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PSICOLOGIA CLINICA

Arianna Chierchia
[NOME DELLA SOCIETÀ] [Indirizzo della società]
PSICOLOGIA CLINICA
LEZIONE 1 – 07/03/22
LEZIONE INTRODUTTIVA: Vedremo gli aspetti e i contenuti che tratteremo nel corso
MATERIALE DEL CORSO:

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LEZIONE 2 – 08/03/22

CONCETTI DI BASE DELLA PSICOLOGIA CLINICA AD ORIENTAMENTO


PSICODINAMICO
➢ LA REALTA’ PSICHICA E LE FANTASIE INCONSCE
➢ L’OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO DI SUPERFICIE IN QUANTO DERIVATO
➢ TRANSFERT E CONTROTRANSFERT

Gli antecedenti freudiani: osservazioni sullo sviluppo infantile


ANALISI DELLA FOBIA DI UN BAMBINO DI 5 ANNI. CASO CLINICO DEL PICCOLO
HANS 1909
Il bambino è il padre dell’uomo. La vita psichica dell’adulto deriva da quella del
bambino.
AL DI LA’ DEL PRINCIPIO DI PIACERE 1920
«Io penso che il rocchetto, che rappresenta la madre, venga gettato via dal bambino per
indicare la sua liberazione dalla madre, in quanto il rocchetto in suo possesso ha
rappresentato la madre in suo possesso. Ora che mi è familiare l’intera successione –
incorporazione, ritenzione e liberazione – capisco che il rifiuto del rocchetto è solo una
parte di un gioco che per il resto è implicito o si è svolto in uno stadio precedente.
In altre parole, quando la madre va via, non si tratta per il bambino solo di una
perdita della madre esterna reale ma anche di una prova del rapporto esistente tra
bambino e madre introiettata. Questa madre interna rilette in ampia misura i
sentimenti del bambino e può essere amorevole o terrificante, oppure passare
rapidamente da un atteggiamento all’altro. Quando il bambino scopre di riuscire a
padroneggiare il suo rapporto con la madre interna, compreso il suo aggressivo
desiderio di liberarsi di lei, egli riesce ad accettare la scomparsa della madre
esterna e a non temerne troppo il ritorno» (S. Freud, 1920)
APPUNTI: Freud osserva il comportamento che il bimbo compie e le frasi che ripete. Si
rende conto che il comportamento manifesto si manifestava appunto proprio quando la
madre non c’era; oltre il comportamento manifesto Freud individua un’attivazione di
un’angoscia preparatoria (meccanismo di difesa) che porta il bambino dalla sua
condizione di passività ad una posizione attiva (non sei tu che mi abbandoni, ma io).
Un comportamento manifesto può dirci molto del suo mondo interno psichico.
1856-1939 - HERMINE HUG-HELLMUTH: Psicoanalista che fa riflessioni sul
comportamento dei bambini a partire dalla loro osservazione.
«La fantasia permette al bambino di rievocare ciò che egli pensa che valga la pena
desiderare. La natura, in special modo, è trasformata attraverso il potere creativo
dell’immaginazione, così da conformarsi al sentimento momentaneo del bambino e ai suoi
desideri» (H. Hug-Hellmuth, 1913).
APPUNTI: Il bambino ha la capacità di attivare il potere della fantasia sulla base di
un desiderio. Ricorda molto il meccanismo freudiano che il bambino allucina
(allucinazione) del seno materno, quel desiderio però deve ritrovare ad un certo punto un

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corrispettivo nella realtà altrimenti il bambino non sopravvivrebbe né fisicamente né
psichicamente.
TRE SAGGI SULLA TEORIA SESSUALE 1905 - SIGMUND FREUD
«L’indagine psicoanalitica che da età successive risale all’infanzia, e la contemporanea
osservazione del bambino, contribuiscono a mostrarci ancora altre fonti da cui
regolarmente fluisce l’eccitamento sessuale. L’osservazione dell’infanzia ha lo svantaggio
di lavorare con un oggetto che si presta facilmente ad equivoci; la psicoanalisi viene
ostacolata dal fatto che solo per vie molto indirette essa può raggiungere i suoi oggetti e le
sue conclusioni, ma i due metodi nella loro cooperazione attingono un grado
sufficiente di sicurezza della conoscenza» (S. Freud, 1905).
APPUNTI: L’indagine psichica retrospettiva (cioè che dall’età adulta la si fa sull’età
infantile) accompagnata ad un’osservazione del suo comportamento nel presente porta a
creare quegli svincoli che portano la psicoanalisi a costruirsi e ricostruirsi.

L’osservazione dell’infanzia ha lo svantaggio di lavorare con un oggetto che si presta


facilmente ad equivoci = si apre il DIBATTITO. Anna Freud vede ciò come un ostacolo,
mentre Klein e Kleiniani lo vedono come una risorsa, in quanto il bambino è privo di tutte
quelle sovrastrutture.
Non è possibile analizzare il bambino prima che questi abbia sviluppato adeguatamente il
linguaggio e che abbia preso le distanze da epoche più precoci dello sviluppo psichico, ad
es. è necessario che vi sia andato strutturando il Super Io (epoca di latenza)

LE ORIGINI DELLA PSICOANALISI INFANTILE: QUESTIONI DI TEORIA


DELLA TECNICA
CONTROVERSIAL DISCUSSIONS DEGLI ANNI ’40 (iniziano negli anni 20 e
vengono riprese negli anni ’40)
Discussioni controverse sulla teoria della tecnica tra ANNA FREUD vs MELANIE KLEIN
ANNA FREUD
Il lavoro dell’analista potrebbe paragonarsi a quello dell’etnologo che studi i popoli primitivi
senza l’aiuto di tutta quella formazione di miti e leggende che nel caso dei popoli civilizzati
gli consente i trarre conclusioni sulla sua preistoria.
QUATTRO CONFERENZE SULL’ANALISI INFANTILE 1926
1. FASE DI PREPARAZIONE: ADDESTRAMENTO ALL’ANALISI
2. I METODI DELL’ANALISI INFANTILE
3. LA FUNZIONE DELLA TRASLAZIONE NELL’ANALISI INFANTILE
4. LA RELAZIONE TRA ANALISI INFANTILE ED EDUCAZIONE

Il bambino è immaturo e dipendente, il metodo non può essere lo stesso. Non è


possibile analizzare il bambino prima che questi abbia sviluppato adeguatamente il
linguaggio e che abbia preso le distanze da epoche più precoci dello sviluppo psichico,
ad es. è necessario che vi sia andato strutturando il Super Io (analisi a partire dall’epoca
di latenza).
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Bisogna rendere il piccolo paziente analizzabile, cioè renderlo consapevole della sua
malattia e fargli acquisire fiducia nell’analista. Un tenero attaccamento (transfert
positivo) è condizione preliminare all’analisi. La nevrosi di transfert in quanto
riattualizza zione non è possibile perché il bambino è impegnato nelle relazioni reali di
dipendenza dai genitori. «L’analisi infantile non è affatto una faccenda privata che si
svolge esclusivamente tra due persone, l’analista ed il suo paziente. In quanto il Super Io
infantile non è ancora diventato il rappresentante impersonale delle richieste derivate dal
mondo esterno e dipende ancora organicamente da esso».
Interpretazione di sogni, fantasie ad occhi aperti, disegni.
L’analista deve analizzare ed educare.

MELANIE KLEIN
Nel 1921 scoprii che nell’analisi di un bambino di 5 anni e 3 mesi era perfettamente
possibile scandagliare profondamente il complesso edipico e così facendo si potevano
ottenere risultati almeno pari a quelli che si ottengono con l’analisi degli adulti.

I PRINCIPI PSICOLOGICI DELL’ANALISI INFANTILE 1926 - CONTRIBUTO A UN


SIMPOSIO SULL’ANALISI INFANTILE 1927
Non occorre rendere il bambino simile all’adulto. È un grave errore assicurarsi la
traslazione positiva del paziente attraverso una fase preliminare. Poiché il
comportamento del bambino in analisi è diverso da quello dell’adulto, occorre
l’impiego di una tecnica diversa. Nei bambini l’Io non si è ancora sviluppato
completamente, sicché essi sono molto più soggetti al dominio dell’inconscio. È
questa situazione che dobbiamo affrontare e considerare come il tema centrale del nostro
lavoro.
L’interpretazione della nevrosi di traslazione, che è assolutamente possibile nel
bambino piccolo, resta lo strumento principe dell’analista, sciogliere le resistenze e
lavorare sulla riduzione della forza del Super Io gli obiettivi del lavoro analitico. Se il
Super Io è ciò che ha condotto allo strutturarsi della nevrosi, non ci occorre rafforzarlo ma
renderlo più mite, difatti «quando col trattamento analitico riduciamo le pretese del Super
Io, rafforziamo l’Io».
Occorre adattare la tecnica alla capacità multiforme di espressione del bambino. Il gioco,
al pari delle libere associazioni dell’adulto. «Nel gioco i bambini riproducono
simbolicamente fantasie, desideri, esperienze e nel farlo usano lo stesso linguaggio che ci
è ben noto nei sogni. I bambini producono associazioni con singoli aspetti dei loro giochi e
indicano all’osservatore in quale direzione convergere l’attenzione». L’espressione verbale
rappresenta un punto di approdo, possibile quando il piccolo paziente lega l’analisi alla
realtà.
L’analista non può essere un educatore.
APPUNTI: PRINCIPI PSICOLOGICI per la Klein sono uguali sia nei bambini che
nell’adulto = sciogliere le resistenze e rendere meno severo il Super-io. Il gioco
rappresenta la via regia di accesso all’inconscio. La sala di terapia diventa il grembo
materno dove il bimbo può sentirsi al sicuro.

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CORRENTE ANNA-FREUDIANO vs KLEINIANO: COME FORMAVANO GLI
PSICOLOGI? Mediante seminari.
LEZIONE 3 – 09/03/22
MELANIE KLEIN 1882-1960
Non esistono bambini inadatti all’analisi, «considero utile l’analisi non solo in tutti i casi di
palese disturbo psichico ma anche come strumento di riduzione delle difficoltà dei bambini
normali».
Sin dalle origini esiste un Io che, per quanto immaturo, vive rapporti con gli oggetti
in realtà e in fantasia, nel mondo esterno e nel mondo interno. Una delle funzioni più
importanti dell’Io è il controllo dell’angoscia che si attiva all’esordio della vita sotto la
pressione della lotta tra le pulsioni e all’angoscia derivante dall’operare della pulsione di
morte.
SUSAN ISSACS SULL’OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO DEI BAMBINI NEL
PRIMO ANNO DI VITA – 1952
La libido è sempre legata ad un oggetto. L’energia delle pulsioni di vita e di morte
pervade tutta l’attività psichica che ha origine sin dalla nascita e struttura precocemente il
mondo interno del bambino. Le istanze psichiche, per quanto rudimentali, sono già
operanti.
SUSAN ISAACS: NATURA E FUNZIONE DELLA FANTASIA - 1952
La fantasia è in prima istanza il corollario mentale, il rappresentante psichico dell’istinto.
Non vi è impulso, né bisogno o soddisfazione istintuale che non sia sperimentato
come fantasia inconscia. Nello sviluppo mentale del neonato le fantasie diventano
presto anche un mezzo di difesa dalle angosce, un mezzo per inibire e controllare gli
impulsi istintuali e al tempo stesso un mezzo per esprimere i desideri di riparazione. Tutti
gli impulsi, i sentimenti, i desideri e i meccanismi di difesa sono sperimentati in fantasie.
Quando un neonato desidera il seno della mamma egli fa esperienza di questo
desiderio come una precisa fantasia. Solo lentamente il piccolo impara a distinguere
tra desiderio e azione. Nel momento in cui il piccolo soffre per una frustrazione non
ci troviamo di fronte solo ad un accadimento corporeo, ma anche ad un processo
mentale, cioè ad una fantasia, la fantasia di avere una madre cattiva che gli infligge
dolore e perdita. Le fantasie primitive sorgono dagli impulsi corporei e sono intessute di
sensazioni fisiche e di affetti. Le fantasie sono quindi attive nella mente prima ancora
dello sviluppo del linguaggio ed esprimono per prima cosa una realtà interna e
soggettiva sebbene siano connesse ad un’esperienza reale della realtà oggettiva.
La fantasia è una funzione mentale che ha effetti nel mondo interno e nel
comportamento dell’individuo.
APPUNTI: Susan Isaac, riprendendo la Klein, parla di fantasia inconscia.
La Klein fa delle riflessioni su una donna (Margaret Midler), in particolare sull’allattamento.
Rifletteva che il comportamento del bambino andasse a sviluppare un’angoscia
persecutoria nel bambino nei riguardi de seno materno.

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MELANIE KLEIN 1882-1960
Quando i meccanismi di scissione, proiezione, introiezione, identificazione proiettiva e
introiettiva, idealizzazione e negazione non riescono a ridurre l’angoscia, allora può
verificarsi una disintegrazione dell’IO come misura difensiva per evitare l’angoscia:
l’Io si spacca e si frammenta.
Perché nello sviluppo infantile la posizione schizoparanoidea (primitiva) ceda il
passo alla posizione depressiva (più evoluta) è necessario che le esperienze
gratificanti prevalgano su quelle frustranti, una prevalenza a cui contribuiscono
fattori interni (libido vs invidia costituzionale) ed esterni (esperienze reali).
APPUNTI: La posizione schizoparanoidea, essendo una posizione primitiva, usufruisce di
meccanismi di difesa primitivi come la scissione rispetto a meccanismi più raffinati come
sublimazione e rimozione.
«POSIZIONE» (costellazione di angosce e difese) SCHIZOPARANOIDEA
Per fronteggiare l’angoscia prodotta dall’istinto di morte l’Io deflette la pulsione mortifera
parte in una proiezione rivolta all’esterno e parte in aggressività; ma l’Io scinde anche sé
stesso e proietta quella parte di sé che contiene l’istinto di morte nell’oggetto esterno
originario, il seno. In questo modo il seno viene visto come contenete una parte dell’istinto
di morte del bambino ed è da lui avvertito come minaccioso e cattivo: la paura originaria
dell’istinto di morte viene modificata in paura di un persecutore (angoscia paranoidea).
L’istinto di morte proiettato nel seno lo scinde in molti pezzi cosicché il bambino è esposto
dinanzi alla minaccia di molti persecutori, contro cui rivolge la sua aggressività. Anche
l’istinto di vita-libido è proiettato fuori per concedere all’Io di trovare all’esterno un oggetto
capace di accogliere la spinta alla vita; parte dell’Io va fuori insieme a questa proiezione e
viene collocata in quell’oggetto che diviene ideale e con cui è possibile stabilire un
rapporto libidico. L’Io costruisce così due tipi di rapporti, essendo il seno scisso in
due aspetti, uno positivo e libidico, ideale e l’altro negativo, cattivo e persecutore.
L’aspetto positivo e ideale dell’oggetto buono si fonde con le esperienze gratificanti, di
amore e nutrimento, che confermano la bontà dell’oggetto; mentre la fantasia di
persecuzione si fonde con le reali esperienze di frustrazione. I meccanismi difensivi
attivati dall’Io sono dunque scissione, proiezione e introiezione. Essi servono allo
scopo di tenere il più possibile lontani tra di loro gli oggetti persecutori e quelli
ideali. Da questa originaria attivazione di meccanismi di difesa si produce anche
l’identificazione proiettiva, in cui parti di sé e di oggetti interni sono scisse e
proiettate all’esterno sull’oggetto che diventa allora posseduto e controllato e con cui
avviene una identificazione.

APPUNTI: Nella metapsicologia Freudiana si parla negli ultimi saggi della pulsione di
morte, qui Klein li riprende. L’io piccolo, immaturo e indifeso deve fronteggiare questa
potente pulsione mortifera che proietta verso l’esterno in aggressività, ma inevitabilmente
scinde l’Io stesso e proietta la parte di Io contenente l’istinto di morte nell’oggetto esterno
per eccellenza: il seno. Nella teorizzazione Kleiniana la mente è vista come complessa,
quindi l’Io sulla base della sua complessità mette in atto meccanismi di difesa che portano
ad un soddisfacimento positivo, ma anche ad un tornaconto negativo (es: scissione);
questo perché l’Io non riesce a gestire entrambe le cose. La porzione negativa, alternata a
quella positiva, durante la crescita diventa essenziale nell’integrazione dei due opposti;

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quindi quell’oggetto che una volta amiamo e l’altra invece odiamo, la libido LEGHERA’
queste percezioni sullo stesso oggetto: quell’oggetto che mi dà amore, mi darà anche
sofferenza.

APPUNTI: Il bambino, quando inizierà ad avvertire che questa aggressività e angoscia


può portarlo ad allontanarsi dal suo oggetto amato…farà l’integrazione.

Il desiderio di riparare l’oggetto costituisce un passo importante per rafforzare


l’integrazione, come il desiderio di restaurare l’oggetto buono interno ed esterno è alla
base di attività creative; la prova di realtà ovviamente rafforza la fantasia in questo e
aumenta la fiducia nelle proprie capacità.

Se il lattante è riuscito a stabilire un buon oggetto interno le situazioni successive di


angoscia depressiva non porteranno a malattia, ma ad una produttiva elaborazione
che porterà ad ulteriore arricchimento e creatività, altrimenti l’Io sarà perseguitato
dall’angoscia costante di perdita totale di ogni situazione benevola.

«POSIZIONE» (costellazione di angosce e difese) DEPRESSIVA


DEPRESSIVA: Perdita di un oggetto = lutto
Quando l’Io si rafforza delle esperienze positive, impara a credere nel prevalere
dell’oggetto buono e idealizzato sui persecutori e dell’istinto di vita su quello di morte.
La diminuzione dei processi di scissione e la maggiore tolleranza verso quegli aspetti
cattivi di sé e dell’oggetto consente all’Io di tollerare la propria aggressività,
diminuiscono così anche proiezione e introiezione, mentre l’Io si prepara a integrare se
stesso e gli oggetti che lo circondano. Quando il bambino riconosce l’oggetto come
intero comincia a rapportarsi ad esso come intero: riconosce la madre come persona
intera e come la fonte del buono e del cattivo, la stessa persona che lo frustra e lo
gratifica, che egli odia e ama. Ciò significa anche riconoscerla come individuo che
può condurre vita propria e avere rapporti con altre persone (gelosia). In questa
posizione le principali angosce sorgono dall’ambivalenza dovuta al fatto che i propri
impulsi distruttivi abbiano distrutto o danneggeranno l’oggetto che il bambino ama e
da cui dipende, da qui deriva la paura di perdere l’oggetto (angoscia depressiva).
L’esperienza della depressione mobilita nel bambino il desiderio di riparare il suo
oggetto distrutto, ritenendo che il suo amore e le sue cure possano ristabilire la
bontà dell’oggetto. L’insuccesso della riparazione porta alla disperazione mentre il
suo successo al rinnovarsi della speranza. La riparazione nella realtà e nella fantasia
degli oggetti esterni e di quelli interni consente la risoluzione graduale delle
angosce depressive. In questo momento gli attacchi in fantasia alla madre come
persona intera fanno sentire al bambino di averla perduta e distrutta, la sua assenza
pertanto mobilita angosce di questo tipo. La ricomparsa della madre dopo un’assenza,
le sue cure modificano gradualmente la fede del bambino nell’onnipotenza dei propri
impulsi distruttivi.

APPUNTI: Dopo l’integrazione, il bambino ha paura di perdere l’oggetto amato. Questo


perché l’oggetto lo si inizia a vederlo nella sua interezza, il bambino inizia ad avvertire che
gli impulsi distruttivi che riversa sull’oggetto, possano portarlo ad allontanarsi da lui.
Quell’oggetto che tanto amiamo (es: seno) arriverà a svuotarsi, quindi il bambino lo
avvertirà come se non ci fosse più, come se lo avesse distrutto. Da qui parte l’angoscia
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depressiva di perdere l’oggetto e di esser stato lui ad averlo distrutto. Queste angosce
depressive possono essere colmate con una riparazione nella realtà e nella fantasia degli
oggetti sia interni che esterni. Attaccando con la fantasia la madre, il bimbo avverte di
perderla…ma la sua ricomparsa portano il bambino a tenere a bada i suoi impulsi
distruttivi.

LEZIONE 4 – 15/03/22

ANNA FREUD - 1895-1982


L’OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO INFANTILE
1926 Le quattro conferenze sull’analisi infantile
1936 L’Io e i meccanismi di difesa
1939-1945 con Dorothy Burlingham fonda le Hampstead War Nurseries «I bambini
possono sopportare le esperienze più spaventose se sono con le loro madri che non
mostrano paura. Mentre se separati, anche se ben accuditi, mostrano carenze evolutive»
1945 Indicazioni per l’analisi infantile
1950-1957 Contributi dell’osservazione allo sviluppo infantile

LA PSICOANALISI INFANTILE COMINCIA LENTAMENTE AD ACQUISIRE UNO


STATUTO PROPRIO. RILEVANZA DELLE OSSERVAZIONI DEL COMPORTAMENTO
INFANTILE PER CORROBORARE ASSUNTI TEORICI E PER FARE DIAGNOSI!

«Per un insieme di ragioni, molti psicoanalisti si erano fatti l’idea che il valore scientifico e
terapeutico del trattamento analitico fosse direttamente proporzionale alla profondità degli
stimoli presi in esame ... per cui la psicoanalisi doveva limitarsi a investigare le fantasie
infantili conservate nella vita adulta, le gratificazioni in fantasia e le punizioni temute in
conseguenza» (A. Freud, 1936)

«Negli anni recenti, l’osservazione diretta ha fornito molto materiale all’analista per
quel che riguarda il rapporto fra madre e bambino e l’influsso dei fattori ambientali
durante il primo anno di vita. Inoltre, le diverse forme dell’angoscia di separazione
precoce si sono evidenziate per la prima volta in istituti residenziali, nidi, ospedali, e
non in situazioni analitiche. Tutte queste nuove conoscenze sono dovute
all’osservazione diretta. D’altro canto, si deve notare che nessuna di queste scoperte è
stata fatta prima che gli osservatori avessero ricevuto una preparazione analitica;
tuttavia, i fatti più essenziali, come le sequenze dello sviluppo libidico e i complessi
infantili, nonostante i loro derivati manifesti, erano sempre sfuggiti all’osservazione
diretta prima che fossero ricostruiti dal lavoro analitico» (A. Freud, 1965)

«I risultati delle osservazioni confermarono che con


lo sviluppo di buoni rapporti oggettuali,
l’aggressività veniva legata e le sue manifestazioni si
riducevano a quantità normali... realizzando il
necessario impasto delle due pulsioni»
(A. Freud, 1950)

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«Emulando l’atteggiamento dell’analista nell’osservazione del paziente durante l’ora
analitica, l’attenzione veniva tenuta liberamente fluttuante, e il materiale era seguito ove
conducesse ... Tuttavia, le osservazioni non sono comunque obiettive nel vero senso
della parola. Il materiale che si presenta non è visto né misurato da uno strumento, né da
una mente vuota e quindi senza pregiudizi, ma sulla base di conoscenze preesistenti, di
idee e atteggiamenti personali precostituiti ... ma il loro lavoro non era tanto quello di
registrare dati, quanto di verificare il comportamento dei bambini rispetto agli assunti
analitici circa le tendenze nascoste nella mente infantile» (A. Freud, 1950)

«Il rischio per l’analista è di rimanere spiazzato di fronte ad un quadro schiacciante di


manifestazioni comportamentali di superficie che non devono essere assunte per il
loro valore manifesto, ma per lo sbrogliamento di ciò che sembra essere non
intellegibile. A questa situazione imbarazzante gli analisti sembrano reagire in due modi
diversi. Alcuni interpretano ciò che vedono in analogia con il materiale visto nella
situazione analitica. Questo mi sembra sbagliato perché è simile all’analisi selvaggia ...
Altri si dichiarano sconfitti e riconoscono l’esistenza di un gap tra il materiale interno e il
comportamento di superficie, che non può essere colmato eccetto che con le
manifestazioni di transfert, nella situazione analitica. Questo mi sembra troppo
pessimistico. Esprimo l’idea che se lo si fa con attenzione, alcune supposizioni
corrette sono possibili, le quali conducono direttamente da forme specifiche di
comportamento di superficie a elementi specifici inconsci sottostanti. Questo, se
verificato, costituirebbe l’osservazione diretta in senso psicoanalitico»
(A. Freud, 1957)

ORIGINI DELLA DIAGNOSI IN ETA’ EVOLUTIVA

INDICAZIONI PER L’ANALISI INFANTILE 1945


NORMALITA’ E PATOLOGIA 1965
La nevrosi nell’adulto non viene valutata solo soggettivamente in base alla sofferenza, ma
anche obbiettivamente in base alla misura in cui danneggia le due principali capacità
dell’individuo: la capacità di condurre una normale vita amorosa e sessuale e la capacità
di lavorare. E nel bambino? Per misurare la sua capacità di amore possiamo
esaminare i suoi impulsi libidici diretti verso il mondo esterno, confrontandoli con le
sue tendenze narcisistiche. Normalmente, dopo il primo anno, l’amore attuale dovrebbe
essere maggiore del narcisismo; il soddisfacimento tratto dagli oggetti dovrebbe diventare
progressivamente maggiore del soddisfacimento autoerotico. L’area del gioco può
rappresentare un altro punto importante da esaminare: in alcuni tipi di nevrosi può esservi
un gioco ripetitivo, monotono, che interferisce con altri tipi di attività; oppure può esservi un
esagerato immaginativo a scapito di quello costruttivo.

Linee e disarmonie evolutive. Per assicurare la normalità è sufficiente che la corrente


principale della libido raggiunga l’organizzazione appropriata all’età del bambino.
Fissazioni e regressioni. Ciò che conta è che con l’insediarsi del disturbo nevrotico, la
libido è arrestata nel suo corso. Importanza di valutare la forza dell’Io. La nevrosi può
inficiare quantitativamente la forza e qualitativamente le funzioni dell’Io. Il concetto di
ostacolo allo sviluppo. Una nevrosi infantile può essere trattata come un disturbo
transitorio finché l’organizzazione libidica del bambino rimane fluida e

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mostra tendenza a progredire. Quando le costellazioni libidiche diventano rigide,
stabilizzate e monotone nelle loro espressioni, vi è pericolo che la nevrosi diventi
permanente. «Si suggerisce di valutare la gravità della nevrosi infantile non secondo il
danno che in qualche modo particolare o dato momento provoca alle attività o agli
atteggiamenti del bambino, ma secondo la misura in cui impedisce al bambino di
svilupparsi ulteriormente». In altre parole, va valutata la capacità del bambino di
svilupparsi, di non rimanere fissato ad una fase dello sviluppo prima che il
processo di maturazione sia stato concluso.

È necessario valutare in termini interni (psichici) avvenimenti esterni (richieste provenienti


dalla realtà)

«Ai fini di una diagnosi noi osserviamo il bambino e siamo guidati dalle nostre
ipotesi nel guardare dati comportamentali suscettibili di traduzione».

LEZIONE 5 – 16/03/22
SLIDE III – OSSERVAZIONE E PSICOANALISI

LEZIONE 6 – 21/03/22

THE MIDDLE GROUP


GLI INDIPENDENTI DELLA PSICOANALISI BRITANNICA: JONES, GLOVER,
SHARPE, FAIRBAIRN, KHAN, BALINT, WINNICOTT, BOWLBY

L’individuo, oltre al piacere, andrebbe alla ricerca di un oggetto che assume un ruolo
altrettanto importante.
La patologia è fortemente ancorata a traumi infantili, spesso considerati come
conseguenza di diverse forme di perdita di intimità affettiva reale con l’oggetto, i genitori e
in particolare con la madre. In questo senso, la patologia deriva da relazioni difettose
(assenti, distorte, iperstimolanti) che tendono ad essere reiterate.

IMPORTANZA DELL’ALLEANZA TERAPEUTICA, DEL TRANSFERT E DEL


CONTROTRANSFERT. LA CURA È NELL’AMBIENTE.

REALTA’ vs FANTASIA?
La fantasia scaturisce dall’interazione reciproca tra bambino e ambiente.
La scissione rappresenta una modalità difensiva particolarmente primitiva, una reazione
che sorge in risposta ad un trauma subito nella relazione con l’ambiente frustrante a cui
l’individuo rivolge la sua distruttività, l’Io scinde l’oggetto e scinde sé stesso.
La prima e più profonda forma di angoscia è quella abbandonica, l’angoscia di
separazione e di perdita dell’oggetto.

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DONALD WOODS WINNICOTT
1896-1971

Lo SVILUPPO EMOZIONALE PRIMARIO prende origine da un originario stato di non-


integrazione e di dipendenza.
L’infante (in-fans il neonato senza parole) è un ammasso indistinto di anatomia e
fisiologia che per vivere e svilupparsi ha bisogno dell’ambiente che lo circonda. Difatti
all’inizio il significato dell’ambiente per il bambino è tale che non si può descrivere il
bambino senza descrivere l’ambiente.

DIPENDENZA ASSOLUTA: in origine, l’infante si trova in una condizione di


inconsapevole indifferenziazione e di dipendenza assoluta dalla madre-ambiente.
Non sa cosa è parte di sé e cosa del mondo esterno, non comprende i propri bisogni né
che ci sia qualcuno a soddisfarli.
Nel contesto della dipendenza assoluta, la madre sufficientemente buona contiene e
sostiene l’infante (holding) comprendendone i bisogni, provvede a dare senso e
soddisfacimento alle sue tensioni inspiegabili, si pone come Io ausiliario a sostegno
dell’Io fragile e inintegrato del bambino e come oggetto soggettivo consente al bambino
di vivere l’illusione di poter magicamente ed onnipotentemente creare da sé ciò di cui ha
bisogno. Quando al bisogno infantile corrisponde il gesto materno si sviluppa un processo
di illusione e l’oggetto soggettivo creato dal bambino si sovrappone alla presentazione
dell’oggetto da parte della madre: la madre pone il seno reale là a dove e quando il
bambino è pronto a crearlo.

DALLA PEDIATRIA ALLA PSICOANALISI 1958


SVILUPPO AFFETTIVO E AMBIENTE 1970
GIOCO E REALTA’ 1971

È il completo adattamento della comune madre devota ai bisogni infantili - reso possibile
grazie all’identificazione della madre col piccolo in forza delle sue esperienze infantili e al
temporaneo e sano ritiro dagli investimenti della realtà esterna che Winnicott chiama
preoccupazione materna primaria - che le consente di comprendere di cosa ha bisogno
l’infante e di procedere al passo con i suoi tempi.

L’esperienza continuativa e ripetuta di cure materne adeguate consente il sano


sviluppo e garantisce la continuità dell’essere. La primitiva relazione che ha luogo tra
l’infante e la figura materna nelle settimane precedenti e seguenti la nascita fonda
l’esperienza dell’essere.

«Al momento della prima poppata (teorica) il bambino è pronto a creare e la madre
gli dà la possibilità di avere l’illusione che il seno, e ciò che il seno significa, è stato
creato dall’impulso che deriva dal desiderio. Naturalmente sappiamo che ciò che il
bambino ha creato non è ciò che la madre ha presentato, ma, tramite il suo
adattamento estremamente sottile ai bisogni del bambino (emozionali), la madre è in
grado di consentirgli questa illusione» (Winnicott, 1988).

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È IL COMPLETO ADATTAMENTO DELLA COMUNE MADRE DEVOTA AI BISOGNI
INFANTILI - RESO POSSIBILE GRAZIE ALL’IDENTIFICAZIONE DELLA MADRE
COL PICCOLO E AL TEMPORANEO E SANO RITIRO DEGLI INVESTIMENTI
DALLA REALTA’ ESTERNA (PREOCCUPAZIONE MATERNA PRIMAR CHE LE
CONSENTE DI COMPRENDERE DI COSA HA BISOGNO L’INFANTE
E DI PROCEDERE AL PASSO CON I SUOI TEMPI.
L’ESPERIENZA CONTINUATIVA E RIPETUTA DI CURE MATERNE ADEGUATE
CONSENTE IL SANO SVILUPPO INDIVIDUALE, GARANTENDO LA CONTINUITA’
ESISTENZIALE.
LA PIU’ PRIMITIVA DI TUTTE LE RELAZIONI È QUELLA CHE HA LUOGO TRA
L’INFANTE E LA FIGURA MATERNA NELLE SETTIMANE PRECEDENTI E SEGUENTI
LA NASCITA. SI TRATTA DI UNA RELAZIONE DALLA QUALITA’ PARTICOLARE
CHE FONDA, NEL BAMBINO, L’ESPERIENZA DI ESSERE. QUESTA RELAZIONE È
BASATA SU UN ASPETTO SOSTANZIALE DEL MATERNAGE, - L’HOLDING -
CHE WINNICOTT RICONDUCE ALL’ELEMENTO FEMMINILE PURO INTESO COME
UNA CAPACITA’ ED UNA PREDISPOSIZIONE TIPICAMENTE FEMMINILI
AL CONTENIMENTO E ALLA CURA.

«Un adattamento incompleto al bisogno


rende reali gli oggetti, odiati cioè oltre che
amati. Ne consegue che, se tutto va
bene, il bambino può essere disturbato da
un adattamento troppo stretto e
prolungato al bisogno, a cui non sia
concesso di diminuire naturalmente. Un
adattamento completo assomiglia alla
magia, e l’oggetto che si comporta in
modo perfetto non è nulla più che
un’allucinazione” (Winnicott, 1951)

OGGETTI E FENOMENI TRANSIZIONALI


L’area transizionale si situa là dove e quando il bambino si appresta a vivere la
propria separazione dalla madre consentendo il passaggio dalla dipendenza assoluta a
quella relativa.

«Ho definito gli oggetti usati oggetti transizionali e le tecniche impiegate fenomeni
transizionali. Questi termini implicano che nel corso dell’infanzia ci sia uno stato
temporaneo in cui si lascia che il bambino piccolo eserciti un controllo magico sulla realtà
esterna, un controllo che sappiamo essere reso reale dall’adattamento della madre, anche
se il bambino non lo sa ancora. L’oggetto transizionale, o primo possesso, è un oggetto
che il bambino ha creato, anche se mentre lo affermiamo sappiamo che in realtà si è
trattato di un lembo di coperta o della frangia di uno scialle» (Winnicott, 1988)

Paradossalmente, l’oggetto transizionale è creato/trovato dal piccolo e, in quanto suo


magico possesso, lo aiuta a tollerare l’assenza dalla madre reale. Se per un adulto
l’oggetto transizionale rappresenta la madre, per il bambino è la madre.
In questo processo Winnicott colloca l’origine dell’atto creativo e della capacità simbolica.

12
All’area transizionale riconduce il gioco infantile e le forme relative all’espressione artistica
e culturale, così come la capacità di rapportarsi in maniera personale, viva e creativa alla
realtà, appercependola.

«La creatività consiste nel mantenere, nel corso della vita,


qualcosa che appartiene all’esperienza infantile: la capacità di creare il mondo»
(Winnicott, 1970)
ILLUSIONE E DISILLUSIONE
L’illusione è, metaforicamente, il punto in cui il desiderio/bisogno infantile si fonde
con la responsività materna.

«Mi rappresento questo processo come se due linee venissero da direzioni opposte,
suscettibili di avvicinarsi l’una all’altra. Se si sovrappongono vi è un momento di illusione,
un brano dell’esperienza che il bambino può prendere sia come una sua allucinazione, sia
come una cosa che appartiene alla realtà esterna» (Winnicott, 1945)

Solo gradualmente, esperienze di dilazione tra la tensione prodotta dal bisogno ed il


sollievo che segue il suo soddisfacimento introducono elementi di frustrazione che,
in una cornice di buon adattamento materno, compensa le inevitabili mancanze
e fa vivere un graduale, tollerabile, processo di disillusione, fondamentale per
un sano sviluppo.

La disillusione rende reale e importante l’oggetto d’amore. Questo processo, se


graduale, rende possibile il passaggio evolutivo dalla dipendenza assoluta a quella relativa
ed il riconoscimento della realtà.

LEZIONE 7 – 22/03/22
DIPENDENZA RELATIVA: nel fare esperienza di sé e delle cure materne il bambino
gradualmente inizia a riconoscere e comprendere l’esistenza di chi si prende cura di lui.

Nel viaggio dalla DIPENDENZA ASSOLUTA alla DIPENDENZA RELATIVA Winnicott


evidenzia tre importanti conquiste evolutive, consecutive e sovrapponentesi, a cui
corrispondono tre importanti funzioni del maternage:

L’INTEGRAZIONE DELL’IO: l’integrarsi di quell’ammasso originario di percezioni e


sensazioni in un’unità individuale, processo favorito dall’holding materno
(contenimento fisico e psichico) e dal rispecchiamento, ovvero dal processo attraverso
cui il piccolo si rispecchia nello sguardo materno: «ciò che egli vede è in rapporto con ciò
che ella scorge» (Winnicott,) È la madre, o chi ne fa le veci, a restituire al piccolo
un’immagine di sé.

LA PERSONALIZZAZIONE: intesa come l’insediarsi della psiche nel soma, ovvero un


processo di graduale presa di consapevolezza dei propri confini corporei favorito
dall’Handling (abituale manipolazione fisica dell’infante ripetuta nel tempo).

13
GLI INIZI DI RELAZIONI OGGETTUALI: iniziale acquisizione di riconoscimento della
realtà esterna, a cui corrisponde la capacità materna di object presenting, cioè di
presentazione del mondo al bambino nei tempi e nei modi adatti allo sviluppo infantile.

RUOLO DELL’AGGRESSIVITA’ E GESTO SPONTANEO NEL PROCESSO


MATURATIVO
L’aggressività alle origini è sinonimo di spontanea motilità ed è la forza vitale che
spinge l’individuo a scoprire il mondo, assume quindi un ruolo sostanziale nel processo
di differenziazione Me/non-Me. È la madre il primo oggetto verso cui confluisce
l’aggressività infantile, una sorta di amore spietato che è parte dell’espressione primitiva
dell’amore, quando l’attacco è privo di intenzionalità.

«Nello stato di eccitazione, l’amore diretto alla madre comporta anche


un attacco immaginario al suo corpo. Questa è l’aggressività che fa parte dell’amore… Ma
il bambino non si rende ancora conto che ciò che distrugge quando è eccitato è identico a
ciò che apprezza nei momenti di quiete tra i due eccitamenti» (Winnicott, 1950)

MADRE-OGGETTO E MADRE-AMBIENTE come aspetti differenziati del fare


esperienza di sé e dell’oggetto d’amore negli stati eccitati (alimentazione) e negli
stati di quiete (assenza di tensione).

IL RUOLO DELL’AMBIENTE
L’oggetto (reale) che sopravvive agli attacchi (in fantasia) senza fare rappresaglie
consente al bambino di riconoscerne gradualmente l’esistenza come oggetto esterno,
non dipendete dal controllo che in fantasia il bambino esercita magicamente. Rende
possibile il gesto spontaneo di riparazione e, così, il passaggio dal SENSO DI COLPA
alla CAPACITA’ DI PREOCCUPARSI, il riconoscimento della differenza tra mondo
interno e realtà esterna, l’acquisizione di una fiducia nella qualità delle proprie azioni e
nell’ambiente che alimenta la speranza e sostiene lo sviluppo e, infine, l’USO
dell’oggetto.

«E’ la distruzione dell’oggetto che pone l’oggetto fuori dall’area del controllo onnipotente
del soggetto» (Winnicott, 1968)

LEZIONE 8 – 23/03/22
Suzuki
“Il priore di un certo monastero Zen desiderava che il soffitto della Sala del Dharma fosse
decorato con un drago; fu dunque richiesto ad un noto pittore di eseguire l’opera. Questi
accettò, lamentando tuttavia di non aver mai visto un drago vero, ammesso che un tal
essere esistesse realmente. Disse il priore: “Non vi preoccupate per non aver mai visto
una simile creatura. Diventatelo voi; trasformatevi in un drago vivente e dipingetelo. Non vi
sforzate di attenervi a un modello convenzionale”.
L’artista rispose: “Come posso io diventare un drago?”. “Ritiratevi nella vostra stanza e
concentratevi su di esso”, replicò il priore, “verrà il momento in cui sentirete di poterlo
dipingere. In quel momento sarete diventato un drago, e il drago vi presserà a dargli una
forma”. L’artista seguì il consiglio del priore, e dopo alcuni mesi di strenui sforzi pervenne

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ad aver fiducia in sé stesso, perché vide sé stesso nel drago emerso dal suo inconscio. Il
risultato è il drago che possiamo ammirare oggi sul soffitto della Sala del Dharma al
Myoshinji di Kyoto”.

In un’altra storia dell’incontro di un drago con un pittore cinese si narra:


“Questo pittore voleva dipingere un drago, ma non avendone mai visto uno vivo, aspettava
che ciò gli capitasse. Un giorno un vero drago s’affacciò alla finestra e disse: “Eccomi,
ritraimi!”. Il pittore rimase tanto sconvolto da questa visita inaspettata che, invece di
osservare attentamente il suo ospite, svenne; talchè non seppe produrre alcun ritratto di
un drago vivente.

APPUNTI: Possibilità di attingere al proprio mondo interno, alla propria capacità


immaginativa; dove inizialmente il pittore non aveva questo contatto con sé stesso,
il priore lo spinge a ricercarlo. Il priore può essere la figura della madre ambiente, che
rappresenta simbolicamente la capacità di l’accoglienza e presentazione di oggetti
simbolici al bambino. La madre presenta simbolicamente gli oggetti, ma rispettando la sua
temporalità (il pittore aveva difficoltà a ritrarre il drago, il priore = madre gli dice che può
trasformarsi in drago rispettando il fatto che il bambino non è ancora in grado di fare il
drago spontaneamente dal mondo esterno, ma grazie al suggerimento della
mamma/priore ci riuscirà ritraendo un drago del suo mondo interno).

La realtà, che incombe troppo precocemente, porta ad adattarci ma non veramente =


FALSO SE’

IL RUOLO DELL’AMBIENTE NELLO SVILUPPO SANO E PATOLOGICO


All’inizio, il bambino agisce sull’ambiente per bisogno o per impulso e la madre, nel suo
ruolo di sostegno all’Io fragile del bambino, gli consente di prendere contatto con il mondo
in maniera creativa (questa esperienza rientra nel quadro del narcisismo primario come
un’esperienza dell’individuo, fondante la sua continuità dell’essere). Le inevitabili
pressioni dell’ambiente non causano traumi se rientrano in una cornice di accudimento
che rende l’ambiente prevedibile. L’imprevedibilità, l’eccesso in termini di intensità e
precocità possono causare una serie di urti o reazioni alla pressione (impingement)
che interrompono la continuità esistenziale e forzano l’individuo a reagire cercando
di dare senso e risposta a quel che accade senza averne la possibilità. Quando mancano
sostegno e protezione l’esperienza può diventare traumatica perché inspiegabile e
terrificante (angosce di annientamento).

«L’alternativa all’essere è il reagire, ed il reagire interrompe l’essere e annienta»


(Winnicott, 1963)

INTELLETTO E FALSO SE
Costretto a reagire, il bambino dovrà sviluppare un apparato per pensare e spiegare
l’inspiegabile, a prezzo di un precoce, distorto, sviluppo dell’intelletto. Anche in presenza di
un ambiente intrusivo che non accoglie il gesto spontaneo del bambino e non è in grado di
fungere da rispecchiamento, la difesa migliore è l’organizzazione di un FALSO SE’.
Psicosi, dissociazione, disintegrazione, personalità falsa/falso sé patologico sono
alcuni dei possibili esiti patologici legati alla PRIVAZIONE E ALL’IMPREVEDIBILITA’
DELLE CURE.
15
«All’inizio l’individuo è come una bolla,
se la pressione esterna si adatta
attivamente alla pressione interna,
allora la cosa importante è la bolla.
Ma se la pressione ambientale è
maggiore o superiore della pressione
all’interno della bolla, allora non è più
questa ad essere importante, bensì
l’ambiente. La bolla si adatta alla
pressione esterna» (Winnicott, 1949)
= IMMAGINE DI SPIEGAZIONE PER LA
CREAZIONE DEL FALSO SE’

«Nell’individuo sano l’intelletto non


usurpa le funzioni dell’ambiente, ma
rende possibile una comprensione ed
eventualmente l’utilizzo positivo di
questa relativa carenza…è la
comprensione del bambino che libera
la madre dalla necessità di essere
quasi perfetta…
Certi tipi di carenze ambientali
provocano un’iperattività del
funzionamento mentale che tende a
rendere la madre non più
necessaria.
È in questa crescita esagerata della
funzione intellettuale, in risposta
all’irregolarità delle cure materne,
che possiamo scorgere lo sviluppo di
un’opposizione tra la mente e lo
psichesoma» (Winnicott, 1949)

IL RUOLO DELL’AMBIENTE NELLO SVILUPPO SANO E PATOLOGICO


La deprivazione di cure materne, di cui si è fatto esperienza in passato, può indurre
l’individuo a sviluppare patologie meno gravi. Tra queste, la tendenza antisociale,
intrinsecamente legata alla deprivazione di cure, si colloca nel periodo in cui l’Io
infantile sta procedendo verso la fusione tra istanze libidiche e aggressive e deriva
dalla perdita di un ambiente indistruttibile, che non ha consentito al bambino di
esercitare la propria istintualità né di riparare agli attacchi inferti in fantasia
all’oggetto d’amore, che non è sopravvissuto o si è vendicato (ad es. improvvisa
mancanza di rispecchiamento e responsività per abbandono o perdita reale dell’oggetto,
malattia fisica o mentale).
Ma ciò che caratterizza la tendenza antisociale è la capacità dell’individuo di percepire che
l’origine è nel fallimento dell’ambiente a cui si rivolge con la richiesta e la speranza di
ottenere ciò di cui ha goduto ma di cui è stato deprivato. I comportamenti antisociali

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sono la manifestazione di un disturbo del carattere che esprime un tentativo di far
fronte al deficit evolutivo inferto da carenze ambientali.

«Il bambino che ruba (in una prima fase) sta semplicemente cercando, pieno di fiducia o
per lo meno non completamente sfiduciato, di superare la spaccatura che si è determinata
nella sua vita, nel tentativo di ritrovare l’oggetto perduto o le premure materne perdute o la
struttura familiare perduta» (Winnicott, 1971)

«La madre aspetta di essere scoperta e per fare la sua parte ed essere creata di nuovo da
ogni bambino, non ha bisogno di considerare intellettualmente il fatto di dover essere
creata» (Winnicott, 1988)

«La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del
paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che
giocano insieme. Il corollario di ciò è che quando il gioco non è possibile, allora il lavoro
svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di
giocare a uno stato in cui ne è capace» (Winnicott, 1971)

LA CURA È NELL’AMBIENTE E NELLA RELAZIONE


Winnicott distingue tra i «pazienti che agiscono come persone intere», le cui difficoltà sono
nell’ordine delle relazioni interpersonali e per le quali l’analisi è il trattamento d’elezione.
Pazienti la cui personale integrità come individui non può essere data del tutto come
acquisita, ad es. situazioni in cui il riconoscimento della dipendenza dagli altri è solo
parziale. In questi casi è fondamentale l’analisi dell’umore che permette l’emergere di un
fallimento nello stadio della preoccupazione; in questi casi l’analista potrà essere oggetto
di violenti attacchi e sarà sottoposto a richieste particolari trovandosi di fronte a problemi di
«svezzamento emotivo». Infine ci sono i pazienti le cui analisi devono affrontare epoche
precoci dello sviluppo, precedenti alla condizione dell’unità spazio-temporale. In questi
casi l’analista deve svolgere una funzione di holding ponendosi come madre-ambiente,
favorendo la regressione dell’Io.

LEZIONE 9 – 28/03/22
Visione online video anime

LEZIONE 10 – 29/03/22
SLIDE II – ESPERIENZE CLINICHE (da stampare
Lettura e riflessione insieme

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LEZIONE 11 – 30/03/22

DIREZIONI FUTURE:
OLTREOCEANO GLI PSICOLOGI DELL’IO

«L’osservazione diretta da parte di non analisti finisce per non cogliere molte posizioni e
tendenze centrali dello sviluppo, fondamentalmente perché è portata a non vedere conflitti
infantili pulsionali e di altro genere e, in specie, i loro aspetti inconsci»
(H. Hartmann, 1950)

HEINZ HARTMANN
PSICOLOGIA DELL’IO E PROBLEMA DELL’ADATTAMENTO 1939
Il focus si sposta sulle risorse dell’Io.
L’Io è un’istanza autonoma.
L’adattamento esprime il lavoro dell’Io nel tentativo di trovare equilibrio tra
organismo e ambiente. Il predominio del principio di piacere viene in qualche modo
sostituito con il predominio del principio di realtà.

«Il metodo psicoanalitico non ci fornisce dati (ricordi) su quella fase indifferenziata in cui
non si è ancora delineata la diversificazione tra l’Io e l’Es, tra il Sé e gli oggetti; e non ci
dà informazioni dirette sulla fase preverbale. È qui che soccorre l’osservazione diretta;
soprattutto a fare scartare ipotesi non coerenti con i fatti comportamentali ...
L’ampliamento si può ottenere con l’estrapolazione delle scoperte analitiche alla fase
preverbale ... oppure mediante l’osservazione diretta ma ispirata analiticamente. In effetti
sono indispensabili entrambi i sistemi» (H. Hartmann, 1950)

DAVID RAPPAPORT
STRUTTURA DELLA TEORIA PSICOANALITICA 1960
«Tutte le osservazioni dell’essere umano sono in un certo senso osservazioni partecipi:
gli specchi unidirezionali, la ripresa cinematografica e la registrazione su nastro occultano
ma non superano questo fatto» (D. Rapaport, 1960)

LEZIONE 12 – 04/04/22
LABORATORIO con VISIONE DI VIDEO e RIFLESSIONI

LEZIONE 13 – 05/04/22

MARGARET MANHEL 1897-1985


L’ambiente mediamente prevedibile è costituito dall’interazione tra un bambino pronto a
adattarsi ed una madre «normalmente affezionata» pronta a rispondere al suo richiamo
(Mahler, 1968).

C’è infatti una corrispondenza tra il bisogno di cure del bambino, la capacità e la volontà
della madre di offrirgliele e la capacità del bambino di chiamare a sé la madre.

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“Per quanto la madre possa adattarsi al figlio e per quanto possa essere sensibile ed
empatica, è nostra ferma convinzione che la fresca e flessibile capacità adattiva del
bambino e il suo bisogno di adattamento (per ottenere gratificazione) sono
assai maggiori di quelli della madre, la cui personalità è già stabilita in modo solido e
spesso rigido... Il punto di vista adattivo è più pertinente nella prima infanzia visto che al
momento della nascita le richieste di adattamento rivolte al bambino sono al culmine.
Fortunatamente tali richieste sono accolte dall’infante, la cui personalità è ancora flessibile
e poco sviluppata e quindi capace di plasmarsi sul suo ambiente e farsi plasmare da esso”
(Mahler et al., 1975).

«Quando la tensione istintuale cresce oltre un certo limite, il bambino sente una sofferenza
intensa, che sfocia in un automatico scoppio di pianto e in altri accessi affettivo-motori, che
sebbene siano del tutto inefficaci per la scarica della tensione, sono efficaci per sollecitare
l’aiuto» (Mahler, 1946).

Il bambino non è un individuo in lotta contro richieste di pulsioni conflittuali, ma un


essere che deve continuamente conciliare il suo desiderio di esistenza indipendente
e autonoma con una spinta ad arrendersi e a re-immergersi nello stato di fusione da
cui è venuto.

Sebbene rudimentale e vulnerabile, l’Io del bambino è perfettamente in grado di


affrontare il suo ambiente, sollecitando la madre ad integrarsi con i suoi bisogni e
con le sue capacità.

LA NASCITA PSICOLOGIA DEL BAMBINO 1975

Quando la capacità di adattarsi del bambino incontra un ambiente mediamente


prevedibile, allora si stabilisce una forma di relazione oggettuale che è in sé una forma di
adattamento alla realtà.

FASE AUTISTICA NORMALE


(da 0 a 2 settimane circa)
Stato di assoluto narcisismo primario denotato dalla mancanza di consapevolezza
dell’oggetto di cura. In una sorta di prolungamento della condizione intrauterina, il bambino
funziona come un sistema chiuso (condizione autoerotica finalizzata al mantenimento
dell’omoeostasi interna). In questa fase primordiale dello sviluppo il neonato è ancora
relativamente indifferente alle stimolazioni (gli organi di senso percettivi non sono investiti)
e trascorre la maggior parte del tempo nello stato di sonno.

FASE SIMBIOTICA NORMALE


(da 3/4 settimane a 4 mesi circa)
Stato di fusione che avvolge il bambino e la madre in un complesso indifferenziato,
un sistema unitario e onnipotente chiamato «unità duale simbiotica».
In questa fase il bambino comincia ad organizzare e memorizzare le esperienze
classificandole come buone/piacevoli e cattive/spiacevoli. Il sistema opera uno
spostamento dalla propriocezione - enterocezione all’investimento della zona
percettiva periferica, la membrana diadica che avvolge l’unità duale madre-bambino,

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consentendo un’iniziale differenziazione tra questa unità ed il mondo esterno e
proteggendo l’Io rudimentale infantile da tensioni eccessive e da traumi. In questa
prospettiva la «simbiosi sociale tipica della specie» risolve il problema della inermità e del
bisogno originario di dipendenza del piccolo dell’uomo.

PROCESSO DI SEPARAZIONE-INDIVIDUAZIONE
(da 4/5 mesi a 3 anni circa)
Separazione e Individuazione rappresentano due direttrici di sviluppo complementari:
- La separazione consiste nell’emergere del bambino dalla fusione simbiotica
con la madre. Implica quindi un graduale processo di differenziazione,
allontanamento, formazione di confini e svincolamento dalla madre.
- L’individuazione consiste nelle conquiste che denotano l’assunzione da parte del
bambino delle proprie caratteristiche individuali. Corrisponde all’evoluzione
dell’autonomia intrapsichica e allo sviluppo della percezione, del pensiero e
dell’esame di realtà.
La consapevolezza della separazione corporea (differenziazione dalla madre) procede
parallelamente allo sviluppo del funzionamento autonomo del bambino che comincia a
sviluppare funzioni necessarie all’individuazione, ma i due processi non sono
completamente sovrapponibili ed è possibile che procedano in modo divergente.

Nel corso di questo processo evolutivo la Mahler individua 4 sottofasi:


1. DIFFERENZIAZIONE dai 4-5 mesi ai 10 mesi;
2. SPERIMENTAZIONE dai 10 mesi ai 15 circa;
3. RIAVVICINAMENTO dai 15-18 mesi ai 24-30 circa;
4. COSTANZA DELL’OGGETTO EMOTIVO intorno ai 3aa.

LEZIONE 14 – 06/04/22

THE MIDDLE GROUP


GLI INDIPENDENTI DELLA PSICOANALISI BRITANNICA: JONES, GLOVER,
SHARPE, FAIRBAIRN, KHAN, BALINT, WINNICOTT, BOWLBY

L’individuo, oltre al piacere, andrebbe alla ricerca di un oggetto che assume un ruolo
altrettanto importante.
La patologia è fortemente ancorata a traumi infantili, spesso considerati come
conseguenza di diverse forme di perdita di intimità affettiva reale con l’oggetto, i genitori e
in particolare con la madre. In questo senso, la patologia deriva da relazioni difettose
(assenti, distorte, iperstimolanti) che tendono ad essere reiterate.

IMPORTANZA DELL’ALLEANZA TERAPEUTICA, DEL TRANSFERT E DEL


CONTROTRANSFERT. LA CURA È NELL’AMBIENTE.

REALTA’ vs FANTASIA?
La fantasia scaturisce dall’interazione reciproca tra bambino e ambiente.
La scissione rappresenta una modalità difensiva particolarmente primitiva, una reazione
che sorge in risposta ad un trauma subito nella relazione con l’ambiente frustrante a cui
l’individuo rivolge la sua distruttività, l’Io scinde l’oggetto e scinde sé stesso.

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La prima e più profonda forma di angoscia è quella abbandonica, l’angoscia di
separazione e di perdita dell’oggetto.

JOHN BOWLBY E LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO


1907-1990

«La fame dell’amore e della presenza materna non è meno grave della fame di cibo»
(J. Bowlby, 1951)

APPUNTI: Il lavoro di Bowlby ha notevolmente influenzato la psicologia degli ultimi anni.


La sua teoria dell’attaccamento nasce da un carico di studi dall’OMS sui bambini
cresciuti senza una figura materna. Nel 1951 egli scrive la rassegna Cure materne ed
igiene mentale in cui analizza i risultati delle cure materne sfavorevoli sullo sviluppo del
bambino e si sofferma sulla possibilità di prevenire questa privazione. Egli, inoltre, afferma
che cure inadeguate sono la base della psicopatologia adulta. Bowlby dà, quindi,
attenzione alla relazione reale che intercorre tra madre e figlio, non al trauma fantasticato
come invece accade nelle teorie freudiane: ciò destò molte critiche dalla comunità
psicoanalitica, accusando Bowlby di non dare la giusta importanza alla relazione
fantasticata dal bambino. ‘’La fame d’amore e della presenza materna non è minore della
fame da cibo’’: in quest’affermazione si può notare come Bowlby pensi che la spinta
relazionale sia la motivazione primaria: l’infante ha bisogno di attaccarsi, legarsi, non di
usare la madre come un oggetto di scarica delle cariche pulsionali.

La teorizzazione di Bowlby prende molto dalle altre discipline. Egli ha usato gli studi
sull’imprinting dei piccoli di oca di Lorenz: la figura in movimento con cui i piccoli di ora
interagiscono entro le prime 48 ore viene identificata con la loro madre. Deve molto anche
agli studi sul calore di Harlow, in cui si nota un cucciolo di scimmia che resta legato ed
affezionato a un fantoccio che riproduce le sembianze calorose della madre invece di
legarsi al fantoccio scarno che però gli dona del cibo: egli si ciba dal secondo per poi fare
subito ritorno al primo. I suoi studi continuano attraverso l’osservazione dei bambini
all’interno della strange situation, ossia una procedura sperimentale su base osservativa di
separazione e riunione di bambini di 12 mesi dalla madre alla presenza di un estraneo, in
base a cui si poteva definire l’attaccamento del bambino come sicuro o insicuro.

CURE MATERNE E IGIENE MENTALE 1951


ATTACCAMENTO E PERDITA 1969-1973-1980
UNA BASE SICURA 1988
L’osservazione del comportamento del bambino in situazioni di vita quotidiana prende il
posto di dati desunti per via ricostruttiva.

La deprivazione di cure materne (perdita, separazione prolungata, mancanza di


cure) può avere effetti psicopatologici (psicopatia, depressione, disturbi del
comportamento).

PREMESSA - INTERDISCIPLINARITA’
studi etologici sull’imprinting (Lorenz, 1935): processo di fissazione cioè di impronta,
che gli animali subiscono al momento della nascita creando un attaccamento al primo

21
oggetto e sul bisogno di calore (Harlow, 1959) sostengono l’ipotesi di un bisogno
primario di accudimento, essenziale allo sviluppo della vita.

L’attaccamento esprime una motivazione primaria dell’individuo.


In altre parole, la ricerca di prossimità è un bisogno primario e non una conseguenza
del soddisfacimento pulsionale.
La deprivazione materna è alla base della psicopatologia.

ATTACCAMENTO (componente psicodinamica)


È una disposizione dell’individuo a ricercare il legame con una figura specifica ed è un
attributo della persona che
persiste nel tempo senza essere influenzato dalla situazione specifica.

COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO (componente comportamentista)


È una forma di comportamento che s’innesca con la minaccia di separazione e che
l’individuo mette in atto per ottenere e mantenere la vicinanza alla figura di attaccamento o
con persone diverse. Si serve dell’apparato percettivo (canali sensoriali), poi di quello
efferente (mani, piedi, testa, bocca), poi dell’apparato di segnalazione (pianto, sorriso).

Verso i 2 anni è possibile riscontrare comportamenti di attaccamento tipici

SISTEMA DEI COMPORTAMENTI DI ATTACCAMENTO (componente cognitivista)


È una organizzazione psicologica interna omeostatica, un modello del mondo in cui
vengono rappresentati il Sé, gli altri significativi e le loro interrelazioni sotto forma di
schemi o modelli operativi interni. Questi modelli codificano il tipo di attaccamento della
persona e ne guidano il comportamento.

«Si ritiene essenziale per la salute mentale che l’infante e il bambino sperimentino un
rapporto caldo, intimo, ininterrotto con la madre (o con un sostituto materno permanente)
nel quale entrambi possono trovare soddisfazione e godimento» (J. Bowlby, 1951)

LEZIONE 15 – 11/04/22

JOHN BOWLBY E LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO


ATTACCAMENTO vs PSICOANALISI ==== REALTA’ vs FANTASIA
==== SISTEMA DI ATTACCAMENTO vs PULSIONE
UNA BASE SICURA 1988

«Riesaminando la natura del legame del bambino verso la madre, cui tradizionalmente ci
si riferisce con il termine di dipendenza, si è trovato che fosse utile considerare tale
legame coma la risultante di un preciso e in parte preprogrammato sistema di schemi
comportamentali che nell’ambiente normale si sviluppa durante i primi mesi di vita e ha
l’effetto di mantenere il bambino in una più o meno stretta prossimità con la figura
materna» (J. Bowlby, 1969)

«Una caratteristica del comportamento di attaccamento che ha grande importanza dal


punto di vista clinico e si presenta indipendentemente dall’età dell’individuo in questione, è
l’intensità dell’emozione che lo accompagna, il genere di emozione dipendendo a
22
sua volta dallo stato della relazione tra le persone coinvolte. Se la relazione è
buona, c’è gioia e un senso di sicurezza. Se è minacciata, c’è gelosia, angoscia e
rabbia. Se è stata interrotta, c’è dolore e angoscia. Infine esistono prove del fatto
che il modello del comportamento di attaccamento che un individuo ha strutturato
dipende dal tipo di esperienza che ha avuto nella sua famiglia d’origine o, se è
sfortunato, fuori di essa…
Il comportamento del genitore può essere studiato a partire da quest’ottica che si ispira
all’etologia. Questo implica osservare e descrivere il sistema di schemi
comportamentali caratteristici dell’attività di genitore, le condizioni che attivano e
fanno cessare ciascun comportamento, come cambiano gli schemi con il crescere
del bambino, i vari modi in cui il comportamento genitoriale si organizza...
Implicito in questo approccio è l’assunto che il comportamento genitoriale, come il
comportamento di attaccamento, è in parte predeterminato e perciò pronto a
svilupparsi secondo certe linee quando le condizioni lo permettono. Questo significa
che, nel normale corso degli eventi, il genitore di un neonato sperimenta una forte spinta a
comportarsi secondo certe modalità tipiche, per esempio, a cullare il bambino, a calmarlo
quando piange, al tenerlo al caldo, protetto e nutrito. Tale assunto, naturalmente, non
implica che l’appropriato schema comportamentale si manifesti compiutamente in
ogni dettaglio fin dall’inizio … tutti i dettagli vengono appresi, alcuni nel corso
dell’interazione con i neonati e i bambini, altri tramite l’osservazione del comportamento di
altri genitori a partire dall’infanzia del futuro genitore e dal modo in cui i suoi genitori hanno
trattato lui e i suoi fratelli…. Il comportamento genitoriale, come lo vedo io, ha forti
radici biologiche, il che spiega le emozioni molto intense che vi sono associate; ma
le caratteristiche peculiari con cui tale comportamento si manifesta in ciascuno di
noi dipendono dalle nostre esperienze … per questo ritengo utile considerare il
comportamento genitoriale come un esempio di una classe limitata di schemi
comportamentali con radici biologiche dei quali il comportamento di attaccamento è un
altro esempio, il comportamento sessuale un altro ancora e altri sono il comportamento di
esplorazione e quello alimentare che contribuiscono alla sopravvivenza propria e della
prole» (J. Bowlby, 1988).

«Fenomeni della massima importanza cui recenti ricerche hanno prestato attenzione sono
la potenzialità che il neonato sano possiede di entrare in una forma elementare di
interazione sociale e la potenzialità che una madre con una comune sensibilità
possiede di partecipare con successo a tale interazione – cita i lavori di Main, Stern e
Brazelton e Winnicott: «Lo stato di massima sensibilità che si sviluppa in una donna
durante e specialmente verso la fine della gravidanza e che le permette di adattarsi con
delicatezza e sensibilità ai bisogni del bambino» –
Quando una madre e il suo bambino di due o tre settimane sono di fronte, faccia a faccia,
si verificano fasi di vivace interazione sociale, alternate a fasi di disimpegno. Ogni fase di
interazione comincia con dei saluti reciproci, composti di uno scambio animato
che comprende espressioni facciali e vocalizzi, durante il quale il neonato si orienta verso
la madre con movimenti agitati delle braccia e delle gambe; poi gradualmente le sue
attività si calmano e terminano con il bambino che distoglie lo sguardo per un certo
periodo prima che inizi la successiva fase di interazione. Durante tutti questi cicli è
probabile che il bambino sia spontaneamente attivo come la madre. Dove i loro ruoli
differiscono è nel ritmo delle risposte. Mentre l’inizio e la fine dell’interazione da parte
del bambino tendono a seguire un proprio ritmo autonomo, una madre sensibile regola il
23
proprio comportamento così da accordarlo con quello del figlio. Inoltre modifica il proprio
comportamento perché si adatti al bambino … così la madre permette che sia il
bambino a dirigere e grazie a un abile intreccio delle proprie risposte con quelle del
figlio crea un dialogo. La velocità e l’efficienza con cui questi dialoghi si sviluppano e il
mutuo godimento che forniscono indicano chiaramente che ciascun partecipante era
preadattato per impegnarvisi. Da una parte c’è la prontezza intuitiva della madre a far
si che i propri interventi vengano ritmati dal figlio. Dall’altra c’è la prontezza con cui
i ritmi del bambino si adattano gradualmente per tener conto dei ritmi degli
interventi materni. In una relazione che si sviluppa felicemente ciascuno del
partenersi adatta all’altro …
Questo mi porta a quella che io ritengo la caratteristica più importante dell’essere
genitori: fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire
per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che
sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste,
rassicurato se spaventato. In sostanza questo ruolo consiste nell’essere disponibili,
pronti a rispondere quando chiamati in causa, per incoraggiare e dare assistenza, ma
intervenendo attivamente solo quando è chiaramente necessario … Per gran parte del
tempo il ruolo della base è un ruolo di attesa, ma è nondimeno vitale» (J. Bowlby, 1988)

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO
«Una volta costruiti, i dati osservativi lo suggeriscono, questi modelli del genitore e del
sé in interazione tendono a
persistere e vengono dati
così per scontati che
arrivano a operare a livello
inconscio» (J. Bowlby, 1988)

«Perché una relazione tra due


individui proceda
armoniosamente ciascuno
deve essere consapevole
del punto di vista dell’altro,
delle sue mete, dei suoi
sentimenti e delle sue
intenzioni, e ciascuno deve
adattare il proprio
comportamento in modo che
possa venire negoziata una
certa unificazione delle mete. Per questo è necessario che ciascuno abbia dei modelli
ragionevolmente accurati del sé e dell’altro, modelli che vengano regolarmente
aggiornati attraverso una comunicazione libera tra i due»
(J. Bowlby, 1988)

«Man mano che un bambino con un attaccamento sicuro cresce e i suoi genitori lo
trattano in modo diverso, si verifica un graduale aggiornamento del modello.
Questo significa che, sebbene esista sempre un certo divario di tempo i suoi modelli
operanti attuali continuano ad essere delle simulazioni sufficientemente buone di sé
stesso e dei propri genitori in interazione. Invece, nel caso del bambino con un
24
attaccamento angoscioso, questo graduale aggiornamento del modello è impedito
dall’esclusione difensiva di esperienze e informazioni discrepanti.
Ciò significa che gli schemi di interazione cui questo modello conduce, essendo divenuti
abituali, generalizzati e largamente inconsci, persistono in uno stato più o meno
scorretto e immutato anche quando l’individuo più avanti nella vita ha a che fare
con persone che lo trattano in modo assolutamente diverso da come lo trattarono i
suoi genitori quando era bambino» (J. Bowlby, 1988)

continuando con… LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO


La tendenza che hanno gli schemi di attaccamento a diventare una proprietà del bambino
implica il concetto di interiorizzazione di un modello di interazione.

«La forma che prendono, la documentazione analizzata lo suggerisce con forza, si basa
sull’esperienza di vita reale di un bambino nelle interazioni quotidiane con i genitori.

Poi, il modello di sé stesso che il bambino si costruisce riflette anche l’immagine


che i suoi genitori hanno di lui, immagini che vengono comunicate non solo da come
ciascuno lo tratta, ma da ciò che ciascuno gli dice.
Questi modelli governano i suoi sentimenti verso sé stesso e verso i propri genitori,
come si aspetta che ciascuno di loro lo tratti, e come progetta il proprio
comportamento nei loro confronti.

Questi modelli governano anche le paure e i desideri espressi nei sogni a occhi
aperti» (J. Bowlby, 1988)

MODELLO OPERATIVO INTERNO (MOI) - INTERNAL WORKING MODEL (IWM)


(componente cognitivista)
Modello/schema di
sé e degli altri,
nonché delle loro
relazioni, che si basa
sulle esperienze di
interazione ripetute
con le figure di
attaccamento.
Questi schemi di
interazione vengono
generalizzati e
formano dei modelli
rappresentazionali
relativamente fissi
che il bambino usa
per predire il mondo
e relazionarsi con gli
altri. Si formano entro i primi 5 anni di vita e funzionano continuamente e in maniera
automatica. Il MOI è definito operativo perché dinamico, ed è un modello
rappresentazionale.

25
APPUNTI: Quando Bowlby nel 1988 scrive ‘’Una base sicura’’ postula le basi e le
caratteristiche della sua teoria. In primo piano abbiamo una componente psicoanalitica, il
concetto di attaccamento vero e
proprio: è una disposizione innata
dell’individuo a ricercare il legame
con una figura specifica, il
caregiver; persiste nel tempo e
non è influenzato dalla situazione
specifica. La seconda componente
è di matrice comportamentista ed
è definita comportamento di
attaccamento: è la forma di
comportamento che si mette in
atto per ottenere o mantenere la
vicinanza alla figura di
attaccamento, i comportamenti
che i bambini mettono in atto per mandare segnali alla madre servendosi dell’apparato
percettivo. Verso i 2 anni è possibile riscontrare, difatti, comportamenti di attaccamento
tipici. Troviamo, poi, il sistema dei comportamenti di attaccamento, concetto di matrice
cognitivista: è un’organizzazione psicologica interna che si serve del principio di
omeostasi, un modello del mondo in cui vengono rappresentati il sé, gli altri significativi e
le loro interrelazioni sottoforma di schermi o modelli operativi interni, codificando il tipo di
attaccamento della persona. L’ultima componente è anch’essa cognitivista, e riguarda il
modello operativi interni (MOI): è un modello di sé stessi e delle relazioni, ottenuto
grazie all’interazione ripetuta con le figure di attaccamento.
Tali modelli sono generalizzati e utilizzati dal bambino come modelli per predire il mondo,
formando dei modelli rappresentazionali relativamente fissi. Si formano nei primi 5 anni di
vista e funzionano in maniera automatica.
La formazione del MOI avviene in questo modo: FOTO

LEZIONE 16 – 12/04/22

MARY AINSWORTH: STILI DI ATTACCAMENTO

STRANGE SITUATION

Procedura sperimentale su base osservativa di separazione e riunione di bambini di 12


mesi dalla madre in presenza di un estraneo. Gli aspetti che qualificano la relazione
d’attaccamento e che possono costituire dei predittori di psicopatologia sono la sensibilità
materna (o del caregiver) e la sua capacità di sintonizzazione. La responsività e la
sensibilità si riferiscono alla capacità di percepire i segnali del bambino, di
comprenderli e di rispondere in modo appropriato al soddisfacimento dei suoi
bisogni.

La responsività del caregiver ai bisogni del bambino nei primi anni di vita è un indice
importante del sistema di attaccamento, della salute mentale, della qualità delle
relazioni.

26
La «responsività sensibile» (ovvero la capacità di soddisfare i bisogni del bambino
nei modi e nei tempi adeguati), permette al bambino di ristabilire il senso di
sicurezza quando si trova in situazioni di pericolo (Ainsworth, 1979).

ATTACCAMENTO SICURO
Il MOI contiene rappresentazioni della figura di attaccamento come amorosa,
affidabile, accudente (base sicura) e del Sé come buono, meritevole di cure e di attenzioni.
Caregiver responsivo ai bisogni e supportivo.
ATTACCAMENTO INSICURO/ANSIOSO
Il MOI contiene rappresentazioni della figura di attaccamento (e poi più in generale
dell’altro) come rifiutanti, imprevedibili, incoerenti e del Sè come immeritevole di cure ed
affetto.

EVITANTE: la rappresentazione dell’altro è rifiutante; il bambino si “esclude


difensivamente” dalla relazione minimizzando i suoi bisogni di vicinanza e protezione per
evitare il rifiuto. Caregiver intrusivo o evasivo, eccessivamente stimolante o controllante.
AMBIVALENTE-RESISTENTE: l’altro è rappresentato come imprevedibile: il bambino
sviluppa comportamenti di adesività alla figura di attaccamento mostrando ambivalenza in
termini di passività o di attacchi rabbiosi e una frequente inversione dei ruoli. Caregiver
ambivalente.
DISORGANIZZATO: la rappresentazione dell’altro è incoerente (inaffidabile, rifiutante e
imprevedibile) e il comportamento di attaccamento è contraddittorio, disorganizzato,
disorientate. Colui che dovrebbe proteggere e accudire infonde paura e rappresenta
pericolo.

APPUNTI: La teoria di Bowlby è sostenuta dall’osservazione dei bambini, attraverso le


ricerche della Ainsworth che, grazie alla strange situation postula diversi tipi di
attaccamento. Un primo schema di attaccamento è definito sicuro: il MOI contiene delle
rappresentazioni della figura di attaccamento come amorosa, affidabile, una
base sicura e del sé come buono, meritevole di cure e attenzioni. Il secondo tipo è
l’attaccamento insicuro/ansioso: il MOI contiene rappresentazioni dell’altro non sicure,
rifiutanti, imprevedibili, incoerenti, e del sé come del non essere all’altezza della relazione
di attaccamento. L’attaccamento evitante prevede la rappresentazione dell’altro come
rifiutante. Il bambino si esclude difensivamente dalla relazione, minimizzando i suoi
bisogni di vicinanza e protezione per evitare il rifiuto. Abbiamo poi l’attaccamento
ambivalente-resistente: l’altro è rappresentato come imprevedibile, il bambino sviluppa
comportamenti di adesività alla figura di attaccamento mostrando ambivalenza in termini di
passività o di attacchi rabbiosi e una frequente inversione dei ruoli. L’ultimo tipo di
attaccamento rilevato è chiamato disorganizzato: la rappresentazione dell’altro è
incoerente (ossia, può essere affidabile, rifiutante e imprevedibile) e il comportamento di
attaccamento è contraddittorio, disorganizzato, disorientato.

Dalle teorizzazioni di Bowlby si capisce che, sebbene il bambino abbia una propensione a
formare attaccamenti, darà luogo a un legame che risulterà adeguato o patologico in virtù
della natura dell’attaccamento stesso e delle dinamiche dell’ambiente genitoriale a cui è
esposto. La sua teoria del collegamento tra attaccamento e psicopatologia passa tramite
delle fasi diverse.
27
Nella prima fase egli crede che la psicopatologia sia causata dalla perdita dei genitori, da
traumi irrisolti, divorzi e separazioni genitoriali. C’è, in questa fase, una correlazione diretta
tra attaccamento insicuro e conseguenze in adolescenza (come disturbi del
comportamento e fobie sociali) e disturbi in età adulta (depressione, agorafobia e disturbi
psicopatici). Le variabili qualitative, in questa fase, sono in secondo piano.

È nella seconda fase che si pone l’attenzione agli aspetti che qualificano la relazione
dell’attaccamento, considerandoli predittori di psicopatologia (aspetti come la sensibilità
materna e la capacità di sintonizzazione).

MARY MAIN:
RECIPROCITA’ E TRASMISSIBILITA’ DEGLI STILI DI
ATTACCAMENTO
ADULT ATTACHMENT INTERVIEW
(George, Kaplan & Main, 1984; Main & Goldwin, 1991)
Intervista narrativa che esplora la tipologia di MOI nell’adulto, mediante l’analisi delle
narrazioni secondo criteri di coerenza narrativa, distorsioni difensive, dettaglio del
racconto, vissuti di rabbia, apprezzamento delle relazioni di attaccamento,
disorganizzazione. Prevede 20 domande/sezioni sulla qualità delle relazioni di
attaccamento e sui ricordi ad esse connessi, in caso di separazioni, malattie, infortuni,
punizioni, perdite e abusi.

Lo stile difensivo della madre rispetto alle proprie esperienze relazionali negative viene
interiorizzato dai bambini ed influisce sulla tipologia di attaccamento:
es. se la madre reagisce difensivamente distaccandosi, il bambino interiorizzerà la
strategia comportamentale derivante da tale difesa (evitamento) e tenderà a ritirarsi con il
rischio di sviluppare, entro schemi relazionali ripetuti e continuativi, un attaccamento
insicuro evitante
es. se la madre reagisce difensivamente preoccupandosi, il bambino interiorizzerà la
strategia comportamentale derivante da tale difesa (coinvolgimento intenso) e tenderà ad
alternare modalità di vicinanza eccessiva e di attacco con il rischio di sviluppare, entro
schemi relazionali ripetuti e continuativi, un attaccamento insicuro ambivalente
es. se la madre rispecchia in maniera adeguata la fonte del disagio del bambino e lo
gestisce, il bambino apprende che il disagio è tollerabile e svilupperà fiducia e sicurezza

Adulti Autonomi-Sicuri (F-Free)


Coerenza nel racconto delle proprie esperienze di attaccamento, con un MOI sicuro a
prescindere dalle esperienze di accudimento reale (anche negative); appropriata coerenza
autobiografica.

Adulti Con lutti e traumi non risolti (U-Unresolved)


Racconti in cui emergono indicatori di mancata risoluzione di traumi e perdite (senso di
colpa, paura).

28
Distanzianti (D-Dismissing)
Narrazione impoverita/non dettagliata e con poche emozioni, negante l’influenza delle
relazioni di attaccamento sulla propria vita; i racconti spesso tendenti all’idealizzazione
delle figure di attaccamento.

Adulti Preoccupati/Coinvolti (E-Entangled)


Racconto incoerente e “arrabbiato” delle proprie esperienze di attaccamento che appaiono
irrisolte con un elevato coinvolgimento in esse.

Non classificabile (CC-Cannot Classified)


I racconti non sono classificabili in nessuna delle precedenti categorie.

APPUNTI: Nella terza fase della teoria dell’attaccamento l’attenzione si sposta


sull’attaccamento dell’adulto. Negli anni ’80 Mary Main inizia a interessarsi della
comprensione dei MOI dei genitori di alcuni bambini che hanno partecipato alla strange
situation, al fine di capire se ci fosse un collegamento tra l’infanzia dei genitori come
predittore del legame del figlio, una sorta di ereditarietà. Main e altri studiosi mettono a
punto un questionario, chiamato Adult Attachement Interview (AAI). La svolta di questa
fase è il cambio di focus: si passa dal guardare il comportamento di attaccamento al
mondo interno rappresentazionale; questa svolta è chiamata svolta rappresentazionale.
La rappresentazione non è altro che un’immagine contenuta nella mente che viene
rivissuta (rivivere un’esperienza). La rappresentazione è filtrata, organizzata. Il MOI
diventa oggetto di studio poiché si cerca di capire come vengano interiorizzate le
esperienze reali passate, come se ci fosse un ritorno alla sfera psicoanalitica. I criteri che
utilizza la Main sono, ad esempio, criteri di coerenza narrativa, ossia rilevare quanto è
coerente la storia raccontata, se ha un nesso, se l’attaccamento è sicuro.
Valutava anche se ci fossero delle distorsioni difensive, quanto dettagliato fosse il
racconto, rilevare la presenza di rabbia non ancora smaltita, se si raccontano sia aspetti
positivi che negativi dei propri genitori (dato che attaccamento sicuro non significa che la
relazione è perfetta, ma che il narratore riconosce i momenti critici che appartengono ad
ogni relazione; narrazioni perfette sono correlate a un attaccamento insicuro). L’AAI è
composta da 20 sezioni sulla qualità delle relazioni di attaccamento e sui ricordi connesse
ad essi, in caso di separazioni, malattie, infortuni, punizioni, perdite o abusi.
Quest’intervista contiene diverse tipologie di domande (ad esempio descrittive) e procede
‘’a delfino’’ perché scende verso i piani più riflessivi per poi risalire in superfice: questo
andamento serve a capire se l’intervistato dona un senso alle sue esperienze. La Main
arriva a formulare dei tipi di attaccamento degli adulti: gli autonomi-sicuri, che
presentano una coerenza nel racconto, con un MOI sicuro a prescindere dalle esperienze
di accudimento reale, hanno una coerenza autobiografica, sanno chi sono e sanno
trasmetterlo; i preoccupati/coinvolti hanno racconti incoerenti e ‘’arrabbiati’’, ne parlano
in modo da far evincere una profonda rabbia, come se queste esperienze fossero ancora
‘’presenti’’; gli adulti distanzianti presentano una narrazione impoverita, non dettagliata,
con poche emozioni, e sono presenti meccanismi di idealizzazione delle figure
dell’attaccamento; gli adulti con lutti e traumi non risolti presentano racconti in cui
emergono indicatori di mancata risoluzione dei traumi con conseguenti senso di colpa e
paura persistenti, e spesso è successivo ad un abuso, lo si sente come se fosse una

29
propria responsabilità; l’ultimo tipo è definito non classificabile, poiché i racconti non
sono classificabili in nessuna delle altre categorie.

INTERSOGGETTIVITA’
L’importanza di pensare i pensieri del bambino…

Il contenimento è quel
processo mediante il quale la
madre riflette non solo lo
stato affettivo del bambino,
ma anche la sua personale
modalità adulta di
padroneggiarlo (FUNZIONE
SPECCHIO DELLA MADRE
Winicottiana e REVERIE
Bioniana), in questo modo il
bambino interiorizza non solo
l’elemento beta trasformato in
elemento alfa, ma
l’intera funzione alfa intesa come
capacità di pensare al bambino
in termini di essere intenzionale
(dotato cioè di pensieri,
emozioni, desideri, bisogni, etc.)
Le madri preoccupate possono
essere abili nel rispecchiamento
dell’affetto, ma non nel suo padroneggiamento. Le madri distanzianti possono essere
incapaci di rispecchiare lo stato affettivo ma capaci di trasmettere l’abilità di
fronteggiamento.
L’incapacità della madre di rispecchiare e/o di padroneggiare spinge il bambino a mettere
in atto una serie di “comportamenti difensivi” che, o limitano il contatto con il genitore per
svincolarsi in maniera adattiva da una relazione dolorosa (attaccamento evitante) o lo
distraggono mediante comportamenti di rabbia e ritiro (attaccamento ambivalente).
Alcune ricerche però hanno dimostrato che la responsività sensibile della madre nel
comportamento di accudimento ha un’influenza sulla concordanza tra genitore “Autonomo”
e Attaccamento Sicuro del bambini con un effect size modesto (De Wolff & van
IJzendoorn, 1997): la responsività sensibile è solo uno dei fattori che media nel processo
di trasmissione. Inoltre è stato ipotizzato che vi siano specifiche difficoltà relative alla
misurazione del contrutto di sensibilità.

30
BOWLBY, LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO E I 5 COMPITI TERAPEUTICI
UNA BASE SICURA 1988

1. Fornire al paziente una base sicura (holding Winnicott)


2. Assistere e incoraggiare il paziente nelle sue esplorazioni
3. Prendere in esame la relazione terapeutica
4. Esaminare le relazioni attuali alla luce di quelle del passato
5. Rendere il paziente capace di riconoscere e differenziare le immagini (modelli) di
sé e degli altri del passato da quelle attuali

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO E LA PSICOANALISI


ATTACCAMENTO vs PSICOANALISI ==== REALTA’ vs FANTASIA
==== SISTEMA DI ATTACCAMENTO vs PULSIONE

La teoria dell’attaccamento sottolinea:


- lo status primario e la funzione biologica dei legami emotivi intimi tra individui, il
cui intrecciarsi e il cui mantenersi sono controllati da un sistema cibernetico situato entro il
sistema nervoso centrale che utilizza i modelli operanti del sé e della figura di
attaccamento in relazione l’uno con l’altro;
- l’influenza potente che esercita sullo sviluppo di un bambino il modo in cui è
trattato dai suoi genitori, in particolare dalla figura materna;
- che le attuali conoscenze sullo sviluppo dei lattanti e dei bambini rendono necessario che
una teoria dei percorsi di sviluppo sostituisca le teorie che invocano fasi specifiche di
sviluppo a cui una persona può fissarsi o regredire.

31
È POSSIBILE UNA INTEGRAZIONE?

PETER FONAGY
1952
➢ Entrambe sostengono che la percezione e l’esperienza sono distorte da aspettative
consce e inconsce ed entrambe hanno come obiettivo epistemico la descrizione dei
meccanismi interni responsabili della discrepanza tra realtà materiale e psichica.
➢ Entrambe privilegiano lo studio dei primissimi anni di vita e dell’intreccio esistente
tra ambiente sociale e sviluppo della personalità.
➢ Entrambe pongono attenzione alla sensibilità e al rispecchiamento materno come
fattore chiave nel determinare la qualità della relazione oggettuale e dello sviluppo
psichico.
➢ Entrambe sottolineano l’importanza che ha per l’individuo la motivazione a stabilire
relazioni.
➢ Entrambe sostengono che le rappresentazioni mentali (interiorizzate) delle relazioni
tra Sé e oggetto determinano il comportamento individuale.
➢ Entrambe evidenziano che sono le relazioni precoci a fornire il contesto in cui sono
acquisite e sviluppate funzioni psicologiche (ad es. la regolazione degli affetti e delle
emozioni così come la capacità simbolica è interiorizzata a partire dalla relazione madre-
bambino).

ATTACCAMENTO E FUNZIONE RIFLESSIVA


PETER FONAGY

Il Sé esiste solo nel contesto della relazione con l’altro, il suo sviluppo deriva allora
dall’aggregazione di esperienze di Sé nelle relazioni. Aspetti ripetuti e invarianti delle
relazioni sé-altro sono riassunti in modelli mentali delle rappresentazioni interne e
strutturati all’interno di modelli operativi interni (Bowlby) o di triadi sé-altro-affetto
(Kernberg).
Il comportamento di attaccamento si può definire come un’abilità acquisita in relazione ad
uno specifico caregiver all’interno di un modello comportamentale finalizzato. Il bambino
sviluppa modelli indipendenti delle principali relazioni di attaccamento (schemi sé-
altro) in base alle sue interazioni con ciascuno dei caregiver. A loro volta queste
esperienze di interazione sono determinate dalla rappresentazione che il caregiver
ha della sua personale storia di attaccamento (interiorizzazione di schemi sé-altro
derivanti dalle sue passate esperienze).

Il bambino cerca una modalità per gestire i suoi stati d’animo e identifica nella
risposta del caregiver una rappresentazione del proprio stato mentale, che
interiorizza e usa come strategia di regolazione degli stati emotivi. La prossimità del
caregiver, il cui stato di arousal concorda con quello del bambino, consente a quest’ultimo
di interiorizzare lo stato del primo, tale stato interiorizzato può diventare la base di una
rappresentazione di secondo ordine dell’angoscia, e alla fine consentire una
comprensione simbolica degli stati interiori per mezzo di una mente umana. Il caregiver
sicuro ha una funzione regolatoria calmante che sa combinare il rispecchiamento
dello stato emotivo con la strategia di fronteggiamento e processamento di tale

32
stato emotivo. Al contrario, il rispecchiamento di uno stato emotivo discordante implica
che il bambino interiorizzi l’atteggiamento del caregiver e questa disarmonia diventa il
contenuto dell’esperienza del Sé.

MARY TARGET
L’attaccamento sicuro è il risultato di un contenimento riuscito, mentre
l’attaccamento insicuro è un compromesso difensivo in cui l’intimità (evitante
distanziante) o l’autonomia ambivalente (ambivalente preoccupato) sembrano
essere sacrificate per mantenere la vicinanza fisica a un genitore incapace di
contenere gli affetti del figlio … l’incapacità della madre di comprendere l’angoscia del
bambino e di rifletterla in modo controllato probabilmente forza il bambino ad assumere
dei comportamenti difensivi. I comportamenti difensivi possono essere specifici rispetto ad
un adulto e sembrano presi a prestito dal genitore attraverso un processo di
identificazione/interiorizzazione.
In questo senso quindi il bambino sicuro diventa un individuo che mentalizza, ovvero
che ha accesso al pensiero simbolico,alla comprensione degli stati mentali che è
alla base dei processi sociali e alla funzione regolatoria delle emozioni.

LEZIONE 17 – 13/04/22 e LEZIONE 18 – 26/04/22 e LEZIONE 19 – 27/04/22


PROGETTO GLOSSARIO
FANTASIA INCONSCIA Isaacs – Klein
La fantasia inconscia è la rappresentazione al livello mentale e psichico di sensazioni e
percezioni esperite a livello somatico. Le fantasie inconsce sono significative nell’ambito
della realtà psichica e si traducono anche nel gioco e nel comportamento del
bambino. Per Melanie Klein la fantasia inconscia è il corollario mentale e psichico di un
istinto che colora il modo con cui ci si rapporta alla realtà e alle esperienze dell’esistenza,
partendo da quelle elementari. Infatti, la Klein arriva ad ipotizzare che il lattante viva già
dai primordi un rapporto precoce con l’oggetto del desiderio espresso in forma di fantasia
inconscia; questo rapporto con gli oggetti della realtà esterna viene vissuto dall’io sia in
fantasia che in realtà in quanto la fantasia è funzione dell'Io e ciò comporta l'assunto che
l'Io fin dalla nascita sia in grado di stabilire relazioni oggettuali primitive sia nella fantasia
che nella realtà. La fantasia inconscia fa in modo che tutte le esperienze, a cui il soggetto
non riesce ad attribuire significato, vengano colorate negativamente o positivamente in
base a come vengono osservate o subite dall’individuo: la fantasia inconscia popola il
mondo del bambino che vive un rapporto con quell’oggetto che può diventare terribile o
idealizzato. Quando la percezione esterna della realtà è ancora sfumata e poco chiara, il
mondo interno funge da filtro assumendo un ruolo preponderante, poiché permette al
bambino di direzionare i desideri e le pulsioni verso immagini innate e fantasie del mondo
esterno antecedenti all’esperienza della realtà, che permettono di allontanare
l’autodistruzione e gli istinti di morte. La Klein, però, sottolinea anche l’importanza
dell’esperienza con gli oggetti reali del mondo esterno che influenzano e modificano le
immagini innate nel bambino. Per Melanie Klein la fantasia inconscia non si costituisce in
contrapposizione alla realtà esterna, ma è un'attività continua che caratterizza fin dalla
nascita la vita psichica del bambino. La precocità delle fantasie inconsce permette di dire

33
alla Klein che il bambino può essere analizzato fin dalla tenera età, poiché il suo Io, che
vive rapporti in fantasia con gli oggetti, si sta già strutturando, sta già facendo un lavoro di
investimento e identificazione con oggetti che andranno costituire l’Io ideale e la coscienza
punitiva.
Per Susan Isaacs la fantasia inconscia corrisponde alle esperienze psichiche che
accompagnano la vita ed i suoi eventi laddove l’esperienza somatica non può essere
mentalizzata e significata. Tutti gli impulsi, i bisogni, le soddisfazioni istintuali, i desideri e i
meccanismi di difesa sono sperimentati come fantasia inconscia che è, dunque, il
rappresentate psichico dell’inconscio. Nello sviluppo mentale del neonato, le fantasie
infatti diventano presto anche un mezzo di difesa dalle angosce, un mezzo per inibire e
controllare gli impulsi istintuali e al tempo stesso un mezzo per esprimere i desideri di
riparazione. Le fantasie primitive sorgono dagli impulsi corporei e sono intessute di
sensazioni fisiche e di affetti. Le fantasie sono quindi attive nella mente prima ancora dello
sviluppo del linguaggio ed esprimono per prima cosa una realtà interna e soggettiva
sebbene siano connesse ad un’esperienza reale della realtà oggettiva. La fantasia è una
funzione mentale che ha effetti nel mondo interno e nel comportamento dell’individuo.
POSIZIONE DEPRESSIVA Klein
CAPACITA’ DI PREOCCUPARSI Winnicott
COMUNE MADRE DEVOTA Winnicott
PREOCCUPAZIONE MATERNA PRIMARIA Winnicott
La fase di preoccupazione materna primaria è una condizione necessaria di elevata
sensibilità che permette l’adattamento sensibile e delicato ai primi bisogni del bambino.
Winnicott la descrive quasi come una malattia: la madre deve essere sufficientemente
sana per “ammalarsi” per poi “guarire” una volta che il bambino ha meno bisogno
dell’adattamento materno. Winnicott osserva il neonato sempre all’interno della diade
madre-bambino, poiché quest’ ultimo non può esistere psicologicamente se non correlato
ad un Io-ausiliare che solitamente è la madre (o chi ne fa le veci). Il bambino ha infatti un
Io inorganizzato, non integrato e dipendente dalla madre, che già dalla gravidanza
regredisce ad una condizione di preoccupazione materna primaria caratterizzata da
particolare vicinanza e ipersensibilità nei confronti del neonato, avvicinandosi alla sua
condizione di inorganizzazione e di perdita transitoria dell’immagine di sé come soggetto
adulto, che deve essere successivamente recuperata. Questa condizione di ritiro degli
investimenti della realtà esterna consente di essere tutt’uno col bambino in modo da
comprendere le sensazioni da lui provate, ma avendo comunque un apparato mentale che
consente di rappresentare e, quindi, di saper fornire una risposta ai bisogni del neonato.
Una volta uscita da tale condizione introduce nella realtà del bambino dei piccoli frammenti
di realtà, delle piccole percezioni relative al proprio bisogno e alla propria dipendenza e ciò
permette alla madre di riprendere pezzi della sua vita e di ritornare ad occuparsi di sé.

34
PROCESSO DI SEPARAZIONE INDIVIDUAZIONE Mahler

SEPARAZIONE - INDIVIDUAZIONE
Il processo di separazione - individuazione corrisponde con la nascita psicologica del
bambino e avviene dai 4-5 mesi fino al 30-36 mesi. Essendo un processo intrapsichico,
continua per tutta la durata del ciclo di vita. La separazione e l'individuazione sono due
sviluppi complementari ma non uguali che possono procedere a ritmi diversi. Uno sviluppo
motorio precoce infatti potrebbe portare a un allontanamento fisico precoce dalla madre,
che permetterebbe una consapevolezza della separazione prematura prima dei
meccanismi regolatori interni, in questo caso il bambino potrebbe necessitare di una
componente di individuazione per far fronte a questa consapevolezza. Al contrario invece,
una madre infantilizzante e onnipresente potrebbe interferire con la spinta innata del
bambino all'individuazione nonostante un normale o anche precoce sviluppo cognitivo,
perfettivo e affettivo.

È un processo che ha inizio dopo la fase simbiotica normale tra i 4/5 mesi, e ha come
obiettivo il graduale e sicuro allontanamento dalla madre per creare la propria identità e
individualità. La Mahler precisa che la separazione ed individuazione sono due direttrici di
sviluppo complementare: la separazione consiste nell’emergere del bambino da una
fusione simbiotica con la madre e implica un graduale allontanamento e differenziazione.
L’individuazione, invece, consiste in quelle conquiste che denotano l’assunzione da parte
del bambino delle proprie caratteristiche individuali e implica un’evoluzione dell’autonomia
intrapsichica, ma anche uno sviluppo a livello percettivo per esempio, quindi anche
cognitivo. I due processi devono essere considerati insieme, come complementari e mai
divergenti, anche se non sono mai completamente sovrapponibili. Il processo di
separazione individuazione prevede per l’autrice 4 sottofasi:

1) Differenziazione e sviluppo dell’immagine corporea (4°-10° mese): ovvero il bambino


prende coscienza del proprio corpo (individuazione) e al tempo stesso distingue quello
della madre (separazione)

2) Sperimentazione (10°-15° mese): i progressi dell’attività motoria del bambino che gli
danno la possibilità di avvicinarsi o di allontanarsi alla madre (separazione). In questa fase
i bambini si interessano anche alle loro parti genitali e alla differenza anatomica tra maschi
e femmine (individuazione).

3) Riavvicinamento (15°-30° mese): attraverso una successione di movimenti di


avvicinamento e di allontanamento nei confronti di sua madre, il bambino trova una
distanza ideale dalla madre (separazione) ed è capace di sopportare le attese e le
frustrazioni, e si sente interiormente al sicuro nonostante la lontananza della madre
(individuazione).

4) Costanza dell’oggetto libidico (3°anno): Il bambino ha adesso una rappresentazione


stabile, permanente e distinta di lui e di sua madre. Il bambino inoltre percepisce anche le
sue caratteristiche sessuali e la sua identità sessuale. È nel corso di questa fase che
l'individualità e l’identità del bambino si affermano. Tuttavia, questo processo di
separazione e di individuazione non è del tutto terminato, e delle frustrazioni o angosce
troppo intense possono farlo regredire.

35
Winnicott come la Malher comprende l’importanza del legame tra sviluppo mentale e
ambiente; infatti, le due direttrici del processo si riferiscono da un lato all’ambiente
(separazione) e dall’altro allo sviluppo mentale (individuazione). È possibile osservare una
somiglianza tra la sottofase di differenziazione e la fase di dipendenza relativa di
Winnicott. Infatti, in questa fase il bambino è consapevole della sua dipendenza dalla
madre e reagisce alla sua assenza con ansia e angoscia, proprio come nella sottofase di
differenziazione, nella quale però non c’è il focus sulla consapevolezza della dipendenza,
ma piuttosto del proprio corpo, separato e differenziato dalla madre. Questa
consapevolezza del corpo per Winnicott avviene in particolare attraverso l’Handling,
ovvero la manipolazione da parte della madre e del padre, del bambino che così inizia a
percepire i suoi confini corporei e quelli dei genitori. Come per la Malher Winnicott afferma
che col passare del tempo il bambino diventa capace di rinunciare alla presenza reale
della madre grazie all’istaurarsi di “un ambiente interno”, in quanto a poco a poco
l’ambiente viene inglobato e strutturato nella personalità dell’individuo. Con questa
affermazione Winnicott riprende chiaramente l’importanza del legame del processo di
separazione-individuazione, la separazione dalla madre è in un continuum che arriva alla
strutturazione dell’individualità del soggetto.

ADDESTRAMENTO ALL’ANALISI A. Freud


CRISI DEL RIAVVICINAMENTO Mahler
OGGETTO SOGGETTIVO Winnicott
L'oggetto-soggettivo è creato dall'illusione di onnipotenza del bambino.
Winnicott ne parla quando sta parlando della capacità della madre di saper anticipare i
bisogni del bambino e di fare apparire l'oggetto del bisogno nel momento in cui il bambino
lo desidera, che farà sentire il bambino investito da un fortissimo senso di onnipotenza.

AMORE SPIETATO Winnicott
OGGETTO TRANSIZIONALE Winnicott
L’oggetto transizionale è un oggetto paradossale perché appartiene al mondo esterno in
cui viene trovato ma contemporaneamente è creato dal bambino, il quale gli trasmette il
suo mondo interno, costituendosi come suo magico possesso e collocandosi, dunque, tra
realtà e fantasia. Tale oggetto si pone al confine tra l’oggetto soggettivo, creato
dall’illusione di onnipotenza del bambino, e l‘oggetto oggettivamente percepito, che è un
oggetto della realtà, separato dall’individuo e indipendente dal suo controllo.
L’ oggetto transizionale è rintracciabile in quella che Winnicott definisce come area
transizionale, cioè l’area della vita psichica che il bambino possiede per creare e per
strutturarsi e che si situa là dove e quando il bambino si appresta a vivere la propria
separazione dalla madre, consentendo il passaggio dalla dipendenza assoluta a quella
relativa; la condizione necessaria dell’oggetto transizionale è una precedente esperienza
di illusione. In quest’area, l’introduzione di elementi della realtà aiuta il passaggio alla
disillusione, al riconoscimento della realtà esterna insieme agli oggetti esterni, quindi al
principio di realtà.
L’ oggetto transizionale deve ricordare la madre e, per questo, deve avere delle qualità
fisiche come il calore o il profumo che la riportano alla mente; inoltre, deve permettere al
bambino di rendersi gradualmente indipendente da essa aiutandolo nel distacco e, perciò,
è destinato ad essere dimenticato una volta svolta tale funzione. Se per noi adulti l’oggetto

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transizionale rappresenta la madre, per il bambino è effettivamente la madre e, inoltre, la
relazione che vive con l’oggetto è la relazione che vive con la madre: è, dunque, un
sostituito materno che gli consente di separarsi dalla madre. È importante che l’ambiente,
ovvero la madre, rispetti e riconosca l’importanza dell’oggetto, tollerando tutti quegli
elementi che possono influire su esso e, allo stesso tempo, non interferendo.

USO DELL’OGGETTO Winnicott


HOLDING Winnicott
IO AUSILIARIO Winnicott
ILLUSIONE E DISILLUSIONE Winnicott
IPERTROFIA DELL’INTELLETTO Winnicott
Con il termine “ipertrofia dell’intelletto” Winnicott fa riferimento ad una complessa rete di
razionalizzazioni ed intellettualizzazioni messe in atto dal Falso Sé per prevenire e
proteggere il Vero Sé dinnanzi ad eventi potenzialmente traumatici. Difatti, uno sviluppo
sano richiede il passaggio da una fase di dipendenza assoluta ad una di dipendenza
relativa, soprattutto grazie ad un rispecchiamento funzionale, adattivo, continuo e
prevedibile da parte della madre. Nel momento in cui questo meccanismo di
rispecchiamento risulta essere precoce, imprevedibile e discontinuo, si viene a generare
una situazione di non-integrazione e di annichilimento del Sé, mettendo in moto un
modello di “frammentazione dell’essere” che è il contrario della ricercata “continuità del
continuare ad esistere“. In altri termini, gli urti provocati dal non rispecchiamento possono
prevaricare l’espressione del Vero Sé, ma per prevenire questa catastrofe psichica
l’intelletto (e quindi una funzione dell’Io) assume un ruolo di assistenza e sostegno del Sé,
tramite l’organizzazione di una struttura difensiva. Si costruisce così il Falso Sé che lega
aspetti della sua funzione ad un’ipertrofia del pensiero, dunque la funzione intellettiva
sopraffà il Vero Sé, si iper-sviluppa per andare a comprendere e coprire l’esperienza, le
emozioni e per preservarlo dall’insorgenza dell’evento-trauma, vi è una comprensione
intellettiva e cognitiva della realtà per non permettere un rapporto con essa attraverso il
falso se. Il bambino dovrà sviluppare un apparato per pensare e spiegare l’inspiegabile e
per fare ciò è necessario uno sviluppo precoce e distorto dell’ intelletto.
FUNZIONE SPECCHIO Winnicott
La funzione specchio è appunto la funzione materna che permette alla madre di
comprendere i bisogni del bambino, di rendersi vulnerabile come il bambino avvicinandosi
a una condizione di inorganizzazione e di dipendenza assoluta dal bambino. La funzione
specchio fa nascere nel bambino l’illusione di onnipotenza, per cui a un suo bisogno
corrisponde il gesto della madre. L’illusione è il punto in cui il bisogno del bambino si
fonde con la responsività materna, l’illusione di poter onnipotentemente creare da sé ciò di
cui ha bisogno. Quindi si può affermare che uno sviluppo sano preveda che la madre
abbia una responsività sensibile ai bisogni del bambino e che quindi dia senso
all’onnipotenza del bambino. Questa responsività permette al bambino di sviluppare il vero
Sé. Se invece vi è una mancata responsività o un’eccessiva intrusione materna le
pressioni dell’ambiente prevalgono. Dal momento in cui il bambino non ha
un’organizzazione dell’Io abbastanza matura per fronteggiare le frustrazioni esterne, l’Io
reagisce organizzando un falso Sé. Per Winnicott l’alternativa all’essere è il reagire.

37
Anche Fonagy parla di funzione specchio, in particolare di funzione riflessiva. Secondo
Fonagy il Sé esiste solo nella relazione con l’altro. In particolare, il bambino per gestire i
suoi stati emotivi, identificando nella risposta del caregiver una rappresentazione del
proprio stato mentale. Il bambino usa questa rappresentazione come strategia di
regolazione emotiva. Lo stato di arousal del caregiver concorda con quello del bambino,
poiché il primo riflette lo stato emotivo del secondo. Il caregiver sicuro ha una funzione
regolatoria calmante, poiché riesce a combinare il rispecchiamento dello stato emotivo con
la strategia di fronteggiamento. Secondo la Target, la funzione riflessiva della madre è
fondamentale per lo sviluppo sano del bambino. Il bambino diventerebbe un individuo che
mentalizza, ovvero che comprende i suoi stati mentali. Questa comprensione è alla base
dei processi sociali e alla funzione regolatoria delle emozioni. Se la madre non è in grado
di comprendere gli stati emotivi del bambino e quindi di rifletterli, il bambino assume
comportamenti difensivi.

FALSO SE’ Winnicott


OSSERVAZIONE DIRETTA E PARTECIPE IMPINGMENT Winnicott
DIPENDENZA RELATIVA Winnicott
La dipendenza relativa è un effetto della disillusione che si introduce nella realtà primaria
del bambino. Essa conduce verso il riconoscimento della realtà esterna al bambino, che
fino a questo momento ha vissuto nel proprio senso di onnipotenza (vige la dipendenza
assoluta), a cui la disillusione ha posto un limite. Nel momento in cui si avvia il passaggio
alla dipendenza relativa, il bambino fa esperienza di sé e delle cure materne: inizia a
riconoscere, gradualmente, le cure materne, considerando la madre in qualità di oggetto
d’amore reale e importante, può così comprendere l’esistenza di chi si prende cura di lui. Il
processo della dipendenza relativa fa conquistare tre importanti compiti evolutivi, quali
l’integrazione dell’io (a seguito dell’holding); la personalizzazione (a seguito dell’handling);
infine, gli inizi delle relazioni oggettuali (a seguito dell’object presenting ).
Durante la fase della dipendenza assoluta, la madre che Winnicott definisce,
sufficientemente buona, contiene e sostiene il bambino (holding) comprendendo e dando
senso ai suoi bisogni. La madre si pone come Io ausiliario del bambino e anche come
oggetto soggettivo. Quando la madre si pone come oggetto soggettivo, ovvero come un
oggetto creato dalla fantasia e dall’immaginazione del bambino, consente al bambino di
vivere l’illusione di poter magicamente ed onnipotentemente creare ciò di cui ha bisogno. Il
bambino nel momento in cui ha bisogno di qualcosa crea nella sua fantasia l’oggetto di cui
ha bisogno, ovvero l’oggetto soggettivo. Quando al suo bisogno e corrisponde il gesto
materno si sviluppa un processo di illusione, per cui l’oggetto soggettivo creato dal
bambino si sovrappone alla presentazione dell’oggetto da parte della madre. Per essere
più chiaro ancora la madre pone il seno reale dove e quando il bambino è pronto a crearlo.
Per la Klein non vi è impulso, bisogno o desiderio che non sia prima stato sperimentato
come fantasia inconscia, che sarebbe l’oggetto soggettivo di Winnicott. La Klein afferma
che quando il bambino ha bisogno, desidera il seno della madre, ne fa sempre prima
esperienza a livello fantasmatico, ovvero crea l’oggetto soggettivo.

Nel processo di separazione dalla madre, in particolare nel passaggio dalla fase di
dipendenza assoluta a quella di dipendenza relativa, il bambino impara gradualmente a
separarsi dalla madre reale e a percepire il mondo esterno. Secondo Winnicott questo
passaggio è molto difficile per il bambino; infatti, per l’autore il bambino verrebbe aiutato e
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accompagnato da oggetti e fenomeni transizionali. Questi si trovano nella area
transizionale o spazio potenziale, ovvero un’area ipotetica che esiste tra il bambino e
l’oggetto, che aiuta il bambino a riconoscere la differenza tra mondo interno e realtà
oggettiva, e a favorire il passaggio dall’illusione alla disillusione. In quest’area avviene una
graduale transizione verso la realtà esterna, per la quale il bambino è accompagnato da
un oggetto transizionale, che si crea nell’area transizionale e si trova quindi in una terra di
mezzo tra l’oggetto soggettivo e l’oggetto oggettivo. L’oggetto soggettivo è un prodotto
della creatività del bambino, un oggetto che non esiste nella realtà oggettiva, ma è frutto
appunto dell’immaginazione del bambino. Quindi l’oggetto soggettivo è una fantasia del
bambino creata da lui che ha un collegamento con il mondo esterno. La Klein afferma che
le fantasie esprimono una realtà interna e soggettiva, ma che al tempo stesso siano
connesse ad un’esperienza reale avvenuta nel mondo esterno. La fantasia è per la Klein
una funzione mentale che ha effetti nel mondo interno, ma anche nel mondo esterno, in
particolare nel comportamento del bambino. Infine, per Winnicott l’oggetto soggettivo
permette l’appercezione, ovvero una percezione attiva del mondo. Gli eventi appercepiti
sono eventi percepiti oggettivamente e soggettivamente, dotati quindi di valore reale, ma
anche di un valore soggettivo che aggiunge spontaneità all’evento.

SPAZIO POTENZIALE Winnicott


HANDLING Winnicott
L’handling è identificabile come uno dei compiti, attribuiti da Winnicott, alla madre del
bambino per promuovere lo sviluppo adeguato del neonato che consente la strutturazione
del Sé del bambino stesso; (le altre due funzioni a cui si fa riferimento sono l’holding e
l’object presenting). Esso è descritto letteralmente come abituale manipolazione fisica
dell’infante ripetuta nel tempo, cosicché favorisce la fase della “personalizzazione”: la
manipolazione corporea avviene in risposta ai bisogni del bambino e questo permette una
costruzione mentale dello schema corporeo, creando quindi l’unità psicosomatica, essa è
una condizione fondamentale e indispensabile per la salute mentale e per fare esperienza
della Realtà. Quindi l’handling può essere considerato come una graduale presa di
consapevolezza dei propri confini corporei.
MADRE OGGETTO E MADRE AMBIENTE Winnicott
La madre-oggetto è quella in possesso dell’oggetto parziale (il seno) capace di soddisfare
i bisogni urgenti del lattante, mentre la madre-ambiente è rappresentata dalla madre come
persona che allontana l’imprevedibile e che fornisce attivamente l’assistenza, come la
manipolazione. Quindi, la madre-ambiente riceve tutto ciò che può essere definito come
affetto, mentre la madre-oggetto diventa il bersaglio dell’esperienza eccitata al culmine
della tensione istintuale. I concetti di madre-oggetto e madre-ambiente sono considerati da
Winnicott come aspetti differenziati del fare esperienza di sé e dell’oggetto d’amore negli
stati eccitati e negli stati di quiete. L’oggetto (reale) che sopravvive agli attacchi (in
fantasia) senza fare rappresaglie consente al bambino di riconoscerne gradualmente
l’esistenza come oggetto esterno, non dipendente dal controllo che in fantasia il bambino
esercita magicamente: ciò rende possibile il gesto spontaneo di riparazione e, di
conseguenza, il passaggio dal senso di colpa alla capacità di preoccuparsi, il
riconoscimento della differenza tra mondo interno e realtà esterna, l’acquisizione di una
fiducia nella qualità delle proprie azioni e nell’ambiente che alimenta la speranza e
sostiene lo sviluppo e, infine, l’uso dell’oggetto. In altre parole, il senso di colpa può essere
contenuto e può trasformarsi in capacità di preoccuparsi solo se la madre non si vendica e
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se sopravvive agli attacchi poiché l’oggetto distrutto in fantasia che sopravvive all’attacco
non è più oggetto soggettivo ma oggetto reale. La capacità di preoccuparsi esprime la
possibilità che al di là delle angosce, queste consentano di capire che l’oggetto che è
sopravvissuto all’attacco non solo è reale e indipendente dalla fantasia, ma è anche un
oggetto che resiste all’ attacco e non si vendica, che sancisce la distinzione tra fantasia e
realtà. Quando la madre-oggetto è imprevedibile, dunque ha un umore altalenante o
cambia improvvisamente espressione, mette in sacco la possibilità del bambino di essere
compreso poiché non è un oggetto in cui si può riporre fiducia e richiede al bambino di
mettere in secondo piano il suo umore per comprendere quello della madre. Questo non
permette la spontaneità e conduce, di conseguenza, a sviluppare un falso sé: in un
ambiente non prevedibile il bambino, dunque, non esprimerà i propri sentimenti ma sarà
obbligato a compiacere e a preoccuparsi dei sentimenti dell’altro, questo a scapito del suo
mondo interno. La prevedibilità dell’ambiente è dunque un requisito essenziale per uno
sviluppo sano che favorisca il vero sé. Infatti un ambiente prevedibile è un ambiente che si
può controllare, che è caratterizzato da coerenza e costanza, questo fa sì che il bambino
(oltre a non essere messo in scacco) possa acquisire fiducia in sé stesso e nei confronti
dell’ambiente che accoglie il suo gesto spontaneo. È un ambiente in grado di riflettere i
bisogni del bambino e non le proprie condizioni (dell’ambiente).
FUNZIONE RIFLESSIVA Fonagy
TENDENZA ANTISOCIALE Winnicott
GIOCO DEL FAR FINTA Fonagy
POSIZIONE SCHIZOPARANOIDEA E DEPRESSIVA Klein
ANGOSCE/AGONIE MPENSABILI Winnicott
DIPENDENZA ASSOLUTA Winnicott
Durante la fase di dipendenza assoluta il bambino è inscindibile dalla madre. Il bambino in
questa fase non esiste da solo, ma solamente in rapporto con la madre “sufficientemente
buona”, la quale attraverso l’holding e la preoccupazione materna primaria comprende i
bisogni del bambino identificandosi con lui. La funzione specchio è appunto la funzione
materna che permette alla madre di comprendere i bisogni del bambino, di rendersi
vulnerabile come il bambino avvicinandosi a una condizione di inorganizzazione e di
dipendenza assoluta dal bambino. La funzione specchio fa nascere nel bambino l’illusione
di onnipotenza, per cui a un suo bisogno corrisponde il gesto della madre. L’illusione è il
punto in cui il bisogno del bambino si fonde con la responsività materna, l’illusione di poter
onnipotentemente creare da sé ciò di cui ha bisogno. Quindi si può affermare che uno
sviluppo sano preveda che la madre abbia una responsività sensibile ai bisogni del
bambino e che quindi dia senso all’onnipotenza del bambino. Questa responsività
permette al bambino di sviluppare il vero Sé. Se invece vi è una mancata responsività o
un’eccessiva intrusione materna le pressioni dell’ambiente prevalgono. Dal momento in cui
il bambino non ha un’organizzazione dell’Io abbastanza matura per fronteggiare le
frustrazioni esterne, l’Io reagisce organizzando un falso Sé. Per Winnicott l’alternativa
daall’essere è il reagire.

Anche Fonagy parla di funzione specchio, in particolare di funzione riflessiva. Secondo


Fonagy il Sé esiste solo nella relazione con l’altro. In particolare, il bambino per gestire i

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suoi stati emotivi, identificando nella risposta del caregiver una rappresentazione del
proprio stato mentale. Il bambino usa questa rappresentazione come strategia di
regolazione emotiva. Lo stato di arousal del caregiver concorda con quello del bambino,
poiché il primo riflette lo stato emotivo del secondo. Il caregiver sicuro ha una funzione
regolatoria calmante, poiché riesce a combinare il rispecchiamento dello stato emotivo con
la strategia di fronteggiamento. Secondo la Target, la funzione riflessiva della madre è
fondamentale per lo sviluppo sano del bambino. Il bambino diventerebbe un individuo che
mentalizza, ovvero che comprende i suoi stati mentali. Questa comprensione è alla base
dei processi sociali e alla funzione regolatoria delle emozioni. Se la madre non è in grado
di comprendere gli stati emotivi del bambino e quindi di rifletterli, il bambino assume
comportamenti difensivi.

LEZIONE 20 – 02/05/22 e LEZIONE 21 – 03/05/22 e LEZIONE 22 – 04/05/22

LA MENTALIZZAZIONE NEL CICLO DI VITA


(Lezioni con la prof.ssa Rega)

Primo approccio al caso clinico:


Quali aree esplorare prima dell'intervento?

1. Analisi della domanda.


Soprattutto nell'età evolutiva, spesso la richiesta d'intervento viene fatta dai genitori o da
insegnanti. Quindi occorre capire le loro motivazioni, le loro aspettative, la loro disponibilità
a collaborare,

2. Modalità di invio.
Da chi è stato inviato al colloquio?
Bisogna esplorare la motivazione che ha portato l'utente al colloquio. Valutare se il
paziente /la famiglia abbia già contattato altri professionisti, perché aiuta a comprendere le
aspettative sul modo di affrontare la patologia

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3.Perché proprio ora.
Valutare se vi sia stato un evento critico ad aver motivato la decisione di fissare il
colloquio.

4. Anamnesi.
È opportuno fare un'accurata anamnesi ripercorrendo le tappe dello sviluppo del paziente
e la storia di vita. E opportuno avere informazioni anche sulla composizione della famiglia,
se ci sono fratelli o sorelle, se ci sono altre figure affettive di riferimento, se ci sono state
separazioni, lutti, eventi traumatici ecc.

5. Analisi della sintomatologia.


È opportuno approfondire quando siano comparsi la prima volta, quando si presentano,
come vengono gestiti dal bambino e dalla famiglia.

5. Somministrazione di test.
Per ottenere dati che possano avvalorare o meno le ipotesi diagnostiche formulate. Con
bambini e adolescenti è preferibile partire dalla somministrazione di test del funzionamento
Intellettivo e pol proseguire con la somministrazione di test volti a valutare la presenza di
specifici disturbi psicopatologici, in quanto quest'ultimi, soprattutto quelli proiettivi,
suscitano nel bambino vissuti ed emozioni complesse e scomode. che possono metterlo a
disagio, mentre l'esecuzione di test d'intelligenza, se presentati come delle attività di gioco,
richiede uno stato d'animo relativamente più tranquillo.

6. Restituzione
Momento finale che precede l'ipotesi di intervento, in cui si restituisce all'utente il quadro
clinico emerso dalle valutazioni, sottolineando punti di forza e di debolezza.

7. IPOTESI DI INTERVENTO TERAPEUTICO

Esempio: Caso clinico di Michele, 10 anni


Michele è un bambino di 10 anni che frequenta la quinta elementare. Dopo diverse
segnalazioni da parte delle insegnanti, viene accompagnato al servizio di Neuropsichiatria
infantile dalla madre. Proviene da un contesto familiare multiproblematico: non ha mai
conosciuto il padre e le due sorelle minori risiedono in casa-famiglia. Le insegnanti
segnalano che a scuola Michele manifesta frequenti scoppi di rabbia anche in assenza di
una chiara provocazione. Durante le lezioni ha un atteggiamento disinteressato e uno
sguardo triste, è spesso agitato e si alza di continuo con l'obiettivo di disturbare
intenzionalmente la classe. In classe si evidenzia una scarsa integrazione nel gruppo
dei pari, con i quali spesso entra in conflitto. Il rendimento scolastico risulta appena
sufficiente. Tuttavia, viene descritto come un bambino intelligente, con buone capacità
linguistiche e di ragionamento complesso. La mamma riferisce che anche a casa Michele
è molto irritabile e manifesta scoppi di collera incontrollati. In questi momenti, cerca di
calmarsi o mangiando o giocando al pc.

o Primo colloquio: fase di accoglienza


Innanzitutto, sia la mamma e sia il bambino vengono accolti nello studio dello psicologo
(FASE INIZIALE DI ACCOGLIENZA). In un primo momento, la presenza di entrambi
permette di raccogliere delle informazioni importanti sulle dinamiche relazionali e sugli
stili di comunicazione che intercorrono tra di loro e che si instaurano in presenza del
clinico, sia sul piano verbale e sia sul piano non verbale.

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In questa fase iniziale, lo psicologo è tenuto al rispetto anche dell'articolo 31 del Codice
Deontologico, secondo cui "le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette
sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà
genitoriale o la tutela (..)."

Poi, è possibile procedere ad un colloquio individuale, prima solo con la mamma e poi
solo con il bambino. Questa separazione temporanea della diade madre-bambino
consente allo psicologo di analizzare la relazione di attaccamento che intercorre tra i due
e la presenza o meno di ansia da separazione.

o Primo colloquio: analisi della domanda


È opportuno poi proseguire con un'accurata ANALISI DELLA DOMANDA. Spesso, la
richiesta di una consulenza psicologica non proviene dall'utente stesso, bensì dalla
"segnalazione" fatta da medici di base del territorio, dal pediatra o da altre istituzioni
esterne, come ad esempio quella scolastica o da strutture cliniche-riabilitative o
ospedaliere.

Questo fa sì che l'utente spesso giunga al colloquio con lo psicologo con delle emozioni
molto contrastanti. Si dà per scontato che l'utente sappia già quale sia la funzione
dello psicologo clinico nel contesto ospedaliero e che sappia quali siano le motivazioni e lo
scopo di tale incontro. Per questo, quando lo psicologo esercita il suo intervento deve
tenere conto delle rappresentazioni e delle simbolizzazioni affettive evocate dal
conteso in cui esercita e che inevitabilmente incidono sulla relazione con l'utenza.

È necessario comprendere perché la mamma abbia deciso di portare il bambino a


colloquio proprio adesso e non prima, considerate le precedenti segnalazioni delle
insegnanti, e se vi sia stato un evento specifico che abbia motivato la madre a prendere
l'iniziativa proprio adesso.

Si parte quindi dal costruire un rapporto di collaborazione con la madre, comprendendo


le sue aspettative in merito all'intervento psicologico, i suoi pensieri e i suoi stati emotivi in
merito alla situazione vissuta dal bambino, cercando di accoglierla in uno spazio
relazionale fatto di empatia e di ascolto senza giudizio. È importante che la madre abbia
uno spazio privato in cui potersi esprimere liberamente con lo psicologo, senza il timore
che il bambino ascolti elementi della sua storia di vita di cui non è stato messo a
conoscenza e che potrebbero turbarlo.

o Primo colloquio: il rischio della «collusione»


In questa fase è importante che lo psicologo NON COLLUDA immediatamente con le
aspettative delle insegnanti o della mamma, ma che analizzi attentamente le loro
richieste per inquadrare il problema nella sua complessità, ponendo attenzione sia ai
problemi più evidenti ed espliciti (cioè quelli direttamente riportati dai committenti e di cui
loro sono consapevoli) che a quelli impliciti (di cui spesso i committenti non sono
consapevoli).

Nell'ambito delle relazioni familiari infatti, bisogna considerare sempre la possibilità che il
bambino venga designato come "l'unico malato da curare", e che diventi pertanto
l'oggetto di proiezioni di difficoltà che invece interessano tutto il sistema familiare.

Lo psicologo quindi non accetta la delega di una soluzione standardizzata, focalizzata


esclusivamente sul problema o sul sintomo del bambino, bensì promuove il cambiamento

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e il miglioramento adottando anche una prospettiva più ampia che tenga conto dei diversi
attori presenti (o assenti) nel contesto e nel sistema delle relazioni del bambino.

o Primo colloquio: l'anamnesi


Si prosegue poi con la raccolta dettagliata dei DATI ANAMNESTICI. In questa fase
vengono raccolte tutte le informazioni che aiutano a ricostruire le principali tappe
sviluppo attraversate dal bambino dalla nascita fino al momento attuale.

Durante il colloquio anamnestico c'è il rischio che l'utente assuma un atteggiamento


passivo e subordinato, dove è tenuto a rispondere a delle domande poste dal clinico
percepito come l'esperto. Questo alimenta l' implicita aspettativa che, dopo aver
risposto a tutte le domande, lo psicologo potrà dare la soluzione al problema. E
importante quindi che la raccolta anamnestica avvenga dopo aver stabilito una relazione di
ascolto e di collaborazione con l'utente, in cui venga illustrata la finalità della raccolta dei
dati anamnestici.

È fondamentale che lo psicologo, durante la raccolta anamnestica, tenga conto delle


difficoltà del caregiver di ricordare precisamente le varie tappe dello sviluppo, così
come della probabile tendenza ad enfatizzare la normalità di alcune tappe (che al contrario
sono comparse in ritardo) o, viceversa, a riferire ritardi di alcune tappe (che invece sono
comparse in epoca).

o Primo colloquio: il colloquio con il bambino


Dopo un primo colloquio con la mamma, si procederà con IL COLLOQUIO CON IL
BAMBINO puntando a stabilire un'alleanza iniziale che renda possibile la prosecuzione
degli incontri.

Per evitare che il bambino assimili il setting clinico a contesti già noti, come quello
scolastico o medico, è importante partire da una presentazione reciproca, in cui lo
psicologo spiega in cosa consiste la sua professione, cosa faranno insieme, lo scopo e la
motivazione dell'incontro.

È importante porsi verso il bambino con mentalità libera da giudizi preformati (quelli
della nonna e delle insegnanti), in modo da cogliere come il bambino si presenta.

Gli si chiede se è a conoscenza del motivo per cui è stato accompagnato dalla
psicologa, cosa gli è stato detto, qual è il suo punto di vista e quali sono le sue
aspettative in merito al lavoro che svolgerà con la psicologa. Dopo aver stabilito una
buona alleanza con Michele, si procederà all'approfondimento psicodiagnostico anche
attraverso la somministrazione di test.

MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di


personalità (DBP)
La mentalizzazione è una forma (principalmente preconscia) di attività mentale
immaginativa che ci consente di cogliere e interpretare il comportamento umano in
termini di stati mentali, come bisogni, desideri, emozioni, credenze, obiettivi, intenzioni e
motivazioni (Allen, Fonagy, Bateman, 2008).

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Tale capacità si sviluppa a partire dalle prime esperienze interpersonali nella relazione
bambino-caregiver. Genitori che mentalizzano propri figli, promuovo un attaccamento
sicuro e una buona capacità di regolazione emotiva.
Il maltrattamento disorganizza il sistema di attaccamento e compromette la capacità di
mentalizzare. In tali circostanze, il bambino non è in grado di individuare accuratamente
gli stati mentali sottesi ai comportamenti del caregiver abusante, e tende a vedere le azioni
come inevitabili piuttosto che intenzionali. Questo disorganizza il sé, creando delle
scissioni.

PROBLEMI DI MENTALIZZAZIONE in bambini e adolescenti

Assenza di Mentalizzazione
I bambini con disturbo dello spettro autistico potrebbero non avere la capacità di
costruire teorie sui contenuti della mente altrui (un deficit noto come «cecità mentale»;
Baron-Cohen,1995),

Ipomentalizzazione
Bambini con disturbo dello spettro autistico potrebbero avere una ridotta capacità di
mentalizzare in tutte le fasi dello sviluppo. I soggetti con schizofrenia hanno difficoltà a
leggere la mente (ipomentalizzazione) e perciò proiettano i propri sospetti paranoici sugli
altri (ipermentalizzazione).

Ipermentalizzazione
Gli individui schizofrenici proiettano i propri sospetti paranoici sugli altri
(ipermentalizzazione). Anche i soggetti con disturbo borderline tendono ad un'eccessiva
interpretazione degli stati mentali, tuttavia sono in grado di riconoscere gli stati mentali a
differenza degli schizofrenici.

Mentalizzazione «distorta»
Tipico dei problemi comportamentali esternalizzanti: il bambino assume
un’interpretazione errata e distorta della mente, attribuendo agli altri intenzioni ostili nelle
situazioni ambigue.

Pseudomentalizzazione
Tipico dei disturbi esternalizzanti più gravi. I bambini hanno un'avanzata capacità di
mentalizzazione, che tuttavia viene utilizzata per manipolare e controllare il
comportamento altrui.

Il MBT è un programma di trattamento sviluppato in origine per i pazienti con DBP


finalizzato a migliorare la capacità di funzionamento riflessivo

Principali caratteristiche del DBP


a) Disregolazione emotiva
b) Alti livelli di impulsività
C) Funzionamento interpersonale disturbato

Alla base di tali sintomi vi è una compromissione della mentalizzazione che conduce al
riemergere di modalità di pensiero NON mentalizzanti, cioè di quelle modalità che
precedono la capacità di una mentalizzazione complete.

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Ciò che viene a mancare all'origine, dunque, è un sistema di attaccamento sicuro
(Bowlby, 1989), in cui il caregiver sia capace di sintonizzarsi affettivamente (Stern,
1987), di contenere le emozioni proiettategli dal bambino per mezzo dell'identificazione
proiettiva e di rimandarle a quest'ultimo in forma rielaborata (Bion, 1962). Esperienze di
accudimento negative o trascuranti impediscono quindi lo sviluppo nel bambino di una
funzione riflessiva adeguata e di strategie per l'autoregolazione degli stati affettivi (Fonagy
e Target, 1991).

Vedi: Still face experiment (E. Tronick) >


https://www.voutube.com/watch?v=apzXGEbzhtO&ab channel=UMassBoston

Vedi: Bambini esposti a deprivazione emotiva >


https://www.voutube.com/watch?v-ChoOExRLT40&-33s&ab-MentalHealthTreatment

DBP: diagnosi e definizione secondo il DSM-5

La patologia borderline è considerata una distinta sindrome clinica, caratterizzata da un


pattern pervasivo di instabilità delle relazioni interpersonali, dell'imagine di sé e dell'umore
e una marcata impulsività, che inizia entro la prima età adulta ed è
presente in svariati contesti (APA, 2013)

Disregolazione emotiva
• Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell'umore
• Rabbia inappropriata e intensa, o con difficolta a controllare la rabbia

Disregolazione interpersonale
• Sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono
• Relazioni interpersonali instabili e intense, con altemata iperidealizzazione e
svalutazione

Disregolazione del se
• Alterazione dell’identità (immagine di sé instabile)
• Sentimenti cronici di vuoto

Disregolazione del comportamento


• Impulsivita (es., abuso di sostanze, abbuffate, spese sconsiderate, etc.)
• Ricorrenti minacce suicidare, o comportamento automutilante

Disregolazione del pensiero


• Ideazione paranoide transitoria o gravi sintomi dissociativi

Il concetto "borderline" secondo Kernberg


Il termine "borderline" viene utilizzato per descrivere quella "zona di confine" tra la
sintomatologia nevrotica e psicotica, della psicopatologia di personalita.

K. concepisce l'organizzazione borderline di personalità in termini di funzionamento


psichico.

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Kernberg distingue 3 principali
organizzazioni di personalità -
nevrotica, borderline e psicotica
- sulla base di 3 criteri strutturali:
1) integrazione dell'identità;
2)meccanismi di difesa
3) esame di realtà

Organizzazione borderline:
L'aspetto principale di questa
organizzazione è la diffusione
dell'identità, che si caratterizza
per la presenza di
rappresentazioni del Sé e degli oggetti scisse, con una scarsa integrazione delle immagini
"buone" e "cattive". L'esame di realtà e mantenuto o, nelle situazioni piu gravi,
compromesso ma mai perduto come avviene nell'org. psicotica. Per quanto riguarda i
meccanismi di difesa, la scissione è quello principale, al quale sono collegati poi
l'identificazione proiettiva, l'idealizzazione, la svalutazione, il diniego.

MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)

MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)

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Il TRATTAMENTO STANDARD basato sulla mentalizzazione (MBT) NON favorisce in
modo sufficiente la mentalizzazione genitoriale, perché non si focalizza direttamente e in
modo specifico sulla capacità di funzionamento riflessivo in relazione al bambino.

Esempio (madre di 19 anni con DBP durante un'interazione di gioco con bambina di
3 mesi):

La madre stava giocando con entusiasmo al gioco del "cuci" con sua figlia di 3 mesi,
ponendo una coperta sul viso della bambina e successivamente rimuovendola, mentre
diceva a voce alta "Sono qui". La bambina si spaventò e immediatamente cominciò a
piangere. La mandre non aveva capito che sua figlia era troppo piccola per comprendere e
per divertirsi con questo gioco di finzione. Soprattutto interpretò il pianto della figlia come
un 'indicazione da parte della bambina che non voleva giocare con lei, Perciò, la madre si
allontanò dalla figlia e la lasciò piangere, aggiungendo: "Adesso può giocare da sola",
aumentando così l'angoscia della piccola.

Il MBT-P ha come obiettivo primario lo sviluppo di un atteggiamento riflessivo nei


genitori, sostenendoli nel pensare ai propri figli nei termini della loro esperienza
interiore piuttosto che del loro comportamento

MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)

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MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)
STRUTTURA del MBT-P

MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)


LA PSICOTERAPIA INDIVIDUALE GENITORE – BAMBINO
Focalizzazione continua sulla mentalizzazione su sé stesso (come genitore), sul figlio e
sulla relazione genitore bambino.

MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)


LA PSICOTERAPIA INDIVIDUALE GENITORE – BAMBINO

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MBT per genitori (MBT-P) con disturbo borderline di personalità (DBP)
L'ATTEGGIAMENTO TERAPEUTICO

Il terapeuta funge da MODELLO per il FUNZIONAMENTO RIFLESSIVO

FOCUS sugli STATI MENTALI


Aiutare il genitore a comprendere il figlio in termini di cosa stia provando e non nei
termini di cosa stia facendo

FOCUS sugli AFFETTI


Cogliere l'affetto nell'immediatezza del momento, nel qui ed ora della seduta tra
genitore e bambino.
Che cos e successo?
cosa ne pensa?
Come si sente ora?
Come pensa che si stia sentendo il suo bambino?

FOCUS sulle RISORSE GENITORIALI


Il terapeuta può supportare e rinforzare il genitore quando egli offre un conforto e un
contenimento adeguato al figlio che è angosciato.

Nei momenti di mentalizzazione positive da parte del genitore, è utile e motivante


rinforzare la mentalizzazione, aiutandolo a cogliere i suoi benefici effetti sul genitore, sul
bambino e sulla relazione.

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FOCUS sul QUI ED ORA della relazione genitore-bambino
Il terapeuta incoraggia il genitore a pensare alla relazione che sta vivendo con il suo
bambino nel momento presente focalizzandosi sugli eventi che avvengono nel qui ed
ora (dato che ciò che succede nella stanza di terapia è probabile che accada anche a
casa).

MBT per genitori (MBT-P) con


disturbo borderline di personalità
(DBP)

Caso Clinico Madre di 25 anni


con DBP, con bambino di 6 mesi

MBT per genitori (MBT-P)


con disturbo borderline di
personalità (DBP)

Caso Clinico

Padre di 39 anni con DBP,


con bambino di 3 anni

MBT per adolescenti (MBT-A) con autolesionismo

L'AUTOLESIONISMO IN ADOLESCENZA
L'autolesionismo si riferisce ad azioni volte a far del male a se stessi, tra cui:
• procurarsi tagli,
• bruciarsi,
• avvelenarsi,
• procurarsi un'overdose,
• tentare il suicidio, etc.

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Non sempre esprime l'intenzione di morire da parte dell'individuo che lo agisce.

Funzioni:
• Provare dolore fisico per superare dolore psichico
• Punirsi
• Controllare stati affettivi dolorosi e intollerabili
• Esercitare un controllo su altri
• Esprimere rabbia

Quali psicopatologie sottostanti?


Dist. Borderline di Personalità
Dist. Depressivo Maggiore
Dist. Post- traumatico da stress

L'AUTOLESIONISMO IN ADOLESCENZA
L'autolesionismo è inteso sia come sintomatico di
un deficit nella capacità di mentalizzazione
(Bateman, Fonagy, 2004) che provoca disregolazione emotiva.

un tentativo di liberare il sé dal sé alieno (il sé è


odiato e diventa un persecutore interno) (Fonagy,
Gergely, Jurist et al., 2002)

La mancanza di rispecchiamento emotivo da parte del caregiver non consente al


bambino di interiorizzare rappresentazioni accurate dei propri e degli altrui stati mentali,
impedendogli di percepire il mondo relazionale come dotato di significato e quindi
prevedibile.

L'autolesionismo rappresenta un modo per gestire le emozioni forti attraverso


comportamenti di acting-out, nel contesto di un crollo della capacità di occuparsi degli
stati mentali propri ed altrui.

In questa modalità non mentalizzante, "parti del corpo possono essere considerate
equivalenti a specifici stati mentali e possono essere letteralmente rimosse in modo
fisico" (Batman, Fonagy, 2006)
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MBT-A e l'importanza di un'EQUIPE CLINICA MENTALIZZANTE

Nel lavoro con gli adolescenti e con le loro famiglie, in cui spesso la comunicazione e la
gestione delle emozioni si tramuta in agito, può accadere che il terapeuta sia portato a sua
volta a compiere qualche tipo di azione istintiva per intervenire e gestire le situazioni.

Stati di elevate attivazione in un individuo possono indurre stati di attivazione anche


in coloro che gli stanno attorno e che si prendono cura di lui come l'equipe clinica e il
terapeuta, minacciando anche la loro capacità di mentalizzazione.

Un'equipe mentalizzante offre una SUPERVISIONE regolare che aiuta il terapeuta ad


astenersi dall'agire in modo impulsive in risposta a interazioni emotivamente
cariche e a ripristinare le sue abilità di mentalizzazione.

MBT-A: FASE DI VALUTAZIONE


Due sedute con lo scopo di giungere ad una formulazione psicologica delle difficoltà
dell'adolescente.

É importante capire se vi siano difficoltà cognitive, perché queste potrebbero interferire


con la capacità di mentalizzare.

Fondamentale è la DIAGNOSI in età evolutiva


La valutazione dei disturbi mentali in adolescenza risulta problematica, perché è una
fase dello sviluppo caratterizzata da una tale fluidità e contraddittorietà del funzionamento
psichico da rendere sfumato il confine tra 'normalità' e patologia.

Risulta difficile riconoscere e diagnosticare i disturbi di personalità in età


adolescenziale: le complesse modificazioni connesse alla maturazione
sessuale, cognitiva e sociale possono portare ad una sintomatologia in parte o
transitoriamente sovrapponibile a quella di un disturbo di personalità.

MBT per adolescenti (MBT-A) con autolesionismo

MBT-A: FASE INZIALE DI TRATTAMENTO (1)


Comincia con l'INCONTRO DI RESTITUZIONE

All'adolescente e alla famiglia, che costituisce la base di una comunicazione volta ad


illustrare le difficoltà attuali in termini mentalizzanti e relazionali.

È importante fornire all'adolescente e alla sua famiglia un'immagine di sé stessi che li


faccia sentire compresi, che li aiuti a comprendersi reciprocamente.

Questa fase comprende anche:


• Piano di trattamento
• Piano di crisi
• Contratto (durata, frequenza delle sedute, etc.)

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L'INCONTRO PSICOEDUCATIVO, che può coinvolgere gruppi più ampi di famiglie, serve
ad aiutare le famiglie a comprendere che
• ogni comportamento ha un significato,
• i sentimenti nascono in un contesto relazionale
• e le persone hanno un potente impatto emotivo l'una sull'altra.

MBT-A: FASE CENTRALE (2)


L'obiettivo principale è migliorare la mentalizzazione nell'adolescente e nella sua
famiglia, e poi anche:
> Promuovere maggiore comprensione reciproca e comunicazione più chiara,
> Trasformare il vissuto di impotenza in senso di padronanza,
> Sviluppare un miglior controllo degli impulsi

MBT-A: FASE FINALE (3)


L'obiettivo principale è consolidare i risultati raggiunti, preparando l'adolescente e la
famiglia all'indipendenza.

MBT-A e l'importanza di un'EQUIPE CLINICA MENTALIZZANTE

Nel lavoro con gli adolescenti e con le loro famiglie, in cui spesso la comunicazione e la
gestione delle emozioni si tramuta in agito, può accadere che il terapeuta sia portato a sua
volta a compiere qualche tipo di azione istintiva per intervenire e gestire le situazioni.

Stati di elevate attivazione in un individuo possono indurre stati di attivazione anche


in coloro che gli stanno attorno e che si prendono cura di lui come l'equipe clinica e il
terapeuta, minacciando anche la loro capacità di mentalizzazione.

Un'equipe mentalizzante offre una SUPERVISIONE regolare che aiuta il terapeuta ad


astenersi dall'agire in modo impulsive in risposta a interazioni emotivamente
cariche e a ripristinare le sue abilità di mentalizzazione.

Le comunità di mentalizzazione: interventi per bambini, genitori ed insegnanti


L'ESPERIMENTO DELLE PACEFUL SCHOOLS

BULLISMO E VIOLENZA INTERPERSONALE NELLE SCUOLE

È necessario porre attenzione sulle relazioni tra i membri dell'intero sistema sociale,
inteso come unità, piuttosto che identificare i bambini "disturbati" e separarli dal sistema
sociale

Il bambino "problematico" è il sintomo di un sistema sociale patologico

L'incertezza intrinseca degli stati mentali consente di considerare punti di vista alternativi e
di trovare un'infinita varietà di significati sottostanti a un comportamento.

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L'ESPERIMENTO DELLE PACEFUL SCHOOLS

La differenza tra una COMUNITA' VIOLENTA e una NON VIOLENTA

sta nel grado in cui si incoraggia tutti i partecipanti a essere consapevoli degli stati
mentali degli altri, creando modalità innovative per modellare il clima sociale della
scuola.

THOUGHTS IN MIND (TIM)


Un programma di formazione di Gruppo sui concetti della mentalizzazione pensato per
coloro che si prendono cura dei bambini, ovvero per l'equipe di professionisti
(insegnanti) e per I genitori.

OBIETTIVO
Stimolare un ambiente di comunità mentalizzante per I bambini attraverso l'uso di
giochi, storie, narrazioni.

L'ipotesi in questo Progetto è che piccoli cambiamenti nella comunità mentalizzante


adulta che circonda I bambini possa avere un impatto positivo sulla loro salute mentale.

Il TIM rappresenta un PROGRAMMA DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE MENTALE, e


non va confuso con un trattamento

ESEMPI DI RACCONTI
che attraverso l'uso di metafore
aiutano ad illustrare ai genitori e
agli insegnanti i concetti basilari
su pensieri, sentimenti e
mentalizzazione.

I livelli della realtà

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ESEMPI DI GIOCO
Il gioco illustra come l'Io possa
porre la propria attenzione in
direzione di pensieri e
sentimenti, farne esperienza e
spostare la propria attenzione su
altri pensieri e sentimenti.

Io e Me

LEZIONE 23 – 09/05/22 PATOLOGIA

LEZIONE 24 – 10/05/22 e LEZIONE 25 – 11/05/22 FAMILY HOME VISITING con


prof.ssa Rega

LEZIONE 26 – 16/05/22 PSICOPATOLOGIA


LEZIONE 27 – 17/05/22
LEZIONE 28 – 18/05/22

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