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1 LEZIONE 19/02

Libri
Non di solo cervello- Contini Fabbri Manuzzi
Pedagogia dell'infanzia e cultura dell'educazione- Bobbio
Molte infanzie, molte famiglie- Contini
Famiglie mutanti- Gigli (SOLO SECONDA PARTE)

Esame probabilmente scritto. Preappello scritto!!! yeee

Non di solo cervello:


1 paragrafo:discorso sul corpo infans che si sta strutturando a più livelli. Intreccio tra processi
cognitivi ed emozionali.
Come questo rapporto cervello-mente-emozione sia strutturato.
2 paragrafo: la lettura sbagliata del corpo. Es bambino iperattivo, che si comporta così ma non ha
dei momenti di calma nella sua vita
3 paragrafo: imprinting, importanza di questa prime esperienze. L'impronting è un marchio
indelebile che ci portiamo dietro tutta la vita. È vero che l'imprinting ci da l'impronta, ma è anche
vero che l'educazione può portare a trasformazioni successive.

Molte infanzie molte famiglie – Interpretare i contesti in pedagogia.


1 importanza del contesto, altrtimenti rischiamo di fare molta teoria senza applicarla, bisogna
concretizzarla.
2 La categoria infanzia dovrebbe essere declinata al plurale, ma è sempre vista al singolare.
L'infanzia non è una sola, ma vi sono una pluralità di infanzie. Sta nell'educatore a relazionarsi con
le famiglie straniere, che hanno abitudini completamente diverse. Discorsi di pregiudizio e
antagonismo che vengono fuori in questa realtà. Il nido come luogo di incontro ma luogo anche di
forti problematiche. Costruzione d'identità, quandto gli 0-2 anni siano importanti per la creazione e
lo sviluppo dell'identità per il bambino.

Famiglie mutanti
Le famiglie che non sono più quelle classiche del '900 con molti figli. Oggi è cambiato, a partire
dalle norme sociali che sono uscite nel corso degli anni. Oggi molte famiglie hanno solo un genitore
. La globalizzazione e le dinamiche famigliari sono molteplici.

Pedagogia dell'infanzia e cultura dell'educazione


Relazioni che la pedagogia dell'infanzia ha all'interno della pedaogigia generale. E poi sviluppando
i criteri pedagogici. Riflessione ad ampio raggio su tutti gli elementi che riguardano il mondo
infantile.

INFANZIA
Dal punto di vista pedagogico sono 3 livelli.
Si può parlare di infanzia anche come condizione sociale (l'infante). Il secolo dell'infanzia è il '900.
c'è proprio un attenzione storico-legislativa, es. Dichiarazione di Ginevra, del 1924, la Carta
dell'infanzia del 1942, e nel 1989 la Convenzione sui diritti dei bambini e delle bambine: i bambini
sono visti come soggetti che hanno diritti (istruzione, famiglia, ad essere una minoranza
riconosciuta, diritto di accedere all'informazione e alla cultura, diritto ad esercitare il gioco quindi
ad avere uno spazio ludico); visione molto diversa da quella precedente, prima il bambino era visto
come una persona da curare e accudire.
1982: Postman scrive "La scomparsa dell'infanzia", secondo lui e altri l'infanzia scompare perchè
c'è un livellamento nella società che annulla l'infanzia stessa.

2LEZIONE 20/02
(...manca..)
NON DI SOLO CERVELLO

è importante scardinare la visione del corpo come scatola biologica.


Se parliamo di infanzia, l'infanzia ha due elementi che giocano, da un lato c'è un pacchetto genetico,
biologico, dall'altro ci sono gli stimoli che derivano dall'ambiente in cui ci troviamo. E poi ciò che
ci deriva dalle interazioni, dal contesto di relazioni che abbiamo. Questa interazione fra i due fattori
fa si che l'individuo si construisca un processo in cui il nostro comportamento è un co-costruzione
perchè vede l'interazione fra ciò che siamo geneticamnete e l'ambiente che ci circvonda.
Questo significa che abbiamo dei vincoli biologici, e dei vincoli all'ambiente in cui ci troviamo.
I neuroni sono dati geneticamente. Il fatto è che i collegamenti, le sinapsi, si creano in base agli
stimoli ambientali che abbiamo.
Il nostro cervello è estremamente malleabile, noi siamo in grado di avere un pensiero riflessivo, a
differenza degli animali.
Il potenziale di slancio devono trovare un modo di espressione e anche essere sollecitate, mantenuta
vive, esplicitate.
La personalità di un bambino si costruisce nella relazione (prima con i genitori, poi l'educatrice, le
maestre ecc..). Qui si comincia a costruire la sua identità, perchè noi interiorizziamo senza
accorgecene, tutte quelle cose che servono a costruire la nostra identità. Con il percorso sia
all'interno della famiglia, che in relazione con gli altri, piano piano si crea la propria identità.
La fiducia nel mondo deve essere rinforzata, e in questo caso viene rinforzata se un bambino ha
fame, la pappa arriva in poco tempo.
Quando parliamo di corpo ci viene in mente qualcosa che è esterno al nostro corpo.
Noi vediamo il nostro corpo nella sua biologicità. L'intento è quello di sottolineare l'importanze di
tenere conto del "corpo vissuto", cioè il corpo che non è semplicemnete nuda materia, ma che
diventa proprio ciò che io sono, il mio corpo è me, un senso più profondo quindi.
Corpo vissuto (concezione di Merlau): corpo come categoria di pensiero, pensare il corpo come un
assunto, corpo che sta subendo delle ulteriori trasformazioni. L'idea è di portare quatsa concezione
di corpo vissuto nella realtà, perché non possiamo non tenerne conto.
Questi corpi sono corpi che iniziano a parlare attraverso i loro sintomi.e si chiede anche quale
esperienza del corpo viene incoraggiata o frenata ai bambini, cosa insegnamo del corpo.
L'adulto è sempre molto soffocante come presenza.
Molto spesso gli adulti non riescono a capire il linguaggio del corpo dei bambini, non riescono a
capire cosa vuole.
Le neuroscienze sono punti di riferimento in questo senso, molte volte non ci rendiamo conto dei
segnali che il corpo ci manda, perchè siamo spinti da altri cose (nervosismo, ansia ecc..), ma non
soddisfiamo il bisogno del nostro corpo. Es. Dell'arto fantasma.

3 LEZIONE 26/02
Tenere conto dei bambini che vanno guardati e visti nelle loro reali condizioni. Il corpo del bambino
manda dei segnali, bisogna saperli capire e non porli in schemi.
Deficit di attenzione con iperattività: è considerato un deficit. il bambino è agitato, rumoroso, in una
classe è un elelmento di disturbo. Come rimedio si fa troppo riferimento alla farmacologia.
I tre elementi chiavi di questa patologia sono l'iperattività, l'impulsività e il deficit di attenzione
(non è solo una questione motoria, è anche il fatto di non riuscire a stare attenti e fermi).
Il rimedio migliore è quello di consultare degli esperti, come la psicomotocista.
Elena, bambina di 7 anni, iperattiva, vuole costruirsi una casa, poi va in barca per andare alla "casa
degli ammalati" poi si sposta di nuovo ecc.. da questo capiamo che c'è qualcosa sotto, infatti la
bambina è vissuta in un ospedale, per poi essere adottata, ma questo è il suo modo di agire a causa
del disagio che sta vivendo, che ha vissuto, come la mancanza di affetto il cambiare luogo dove ha
vissuto ecc.. bisogna entrare in empatia con questa bambina: entrare in empatia significa dare spazio
all'altro, lasciare indietro le nostre cose, per accorgerci dei suoi problemi.
Creare questa risonanza è guardare oltre l'aspetto esteriore di quella persona, entrare im rinsonanza
è cercare di creare un contatto con lei, che non si descrive a parole se è il contatto giusto che si
trova. Bisogna creare uno spazio per la situazione.
Questa capacità di risonanza al bambino piccolo viene normale, ha un enorme potenzialità dentro di
sè. Noi che siamo stati socializzati, ci dobbiamo sforzare.

4 LEZIONE 27/02
Empatia
linea educativa accogliente, nido in cui non vi sia autorità ma autorevolezza, uno spazio che sappia
selezionare la attività da proporre in relazione al progetto di sviluppo del bambino. Questo
attraverso l'attenzione e l'importanza che si da attraverso la costruzione dell'empatia.
Il bambino non è da considerare come un solo sè. Ma è pieno di potenzialità e risorse che si possono
scoprire tramite un forte rapporto empatico. E un'idea che cambia i punti di vista.
Il bambino ha l'esigenza di esprimere idee sensoriali.
Es. Francesco e Giulia, 9 e 7 mesi, che scoprono il cestino dei giochi. Vengono messi l'uno di fronte
all'altra e iniziano a esplorare gli oggetti che trovano nel cestino che si trova in messo a loro.
Utilizzano tutto il corpo nel gioco, sono importanti le prime esperienze verso gli oggetti che non si
conoscono. I bambini hanno bisogno di avere un ampia gamma di oggetti da scoprire, e con cui
giocare. Qui ci porta ad una visione di una didattica attiva (Piaget) che aiuta a sviluppare e a
strutturare capacità sensoriali maggiori. Il lavorare con le mani non è da vedere come distrazione da
dare al bambino, ma proprio come elemento per rafforzare la fiducia che ha il bambino nelle proprie
capacità.
L'essere in contatto con il corpo, e l'essere in contatto con il corpo vissuto (e non visto come oggetto
materiale). Il corpo nella sua storia, include anche la parte invisibile, quella psichica ad esempio. Il
corpo vissuto è un essere nella sua globalità. Con l'altro devo attivare un dialogo tonico, attraverso
l'empatia. È importante che ci sia questa risonanza emozionale (vedo qualcuno piangere, mi si attiva
una certa azione corporea). L'attivazione corporea è qualcosa che ha a che fare con la nostra arcaica
forma di comunicazione.
Per quanto riguarda il singolo, il punto di partenza è il dialogo tonico che c'è fra madre e bambino,
in quei primi impatti si sono gettate le basi della nostra sensibilità corporea. In quel rapporto vissuto
nella maniera giusta parte questa sensibilità che si va ad incamerare nelle nostre cellule, quindi parte
anche una competenza comunicativa. Allora è chiaro che anche l'educatore deve essere competente
al riguardo, deve essere consapevole che si sta sviluppando nel bambino questo tipo di sensibilità,
perciò deve stare attento a come si pone verso il bambino. Questo sviluppo dipende da
micromessaggi che noi percepiamo e quindi che noi ci portiamo dentro, e che da adulti ci rendono
sensibili o meno.
Daniel Stern distingue tra affetti vitali e gli affetti tradizionali. Gli affetti vitali sono ferme del
sentire che vengono scatenate da quei processi vitali che accompagnano la nostra vita, sono
connessi alle emozioni antiche. Sottoline l'importanza del processo di sintonizzazione che è
importante non solo perchè ci mette in risonanza con l'altro, ma anche perché attraverso la
sintonizzazione, l'adulto sviluppa una funzione modelizzante verso il piccolo, gli sta dando una
forma, lo modella.
E questa modellizzazione riguarda il mondo affettivo del bambino perché l'adulto con il suo gesto
va ad ampliare o a ridurre, a seconda dei casi, l'espressione delle emozioni del bambino e crea
quindi degli schemi che nel tempo si strutturano, sono schemi motori e affettivi e che diventrano poi
lo schema comunicativo del bambino.
La sintonizzazione che l'adulto mette in atto fa si che l'adulto diventi uno specchio per il bambino,
riflette sul bambino le sue senzazioni, le sue emozioni e le può riflettere ampliandole,smorzandole
ecc.. E in questo modo il bambino le impara anche. Vede la sua stessa emozione riflessa sul
genitore.
Si tratta di iposintonizzazione (per difetto) quando un bambino è molto vivace, e il genitore rallenta
il suo ritmo, invece di assecondarlo lo rallenta anche troppo, impoverisce l'espressività affettiva; o
ipersintonizzazione (per eccesso) quando un bambino è contento e il genitore lo asseconda ed è
felice con lui, ma se fa l'esagitato sta esagerando quel ritmo di felicità.
Una via di messo è la sintonizzazione equilibrata, vuol dire che non distorce ciò che il bambino
prova, ne lo esagera, si crea un rapporto di reciprocità.
Intrusività: il genitore che si intromette nel gioco, è la sintonizzazione negativa, perché scattano i
neuroni specchio del bambino.
Varela: concetto di mente incorpata, mente dentro al corpo, ogni nostra parte corporea è anche
mente incorpata, c'è una parte cognitiva. Rapporto tra i processi cognivi e esperienza che si vive.
Come dice Varela, la mente non è nella testa perchè siamo all'interno di un organismo biologico che
noi dobbiamo considerare nella sua globalità, quindi come un sistema in cui ci sono delle
interconnessioni, il cervello è connesso a tutte le parti del nostro corpo. Sistema che connette anche
interno e esterno, quindi il processo mentale che è interno a noi, e il nostro corpo che vediamo
esternamente. Questa congiunzione di esterno e interno secondo Varela emergono
contemporaneamente, si strutturano insieme, all'unisono, non viene prima l'uno poi l'altro. Quindi il
processo cognitivo è incarnato nell'azione corporea. Processi cognitivi e processi corporei emergono
insieme. Nel nostro corpo c'è poco e niente di oggettivo.
Tutto questo ha delle ricadute sull'educazione.
Saperi forti: codificati attraverso l'utilizzo del linguaggio ad esempio. La codificazione è una
formalizzazione per via lineare. Nella nostra quotidianità abbiamo il processo di un sapere che
passa attraverso il nostro corpo, ad esempio l'appremdimento attraverso il computer,entro in un
approccio sensitivo-motorio. L'elememnto di un esperienza sensibile è quella di un corpo che ha
una sapienza (ad esempio andare in bicicletta), nella memoria rimane il ricordo di come funziona.

Corpo e malattia
Nel mondo occidentale i bambini sono sostanzialmente quasi tutti (90%) bambini curati, è
un'infanzia seguita dal punto di vista medico. Oltre all'iperaccudimento, che viene molto spesso
troppo usato, molte famiglie hanno un unico figlio, sia per cause economiche, che per l'età troppo
avanzata dei genitori, e quasto capitano queste situazioni il bambino è investito continuamente di
attenzioni. In questo nostro contesto socioculturare c'è anche il rifiuto della dimensione del dolore,
si cerca di svicolare il più possibile. Sia gli adulti e ancora di più intollerabile per i bambini.
C'è rifiuto nella realtà in cui un bambino è malato gravemente, questo rifiuto fa si che non ci sia mai
un'educazione sotto questo aspetto della vita, nessuno ci insegna ad affrontare il dolore, ci darebbe
qualcosa in più in mano, sapremmo come gestire e come porci difronte ad una problematica
dolorosa.
Cambia anche il rapporto adulto-bambino durante la malattia. L'adulto fa fatica a stare con il
bambino, sapendo che tipo di malattia ha e quali sono le conseguenze. Anche i genitori la vivono in
modo differente.
Il bambino come vive la malattia? Il bambino inizialmente ha una fase di chiusura (non mangia,
gioca di meno, parla di meno...), e può avere un aspetto regressivo (cerca più contatto, più coccole
ecc..), se la malattia lascia un segno forte, può capitare che il bambino anche dopo la malattia, resta
regressivo, deve riconquistare alcuni aspetti.
Alcuni bambini negano la malattia, la cure, i medici, c'è questo processo di negazione. Oppure può
diventare passivo, si lascia far tutto come se non lo riguardasse. La paura più grande che un
bambino ha, soprattutto se non abita più a casa, ma in ospedale, è quello di essere abbandonato,
soprattutto dalla madre. In un luogo diverso da casa, perdono i punti di riferimento che li facevano
sentire sicuri.
L'altro aspetto che spesso l'adulto non tiene conto, è che il bambino sente presto che cosa gli sta
capitando, e l'adulto lo deve capire. Molte volte il genitore reagisce dicendo che non è possibile che
sia capitata quella determinata cosa al proprio figlio, c'è questa negazione. Ed è influenzato dalla
nostra cultura in cui il corpo perfetto è quello sano, e questo non aiuta in situazioni diverse. In
oriente c'è molto meno questo rifiuto della malattia.
Il genitore ha una reazione diversa, a partire dal rifiuto di quello che sta accadendo, spesso non dice
la verità al bambino, il genitore ha timore che il bambino sappia cosa ha davvero, ma spesso il
bambino lo capisce da solo. Prova rabbia, disperazione, ma ad un certo punto accetta che le cose
stanno così, e capisce di aver bisogno di aiuto, e si trova ad un punto in cui capisce che il bambino
ha dei nuovi bisogni da soddisfare, bisogni che fino a quel momento non sono stati soddisfatti
perché l'adulto non li vedeva, perchè negava la malattia del figlio.
Riflessione sul tema della resilienza: secondo l'ottica della resilienza, noi nonsiamo più sotto
un'ottica di causa-lineare, ma entriamo in uno sguardo sistemico. È una visione più globale. Il
nostro problema è che noi vediamo sempre la malattia come qualcosa di negativo. La malattia ci
può insegnare ad apprezzare la salute, che non apprezziamo, la consideriamo scontata.
Resilienza è la capacità di essere reattiva, di rimettersi in pista, di avere nuove prospettive.
L'importanza di un'educazione per adulti.bisognerebbe essere educati in modo ch ele nostre
esperienze diventino esperienze di resilienza, che possono servirci nella vita. Importanza di
manifestare le proprie paure, nè negandole, nè manifestandole sul proprio figlio.
Significa anche accettare di dipendere dagli altri, di aver bisogno.
Attenzione ad un aspetto che non usiamo molto: la compassione. È un sentimento sostanzialmente
al di fuori della nostra realtà. Nella nostra cultura individualista non c'è più l'essere compassionevoli
verso gli altri, compassione è anche avere la possibilità di creare un legame.
Quello della malattia è anche tempo di incontri, ma anche di stand-by, ma ti porta anche ad una
riflessione.

5 LEZIONE 05/05
La psicomotricità nel nido.
La psicomotricità ha come principio generale quello di sollecitare il bambino si disporre l'immagine
del proprio corpo operativo e parte da una concezione globale dell'individuo, dell'essere, e di come
mente e corpo sono collegati.
C'è l'attenzione sia al corpo, sia allo sviluppo cognitivo. Con l'attenzione al corpo ci accorgiamo di
cosa abbiamo intorno, entriamo in relazione con l'altro, esprimiamo delle emozioni, elaboriamo un
progetto.. mettiamo insieme corpo, aspetto emotivo, cognitivo e relazionale. È una visione globale
dell'essere.
Psicomotricità come mezzo educativo che realizza un intervento globale sul bambino.
Va a cercare di svuliuppare al meglio tutte le sua potenzialità funzionali, ma anche evolutive.
Questo tipo di approccio è applicabile a tutte le età, non sono ai più piccoli.
Approccio che ci serve anche a lavorare per recuperare le lacune sia di carattere intellettivo che
affettivo. Serve a rendere il bambino, o il disabile consapevole del proprio corpo. Lìobbiettivo è
valorizzare ciò che il soggetto sa fare. È anche il contesto in cui il bambino ha già delle competenze
che noi dobbiamo sviluppare ulteriormente.
È un pensiero che si va a costruire partendo dall'azione, dal corpo, dall'esterno, partendo dai nostri
sensi. È chiaro che il bambino inizialmente ha una relazione con il suo corpo diversa, solo quando
riconosce il proprio corpo come cosa. Inizialmente c'è una sensazione, percepisco il corpo come
qualcosa che sto vivendo, poi il corpo viene percepito come un oggetto, e l'insieme di queste cose
darà vita ad un sistema che sarà visto come il nostro corpo.
Tutto questo sviluppo è possibile tramite la sperimentazione del bambino con l'esterno, in modo da
arrivare a capire i propri schemi motori.
Importante è che lo spazio per il bambino dai 18 ai 36 mesi, non è lo spazio che vediamo e
percepiamo noi, cioè quello euclideo. Questo nel bambino non è lo stesso tipo di spazio perchè di
caratterizza come spazio interno agli oggetti, interno ad ogni figura, cioè lo spazio topologico. È
uno spazio legato a quel determinato oggetto. Il bambino non conosce il concetto di seriazione
(descritta da Piaget). Percepisce questo spazio esplorandolo, mettendosi in contatto con esso.
Un altro elemento importante è che dal movimento, supportato anche dall'adulto, nasce anche il
linguaggio, e quindi c'è una forte connessione tra il senso motorio e il linguaggio. Questo perché il
bambino manda della informazioni dall'esplorazione dell'ambiente, e di conseguenza piano piano
impara i nomi degli oggetti che lo circondano.
Quindi lo sviluippo del linguaggio stimola l'azione e viceversa l'azione stimola il linguaggio.
Il linguaggio del corpo è un' espressione antica, in questo andiamo a recuperare la forte carica
emotiva che il linguaggio può evere. Anche se il contatto corporeo è una tecnica antica di relazione,
allora possiamo recuperare questa concezione e tradurla per il bambino.
Una differenza da ricordare è la valenza opposta che c'è nell'atto del toccare, tra l'essere toccare e il
toccare l'altro, quindi tra il gesto attivo che ha una valenza fortemente esplorativa, mentre il tatto
passivo attiva un aspetto diverso cioè di ricezione dei segnali che vengono dall'esterno. E qui
ognuno piano piano struttura un suo modo di fare.
Il corpo è pieno di recettori di stimolazioni, di messaggi, ma anche quindi un sistema di
comunicazione. Il corpo è il nostro spazio di contatto con il mondo. È come il confine di uno stato,
che racchiude la nazione stessa, ma allo stesso tempo è in relazione, in contatto con tutti gli stati
intorno ad esso.
Nella psicomotricità si tiene in considerazione:
• la motivazione,
• la capacità attentiva,
• la disponibilità ad entrare in contatto con gli oggetti esterni,
• le potenzialità di quell'individuo.
Lavorare con il corpo significa favorire piano piano un aggiustamento motorio, far scoprire alcune
posture, far scoprire nuove voci, nuove parole, sperimentare la mimica, sono lavori che anche da
adulti andrebbero ripresi.
La cosa fondamentale è ricordarsi l'approccio che il proprio corpo ha con l'esterno.

6 LEZIONE 06/03

Postura: azione antigravitaria che mertiamo in atto. È chiaro che un ritardo motorio è sinonimo di
ritardo dello sviluppo sia motorio che emotivo.
Riabilitare lo sviluppo motorio è possibile con una azione ben precisa. Quando si installano schemi
culturali precisi ci sarà uno sviluppo sbagliato del corpo, che poi peggiorerà nel tempo. Spesso il
ritardo psico-motorio è dovuto da una insufficente stimolazione ambientale. E compito
dell'educatore e della famiglia di relazionarsi e creare dei momenti per far si che vi sia una
stimolazione maggiore per il bambino. Sono stimolazioni che sono incisive nello sviluppo del
bambino.
Elemento dell'aula come spazio sempre costruito e gestito in funzione dello sviluppo cognitivo del
bambino. Le esigenze motorie che ha il bambino sono poco seguite.
La pedagogia del corpo ci porta a punti importanti:
1. dove c'è il corpo del bambino c'è anche il corpo di chi educa, che deve seguirlo nel modo
megliore;
2. educare integrando saperi tradizionali, disciplinari, ognuno con il proprio costrutto, sapendo
educare oltre le parole e con tutti i sensi;
3. educare al sentire, non solo al pensiero educare con l'aspetto emotivo piuttosto che la
sensazione;
4. valorizzare le varie forme di intelligenza tenendo presenta che la nostra identità è un identità
corporea, la nostra identità passa attraverso il nostro corpo;
ora il nostro corpo deve seguire degli standard, deve essere snello, atletico, è come se avessimo dei
burka interiorizzati, come la taglia ecc..
è una presa di distanza del nostro corpo, noi sentiamo la necessità di omologarlo a seconda di ciò
che ci viene proposto dalla società, noi non vediamo il nostro corpo non lo consideriamo, ma lo
neghiamo, ci adattiamo ad un progetto sociale.
Riferimento a Bauman, confine fra il corpo e il mondo esterno, come confine, perchè nella realtà in
cui viviamo noi percepiamo il mondo come inclusivo verso di noi, noi ci sentiamo tendenzialmente
invasi dall'esterno e quindi ci dobbiamo difendere, non ci si sente "in contatto con" ma "mi difendo
da".
Si parla anche di smaterializzazione del corpo: non parla attraverso i suoi sintomi ma attraverso gli
esami clinici fatti, mi guardo attraverso un diagramma, non ascolto il mio corpo.
Il corpo prima o poi si fa sentire attraverso dei sintomi, i corpi dei bambini nascondono
dimenticanze, attenzioni, il mondo adulto che non è stato attento al corpo stesso del bambino.
Stesso problema riguarda gli adulti, stanchezza cronica e stress da lavoro. La prima è presenta
anche nei bambini, non c'è una causa, ma è qualcosa che viene dal contesto sociale. È una
stanchezza che non è giustificabile, è l'elemento del contesto che è importante.
La malattia potrebbe essere il segnale che il corpo ha bisogno di cambiamento, è una segnale di
qualcosa che dobbiamo modificare. Come l'errore, che ci insegna qualcosa, se lo guardiamo però.
La necessità di dare anche a loro il senso di questa importanza al loro corpo, gli spazi che devono
dare al loro corpo, dare spazio alle emozioni e alle sensazioni, anche chiedendogliele. Importnate è
un apprendistato al metasentire, cioè a pensare al nostro sentire. Es. Se noi proviamo un dolore
molto forte allora dobbiamo darci lo spazio di sentirlo, non negandolo, non nascondendolo e nello
stesso tempo non identificarci con questo dolore. Bisogna trovare un equilibrio.

Professionalità dell'educatrice e la sua identità


La competenza relazionale
L'asilo nido non è da concepire solo come un luogo di cura, ma si deve fondare sia sui saperi che
sulle emozioni integrati. Ma dando importanza e spazio agli altri aspetti. La cura non è solo in
relazione all'individuo ma è una cura anche del contesto in cui si sta operando e sempre nella
visione che abbiamo davanti non una sorta di un contenitore vuoto, ma un individuo che va
accompagnato lungo un sentiero che porta alla scoperta della sua identità. Il nido è anche contesto
di apprendimento.
Servono competenze logiche, tecnico-professionali, riflessive e competenze relazionali e tutte
devono essere oresenti e devono integrarsi, costituiscono la competenza della riflessione.
Si è sempre più consolidata la consapevolezza che oltre ai saperi e i valori sia importante l'elemento
della relazione che si appoggia anche a delle caratterisriche individuali della persona.
È necessario che l'educatore abbia una consapevolezza di sè, è avere un rapporto anche interno,
essere in grado di assumere completamente la sua respondabilità, il suo compito formativo,
mantenendo anche una certa distanza con il soggetto del lavoro, essere disponibile e mantenere al
temo stesso una certa distanza, senza farsi coinvolgere.
Una modalità di approccio importante è quello dell'incoraggiamento da intendersi coma un
processo di cooperazione, cioè lo aiuta a sviluppare uno stato d'animo positivo, di coraggio, la
fiducia in sè stesso, la sicurezza, l'autostima. È chiaro che non va penalizzato ne bacchettato nel
momento in cui il bambino fa un errore o ottiene un insuccesso. Sottolineare sempre il positivo
delle cose. Dobbiamo evidenziare tutto ciò che di positivo ha fatto. Se uno non ha fiducia in sè è
molto faticoso riuscire a riconquistarla.
Questo lavoro relazionale deve passare anche attraverso la comunicazione non verbale, dobbiamo
accorgerci del linguaggio non verbale del nostro corpo, che magari noi non notiamo, ma l'altro si.
Soprattutto il bambino che è molto intuitivo e istintivo.
Ci sono degli atteggiamenti assolutamente da evitare: l'ironia, guardarlo dall'alto in basso..
L'attenzione avviene anche attraverso il rispecchiamento verbale, ad esmepio dire quello ce sta
facendo, riassumere quello che dice, stimolare il suo intervento verbale. Questo gioco è un modo
per dimostrare la nostra attenzione verso di lui, è un lavoro che va farto in assenza di giudizio. È un
atteggiamento che diventa incoraggiante per ciò che sta facendo il bambino, l'adulto ha un ruolo
incoraggiante per il bambino.
Capacità di ascolto empatico è una delle competenze tipiche dell'educatore, che aiuta di nuovo a
sottolineare la sua attenzione e a favorire un senso di sicurezza. Per saper ascoltare l'altro noi
dobbiamo mettere in silenzio noi stessi, dobbiamo mettere da parte noi stessi e dare dello spazio
all'altro. In questa maniera gli permettiamo anche di essere protagonista delle sue esperienze, delle
sua emozioni e sensazioni, mostriamo attenzione che è anche rispetto. È una forma che da spazio
alla presenza dell'altro e lo aiuta ad acquisire un senso di sè.
Competenza riflessiva
è fondamentale perchè il lavoro dell'educatore è un lavoro di gruppo, di equipe. Anche qui ci sono
dinamiche relazionali, però tra colleghi. In più bisogna attivare questa competenza riflessiva, che fa
parte della capacità di vivere il proprio lavoro, il contesto che si sta vivendo, quindi contestualizzare
il proprio impegno, riflessività come capacità di categorizzare l'esperienza. Questo tipo di
riflessione è importante anche per altre cose come la costruzione del diario personale del bambino.
Questo ci porta anche a riflettere su cosa abbiamo fatto, su cosa stiamo facendo e quindi bisogna
raffinare il nostro facendo. Dobbiamo considerare il gruppo dei bambini come uno specchio di
controllo, attraverso la nostra riflessione, non sul nostro operare in quesrto caso, ma sul risultato che
ci manda il bambino, noi abbiamo un spunto di riflessione sul nostro fare.
Questa attività riflessiva aiuta l'educatore a ampliare la propria conoscenza diretta dei bambini,
l'educatore al nido è la persona che al meglio conosce il bambino, oltre ai genitori, perchè è quello
che vive la quotidianità del bambino. Lo condivide anche con la capacità di rifletterci sopra, è
riflettere anche sui bambini stessi.
L'educatore a differenza del genitore, ha delle competenze e quella giusta freddezza che gli
permette di guardare il bambino nella sua realtà.

9 lezione 12/03
Saggio sull'educazione di genere (Molte infanzie, molte famiglie)
La formazione delle bambine nei primi anni di vita.
Nelle indagini fatte alle fine del 2008, il riscontro è che queste differenze, sottolineate dal libro che
è degli anni '40, sono esattamente come quelle precedenti.
Perciò si è chiesto a queste educatrici dell'asilo di notare delle differenze fra genere maschile e
genere femminile. È vebuto fuori che tutte le piccole cose che fanno le bambine e non i bambini
(come sparecchiare anche per i maschietti, mettere a posto i giochi di tutti..) sono tutti compiti che
prefigurano nelle bambine il ruolo della brava massaia, della brava moglie. Sono messaggi che
vanno a proiettare le bambine in un futuro di questo tipo. Fanno si che le bambine interiorizzino
questi comportamenti, in modo che lo scopo che avranno quando saranno più grandi, è proprio
quello di fare la mamma, o la parrucchiera ecc.. Continuano nel '900 inoltrato (addirittura fino agli
anni '50) anche a regalare i 'manuali della brava moglie' il giorno del matrimonio, come si faceva
nell' '800. si tratta di idee di lunga durata e quinid anche molto sedimentati e stratificati nel nostro
immaginario profondo di quanto noi ci rendiamo conto.
Queste differenze di genere sono ancora molto forti, anche se è cambiata la strategia rispetto al
secolo scorso, più che la totale eliminazione di queste differenze, le strategie si sono evolute (es
delle pubblicità delle uova di pasqua: quelle per le bambine che sono rosa con bambole calzine ecc,
e quelle per i machietti sono blu con macchinine, pistole ecc..).
Alcune insegnanti si arrabbiano se le bambine in classe sono arroganti, disordinate, vivaci.. perchè
sono tutte caratteristiche da maschio, e perchiò provano fastidio nel vedere le bimbe comportarsi
così.
Grandi trasformazioni socio-culturali:diritto di voto femminile nel 1946, nascita degli asili nido nel
1971.
10 LEZIONE 13/03

Anche il genitore più liberale ha in testa un modello, ma è un modello che viene imposto. La
simbiosi più forte è quella con la madre, quindi è lei a dare per prima al bambino questa differenza
di genere. Il rapporto madre-figlia e madre-figlio è molto diverso. Infatti solitamente è il maschio
che è più attaccato alla madre.

Non di solo cervello


Paradigma della complessità, che è lo sfondo della nosta società. Complessità che diventa
globalizzazione secondo molti aspetti.
La Contini si era già concentratata su questi campi. Connessione fra conoscenza ed emozione, ci
siamo resi conto che le emozioni sono un modo di conoscere, quindi aiutano la competenza
cognitiva. Lei ricorda anche degli studi di fine '800 di William James che avevano dato base
biologica alle emozioni: si collocano in una parte del nostro corpo, ossia le viscere. Si da corpo
anche alle emozioni ponendole in funzioni fisiologiche. E quindi è il corpo stesso che ha la capacità
di riconoscere gli eventi attraverso cui provo dell'emozione.
Nel 1960 Maclean scpre la struttura del nostro cervello diviso in tre parti. Questi tre cervelli che
convivono hanno una struttura diversa e sono anche autosufficienti e indipendenti l'uno dall'altro. I
tre cervelli sono:
• paleoencefalo o cervello rettiliano: funzioni specifiche come quello che si concentra sulle
cose già note, ciò che è ripetuto, quindi ci da delle sicurezze;
• paleomammifero o cervello emozionale o sistema limbico: è quello che ci fa capire se una
cosa è favorevole o dannosa, è la parte che salvaguardia la nostra esistenza. È quello che ci
aiuta a sopravvivere, è quella parte del cervello che ci sollecita a seguire ciò che ci da
piacere;
• neomammifero o neocorteccia: è la parte super-razionale, è la parte oggettiva, veloce e
rapido.
Le cose poi cambiano (1950): abbiamo un cervello considerato elettrico. Abbiamo l'idea del
cervello come un computer, quindi accentrato, una sorta di sistema elettrico. Produce delle
informazioni attraverso la produzione di una sostanza. Questo neurotrasmettitore va a stimolare il
neurone che da l'input al muscolo ad esempio. Questa visione vede il cervello come struttura in cui
partono tutte le informazioni.
Oggi abbiamo la visione del cervello chimico e mobile, e quindi non più accentrato ma mobile.
Questo è una visione diversa da quella precedente. Mobile significa che si trova in tutto il corpo. C'è
un coinvolgimento di tutto il nostro essere, per esempio nella elaborazione di un'emozione.
Attraverso le neuropeptidi si trasportano attraverso il sangue, il liquido spinale.. le informazioni dal
cervello a tutto il corpo, grazie a questi il cervello è "mobile". Formano una rete informativa. Questi
peptidi si concentrano in alcuni punti, ad esempio la spina dorsale. Deve poi esserci un recettore tra
un neuropeptide e la cellula, che trasporta l'informazione. È chiaro che la membrana della cellula si
modifica per permettere il passaggio di questa infomazione, che è un impulso elettrico. I ricordi ad
esempio sono sparsi nel corpo e hanno dei punti che sono connessi a questi, come ad esempio la
pelle.
Damasio, attraverso i suoi studi e prendendo come punto di riflessione un soggetto che aveva avuto
un danno cerebrale, arriva a sostenere l'importanza di intrecciare i percorsi logici con i percorsi
emozionali.
Bisogna utilizzare la connessione mente-corpo quando dobbiamo scegliere. Lui parla di marcartori
somatici cioè corporei: sono dei segnali orientatori e facilitatori. È chiaro però che la scelta resta a
noi. Questo è importante nella riflessione pedagogica. Noi spesso vediamo i bambini costituiti con
una mente e un corpo, con con queste due parti che si connettono, si intrecciano. L'idea è che il
modello educativo che deriva da questa idea, è quello che pensa, si propone di integrare tutti i piani
dell'esistenza, dell'esperienza che l'individuo fa.
Le basi biologiche delle emozioni, servono a valorizzare le emozioni nei bambini. Corpo-emozione
è importante anche perché sono fatti degli studi per cui si è visto che l'espressione a seconda dei
casi, era diversa nelle varie persone. Nel momento in cui usciva un espressione ad esempio felice,
loro capivano il vissuto emotivo corrispondente (cosa stavano esprimendo).
Assuere un'espressione può indurre emozioni e vissuti corrispondenti.
La connessione non è collegata solo all'interno dell'individuo, ma anche dall'individuo al contesto,
come dice Moren: noi siamo nel mondo, il mondo è in noi. Noi ne facciamo parte, non siamo
estranei ed esclusi. Questo può portarci un richiamo a Gardner.
Questa continua correlazione, l'attenzione al contesto, ci porta a capire il tipo di relazione che c'è
con l'ambiente.
Qui riprende un concetto della "mente allargata": è come se la mente si allargasse, inglobando
quello di cui faccio esperienza. L'idea è che non c'è differenza tra un evento e la persona che un
evento vede. Sono eventi che assumono significato nel moment in cui si realizza la loro relazione
con una persona. L'idea della mente allargata si crea su questo tipo di divisione.

Molte infanzie molte famiglie


La cura in famiglia.
Descrivere il bambino in 5 parole: dolce, vivace, curioso, attento, affettuoso.
La cosa più diversa tra qualche anno fa e oggi sono i genitori e i loro stili educativi, e questo ha una
influenza diversa sui bambini. I genitori sono sempre più soli, spaventati dei loro bambini, i genitori
non danno regole, non spiegano, e quindi il bambino è confuso e se è confuso reagisce con
comportamenti che mandano ancora più in crisi i genitori. Problematicità di ineguatezza genitoriale
e personale. Il genitore si sente in colpa, perchè magari lavora, ma quando torna a casa gli dedica
comunque poco tempo perché è stanco. Molto spesso oggi i genitori si trovano da soli, soprattutto le
madri, perchè non c'è l'appoggio della famiglia.
Inadeguatezza, difficoltà della relazione famigliare, l'incapacità di accettare il figlio reale, difficoltà
a rapportarsi con il bambino, la difficoltà a dire "no", a creare questo contenimento. Il bambino che
si butta per terra è il bambino che sente questa mancanza di una guida. Quindi c'è questa forte
difficoltà. Oggi c'è questo modo che diventa una violenza più psicologica, attraverso questi
comportamenti di adulti inadeguati, e che hanno questa continua mancanza di responsabilità. Il
genitore ha delle respondabilità e non capisce che anche il bambino ha una relazione con l'ambiente,
vive in un contesto, e di questo se ne dimenticano spesso.

11 LEZIONE 19/03

Indagine in cui delle educatrici considerano responsabili delle problematiche i genitori, senso di
sfiducia verso il genitore, e hanno questo approccio tipo "cliente", pretendono che si adeguino alle
esigenze delle insegnanti ecc..
Altre ponevano l'accento sulla propria competenza professionale, altre che sentivano l'esigenza di
avere un aggiornamento professionale, e un riconoscimento da parte dei genitori dei bambini.
Sembra che ci sia un indebolimento da quel patto di solidareità tra insegnanti e famiglia, sembra che
non ci sia più quel lavorare insieme, quel supporto psicologico per la famiglia...
Qui entra in campo quella grande riflessione sui giovani genitori oggi e sugli educatori.
Dobbiamo collegare il micro contento (asilo) al macro contesto ambientale. È un contesto che da
spazio al consumismo, all'individualismo che a grandi dosi diventano deterrenti.
Queste educatrici hanno messo in luce che molti genitori non sapevano cosa fosse la cura dei propri
figli, quell'insieme di pratiche che permettono di prefigurare le possibilità del bambino, la sua
proirezione futura, quindi la forma che questo bambino dovrà essere nel tempo. Questa mancanza di
percezione di cura da parte del genitore, cambia l'atenzione che si rivolge al bambino, l'espatia, lo
sguardo verso di lui. Un insieme di accortezze che non sono così scontate, ma sono sempre più
frequenti.
Nello stesso tempo l'educatrice non si deve fissare sulla visione negartiva dei genitori, ossia genitori
che non sano educare, non deve fissare il pregiudizio negativo. E in fondo è una visione che diventa
troppo semplificata: è un'idea di debolezza educativa dei genitori.
Una responsabilità è di natura macrosociale: il genitori hanno perso molti dei loro punti di
riferimento che non è facile costruire. Nella società c'è questa incapacità di gestire i conflitti, una
bassa cultura del conflitto, non lo affrontiamo, ma andiamo oltre. Ogni crisi può nascondere al suo
interno una possibilità nuova e questo non è più notato, visto anzi tendiamo a vivere nella
contrapposizione, troppo banale e semplicistica.
Dobbiamo tenere conto delle possibilità che il conflitto ci mette davanti, e tenere conto come i punti
di riferimento che orientavano i genitori sono venuti meno.
Es. un genitore rispetto alla funzione educativa che hanno avuto i suoi genitori, si trova in una realtà
in cui non riesce ad educare come i suoi genitori hanno educato lui. Ora non è più possibile perché
il contesto cambia ritmicamente, adesso da una generazione all'altra cambia continuamente. Quindi
i modelli che abbiamo cambiano così velocemente non possono essere riproposti. Molte famiglie
non hanno lo stesso appoggio, lo stesso supporto che c'era prima, perchè sono lontane. Vi è anche
una carenza di tempo, che non basta mai, e anche quest'idea di flessibilità , concetto che può evere
un aspetto positivo (essere adattabili), ma che diventa motivo di ansia e di stress per un genitore.
Con una società cronofagica (in cui il tempo non basta mai) in cui il futuro è cambiato disegno, non
è più il luogo desiderabile, ma un luogo che fa paura.
Ora c'è più netta differenza fra padre e madre. La madre è tendenzialmente sempre stressata con i
lavori in casa e fuori, il padre non è più quello normativo della società patriarcale, quello che detta
regole, adesso
• i padri danno spazio alla loro affettività, alle loro emozioni che possono sostituire anche la
moglie, la madre,
• altre situazioni in cui i padri che partecipa alla realtà famigliare,
◦ però può essere un padre delegante (fa fare tutto alla moglie),
◦ il padre teoricamente partecipe (in pratica è molto poco disponibile)
◦ e addirittura il pradre ospite che dedica un po di tempo a giocare con i figli, ma tutto ciò
che riguarda la casa non lo affronta.
L'apertura da parte dell'emozionale maschile non deve essere una copia della moglie, deve essere
affettivo ma "maschile".
Riduzione della famiglia collettiva: società in cui la concezione del "gruppo famiglia" è minima.

13 LEZIONE 26/03
Separazione tra i genitori: la cosa è soggettiva, come le tempistiche. Alcuni non superano mai
questo distacco, questo fallimento, così non si è mai pronti a ricominciare. Non si riesce a
mantenere la posizione di co-genitorialità, e questo ricade sui figli.
Se non si accetta la cosa, anche al di la della consapevolezza, si dicono brutte cose sul sull'ex
compagno davanti ai figli.
I bambini hanno già capacità cognitive, captano ciò che accade intorno a loro per cui la cosa
migliore è sempre chiarire, spiegare, parlare con loro, naturalmente nei modi migliori a seconda
dell'età del bambino.
Spesso i bambini pensano che la causa della divisione sia colpa loro, ma basta parlargli.
Attenzione a tutti quegli aspetti che diventano sintomi psicosomatici, tradiscono una situazione del
problema. Ma anche in un contesto normale, attraverso una denuncia del corpo, possono esserci
delle cause dietro, che il bambino se non con il corpo, non sa come esprimerle.
Evitare anche dei meccanismi compensatori, sia in famiglia che nel rapporto tra educatore e
bambino, perchè non risolvono i problemi, anzi creano altre questioni da risolvere.
La percezione dell'adulto non quella del bambino. Tutti questi aspetti richiedono una tempistica che
va decisa a seconda del soggetto e della situazione in ci di trova. La tempistica del bambino va
sempre tenuta presente, che non è la nostra. Es. Le tempistiche del secondo figlio rispetto al primo
non sono le stesse, ma ognuno ha le sue.
Famiglie ricomposte
oggi giorno è una realtà diffusa. C'è difficoltà nel bambino a collocare le persone in queste
situazioni, è fartica per gli adulti, figuriamoci per il bambino.
Nello stesso tempo perdi una parte della famiglia, (quella con cui non si abita più), ma si acquisisce
una nuova famiglia. È una scardinamento forte di una realtà che il bambino conosceva. Ancora di
più c'è una perdita dei parenti da parte di uno dei genitori, come i nonni, i cugini, gli zii. I nonni
sono le radici della famiglia, danno sempre qualcosa di diverso rispetto ai genitori, i rapporti sono
su un piano diverso, più amicale. Il nonno si può esimere dal ruolo genitoriale già coperto dai
genitori. È una relazione giocata molto sul piano emozionale, perché le regole sono imposte dai
genitori. Sia il bambino che l'adolescente hanno un rapporto più stretto con i nonni piuttosto che con
i genitori. Un nonno insegna al nipote, ma riceve anche insegnamenti dal nipote.
Stili educativi diversi
Mancato rispetto delle norme, degli orari, da parte della famiglia. Forte discontinuità tra modello
educativo dell'asilo e modello famigliare.
In un contesto di comunità come l'asilo si hanno delle regole, in famiglia molto spesso sono
minime.
Si parla molto di fragilità genitoriale. I bambini sono contemporaneamente sbilanciati, tra l'essere
grandi e l'essere troppo piccoli. Es bambino che parla bene, ma fisicamnete devono svulipparsi
ancora bene. Sono più bravi in un campo, rispetto ai bambini della loro età, rispetto ad un campo
opposto in cui hanno dei problemi in più.

14 LEZIONE 27/03
Come li vivono questi comportamenti i genitori?
C'è la percezione di bambino molto furbo e sveglio. Per il genitore è positivo, è come se sappia fare
qualcosa in più. Non vogliono che il bambino cambi, perché pensano che il bambino sappia già cosa
vuole. Il genitore lo crede già autonomo e all'educatore è costretto a porre i tempi e le regole e
l'ordine che i genitori non hanno saputo dare.
In realtà il comportamento del bambino è dato da una mancanza di contenimento. Il puntarsi del
bambino è in realtà un disagio che ha dentro. L'adulto che non sa fare il suo lavoro di genitore non
distingue tra autonomia e il lasciar fare al bambino.
Le educatrici hanno anche notato che c'è la mancanza da parte del genitore, dell' accompagnamento
della crescita del bambino. Questa dimensione temporale è un elemento che è stato molto
danneggiato nella relazione educativa genitore/bambino. È necessario creare un dialogo con la
famiglia perché altrimenti il bambino si confonde. Importante è far capire al genitore che ha lasciato
il bambino in balia di sè stesso.

Molto spesso c'è la percezione di come avere un figlio sia un ostacolo, invece che una reliazzazione
di sè. È come se fosse un'ostacolo a ciò che si vuol fare nella vita.
Nella concezione di qualche decennio dopo aver finito gli studi la tappa di sposarsi e avere figli era
fissa. Invece ora sono simultanee: si studia, ma si aspetta anche un figlio, si va a convivere ecc..
questo passaggio verso l'otà adulta ora ha una fluidità diversa rispetto prima. E questo cambi ail
modo di rapportarsi alle cose e dividerle.Si percepisce un pò meno la biologicità dell'avere un figlio.
Non c'è più questo concatenamento naturale.
Essere genitori oggi richiede più impegni più cose rispetto ai genitori di 50 anni fa.

Galimeberti: oggi il nucleo famigliare è individuale, si chiude in sè stesso, è isolato rispetto la


società.
Ogni situazione famigliare va contestualizzata dall'educatrice. Si parte dalla realtà della famiglia.
Importante è la relazionalità: la realtà comporta di situazioni, esseri in relazione fra loro. Paradigma
della complessità (Morin).
Relativismo: la nostra conoscienza non è mai una conoscenza oggettiva, perchè parte da noi umani,
che abbiamo dei nostri standard che agiscono nella percezione del mondo. Ricordarsi
dell'importanza dell'occhio extra-disciplinare: l'occhio esterno che è la capacità di qualcun'altro che
ha uno sguardo diverso rispetto al tuo.
Imprevedibilità: non possiamo credere sempre che sia possibile una linearità, dobbiamo tener conto
anche di qualcosa che è imprevedibile.

PEDAGOGIA DELL'INFANZIA E CULTURA DELL'EDUCAZIONE


Luigina Mortali: ha affrontato lo studio sulla cura.
Cura: nasce questa attenziona alla categoria della cura dalla non affinitezza dell'essere umano, noi
siamo fragili, quindi dipendiamo da qualcun'alro. Necessitiamo per la nostra realtà di cura. Siamo
costituzionalemnte destinati ad un bisogno della cura. Senso del nostro essserci, strattura
fondamentale del mondo dell'educazione, ma ha spesso una svalorizzazione simbolica. Il mondo
dell'aver cura non è riempito di valore nella nostra realtà sociale.
L'aver cura è connaturata all'attività educativa sin dalle origini (Socrate), c'è questa continua
insistenza di un'educazione fondata sul concetto di cura. L'aver cura è essenziale per definire
l'educazione. Socrate dice che "la cura di sè è il fondamentale obiettivo formativo quindi l'educatore
ha cura dei giovani affinchè imparino ad avere cura di sè".
È fondamentale la riflessione sulla cura da parte di filosofi come Heiddeger che sottolinea come la
cura sia un elemento strutturale dell'essere umano.
Possiamo pensare alla cura come aver cura del proprio poter essere, cioè come prendersi cura della
potenzialità che è in noi. Come modo per dare forma al nostro essere nel mondo. In latino cura
significa "pensiero per qualche cosa, sollecitudine, interessarsi a, significa anche affanno,
inquietudine, allevamento, coltivazione".
Avere cura è una prartica che richiesde una progttazione e di seguito un prassi che è finalizzata a
prendersi cura di ogni persona nella sua unicità, quindi aiutare a crescerla nelle sue caratteristiche,
uniche perché si relizzino per attualizzare se stessa, per rendersi reale. Dal punto di vista
dell'educatore è una pratica finalizzata al benessere intellettuale, emozionale, fisico di quel singolo
individuo nella sua unicità e nelle sue specifiche potenzialità.
Una pratica che vuole il benessere del'individuo in tutte le su sfaccettature, ma che sia anche
consapevole dell'unicità dell'individuo.
Torna l'elemento della relazionalità: tutto questo avviene attraverso la relazione con l'altro. Quindi
più che aver cura è prendersi cura dell'altro, in modo che lui tiri fuori ciò che è.
Come si attua una buona cura?
All'interno di una relazione con quell'individuo con un'atteggiamento ricettivo perchè se devo dare
spazio affinchè il suo potenziale si espanda, devo essere recettivo per capire qual è il suo potenziale.
Ci troviamo in un ambito più empatico, con la capacità di mettersi sulla stessa linea d'onda, ed è
anche la capacità di essere un pò passivi in modo da dare spazio all'altra persona. Bisogna saper
essere recettivi, e accettare l'altro così com'è. Ed anche essere disponibile a rispondere ai bisogni
dell'altro. È una disponibilità affettiva e non solo.
Aver cura si può avere con il bambini, ma anche con le colleghe, i genitori..
La cura tra i colleghi evita la creazione di burn out.
Verso i bambini è come prestare attenzione, ascoltarli, osservarli sistematicamente: rimanere in
contatto sulla sua trasformazione.
Con i genitori invece si intende accettazione reciproca, riconoscimento e rispetto del ruolo della
famiglia.
Se non è l'educatore ad essere il primo a fare questo passo, con fatica lo faranno gli altri.
Azione di cura: cura è ovviamente anche la dimensione pratica, deve essere sempre vista con un
aver cura reale, di pratica. È l'ascoltare, l'accogliere, il contenere, indirizzare, ascoltare i bisogni ,
contenere le ansie, è ascolto attivo..
Non a partire da regole di comportamento precostruite, ma attenzione al contesto. Deve essere
esattamente all'opposto del tecnicismo.
È anche tenere conto di una pratica educativa di co-costruzione, anche tra educatrice e bambino.
La cura come qualcosa che parte da noi, deve essere un modo di essere, non solo una buona pratica,
un insieme di atteggiamenti, una predisposizione verso l'altro. Deve essere qualcosa di non
speontaneo, ma anche frutto di una riflessione.
Tutto parte da diverse teorie:
• Montessori: scuola del bambino;
• Sorelle Agazzi
• Problematicismo pedagogico
• Malaguzzi
• Frabboni
Importanza del contatto e dello sguardo, che in realtà è fisico, possibilità di contenimento.

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