ogni bimbo un posto e
pretendere che i bambini rimangano fermi rispettando l’ordine che gli si è dato, può essere
attuato in seguito come la prima mossa di educazione collettiva.
Si possono ordinare i bambini disponendoli al loro posto, in ordine cercando di fargli capire che
messi così stanno bene, che è una bella disposizione nella sala, allora lo stare al posto fermi e zitti
risulta da una specie di lezione, non da un’imposizione, anzi gli fa capire il giusto ordine
collettivo. Se dopo aver capito questa idea, essi si alzano, parlano, cambiano posto, non lo fanno più
come prima senza saperlo e senza pensarci ma lo fanno perché vogliono alzarsi, parlare ecc., quindi
da quello stato di riposo e di ordine ben noto, essi partono, per fare qualche azione volontaria; e
sapendo che ci sono azioni proibite, saranno spinti a ricordare la differenza tra il bene e il male.
Il muoversi dei bambini dallo stato di ordine diventa sempre più coordinato e perfetto, col
passar dei giorni; infatti, essi imparano a riflettere sulle proprie azioni. Da qui l’osservazione del
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modo come agiscono i bambini passando dai primi movimenti disordinati, a quelli ordinati
spontanei.
È meravigliosa la differenza individuale che si manifesta usando questo procedimento:
Quelli che continuano a star fermi al loro posto, apatici, dormienti, quelli che si alzano per gridare,
battere, rovesciare oggetti, e quelli infine che vanno a compiere un’azione determinata come
spostare un tavolino, si rivelano come piccini ora tardivi nello sviluppo mentale o forse malati, ora
tardivi nella formazione del carattere, ora infine intelligenti, che si adattano all’ambiente, capaci di
esprimere i loro gusti, la loro tendenza.
Un metodo educativo che abbia per base la libertà deve intervenire per aiutare il bambino a
conquistarla: cioè a diminuire i legami sociali che limitano la sua attività.
A mano a mano che il bambino procederà per questa via, le sue manifestazioni spontanee saranno
più limpide di verità.
Ecco perché la prima forma d’intervento educativo deve avere
lo scopo di condurre il bambino sulle vie dell’indipendenza.
INDIPENDENZA
Non si può essere liberi senza essere indipendenti: I bambini piccoli, dal momento in cui la
madre smette di allattarli, si avviano sulle strade dell’indipendenza.
Che cos’è un bimbo divezzato? Bimbo reso indipendente dal seno materno. Lasciata quest’unica
fonte di nutrimento, saprà scegliere fra un centinaio di pappe, prima invece era legato a una sola
forma di nutrimento. Però è ancora un essere dipendente perché non è capace di camminare, di
vestirsi, lavarsi, di parlare in linguaggio intelligibile, è schiavo di tutti. All’età di tre anni, tuttavia, il
bambino potrebbe essersi fatto indipendente e libero.
Un’azione pedagogica efficace aiutarli ad essere indipendenti.
Aiutarli ad imparare a camminare senza aiuto, a
correre, a salire e scendere le scale, a raccogliere
oggetti caduti, a vestirsi e a spogliarsi, a lavarsi, a
parlare per esprimere i propri bisogni, a cercare
con tentativi di arrivare a soddisfare i loro
desideri, ecco l’educazione dell’indipendenza.
Noi serviamo i bambini, crediamo che i bimbi siano simili a fantocci inanimati: li laviamo, li
imbocchiamo come loro fanno con la bambola. Dobbiamo pensare che il bambino ha di sua
natura i mezzi fisio-psicologici per imparare a fare: il nostro dovere verso di lui è quello di
aiutarlo alla conquista di atti utili. La madre che imbocca il bambino senza fare il minimo sforzo per
insegnargli a tenere il cucchiaio e a cercare da solo la sua bocca o che mangia senza invitarlo a
guardare come si fa, non è una buona madre, offende la sua dignità e tratta il figlio come un
fantoccio.
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Chi non capisce che insegnare a un bambino a mangiare, a lavarsi, a vestirsi, è un più lavoro
lungo, difficile e paziente piuttosto che imboccarlo, lavarlo e vestirlo? Il primo è il lavoro
dell’educatore, il secondo è il lavoro inferiore e facile del servo.
Lavoro inferiore facile e pericoloso che chiude vie e pone ostacoli alla vita.
Il signore che ha troppi servi non solo diventa sempre più loro dipendente e loro schiavo, ma i suoi
muscoli s’indeboliscono nell’inattività, e perdono la capacità naturale dell’azione.
La mente di chi, per avere ciò che gli serve, non lavora, ma comanda, si atrofizza. Le donne
orientali portano i calzoni e le donne europee portano le sottane, ma le prime più ancora delle
seconde hanno come forma di educazione quella di non muoversi. Ciò conduce al fatto che l’uomo
lavora anche per la donna, e la donna inutilizza le sue attività e languisce nella schiavitù. Essa non è
solo mantenuta e servita, è anche diminuita nella sua umanità: come individuo sociale è uno scarto.
Il pericolo del servilismo e della dipendenza non sta solo nel “consumo inutile della vita” che
conduce all’impotenza, ma nello sviluppo di reazioni, che hanno significato anch’esse di
perversione e d’impotenza: e possono paragonarsi al pianto delle isteriche o alla convulsione degli
epilettici. Sono le azioni di prepotenza: La prepotenza si sviluppa come una parallela
dell’impotenza, essa è la manifestazione del sentimento di chi conquista col lavoro altrui; quindi,
il padrone è un prepotente verso il servo.
Immaginiamo un operaio abile e saggio, nella sua officina, molto felice, non ci farebbe però
nessuna meraviglia, sapere che in casa questo operaio sgrida la moglie se la minestra non è
abbastanza gustosa e si arrabbia facilmente: in casa non è più l’abile operaio, l’abile operaia è la
moglie, che lo serve e lo compatisce. Perciò è un uomo sereno dove è possente, ed è prepotente
dove è servito. Da ciò Montessori dice che l’uomo che fa da sé moltiplica il suo potere e si
perfeziona, per cui bisogna fare delle generazioni future uomini indipendenti e liberi, se
quell’uomo avesse saputo fare bene la minestra sarebbe diventato un uomo perfetto.
ABOLIZIONE DEI PREMI E DEI CASTIGHI ESTERNI
Eravamo ai primi mesi di vita delle “Case dei bambini” e le maestre non avevano ancora potuto
attuare i principi pedagogici della libertà. Specialmente una di esse provava quando ero assente a
rimediare alle mie idee introducendo un po’ dei metodi ai quali era stata allenata. Così un giorno, in
una visita improvvisa, sorpresi un bambino, tra i più intelligenti, con una croce greca d’argento
sostenuta da un nastro bianco messa sul petto, e un bambino seduto in una poltroncina in mezzo alla
stanza. Il primo era stato premiato, il secondo era in castigo. La maestra, in presenza della
Montessori, non interveniva con nessuna azione. Lei tacque, e si mise ad osservare. Il bambino
della croce si muoveva avanti e indietro trasportando oggetti dal suo tavolino al tavolo della maestra
e viceversa. Egli, nelle sue mosse, passava davanti alla poltroncina del castigato. Gli cadde in terra
la croce e il bimbo della poltroncina la raccolse e poi disse al compagno: “Vedi che t’è caduto?” Il
bambino si voltò e guardò l’oggetto con indifferenza: la sua espressione sembrava dire: “non
m’interrompete” e la voce disse: “che me ne importa?”, Non t’importa? disse il castigato, allora me
la metto io, e l’altro rispose “sì sì, mettila tu”.
Il ragazzo della poltrona si mise la croce sul petto, la guardò bene, e si accomodò sulla poltroncina
più comodamente, distendendo le braccia sui braccioli. Le cose rimasero così, ed era giusto. Quel
pendaglio poteva soddisfare il castigato, non il bambino attivo contento del suo lavoro.
In quanto ai castighi ci siamo più volte trovate davanti a bambini che disturbavano gli altri, senza
dare ascolto ai nostri richiami, essi venivano subito osservati in modo particolare dal medico, ma
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spesso si trattava di bambini normali. La Montessori dice che allora mettevano un tavolino in un
angolo della sala e isolavano il bambino, facendolo sedere in una poltroncina di prospetto ai
compagni, dandogli tutti gli oggetti che desiderava. Questo isolamento è riuscito quasi sempre a
calmare il fanciullo: egli dalla sua posizione vedeva tutti i compagni, e la loro maniera d’agire era
una lezione oggettiva efficacissima sul contegno, come non potevano esserlo le parole della
maestra. Piano piano trovava i vantaggi di essere in compagnia e desiderava fare come gli altri.
Avevano ricondotto così alla disciplina tutti i bambini che sembravano ribelli.
La Montessori continua dicendo: Il fanciullo isolato era per lo più meta di cure speciali, come se
fosse un bisognoso o un malato: lei stessa quando entrava, andava prima di tutti diritta a lui ad
accarezzarlo e dopo si rivolgeva agli altri interessandosi al loro lavoro, come se fossero stati
uomini. Non sapeva che cosa sarebbe avvenuto nella loro anima: ma certo fu sempre profonda la
“conversione” degli isolati. Essi diventavano poi orgogliosi di saper lavorare e di avere un contegno
dignitoso.
Il concetto biologico in pedagogia: Da un punto di vista biologico, il concetto di libertà
nell’educazione della prima infanzia, deve intendersi come condizione adatta al più favorevole
sviluppo della personalità: così dal lato fisiologico come dal lato psichico esso include il libero
svolgimento della coscienza.
L’educatore rispettare, osservando con interessamento umano, lo svolgersi della vita
infantile.
la vita infantile non è un’astrazione: è la vita dei singoli bambini. Esiste una sola reale
manifestazione biologica: l’individuo vivente e, verso individui singoli osservati uno ad uno, deve
rivolgersi l’educazione, cioè l’aiuto attivo alla normale espansione della vita.
Il bambino è un corpo che cresce e un’anima che si svolge, la duplice forma fisiologica e psichica
ha una fonte eterna: la vita, le sue potenzialità misteriose non dobbiamo sviscerarle né soffocarle,
ma attenderne la manifestazione successiva. Il fattore ambiente è secondario nei fenomeni della
vita: esso può modificare, come può aiutare o distruggere, ma non crea.
Quando parliamo di «libertà» del piccolo bambino, diamo alla parola il senso profondo di
«liberazione» della sua vita da ostacoli che ne impediscono lo sviluppo normale. Il bambino ha una
grande missione che lo spinge: quella di crescere e diventare un uomo. Essendo inconscio della sua
missione e dei suoi bisogni interni, ed essendo gli adulti molto lontani dalla possibilità di
interpretarli, si sono create intorno al bambino, nella nostra vita sociale di famiglia e di scuola,
molte circostanze sbagliate che ostacolano l’espandersi della vita infantile. Rimuovere queste
circostanze significa liberare il bambino. Questo concetto implica da parte dell’adulto maggiori
cure e più osservazione dei veri bisogni infantili: e, come primo atto pratico, conduce a creare
l’ambiente adatto dove il bambino possa agire per raggiungere determinati scopi.
COME LA MAESTRA DEVE FAR LEZIONE
La maestra non deve limitare la sua azione all’osservazione,
ma anche procedere all’esperimento.
La lezione corrisponde a un esperimento. Se l’oggetto risponde ai desideri del
bambino e rappresenta qualcosa che
chiamata all’attenzione lo soddisferà, inciterà il bambino ad
offerta di un oggetto di cui la maestra un’attività prolungata, poiché egli se
dimostra l’uso, o a cui dà il nome. ne impadronisce e continuerà ad
usarlo.
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Le lezioni per avviare i bambini alla educazione dei sensi sono individuali. La maestra fa un
piccolo tentativo di avvicinamento al bambino che lei pensa sia pronto a ricevere la lezione. Si siede
al suo fianco e porta un oggetto che lei crede possa interessare al bambino. La risposta che lei
aspetta dal bambino è che sorga in lui un’attività che lo inciti ad usare il materiale che gli è
stato presentato.
Se in un primo tempo la disciplina non insegna ancora ai bambini l’ordine collettivo nella scuola,
ma questo viene solo in seguito agli esercizi disciplinari fatti per far distinguere il bene dal male,
evidentemente la maestra non potrà fare lezioni collettive, e queste saranno sempre molto rare se i
bambini essendo liberi, non hanno l’obbligo di rimanere al posto tranquilli e pronti ad ascoltare la
maestra o a guardare cosa fa. Montessori dice che le lezioni collettive infatti hanno
un’importanza secondaria, e sono state abolite da loro.
Caratteri delle lezioni individuali: concisione, semplicità, obiettività.
Le lezioni sono individuali, la loro caratteristica devono essere
1. brevità: una lezione diventerà perfetta, per quante parole riesce a risparmiare, infatti bisogna
preparare bene la lezione, quindi contare le parole che si devono dire. Molto spesso basta
mostrare come l’oggetto va usato.
2. semplicità: essa deve essere priva da tutto ciò che non è assoluta verità, la maestra non deve
perdersi in parole vane, ciò è incluso nella prima qualità: questa seconda è dunque un carattere
della prima, cioè le parole conte, devono pur essere le più semplici, e riferirsi al vero.
3. obiettività in modo che la personalità della maestra scompaia, e rimanga evidente solo
l’oggetto sul quale si vuole l’attenzione del bambino. La lezione breve e semplice è per lo più
una spiegazione dell’oggetto, e dell’uso che il bambino può farne.
l’altro colore: “questo è blu”, poi per vedere se il bambino ha capito gli dice: “dammi il rosso,
dammi il blu”, supponiamo che il bambino sbagli, la maestra non ripete né insiste, sorride,
accarezza il fanciullo e ritira i colori.
Le maestre comuni restano meravigliate da questa semplicità; esse dicono per lo più: “questo sanno
farlo tutti”, ma il fatto è che non sanno farlo tutti. La misura nelle proprie azioni è molto difficile,
tanto più nelle maestre comuni, preparate con gli antichi metodi: dicono bugie e parole inutili ai
bambini.
Ad esempio, per il caso ora citato: una maestra comune avrebbe usato l’insegnamento collettivo,
dando così molta importanza alla semplice cosa che deve insegnare, obbligando tutti i bambini a
seguirla, mentre forse non tutti volevano. Avrebbe cominciato la sua lezione così: “Bambini,
indovinate un po’ che cosa ho io in mano?” lei sa che i bambini non possono indovinare, richiama
quindi la loro attenzione con una falsità. Poi avrebbe detto probabilmente: “Bambini guardate un
po’ il cielo? Lo avete visto mai? Lo avete mai fissato la notte quando è tutto brillante di stelle? E
guardate il mio grembiule, sapete di che colore è? Non vi sembra dello stesso colore del cielo?
Guardate ora questo colore qui: è lo stesso del cielo e del mio grembiule, è blu.
Osservate un po’ intorno se c’è qualche oggetto di color blu? E le ciliege sapete di che colore sono?
e i carboni ardenti? ecc. ecc. Così che nella mente del fanciullo, dopo lo sbalordimento
dell’indovinare, subentrano molte idee: il cielo, i grembiali, le ciliegie ecc.; lo scopo della lezione,
che è di riconoscere i due colori blu e rosso, anzi un tale lavoro di selezione è impossibile alla sua
mente, anche perché bambino non può seguire un lungo discorso.
Montessori dice: Ottenere da una maestra preparata coi comuni metodi una lezione semplice è
molto difficile. Lei ricordava che, dopo molte spiegazioni in proposito, chiese a una delle sue
maestre d’insegnare, usando gli incastri, la differenza tra quadrato e triangolo. La maestra doveva
semplicemente far incastrare un quadrato e un triangolo di legno in uno spazio vuoto
corrispondente, far toccare col dito al bambino i contorni degli incastri e degli spazi vuoti, e dire:
“questo è un quadrato, questo è un triangolo”, la maestra facendo toccare i contorni cominciò a dire:
“questa è una linea, un’altra, un’altra, un’altra: sono quattro; contale ora con le tue dita, quante
sono? e gli angoli? contali, senti col dito, anch’essi sono 4. Guardalo attentamente: è un quadrato!
Lei disse alla maestra che così non insegnava a riconoscere la forma, ma dava al bambino l’idea di
lati, angoli, numeri, cosa ben diversa. E la maestra si difese rispondendo: “è la stessa cosa”, non è la
stessa cosa, si potrebbe avere l’idea della forma quadrata, senza saper contare fino a quattro e
quindi senza apprezzare il numero dei lati e degli angoli. I lati e gli angoli poi sono astrazioni, le
quali per sé non esistono: ciò che esiste è quel pezzo di legno d’una determinata forma. Le ulteriori
spiegazioni della maestra, dunque, non solo confondevano la mente del bambino, ma
sorpassavano l’abisso che separa il concreto e l’astratto.
Se noi invece di dire al bambino: “questo è un quadrato” facendoglielo semplicemente toccare,
capire materialmente i contorni, procediamo all’analisi geometrica di esso. Anzi crediamo che sia
prematuro insegnare le forme geometriche piane al bambino, appunto perché solo noi le associamo
al concetto matematico. Ma il bambino non è immaturo a capirne la semplice “forma”; infatti, una
finestra o un tavolino quadrati il bambino può osservarli senza sforzo, lui guarda tutte le forme
intorno a sé. Per rivolgere la sua attenzione ad una forma particolare, bisogna farla risaltare
chiaramente e fissarne la nozione.
Stimolare la vita, lasciandola però libera di svolgersi, ecco il compito primitivo dell’educatore.
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E in tale compito delicato una grande arte deve suggerire il momento, e limitare l’intervento,
affinché non perturbi, anziché aiutare l’anima che nasce alla vita, e che vivrà di forze proprie.
Allora quando la maestra avrà toccato il cuore di tutti i suoi allievi, risvegliando e ravvivando in
loro la vita come una fata invisibile, lei avrà quei cuori e basterà un segno, una parola, perché
ciascuno senta la sua presenza, la riconosca e l’ascolti. Verrà un giorno in cui la maestra si
accorgerà che tutti i bambini la obbediscono in attesa di ogni suo segno. Essi la considerano come
una persona che dà loro vita e da cui sperano sempre di ricevere sempre nuova.
L’esperienza ce l’ha rivelato, ed è la ragione della più grande meraviglia di chi visita le “Case dei
Bambini” la disciplina collettiva si ottiene come per una forza di magia. Cinquanta o sessanta
bambini da due anni e mezzo a sei anni d’età, tutti insieme, ad un solo cenno, hanno iniziato a fare
un silenzio così assoluto che sembrava quello di un deserto: e se un ordine espresso gentilmente a
bassa voce, dice ai bambini; “alzatevi, passeggiate un momento in punta di piedi e tornate al posto
in silenzio”, tutti insieme, come una persona sola, si alzarono facendo il minor rumore possibile.
PARTE SPECIALE: ORARIO PROPOSTO NELLE CASE DEI BAMBINI
Inverno: Ingresso ore 9.00 / uscita ore 19:00.
Ore 9:10: Ingresso, saluto, visita di pulizia, esercizi di vita pratica (spogliarsi, mettersi i grembiuli
reciprocamente, visitare la stanza per l’ordine e la pulizia degli oggetti), linguaggio, raccontare cosa
si è fatto dal giorno prima, esortazioni morali, preghiera in comune.
Ore 10-11: Esercizi intellettuali (Lezioni oggettive intramezzate da brevi riposi, nomenclatura,
esercizi dei sensi).
Ore 11-11 e mezza: Ginnastica semplice (Movimenti d’uso e di grazia: posizione normale del
corpo: deambulazione: passeggiata in ordine, saluti, movimenti d’attenti, porgere delicatamente gli
oggetti).
Ore 11 e mezza/12: Refezione, breve preghiera.
Ore 12-13: Giochi liberi.
Ore 13-14: Giochi diretti, possibilmente all’aria libera. Per turno i grandi faranno: esercizi di vita
pratica: pulire la stanza, spolverare, mettere in ordine gli oggetti, visita generale di pulizia,
conversazione.
Ore 14-15: Lavoro manuale; plastica; disegno ecc.
Ore 15-16: Ginnastica collettiva e canto, possibilmente all’aria aperta, esercizi di previsione: visita
accurata alle piante e agli animali.
Appena si crea una scuola viene proposto l’orario. Esso ha due aspetti:
1. La lunghezza del tempo scolastico
2. La distribuzione dello studio o degli atti della vita.
Montessori disse che nelle “Case dei Bambini” come anche nelle scuole di “deficienti”, gli orari
dovevano essere molto lunghi e dovevano occupare tutta la giornata. Lei consigliava per bambini
poveri, e specialmente per le “Case dei Bambini” annesse alle case degli operai, un orario dalle 9
del mattino alle 17:00 in inverno e dalle 8 del mattino alle 18:00 in estate.
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Questi orari prolungati sarebbero stati necessari per poter esercitare un’azione direttiva efficace
sulla crescita. Però trattandosi di piccoli bambini, un orario così lungo avrebbe dovuto essere
interrotto da un riposo nel letto di almeno un’ora. Ecco la grande difficoltà pratica, poiché
generalmente si facevano dormire i bambini ripiegati sul banco di legno, con la testa appoggiata sul
braccio, ma lei preferiva la presenza di una bella sala ombreggiata da grandi piante con delle sdraie
semplici, che avrebbe accolto i bambini per dormire, e in primavera ed estate li avrebbe visti molto
volentieri dormire sdraiati all’aria aperta sull’erba o su mucchi di fieno, e sotto l’ombra degli alberi,
sospesi in basse amache.
Lei disse che nelle “Case dei bambini” a Roma, lasciavano mangiare e dormire i bambini a casa
loro, ma invece sarebbe stato necessario notare che l’orario prolungato avrebbe dovuto avere la
refezione scolastica e il riposo, soprattutto in una “Casa dei bambini” che rispondeva al suo vero
scopo ossia dirigere e aiutare la crescita dei bambini che si trovavano in un periodo dello sviluppo
così importante come quello che avviene fra i 3 e i 6 anni.
Lo stendere tappeti e arrotolarli dopo averli usati o mettere la tovaglia per apparecchiare
realmente la tavola nell’ora del pranzo e ripiegarla e riporla accuratamente dopo che il
pranzo è finito, oppure apparecchiare la tavola in modo completo, mangiare correttamente e
quindi sparecchiare e lavare i piatti mettendo a posto ogni oggetto nelle credenze, sono
lavori che richiedono uno sviluppo graduale del carattere, per la pazienza che serve per
eseguirli e per la responsabilità che richiedono per essere portati a termine.
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Questi lavori si chiamavano “esercizi di vita pratica” perché nella Casa dei bambini si svolgeva una
vera vita pratica dove tutte le mansioni domestiche erano affidate ai bambini e loro facevano
con passione e accuratezza i loro “doveri domestici”. C’erano anche molti altri oggetti, chiamati
“materiali di sviluppo” che si prestavano ad uno sviluppo graduale dell’intelligenza che conduce
alla cultura, come ad esempio i materiali per l’educazione dei sensi, quelli per l’apprendimento
dell’alfabeto, quelli dei numeri, della scrittura, lettura e aritmetica.
CONTINUO DELLE AZIONI CHE SVOLGEVANO A SCUOLA
1. Prima azione:
Pulizia,
ordine,
compostezza,
conversazione.
Appena i bambini arrivavano a scuola, c’era una visita di pulizia, possibilmente con la presenza
delle madri (ma senza far loro osservazioni dirette): si guardavano i capelli, le mani, le unghie, il
collo, le orecchie, la faccia, i denti. Se il vestito era trascurato, stracciato, scucito, se mancavano di
bottoni, se era impolverato, se le scarpe sono sporche ecc. Si facevano osservare tra loro i bambini
così da abituarli poi a osservare sé stessi e a capire le loro condizioni. I bambini di turno facevano il
bagno. Intanto in classe la maestra insegnava ai bambini a lavarsi parzialmente, ad esempio le dita e
le unghie, piedi, orecchie, il viso, richiamando la loro attenzione sulle parti che stavano lavando e
sui modi diversi per pulirsi: acqua con sapone, spazzole… . Insegnava ai grandi ad aiutare i piccoli
a lavarsi bene, facendo anche in modo che i piccoli si sforzassero a farlo da soli. Dopo le pulizie
personali c’era la visita ai grembiuli, i bambini si rivestivano da soli o si aiutavano reciprocamente.
2. la visita all’ambiente:
si osservava se gli oggetti fossero in ordine e puliti
la maestra insegnava a cercare i luoghi dove si accumulava la polvere, gli oggetti necessari per la
pulizia (strofinacci, scope, scopetti) e tutto ciò, quando i bambini imparavano a farlo da soli veniva
fatto velocemente. Quindi i bambini si mettevano al loro posto, la maestra gli faceva capire che la
giusta posizione era quella di stare ciascuno al suo posto, in silenzio, ben diritti, coi piedi uniti, la
testa dritta: insegnava la “compostezza”. Poi li faceva alzare in piedi a cantare un inno, facendogli
capire che quando si alzavano e risiedevano non dovevano far rumore: così i bambini impararono a
muoversi tra i mobili, con compostezza e riguardo. La maestra faceva notare con osservazioni
esclamative come ad esempio: come è bello un bambino pulito, una stanza ordinata, una classe
composta, una mossa graziosa ecc.
3. insegnamento libero, cioè la maestra non faceva più osservazioni ai bambini che si
muovevano dal posto ma li rimproverava solo in casi di mosse disordinate.
Poi essa li interrogava e gli chiedeva cosa avessero fatto il giorno prima facendo in modo che essi
non avrebbero detto gli avvenimenti intimi di famiglia, ma solo il loro individuale contegno coi
genitori ecc., gli chiedeva se fossero riusciti a salire le scale senza sporcarle, se avevano salutato chi
passava, se avevano aiutato la mamma, se avevano fatto vedere a casa quello che avevano imparato
a scuola. Le conversazioni più lunghe si facevano il lunedì, dopo la vacanza e qui gli si faceva
raccontare anche cosa avevano fatto con la famiglia, se avevano bevuto vino e in tal caso gli
insegnavano che il vino fa male e non si deve bere.
Queste conversazioni esercitano alla disinvoltura del linguaggio e sono anche educative perché la
maestra impedendo di raccontare i fatti di casa e scegliendo invece gli argomenti adatti alla buona
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conversazione, insegnava ai bambini ciò che è conveniente dire, ciò di cui bisogna occuparsi nella
vita.
necessità naturale. Molti genitori presero questo libro come guida per l’alimentazione dei bambini
in famiglia.
Nel libro viene citata la ricetta sul modo di preparare il brodo per i bambini piccoli (giusta
quantità di carne, messa nell’acqua solo con il sale e lasciata bollire per due ore, condita con
un cucchiaio d’olio) e per preparare le minestre (pane cotto nell’acqua salata o nel brodo)
P251-314
Un'altra minestra simile è quella con i dadini di pane abbrustoliti nel burro o le pastine con pan
grattato che sono più digeribili.
Le minestre migliori sono quelle composte da legumi.
La una minestra consigliata ai bambini è quella del riso cotto nel brodo o nel latte e farina di mais
con lardo e burro, non con formaggio.
Il latte e le uova favoriscono la crescita del bambino, soprattutto se freschi, poiché la cottura gli fa
perdere le loro particolari condizioni di assimilabilità riducendoli ad un potere nutritivo di qualsiasi
altra sostanza azotata.
Per quel che riguarda la carne, bisognerebbe prestare particolare attenzione anche all’età del
bambino, poiché prima dei cinque anni sarebbe opportuno tritarla completamente, dopo i cinque
anni invece, i fanciulli saranno in grado con la masticazione di triturare la carne completamente da
soli. Quelle più adatte al bambino sono le carni banche e la carne leggera di pesce (spigole, sogliole,
merluzzi). E dopo i 4 anni può essere introdotto anche il filetto di bue escludendo assolutamente
però le carni pesanti e grasse, i molluschi e i crostacei.
Il lesso non deve essere dato al bambino perché, in questo modo la carne viene privata di principi
nutritivi diventerebbe difficile da digerire.
Dopo i quattro anni al bambino si può dare il cervello fritto e le animelle.
Sono da escludersi tutti i formaggi tranne il burro fresco.
La crema è consigliata purché sia preparata subito prima di venir mangiata con sostanze fresche, se
queste condizioni non sono possibili è preferibile fare a meno della crema.
Il pane è un eccellente alimento per il bambino ma deve essere scelto bene poiché la mollica e poco
digeribile. La mollica può utilizzarsi quando è secca. Il pane non è un elemento completo e bisogna
perciò offrire al bambino, per esempio, pane imburrato che costituisce un alimento completo.
I bambini non devono mai mangiare erbe fresche ma solo cotte che tuttavia non sono comunque
consigliate salvo gli spinaci che con moderazione possono entrare a far parte dell'alimentazione
infantile.
Le patate preparate a purè con molto burro sono invece un buonissimo completamento della
nutrizione per bambini.
La frutta è un alimento eccellente per i bambini se consumata anch'essa appena colta, In modo che
possa mantenere le sue qualità principali. Le pesche, le albicocche, l'uva, il ribes, gli aranci e i
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mandarini sono consigliati; le mele le pere e le prugne sono preferibili cotte o sciroppate; mentre
fichi, ananas, datteri, Meloni ciliege noci, mandorle, nocciole e castagne andrebbero esclusi.
Lo zucchero e le sostanze grasse devono oltre il sale di cucina costituire una parte principale dei
condimenti. A questi possono aggiungersi acidi organici come aceto o succo di limone. Ehi altri
condimenti adatti ai bambini sono alcuni vegetali aromatici come aglio e la ruta che disinfettano
intestini e polmoni.
Sono da abolire invece spezie come pepe, noce moscata, cannella garofano e senape.
L'organismo in crescita del bambino è ricchissimo d'acqua quindi ha bisogno di molta idratazione è
consigliabile la pura acqua fresca di fonte. Vanno assolutamente vietati alcolici e caffeici.
È importante che i bambini rispettino rigorosamente gli orari dei pasti.
Poi è importante insegnare ai bambini ciò che riguarda la vita pratica, insegnandogli ad
apparecchiare la tavola e a disporre le stoviglie con la rispettiva nomenclatura ed a utilizzarla
comproprietà.
L’uomo rosso e l’uomo bianco
Prima di parlare dell’educazione dei movimenti è opportuno parlare di cosa intende Maria
Montessori per “uomo rosso e uomo bianco”,
DISTINZIONE FRA
Maria Montessori ha
due definizioni di
uomo:
Apparentemente possono sembrare due apparati diversi, ma in realtà sono in stretta relazione tra di
loro, esiste infatti una forte interdipendenza tra i due uomini. È necessario sottolineare
l’importanza del movimento nella costruzione della psiche: il movimento non è soltanto
espressione dell’io, ma fattore indispensabile per la costruzione della coscienza, essendo l’unico
mezzo tangibile che pone l’io in relazione ben determinate con la realtà esterna. Perciò il
movimento è fattore essenziale per la costruzione dell’intelligenza, che si alimenta e vive di
acquisizioni ottenute nell’ambiente esteriore.
“…i piccoli organi di senso sono quasi gli spiragli dai quali l’anima assorbe le immagini necessarie
alla costruzione psichica…”
Con l’uomo bianco sono in relazione gli organi di senso, per raccogliere le sensazioni provenienti
dall’esterno e il sistema muscolare, destinato all’attività motrice. Tutta la vita di relazione con il
mondo esterno avviene attraverso i muscoli, ai quali è riservata la pratica della vita poiché con la
loro contrazione facilitano la circolazione del sangue, rappresentando l’aiuto maggiore del cuore.
Le conseguenze educative al fatto che il bambino è costretto ad una vita inattiva, a un lavoro
psichico artificialmente isolato dal cervello, dagli organi dei sensi ed il sistema muscolare, furono
un richiamo alla vita attiva,
VITA MOTRICE: intensificare la vita vegetativa :
debolezza fisica, l’alterazione del ricambio materiale,
predisposizione alle malattie.
GINNASTICA
Nelle scuole comuni, che non sposano il metodo montessoriano usano chiamare “ginnastica “una
serie di attività collettive che fanno eseguire movimenti comandati a tutta la scolaresca. Questo tipo
di ginnastica soffoca i movimenti spontanei imponendone altri senza un criterio fisiologico.
Montessori intende per ginnastica e in genere per educazione muscolare:
esercizi che:
aiutano il normale svolgimento dei movimenti fisiologici: ne proteggono lo sviluppo e le
anomalie
avviare i bambini ai movimenti che sono utili per sbrigare le azioni più comuni della vita.
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1. Tra i tre e i sei anni è importante proteggere il bambino con una ginnastica speciale, o
meglio igienica che in questo periodo della vita si riferisce alla deambulazione.
In questo periodo della sua vita la morfologia generale del corpo del bambino è
caratterizzato da avere un busto più sviluppato rispetto ha gli arti.
Ginnastica libera
Si divide in:
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Ginnastica educativa
Ci sono due serie di esercizi che si integrano ad altri insegnamenti:
coltivazione della terra e cura delle piante e degli animali dove si imparano movimenti
coordinati come zappare, chinarsi e alzarsi, trasportare oggetti, spargere oggetti
minuti(becchime), aprire e chiudere i cancelli ecc.
Esercizi per movimenti coordinati dalle dita che si fanno in classe che aiutano a prepararsi
agli esercizi di vita pratica come spogliarsi e vestirsi. Nelle case dei bambini vengono usati
dei telai adepti all’abbotonamento (con diversi tipi di bottoni), allacciare, agganciare e
annodare.
Con questi strumenti il bambino può praticamente analizzare i movimenti necessari a vestirsi e
prepararsi separatamente con ripetuti esercizi in modo che impari a da sé senza che se ne
accorga; appena egli saprà farlo comincerà a desiderare l'applicazione pratica di questa abilità.
Ginnastica respiratoria
Serve per regolarizzare i movimenti respiratori ed insegnare a respirare: questo aiuta anche la
formazione corretta del linguaggio.
Gli esercizi utilizzati nelle case dei bambini seguono i consigli del prof. Sala autore del trattato
“Cura della balbuzie”. Vengono accoppiati esercizi di ginnastica respiratoria con esercizi
muscolari:
es:
bocca molto aperta; mani sui fianchi; lingua piana e ferma; innalzare le spalle rapidamente,
inspirare profondamente; rialzando il petto, con abbassamento del diaframma; espirare
lentamente; abbassare le spalle lentamente, ritornando alla posizione normale.
LA NATURA NELL’EDUCAZIONE
Questo scritto dimostra come la vita sociale sia fatta di rinunce e costrizioni, basti pensare alla
corsa frenata nel cammino e al grido della voce alta frenato nelle modulazioni della voce umana che
parla. La vita sociale impartita da Itard però, senza alcuna violenza trionfa.
L’uomo appartiene però pur sempre alla natura, specialmente da bambino, perché ne trae le forze
per lo sviluppo del corpo e dello spirito.
Nell'educazione dei piccoli fanciulli si ripete il dramma educativo di Itard,
Al piccolo fanciullo però sfuggono i vantaggi che offre la vita sociale, bisogna dunque
addolcire nell'educazione questo passaggio dando gran parte dell'opera educativa alla natura
stessa.
I fanciulli, dunque, devono essere cresciuti all'aria aperta ed è ovvioche si debba sacrificare alla
libertà naturale quel tanto solo che è necessaria alla conquista dei maggiori impegni che offre la vita
civile senza inutili sacrifici.
Ma se per la vita fisica è necessario lasciare il fanciullo esposto alle forze vivificatrici della natura, è
pur necessario per la sua vita psichica porre l’anima del fanciullo in contatto con la creazione,
per far tesoro delle forze direttamente educatrici della natura viva.
Il metodo per giungere a ciò è quello di avviare il bambino ai lavori agricoli, guidandolo alla
coltivazione delle piante e degli animali e quindi, alla contemplazione intelligente della natura.
Bacelli introdusse nelle scuole elementari i “campicelli educativi”, si seminavano prodotti agricoli
diversi, dimostrando in quale periodo e in quale maniera avvengono le seminagioni e i raccolti, qual
è il tempo dei vari prodotti, come si prepara il terreno ecc. Lo stesso per piante ornamentali e per il
giardinaggio.
Questo lato dell’educazione però, va preso in considerazione solo se il suo scopo è quello di
aiutare lo svolgimento psico-fisico dell’individuo.
Si riconoscono vari gradini di passaggio, come una scala
3. I fanciulli s’iniziano alla virtù della pazienza e alla fiducia nell’attesa; che è una forma
di fede e di filosofia della vita.
Quando un bambino pone un seme della terra e aspetta che fruttifichi, vede il primo apparire
della pianta informe e, attendendo la crescita e la trasformazione fino al frutto può vedere
come alcune piante germoglino prima e altre dopo, come le piante cadute abbiano una vita
più breve e gli alberi da frutto una vita più lenta
4. I fanciulli s’ispirano al sentimento della natura
Il bambino ama la natura e le sue manifestazioni della vita, è bene dunque sviluppare un
sentimento di fiducia e di confidenza negli esseri vivi che è una forma d'amore e di
unione con l'universo. Ciò che più svolge il sentimento della natura e la coltivazione he
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restituisce doni a chi se ne occupa come frutta o fiori. La pianta deve dare il suo frutto, così
come l'uomo deve dare il suo lavoro.
La libera scelta
I materiali dello sviluppo sensoriale, stabiliti dietro ricerche sperimentali, fanno parte dell’ambiente.
A poco a poco la maestra «presenta» ora l’uno ora l’altro materiale, secondo l’età del bambino e
secondo la progressione sistematica degli oggetti.
Secondo le attrattive varie, il bambino andrà scegliendo spontaneamente oggetti di cui ha
fatto conoscenza. Il materiale è lì esposto deve solo stendere la mano per cogliere. Può portare
l’oggetto prescelto dove più gli piaccia. Così il bambino finisce per immergersi nel suo esercizio
con tale intensità di attenzione, che non si accorge più delle cose circostanti e continua a
lavorare, ripetendo l’esercizio uniformemente decine e decine di volte consecutive. Questo è il
fenomeno della concentrazione e della ripetizione dell’esercizio, a cui è collegato lo sviluppo
interiore.
Il materiale di sviluppo. Generalità sul materiale per l’educazione dei sensi.
Qualunque oggetto vogliamo usare per l’educazione sensoriale, presenta necessariamente molte
qualità diverse come peso, ruvidezza, colore, forma, dimensione, ecc. Come dovremo dunque
procedere, perché la serie metta invece in rilievo una sola qualità? È necessario di isolare, tra le
tante, una qualità sola dell’oggetto.
Questa difficoltà si supera appunto con la serie e le gradazioni: bisogna preparare oggetti identici
tra loro in tutto, salvo che nella qualità variante. Se si vogliono preparare oggetti che servano p. es.
a far distinguere i colori, bisogna costruirli della medesima sostanza, forma e dimensione; e farli
differire solo nel colore. Questo procedimento riesce a dare una grande chiarezza nel differenziare
le cose: ed è evidente che la chiarezza ponga appunto le basi dell’interesse nel «distinguere».
Qualità fondamentali comuni a tutto ciò che nell’ambiente educativo circonda il fanciullo.
I caratteri che circondano il bambino sono:
A) Il controllo dell’errore: deve possibilmente cercare che i materiali offerti al bambino,
contengano in sé il «controllo dell’errore» come sono p. es. gl’incastri solidi: cioè sostegni
di legno che portano dei fori ai quali si adattano cilindri di graduale dimensione: da fini a
grossi, ovvero da alti a bassi, o da piccoli a grandi. Il controllo materiale dell’errore
conduce il bambino ad accompagnare i suoi esercizi col ragionamento, con la critica, con
l’attenzione.
B) L’estetica: Un altro carattere degli oggetti è di essere attraenti. Il colore, la lucentezza,
l’armonia delle forme sono cose curate in tutto quanto circonda il bambino.
C) L’attività: La possibilità di trattenere con interesse l’attenzione infantile, non dipende
tanto dalla «qualità» contenuta nelle cose, quanto dalla possibilità che offrono di agire.
Cioè per rendere interessante una cosa, non basta che sia interessante in sé stessa, ma
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occorre che si presti all’attività motrice del bambino. Bisogna che ci siano per esempio
piccoli oggetti da spostare – ed è allora il movimento della mano più che gli oggetti, che
trattiene il bambino occupato nel fare e disfare, nello spostare e nel riordinare molte volte di
seguito le cose,
D) I limiti: il materiale deve essere limitato in quantità. I «limiti» negli aiuti che conducono
il bambino a dare ordine alla sua mente e a facilitargli la comprensione delle cose infinite
che lo circondano
IL LAVORO MANUALE:
L’arte vasaia e le costruzioni:
Pensò perciò di sperimentare nella Casa Dei Bambini alcuni lavori molto interessanti che aveva
veduto compiere ad un geniale artista il prof Randone nella “Scuola di arte educatrice” da lui
fondata, avente lo scopo di educare i giovanetti alla gentilezza verso l’ambiente al rispetto degli:
oggetti,
degli edifizi,
dei monumenti
Qui il prof Randone ha cercato di riavviare una forma d’arte che fu già gloria italiana e fiorentina:
l’arte vasaia cioè quella di costruire il vaso. Il vaso fu il primo oggetto di cui ebbe bisogno
l’umanità. Il vaso per la vita domestica, come l’ascia per la vita sociale, sono i primi simboli che
vediamo nascere nelle epoche preistoriche, e sono i simboli religiosi collegati con i templi degli dèi
e col culto dei morti.
Una volta appresa la manualità conducente alla costruzione dei vasi, (ed ecco la parte del
progresso nel lavoro imparato dall’insegnamento diretto e graduale del maestro) ognuno può
portarvi modificazioni, secondo l’ispirazione del proprio gusto estetico (parte artistica,
individuale del lavoro).
Un’altra forma di lavoro nella Scuola di Arte educatrice è la fabbricazione di mattoni minuscoli,
con la relativa cottura al forno; e la costruzione di minuscole mura elevate con le manualità stesse
che i muratori usano nelle costruzioni delle case, unendo i mattoni a mezzo della calce maneggiata
con la cucchiaia. Dopo la costruzione semplice del muro, divertentissima per i bambini che lo
elevano accostando mattone a mattone, sovrapponendo fila a fila.
Tutte queste modalità riescono veramente ad aiutare il Invece il bambino deficiente viene
bambino normale a concentrarsi sopra uno stimolo facilmente distratto appunto da queste
modalità. Nel buio facilmente si
isolato: accrescono su di esso il suo interesse. addormenta, o si dà ad atti scomposti;
la benda è essa che attrae la sua
attenzione, invece dello stimolo
sensoriale e così l’esercizio viene
Il ruolo della maestra: Volendo riassumere il suo principale compito nella pratica della scuola –
si può accennarlo così: la maestra deve spiegare l’uso del materiale.
punto di collegamento tra il materiale Qui la maestra non fa altra cosa che facilitare
e il bambino. e chiarire al bambino il lavoro attivissimo e
, continuo che gli è riserbato
Tuttavia, il suo «compito attivo» si può apprendere con chiarezza e facilità, quello cioè che riguarda
la maestra come ente che pone il bambino in rapporto col suo reattivo. Essa deve sapere
scegliere l’oggetto adatto, e porgerlo in modo da farlo comprendere e da provocare da parte del
fanciullo un interesse profondo. La maestra deve perciò conoscere assai bene il materiale – e
tenerlo di continuo presente innanzi alla sua mente – e apprendere con esattezza la tecnica nel
presentare il materiale, e nel trattare il bambino per guidarlo efficacemente.
La maestra deve:
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- di carte smerigliate;
- di stoffe.
Tutti gli esercizi suddetti si fanno a occhi bendati.
380 – 442
(Il senso del tatto invece è molto sviluppato, tanto che i bambini piccoli inizialmente non
riconoscono un oggetto guardandolo ma toccandolo, per questo tendono a voler sempre toccare
tutto).
imparare a differenziare gli oggetti in base alle loro dimensioni, inserendoli nello spazio
corretto in cui entrano.
Per imparare nello specifico le grossezze, i bambini possono giocare con degli oggetti
quadrangolari, tutti lunghi uguali ma con spessori diversi dal più sottile al più spesso, e mettendoli
in ordine crescente o decrescente possono creare una scala.
Per imparare le lunghezze e le altezze, invece, i giochi utili potrebbero essere ad esempio dei
bastoncini di lunghezze differenti.
– Percezione visiva differenziale delle forme → un gioco utile per far imparare le forme ai
bambini è quello di fargli inserire correttamente le varie forme in legno sulla base che
presenta delle cavità corrispondenti alle forme, o in modo sovrapposto o a incastro. In
questo caso l'incastro serve a dare il controllo dell'esattezza del lavoro.
Un gioco creato dalla Montessori per i bambini è stato fatto fabbricare da lei, formato da quattro
piastrelle piene dello stesso color turchiniccio-bianco, perché con esse si può adattare il telaio a
contenere solo una, due, tre, quattro o cinque figure geometriche; essendo molto opportuno, nei
primi insegnamenti, esporre solo due figure o tre, contrastanti o almeno molto differenti nella forma
(es. un cerchio, un quadrato e un triangolo); in tal modo si rende molto più semplice
l'apprendimento.
– Percezione visiva differenziale dei colori → esempio di gioco: si scelgono tre colori nella
gradazione più viva (es. rosso, turchino e giallo) tra dei fili di lana colorati – in doppio
campione – e si mettono sul tavolo innanzi al bambino; presentandogli un colore, lo si invita
a cercare nel miscuglio l’uguale; e così si fanno disporre in colonna delle tavolette a due per
due, cioè appaiate secondo il medesimo colore. Poi si cresce sempre più il numero delle
tavolette colorate fino a presentare otto colori, cioè sedici tavolette. In seguito, anziché le
tinte più vive si sceglieranno le più brune o le più pallide e così via.
L’educazione dei sensi, dunque, non compie solo un ufficio generico di adattamento all’epoca
presente della civiltà, ma prepara direttamente alla vita pratica.
Infine, dal punto di vista fisiologico, l’importanza dell’educazione dei sensi risalta osservando lo
schema dell’arco diastaltico, rappresentante in sintesi le funzioni del sistema nervoso.
Lo stimolo esterno agisce sull’organo di senso e l’impressione si trasmette lungo le vie centripete
al centro nervoso, dove si elabora l’impulso motore corrispondente, che, lungo le vie
centrifughe, si trasmette all’organo di moto, provocando un movimento.
Benché l’arco diastatico stia a rappresentare schematicamente il meccanismo dei movimenti
riflessi spinali, anch'esso può considerarsi come una chiave fondamentale, atto a riassumere anche i
fenomeni del meccanismo nervoso, più elevati.
. la vita psichica si svolge in rapporto col sistema nervoso centrale e l’attività umana, che è
attività eminentemente all’esterno con gli atti, cioè a mezzo degli
organi psicomotori (lavoro manuale, scrittura, linguaggio parlato
ecc.). sociale, si manifesta
L’educazione deve guidare e perfezionare lo sviluppo dei tre tempi, i due periferici e il centrale;
o meglio, poiché infine l’azione si riduce fondamentalmente ai centri nervosi, deve dare dunque
agli esercizi psicosensoriali, la stessa importanza che dà a quelli psicomotori.
Anche l’educazione estetica e morale sono collegate strettamente con quella sensoriale.
Moltiplicando le sensazioni, e sviluppando la capacità di apprezzare le minime quantità differenziali
tra gli stimoli, si affina la sensibilità e si moltiplicano i godimenti. La bellezza è nell’armonia, non
nei contrasti, e l’armonia è affinità, dunque occorre finezza sensoriale a percepirla; le armonie
estetiche della natura e dell’arte sfuggono a chi ha sensi rozzi. Il mondo è allora ristretto e aspro.
Nell’ambiente esistono inesauribili fonti di godimenti estetici innanzi alle quali gli uomini passano
come insensati o come bruti, cercando il godimento nelle sensazioni forti e aspre, poiché sono le
sole a loro accessibili.
507 a 634
Se osserviamo gli atti che compie un individuo mentre scrive stiamo esaminando lui e non la
scrittura. Va studiato l’oggetto (scrittura) e non il soggetto (individuo). Se si studia partendo
dall’individuo si utilizza un metodo di tipo antropologico. L’esperienza della Montessori le
suggerisce invece “metodo della scrittura spontanea”.
Mentre lavora con i bambini deficienti capita questo: una ragazzina di 11 anni non riesce a cucire, la
mise a fare un lavoro con un movimento analogo, ovvero la tessitura di Froebel e in questo caso ci
riuscì. La ragazzina viene preparata al cucito e lo stesso si può fare per la scrittura.
Da qui le venne in mente che poteva iniziare l’insegnamento facendo toccare con il dito le lettere
alfabetiche così come facevano per le figure geometriche.
La Montessori costruisce un alfabetario: ad ogni lettera dell’alfabeto corrisponde un quadro dipinto
a mano con l’acquarello, dove era riprodotta in colore e dimensione la lettera corsiva. Vicino a
questa vi era la corrispondente lettera in stampatello minuscolo; con il quadro le figure
rappresentavano oggetti il cui nome cominciava per la lettera disegnata (es. g come gatto). I quadri
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fissavano la memoria del suono della lettera; la piccola lettera in stampatello e quella in corsivo
doveva essere il passaggio alla lettura sui libri.
Fa toccare le lettere in corsivo più volte, lo stesso per le lettere disegnate sui cartelloni. Lo scopo
era quello di compiere il movimento necessario a riprodurre la fora dei segni grafici, senza
scrivere. riproduzione della forma
Montessori osserva che nella
scrittura si compiono due diverse
forme di movimento: tenere in mano lo strumento
I bambini deficienti sanno Soluzione: fa toccare ai deficienti le lettere; sia con indice che con il medio; fa
toccare la forma ma non tenere toccare le lettere con una stanghetta di legno tenuta come una penna da scrivere.
lo strumento in mano. Il bambino, quindi, doveva seguire con il dito l’immagine visiva della lettera
disegnata.
Il dito si era già esercitato con le figure geometriche, ma non sempre questo aiutava.
I deficienti non sempre seguivano esattamente il disegno.
Per guidarne in modo più corretto l’esecuzione prepara delle lettere scavate, ma rimase solo un
progetto perché troppo costoso per eseguirlo.
Le lettere vanno toccata nel senso della scrittura e, in questo modo inizia l’educazione muscolare
che prepara alla scrittura. Toccare le lettere e insieme guardarle fissa la loro immagine, poi si
separano i due fatti: guardare (lettura), toccare (scrittura). Secondo i tipi individuali alcuni
impareranno prima a leggere, altri a scrivere.
Capitò a Montessori che un bambino deficiente sapesse scrivere bene le lettere prima di conoscerle
e notò lo stesso nei bambini normali. Il senso muscolare è molto sviluppato nell’infanzia, quindi la
scrittura è facile per i bambini. Non è lo stesso per la lettura che richiede uno sviluppo
intellettuale superiore.
La scrittura si sviluppa nel bambino con facilità e spontaneità, allo stesso modo del linguaggio
parlato. La lettura, invece, è una cultura intellettuale astratta. Interpretazione di idee nei simboli
grafici e si acquista solo più tardi.
Le prime esperienze sui bambini normali furono nel 1907. Nelle due Casa dei Bambini di San
Lorenzo applicò giochi di vita pratica e educazione dei sensi presa dai pregiudizi sul fatto che fosse
necessario cominciare l’insegnamento di scrittura e lettura il più tardi possibile. Furono i bambini
stessi, però, a chiedere di imparare scrittura e lettura e anche i genitori lo chiesero.
Montessori decise di cominciare ad ottobre, purtroppo nessuno volle aiutarla nel progetto
dell’alfabetario e dovette farlo da sola. Si accorse che non fu necessario costruirne uno come quello
per i bambini deficienti.
Fece un alfabetario di carta di cui poteva facilmente fare delle copie, essere usato da più bambini
contemporaneamente sia nel riconoscimento della lettera sia nella composizione delle parole. Con
questo alfabetario di carta smerigliata il tatto segue il movimento della scrittura con esattezza di
controllo. Unasua allieva, professoressa di pedagogia fece due modifiche all’alfabeto: in basso e
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dietro ogni lettera un’asticina trasversale di carta bianca in modo che il bambino riconoscesse il
verso della lettera + casellario di cartone per riporre in ogni casella un gruppo di lettere uguali.
Approfondimenti nelle note: -Il meccanismo della scrittura
La scrittura è un atto complesso che comprende i meccanismi motori e un lavoro di intelligenza.
Si divide nel tenere in mano la penna e il disegno della forma di ogni singola lettera. Per quanto
riguarda il primo aspetto la penna si afferra con le prime tre dita della mano e si muove dall’alto al
basso con uniformità sicura che lei chiama lo “slancio” della scrittura. Ognuno ha un proprio modo
di scrivere. È nell’età infantile che si fissano i meccanismi motori e quando essi sono nel loro
periodo sensitivo obbediscono agli ordini occulti della natura. Vuol dire che il bambino prova, in
ogni sforzo motore, la gioiosa soddisfazione di rispondere a un bisogno della vita. È necessario
cercare in quale età i meccanismi della scrittura sono pronti a stabilirsi, in questo modo si
stabiliranno senza sforzo procurando piacere e accrescimento di energie vitali.
-L’analisi dei movimenti di una mano che scrive
Per aiutare lo stabilirsi della scrittura prima bisogna fare un’analisi dei vari movimenti che vi
concorrono e di svilupparli indipendentemente dalla scrittura. La mano che scrive deve poter
trattenere lo strumento e condurlo con mano leggera a tracciare dei segni determinati. Per trattenere
la penna occorrono tre dita che la tengono + la cooperazione della mano che deve trascorrere
leggermente sul piano dove si scrive. È proprio questa la difficoltà maggiore. Sono necessari
esercizi ripetuti
-L’analisi dei fattori della scrittura
Si separano gli elementi costitutivi della scrittura. Il primo è il disegno che rende abile la mano a
maneggiare lo strumento; il secondo è il tocco delle lettere alfabetiche che serve a fissare la
memoria motrice e insieme quella visiva delle lettere dell’alfabeto.
Primo tempo: esercizi per il meccanismo muscolare che serve a tenere la penna
Materiale didattico: leggii; incastri di ferro; figure delineate; lapis colorati.
Per far tenere in mano lo strumento la Montessori costruisce due leggii uguali = tavolette di azzurro
e il sostegno che non fa scivolare gli oggetti è rosso. Ogni leggio ha quattro piastrelle quadrata ad
incastro (colorate in bruno) e nel centro di ogni piastrella un pezzo d’incastro con al centro un
bottoncino d’ottone.
Esercizi: se si mettono i due leggii vicini sembrano uno solo che contiene otto figure. Il bambino ha
a sua disposizione e liberi i pezzi, che sono pesanti. Egli prende la cornice, la mette su un foglio
bianco e con un lapis colorato (matita) delinea il contorno della piastrella, poi toglie questa e sulla
carta rimane la figura geometrica. Su questa figura il bambino pone il pezzo d’incastro e lo delinea
con una matita di diverso colore della prima. In questo modo sulla carta rimane una figura
doppiamente delineata. Nasce per la prima volta il concetto astratto della figura geometrica: da due
pezzi diversi (cornice e incastro) nasce un disegno che è la linea che determina la figura.
Con la ripetizione il bambino seguirà il contorno in modo sempre più preciso; i segni di riempitura
saranno più lunghi e paralleli = il bambino è padrone della penna, ovvero si sono stabiliti i
meccanismi muscolari necessari per attuarlo.
Perfezionano la tecnica ance gli esercizi delineati che raffigurano fiori o animali.
Si rende conto che il metodo usato con i deficienti (toccare i contorni delle lettere sul cartellone con
un’asticina) era misero. La scrittura si perfeziona con gli esercizi preparatori, quindi non
propriamente scrivendo.
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La separata pronuncia dei suoni (f, r…) rivela le condizioni del linguaggio e la direttrice può
costituire un criterio di progressione nell’insegnamento individuale a seconda dello stadio di
sviluppo del bambino.
Gran parte dei difetti che rimangono nell’adulto sono dovuti a errori funzionali nello sviluppo
del linguaggio nel periodo infantile. Molti difetti di pronuncia, inoltre, sono difetti dialettali
difficili da correggere ma facili da evitare con un’educazione che possa perfezionare il linguaggio
infantile.
Alterazioni dovute a persistenze viziose di pronuncia infantile, a imitazioni di pronunce imperfette
(come i dialetti): questi sono chiamati blesità.
Il bambino già con i primi due tempi il bambino si esercita ed è “potenzialmente” pronto a scrivere
tutte le lettere dell’alfabeto e le sillabe semplici, senza tuttavia aver mai preso la penna in mano per
scrivere. Con questo metodo si insegna anche la lettura. Quando il bambino vede e riconosce +
tocca e scrive inizia la sua conoscenza verso la lettura e la scrittura. Ognuno imparerà secondo i
suoi tempi.
Ogni lettera rappresenta un oggetto maneggiabile. Le lette in cartoncino sono bleu, quelle in cuoio
nere (ricordano il colore dell’inchiostro).
Per ogni lettera ci sono quattro esemplari. Casellari per contenere le lettere dell’alfabeto; scatola
bassa dove si depongono quattro campioni della medesima lettera; gli spazi dipendono dalla
dimensione della lettera. Per mettere a posto va guardata la lettera in fondo, che non si può togliere.
Montessori prepara un altro alfabetario con lettere più grandi: in cartone con due casellari ognuno
dei quali ha tutte le vocali. Hanno sulla base una striscia di cartoncino bianco che indica la
posizione della lettera e il livello al quale le varie lettere devono corrispondersi secondo la forma
(corrispondente al rigo su cui scrivere).
Tavolette smerigliate e casellari anche per lettere minuscole e numeri.
Esercizi: con il casellario davanti al bambino la direttrice pronuncia bene una parola. Es. mano
pronuncia forte la m, poi ripete ma e così via. Al contrario difficile ne è la lettura. Il bambino,
quindi, deve capire le componenti della parola. Importanza esercizi: il bambino analizza,
perfeziona e fissa il linguaggio parlato ponendo un oggetto in corrispondenza ad ogni suono che
emette + esercizio associativo tra suono udito e segno grafico che lo rappresenta per prepararsi
all’ortografia + la composizione delle parole è esercizio di intelligenza.
Dopo aver composto la parola il bambino rimette a posto le lettere nelle caselle. Si uniscono due
esercizi di comparazione e di scelta di segni grafici: il primo quando da tutte le lettere sceglie quelle
necessarie, il secondo quando le mette a posto. Tutti esercizi per fissare l’immagine del segno
grafico corrispondente ai suoni della parola.
In questi tre tempi consiste tutto il metodo per l’apprendimento del segno grafico. Il bambino non
ha mai scritto ma è potenzialmente pronto.
Il bambino prova grande gioia nello scoprire che riesce a scrivere, la Montessori lo paragona alla
gallina che fa l’uovo.
1. Primo aiuto della maestra: rigare la lavagna affinché il bambino sia guidato a ordine e
dimensione.
2. Secondo: invitare a ripetere i tocchi delle lettere smerigliate senza correggerlo direttamente
nella scrittura, ovvero esercitarsi con gli atti preparatori alla scrittura e non con la scrittura
stessa.
Questo trasmette un insegnamento educativo: insegna al fanciullo la prudenza che fa evitare
l’errore, la dignità che guida al perfezionamento e l’umiltà che tiene unite le fonti del bene
dalle quali si conserva la conquista spirituale, allontanando l’illusione che il successo
raggiunto basta a far continuare il cammino intrapreso.
Non c’è una classifica per chi è più bravo e chi meno; si trasmette il valore di eguaglianza.
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La calligrafia corregge difetti già acquisiti e fissati mentre Montessori prepara direttamente il
bambino sia alla scrittura che alla calligrafia nei suoi contributi principali: la bellezza della forma
(toccare lettere calligrafiche) e lo slancio del segno (esercizi di riempitura delle figure).
Lettura
Materiale didattico: cartellini scritti in corsivo calligrafico con un corpo di scrittura alto un
centimetro e svariati giocattoli.
Scrittura e lettura non sono due atti contemporanei: la scrittura precede la lettura. Lettura come
interpretazione di un’idea, dà segni grafici. Il bambino che non ha sentito pronunciare la parola e
che la riconosce con le lettere mobili e sa dire cosa significa (è un nome di un oggetto es.), legge.
La lettura è puro lavoro intellettuale.
La scrittura prepara il bambino a interpretare meccanicamente l’unione dei suoni letterali,
componenti la parola che vede scritta. Il bambino, quindi, sa leggere i suoni della parola.
Il bambino che sa scrivere messo davanti a una parola che deve interpretare leggendo, tace a lungo e
legge i suoni componenti con la medesima lentezza con cui li avrebbe scritti. Il senso della parola è
afferrato quando è pronunciata in fretta e con gli accenti fonici necessari. Per mettere tali accenti
bisogna riconoscere la parola, cioè l’idea che ne rappresenta: intervento superiore di intelligenza.
Montessori prepara dei foglietti con carta da scrivere dove sopra è scritta in corsivo alto un
centimetro una parola ben nota. Se la parola si riferisce a oggetti presenti, essi si pongono vicino al
bambino per aiutare l’interpretazione della lettura. Per lo più sono giocattoli.
Scrittura: dirige e perfeziona il linguaggio articolato + aiuta il linguaggio fisiologico
Lettura: aiuta lo sviluppo delle idee collegandolo allo sviluppo del linguaggio + aiuta il linguaggio
sociale.
Si inizia con la nomenclatura: lettura dei nomi di oggetti noti e possibilmente presenti.
Si invita il bambino a leggere più volte la parola. Dopo che ha letto la direttrice appoggia il
cartellino spiegato sull’oggetto del quale portava il nome.
Partendo dal momento in cui il bambino scrive il passaggio allo stadio della scrittura è in media di
15 giorni.. la sicurezza della lettura è quasi sempre posteriore al perfezionamento della scrittura.
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Nella maggior parte dei casi il bambino scrive benissimo e legge in modo mediocre. Chi non si è
presentato in modo spontaneo non sapeva né leggere né scrivere. Quasi la totalità dei loro bambini a
4 anni scrive e a 5 legge e scrive come i bambini che hanno finito la prima elementare.
Dei bambini, un giorno, scrissero spontaneamente una frase alla lavagna. Il linguaggio logico
articolato aveva provocato quello scritto. Adesso si poteva iniziare con la lettura di frasi e si iniziò
proprio con lo scrivere sulla lavagna. Si scrive “mi volete bene?” e dopo aver letto rispondono “si”:
inizia la comunicazione con il linguaggio scritto. La Montessori scrive delle azioni da fare sui
cartellini e loro leggono a mente e lo fanno. I bambini compresero l’importanza del linguaggio
scritto. Diventa il loro gioco preferito quindi: si stabilisce il silenzio; a scatola contiene i cartellini
con le azioni da fare; chi sa leggere estrae il cartellino e lo legge a mente; alcune azioni coinvolgono
anche chi non sa leggere quindi c’è un movimento generale.
La lettura ad alta voce ha bisogno del linguaggio articolato e grafico e rende più complesso il
lavoro.
Avendo raggiunto tale insegnamento la prima elementare dovrebbe essere abolita, perché gli
insegnamenti sono già inclusi in questa educazioni. La scuola, secondo la Montessori dovrebbe
adattarsi ai suoi metodi.
Lo sviluppo del linguaggio articolato è tra i 2 e i 7 anni: età delle percezioni (attenzione del
bambino rivolta in modo spontaneo a oggetti esterni, memoria tenace) + età della motilità (vie
psicomotorie permeabili; si stabiliscono i meccanismi muscolari). In questo periodo le percezioni
uditive provocano il linguaggio articolato. Solo in quest’età è possibile acquistare tutte le
caratteristiche modulazioni di un linguaggio. I difetti che ci sono qui divengono indelebili
nell’adulto.
Il linguaggio superiore (dictorium) ha origini nello sviluppo intellettuale, si sviluppa con la sintassi
e si arricchisce con la coltura intellettuale. Dal dictorium partono gli impulsi motori della parola.
La difficoltà è nell’interpretazione del segno grafico: siamo nell’età delle percezioni dove
sensazione e memoria si stanno sviluppando.
Le parole che il bambino pronuncia a 3-4 anni forse non le ha sentite bene e, se le ha sentite bene,
possono pronunciarle male, quindi lasciano un’erronea percezione uditiva. Il bambino dovrebbe,
esercitando le vie motrici del linguaggio articolato, stabilire i movimenti necessari ad
un’articolazione perfetta prima che fissi i meccanismi errati e che questi divengano difetti
incorreggibili.
Mentre nello sviluppo del linguaggio parlato il suono che compone la parola poteva essere male
percepito, ora con l’insegnamento del segno grafico corrispondente al suono, e che consiste nel
presentare la lettera smerigliata:
Così, presentando stimoli visivi nel segno grafico, si provocano i movimenti corrispondenti del
linguaggio articolato e si studiano i difetti; mantenendo lo stimolo visivo del segno grafico e
collegandolo con quello uditivo del suono corrispondente emesso dall’educatore, si perfeziona
l’articolazione che è collegata alla parola udita.
Quando il bambino fa il dettato (traduce in segni i suoni della parola) egli analizza i suoni della
parola udita e traduce in movimenti grafici grazie a vie rese permeabili da corrispondenti sensazioni
muscolari.
Alcuni tentano di introdurre degli esercizi per le forme di blesità: come la cura del silenzio che
mettono a riposo gli organi del linguaggio; ripetizioni pazienti di singoli suoni vocali e consonanti
con l’esercizio respiratorio.
Esercizi Montessori per la correzione del linguaggio:
1. -esercizi del silenzio che preparano le vie nervose del linguaggio a ricevere perfettamente
nuovi stimoli
2. -tempi delle lezioni: parola pronunciata di nomi concreti per il bambino; stimoli ripetuti
dall’educatrice; provocazione del linguaggio articolato nel bambino che deve ripetere quella
parola pronunciandone i singoli suoni
3. -esercizi del linguaggio grafico: analizzano i suoni della parola li fanno singolarmente
ripetere in più modi cioè quando il bambino impara le singole lettere dell’alfabeto e quando
compone o scrive parole, ripetendone i suoni, che singolarmente traduce nella parola
composta o scritta
4. -esercizi ginnastici: es. respiratori come quelli dell’articolazione.
Il materiale didattico comprende una serie di dieci aste per le lunghezze dove la più corta è un
decimetro e la più lunga un metro. Le aste da 2 a 10 centimetri sono divise nei centimetri
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componenti, con rosso e turchino alternati. Dopo che i bambini pongono le aste in ordine di
lunghezza si fanno contare i segni rosso e turchino cominciando dal pezzo più piccolo; es. uno; uno
e due; uno, due e tre… sempre ricominciando dall’uno.
Poi vengono messe le aste dalla più corta alla più lunga e ne risulta la stessa numerazione quando si
è partiti dal pezzo più lungo (da 1 a 10).
Poi si dispongono a caso i pezzi, l’educatrice ne prende uno e fa contare i segmenti es. cinque e il
bambino si chiede di prendere il pezzo più lungo. Questi esercizi attribuiscono un nome proprio a
tutti i pezzi della scala che si chiameranno es. pezzo da uno, pezzo da due e finiranno per essere
uno, due…
I numeri nel segno grafico che li rappresenta
Se il bambino sa scrivere si presentano le cifre su cartoncini smerigliati e i numeri si fanno toccare
come per le lettere.
Esercizi sui numeri: associazione del segno grafico alla quantità
Due casellari per i numeri: tavoletta orizzontale dove in ogni cornice possono andare degli oggetti +
tavoletta verticale unita con un angolo retta alla prima dove in ogni spazio c’è una cifra. L’esercizio
consiste nel porre entro il quadro del piano orizzontale un numero di oggetti corrispondente alla
cifra disegnata sul piano verticale. Si usano fusi; cubetti di Froebel, dischi come nel gioco della
dama. Il bambino deve collocare questi oggetti a posto es. mettere un disco in corrispondenza
dell’1; due dischi in corrispondenza del 2…
Lezioni sullo zero
Si deve far capire cos’è il nulla. Esercizi es. l’educatrice dice “vieni da me zero volte”. All’inizio
il bambino va da lei e poi torna a posto e l’educatrice ripete “avevo detto zero volte e tu sei venuto
una”. Ripetendo l’esercizio con esempi simili il bambino comprende.
Esercizi sulla memoria dei numeri
Cartellini di carta con stampata una cifra da 0 a 9. Vengono piegati e messi in una scatola. Chi sa
leggere i numeri estrae e non fa vedere a nessuno, lo lascia al suo posto e poi va a scegliere degli
oggetti che devono corrispondere alla cifra sul cartellino. Deve, quindi, ricordare a mente il numero.
All’inizio prendono più oggetti di quelli che servono, ma solo per la smania di averli. È quindi
anche un esercizio di volontà oltre che di numerazione. Chi ha lo 0 aspetta al suo posto senza
muoversi.
Addizione e sottrazione dall’uno al venti
Anche qui si usano le aste e vengono chiamate con il numero che rappresentano e si dispongono in
ordine di lunghezza (ovvero di numerazione).
L’esercizio è quello di cercare di raggruppare i pezzi più corti del 10, per formare il 10. Si può
guidare con gli ordini es. prendi 1 e aggiungilo a 9. Poi si fanno scrivere i segni +, =, x.
In seguito, i pezzi vengono messi a posto e si arriva alla sottrazione.
I cubetti aiutano a disporre i numeri e ad arrivare al concetto di pari e ai numeri divisibili per 2.
Lezioni sui numeri decimali. Calcoli aritmetici al di là del dieci
Vari cartellini quadrati dove è stampato il 10 in cifre altre 5 centimetri e in altri rettangolari, uguali
a metà del quadrato e contenenti i singoli numeri da 1 a 9.
Si mettono in fila i numeri da 1 a 9, non essendoci più numeri si ricomincia da capo e si segna 1
spostato in alto e per differenziarlo dall’altro si aggiunge 0. Coprendo lo 0 si formano poi 11, 12,
13…19. Quindi il bambino aggiungerà es. per il 16 il pezzo da 10 e quello da 6. Si può trascrivere
con le addizioni.
Si arriva a contare fino a 100.
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EDUCAZIONE INTELLETTUALE
Pag. 443-506
L’esercizio dei sensi è un’auto esercizio. Il maestro deve intervenire a condurre il bambino dalle
sensazioni alle idee concrete. L’insegnate ad es. dovrà pronunciare nomi e aggettivi senza
aggiungere nient’altro così che i vari suoni che compongono la parola siano dal bambino nettamente
percepiti.
Così per esempio: facendo toccare la carta liscia e quella smerigliata, il bambino dirà: “è liscia” / “è
ruvida”.
1. Le lezioni di nomenclatura consistono semplicemente nell’associazione del nome con
l’oggetto. Quindi il nome e l’oggetto devono colpire la conoscenza del bambino, quindi, non
devono essere pronunciate altre parole.
2. Il compito della maestra è quello di spiegare l’uso del materiale senza aggiungere altre
parole. Tra una spiegazione e l’altra dovrà fare una pausa rispettando così i tempi del
bambino per poi fare la domanda: “qual è ruvido? Qual è liscio? Il bambino segnerà con il
dito l’oggetto.
3. Se il bambino sbaglierà, la maestra non dovrà correggerlo ma sospendere la lezione per
riprenderla in un secondo momento. Se ha sbagliato vuol dire che in quel momento non era
disposto all’associazione psichica che si deve provocare in lui, non è pronto.
4. L’obiettivo della maestra è quello di evitare lo sforzo e la depressione nel bambino.
5. Se il bambino indicando l’oggetto con sbaglierà la maestra potrà passare alla fase motrice,
ossia la “pronuncia del nome”; chiedendo ad esempio: “come è questo? – il bambino
risponderà: “liscio”! l’intervento che deve fare l’educatrice è quello di aiutarlo a pronunciare
bene la parola.
L’esplorazione volontaria dell’ambiente è un elemento importante, il bambino proverà gioia
ogni volta che toccherà una cosa nuova, ciò dà loro un senso di dignità e soddisfazione
diventando dei veri osservatori.
Disegno