Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Fiaba indiana dei ciechi e dell’elefante: dei ciechi toccano ognuno una parte diversa del corpo
dell’elefante e formula un’ipotesi differente, la stessa cosa avviene in psicologia dello sviluppo.
Non ci si può limitare ad osservare assumendo una sola prospettiva, ma bisogna considerarle tutte
nel loro insieme.
Nb. A volte si farà riferimento ad alcune ricerche condotte sugli animali, ma è necessario tenere
presente che ciò che vale per gli altri animali non sempre vale anche per l’uomo.
Distinguiamo:
- Ricerche qualitative, che analizzano le esperienze infantili in ogni minimo dettaglio e ne
interpretano i significati.
- Ricerche quantitative, che studiano campioni di dati molto ampi.
Come già detto, l’essere umano è influenzato dall’ambiente che lo circonda, e lo influenza a sua
volta. Il cervello in fase di sviluppo crescerà in maniera diversa in ambienti diversi. Questa
circostanza è definita dipendenza dall’esperienza. Esiste anche la cd. aspettativa dell’esperienza,
ovvero gli stimoli che gli esseri umani sono predisposti ad aspettarsi, e senza i quali non crescono,
ad es. cibo, acqua, luce. Ciò suggerisce che per rendere le persone adeguatamente umane sono
necessarie esperienze precise, e mette in discussione il mito del buon selvaggio (Rousseau), che
cresce non contaminato dalla civilizzazione. L’assenza dell’atteso contatto umano può avere effetti
devastanti, perché questi bambini “selvaggi” non hanno ricevuto le cure primarie.
Diventare una persona (=acquisire il senso di sé) richiede la ricezione di una serie di stimoli da altre
persone sin da quando veniamo al mondo, e anche che facciamo esperienza del mondo.
1
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Lo stato mentale della madre influenza l’ambiente prenatale attraverso il rilascio di ormoni. Ad es.
i feti di madri depresse reagiscono in maniera diversa agli stimoli luminosi e acustici, e si muovono
di più.
Con la tecnologia ad ultrasuoni è possibile osservare i movimenti del feto. È stato mostrato che i
feti sbadigliano, si muovono per trovare posizioni più comode, fanno smorfie di dolore, e quelli di
sesso maschile hanno erezioni. Quanto ai gemelli, si è visto come questi mostrino tratti di
personalità simili a quelli della vita post-natale, e che spesso uno dei due occupa più spazio uterino
dell’altro.
Nel 1991, Howard e Miriam Steele sottopongono le madri a un test, l’Adult Attachment Interview,
che indaga i ricordi d’infanzia del genitore. Attraverso queste interviste è stato possibile prevedere
in modo piuttosto accurato il tipo di attaccamento del bambino che sarebbe nato. Quindi c’è una
relazione tra il vissuto del genitore e lo sviluppo del figlio. Un altro esempio di come le esperienze
del genitore influenzino il nascituro è quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale in
Olanda, quando un gruppo di madri che rischiavano di morire per fame arrivarono a cibarsi di
tulipani. I loro figli hanno poi sviluppato un tipo di metabolismo parsimonioso.
Ansia e stress materno non solo influenzano il peso alla nascita, ma sono le principali cause di
complicanze alla nascita e nei periodi successivi. Ad es. bambini con basso peso alla nascita e con
madri ansiose sono maggiormente soggetti a produrre alti livelli di cortisolo. Lo stress prenatale
influenza i livelli degli ormoni regolatori dell’umore, quali dopamina e serotonina, e in alcuni casi
portano ad ADHD.
C’è chi pensa che il bonding madre-bambino vada creato immediatamente, un’idea divulgata
grazie a studi etologici sugli animali. Le papere, ad es. si legano e seguono la prima creatura che
vedono, di qualunque specie essa sia. Tuttavia, gli esseri umani sono diversi, e non hanno un
tempo limite entro il quale deve necessariamente svilupparsi il bonding. Gli esseri umani
potrebbero legarsi con qualsiasi bambino, non solo il proprio, e non necessariamente subito.
Bowlby, il padre della teoria dell’attaccamento, ha dimostrato che i legami affettivi si sviluppano in
seguito a cure costanti e alla vicinanza che dura nel tempo.
2
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Il bonding umano si sviluppa già durante la gravidanza, ad es. quando la madre visiona le immagini
ecografiche e particolarmente quando riceve la conferma che il bambino sia in salute. Dal canto
loro, i bambini facilitano l’instaurazione del legame grazie ai loro tratti fisici, che – analogamente a
quelli dei cagnolini, gattini, e cuccioli di foca – trasmettono tenerezza.
Particolare importanza, come già ribadito, assume l’allattamento, che rilascia ormoni utili, quali la
prolattina, che fa aumentare il senso di protezione e sollecitudine. Il livello di prolattina aumenta
perfino nel padre, prima e dopo la nascita. Anche l’ossitocina, ormone del benessere, viene
prodotta in questa situazione.
È stato dimostrato (Leckman) che quel tipo di amore quasi ossessivo provato dalla madre verso il
figlio ha caratteristiche molto simili ai sintomi ossessivo-compulsivi. Infatti, sia nei pazienti con
OCD, sia nelle neomamme particolarmente ansiose, si sono registrati alti livelli di ossitocina.
Fino a poco tempo fa si credeva che i bambini nascessero ciechi, ma in realtà sono in grado di
cogliere colori e forme, e sono quindi predisposti all’interazione sociale. Si relazionano in maniera
diversa con gli oggetti e con le persone; dalle ultime si aspettano una reazione, un’interazione,
mentre reagiscono ai primi come con qualcosa da esplorare. In genere, preferiscono i visi (meglio
se ad occhi aperti) agli oggetti inanimati, e manifestano preferenza per quello della madre.
Preferiscono la voce della madre rispetto a quella di un estraneo, e anche rispetto a quelle di altre
donne. È stato dimostrato come i ritmi di suzione rallentino se il bambino sente la voce materna;
questo comportamento si affievolisce nel caso di madri ansiose.
I bambini di poche settimane hanno una capacità di apprendimento sviluppatissima, e sanno
tradurre esperienze vissute da una modalità sensoriale in un’altra.
I bambini nascono con capacità sociali potenziali, che devono essere accuratamente stimolate per
permetterne lo sviluppo. Sono in grado di imitare già venti minuti dopo la nascita (es. genitore tira
fuori la lingua, bambino imita e, dopo qualche tentativo, riesce). Imparano presto ad imitare suoni
e gesti, e non imitano atti involontari, es. starnuti. Il processo di imitazione porta a una
sintonizzazione tra le parti. Ovviamente, non tutti i genitori sono in grado di instaurare una
sintonizzazione affettiva coi figli, ma questi ultimi imparano presto cosa aspettarsi.
I neonati producono più suoni simili al linguaggio quando le madri sorridono, specie se il sorriso è
sincero (cd. sorriso Duchenne) .
Attraverso l’imitazione e le risposte ricevute, imparano che possono produrre effetti sugli altri,
nonché il senso di una loro capacità di agire (cd. agency) e provano piacere per le reazioni che
riescono ad innescare. i bambini di due mesi scalciano di più se, facendolo, fanno muovere una
giostrina (cd. contingenza), ma non scalciano con lo stesso vigore se lo stesso oggetto si muove da
sé. Mostrano, inoltre, segni di protesta se la reazione contingente si interrompe.
Appena nati preferiscono una contingenza quasi perfetta, ma, crescendo, tollerano anche livelli
più bassi.
3
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Non si tratta di semplice rispecchiamento (=r iflettere a qualcuno il suo stato mentale o emotivo),
perché il bambino si sentirebbe peggio se gli riflettessimo il suo disagio; quando questo è
compreso e tollerato da un altro, fa meno paura.
Il pianto è un’area in cui il biologico e il sociale sono legati indissolubilmente; è uno strumento di
segnalazione innato, ma i bambini piangono solo se hanno un ascoltatore sensibile. I genitori
imparano a comprendere il bambino, e questo, a sua volta, impara ad adattarsi ai genitori. Se il
bambino riceve un accudimento sensibile, si fiderà maggiormente del caregiver, e si calmerà più in
fretta. Nel caso di un accudimento non sensibile, il bambino impara a non piangere – perché sa
che la sua segnalazione non riceverebbe risposta – anche se si registrano comunque alti livelli di
cortisolo.
4
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Anche quando le cose vanno per il meglio, la sincronia e la sintonizzazione affettiva reciproche
sono ben lungi dall’essere perfette. I genitori devono quindi puntare ad essere abbastanza buoni,
e non perfetti. Non è quindi necessario rispondere immediatamente ai segnali del bambino – può
capitare che il genitore sia preso da altro o che interpreti male un segnale; è possibile riparare la
mancanza di sintonizzazione.
Lo sviluppo mentale dei genitori influisce sullo sviluppo psicologico dei neonati anche di pochi
giorni. Murray ha dimostrato che adottare un adeguato sostegno terapeutico ha cambiato di
molto gli effetti della relazione madre-bambino.
Trascorrere molte ore al giorno con una persona con depressione (piatta, isolata, che non
comunica) è molto diverso dallo stare in compagnia di una persona sensibile. I figli di madri
depresse hanno totalizzato punteggi peggiori rispetto alla media in alcuni test, e mostrano un
rischio maggiore di sviluppare un attaccamento insicuro.
Gli effetti cambiano a seconda del tipo di depressione materna: depressione più intrusiva o più
ritirata.
Oltre alla depressione, altre patologie che producono effetti negativi sui bambini sono: disturbi
d’ansia, disturbi di personalità borderline, disturbi alimentari, che hanno tutti in comune il fatto
che i genitori sono meno in sintonia rispetto ai ritmi e ai desideri del neonato.
sentimenti saranno accettati e compresi. Se un bambino piange, qualcuno comprende il suo stato
mentale e lo calma dopo aver inviato stimoli tranquillizzanti, allora si può desumere che il suo
stato d’affetto è stato regolato. Il risultato più importante è che il bambino impara a comprendere,
tramite gli occhi dell’altro, quali sentimenti quegli occhi esprimono, in modo tale che anche i suoi
stati di sofferenza possano trovare significato attraverso le espressioni dell’altro.
Il bambino vede e interpreta le emozioni e reazioni dell’altro come attraverso uno specchio
deformante; percepiscono, cioè, immagini e suoni che potrebbero accrescere i sentimenti che li
mettono in difficoltà. Ad es. bambino sente rumore e si spaventa, genitore dice “non essere fifone,
controllati!”, probabilmente potrebbe sentirsi attaccato e pensare di non avere vie d’uscita.
L’esperienza empatica è qualcosa di più che un semplice restituire gli stessi sentimenti. Se fosse
così, una madre empatica restituirebbe un’espressione di terrore al figlio spaventato. <- eccessiva
empatia. In realtà, una madre empatica percepisce le emozioni del bambino, le rielabora, le
modula, e le restituisce “digerite”. In questo modo, le emozioni non sono più pericolos.
A due mesi si osservano le prime protoconversazioni tra il neonato e il genitore, conversazioni
fatte di sguardi reciproci. Già dai primi mesi di vita, i bambini sono consapevoli di essere oggetto
delle attenzioni altrui.
Cfr. Murray cap. I
Cfr. esperimento del precipizio visivo.
Teoria della mente è il termine che alcuni ricercatori hanno utilizzato per descrivere la capacità di
assumere il punto di vista altrui. Avere questa capacità significa saper uscire da se stessi, capire le
intenzioni, le convinzioni e i sentimenti degli altri, e distinguerli dai propri. Alcune persone
sviluppano questa capacità in maniera più completa, altre meno. Ad es. madri con disturbo della
personalità borderline tendono a confondere gli stati emozionali del bambino coi propri.
Nel 1976 Piaget sosteneva che i bambini sono egocentrici e presuppongono che tutti vedano il
mondo come lo vedono loro.
Un esperimento classico che misura il livello di padronanza di una teoria della mente è il cd. test
della falsa credenza.
1. Si dice al bambino che Sally ha messo una biglia in un cestino ed è andata via
2. Anne prende la biglia e la sposta in una scatola
3. Si chiede al bambino: quando sally tornerà, dove cercherà la biglia?
Fino a 4-5 anni, il bambino tenderà a dare la risposta sbagliata, poiché non è in grado di assumere
il punto di vista di un’altra persona.
Per i bambini e gli adulti autistici risulta spesso difficile comprendere il mondo assumendo un’altra
prospettiva, ed è molto probabile che non riescano a superare un test della falsa credenza. Non
comprendono le emozioni degli altri, e nemmeno le loro. Tre gruppi di sintomi:
- Grave disturbo dell’interazione sociale, che implica: non cercare conforto, giocare da soli,
non capire sentimenti e regole.
- Problemi nella comunicazione verbale e non verbale.
- Assenza di gioco creativo, uso frequente di rituali ripetitivi.
mancanza di cure materne durante la crescita lasciasse profonde cicatrici sui piccoli di molte
specie (parte da studi sui primati di Harlow e Hinde). Studiò anche i giovani criminali e scoprì che
molti di loro erano stati separati dai genitori o avevano ricevuto cure genitoriali incostanti.
A questo punto, la TdA era una sorta di teoria spaziale: più è forte la vicinanza con la figura di
attaccamento, più il bambino era felice e rilassato.
Nella fase successiva, la TdA ampliò la sua portata e complessità: si aggiunse la consapevolezza che
non tutti i genitori garantivano lo stesso tipo di base sicura, e che differenti stili genitoriali
portavano i bambini ad avere differenti stili relazionali. Caratteristico di questa fase è il test della
Strange Situation (Ainsworth):
- Madre e bambino di 1 anno ca. entrano in una stanza con giocattoli.
- Sconosciuto entra nella stanza e parla con la madre, poi prova ad interagire col bambino
- Genitore lascia la stanza senza farsi notare, sconosciuto cerca di interagire col bambino
- Madre torna e consola il bambino, poi lascia la stanza insieme allo sconosciuto, lasciando il
bambino da solo.
- La mamma torna e cerca di consolare il bambino.
Tutto avviene in 20 min ca.
Sorprende la variabilità di reazioni del bambino. Ainsworth raggruppa i comportamenti registrati in
tre categorie, una di attaccamento sicuro e due di attaccamento insicuro ( evitante e ambivalente).
Cfr. Murray cap. II
A queste due categorie di attaccamento insicuro se ne aggiunse una terza (disorganizzato), che
comprende i bambini che reagiscono in maniera imprevedibile. (si avvicinano al genitore, poi se ne
allontanano, sbattono la testa contro il muro, poi si congelano). Cfr. Murray cap. II
Il successivo balzo in avanti della TdA è si è compiuto grazie all’elaborazione di uno strumento
chiamato Adult Attachment Interview, che ha mostrato legami tra lo stato mentale degli adulti e il
tipo di attaccamento dei bambini. L’AAI è un’intervista semistrutturata che richiede circa un’ora ed
ha l’obiettivo di sorprendere l’inconscio. In base a questo test si distinguono quattro gruppi di
genitori:
- Sicuri-autonomi -> attaccamento sicuro
- Preoccupati -> attaccamento insicuro ambivalente
- Distanzianti -> A. I. evitante
- Disorganizzati -> A. I. disorganizzato.
Cfr. Murray cap. II, in part. “Fattori che condizionano la capacità dei genitori di fornire un
accudimento sensibile”
NB. Non è l’infanzia dei genitori ad essere predittiva, quanto la loro capacità di rifletterci su, cd.
funzione auto-riflessiva.
Un concetto che si lega a quello di mind-mindedness è quello sviluppato da Fonagy e Target, la cd.
mentalizzazione. È la capacità di descrivere gli stati mentali propri e altrui, di riflettervi su, e di
capire che il comportamento delle persone è influenzato da fattori psicologici ed emozionali.
Nasce una contraddizione; la mentalizzazione è un fattore fondamentale per l’instaurazione di un
attaccamento sicuro. Tuttavia, una parte di questa capacità rimane sospesa nella relazione con
l’altro, perché la figura di attaccamento implica che ci si fidi di lei.
Quanto all’AAI, la predizione dello stile di attaccamento è valida solo per i primogeniti: non è detto
che altri figli sviluppino lo stesso stile di attaccamento.
Per quanto concerne attaccamento e biologia, non sembra esserci alcun collegamento tra il
temperamento del bambino e lo stile di attaccamento sviluppato.
7
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Una domanda importante è se la teoria dell’attaccamento possa essere estesa ad altre culture
oppure se nella ricerca è insito un pregiudizio nei confronti degli stili genitoriali che sono
considerati migliori in Occidente.
È possibile estendere la teoria ad altre culture, e ciò ha permesso di dimostrare che l’attaccamento
sicuro è lo stile più diffuso, sebbene presenti alcune varianti culturali. (ad es. in Giappone i
bambini con attaccamento sicuro piangono meno, ma ciò non li caratterizza come evitanti)
Inoltre, è opportuno chiedersi se i concetti relativi all’attaccamento contengano pregiudizi
culturali. Ad es. autonomia, esplorazione e indipendenza sono fortemente apprezzati in Occidente,
mentre a Puerto Rico si preferisce un’attenzione calma e rispettosa.
Nonostante le differenze culturali, di cui è necessario comunque tener conto negli. Studi
sull’attaccamento, si può affermare che l’attaccamento presenti un alto grado di applicabilità tra
culture diverse.
Non tutti i bambini con attaccamento insicuro svilupperanno disturbi del comportamento,
sebbene l’attaccamento disorganizzato ad un anno – ipotesi più preoccupante – sia un buon
predittore di patologie psicologiche a diciassette.
L’A.I. disorganizzato si presenta spesso associato ad altri fattori di rischio, come povertà, famiglia
monoparentale, violenza, uso di alcol e sostanze, etc.
I bambini con A I D si mostrano spesso ipervigili e risentono di elevati livelli di stress; non riescono
a trovare un’adeguata strategia di coping, perché sia l’approccio che il ritiro incutono loro paura.
Hanno spesso dovuto disattivare i comportamenti di attaccamento per sopravvivere, isolandosi da
ciò che succedeva dentro di loro, usando difese estreme come attacco, fuga o dissociazione
(=scissione della mente grazie alla quale ci si isola da alcune esperienze, spesso presente in caso di
trauma). Finiscono per presentare deficit dell’attenzione, di capacità emotive e cognitive, e
difficoltà nello sviluppare strategie interpersonali coerenti.
Si parla spesso di disturbi dell’attaccamento. È necessario chiarire che l’attaccamento
disorganizzato è uno stile di attaccamento, non un disturbo. Il Disturbo Reattivo
dell’Attaccamento, invece, è una classificazione psichiatrica che descrive bambini trascurati in
modo cronico o che hanno subito abusi massicci, mancanza di cura e non hanno mai sviluppato
attaccamento per una figura in particolare. In ogni caso, AID e DRA non sono in alcun modo
collegati.
La concezione di cosa sia un bambino cambia a seconda delle culture. In alcune, il bambino nasce
segnato dal peccato e deve essere purificato, in altre è considerato reincarnazione di un antenato.
8
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Molte donne europee non comunicano la gravidanza prima del terzo mese per non “sfidare il
destino”, laddove presso altre culture la notizia viene data immediatamente.
Un europeo, abituato ad allontanare i bambini da coltelli e oggetti che ritiene potenzialmente
pericolosi, rimarrebbe sbigottito alla vista di bambini congolesi che usano tranquillamente il
machete, o di bambini della Nuova Guinea che usano il fuoco già prima di iniziare a camminare.
(cfr. Antropologia Culturale, testo Genere/Sessi di Mathieu)
“Siamo tutti in una certa misura prigionieri del nostro sistema culturale di valori” (Music)
(v. pp. 89-91, “sociocentrismo ed egocentrismo, coppie e gruppi”) <- ribadisce quanto già detto
La cultura influenza l’età di raggiungimento delle tappe evolutive (ad es. variazioni nell’età in cui i
bambini si riconoscono allo specchio) e il modo in cui disturbi e problemi sono concettualizzati. (v.
pp. 94-95 “Variazioni culturali in età evolutiva”)
Culture diverse -> esperienze diverse -> sviluppo diverso del cervello. (v. pp. 95-96)
8. Biologia e cervello
Le neuroscienze hanno confermato l’opinione di Freud, che riteneva che gran parte
dell’elaborazione mentale avvenisse in modo non conscio. Allo stesso modo, modelli di abitudini e
schemi di relazione si instaurano inconsciamente quando siamo giovani, e raramente siamo
consapevoli della loro presenza. È in questo modo che si costruisce la cd. memoria procedurale,
che è quella che ci fa andare in bicicletta, suonare uno strumento, allacciare le scarpe, ma anche
che ci fa formare delle aspettative su nuove situazioni sociali basandosi su esperienze pregresse.
Gran parte dell’apprendimento emozionale del primo anno di vita è di tipo procedurale.
L’amigdala è una piccola parte del cervello già ben sviluppata alla nascita, e fondamentale
nell’apprendimento emozionale, in particolare per quanto concerne la paura. È proprio perché
l’amigdala è sin da subito ben sviluppata che certe paure permangono nell’età adulta. È come se
venissero “scritte” nell’amigdala, già da prima che sia possibile averne un ricordo conscio.
Le unità fondamentali del cervello sono i neuroni, lunghe entità con un nucleo centrale, che si
collegano tra loro mediante le sinapsi. Un neurone è connesso in media ad altri 10K neuroni, e un
cervello ne contiene circa 100 miliardi.
L’esperienza agisce non solo sullo sviluppo del cervello, ma anche sulla produzione delle sostanze
chimiche nel corpo umano. Abbiamo visto, ad es. come il cortisolo prodotto in seguito ad alti livelli
di stress in gravidanza possa influire sullo sviluppo del feto. Un accudimento amorevole, invece,
porta alla produzione di ormoni diversi, come l’ossitocina (ormone del benessere). Le specie
animali che creano legami di coppia, come gli uomini, hanno più recettori di ossitocina rispetto a
quelle che non li creano. Inoltre, l’ossitocina è collegata a una maggiore tendenza alla fiducia e a
una minore paura sociale.
Molti farmaci e droghe imitano gli effetti chimici che il nostro corpo produce naturalmente
quando ci sentiamo bene.
È molto diffusa un’erronea convinzione secondo la quale gli emisferi destro e sinistro del cervello
si “dividano i compiti” e siano quindi deputati ognuno a funzioni specifiche. Ad ogni modo, delle
differenze esistono. L’emisfero sinistro si occupa maggiormente delle competenze linguistiche,
strumentali e logiche, mentre quello destro è maggiormente orientato verso intuizione,
elaborazione delle emozioni e creatività.
Ci possono essere delle incongruenze tra le nostre convinzioni non coscienti e le storie che
l’emisfero sinistro racconta a noi stessi e agli altri, come quando facciamo finta di non essere
gelosi quando la persona che amiamo sta con qualcun altro. Durante un esperimento, ad uomini
chiaramente omofobici sono stati fatti vedere film con molte scene di sesso omosessuale; il
gruppo più dichiaratamente omofobico era anche quello che mostrava maggiore eccitazione
Lo psicologo e neuroscienziato Bruce Perry ha ampliato la nostra conoscenza in merito agli effetti
del trauma sullo sviluppo del cervello, e ha dimostrato come bambini traumatizzati non si rilassino
quasi mai, si muovano di continuo, e siano in un costante stato di ipervigilanza e di angoscia
disperata. Queste risposte esagerate sono indice di un’alta attivazione del sistema nervoso
simpatico. Quando invece ci si chiude in se stessi, o ci si congela, ad essere particolarmente attivo
è il sistema nervoso parasimpatico. A seguito di un trauma le aree del cervello deputate al
ragionamento si spengono, ed emergono invece meccanismi primitivi deputati alla sopravvivenza.
Uno stato di grave trascuratezza (che è diverso dal trauma) può provocare atrofia di alcune parti
del cervello e ritardi evolutivi, oltre a deficit di empatia, regolazione delle emozioni e problemi
nella gestione di relazioni sociali e intime.
I precursori del linguaggio si trovano nelle prime interazioni tra genitore e bambino. Mary Bateson
chiama maternese il modo in cui in molte culture del mondo gli adulti comunicano coi bambini.
Oggi, invece, si predilige il termine parentese, per non dare per scontato che solo le madri
utilizzino questo stile comunicativo, mentre in ambito accademico si predilige la sigla IDS.
Caratteristiche del parentese sono:
- Tono della voce più elevato
- Vocali più lunghe e più articolate
- Pause più brevi
- Molte ripetizioni
Il parentese è usato anche con gli animali domestici.
Degli studi dimostrano che questo stile comunicativo risulta più efficace di quello normale nelle
interazioni coi bambini.
La musicalità è un elemento fondamentale per lo sviluppo del linguaggio. È stato dimostrato che a
sei mesi i bambini preferiscono il canto della madre al suo linguaggio normale (evidente dalla
misurazione dei livelli di cortisolo)
Il rapporto tra cultura e linguaggio è complesso. Non si può capire la cultura senza il linguaggio e
viceversa. Il linguaggio fornisce gli strumenti di base per sviluppare il pensiero e per assorbire la
cultura di appartenenza.
Birdwhistell mostrò che i membri bilingui della tribù Kutenai si comportavano e muovevano in
maniera diversa a seconda che parlassero Kutenai o inglese.
Lo psicologo russo Vygotskij ha esaminato l’influenza dei fattori sociali sullo sviluppo
dell’individuo, e in particolare i legami tra apprendimento sociale e linguaggio., spiegando che i
bambini interiorizzano la cultura, la capacità di pensiero e i modi di essere dalle figure genitoriali e
dagli altri adulti.
Si ritiene che i bambini imparino le parole che descrivono gli oggetti perché qualcuno glieli indica
(“questo è un cagnolino”). In altre culture, questo tipo di interazione manca, e i bambini
apprendono il linguaggio durante i normali scambi comunicativi, quindi comprendendo le
intenzioni dell’interlocutore. Non è un caso che i neuroni specchio siano situati nella regione di
Broca, che è deputata anche all’uso del linguaggio. Questi neuroni ci permettono di leggere le
intenzioni degli altri, passaggio necessario per usare il linguaggio in modo efficace. Per questo i
bambini con disturbi dello spettro autistico, cui manca la capacità di leggere la mente altrui, non
riescono a cogliere le sfumature di significato che una parola può assumere. Non è un caso che i
bambini imparino a parlare più o meno quando raggiungono la consapevolezza che le menti degli
altri sono separate dalla propria.
11
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Dunque, il linguaggio è un processo intrinsecamente intersoggettivo che gli esseri umani hanno
inventato collaborando tra loro per stabilire, regolare e mantenere l’interazione intersoggettiva
con gli altri esseri umani (Tomasello 1998)
Si ritiene che il linguaggio si produca soprattutto per mezzo dell’emisfero sinistro del cervello. Cioè
è confermato dal fatto che i bambini, quando parlano, aprono la bocca per lo più verso destra. Due
regioni del cervello sono particolarmente importanti per il linguaggio:
- L’area di Broca. Nel caso di danni in quest’area, si perde la capacità di produrre parole,
anche se, generalmente, si è ancora in grado di comprendere quelle degli altri.
- L’area di Wernicke. Nel caso di danni in quest’area, si è ancora in grado di produrre parole,
ma la comprensione è limitata.
L’uso del linguaggio non dipende dalla memoria dichiarativa (=memoria a lungo termine che
riguarda i fatti, anche detta esplicita), ma da quella procedurale. Ciò è confermato dal fatto che chi
perde la memoria riesce comunque ad usare il linguaggio usufruendo delle strutture grammaticali
(perché le strutture sono immagazzinate nella procedurale)
Per imparare una seconda lingua dopo i primissimi anni di vita si utilizza un’area del cervello
diversa da quella che si attiva durante l’apprendimento della prima.
Le aree del linguaggio, se non stimolate fin dai primi anni, possono atrofizzarsi (es. Genie, bambina
imprigionata dal padre a 18 mesi e liberata a 13 anni non riusciva a produrre frasi complesse)
Abbiamo già detto che genitori sicuri-autonomi hanno con più probabilità figli con attaccamento
sicuro. Questi genitori sanno usare il linguaggio per capire le esperienze emozionali, creando
narrazioni coerenti. Chiamare con il loro nome le emozioni negative, quali rabbia o paura, riduce il
flusso sanguigno verso l’amigdala, aiutando la regolazione emozionale. Si è visto che parlare o
scrivere di esperienze difficili aiuta sia la salute emotiva che quella fisica.
Usare il linguaggio per tradurre pensieri e sensazioni in parole sviluppa l’intelligenza emotiva (cfr.
Goleman, intelligenza emotiva)
Quando eventi simili si ripetono, i bambini sono portati ad aspettarsi esiti simili, sviluppano, cioè,
quelle che Stern chiama rappresentazioni di interazioni generalizzate (RIGS). Le RIGS consistono
nel trovare una media generale da eventi del passato, che permette di elaborare un valore di
probabilità rispetto al presentarsi di un evento futuro.
Visto che la memoria nei primi anni di vita è principalmente procedurale (anche detta implicita) e
non dichiarativa (anche detta esplicita), è molto poco comune che gli adulti ricordino gli eventi
accaduti prima dei loro tre o quattro anni di età (cd. amnesia infantile) . Gli psicologi hanno ancora
molte domande sul perché avviene l’amnesia infantile. Bauer ritiene che sia dovuta all’immaturità
neurologica dei bambini.
Inoltre, non è raro che gli eventi traumatici non vengano colpiti dall’amnesia infantile. Bambini
particolarmente stressati da procedure mediche ne hanno conservato il ricordo fino a molti anni
più tardi, e spesso rappresentavano l’evento in questione tramite il gioco o il disegno.
La nostra capacità di ricordare è influenzata da altri fattori, ad es. dal sentirsi al sicuro; quando non
ci sentiamo al sicuro o siamo sotto forte stress, tendiamo a ricordare meno e con meno precisione.
Tuttavia, piccole quantità di stress aiutano la memoria.
Quando un bambino riesce a tradurre gli eventi in parole, allora i ricordi assumono una nuova
forma. La versione più completa della memoria autobiografica non compare fino ai quattro-cinque
anni, quando le capacità legate alla teoria della mente diventano evidenti. A questa età, i bambini
cominciano a percepirsi collocati nel tempo, e riescono a collegare storie ed eventi che li
riguardano. Sviluppano, dunque, un senso del Sé in evoluzione.
Avere un sé autobiografico dipende dalla disponibilità di ricordi di situazioni specifiche della nostra
vita, ad es. chi sono i nostri genitori, dove e quando siamo nati, cosa ci piace e cosa non ci piace.
Damasio chiama questo senso d’identità sé nucleare sentito, che utilizza sia l’esperienza non
cosciente che i ricordi. Questa viene definita memoria episodica.
Particolare importanza va data al termine sentito, perché i ricordi episodici non sono solo
memorizzati, ma vissuti. Damasio dice che il senso autobiografico e la certezza che abbiamo della
nostra identità in evoluzione dipendono da un senso del Sé in cui noi siamo i cantastorie delle
nostre storie.
Argomento molto controverso nel campo della psicologia è quello dei ricordi traumatici, se sono o
meno affidabili e accurati, e se possono essere rimossi e ricordati solo più tardi. I ricordi sono, in
quanto tali, inaccurati e inaffidabili. Il cervello non registra foto e video degli eventi, ma tracce,
sulle quali poi costruisce i ricordi. Questa questione diventa più controversa nel caso dei ricordi
legati a un trauma. Non solo i ricordi sono vulnerabili alle suggestioni, ma i ricordi che riaffiorano
in un particolare momento assorbono l’atmosfera del contesto in cui ci si trova in quel momento.
13
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Anche le altre specie animali giocano. Ad es. i cani si mettono su due zampe, gli scimpanzè
assumono una specifica “faccia da gioco”. Non è chiaro perché le specie animali, e quindi anche
l’uomo, giochino. L’ipotesi più accreditata è che nel gioco si acquisiscono e migliorano abilità che
saranno sfruttate più avanti nella vita.
Secondo Pellegrini, il gioco fisico, che simula le risse, ha le seguenti caratteristiche: movimenti
esagerati, colpi a mano aperta o calci leggeri, affetto positivo e – soprattutto – l’espressione
giocosa sul volto dei partecipanti. Questo tipo di gioco si trova in molti mammiferi e di solito
scompare con la maturità sessuale. Favorisce lo sviluppo muscolare e cerebrale. Il gioco fisico non
ha niente a che vedere con le zuffe: non inizia a seguito di una discussione e, alla fine, non viene
alterato il vincolo affettivo. La zuffa ha a che fare col predominio e con il guadagnare posizioni in
una gerarchia. Tuttavia, è stata scoperta una correlazione tra la capacità dei bambini di lottare a
dodici anni e il loro futuro status sociale.
I bambini giocano in modo diverso, a seconda della cultura di appartenenza, ad es. gli americani
prediligono giochi che favoriscono l’autonomia e l’indipendenza, i giapponesi giochi sociocentrici,
in Taiwan – sotto l’influenza del Confucianesimo – giochi che rispettano le buone maniere.
Uno dei giochi più comuni in tutte le culture è l’imitazione degli adulti in situazioni specifiche.
Sylva ha dimostrato che i bambini imparano di più quando il gioco non è né eccessivamente
strutturato, né totalmente libero, bensì quando è organizzato in una sorta di impalcatura, lo
scaffolding (Bruner), che aiuta i bambini a passare allo stadio di difficoltà successivo. Lo scaffolding
tiene conto di quella che Vygotsky chiama zona di sviluppo prossimale (=zona in cui il bambino sa,
ma non sa fare).
14
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Il modo di giocare dei bambini rivela molto su cosa li preoccupa o sul loro stato mentale. Gli
psicoterapeuti infantili (tra cui Anna Freud) hanno usato il gioco in modo terapeutico,
considerandolo l’equivalente delle associazioni degli adulti. S. Freud è stato probabilmente il
primo ad analizzare il significato del gioco di un bambino. Suo nipote lanciava un rocchetto di
cotone dentro la culla, fino a farlo scomparire; Freud capì che il bambino, non essendo stato
capace di gestire la morte della madre, si divertiva a creare un gioco di scomparsa che poteva
controllare.
Dovremmo preoccuparci se il gioco di un bambino ha costanti rimandi alla morte e alla
distruzione, se presenta scene di violenza ripetuta, o se presenta atti sessualizzanti tra adulti e
bambini.
Esistono modalità standardizzate di analisi e comprensione del gioco dei bambini. Prima tra queste
è la story stem ( storie tematiche) . Questa tecnica propone ai bambini scenari della vita quotidiana
utilizzando pupazzi; in genere si dà l’incipit della vicenda e si chiede al bambino di continuarla. Ciò
offre una descrizione abbastanza lineare di come il bambino si aspetta di essere trattato dalle altre
persone.
I bambini giocano per moltissime ragioni. Molto spesso si usa il gioco per scaricare esperienze
negative. Un bambino vittima di bullismo potrebbe proiettare i sentimenti negativi sul fratello e
giocare a fare il bullo con lui. Quando si riceve un colpo duro alla propria autostima, si tende ad
essere più cattivi verso gli altri, a nutrire più pregiudizi e si prova molto piacere a umiliare gli altri,
tentando, in questo modo, di convincersi del proprio valore. Allo stesso modo si trasmettono i
vissuti positivi.
L’esperienza del gioco, quindi, è terapeutica di per sé, se vissuta alla presenza di un adulto ben
disposto.
I maschi godono di vantaggi ingiusti in svariate situazioni. Ricoprono la maggior parte delle cariche
più rilevanti, in media vengono pagati di più, etc.
15
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Una ricerca mostra, invece, che sono vulnerabili per altri aspetti. Hanno meno probabilità di
arrivare alla nascita (concepiti 140m ogni 100f, ma nati 105m ogni 100f), più probabilità di
soccombere a malattie genetiche, parti prematuri (inoltre, i maschi prematuri sono anche più
vulnerabili alle malattie infantili rispetto alle femmine), sono maggiormente soggetti ad autismo e
sindrome di Tourette, e, in generale, sono maggiormente predisposti a malattie e morte precoce.
Una spiegazione è che i maschi devono arrangiarsi con il materiale genetico disponibile nel loro
unico cromosoma X (i maschi hanno cromosomi X e Y), laddove le femmine hanno il doppio dei
cromosomi X disponibili (le femmine hanno solo cromosomi X).
In generale, le femmine reagiscono meglio agli stimoli sociali e mantengono l’attenzione per tempi
più lunghi.
Uno studio fa luce su come, nei maschi, la debolezza appaia come forza. È stato fatta ascoltare la
registrazione di un pianto a bambini e bambine. Mentre queste ultime mostravano compassione, i
primi giravano la testa altrove o cercavano di spegnere il registratore. Tuttavia, a una misurazione
del battito cardiaco, emerge che i maschi risultavano più ansiosi delle femmine, e proprio perché
non riuscivano a tollerare la sofferenza assumevano i comportamenti appena descritti (è anche un
classico esempio di fragilità maschile mascherata come forza).
I maschi mostrano più frequentemente disturbi esternalizzanti e scarsa autoregolazione. Sono più
sensibili ad accudimenti carenti e all’allontanamento della madre. Sono più vulnerabili allo stress
(De Bellis afferma che il solo fatto di essere maschi costituisce un elemento di rischio
neurobiologico alla vulnerabilità a stress).
Alcune culture accrescono la differenza di genere. Ad es. le donne Gapun della Papua Nuova
Guinea sono le uniche socialmente autorizzate a rivolgersi al sesso opposto utilizzando un
linguaggio diretto, violento e aggressivo, mentre gli uomini utilizzano un linguaggio indiretto e
prudente.
Cfr. altri esempi pp. 153-4-5
In occidente, le donne sviluppano una maggiore competenza verbale rispetto agli uomini, sebbene
non sia chiaro se questo sia relativo a questioni naturali o culturali. Quando si sentono sotto
pressione, gli uomini preferiscono ritirarsi o ricorrere alla fisicità, mentre le donne preferiscono
parlare. In genere, le donne preferiscono un linguaggio sofisticato rispetto agli uomini, che sono
più inclini all’uso di slang e parolacce.
In molte culture, i genitori preferiscono figli maschi. Ciò si nota principalmente nelle aree rurali,
dove il lavoro maschile vale oro. In India addirittura le famiglie pregano per un figlio maschio, e in
una clinica, su 8000 aborti, 7997 riguardavano feti femmina.
In Europa e in America le preferenze sono generalmente meno marcate, e le famiglie preferiscono
avere un figlio per ciascun sesso.
Nei maschi, alti livelli di testosterone, così come bassi livelli di serotonina, sono collegati a una
maggiore tendenza all’aggressività. Nelle femmine, bassi livelli di serotonina portano a più alti
livelli di ansia.
La maggior parte dei bambini riesce ad identificare il proprio genere entro i tre anni circa. Tra i
quattro e i sei anni, i bambini attribuiscono il genere in base a seconda di caratteristiche
superficiali, quali il taglio di capelli o gli abiti. A sei o sette si rendono conto che il genere è
stabilito.
I bambini identificano i giochi come appropriati o meno al proprio genere. Es. si chiedeva a dei
bambini di far passare un filo attraverso uno spazio ristretto. Se veniva descritto come un compito
16
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Le prime relazioni con gli altri bambini avvengono in genere coi fratelli. Avere un fratello maggiore
rafforza le competenze relative alla teoria della mente e del funzionamento esecutivo. Dunn ha
evidenziato il ruolo fondamentale dei fratelli nello sviluppo emozionale. I bambini che giocano a
far finta coi fratelli, una volta cresciuti, avranno una comprensione più accurata dei meccanismi
sociali. Il fatto che questa relazione sia vantaggiosa per il bambino non significa che non sia
attraversata da tensioni, rivalità e aggressività. Anzi, quello tra fratelli è la forma di conflitto
familiare più diffusa.
Per quanto riguarda il gruppo di pari, la particolarità di questo contesto è che, per la prima volta
nella storia sociale del bambino, non c’è un rapporto di cura. Le relazioni sociali tra pari sono
complesse già prima di quanto si pensi; Selby e Bradley hanno studiato le interazioni sociali nei
gruppi di tre neonati, e hanno assistito a vere e proprie protoconversazioni basate su vocalizzi.
Ricerche recenti hanno dimostrato che i bambini vogliono a ppartenere ai gruppi. Gli umani
tendono a dividersi tra appartenenti e non appartenenti, tra chi è dentro e chi è fuori, tra noi e
17
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
loro. Fin da piccoli, i bambini imparano le regole per appartenere (che linguaggio usare, quali
giochi fare, etc.), e già a un anno riconoscono quelle della propria cultura. I pregiudizi tra gruppi e
il credere nella coerenza del proprio gruppo accrescono l’autostima e alimentano il senso di
appartenenza. I pregiudizi sono inconsci e impliciti, e spesso si radicano in noi sin dalla prima
infanzia.
Imparare a trovare il proprio posto in un gruppo di pari ha delle conseguenze sociali profonde per i
bambini. Dal fatto che siano accettati o rifiutati da un gruppo è possibile prevedere l’adattamento
sociale che svilupperanno nell’età adulta.
Buona parte dell’apprendimento sociale nella seconda infanzia si origina dai pari. Per questo
motivo, gli interventi sui giovani a rischio di comportamento criminale dovrebbero essere estesi a
tutto il gruppo di appartenenza dell’individuo interessato. Quando i bambini vengono allontanati
da coetanei che mostrano comportamenti criminali, allora diminuiscono i crimini e i problemi
comportamentali.
Gli effetti delle esperienze fatte col gruppo dei pari durano fino all’età adulta.
Il modo in cui i bambini si relazionano con gli altri coetanei è influenzato dalle relazioni precedenti.
I bambini che hanno ricevuto attenzioni nutrienti in casa si mostrano più compassionevoli dinanzi
ad altri bambini che soffrono; i bambini vittime di abusi, invece, mostrano un’espressione feroce.
Abbiamo già detto che l’attaccamento sicuro porta con maggiori probabilità a un buono sviluppo
delle competenze sociali, mentre l’attaccamento insicuro disorganizzato è predittivo di
comportamenti violenti (già in età scolare) e scarse competenze sociali.
18
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
tutte le specie i padri si prendono cura dei figli in maniera proporzionale alla certezza della
paternità. Ad es. il babbuino si mostra più accuditivo con i piccoli se pensa di esserne il padre.
Dagli studi effettuati emerge che in genere i neonati stanno molto meglio se ricevono il sostegno
paterno.
Gli studi di Flouri hanno mostrato che, quanto più funziona la relazione di coppia tra i genitori,
tanto più i padri sono presenti e attivi nell’accudimento. Sempre una ricerca di Flouri ha mostrato
che i bambini traggono un vantaggio maggiore se i genitori lavorano in terapia sul loro rapporto,
piuttosto che seguendo corsi che forniscono strumenti per la genitorialità (quindi +terapia –“corsi
per essere buoni genitori”).
Va detto che una maggiore presenza del padre non è sempre un fattore positivo, perché padri
diversi producono effetti diversi. Anche i padri possono soffrire di depressione postnatale. I figli di
padri depressi mostrano problemi comportamentali ed emozionali. I figli di padri con
comportamenti antisociali hanno più probabilità di mostrare disturbi comportamentali rispetto ai
figli di padri assenti.
Pare che i bambini traggano molto vantaggio da uno stile genitoriale autoritario che, pur
includendo l’accudimento, mostra disciplina quando necessario e incoraggia l’autonomia. Sebbene
spesso si dividano questi aspetti (disciplina e soddisfazione dei bisogni) seguendo gli stereotipi
prevalenti (i padri dispensano disciplina, le madri soddisfano i bisogni), la ricerca non dimostra che
questo non si possa evitare, o che i padri debbano essere necessariamente gli unici a svolgere un
compito che le madri non sanno svolgere.
Un modo per comprendere l’importanza del padre biologico è studiare cosa accade quando non è
presente nella vita del bambino, come avviene nel caso di bambini allevati da madri single, da
coppie lesbiche o da patrigni. Secondo la maggior parte dei dati, i bambini allevati da un solo
genitore acquisiscono generalmente meno competenze, e hanno più probabilità di mostrare
problemi comportamentali o emozionali. Non bisogna però interpretare male i dati. È probabile
che i problemi che questi bambini presentano non siano relativi all’assenza del padre, bensì alle
condizioni socioeconomiche svantaggiose tipiche di molti casi di genitorialità singola.
Quanto alle coppie lesbiche, uno studio che ha messo a confronto bambini di famiglie a
conduzione femminile (quindi anche le madri single) con altri allevati da coppie eterosessuali ha
rilevato che una volta raggiunta l’età adulta, i bambini del primo gruppo funzionavano allo stesso
modo – se non meglio – degli altri dal punto di vista emozionale. Il dato che emerge da questo
studio è che a vent’anni, sia per i maschi che per le femmine, né l’orientamento sessuale, né
l’assenza del padre avevano influenzato negativamente lo sviluppo del bambino. I figli di coppie
lesbiche e quelli di coppie eterosessuali hanno più similitudini che differenze.
Allo stesso tempo, però, si è visto che quando si mettono a confronto i bambini che vivono con
padre acquisito + madre biologica con quelli che vivono col padre biologico, i primi hanno in media
risultati peggiori in termini accademici, sviluppano più facilmente comportamenti criminali ed
aumenta la frequenza di assunzione di sostanze e di gravidanza adolescenziale. Ciò si potrebbe
spiegare con il fatto che è molto probabile che i bambini che vivono in famiglie ricostituite abbiano
sofferto per lo spostamento da una situazione all’altra. È anche vero che i genitori acquisiti sono
mediamente meno accuditivi e calorosi.
Riassumendo, l’assenza del padre biologico può rappresentare uno svantaggio in alcuni casi, ma
non in tutti. I figli di coppie lesbiche hanno prodotto risultati altrettanto buoni, mentre quelli di
madri single sono generalmente svantaggiati dalla condizione socioeconomica. I figli allevati in
famiglie miste, con padri acquisiti, in genere si sviluppano normalmente, ma questo dipende dalle
caratteristiche del padre acquisito e dallo stato della relazione tra gli adulti.
19
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
L’adolescenza è caratterizzata dalla tendenza dei giovani a identificarsi sempre più col gruppo dei
pari e a dipendere meno dalla famiglia. La conquista dell’indipendenza non deve necessariamente
avvenire a spese delle relazioni di attaccamento, anzi, spesso queste costituiscono una base sicura
dalla quale partire. Poiché gli adolescenti hanno un atteggiamento più distaccato, risulta più
difficile per i genitori credere di essere ancora importanti per i figli; in realtà lo sono, e lo
dimostrano molte ricerche, i cui risultati evidenziano che un’eccessiva lontananza dai genitori
aumenta il rischio di depressione e problemi con i coetanei.
che cominciano a rilasciare feromoni, fondamentali per il corteggiamento. Ad es. alcuni ormoni
(ed odori) maschili riescono a stimolare l’ovulazione. Anche gli uomini sono più attratti dalle
donne in fase di ovulazione (da una ricerca è emerso che le ballerine di lap-dance guadagnano di
più se in ovulazione. Gli omosessuali rispondono ai feromoni in maniera diversa, ma ugualmente
potente.
La qualità dell’accudimento nei primi 42 mesi (3 anni e mezzo) è un fattore predittivo della qualità
delle relazioni amorose nei primi anni dell’età adulta.
Spesso è difficile identificare la trascuratezza. Ovviamente è ben più facile individuare un bambino
pieno di lividi e con le ossa rotte che un bambino trascurato. Non è nemmeno ben chiaro quando
un comportamento è trascurante, visto che la trascuratezza è l’assenza, piuttosto che la presenza,
di qualcosa. Inoltre, i bambini più piccoli necessitano di essere accuditi, toccati e rassicurati in
maniera diversa rispetto agli adolescenti o agli adulti, quindi ciò che è trascuratezza a un’età può
non esserlo a un’altra. La mancanza dell’accudimento essenziale può condurre a un grave ritardo
psicologico, emozionale e fisico, e addirittura alla morte. Perry scoprì che la circonferenza cranica
dei bambini estremamente trascurati è inferiore rispetto alla media. In particolare, la
trascuratezza precoce conduce a un grave deficit del QI. Un esperimento comparativo del 1951
confrontava i bambini di due orfanotrofi in Germania. Durante la prima fase dell’esperimento,
tutti i bambini ricevevano quantità razionate di cibo per sei mesi. Si osservò che i bambini
dell’orfanotrofio con la direttrice più gentile – che giocava e rideva con loro - crescevano meglio.
Quelli dell’altro, invece, subivano le influenze negative di una direttrice inflessibile, che distribuiva
poco calore e accudimento emotivo, e solo il gruppo dei suoi preferiti cresceva florido. Durante la
seconda fase, al primo orfanotrofio vennero forniti degli integratori alimentari e la direttrice
amorevole venne sostituita da quella inflessibile, che aveva portato con sé il gruppo dei suoi
preferiti. Nonostante gli integratori, il tasso di crescita nell’orfanotrofio crollò, tranne per il gruppo
della direttrice. In sostanza, un accudimento sensibile e nutriente porta ad esiti migliori. Casi di
questo tipo sono definiti ritardo della crescita di origine non organica.
21
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
L’esperienza e i vissuti dell’abuso e del maltrattamento sono profondi in molti modi. Il più delle
volte danno luogo ad alti livelli di stress, difficoltà a concentrarsi e a rimanere focalizzati, problemi
nella regolazione emozionale ee nel funzionamento esecutivo e molti problemi nelle relazioni
interpersonali. I bambini vittime di abuso fanno ricorso a strategie di sopravvivenza disperate:
alcuni si identificano col genitore abusante e diventano violenti, altri sopravvivono dissociandosi,
una forma estrema di stordimento psichico spesso riscontrata nelle vittime di traumi.
Le persone traumatizzate, di fronte a immagini che suscitano paura, mostrano un’eccessiva
attivazione dell’amigdala, una disattivazione delle aree deputate al pensiero e scarsa capacità di
tradurre i sentimenti in parole. Il sistema nervoso simpatico prepara il corpo all’azione,
generalmente attacco-fuga, vengono rilasciati adrenalina e cortisolo, e il battito cardiaco accelera.
Contemporaneamente, il sistema immunitario e l’apparato digerente sospendono la propria
attività. In alcuni casi interviene il sistema nervoso parasimpatico, responsabile delle risposte di
congelamento, e il battito cardiaco rallenta. Può accadere che nella stessa persona, e allo stesso
momento, si manifestino entrambe queste risposte di emergenza, seppure all’apparenza sembrino
opposte. Chi soffre di PTSD, ad esempio, mostra uno stato di iperattività, ma battito cardiaco
rallentato.
Le pratiche terapeutiche sono spesso utili in questo frangente. Sarah Lazar ha scoperto che la
meditazione mindfulness (=meditazione che sviluppa la capacità di essere consapevoli degli stati
mentali propri e altrui) può portare a una maggiore consapevolezza psicologica ed emozionale,
nonché indurre sensazioni fisiche e indurre un ispessimento della corteccia. Anche se il trauma
danneggia strutture fondamentali del nostro cervello, questo può accedere a strutture più sane
grazie a esperienze migliori, anche tardive.
Molte vittime di trauma soffrono di PTSD, i cui sintomi più comuni sono flashback emotivi e
pensieri intrusivi. La forma peggiore di trauma è quella che si realizza nella relazione, che ha
maggiore frequenza di sintomi post-traumatici rispetto ad altri traumi. La forma più grave di
trauma interpersonale è quella nella relazione caregiver-bambino. Quando la figura di
accudimento si trasforma in abusante, il mondo diventa pericoloso e imprevedibile. Si vive nella
paura, ci si sente impotenti, e si provano vergogna, rabbia, senso di tradimento e rassegnazione.
Non sorprende, dunque, che bambini traumatizzati diventino “un problema” a scuola e altrove.
Essi si attivano con facilità e in modo eccessivo, e possono apparire più di altri inadatti a un
ambiente di apprendimento organizzato quale la classe.
Vi sono sempre più prove che gli effetti di traumi e trascuratezza precoce durano per tutta la vita.
I bambini traumatizzati, da adulti, hanno più problemi fisici e psicologici degli altri, maggiore
probabilità di assumere alcol e droghe, di finire in prigione o in un ospedale psichiatrico, hanno
poche probabilità di gestire relazioni durature., di ottenere buoni risultati accademici o di
conservare un’occupazione stabile. Uno studio di Shea ha mostrato che una percentuale molto
alta di persone che soffrono di disturbi della personalità hanno subito gravi traumi sessuali da
bambini.
La forma meglio nota di abuso sui bambini è probabilmente quella sessuale, che ha molte
conseguenze a lungo termine, compresa una maggiore probabilità di avere numerosi partner
sessuali, di contrarre malattie sessualmente trasmissibili e di avere gravidanze precoci, insieme ad
altre cicatrici psicologiche durature.
22
3/2019 Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione Andrea Failla
Uno degli studi più vasti è americano e si chiama ACE, Adverse Childhood Experiences. Ha
analizzato non un singolo trauma, ma gli effetti di combinazioni di esperienze negative. È emerso
che più era alto il numero di esperienze negative, peggiore era lo stato fisico e psicologico del
bambino.
Secondo Mary Main (cfr. attaccamento, AAI, Strange situation) i bambini con attaccamento
disorganizzato sono quelli che sono stati maltrattati ed abusati da adulti sui quali contavano. Essi
non sviluppano una strategia logica per stare in quella situazione, e mostrano molti
comportamenti strani e insoliti. Ad es. nella Strange Situation si osserva che mostrano
un’espressione stupita, come se non sapessero se avvicinarsi o meno alla madre. I loro movimenti
sono spesso incoerenti, con molte azioni compiute nel momento sbagliato e goffe, cadono spesso
e appaiono disorientati. Conseguentemente, avendo avuto vite molto imprevedibili, sviluppano
strategie di controllo, un tentativo disperato di prevedere un mondo imprevedibile. Dai loro giochi
traspare un sé potente e pericoloso, oppure uno impotente e disperato.
Molti bambini che hanno subito un trauma dai genitori adottano una strategia chiamata tend and
befriend. Questi bambini (cd. parentified, parentalizzati) si mantengono al sicuro diventando
estremamente consapevoli dello stato mentale dei propri genitori, per cercare di garantire che
essi stessi siano del miglior umore possibile, e tendono ad essere estremamente sensibili ad ogni
cambiamento della temperatura emozionale.
All’interno dell’attaccamento disorganizzato sono distinguibili:
- Attaccamento disorganizzato sicuro. i bambini con questo attaccamento tenderanno con
maggiore probabilità a ritirarsi.
- Attaccamento disorganizzato insicuro. I bambini con questo attaccamento tenderanno con
maggiore probabilità ad assumere comportamenti aggressivi ed ostili.
In entrambe le categorie si riscontra consapevolezza vigile rispetto alle figure di accudimento.
una maggiore resilienza ha anche uno sguardo pieno di speranza e ha maggiore capacità di
significare le esperienze, anche se non ha provato meno dolore di quelli che se la sono cavata
peggio. Il perché alcune persone siano più resilienti di altre è diventato oggetto di dibattiti
importanti. I primi studi sulla resilienza si concentravano su fattori interni (ad es. capacità di
autoregolazione), ma ben presto ci si accorse che le cause andavano cercate nelle circostanze della
vita che portavano alcune persone a svilupparsi in modo sano nonostante le avversità. Il concetto
contemporaneo di resilienza si basa su un incrocio di fattori individuali, familiari, sociali e sulle
relazioni tra questi fattori. Ad es. far parte di gruppi sociali rende più facile conquistare la
resilienza.
Bjorklund ha dimostrato che è utile per i bambini avere un’immagine di sé un po’ gonfiata. I
bambini piccoli tendono a pensare di poter scalare montagne più alte, tenere in equilibrio più
palline, etc. arrivando addirittura a negare le evidenze.
Bjorklund descrive questo meccanismo come una sorta di ottimismo protettivo. Egli ritiene che ciò
aiuta i bambini ad affrontare le nuove esperienze con un approccio fiducioso. L’ottimismo aiuta a
sviluppare la resilienza, e – sebbene sia valida l’affermazione di Freud che prima o poi bisogna fare
i conti con la realtà – troppa realtà, troppo presto, non è necessariamente il meglio per un
bambino.
Guardare in faccia le proprie paure, utilizzare l’umorismo e adottare un approccio fattivo sono tre
fattori che incrementano la resilienza. Cosa hanno in comune? La capacità di guardare avanti, di
andare incontro al mondo a viso aperto.
La tendenza a vivere stati emozionali negativi (rabbia, colpa, angoscia, etc.) è detta nevroticismo.
Queste persone sono meno resilienti e sono più danneggiate dai traumi. Ci sono prove di un nesso
tra nevroticismo e attaccamento insicuro.
Sebbene lo stress sia negativo, una vita senza stress non è auspicabile. I bambini che hanno
affrontato stressor (=ciò che causa lo stress) leggeri hanno migliori possibilità di gestire stressor
più intensi più avanti. Quindi stress come vaccino.
I geni riescono anche a produrre effetti sugli stili di parenting. Ad es. avere l’allele corto del gene
5HT può dare origine a uno stile di accudimento genitoriale meno sensibile. Grazie a degli studi su
gemelli identici (100% dei geni in comune), tuttavia, ancora una volta si arriva alla conclusione che
esperienze diverse formano persone diverse.
Anche i risultati di studi non genetici può aiutarci a capire cosa è genetico. Ad es. la maggior parte
delle prove suggerisce che il QI è ereditario fino a un certo punto, e che è enormemente
influenzato da fattori ambientali.
25