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Pedagogia generale e sociale – Galanti

4 libri e all’esame: una domanda per ciascun libro, basta guardare l’indice dei paragrafi per sapere quali
saranno le domande.

24 settembre 2018

Francisco Goya → dal dipinto capiamo che l’apprendimento dura tutta la vita, si apprende dalla nascita fino
alla morte. Nel dipinto Goya è molto vecchio, è caduto e con le stampelle e sta imparando nuovamente a
camminare, il titolo è “Aun aprehendo”. La pedagogia non è qualcosa legato per forza solo ai bambini, ma
riguarda tutti gli esseri umani, tutti i nostri ambiti di vita, quindi si tratta di un apprendimento non solo
scolastico, ma apprendimento è inteso come un qualcosa che abbraccia tutto ciò che facciamo, che
impariamo. A volte l’apprendimento è facilitato dalla presenza dei maestri, ma si realizzerebbe in un
contesto collettivo anche se i maestri, i docenti, non ci fossero. Ci sono discipline come la pedagogia che
riguardano la nostra vita, potremo parlare di sentimenti come la gelosia, la rabbia, dell’amore, della ferita di
un tradimento, la malinconia che diventa patologia o quando si manifesta come un sentimento sano da
coltivare. E per tutto questo occorre fare riferimento a noi stessi, e alla nostra vita. Non avviene a fasi o a
scale l’apprendimento, come si è pensato per un certo periodo, ma tutte le passate esperienze anche se
apparentemente superate, in realtà riemergono. C’è una gerarchia di paure che sono normali a determinate
età. La paura del buio, per esempio, è normale nei primi anni di vita, la paura di figure divoranti, con i denti
aguzzi è normale tra i 3 e i 5 anni di vita. Ma in circostanze sfavorevoli, noi possiamo regredire. Per esempio
quando siamo appena nati trascorriamo la maggior parte del tempo a letto, sdraiati, mangiando liquidi. La
stessa cosa succede quando ci ammaliamo, da grandi, ed è una forma di regressione. Disturbare il sonno
provoca dei danni perché il sonno è un istinto, se io non dormo muoio. Siamo deprivati di parte della nostra
vita perché non ce la ricordiamo in modo consapevole, abbiamo delle tracce amnestiche, inconsce che sono
la prova di ciò che noi non ricordiamo (ad esempio la nascita, i primi due anni di vita…). Quando ci
addormentiamo noi regrediamo alla fase dell’esistenza intra uterina, nella fase dei 7-8-9 mesi di gravidanza,
del feto. Nonostante non ci ricordiamo niente di questa fase, lascia delle tracce perché è una condizione di
indifferenziato originario → vuol dire che quando siamo nel grembo materno è un’esperienza così viva da
comparire in tutti i nostri miti. Ne sono un esempio le figure divoranti, come il lupo di cappuccetto rosso,
Polifemo… delle figure gigantesche che divorano altre figure per intero, come accade in Cappuccetto Rosso,
il lupo viene squarciato e Cappuccetto Rosso esce fuori dal corpo del lupo intera. Questa favola come
Polifemo fa riferimento ad una paura molto arcaica che corrisponde ad un’idea che hanno i bambini della
gravidanza: l’idea che la punizione consista nell’essere fagocitati. Non solo, ma la morte viene assimilata alla
prenascita → i loculi più antichi non avevano la forma della bara di adesso, adesso il seppellimento avviene
con delle buche rettangolari dove il morto è disteso ma un tempo venivano fatte delle forme uguali a quella
di un utero e la persona veniva sepolta di profilo in posizione fetale. Una posizione che si assume anche
durante la notte mentre dormiamo. Nel nostro immaginario l’alfa e l’omega della vita si sovrappongono,
morire è come tornare in quel luogo che non riusciamo a ricordare a immaginare, nel quale ci sentiamo
indifferenziati. Gli studi sui neonati vengono fatti col controllo del sistema neuro vegetativo, quella parte di
noi che ha delle reazioni involontarie, come il battito cardiaco dentro la pancia, un segno di riconoscimento
è il battito cardiaco accelerato. Quando siamo nell’utero materno, esperienza fondamentale che è metafora
di moltissime nostre situazioni, siamo in un ambiente acquatico, quando nasciamo si entra in un ambiente
aereo, gassoso. Per alleviare il trauma della nascita ci sono una serie di tecniche che consistono nel ricreare
delle situazioni più simili possibili al luogo in cui si trova il bambino prima della nascita. Per esempio
appoggiarlo sul ventre della madre oltre a creare un legame permette al bambino di avere delle inferenze
olfattive, di sentire dei rumori che sentiva dentro l’utero materno. Quando si nasce passiamo da una
situazione di indifferenziato originario in cui il bambino non vede, ma la vista non è il canale principale
utilizzato, e non c’è una consapevolezza della propria esistenza come separata da quella di un altro, cioè noi
siamo dentro un altro, esistiamo solo grazie a un altro, non si percepisce la nostra identità come separata.
La stessa cosa succede nella notte, in cui i confini sono incerti, ecco perché abbiamo paura del buio, perché
abbiamo nuovamente paura di essere fagocitati di nuovo in una situazione primordiale. Dormire significa
precipitare in maniera ritmica, dopo la dimensione del giorno, in una dimensione primordiale che noi
abbiamo vissuto e che in qualche modo riattraversiamo. È una specie di piccola morte. Un bambino, piccolo,
per dormire, utilizza un piccolo oggetto che vuole per dormire la notte che di solito ha una forma rotonda,
calda, pelosa, che ricorda le caratteristiche percettive del corpo materno quando lo si abbraccia. E’ di solito
il primo possesso di un bambino, che arriva anche a non addormentarsi se non lo ha. La notte, il sonno è
una piccola morte con risveglio, ecco perché molti di noi prima di dormire eseguono molti rituali, perché da
adulti fa paura il non svegliarsi, perché il rituale vuol dire che se è tutto in ordine come ieri, domattina
avverrà nuovamente come ieri mattina. Soprattutto gli anziani diventano molto abitudinari fino ad esser
insopportabili, perché l’abitudine sembra garantire la continuità di esistenza. Quando si è fragili e ci si sente
precari nella vita, ci sono momenti uguali per tutti nel ciclo di vita in cui si tende ad affezionarsi a delle
abitudini, perché rassicurano, così come nelle patologie psichiche ci si sente protetti e sicuri nelle abitudini.
Quella che viviamo nel sonno è una fase che riviviamo per tutta l’esistenza. Quando invece abbracciamo una
persona, perché molto spesso chiudiamo gli occhi? Perché ci abbandoniamo a un modo di conoscere che
corrisponde ad epoche lontane della nostra vita, perché viviamo una simbiosi, un momento simbiotico.
Quando ci sta simpatica una persona, avviene “a pelle”, cosa succede? Dalla stretta di mano riceviamo delle
sensazioni sulla base di cui ci costruiamo delle idee sull’altra persona, una fantasia, sulla base di sensazioni
che avevamo all’origine della vita e poi essendo cresciuti ci prendiamo delle informazioni. Anche in una
storia di amicizia, a mano a mano che andiamo avanti, si acquisiscono delle informazioni. Le fasi precedenti
superate della nostra vita, possono riaffiorare. In stato di ansia eccessiva, per esempio, si regredisce, ci fa
essere meno sicuri di noi, se in eccesso può ostacolare il successo delle nostre azioni.

25 settembre 2018

“Sofferenza psichica e pedagogia” parla di patologie psichiatriche. Le affronta andando per aree. Le
malattie psichiche possono essere legate a un contesto che a volte le incoraggia. Le aree fondamentali sono
il contesto e l’educazione. Uno dei mali dell’epoca è la censura del negativo: il dolore, la malinconia, il non
piacersi, il sentirsi inadeguati. Tutto questo ci viene suggerito in questa epoca, e ci viene suggerito di
censurare questi sentimenti negativi. Il tasso di suicidi aumenta in due periodi di base, il natale e il
ferragosto, perché sono i periodi in cui è obbligatorio divertirsi, occorre fingersi divertirsi e chi è solo si sente
ancora più solo. Questa è la grande censura, la proibizione di mostrare di stare male di mostrare il negativo.
I bambini per esempio sanno che esiste la morte, non sanno descriverla come noi ma ne sono consapevoli,
altrimenti non avrebbero paura di dormire e di dormire da soli. L’elaborazione del lutto consiste in un lavoro
molto faticoso ma che ci fortifica attraverso cui la persona che era con noi, diventa una persona dentro di
noi. Il diritto a nascondersi, un’altra cosa che ai bambini viene negata, non si può pretendere che un
bambino ci dica tutto, anche loro hanno dei segreti, la dimostrazione è che i bambini amano giocare a
nascondino. Tutti i giochi che vengono fatti ai bambini da piccoli, fanno leva su una nostra paura o su un
nostro desiderio → il gioco “bu bu settete”, c’è la paura del nascondimento ma dentro di noi anche il
desiderio di esser trovati. Quando il bambino diventa più grande poi farà altri giochi di nascondimento,
come il nascondino, che è un gioco che viene messo in scena da tutti i bambini e da tutte le culture.
Crescendo ci sono altri tipi di nascondimento, vale per gli animali, come per i bambini e per gli adulti: il
provare il brivido di sparire, e il brivido di esser trovati. Un autore dice che è un nostro diritto nasconderci e
anche desiderare di essere trovati è un nostro diritto. E’ un concetto ambivalente e complesso. Ecco perché
censurare un lutto, una perdita a un bambino è sciocco, perché un bambino lo sa. Il processo di
elaborazione del lutto consiste non in un superamento del dolore o di mancanza, perché la persona
continuerà a mancare soprattutto attraverso l’associazione di idee, un odore, un colore, un gesto che ci
ricordano di quella persona. Il senso che la vita non ha più senso dopo un lutto deve essere elaborato in un
periodo che può durare anche due anni, e questa elaborazione consiste nel proiettare dentro di sé la
persona che non c’è più: si crea una cosa molto forte, una identificazione, meccanismo involontario,
inconscio, e che dura tutta la vita. Si tratta di avere oggetti interni, persone dentro di noi, e questo processo
di identificazione è reso evidente da una serie di comportamenti che dopo alcuni mesi da una perdita si
manifestano: si prende un oggetto che apparteneva a quella persona e lo cominciamo ad usare noi (per gli
uomini per esempio l’orologio…) mettersi una cosa dell’altra persona, vuol dire diventare un po’ quell’altra
persona, un modo di identificarsi. L’elaborazione consiste anche nei piccoli gesti: per esempio dei gesti che
faceva la persona che non c’è più. Proust ha descritto molto bene questo aspetto, una descrizione letteraria
senza pretesa di essere un saggio: quando muore sua nonna, a cui lui era molto affezionato, a un certo
punto si trova su una spiaggia dove spesso andava con lei e osserva da lontano sua madre che cammina
sulla battigia e dice che da lontano le sembra sua nonna. È un processo molto importante quello
dell’identificazione, perché ci permette di resistere e di non cadere nella sensazione che la vita non abbia
più senso. Il mito di Prometeo: tra i vari doni che lui fa agli uomini, dona l’oblio → il miglior dono, che è
quello di far dimenticare agli uomini, pur sapendolo, che la morte esiste. Perché noi lo sappiamo, ne siamo
consapevoli, ma l’unico modo per andare avanti e continuare a vivere è dimenticarlo. Secondo alcune teorie
interessanti, la vita psichica ci verrebbe trasmessa non genitore-figlio, ma nonno-figlio, quindi saltando una
generazione. Il motivo è che il figlio per costruire la sua identità, si ribella al modello genitoriale, critica i
genitori per costruirsi la sua identità. Quando si diventa adulti, nel caso delle ragazze, quando si diventa
madri, tra le tante cose che succedono ci si identifica nella propria madre. Oltre a identificarsi sente il
bisogno di riparare i danni commessi durante il periodo della ribellione, e per riparare per esempio dando il
nome della propria madre o proprio padre al figlio → un modo di riparare metaforico, molto ricorrente
soprattutto al sud. Dare un nome vuol dire decidere un destino, offrire un copione: un doppio nome, ma
anche un nome singolo è portatore di un conflitto, il conflitto tra i genitori, e molto spesso mettendo il
doppio nome si definisce un po’ in partenza la persona a cui mettiamo il nome. Avere il nome di una
persona morta per esempio è un sacrificio umano: mi sono ribellato alla madre, le do il suo nome, e poi a
un certo punto il bambino comincia ad assomigliarsi, le si costruisce una identità, quante volte
inconsapevolmente si costruisce una personalità? “Sei proprio come tua nonna, io non ero così”. Si chiama
trasmissione transgenerazionale. Ci sono teorie che sostengono che ci sono segreti di famiglia che vengono
tramandati all’inizio consapevolmente, poi inconsapevolmente. La Turandot è l’ultima opera di Puccini
incompleta, in cui c’è un personaggio femminile diverso dalle altre opere, di solito vediamo personaggi
femminili che sono agnelli sacrificali che muoiono alla fine dell’opera. In questa opera la donna pone enigmi
ai suoi numerosi pretendenti, è una donna fredda, e dichiara “tu che di gel sei cinta”, lei non è stata con
uomini e dice che chi indovinerà i suoi indovinelli lo sposerà, gli altri li manderà a morte. I suoi pretendenti
muoiono tutti fino a che non arriva quello giusto. Ma perché lei è cinta di gelo, è fredda? Perché la sua ava
era stata violentata, e quindi lei sente una specie di dovere di vendicarla, vendica una sofferenza di una
donna che è stata obbligata alla sessualità, è stata violentata. Questa non era sua madre ma un’ava, e
questo è il segreto di famiglia di cui si è parlato prima, che viene tramandato di generazione in generazione.
Anche nel rapporto con i nonni si creano dei rapporti molto forti con i nipoti e si creano delle gelosie per
esempio i nostri genitori molto spesso dicono “con me era severo, con te è più buono” i nonni e i nipoti
hanno un’alleanza più forte con i nonni. In genere c’è una particolare simpatia anche degli adolescenti, che
di solito sono aggressivi con i genitori, con i nonni invece sono molto teneri e buoni. Noi studieremo quanto
il contesto dell’ambiente in cui viviamo ha la responsabilità dello sviluppo di una patologia. La paura di
essere traditi, del tradimento della fiducia, in realtà non bisogna mai trattenersi le cose ma si deve anche
rischiare ogni tanto → confidarsi, avere qualcuno con cui parlare. Imparare ad attraversare il rischio,
pensare che avremo un’altra possibilità. È una cosa che vedremo analizzando gli attacchi di panico. La vita è
un ciclo che si ripete: viene l’inverno, poi torna la primavera. Anche le stagioni sono metafore della vita, ciò
che si perde in una lo ritroviamo in altra. Ciò che perdiamo a volte ci fa piangere, ma è vero che piangere è
da deboli? Molto spesso ci insegnano così, ci fanno crescere con l’idea che piangere è debolezza. Mentre
riuscire di tanto in tanto a piangere, è un atto di forza: vuol dire che di tanto in tanto la persona si permette
di sciogliersi per poi rafforzarsi. Lasciarsi andare anche ai sentimenti considerati negativi, esprimerli,
innanzitutto vuol dire elaborare, e la persona che non si sfoga è una persona debole: ha paura di mostrarsi
com’è → quindi una persona più a rischio di patologie. Molto spesso sono persone cresciute in un contesto
perfezionista per esempio. Si deve accettare tutto ciò che esiste e che ha un limite, tutto ciò che è soggetto
a trasformazioni → accettare i propri limiti cercando di migliorarsi, in maniera giusta e non malata e non
nevrotica è sintomo di salute mentale. Chi ha dei genitori oppressivi, troppo incombenti, deve avere la forza
di opporsi, perché possono mettere a rischio di patologie i loro figli. Molto spesso un genitore oppressivo
considera il proprio figlio come se fosse sempre piccolo e non in grado di camminare sulle sue gambe ed
affrontare la realtà.

1/10/18

Il virtuale è entrare in un mondo reale e non reale, come l’attività di scrittura letteraria. I bambini fino ai
7/8 anni non sanno distinguere tra sogno e realtà, ma sono convinti che ciò che è sogno è realtà, mancano
di realismo secondo Piaget. Il sogno non è reale ma nasce da emozioni, sentimenti personali, è paradossale
è reale e non e fa parte di una dimensione complessa. Ad esempio gli animali che sognano prestano fede ad
una realtà virtuale e non lo sanno. Ci sono vari livelli di realtà. Al cinema il coinvolgimento riguarda una
realtà non reale, ci immergiamo in un’altra dimensione di realtà che è il virtuale che appunto rappresenta
un’altra dimensione di realtà. Nella religione si pensa all’esistenza di una psiche e un’anima, entrambe
inafferrabili ma esistenti. Per quanto riguarda la tecnologia, gli strumenti amplificano le potenzialità del
nostro corpo, sono protesi del corpo che servono per migliorare il nostro corpo perché ad esempio la
macchina fa superare il limite dei nostri passi. La realtà virtuale è sempre esistita, a partire dai graffiti dei
primitivi che hanno valore simbolico. Il simbolo significa mettere insieme ed era un oggetto usato come
pegno o come riconoscimento per una setta come la “ruota degli esposti” nei conventi veniva usata per
abbandonare i bambini, figli del peccato o della povertà e poi, se le condizioni del genitore miglioravano, la
madre poteva riconoscere il figlio tramite i pezzi di stoffa (il simbolo). Il simbolo è contrapposto al diabolico.
Il simbolo dal fine di riconoscimento è passato al fine immateriale, ovvero il reale di un’altra realtà. La
parola “simbolo” contiene la speranza di ritrovamento e per il cattolicesimo rappresenta il paradiso
perduto, il quale viene raffigurato come luogo perfetto di delizie da dove si precipita verso il mondo della
mancanza, ovvero il mondo dove siam alla ricerca di qualcosa. Il Fado è una musica particolare nella quale i
cantanti vestiti di nero del Portogallo cantano dell’immensità che nasce dalla decadenza, della malinconia
fiera e attiva chiamata Saudad. Questa è un sentimento complesso di nostalgia del futuro e dolore per un
passato che non c’è più. Nel Fado Real si ha una situazione di perdita del virtuale  all’ora crepuscolare vi è
malinconia perché è l’ora del passaggio, la malinconia di ciò che va via e tenerezza per ciò che muore,
ovvero l’età adolescenziale, ma anche paura per ciò che sta arrivando. “C’è bonaccia sul mare” canta un
marinaio al largo “e si vede la terra” ma non si sposta, tutto è fermo. Ciò viene detto all’infinito presente
che è il tempo verbale del sentimento e del gioco. Canta di un paradiso perduto, di una terra la quale non
può né fuggire né avvicinare, mentre crescevano alberi d’oro (paradiso perduto = età dell’oro).
Sentimento e virtuale
Il sintomo si sente e va interpretato per essere ricondotto al sentimento, perché dietro al sintomo vi è il
virtuale. Il sentimento è legato ad esempio all’aggressività che è spesso attrattiva ma fa al tempo stesso
paura, oppure di fronte al bello e al buono possiamo avere un atteggiamento ambivalente o possiamo
essere schiacciati dalla bellezza. Il virtuale è ciò che costruiamo con la nostra mente, è immateriale. Nella
scrittura ad esempio un romanzo è l’incontro tra me e il libro, il quale è un medium che permette un
rapporto tra vivo e (spesso) morto. Come la carta, la quale è anch’essa un medium per far uscire qualcosa
da noi. Anche le forme di scrittura in rete, che sono una forma virtuale che testimonia la nostra intelligenza
e curiosità. A questo è collegato il “virtuale” di oggi, ma è sempre esistito. Nel blog puoi scrivere anche post
lunghi, ma non come un libro e di solito ci sono pochi commenti. Il virtuale esiste anche con un quadro.

2/10/18

Il virtuale è una dimensione di realtà paradossale, è una peculiarità degli animali. Il sogno è vero in un’altra
verità, una realtà immateriale e paradossale. Morin che fece studi sul cinema, fu un teorico della
complessità, ad esempio nel mettere in relazione aspetti apparentemente distanti se non opposti come il
sano e il folle, l’uomo e la donna… Winnicott ebbe una vita complessa ma fu una persona prolifica. Il suo
libro riguarda il gioco, che è la stessa realtà virtuale che c’è e non c’è, che mette insieme veri scritti su un
argomento a livello scientifico. Anche il gioco di un bambino è virtuale perché mette in scena qualcosa che
è fuori dallo spazio e dal tempo. È una realtà intermedia e transizionale tra io e il mondo, quasi come una
terza dimensione. Il gioco riguarda tutti, è inutile ma da piacere. Esiste il gioco dell’adulto perché vi è
bisogno di questa dimensione. Non è finalizzato ma fine a sé stesso. Spesso si inizia con il virtuale e poi si
passa al reale, ad esempio un bambino che gioca a fare il leone poi morde davvero. La sigaretta è una
regressione al dito che si ciuccia da bambini, che viene ripreso dal bere il latte dalla mamma. Il virtuale
negativo riguarda il prefigurarsi situazioni negative che io controllo, come chiodo scaccia chiodo, il dolore
che controllo io per timore, per scaramanzia e per sentirsi più forti.

Sofferenza psichica e pedagogia – educare all’ansia, alla fragilità e alla solitudine.

Il titolo dimostra che queste tre condizioni (tristezza e malinconia) sono ambivalenti, concetti profondi e
complessi che possono avere diverse letture ma non perché sono confusi. Hanno aspetti positivi e negativi:
 Solitudine è un momento d’introspezione e questo porta a capire l’importanza dell’avere segreti,
di avere spazi propri.
 Fragilità termine ripreso dall’ambito di ingegneria, ovvero i materiali che non reggono gli urti;
termine contrario a resilienza. L’uomo ha due dimensioni nel dialogo: una biologica, una interiore.
Da un lato questa può sembrare debolezza ma è anche sensibilità. Di fatti commuoversi è cambiare
il proprio stato, mostrare la propria fragilità che è segno di forza. Quando si mostrano le proprie
debolezze si è più forti e si viene rispettati.
 Ansia è sinonimo di vita in quanto è l’attivarsi, il mettersi in moto anche se l’eccesso implica
irrigidirsi da un punto di vista tonico. Non si può farne a meno, c’è sempre qualcosa che ci attiva.
Queste condizioni vanno accettate come normali e anche come condizioni che ci spingono ad essere
creativi. Bisogna crescere anche con il negativo. Se una situazione non si elabora si finisce per vedere e
rivedere lo stesso copione. Per questo bisogna guardare la propria ferita narcisistica, ovvero l’immagine
che ognuno ha di sé. Bisogna amare sé stessi ma entro certi limiti per non ledere gli altri. C’è chi prova
gusto nel fare del male e ciò è quello che viene considerato come patologia. Quando qualcuno ci tradisce o
ci lascia pensiamo di amare chi ci ha traditi o lasciati e si sta male proprio a causa della ferita narcisistica, in
quanto il dolore in questo caso è perdita dell’immagine di sé, voler sapere se vali di più di un altro. In questi
casi il tradimento ricapita. Un esempio è quando i figli hanno brutti voti; il genitore prova dolore per il
futuro dei propri figli ma pensa anche alla loro figura rispetto agli altri, perché i figli bravi nutrono l’ego dei
genitori. Qui sta il bisogno narcisistico di prevalere attraverso la figura del figlio, che riscatta il genitore. È
importante provare il brivido dell’errore per poter recuperare. Si tratta di sopravvivenza psichica. Quando si
ha la ferita narcisistica si fa qualcosa per il proprio bene per tornare a stimarsi e da qui di parla di educare al
dolore. Bisogna riconoscere il dolore e accettare di soffrire per poi prendere delle misure per piacermi di
più. Quando si trattano questioni psichiatriche sono tutte legate al contesto, di fatti la prevenzione è
incoraggiata dal contesto individuale e ci sono persone più sensibili alla sollecitazione. Importante quindi è
la comprensione. In questi casi vi è una prevalenza di genere, sono le donne che soffrono di più e che
usufruiscono di più psicofarmaci. Questo perché la donna è sottoposta a maggior stress rispetto all’uomo, a
partire dal passato quando le donne erano delle proprietà e non avevano proprietà, vivendo la depressione
della svalutazione.

9/10/18

La sensibilità è un atto di forza, non è pietà perché è un sentimento freddo e distaccato che non porta alla
creazione di un legame. Riuscire a percepire il dolore di un altro essere vivente, riuscire a commuoversi
sono esempi che contraddistinguono le persone forti, perché durante i momenti di commozione si perde il
controllo e chi non lo fa è colui che teme di non riuscire più ad essere quello di prima e quindi si sente un
debole. Essere forti significa essere sé stessi, è il coraggio di essere sé stessi e fragili, dimostrando i propri
limiti. Quando non lo si fa ci si sente così deboli che si hanno bisogno come di scudi, ci si deve mettere un
limite. L’atto di debolezza sta nel non riuscire a dire di no e quando ci si sente dire no. Un esempio è
l’eccesso di generosità, che mostra aspetti poco nobili, di fatti si tratta di un narcisismo esasperato,
l’incapacità di accettare che c’è anche chi non ci vuole bene. Il dire di no rappresenta la fragilità, il porre
limiti e quindi la forza. Mentre l’eroismo è mettere a repentaglio te stesso nonostante si abbia paura. Come
esistono i limiti fisici, ci sono quelli psicologici.
Solitudine Winnicott negli anni ’40 parla de “La capacità di essere solo”. Ha due volte e può essere
sinonimo di emarginazione. Si può avere paura della solitudine ma bisogna avere competenza di essa,
ovvero imparare a stare da soli. Siamo animali sociali e abbiamo bisogno di essere riconosciuti ma siamo
anche animali individuati. In occidente essere soggetto significa non essere seriale, non si è sostituibili, tutti
sono utili quando hanno uno scopo e una persona che ci ama ma che anche noi amiamo anche nei suoi più
piccoli difetti. Avere confini definiti, avere un’identità ed essere riconosciuto dagli altri succede ad esempio
quando si ha qualcosa in comune. Il nome è il soggetto come differenza, il cognome è il soggetto come
appartenenza che è più forte quando siamo piccoli perché incapaci di sopravvivere senza una figura che ci
accudisce. Il bambino piccolo non sa dove finisce il suo corpo e inizia quello dell’altro e quando siamo
grandi chiudiamo gli occhi quando siamo in simbiosi, che sarebbe l’esperienza biologica che avviene
all’interno del ventre materno. Per un periodo si rimane in una situazione simile a quella del ventre
materno, l’abbraccio è una specie di utero e per tutta la vita si metaforizza questa fase iniziale. Un bimbo
non è consapevole di avere un dietro, come se fosse una figura bidimensionale. In “Alice nel Paese delle
Meraviglie” le figure terrifiche sono le carte da gioco che sono bidimensionali, perché la persona
volumetrica ci rassicura avendo un dentro che può contenere. La carta è solo superficie, non ha
sentimento. I bambini spesso distruggono i pupazzi perché vogliono sapere che hanno dentro. La buona
solitudine è quando ti vuoi bene da saper stare bene anche se non c’è nessuno, nei momenti di riflessione e
personali. Altrimenti si ha un aggrappamento esasperato agli altri. Questa è la giusta condizione per avere
delle buone relazioni, ovvero dosare la propria solitudine e i propri momenti in compagnia. La solitudine
risulta essere un diritto e dovere alla base della relazionalità. S’impara a stare soli dai genitori che devono
insegnare al figlio ad essere indipendente. I bambini devono essere contaminati dal mondo e la simbiosi
non è il vero amore. La voce del dolore e della perdita va ascoltata e, per questo, riempire le giornate non
vuol dire risolvere ma rimandare. Bisogna educare alla scelta. La semeiotica della relazione è guardare i
segni, far notare e non rimproverare.

16 ottobre 2018

Sofferenza psichica e pedagogia – capitolo 1

Patologie psichiatriche come ansia, depressione, disordine alimentare e disturbo di personalità. Queste
sono patologie che colpiscono maggiormente il genere femminile. → all’apice del consumo di psicofarmaci,
perché gli uomini si ammalano generalmente in misura minore. L’interpretazione corrente che viene data
delle patologie maschili è diversa da quella che viene data alle patologie che colpiscono le donne. Anche
secondo il mito la psichiatria nasce rispetto a tematiche riguardanti la donna. Nel primo capitolo trattiamo
l’isteria, che non esiste più come diagnosi, dagli anni 70 non si trova più nei manuali di malattia, ma esiste
ancora e persiste nel nostro immaginario. Isterica è una qualificazione che la maggior parte delle volte
viene usata anche in ambiti di vita quotidiana di fronte a manifestazioni di rabbia, soprattutto se la rabbia è
esternata da una donna. L’isteria non si trova più né nei manuali né nelle cartelle cliniche come diagnosi,
ma questa categoria non è mai scomparsa da dentro di noi. Questo perché ci sono vari strati della storia →
es. quando una persona migrante va a vivere in un altro paese e cerca di adattarsi, continua però a sognare
per molti anni di essere nel proprio paese non perché lo desiderano ma perché l’emotività e il sentimento
interno scorre più lentamente rispetto al tempo reale. Il pregiudizio sull’isteria continua ad aleggiare nella
storia e nel tempo → il nome isteria indica la patologia psichiatrica delle donne più antica mai conosciuta.
Siamo nell’epoca egizia, ci si rifà a due papiri egizi conservati in cui si parla di medicina, in cui c’è una parte
dedicata alla malattia delle donne. Viene descritta con i suoi sintomi (dietro al sintomo c’è una
interpretazione) in questi due papiri: sono descritti in maniera elencatoria dei segni che si ripresenteranno
in maniera uguale fino agli anni 70 del 1900. queste donne vengono descritte come inquiete, scontente,
non disponibili a rapporti sessuali, non hanno voglia di svolgere i compiti che dovrebbero svolgere secondo
il ruolo di genere, presentano molti dolori che però non sono riconducibili a malattie conosciute; questo
dipende, secondo quanto riportato nei papiri e secondo un’idea della medicina che sarà propria anche della
medicina greca e romana, dal fatto che il corpo è regolato da organi che sono “in grado” di prendere delle
decisioni, cioè ci sono organi che sovraintendono. Si diceva che le donne che avevano questi vari sintomi
avevano un utero inquieto, che non trovava posto o che si era messo in un posto dal quale generava una
serie di sintomi. Quindi era un male legato allo spostamento dell’utero → per curarlo, in base a dove si
trovava, se troppo in alto o troppo in basso avvicinavano delle sostanze o alle narici o alla vagina per
permettere che si collocasse al suo posto d’origine. Tutto questo viene poi ripreso da Platone, che parlerà di
utero rabbioso per mancanza di soddisfazione sessuale, anche Aristotele e soprattutto Ippocrate. Siamo
circa 300 a.C. → è il primo che dà un nome alla patologia, chiamandola isteria, insoddisfazione dell’utero →
inquieto perché non fertilizzato. Fatta la diagnosi, Ippocrate propone una regolarità quotidiana dei rapporti
sessuali in modo che l’utero sia soddisfatto. Sette secoli dopo più o meno Galeno ragiona più per organi
separati, riprendendo il discorso dell’utero ma aggiunge cose nuove: ragiona in termini di sostanze e umori
velenosi o benefici che si aggirano per il corpo umano. Per gli uomini se si crea lo sperma e non viene
emesso si deteriora e crea dei sintomi nel corpo. Per le donne: il clitoride è fatto come un pene e anche il
funzionamento è abbastanza simile. Secondo Galeno esiste una sorta di sperma femminile
quantitativamente meno significativo di quello maschile, che se non viene espulso significativamente
diventa un veleno che intossica l’organismo. Da questa teoria sono nate pratiche molto crudeli come la
mutilazione e l’infibulazione praticate da donne ad altre donne e anche a bambine piccole. Dopo questa
pratica segue una festa, come se si trattasse di un rito, e in altre culture c’è un riconoscimento della donna
che diventa degna dopo aver subito questa pratica, ancora vigente tuttora nel 2018. negli anni 60 e 70 in
Italia, soprattutto nei paesi più piccoli, una donna maritata che avesse partorito doveva partorirsi a una
pratica che veniva chiamata “rientrare in grazia” → la donna dopo essersi confessata doveva dire
determinate preghiere.

Nel mito si parla delle vergini di Argo che manifestano comportamenti un po’ mascolini, sono aggressive e
rifiutano di compiere riti religiosi della loro religione, sono disobbedienti e smaniose → da qui si fa nascere
mitologicamente la psichiatria, e la prescrizione è che devono avere rapporti sessuali con giovani vigorosi.
Ippocrate riporta l’isteria come l’epilessia in una dimensione più laica. Nel 1929 con
l’elettroencefalogramma capiamo che l’epilessia è un’alterazione elettrica del nostro cervello e non una
malattia psichica o di origine religioso, ma nonostante questo il pregiudizio sull’epilessia ha continuato a
persistere nel tempo. Nonostante Ippocrate abbia avuto il coraggio di combattere il pregiudizio, questo
stesso anticonformismo scientifico non è riuscito ad averlo sull’isteria → il pregiudizio su essa nasce da una
teorizzazione piuttosto ingenua ma molto forte che determinate caratteristiche siano legate a come è fatto
il corpo della donna, ovvero concavo destinato ad ospitare (durante rapporti sessuali e durante la
gravidanza). Su questo si è costruita l’interpretazione della differenza biologica: la donna è concava e quindi
sarà passiva, suggestionabile, inaffidabile. Mentre l’uomo sarà penetrante, acuto, intelligente. L’angolo
ottuso e ampio della donna è preso a metafora di una scarsa intelligenza e di una mente passiva,
influenzabile. Sulla questione della donna la convinzione è profondissima, e radicata dentro ognuno di noi
nel corso del tempo. Se andiamo avanti di tanti secoli arriviamo ai vari secoli del medioevo → qui succede
una cosa strana ai sintomi propri dell’isteria. C’è un cambiamento di classe sociale: le isteriche sono donne
povere, vecchie, sono le streghe. Sono le disgraziate che chiedono l’elemosina. La figura dell’isterica si
sovrappone in parte alla figura della strega, così come quella del medico alla figura dell’inquisitore. Si deve
arrivare perché si parli in maniera eclatante di isteria alla fine dell’800, agli inizi della carriera di Freud →
inizia il suo percorso di studio relativo alla psicanalisi per il pregresso studio sui casi di isteria. Dopo un
piccolo saggio di isteria scrive un libro a quattro mani con Breurer, un medico più anziano. Freud è ebraico,
la sua famiglia è appartenente alla piccola borghesia, e quando è studente non può permettersi la vita dei
più agiati, ma è protetto da questo medico più anziano. Cominciano a studiare una donna conosciuta come
isterica, Anna O. “Il caso Anna O.” → questa donna era in realtà Berte P? E nella vita è stata una donna
molto importante, colta, emancipata, inventrice del mestiere dell’assistente sociale, era una suffragetta
(termine dispregiativo usato per sminuire le battaglie delle donne suffragiste, che sono state sbeffeggiate
anche attraverso caricature). Era una leader del movimento delle suffragette, aveva un padre tirannico,
egoista e ammalato che le impediva di fidanzarsi e di avere dei pretendenti perché esigeva che stesse
sempre ad accudirlo. Lei per tutta la vita ha alternato momenti di forti sensi di colpa, perché proporre
un’interpretazione del proprio genere femminile in contrapposizione con quella del genere del tempo è
sempre una contraddizione. Il primo sintomo che ha Anna O. è la paralisi del braccio sinistro sul quale si
appoggia mentre sta al letto del padre ammalato, si appoggia al braccio che si intorpidisce. Non riesce più a
parlare nella lingua madre, è come se fosse muta, ha dei formicolii in tutte le altre parti del corpo. Si scopre
che in realtà questi sintomi sono legati al rapporto col padre e al senso di colpa che prova. Ha dei momenti
in cui esce dalla sintomatologia ma poi ci ricade. Succede che ha un’esperienza di transfer nei confronti di
Breurer. È una paziente alto borghese, il medico va nel suo salotto, parla con lei di cose intime, è qualcosa
di dirompente in piena epoca vittoriana. Il transfer è una esperienza che si genera tra analista e paziente, in
cui il paziente crede di essere infatuato e innamorato del proprio analista. Anna O si innamora e sparge la
voce di essere incinta di Breurer, che non può più gestire la paziente e la affida a Freud. I sintomi dell’isteria
erano fisici e psichici: quelli fisici simulavano quasi tutte le malattie organiche esistenti salvo che per un
piccolo particolare non c’era una corrispondenza. La simulazione significa che il corpo simulava, non la
volontà, in quanto la donna sentiva davvero quei sintomi. Potevano essere sintomi che portavano alla
cecità, la sordità, le anestesie, sentire dolore dove non c’è motivo di sentirlo. (Nel periodo della caccia alle
streghe, le donne perseguitate erano analizzate per cercare il punto di insensibilità che veniva considerato il
punto toccato dal diavolo per far sì che il corpo della neo strega divenisse insensibile al dolore. Le donne
venivano denudate di fronte al tribunale dell’inquisizione e con degli spilloni veniva bucata in tutto il corpo,
se non sentiva dolore in un punto significava che era stata marchiata dal diavolo.) nell’isteria abbiamo
sintomi sensoriali ma anche sintomi neuro-motori. (“Le vie del signore sono finite” - di Troisi adombra una
forma di isteria). Un altro sintomo tipico è il “bolus istericus”, la sensazione di avere come un boccone in
gola, perciò le persone tendono a deglutire. Oggi è un sintomo catalogato sotto la patologia dell’ansia. Al
tempo di Freud era legata alla sintomatologia dell’isteria. C’erano poi dei sintomi dissociativi, avere la
sensazione di sollevarsi e di uscire dal proprio corpo e vederlo dall’esterno. Sonnambulismo e svenimento
erano altri due sintomi della donna isterica. Irrigidimenti del corpo tonici fino a formare il cosiddetto “arc
de cercle” (sintomo tipico della crisi isterica perché nel momento di isteria la donna sdraiata forma con il
suo corpo un arco). All’inizio c’è un grido, la donna cade a terra, ci può essere una perdita di coscienza, un
agitarsi e tremare (simile alla crisi epilettica) forse l’iride e la pupilla spariscono dietro le palpebre. Nel
momento della crisi, grazie all’isteria che è una malattia che possiede, la donna può anche assumere
involontariamente una posa che non è adatta e consona a una donna per bene. (Gustav Klimt è
contemporaneo al fenomeno dell’isteria e rappresenta qualcosa, seppur inconsapevolmente, che è
influenzato e affine al fenomeno dell’isteria → es. Giuditta. Il fatto che l’arte fosse quella dei secessionisti a
Vienna non è un caso e ci sono influenze reciproche tra movimenti artistici e idee culturali. La Giuditta di
Klimt suscitò molto scalpore → è una donna con un seno coperto e uno scoperto e un pezzo di braccio con
la mano che sono in torsione come se simulasse il graffiare, una torsione inusitata se la paragoniamo ai
ritratti delle epoche precedenti. Klimt rappresenta anche donne vere, come per esempio la sua compagna
→ un quadro distrutto perché considerato un grande scandalo è Nuda Veritas, dove c’è la donna dipinta
nuda senza panno o foglie di fico ma sono dipinti in maniera molto dettagliata anche i peli pubici della
donna.

22/10/18

Isteriavi è un legame tra genere e psichiatria, perché ha origine da patologie delle donne. Di psichiatria si
parla come controllo e protezione, come il compito di un custode ma ai tempi erano associate alle guardie
carcerarie, in quando proteggevano ma rendevano prigionieri i pazienti. Alla fine dell”’800 le donne alto
borghesi venivano colpite da isteria, come il caso di Anna O. la psicanalisi con Freud nasce a Vienna con le
isteriche che segna una rottura epistemologica (nel modo di interpretare), anche grazie all’”Interpretazione
dei sogni- 1900”. Di fatti analisi implica la scienza, mentre “psico” qualcosa di “invisibile”. Freud si occupava
inizialmente delle paralisi infantili e Vienna era il centro della cultura europea, dove gli artisti vollero
mettere in discussione le cose esistenti. Erano presenti undici etnie, tra cui gli ebrei. La città ha una parte
antica di vicoli stretti, come il Duomo di Santo Stefano, divisa da delle mura, frutto della rivoluzione
architettonica della metà dell”’800. Queste, che oggi si chiamano “Ring”, separavano i ricchi che stavano
all’interno, dai poveri che stavano fuori e causavano molto subbuglio. Queste mura vennero poi buttate giù
per costruire dei palazzi, per cui le mura non sono più invalicabili ma comunque imponenti. Freud faceva
parte di una famiglia di piccoli borghesi e viveva con l’aspirazione di fare la facoltà di medicina. Lui avrebbe
voluto fare il romanziere o l’archeologo, di fatti si definiva un archeologo della mente, che scava finché non
trova qualcosa che, anche se sporca, rappresenta comunque un tesoro. Questo si riflette sulla disposizione
del suo studio: aveva un divano coperto da stoffa dove il paziente doveva rilassarsi; reperti archeologici che
vengono esposti come normali soprammobili, come stimolo e metafora della psicoanalisi. Sono statuette
integre e non mutile perché il paziente crei un paradosso tra ciò che è sepolto in lui e ciò che è sepolto nella
terra; sono giustapposte perché nella psiche gli oggetti non sono categorizzati, ma come i ricordi sono
messi a caso. Nell”’800 l’idea della donna e dell’amore era di convenienza, quasi mai romantico e l’idea di
amore romantico nasce con Freud. Come la “La Comédie humaine” di Balzac, l’uomo aveva l’amore
extraconiugale, che era una prostituta colta e da mantenere; e la moglie con la quale fare figli e il suo
compito era stare in casa ad allevarli. Altro esempio è la Traviata di Verdi dove, attraverso una situazione
tipica, la donna riceve persone per bene, è mantenuta e se ne vanta ma per la prima volta s’innamora
veramente. Il destino delle donne all’epoca era quello di fare la moglie, essere tradite e non potevano
provare piacere. Sul finire dell”’800 questa situazione cambia e si pensa all’amore romantico, ad avere
moglie e figli ma di vivere in condivisione, amore e anche sessualità. Quest’ultima crea un divario tra madri
come esempi di vecchia donna, e figlie che rappresentano il nuovo modello di donne. Questo genera la
patologia, l’isterica vuole essere e aderire a questo nuovo modello di donna ma si sente in colpa. Freud va
per studio a Parigi, dove vi è Foucault. Lì vi erano delle strutture ausiliare dove vi stavano i poveri, le
prostitute, i disabili, gli anziani, i ladri ecc… con il tentativo di redimerli ma venivano schedati in modo
ossessivo. Negli asili c’erano anche i pazzi, le isteriche le quali se incinte il loro figlio doveva poi stare con
loro. Charcot fotografò le isteriche, le quali vennero dipinte durante l’arc de cercle. Lui istituì il teatro dei
nervi, ovvero teneva delle lezioni il mercoledì, nelle quali prendeva una donna isterica e la stimolava fino a
farle avere la crisi. Dai sintomi veniva mostrata che l’isteria non è una malattia organica ma psichica e, per
questo, fu chiamata istero-epilessia. Lui credeva che esistevano anche isterici maschi e andò contro l’idea
che la malattia fosse causata da un’infiammazione dell’utero. È una malattia psichica che imita quella
organica in modo involontario. Freud seguì le sue lezioni e nel club di medici di Vienna dice che l’isteria è
anche maschile, scrivendo anche di tre casi tra cui quello di Dostoevskij. La sua seconda moglie tenne un
diario dove raccontava le crisi del marito, che perdeva i sensi e cadeva per terra. Lui aveva il vizio del gioco
e nella psicologia il vero giocatore vuole perdere. Il suo primo matrimonio andò male per via di una cattiva
moglie con la quale ebbe un cattivo figlio, la figlia morì, venne arrestato. Inoltre ebbe un pessimo rapporto
con il padre che odiava, il quale venne assassinato e dopo la sua morte ebbe la sua prima crisi. Freud parla
di una forma di autopunizione, in quanto si sente colpevole della morte del padre. Subisce una finta
esecuzione e va ai lavori forzati in Siberia dove però non ebbe mai una crisi, questo perché si pensa che
essendo già punito ai lavori, non debba punirsi lui stesso. Ricominciano le crisi quando torna, la moglie dice
che avvengono quando parla con uomini più giovani. Per la teoria che Freud porta a Vienna viene deriso.
Arriva la prima guerra mondiale, emblema del soldato che viene colpito da davanti dal nemico e da dietro
dal compagno che ha paura. I soldati soffrivano spesso di isteria, provavano dolore o non sentivano più un
arto forse perché l’hanno visto saltare via ad un compagno. Si penso all’omosessualità. Nel 1911 Breurer
conia il termine “schizofrenia” che significa animo diviso in due che, se prima era visto come sintomo,
adesso è una vera e propria patologia che va a sostituire l’isteria.

23/10/18

“Inferiorità mentale della donna” Paul Julius Moebius (medico filosofo teologo) 1900 crede di dimostrare
che la donna è inferiore biologicamente ma anche in modo necessario. Si parla di deficienza fisiologica,
ovvero che le donne siano deficienti per natura. Biologicamente la donna, suscettibile di gravidanza, viene
definita a metà tra fanciullo e uomo, molto legata agli istinti, ovvero alle azioni che compiamo
obbligatoriamente per vivere come mangiare, bere, dormire, la sessualità come sopravvivenza per la
specie, ecc contrariamente agli impulsi. Quando nasciamo siamo predominati da istinti e ci insegnano a
controllarli e gestirli culturalmente in maniera diversa, quindi la soddisfazione degli istinti avviene secondo
le regole condivise dalla comunità. Tornando alle donne, vengono viste come un peso al progresso che
viene portato avanti dagli uomini. Loro seguono l’opinione di chi le lusinga o del loro amante; devono
essere stupida per riuscire bene nel loro compito materno e non devono essere intelligenti perché si
atrofizzano gli organi materni. La donna non ancora sposata fa finta di essere intelligente ma dopo il
matrimonio si mostra per quello che è realmente: brutta e stupida. Le teorie sull’emancipazione della
donna dicevano che la donna si imbruttisce dopo il matrimonio perché costretta ad essere una serva e da
qui si ha la rivolta delle donne. Vi era il pregiudizio che le donne vergini non dovessero leggere la
letteratura. Nel 1889 (Secar ??) venne elencato ciò che bisognava fare alle isteriche:

 Stringere le ovaie
 Esportare o tagliare il clitoride

Tarantolismo rappresenta degli aspetti importanti:

 Ha aspetti comuni con l’isteria


 La pazzia come costruzione culturale che si lega a una comunità
 Esistevano delle modalità collettive di presa in cura di persone malate

In terra povera, legata principalmente alla terra, dove il tasso di analfabetismo era alto vi erano dei riti
pagani ancora persistenti. Una delle credenze riguardava la donna e un animale immaginario: la ragna
tarantola. Questa vive nel grano, ha una personalità che si caratterizza in base al colore che sarà poi usato
sul tamburello con effetto curativo. Ernesto de Martino fu un antropologo interdisciplinare e, insieme ad
altri studiosi, scrisse “La terra del rimorso” che allude al fatto che il morso della tarantola si può ripetere,
come simbolo di qualcosa che fa male che ritorna. La tarantola nel mese di giugno punge tra le cosce delle
donne, le quali cadevano a terra con un urlo e s’irrigidivano. La cura era di andare davanti la casa della
donna morsa, dove veniva messo un velo bianco e lei viene vestita di bianco, accanto a lei si siede
un’orchestra, si decide che tipo di tarantola l’ha morsa e si mette il nastro sul tamburello; dopodiché si balla
la pizzica ininterrottamente per 24 ore ma anche per settimane. Tutto questo avviene con l’aiuto dei vicini,
della comunità che forma anche l’orchestra che non è professionale. La donna sta al centro dell’attenzione,
mentre i vicini cucinano. La piccola comunità diventa la terapia. Così la donna all’inizio ha le crisi ma poi
segue la musica e s’identifica con la ragna, poi si alza e calpesta la ragna per poi guarire. L’anno dopo la
donna può essere ripunta e da qui proviene il “rimorso”. La chiesa volle arginare questa credenza
attraverso la storia di San Paolo che viene e con un serpente uccide la tarantola. Così il 29 giugno avviene la
demonizzazione: le donne possedute vanno in chiesa per essere purificate. Da qui le canzoni di pizzica
contengono parole su San Paolo.
Fobia paura per qualcosa d’immotivato.

29/10/18

Walzer danza brillante, a ritmo ternario e vorticosa, sul confine dell’ubriacatura. Tarantolismo cura
coreo-musicale.

Fobie, paure e ansia:

Paura che sono normali in determinate epoche strane, per ciò che è pericoloso è normale avere paura
ma ci sono persone che hanno paura verso qualcosa di non pericoloso. Questo in certe età come da piccoli
è normale. Quando veniamo al mondo passiamo da una situazione protetta ad una percezione bombardata
dagli stimoli e abbiamo difficolta a elaborare a queste percezioni, qualcuno le elabora per noi e ce le
restituisce dotate di senso. Quando nasciamo per la prima volta c’è il problema del respirare, dal passaggio
da una situazione acquatica ad una aeriforme. Ci fanno paura quando siamo molto piccoli le sensazioni
troppo forti come il tuono, dopo ce lo spiegano cosa è il tuono. Oppure luci forti o anche il buio, ecc.
sensazioni primordiali che nel primo anno di vita è normale avere paura. Chi ha paura di queste cose a 20
anni è problematico. A tre anni è fisiologica la paura di animali grandi e divoranti: lupi, mostri, draghi, ecc…
che sono la deformazione che i bambini provano dei confronti degli adulti, come figure che mangiano i
bambini tutti interi. Ciò è legato all’immaginario e si racconto ai bambini queste storie di mostri per farli
elaborare queste paure (cappuccetto rosso = tematica della figura divorante che uccide, distrugge e il
cacciatore che apre la pancia e salva). La paura dei cani a 20 è problematica a meno che non si ha avuto un
trauma. Intorno all’ingresso della prima elementare la paura è verso animali piccolissimi: farfalle, zanzare,
mosche, germe e animali invisibili che passano dalla terza elementare in poi. Se si hanno paure strane per
qualcosa che non è pericoloso allora è fobia.

Fobia termine greco che significa paura ma si riferisce a delle patologie. È una paura immotivata, per
qualcosa che non è realmente pericoloso o non sono stati all’origine associati alla fobia. Intesa come
condizione nevrotica, ha una certa consapevolezza, ovvero la persona sa di avere un problema che non
dovrebbe avere ma non riesce a modificarlo. sono delle metafore: gli oggetti di cui abbiamo paura sono
travestiti di un altro messaggio, specialmente sessuale o di morte. Ci sono delle teorie di risoluzione per
addestramento, associando qualcosa di positivo agli oggetti ma non sono risolutive. Tra le fobie più comuni
vi è quella dello sporco, tende a peggiorare con l’età si eredita come apprendimento e nasconde la paura
della morte e sessualità; si lava le mani per qualsiasi cosa (es: gatti lo fanno), creando un paradosso perché
la pelle, che ha difese naturali, perde queste difese e prendono più spesso malattie della pelle e ciò li fa
pensare che invece non si sono lavati abbastanza. Sono egoiste nei confronti dell’igiene comune (es: lo
sciacquone li fa pensare di toccare l’organo della persona che ha usato prima la toilette). Loro non si fidano
della pulizia degli altri, hanno paura della contaminazione. Disinfettano tutto. Hanno un pensiero fisso che
lo distoglie da altri più angoscianti. La pulizia del corpo segue dei rituali, come quella della casa (es: rifare il
letto). Negli studi clinici si parla di persone che si sentono male solo leggendo la parola “cassonetto”. Non
vivono bene, nel rapporto con gli altri, non vivono bene i funerali perché hanno un’angoscia profonda. C’è
qualcosa di indotto socialmente perché ogni tanto si creano delle epidemie come l’aviaria, indotta dagli
uccelli e gli spot pubblicitari tendono ad esagerare e creare loro stessi patologie nelle persone che la
guardano; oppure l’influenza A. Tutto deve essere ricoperto da vari deodoranti. La cura eccessiva è
dannosa, perché le nostre difese lavorano a contato con il nemico, sono privati della loro funzione. Come
l’ipocondria paura esasperata di avere delle malattie. Un’altra fobia socialmente indotta lipofobia
paura del grasso, avere una sorta di terrore del grasso che porta poi a malattia come l’anoressia. Viene
indotta da pubblicità, dove le modelle vengono fotoshoppate.

Ansia non rappresenta una patologia ma un’esperienza neutra che può vere una coloritura positiva o
negativa, è la nostra capacità di reagire ad uno stimolo ambientale. È correlata alla vita, finché siamo vivi
siamo soggetti a stimoli. È’ normale quando è correlata in intensità e durata ad uno stimolo. È malata
quando è esagerata, sproporzionata in intensità, in durata rispetto allo stimolo. I segni di manifestazione
dell’ansia sono uguali sia quando è positiva che negativa. L’ansia positiva si manifesta: batte il cuore,
sudano le mani, si arrossisce, si impallidisce, si trema, gira la testa, non trovare le parole, impappinarsi
come le parole, respirare male, ecc… Non va demonizzata l’ansia ma va addomesticata, dipende dal senso
che diamo alle situazioni, dobbiamo conviverci con la propria ansia fisiologica per evitare che diventi
patologica. La parola ansia fa riferimento alla sensazione di strangolamento, come angoscia, vengono usati
come sinonimi anche se non lo sono. L’etimologia ci ricorda il sintomo esistenziale dell’ansia: manca l’aria…
Bolus istericus = avere un “boccone amaro”, non digerisco quella cosa, quella persona. Malessere che non
fa passare l’aria, simbolo della morte. Le patologie dell’ansia sono quelle sulle quali è stata basata l’isteria,
fanno riferimento alla sensazione di strangolamento, di aria che non passa. Ci sono anche sensazioni non
corporee, a paure senza nome, pericoli senza nome, la sensazione di pericolo, la perdita del controllo – la
paura dell’aereo nasconde la paura della perdita del controllo, legata alla claustrofobia (claustrum =
chiostro), la stessa che si lega a chi ha disturbi ad addormentarsi, ovvero la difficolta di varcare la soglia. Le
transizioni rappresentano sempre momenti di crisi (passaggi di secolo, di millennio), idea di riti di passaggio,
riti propiziatori che segnano un passaggio da una transizione all’altra in cui ci sono paure diffuse e
irrazionali, perché sono indefinite. La maggior parte dei suicidi avviene o presto o al tramonto, perché si è
tristi al crepuscolo è il momento del passaggio, ovvero il momento in cui non sei più sicuro di niente non è
giorno e non è notte, momenti di crisi, ci si commuove più facilmente. Le transizioni quindi rappresentano
qualcosa di problematico. Il passaggio all’adolescenza dove si ha la paura della bruttezza = dismorfofobia.
Tutti gli adolescenti si sentono brutti, perché il loro corpo muta, ricorda la transizione della nascita. In
culture più primitive vi erano dei riti di passaggio, dove dovevi dimostrare di essere capace di diventare
grande: dimostrare di essere coraggioso, ecc… Prova da superare, come la tossicodipendenza attraverso la
quale gli adolescenti vogliono dimostrare che fai qualcosa per te e se riesci a restare vivo, per vedere se
sono degno di vivere. Soprattutto i maschi si sottopongono a forme di prova di coraggio. L’atto
dell’adolescente non può essere valutato come quello di chiunque altro, perché vuole vedere se riesce ad
infrangere le regole. L’eccesso di regole accentua l’idea di trasgredire in periodo adolescenziale
principalmente. Siamo tutti un po’ impauriti di fronte al nuovo, perché è l’ignoto, perché perdiamo il
controllo della situazione. Quando l’ansia è patologia crea un confronto in cui si genera ansia anche agli
altri, la trasmette. La puntualità, il ritardo è fondamentale per l’ansia. Non bisogna essere
accondiscendente nei confronti dell’ansioso ma usare dei piccoli stratagemmi. L’ansia è una condizione che
fa davvero male ma è una delle condizioni più facili da trattare, lavorare sull’ansia vuol dire lavorare su
qualcosa di profondo. Il farmaco lenisce i sintomi ma non risolve il problema profondo. Il disturbo dell’ansia
è tanto: l’ansia socialela paura di esprimersi in pubblico la paura di essere giudicati, ti impedisce di uscire,
di prendere la parola, ma la timidezza non è una malattia, è una forma del modo di essere della persona.
L’ansia è legata anche al perfezionismo (per questo spesso è più legata alla donna), ovvero perdere il senso
del limite. Nella vita tutto ha un limite, come la nostra vita stessa. Viviamo in un contesto in cui ci viene
detto che tutto dev’essere perfetto per cui si arriva a nascondere la malattia perché sennò si viene visti
come deboli, bisogna fingere di essere felici, allegri (es: le canzoni di Natale). La perfezione fisica che genera
patologie e la perfezione patologica. Tutti devono fare le cose che sono decretate perfette. Ciò genera alle
donne un’ansia legata alla famiglia, sulla felicità e benessere dei cari.

Due tipi:

 DAG = disturbo d’ansia generalizza la persona è sempre in ansia in qualsiasi situazione, arrivano a
volta ad ansimare, vanno in ansia per i piccoli cambiamenti, vuole un mondo già programmato, non
gli piacciono i cambiamenti, le sorprese.
 DAP = disturbo da attacco di panico

30/10/18

Paura come condizione psichica ineludibile, è un normale sentimento che di solito fa riferimento ad una
situazione provata in passato.

Fobia è legata a cose che non sono pericolose.

Ossessione per l’ordine legata al tentativo maldestro di controllare l’esistenza, ci sono aspetti che
possiamo controllare e altri che non possiamo controllare. Dobbiamo adattarci ad una vita che per molti
aspetti decidiamo noi ma per molti altri ad altri che non rispecchiano la nostra volontà. Molti filosofi da
giovani hanno prodotto i loro pensieri più belli e spesso nell’età della vecchiaia meno significativi = Hegel
“libertà e destino” ci dice che non esiste la libertà assoluta, ma relativa. Tutto mi è stato dato in dote. Si
deve imparare a declinare la nostra vita all’interno del destino, ovvero del necessario. Diventare grandi
significa capire che alcuni aspetti della vita sono tali e devo imparare a conviverci. Mania di controllare tutto
dell’esistenza. Si parte da ciò che siamo e si lavora su quello. Le persone dal tentativo di controllare
l’incontrollabile si regolano e si fanno consolare da strumenti magici, immaginifici. Questa dimensione
complica la vita alle persone perché è un loro modo di controllare la realtà. Tentativo di edulcorare. La
persona ha una tale inquietudine del mondo che deve ricorrere a questi mezzi per cercare di mettere
ordine alla sua vita. Queste manie possono venire in situazioni di lutto inteso come qualsiasi perdita
importante che cambi l’immagine che noi abbiamo di noi, che noi abbiamo il bisogno di ridefinirci, la mia
vita dev’essere tutta ripensata. Anche una perdita d’amore, della ferita narcisistica. Tentativi di controllare
il lutto con riti come il funerale, con il banchetto per simboleggiare che la vita che continua, distogliendo il
pensiero dal grande dolore. L’elaborazione del lutto è che quando ci si ripensa il ricordo è dolce. C’è chi
pensa che chi muore ci fa un torto, noi siamo arrabbiati. Elaborare il lutto vuol dire che io trasformo la
persona che era accanto a me e non c’è più in una dentro di me. Faccio dei rituali come fare un gesto che
faceva la persona, gesti d’identificazione, ecc… Per elaborare il lutto si fanno delle azioni in cui la persona
diventa un oggetto interno. Deve riuscire a ricordare la parte bella nelle relazioni amorose finite.
Ricondurre la spiegazione a qualcosa di più oggettivo. Il dolore non si supera mai, può diventare dolce. Per
elaborare il lutto ci vogliono normalmente due anni, è una cosa lenta perché si tratta di ridefinire la propria
persona. Con il rancore non si supera, ma solo se si accoglie e ci si ragiona sopra. L’amore all’inizio non è
una cosa che si decide ma dopo un po’ bisogna avere il coraggio di dire basta se non ce la si fa più. Avere il
coraggio di attraversare il dolore ed elaborare il lutto. Ognuno ha i suoi modi magici per controllare la
realtà, ma dobbiamo lasciarci andare. La persona controllante è piena di ansia, non sta mai in pace, non si
gode mai nulla. Si è sempre preoccupati del benessere dell’altro, si diventa soffocanti per l’altro. Sono
trappole autogestite. L’ansia patologica ci fa stare male perché pretendiamo da noi stessi qualcosa che non
dipende da noi, qualcosa che non è in nostro potere. Lasciarsi andare significa essere felici, o meglio gioiosi,
sapersi godere il momento, l’attimo. La gioia contrapposta alla felicità e lasciarsi andare è importante
perché dobbiamo abituarci a organizzare/controllare una piccola parte. L’ansia negativa è un fattore legato
anche a questo ingenuo tentativo di controllare la realtà.

Sintomi dell’ansia

- psichici: pericolo, paura.


- Fisici: mancanza di aria, sensazione di non respirare, nodo alla gola che fa riferimento alla paura di
morire, tachicardia, fibrillazione, brividi, sudore freddo, sensazione di svenimento, desiderio di
andare in bagno (minzione frequente), diarrea e disturbi intestinali, e vari disturbi di tipo psico-
somatico. Esistono delle patologie legate all’ansia: gastrite, ovvero eccesso di produzione di acidi
gastrici; malattie della pelle in quanto c’è una componente anche psico-somatica, come i funghi o
gli eczemi ecc perché calano le difese naturali nel momento in cui prendono il sopravvento degli
organismi. La persona depressa è più soggetta alle malattie, si reagisce meno. La pelle è un organo
importante, strano, da una parte ha una funzione di involucro ma nello stesso tempo è forata da
buchi da dove esce il sudore, quindi vi è un interscambio tra dentro e fuori. Ansieu “l’io-pelle”
teorizzazione della pelle legata alla nostra identità, quindi una pelle turbata dice che c’è qualcosa
che non va. Quando veniamo al mondo non abbiamo molta sensibilità della pelle rispetto agli
organi interni perché nella pancia della mamma non siamo a contatto con altra pelle, quando
cresciamo ciò s’inverte, diventando più sensibili nella pelle attraverso la manipolazione dell’altro,
perché siamo un corpo nelle mani dell’altro, riceviamo delle sensazioni attraverso gli altri. La pelle è
l’organo relazionale per eccellenza, “a pelle” facciamo riferimento all’esperienza primordiale (es
tatuaggi, piercing = pelle come abito). Gli aspetti psico-somatici sono quasi sempre un correlato
dell’ansia, gran parte dei sintomi sono presenti ma non sempre tutti. Freud faceva una relazione tra
organo e corpo che cerca di esprimere ciò che a parole non riesce a dire.

Le persone crescono se imparano dagli errori, si deve fare da soli. Gli uomini facendo un test sui colori, si è
visto che gli uomini conoscevano solo grigio, nero, marrone e verde mentre le donne ne conoscevano molti
di più. Ansia anche se non patologica è indotta e ci fa vivere male, ci sono epoche in cui vi è di più e altre in
cui ce n’è di meno; questa epoca è ansiogena. Il tipo di vita con pendolarità, incertezza per il futuro, che
lavoro farò. In altre epoche, quando c’erano meno incertezze e anche meno libertà in quanto più è alto il
livello di destino, più è basso il libello di libertà. Le epoche di maggiore libertà sono più ansiogene come la
conquista del divorzio, che però ci mette ansia perché ci fa scegliere. L’ansia viene dalla possibilità di
scegliere e di sbagliare. Kierkegaard = l’ansia, l’angoscia e il brivido della libertà. Dobbiamo imparare a
convivere con l’ansia, ma la libertà comporta un prezzo. Educare all’ansia vuol dire educare a prendere
delle scelte e prendersi le proprie responsabilità. C’è chi ha paura delle libertà e quindi non se le prende.
Delusione (ludus = gioco) non puoi più giocare, nel senso di amore, sentirsi una principessa quando stai
bene, credere che un film sia vero, ecc… significa che essendo delusa/o non so giocare, immaginare, vivo la
realtà e basta ovvero un comportamento istintuale che è subumano. Bisogna imparare a convivere con la
delusione per illuderci. Illusione si contrappone all’inganno, ovvero quando credo che qualcosa non è vera;
illusione è sogno, gioco a far finta che sia vero. Quando faccio una scelta mi illudo, gioco. Bisogna
continuare a crederci, non si può vivere solo di sicurezze, alle quali le persone molto fragili sono
aggrappate. Diventare forti significa rompere le sicurezze. La passione è un elemento fondamentale, mette
ansia positiva. Essere un soggetto significa essere assoggettato ai propri desideri, essere una persona
desiderante ma ci sono anche soggetti che sono cose ma non è vita perché la vita è fatta di passioni.

 DAG (disturbo d’ansia generalizza) vuol dire che la persona è in ansia in qualsiasi situazione,
contesto e relazione si trovi, anche con persone di cui si fida e in contesti sconosciuti peggiora. La
persona prova ansia sempre, ne può provare di più o meno ma ne ha sempre perché i suoi pensieri
la tormentano, è carica di pensieri di controllo. (L’essere sempre a posto per le donne, per gli
uomini l’ansia con la macchina). Crea un ambiente ansiogeno, che predispone all’ansia tutti quelli
che gli stanno intorno.
 DAP (disturbo da attacco di panico) qui vi sono momenti di crisi e dei momenti nei quali
apparentemente non si hanno problemi. Per parlare di disturbo bisogna che gli attacchi non siano
sporadici. I passaggi ansiogeni spesso causano attacchi. Gli attacchi qui sono improvvisi e
assomigliano ad una via di mezzo tra una crisi epilettica ed un infarto. La prima cosa che deve fare
la persona è di andare dal medico. Avviene in pubblico, tutti assistono, la persona prova vergogna.
Attraverso la simulazione della morte ci si sottrae a qualcosa. Si ricorda tutta la vita e dopo il primo
attacco si ha paura. Quando viene il periodo in cui non si hanno attacchi, ovvero “il periodo buono”
in realtà è il periodo in cui si ha l’ansia che torni, ci si limita a fare tutto soprattutto nei posti di
socialità, nei quali si va solo se accompagnati. Si crea una dipendenza da un'altra persona e diventa
una sorta di fobia sociale per la quale la persona non vive più. Attacco di panico (semi divinità Pan,
dio dei boschi, solitario è preposto all’attività della masturbazione, è brutto e si racconta che la
madre sia svenuta per la paura e il disgusto nel guardarlo. Vive accanto agli dei, li fa ridere ma sta
nei boschi rincorrendo le ninfe. Il flauto di Pan nasce perché inseguiva una ninfa e lei per sfuggirgli
si butta nel fiume dove si trasforma in una canna e lui tagliando le canne si costruisce il flauto. La
sua attività era stare nel bosco e produrre rumori paurosi per spaventare i viandanti, ai quali veniva
un’irrazionale paura). Con il disturbo di attacco di panico e di ansia generalizzata si arriva a
chiudersi in casa. Le persone vicine a chi soffre all’inizio si sentono lusingati ma dopo un po’ si
stancano perché si ha la sensazione di essere usati, è faticoso. Bisogna convincere la persona a farsi
curare. Cercare insieme altre soluzioni.

5/11/18

Maggiore è lo squilibrio verso la libertà, maggiore è l’ansia.

Disturbi di personalità cosa è la personalità = è ciò che fa si che nessuno di noi sia normale, perché
essere normali vuol dire essere tutti uguali secondo una norma. Non è normale vuol dire non è uguale agli
altri, nessuno è uguale all’altro. La personalità è ciò che ci distingue gli uni dagli altri, ognuno di noi è
abbastanza normale, vuol dire che ci sono dei livelli di anormalità e specificità che rientrano in un range al
di là del quale si entra in patologia, quando questa personalità è troppo bizzarra. Quando noi veniamo al
mondo non abbiamo una personalità ma un temperamento, è una metafora in quanto fa riferimento al
grado di calore, a quanto io possa essere paziente. Originariamente fa riferimento ad una qualità che
abbiamo sin da quando siamo piccoli. Fa riferimento alla temperatura, ovvero il grado secondo il quale
agiamo. Ci sono persone più pacate e altre più calde in base al loro corpo, in quanto quando nasciamo il
nostro corpo, perché si completi il sistema del nostro sistema nervoso, impiega tre anni. Il sistema nervoso
arriva a completarsi quando il cervelletto arriva a maturazione a tre anni. I primi tre anni siamo molto
immaturi e ognuno è diverso. Gli istinti, la digestione e il sonno che sono correlati, in quanto il dolore non
sono controllato. Quelle sensazioni da piccoli sono molto forti in quanto ancora influenzate da quando
eravamo dentro la mamma. La sensibilità è legata a sensazioni interne al corpo. Se un bambino digerisce
male è più irritabile. Il nostro temperamento riguarda quanto è regolata anche la nostra omeostasi, ovvero
la nostra capacità di regolarci con il caldo e il freddo. Le persone più sensibili al caldo e al freddo sono più
umorali. L’origine di tutti i nostri modi di essere è sempre biologica ma poi noi le elaboriamo in base al
contesto sociale, comunità di appartenenza e alle nostre esperienze. (es: Gattopardo dove si spiega in
maniera deterministica la sicilianità sulla base del tipo di terra). Questo temperamento si incontra con i
familiari che hanno già una personalità, che possono essere pazienti o anche loro irritabili. Questo incontro
determina il carattere, in base ai modi di essere delle persone vicine al bambino. Il carattere è il risultato
dell’incontro tra il temperamento e le persone che ci stanno intorno. Le persone con un loro carattere
vengono a contatto con una comunità più ampia ecc e quindi la personalità è un concetto più ampio, della
comunità. Le personalità sono difettose, tutti hanno difetti. Ci sono tanti modi normali di avere personalità
diversa, ma quando sia ha ? si hanno disturbi di personalità. Non è una patologia come l’isteria (Anna O. il
braccio le formicola, paralisi al braccio che va e viene e l’interpretazione di Breuer e Freud esprime
attraverso la paralisi qualcosa che non ha il coraggio di esprimere a parole). È un irrigidimento di tratti della
personalità come per esempio la persona sospettosa lo sarà meno in situazioni familiari e li avrà di più tra
sconosciuti; la persona paranoica sarà sempre sospettosa verso tutti. La persona meno rigida modula il
comportamento in relazione ai contesti mentre quella rigida è sempre irremovibile e soffrono.

 Nevrosi termine freudiano, non viene più usato come termine nella diagnosi non si trova. Indica
l’infiammazione dei nervi (-osi/-ite = post fissi per indicare un’infiammazione di qualcosa). Secondo
Freud è una categoria di disturbi meno gravi delle psicosi caratterizzati da un conflitto
anacronistico, rimane interiorizzato trasformandolo in Super-io, dove i nostri genitori sono voci
interne. Ci sono persone che restano come sospese tra impotenza, incapacità di decidere, perché si
è combattuti tra opposte tensioni inconciliabili, a ruminare pensieri. È un conflitto antico che
ripropongo in tutte le piccole cose. Forma di risposta a un’angoscia che si sente. Ci sono vari gradi
di nevrosi.
Le angosce sono elaborate, come il licenziamento, fare male un esame, ovvero si riferiscono alla
vita sociale.
Difese più elaborate: sublimazione, rimozione che sono più civili e accettabili.
Rapporto con il conflitto: anacronistico e insuperabile.
Ego sintonia, ovvero essere in sintonia con me stesso, mi piaccio cosi.
Principio di realtà presente.
 Psicosi termine freudiano. È consapevole che sta male. C’è una perdita di principio di realtà,
ovvero la consapevolezza del tempo e dello spaio nel quale siamo inseriti, non avere queste cornici
che ci orientano nella vita.
Le angosce sono primitive, come pericolo senza nome, voragine senza fondo, forti rumori, luci,
ovvero afferenze sensoriali.
Difese, ovvero movimenti psichici dell’io che mettiamo in atto per le angosce, sono arcaiche, come
la negazione ovvero negare una realtà che ci spaventa, dicendo che le cose sono diverse; la
scissione fa riferimento a dividere il mondo in due blocchi: bene e male, buoni e cattivi che implica
una visione normale per i bambini ma non per le persone dall’adolescenza in poi. La scissione bene-
male non bisogna applicarla come religione, perché diventa una patologia. Caino e Abele, fratelli
ma uno coltiva e uno alleva, entrambi offrono sacrifici a dio in base a quello che fanno. Ma nessuno
è Caino o Abele, il buono può essere anche cattivo e viceversa. La scissione è un meccanismo
primitivo che spesso causa problemi nei rapporti sociali.
Rapporto con il conflitto: sono al di la, scissione netta con il conflitto.
Principio di realtà non presente.
Ego distonia.
 Disturbi di personalità principio di realtà presente. Angosce primitive, difese primitive. Il
conflitto non lo elaborano e sono ego sintonici, tendono a pensare che sono malati tutti gli altri e
che loro stanno bene. Se hanno un disturbo ossessivo compulsivo, pensano siano loro nel giusto.
Non è un bene, se non ci si rende conto di avere un problema, non intraprende un percorso di cura.
Sono difficili da trattare. Nascono quando sia hanno 16-17-18 anni, ci sono casi da più piccoli ma
sono rari, perché si presentano sotto piccoli tratti. L’origine può essere legata a un trauma, come un
abuso, perdita grave e hanno tutti in comune l’ego sintonia e il fatto che si palesano di più in
famiglia. In un ambiente allargato si riesce a controllare questo problema. Dentro casa sono
problematici, fuori sono diversi. Le persone che ci vivono non vengono credute. In famiglia si
esercitano le forme di violenza peggiore, perché questa scissione li porta a visualizzare il contesto
buono e cattivo. Sono una serie, come il disturbo narcisistico di personalità e disturbo borderline.
C’è anche quello anti-sociale, come cannibali, serial-killer che però ha bene il principio di realtà.

Klein ha studiato delle posizioni primitive: condizione schizo-paranoide e posizione depressiva. Posizione è
differente da stadio ovvero può cambiare.

 Condizione schizo-paranoide  va da zero a otto mesi. “Schizo” vuol dire dividere in due territori
del bene e del male, “paranoide” è perché si pensa che tutti quelli del male vogliono contaminare il
bene.

Si crea una sorta di paranoia collettiva, per cui la comunità interiorizza con i partiti che usano la scissione
primitiva (es: totalitarismo). Scissione è anche tra i due sessi, dove entrambi i corpi riproducono delle
sembianze di entrambi (es: i capezzoli degli uomini). Siamo molto diversi biologicamente ma molto simili.
Dei genitori spesso ricordiamo la loro immagine di quando noi eravamo piccoli, abbiamo un’immagine
stereotipata. La punizione ha un alone di moralità, mentre le conseguenze ?

6/11/18

La personalità non è qualcosa che ci accompagna sin dalla nascita, perché all’inizio abbiamo un
temperamento che fa riferimento alla temperatura che si incontra con i genitori e si forma il carattere. Con
questo affrontiamo il mondo, il contatto con il mondo e le varie comunità allargate che ci da la personalità,
che significa che nessuno è normale. Le persone per essere normali devono avere una personalità
individualizzata, ovvero avere i propri limiti. I disturbi di personalità riguardano la rigidità, non si adatta, ha
un comportamento sempre uguale, mentre quella normale si adatta al contesto. La personalità significa che
abbiamo dei difetti, che siamo normali anche con i difetti e che non siamo tutti uguali. I disturbi di
personalità hanno alcune caratteristiche simili o uguali alle categorie delle nevrosi e psicosi. Hanno angosce
primitive, come le difese primitive come nelle psicosi. Hanno il principio di realtà come le nevrosi. La
persona normale sta bene quando sta bene con sé stesso, ovvero quando è ego sintonica mentre quella
malata deve essere ego distonica per curarsi, ma quelli con disturbi di personalità sono ego sintonici, non si
rendono conto di avere un problema.

La “folie a deux”  in coppia. Esistono esempi di coppie assassine, coppie che possono essere amici o
amorose. Una persona sana incontro quella insana, la coppia diventa patologica. Amare una persona non
rappresenta una terapia ma in queste coniugazioni vince la patologia, nella quale rischia di entrare chi sta
con la persona malata che è la persona sana. La patologia genera una grande attrattiva, gusto morboso
perché attraverso le disgrazie degli altri si pensa che se succede all’altro a me non succede e si da spazio
alle nostre istanze più piccole come il desiderio di sangue, violenza, morte, ecc… i normali hanno delle parti
socialmente meno nobili che si esprimono nei sogni o leggendo produzioni letterarie, film ecc che parlano
di violenza. Le produzioni culturali degli esseri umani hanno sublimato questo rapporto ambivalente con il
dolore e l’aggressività. Per questo la patologia attrae perché mette in atto la nostra volontà salvifica, ovvero
la persona con problema solleva il nostro desiderio di essere eroici, di salvarlo. All’inizio viene stimolata
questa parte di noi un po’ narcisista ma poi succede il contrario perché la persona poi entra nei fattori di
protezione. Una coppia diventa capace di comportamenti o azioni patologiche e antisociali che nessuno dei
due elementi della coppia da solo metterebbe in atto. Uno dei due è sempre più forte e intelligente e l’altra
tende ad essere subalterna che creano un guscio dentro il quale nessuno può entrare. (es: la donna che
trascina l’uomo, molto suggestionabile). Esempio sono le sorelle Papin, alla fine degli anni ‘20 in Francia,
delle quali esiste una pièce “Les Bonnes” di Genet. Sono due orfane che vengono cresciute in orfanotrofio,
vengono adottate come collaboratrici domestiche da una famiglia borghese nella quale la madre e figlia
diventano due aguzzine di queste sorelle, che hanno un basso salario ma vengono mantenute. Queste due
sorelle erano simbiotiche. Le sorelle Papin erano a letto insieme nude, in una situazione di maggiore
simbiosi, entrambe simultaneamente uccidono madre e figlia cavandogli gli occhi. Nel processo, dove
rischiano la ghigliottina, il caso attira l’attenzione degli esistenzialisti come Sarte, de Beauvoir, ecc che
cercavano di difenderle per dare la colpa alla società, accendendo un dibattito tra filosofico e politico. La
sorella più grande viene condannata a morte e l’altra in ergastolo ma poi anche la prima sarà ergastolo. Poi
vengono scisse e finisce la simbiosi e nessuno delle due prende le proprie responsabilità, raccontando che si
sono sentite trascinate l’una dall’altra. Una tenta di uccidersi. Quando si parla di follia, non si parla di
monadi ma di relazioni che intessono con altre persone fino ad arrivare a questo fenomeno.

Due tipi di disturbi di personalità che spesso sono intrecciati nella vita reale. A volte c’è della comorbidità,
ovvero avere più patologie, un insieme di vari fattori che determina anche nella patologia quella modalità di
essere. La patologia può essere lieve, grave e gravissima. Il disturbo psichiatrico grave non mostra il suo
problema a tutti, ma in famiglia dove non si viene creduti. Non esiste il raptus, esiste il momento i cui non
controlli più la tensione ma una persona per arrivare ad uccidere deve esser stato già male. La follia si è
sempre guardata con uno sguardo morale, ora si esagera. Verso la fine dell’800 con le idee ottimistiche si
pensa che chi ha patologie non può essere colpevole perché incapace d’intendere e di volere.Caso di
perizia di Vittorino Andreoli negli anni ‘90, psichiatra che scrisse la perizia su Pietro Maso che era un
ragazzo figlio di famiglia ricca, viziato che aveva la mania di spendere, che si era creato l’identità di quello
che aveva tanti soldi. Lui era una specie di leader di un gruppo di ragazzi stupidi con il quale decidono di
sterminare la famiglia di lui, della quale si salva la sorella, perché se fossero morti avrebbe ereditato il
patrimonio. Non mostrava nessuna emotività al processo. La perizia diceva che più che malato di una
malattia individuale, era malato di un contesto come la “banda del martello” che teorizzavano di ripulire la
società, uccidendo prostitute, ecc… lui analizza Verona come un territorio alienato dal guadagno. Soldo e
viziare i figli, Maso come vittima del non malato che incarna in sé un contesto. (contesto che genera
patologia). “Ammazza bambini” del 1870/74 a Valdarno come primo caso che suscita un legame tra
psichiatria e giurisdizione, ovvero aspetti psichiatrici e giuridici (psichiatria forense) ogni 10/15 anni
sparisce un bambino e non torna più, i bambi giocavano per strada, tutti si guardavano e si controllavano.
Vi erano molti ambulanti che vendevano varie cose. Gli abitanti pensavano fosse uno di loro, un forestiero
che passava. Si cercò ovunque. Nonostante le sparizioni fossero sempre da lì, nessuno pensò a qualcuno
della comunità. Si era creato il mito del viaggiatore. Fino a che si sentono delle urla provenire dal carradore
in pieno giorno, la mamma del bambino le sente e sfonda la porta mentre lui cerca di uccidere il bambino.
Li aveva uccisi tutti lui e li aveva sotterrati in bottega perché pensava li prendessero in giro. Aveva 24 anni,
era intelligente e strano, sapeva leggere e scrivere, parlava forbito, basso, senza peli (in carcere gli
crescono), con un dito in più nei piedi, leggermente gobbo. I bambini lo prendevano in giro e andavano per
divertirsi ma loro stavano per conto loro. All’epoca i bimbi erano più liberi quindi nessuno li sgridava. Poi
non sembrava lui se la prendesse, sembrava accettasse. Invece la persona che subiva aveva accumulato una
forte aggressività. Atto di follia. Il processo è pubblico e si svolge a Firenze e si seguiva la cronaca giorno per
giorno. In carcere lui ha cominciato a scrivere le sue memorie in modo altisonante, dove delira. Personalità
disturbata, disturbo di personalità legata alla sofferenza. Grande discussione tra uomini di legge e scienziati,
perché lui ha fatto un progetto, aveva la capacità d’intendere e di volere e probabilmente aveva un disturbo
di personalità grave e misto tra vari disturbi. Fu considerato capace d’intendere e di volere e fu incarcerato.
Si chiamava Callisto Grandi, soprannominato “l’ammazza bambini” che segna una svolta, ci si pone a livello
intenso il problema dell’intendere e volere che ancora oggi non è sciolto. Capacità di fare progetti, di essere
orientati nello spazio e nel tempo. Psichiatria forense la Sindrome di Münchhausen per procura scoperta
da poco come una cosa diffusa. Si tratta di donne madri che si convincono che il proprio figlio abbia
qualcosa che non va e fanno in modo da presentarli con problemi. Si comincia con lo strusciare il
termometro per la febbre, le analisi delle urine venivano truccate somministrando anche qualcosa al
bambino, si arriva a raccontare, si fanno esami continui, li fanno operare e possono arrivare alla morte.
Questo porta ad un’attenzione continua sul figlio e su di sé, la madre si mostra attenta e acquisisce la
fiducia del medico, delle madri e quindi può falsificare con maggiore possibilità. Il nome viene dal barone di
Münchhausen ci racconta di un cavaliere errante che va a vivere in un castello dove racconta le sue
avventure che esagera tra l’inventato e l’iperbolico, falsificare la realtà attraverso dei racconti per essere
ammirato. Per procura: si agisce su un altro soggetto per costruire lo scenario di malattia e per trovarsi agli
occhi di tutti come donna modello, mamma perfetta che cura il proprio figlio.

12/11/18

Spasmodico = esagerazione.

Georges Devereux fonda una nuova disciplina che è il dialogo tra l’etnologia e la psichiatria, ovvero
l’etnopsichiatria, cioè fare ragionamenti in vari contesti e in psichiatria. Studia l’oriente e scopre che
esistono delle patologie che da noi sono sconosciute e determinate patologie come l schizofrenia li non
esistono. Esistono dei disturbi etnici, tipici di un determinato contesto perché trovano origine nella storia e
immaginario del contesto al quale l’individuo appartiene. Più avanti nel ragionamento afferma ce in un
certo senso ogni problema psichiatrico fa riferimento alla storia e all’immaginario di qualunque individuo,
come per esempio le patologie virtuali. Ogni contesto, ogni società e epoca ha un proprio modello di
normalità, nessuno lo rispecchia precisamente e chiunque lo può seguire almeno in parte. Nei vari contesti
si hanno modelli anche di follia. Lavora su popolazioni che hanno come sintomo di follia qualcosa che per
noi è una qualità: la generosità. Per noi l’avaro è una persona anomala. In certe popolazioni l’essere
generosi, forse popolazioni povere, è considerato un gesto di follia. Fa due esempi di patologie etnici:

 Koroè la tartaruga che rientra dentro il guscio. Tipica dell’Asia minore e Malesia, propria degli
uomini ed è legata all’immagine del pene. Gli uomini hanno la sensazione che il loro pene
diminuisca ogni giorno. Per un qualche percezione sono convinti di ciò. Pensano che questo sia
dovuto al contatto con le donne, poi si usano lacci ecc per mantenere la lunghezza normale. Si
sente non creduto.
 Amoq grido di battaglia dell’antico cavaliere medievale malese, molto crudele e bravo in
battaglia. Certi piccoli villaggi tutti hanno nella piazza hanno una piccola capanna con le armi che
servono al popolo per difendersi dalla Amoq, essere violenti prima in famiglia e poi nel villaggio per
fare strage gridando. Al popolo serve per difendersi dalla furia.

Prima essere grasso era simbolo di ricchezza, come nel Koro è la mania di occupare più spazio possibile;
mentre l’Amoq la spiega con le popolazioni in cui la violenza non si è sviluppata, si è molto gentili, estrema
deferenza. La rabbia e aggressività sono sentimenti umani e fanno parte di noi e molte patologie sono
legate al fatto che non si accetta questa aggressività, si reprime e prima o poi esplode in forme non
controllate. La mitezza è una qualità ma troppo miti si diventa esasperati ed esplodono in aggressività. Con
il tempo si è repressa l’immagine del cavaliere ma questa è rimasta nell’immaginario collettivo, compare nei
film o nella letteratura. Il Koro viene identificato ad una buona posizione, come quanto spazio occupi ma
anche simbolicamente come negli uomini occidentali.
Disturbo borderline significa al confine, sono più gravi delle nevrosi ma dipende in intensità più lieve o
severo. La copertina di un libro di Cancrini dove vi era una lametta da barba e sul bordo tagliente un omino
tenendo in mano un bastone. C’è un elenco di sintomi e se una persona possiede alcuni di questi si può fare
la diagnosi; quello descritto per primo è il più importante. Due scuole di pensiero:

 la prima pensa che questa sia una patologia a sé stante Kernberg. Vi è uno sviluppo nei primi anni di
vita primi tre anni, che Margaret Mahler chiama “processo di separazione-individuazione”. In
questo processo si arriva ad acquisire un io rispetto agli altri, una identità separata da quella degli
altri. (gli autistici non hanno questo, parlano di sé in terza persona). Il nascondere per i bambini
significa non esistere, fa paura, come il gioco bau settete. Quando abbiamo paura riproviamo
quell’antico brivido. Se non c’è lo sguardo dell’altro tu non esisti e il bambino utilizzerà dei modi per
affrontare la notte, il mediatore, ovvero il giocattolo, prima di andare a dormire. In questo percorso
che va di pari passo con lo sviluppo del nostro sistema nervoso, percorso biologico e psico-sociale,
si attraversano momenti vari ma Kernberg si rifà a un momento particolare, ovvero quello in cui i
bimbi imparano a camminare, più o meno intorno al primo anno di vita. Il bambino fa qualche
timido passo, tiene le gambe larghe per mantenere l’equilibrio e cade sul sedere, il genitore ride, il
bambino ride e si rialza; se il genitore urla, il bimbo piange. Il bambino si rialza e varca la soglia,
arriva dal genitore e gli porta un dono, ovvero qualcosa che ha raccolto da terra. In questo
momento il bambino sperimenta la libertà, anche se ha bisogno del genitore, pensa che il genitore
si possa arrabbiare se lui va via (storie di Pollicino, Hansel e Gretel e fiabe di bambini perduti).
Metafora del perdersi. Il bambino a corsa torna e porta il dono perché è fuggito ma è tornato. Poi
non ha più paura dell’abbandono. La nostra paura di adulti di non essere riconosciuti fa si che i
bambini ad esempio piangano fino a quando non sentono che il genitore è andato via per non
sentirsi in colpa. Il bambino è preda di tentativi di fuga inconcludenti, scappa e ritorna e ad un certo
punto questo si supera. I soggetti con disturbo sono rimasti in questa fase, sono vittime di fughe
inconcludenti, vanno e vengono anche da adulti. Ci sono persone che hanno paura del vuoto.
Respiro e prendo aria, restituisco aria; bevo e sudo, è tutta una dialettica di prendere e dare che
genera angoscia. Quando si ha paura lo sentiamo nelle viscere perché da bambini abbiamo sentito
il vuoto, momento dell’assenza che significa non avere fiducia in sé stessi. Essere fidanzati significa
avere fiducia nell’altro. Paura abbandonica, uno dei sintomi. Tutti abbiamo paura di essere
abbandonati, che è profonda e arcaica ma c’è chi la controlla e chi no, ha bisogno di un possesso di
essere li dove c’è l’altro fino ad arrivare ad uccidere l’altro. L’amore non è controllo ma fiducia. È
giusto avere un po’ di paura abbandonica perché cosi noi curiamo le nostre relazioni ma non deve
prendere il controllo di noi stessi. Il borderline non riesce a controllarla. Hanno paura del vuoto,
hanno perennemente senso di vuoto e incapacità di esprimere la propria aggressività. Quando si ha
fiducia in una persona gli si può dire cosa ci ha feriti, riuscire ad esprimere la propria aggressività. Le
persone con borderline lieve non riescono ad esprimere l’aggressività proprio per la paura
dell’abbandono. Bisogna gratificare ma anche rimproverare. Questo lo porta ad avere degli
atteggiamenti estremi e alternanti: idealizzazione e demonizzazione. Dopo l’idealizzazione
dell’innamoramento iniziale, bisogna veder se accettiamo anche i difetti. I borderline non sanno
andare oltre questo, è un innamoramento idealizzato. Ma questo reprimere l’aggressività porta a
demonizzare, si svalorizza se stessi. Inverte completamente, fino a calunniare e a costruire una
realtà fittizia e poi ipervaluta sé stesso. Questo è un trauma per l’altra persona. Ma poi torna e
chiede scusa e l’altra persona ci crede perché ha conosciuto una persona perfetta, ma è tutti e due i
volti. E prende i punti deboli dell’altro, in una sorta di sadismo. L’altro esce da ciò con narcisismo.
 Cancrini psichiatria e contesto che ha un’estrema importanza nel determinare la deriva della follia,
pensa che questo sia un super disturbo ovvero una tendenza di tutti gli esseri umani e che peggiora
in determinati contesti, ovvero è una possibilità di tutti noi come l’allergia per esempio, ovvero vi è
una soglia. È una tensione che tutti abbiamo, qualcuno di noi diventa più disturbato.
L’idea di staccare nel rapporto tra genitori-figli, come nel rapporto di coppia è importante, i rapporti
simbiotici sono destinati a finire male. Il genitore prima di tutto è una persona.

19/11/18

Disturbo borderline della personalità Sottocategoria drammatico-emotiva, drammatico è qualcosa di


sentimentalmente triste e fa riferimento anche al teatro quindi esprimere un malessere in modo
drammatico quasi metaforizzandolo; emotivo perché l’emotività le fa da padrone. Squilibrio verso l’aspetto
emozionale. Inizialmente con l’altro vi è un atteggiamento idealizzante, che vede l’altro essere perfetto e,
di conseguenza, il borderline si sente imperfetto. La persona sana che è soggetto al rapporto con il
borderline vive una sorta di paradiso in terra perché il borderline è generoso, amoroso, ecc poi però mostra
improvvisamente un altro volto, diventa cattivo e l’idealizzazione ha fatto si che l’oggetto di quell’amore
viene rivoltato contro. Chi subisce viene traumatizzato. Dopo un po’ questa cosa si rovescia nuovamente, si
ritorna al perdono e all’idealizzazione e trova una scusa, una giustificazione. Viene creduto e perdonato ma
poi di nuovo ritorna cattivo, fino a quando questi atteggiamenti diventano sempre più frequenti e si
alternano. Chi ha il genitore con questo problema tende ad essere insicuro, non si fida di nessuno, si viene
esposti a questo problema. La paura abbandonica fa parte dell’esperienza di ognuno di noi ma in loro è
esagerata, è così forte che all’inizio si è consapevoli che è solo una paura ma poi diventa una realtà e il
rovesciamento del comportamento è legato anche a questo ma anche al problema di gestire l’aggressività.
La sensazione di vuoto interno è quello che alterniamo con la possibilità di riempirlo. Vi sono dei modi di
riempire in maniera illusoria questo vuoto, partendo dal cibo. La bulimia per alcuni versi sarebbe una delle
varianti del disturbo borderline. Altri modi di riempire questo vuoto possono essere poi sostanze come
farmaci, ansiolitici, droghe, alcool, il fumo… varie dipendenze. Lo riempiono anche con un consumismo
compulsivo, fino a spendere oltre le proprie possibilità perché si pensa che si diventa una persona di valore.
La tendenza a stare in luoghi con molte persone, la tendenza a far credere di avere molti amici. Avere
troppi amici, tutte intimi e quindi questa falsa confidenza con gli altri. Promiscuità sessuali, spesso con 4/5
persone al giorno, chi colleziona sesso. Sensazione che ciò che è dentro non riesca ad uscire, la sofferenza, il
vuoto non viene raccontato; la persona nega. Ciò fa si che la persona sia prossima a scoppiare e prima di
tutto la rabbia, soprattutto in situazioni di troppa bontà, una persona che non mette dei paletti, dei limiti e
questo rappresenta il “non sono degno di questo modo di riconoscimento” perché l’altro è idealizzato. Si
arriva poi ad esprimere tutto quello che non ha mai detto in una volta sola. La persona perfetta non è
umana. (“il cielo sopra Berlino” – gli angeli che hanno la capacità di sentire tutto, anche i pensieri e ciò è
terribile perché è come un bombardamento). La persona così attenta all’altro, così generosa dopo un po’
non ce la può fare, bisogna dosare la generosità. Questa rabbia può essere anche autoindotta sono forme
aggressive molte cruente, ad esempio con le lamette nella ricerca del dolore che è un modo per cacciare via
un altro dolore, bruciature di sigarette, mangiarsi le dita che sono operazioni dolorose che danno sollievo.
Nei casi più gravi si arriva all’auto sofferenza, momento in cui sente un grande senso di liberazione.
Inizialmente vedendo il sangue continua a ripetersi di non farlo poi lo fa e dice di non farlo più ma in realtà
poi lo rifanno. Rendersi conto vuol dire diventare ego distonici. Azioni auto aggressive sono legate al non
accettare il proprio limite. Di solito chi ha questa patologia viene da una famiglia invischiante, che non
lascia vivere, che sta sul fiato sul collo. Il borderline può prendere consapevolezza almeno in parte e
conviverci (“anche libero va bene” ruolo nel gioco nel calcio – lui manda via la moglie, vive sono con il figlio.
La madre è chiaramente una borderline e tutti i personaggi hanno tratti psicologici ben delineati. “ il cigno
nero” c’è questa contrapposizione tra bene e male e un gioco tra immaginazione e realtà). Spesso viene
scambiata con il bipolarismo, che riguarda solo l’umore. In genere il borderline si manifesta dai 18 anni o
poco prima.
Questa spinta a comportamenti borderline è di questa epoca che spinge sempre al nuovo, al comprare.
La normalità non esiste, vi sono dei livelli di anormalità ovvero di specificità in ognuno di noi anche di
difetti. Non si è mai perfetto, di fatti si dice “abbastanza” (in gergo medico si dice “abbastanza in salute”). Si
dice che chi sta bene è colui che convive con i propri difetti, accettarli e migliorarli. È una patologia non
accettare i propri limiti o i limiti dell’altro (es. plastica). Il perfezionismo indotto è qualcosa che ci sovrasta (il
primo libro sulla cellulite medico “il problema della plica sul collo” anni 30/40). La follia del grasso è un
problema indotto, il grasso serve (demonizzare gli elementi). Stare bene non vuol dire essere sani, si ha solo
una forma distorta di stare bene.
Disturbo narcisistico di personalità mito di Narciso che si specchia nell’acqua perché innamorato di sé.
L’amore di sé è essenziale per amare gli altri, chi non si ama cerca nell’altro l’amore di sé, accetta tutto
dall’altro anche se si comporta male. Importante è avere un po’ di sano narcisismo. Diventa maligno
quando l’amore di sé è così spropositato che gli altri non si vedono come fine ma come mezzi per
accrescere sé stessi, per mostrarsi. Esempio un genitore che si vanta del figlio che va bene a scuola. Si
eccede nella valutazione di sé, i miei scopi sono più importanti di quelli degli altri, non si ha la percezione
della realtà. Questo deriva dalla troppa importanza che i bimbi hanno dai genitori. Il narcisista pensa di
essere superiore, di avere più diritti, di avere scopi nobili. Può diventare un leader patologico o un capo.
Spesso si intreccia con il borderline, vi è una comorbidità. Si circondano di amori e amici che li confermano.
Sono talmente tenaci per avere successo che spesso ce l’hanno perché sacrificano sé stessi. Si circondano di
persone seguaci, servi che sono sempre più generosi. (Esempio è Stalin voleva tutte le sere cene fatte dalla
moglie). Nel gruppo è sempre al centro dell’attenzione (es Pietro Maso). Tutto dev’essere perfetto, come
nel rapporto d’amore nel quale si ha un rapporto sado-masochista. Esempio Don Giovanni di Mozart è
bulimico di cibo ma anche di donne e Leporello è lo specchio del padrone; gli piacciono tutti i tipi di donne
in questo tentativo di riempirsi. Per lui l’interesse è solo conquistare la donna, che il catalogo aumenti. Il
suo scopo è far felici tutte, è generoso. Per lui conta il numero di donne, non la qualità. È errante, non
riesce a stare fermo, è irrequieto che cerca di riempire il vuoto. Questa storia è assimilabile a storie di
Dracula, del vampiro impalatore perché è stato cresciuto con l’assuefazione alla crudeltà. Il vampiro che si
nutre del sangue degli altri, addenta sul collo nei vasi più importanti. Vive di notte ma la luce (simbolo della
conoscenza) lo trafiggerebbe. Dorme in una bara e si aggira cercando vittime di cui prima si innamora e poi
succhia sangue sempre più fino ad uccidere l’oggetto dell’amore. È un non morto, è condannato ad essere
vivo in eterno. Non si può guardare allo specchio. Vive in una condizione di sfruttamento. Il narcisista è
come se succhiasse sangue dalla persona amata. È assimilato alla figura del pipistrello che in epica
rinascimentale la postura con capo in giù faceva riferimento alla nascita. (1922/79 Nosferatu)

20/11/18

Teatro terapia non è un’alternativa alla terapia psichiatrica, ma affianca l’aiuto psichiatrico. Attività di
prevenzione e cura che possono affiancare quelle ufficiali. La parte narcisistica va coltivata ma l’eccesso
diventa problematico. “Animali celesti, teatro d’arte civile” malattia mentale e il disagio, l’esclusione.
Relazione con l’animale che aiuta nel contatto con sé stessi e con il malato. Nuove patologie di ragazzi di 20
anni che sono sfuggenti, indefinibili che hanno un principio di realtà e per questo disorientano.
Apparentemente sono orientati ma non c’è consapevolezza di avere un problema, un disturbo spesso
legato all’aggressività. Il teatro può aiutare ad esprimere il dolore, la rabbia per poter alleggerire il
problema. Immagine del matto che viene ghettizzato. Venire a contatto con il malato significa venire a
contatto con il proprio dolore. La soggettività è sempre implicata e chi lavora con questi disturbi deve porre
con l’altro i punti in comune e non quelli di lontananza. Il dolore viene trattato nel teatro. La malattia è
anche uno stigma e nel momento in cui io attore o io regista decido di mettere in scena un malato
psichiatrico devo tener conto di tanti diversi piani. Bisogna sempre chiedersi il come si sta trattando il
sintomo e la risposta che si da rispetto alla malattia. Metter in scena significa rendere visibili e per questo
diventa un atto sociale e politico. Vi è una specie di deformazione che moltiplica la potenza poetica. Il
malato moltiplica la forza di quello che avviene in scena e ciò moltiplica anche i rischi nel trattamento.
Bisogna stare attenti a fare la spettacolarizzazione del diverso. Rapporto tra teatro e diversità: il teatro è di
per sé che anche storicamente si può porre al di là della società, deve porre una visione altra rispetto a
quella che è socialmente accettata, il teatro è escluso e per questo ha la forza di dare diritto alla
cittadinanza a chi dalla società è estato escluso; potenza poetica della malattia ma non è la malattia che ha
bisogno di cura, ma anche il teatro ha bisogno della follia, ha bisogno di rinnovarsi attraverso questo, vi è
un contagio serio. Artista come escluso. Le due figure sono accomunate dal contatto con un mondo
interiore che non è legato alla logica e alla razionalità: da una parte il malato che è maestro di questo
contatto con il mondo altro e dall’altra vi è l’artista che può imparare a spingersi al di là oltre il bilico del
controllo. Si da cittadinanza ad un sintomo che nella realtà si deve controllare. Più si arriva al bilico più si
controlla più si arriva in la, il bilico si sposta. Il limite inteso come imperfezione. Quando abbiamo parti più
recondite noi abbiamo paura. Far vivere il proprio disagio in una situazione protetta. Il matto lo fa in una
situazione non protetta. Nel momento dello spettacolo i matti entrano in ansia, concentrazione manca e
molta fatica, spesso dovuta agli psicofarmaci. Il teatro come strumento per gestire l’imprevisto. La parte
sana della malattia che si manifesta quando esce dal vittimismo, dalla compassione per una dialettica
virtuosa della bellezza. Stimolazione indiretta. Il sintomo messo in scena trova una voce, un’espressione e
quindi un tentativo di cura. Il malato è sempre una persona e quindi ha anche una parte sana ma bisogna
sempre tener conto della sua malattia. Tra i rischi si ha il cronicizzare il sintomo senza aver presente della
messa in scena per questo si fa il “gioco del sintomo” con lungo ascolto, individuo il sintomo, lo assumo e ci
gioco e il malato si sente spiazzato perché è come se si guardasse allo specchio, porta consapevolezza e ciò
funziona se dopo c’è un’acquisizione dell’ironia. Prendersi in giro è una maniera accettante di assumersi
anche le proprie responsabilità. L’arte che chiede uno spostamento.

26/11/18

Disturbi di personalità: irrigidimento dei tratti di personalità.


Disturbo narcisistico narcisismo esasperato, non è il ‘sano egoismo’ come non deve esserci il contrario.
Narcisismo esasperato o maligno: troppo presi dalla propria importanza, la persona narcisista è così piena
di sé, hanno però un’ossessione per la perfezione, in realtà in un periodo della propria vita hanno un
problema con la solitudine (si rendono conto che il tempo passa, non accettano l’imperfezione). Il narcisista
ritiene di avere uno scopo speciale nella vita e ci crede così tanto che ottiene dei seguaci, spesso sono i capi
di qualcosa, comandano. È un leader patologico che ha a che fare con persone che si sottovalutano e sulla
base di questa debolezza si ipervaluta, sostiene di agire per il bene degli altri sostenendo che il fine
giustifica i mezzi perché dell’idea che questo fine sia giusto per tutti, anche se i mezzi non lo sono. Il
narcisista maligno (termine medico per indicare il narcisista malato patologico) è convinto di avere ragione,
di pensare in modo giusto e crede che chi la pensa diversamente sia una persona che complotta contro di
lui. Il narcisista maligno si circonda di amici compiacenti, persone che danno lui sempre ragione, ai quali fa
dei regali con generosità.
(Non sentiremo mai delle opinioni ‘a metà’ su un narcisista maligno, c’è chi pensa che sia generosissimo e
un amico fedele e chi invece sostiene di essere stato denigrato). Le persone beneficiate (alle quali il
narcisista fa dei regali costosi) non si permettono di contraddire il narcisista o di avere un’opinione diversa
dalla sua perché il narcisista li vedrebbe come traditori. Sono molte le persone con questo disturbo, figure
dittatoriali. C’è un’esasperazione del luccicare, di farsi vedere dagli altri. Il narcisista colleziona per mostrare
agli altri e a sé stesso, il borderline per riempire quel vuoto. Per il narcisista l’importante è collezionare (lo
fa spesso con le donne: il don Giovanni). Il narcisista patologico nei suoi rapporti personali è come se
sentisse di mettere in scena la grandiosità, cerca persone molto sane (piene di vita, capaci di amare) con lo
scopo di distruggerle in modo da sentirsi superiori e lo fanno attraverso un rapporto amoroso malato.
Questo rapporto consiste nell’adulazione per poi criticare l’altro fino a farlo diventare malato. Più l’altro
umilia anche in pubblico, più la persona che è vittima rincorre perché vuole ritrovare quel benessere iniziale
fino alla distruzione. Queste vittime sono sane ma vengono ‘prese’ in un momento di debolezza della loro
vita, in cui sono facilmente aggredibili. Il vampiro fa la stessa cosa: all’inizio ama la vittima, succhia il sangue
giorno dopo giorno finché non muore-> la porta nel regno dei non morti, persone vive ma non vive. (Film
Nosferatu del ‘79)
Depressionemalinconia/depressione/tristezza-> elementi correlati ma questioni diverse. La depressione
è una patologia, la malinconia e la tristezza no. La persona sempre allegra, eccitata e saltellante non è una
persona che sta bene ma è una persona euforica (fastidiosa). La malinconia e la tristezza sono dei
sentimenti ma non delle patologie, il contesto storico e culturale ci impone di essere sempre felici, di
spendere e comprare. Mostrare la tristezza vuol dire mostrarsi debole e ci viene suggerito di espungere
tutto ciò che non è perfetto, siamo spinti alla perfezione e non dobbiamo mostrare una crepa. Una persona
sempre triste o sempre felice-> entrambi hanno un problema. Una persona nella norma prova
un’alternanza di sentimenti ed emozioni. La tristezza, il momento triste può essere accantonato o accolto.
La malinconia è un sentimento non patologico, bisognerebbe educare i bambini a viverla ed accoglierla così
come con la tristezza-> sono sentimenti naturali e normali che dovremmo imparare ad accoglierli e vivere
con loro. Oggi c’è un’iper-protezione nei confronti dei bambini, si evita di parlargli di morte o malattie->
quando capita qualcosa, dobbiamo accompagnarli a viverli. C’è la tendenza ad anestetizzare, non si vuole
soffrire o far soffrire i cari come i figli quando dovremmo affrontare il dolore ed insegnare ai figli ad
affrontarlo. Il pianto è un diritto e un lusso che molti non si permettono-> il pianto è un modo di esprimersi
e sfogarsi. Il narcisismo può nascere anche così, non educando nel modo giusto i figli. Educhiamo i bambini
al tutto pieno, il nostro corpo è fatto di buchi, pori... e così dovrebbe essere anche la nostra interiorità, la
nostra psiche è cioè formata di pieni e vuoti così come il nostro corpo. La biologia ci insegna che prendiamo
e restituiamo e così la nostra psiche (con l’amore per esempio).
Tristezza: aspetto normale che riguarda qualcosa che ci rende infelici.
Malinconia: nel rinascimento il carattere malinconico è accostato alla creatività, questa nasce dal desiderio
di creare ciò che manca.
Scrivere o dipingere-> sono modi per parlare del dolore ed elaborarlo.
La malinconia è finita per essere demonizzata in questi tempi ma un tempo era accostata a persone
superiori poiché capaci di vedere le ombre dell’esistenza, il retrogusto. È un sentimento importante della
complessità che abbiamo demonizzato, considerato negativo e con disprezzo credendo che ci renda deboli
mentre in realtà ci rende sensibili. Con la rivoluzione scientifica ed industriale si comincia a mettere in
castigo e disprezzare il sentimento importante della malinconia.

27/11/18

Lezione di ieri → penultimo o terzultimo di argomenti contenuti nel testo sofferenza psichica. Argomento di
ieri e oggi è la depressione. (argomento mancante è quello sui disordini alimentari, non ancora fatto in
questo primo semestre).

La malinconia → vampiro e aspetto malinconico del vampirismo. Riferimento al film Nosferatu. Attraverso
il concetto di malinconia ci siamo collegati alla depressione. La patologia nasce dalla censura di sentimenti
come la malinconia, la paura. La malinconia era correlata alla creatività, nei secoli scorsi, intendendo la
creatività come modo per affrontare il vuoto, il negativo e le ombre. In una vita felice non verrebbe in
mente di scrivere, dipingere, o fare cose creative, mentre quando si fanno tutte queste cose è per aiutare
noi stessi ad attraversare il vuoto e le difficoltà. Malinconia e depressione sono diverse perché la
depressione è un disturbo, una patologia → che cosa è la depressione? È una patologia del tono
dell’umore. Tono dell’umore→ espressione che contiene la parola “tono”, che è una metafora ripresa dal
sistema muscolare. È la nostra muscolatura che è soggetta a un iper tono o a un ipo tono, e attraverso
questi comunica qualcosa nella relazione con gli altri. Il dialogo tonico è il primo alfabeto che impariamo ad
usare nella comunicazione appena nati, consiste nel contatto diretto con un altro e in questo avvertiamo il
suo tono muscolare. Ipertonico → Rigido, nel caso dello spasmo dell’isterica nella sua crisi, un
atteggiamento di crisi epilettica, un atteggiamento di presa di distanza, può comunicare una distanza ma
anche il fatto che mi allerto. Ipotonico → invece comunica che sei rilassato, che stai bene in una
determinata situazione, ma anche indifferenza, quindi qualcosa che non ti interessa, che non ti fa attivare.
Questo è l’alfabeto degli aspetti tonici, che comunicano con tantissime sfumature anche cose opposte.
L’umore → mi sento allegro, triste, giù, su. Perché la depressione è una patologia se la tristezza non lo è?
Nella persona che non ha una patologia dell’umore, l’umore è regolato da ciò che accade, a volte la
tristezza si lega anche a cose biologiche. La persona normale a volte è triste a volte felice a seconda di cosa
gli capita, e vive tutti i sentimenti che fanno parte dell’umore. Chi invece vive solo un sentimento come
l’euforia, ha un disturbo dell’umore. I bipolari sono quelli che passano da condizioni opposte dell’umore
senza modulazioni e sfumature, quindi saltando da un opposto all’altro → molti borderline ricevono la
diagnosi sbagliata di disturbo bipolare. La depressione presenta un umore improntato alla tristezza
indipendentemente da cosa accade. La depressione come malattia non ha una causa specifica che ti fa
essere depresso, la persona depressa non ha problemi reali e molto spesso dice “ho tutto per essere felice
e invece la vita non ha un senso”. Quindi fare una attenta descrizione tra tristezza – depressione. L’avere il
tono basso dell’umore è una definizione, ma poi ci sono tutta una serie di sintomi, segni comportamentali
da cui si deduce che una persona soffre di una malattia. Si fa una diagnosi su un insieme di tanti sintomi. La
semeiotica della depressione → ci sono due grandi aree interessate: incapacità progettuale, cioè la
persona non fa progetti, non riesce a vedere il suo futuro (i bambini anche soffrono di depressione), non
riuscire ad essere attivi, incapacità di mettere in atto le cose da fare, si diventa come apatici. Accanto a
questo, c’è il fatto che la mente si riempie di pensieri di morte, mi ricordo cose tristi e morti presenti nella
vita, coltiviamo pensieri suicidari e si accarezza il pensiero di togliersi la vita. Dal punto di vista di segni nel
dettaglio: la persona depressa in tutte le situazioni istintuali si comporta in maniera anomala, molto spesso
si ingozza di cibo o bevande alcoliche per coprire questo vuoto che sente, stordirsi attraverso il riempirsi di
sostanze che generano un effetto straniante rispetto alla realtà. Non riesce a dormire o dorme troppo, non
si alza, non si veste, non cambia l’aria, non rigoverna i piatti e crea intorno a sé uno stato di abbandono e di
degrado, di autosvalutazione che si riflette dalle cose che stanno intorno a lei. La persona che ha una pena
dentro ed è depressa, non si aiuta perché lascia tutto intorno a sé com’è, senza sistemare e abbandona
tutto a sé stesso. Bisognerebbe cercare di mantenere la cura di sé stessi e le attività per poter affrontare
meglio il dolore. Normalmente la persona depressa tende a non mangiare (a volte si ingozza ma più
frequentemente no) mangia cose qualsiasi, non ha voglia di scaldarsi il cibo è indifferente ed è come se non
sentisse neanche più i sapori, è indifferente al cibo. Non riesce ad avere voglia di provare gioia di vedere un
film, andare a teatro e tutto gli sembra stupido e inutile. Non c’è più desiderio sessuale, si creano dei
problemi anche nelle relazioni interpersonali e la sessualità viene abbandonata dalla persona depressa.
Questo aspetto determina notevoli sensi di colpa e inadeguatezza che fanno sentire ancora più depressa la
persona e alcune donne per esempio arrivano a fingere. L’altro pensiero dominante della persona depressa
è un atto di svalutazione forte, pensa di non essere degno di essere amato, di non meritare niente, e si
sente una persona inautentica. A uno stadio molto avanzato si considera davvero inautentica, pensa di
recitare anche nei confronti dei sentimenti che prova nei confronti degli altri. L’altra persona non capisce
più, non sa che con la depressione viene a rompersi il contatto con la vitalità e quindi anche con i
sentimenti che non riescono ad esprimersi e vengono tenuti a bada proprio perché la persona sente di
essere inautentica. È come una sorta di dissociazione psicologica da sé stessi. Come se la persona si
guardasse mentre agisce, fuori dal suo corpo. La persona malata più si sente amata e più si deprime, perché
crede di non meritarsi questo amore. La patologia socialmente viene sminuita e disprezzata, perché viene
ricondotta a una questione di volontà → non capisco perché non ti tiri su, hai tutto per essere felice. Viene
rimproverata la persona di non essere felice, come se si trattasse di un fatto di voglia, senza capire che
invece è una vera e propria patologia. La persona va spinta a curarsi, a scegliere un cammino di cura, un
cammino che includa anche il contatto con sé stessa per cercare la strada della valorizzazione di sé. Non si
tratta di volontà, un discorso che si sente spesso anche per le crisi di panico, come se la persona
decidesse per debolezza morale di farsi venire una crisi → INVECE NON è COSI ASSOLUTAMENTE.
Dostoevskij era stato diagnosticato come istero epilettico, mentre Freud sosteneva che era una forma di
autopunizione perché il padre era morto e lui col padre aveva avuto un rapporto molto conflittuale, quindi
si puniva perché si sentiva in colpa. Venne mandato 9 anni ai lavori forzati in Siberia e durante questo
periodo non ebbe mai una crisi, secondo Freud perché era già abbastanza punito dalla vita e non aveva
bisogno di punirsi in altro modo. Mentre una volta tornato ha avuto nuovamente attacchi di panico. La
depressione è una forma contorta che ha una multi causalità, non dipende dalla volontà, se la si fa sentire
in colpa per non essere felice si peggiora soltanto la situazione. Anche in questo caso c’è di mezzo la
tensione alla perfezione, il sentirsi sempre inadeguato per gli altri e quindi una forma di perfezionismo a cui
tende la persona → questo non è possibile, non si può sempre rispettare le aspettative degli altri e far sì che
tutto sia perfetto perché c’è una parte della vita che non dipende dalla nostra volontà ma dal destino →
questo la persona depressa non lo capisce, cioè nella patologia è implicata anche una non accettazione del
limite. Ci sono aspetti del nostro contesto che non possiamo cambiare, e invece siamo spinti socialmente a
desiderare per noi di andare oltre il limite, oltre il destino, anche nelle cose più piccole. Qui si entrerebbe
nel discorso del libero arbitrio → per esempio, il fumo. Fino a dove arriva la nostra scelta? Il fumo genera
una dipendenza fisica molto forte ancora più forte di alcune sostanze considerate fuori legge. Molte volte
magari abbiamo pensato di smettere. Chi fuma crede di sceglierlo e magari dice a sé stesso “smetto quando
voglio”, mentre invece non è vero, non siamo più liberi. Dov’è il confine tra una scelta davvero nostra
ponderata e la paura che costringe molte nostre scelte? La scelta libera in assoluto non esiste, molti
ragionamenti sono dettati dalla paura, che è umana ed è umano scegliere per paura. Quando una persona
sceglie di lavorare sul suo libero arbitrio o quando riesce a lavorare su sé stessa pensando fino in fondo da
sola a cosa vuole nella vita, alla situazione che vive. Per esempio di fronte a un rapporto che non ci rende
felici ci sono tre possibilità: rimanere in quel rapporto e andare avanti ad inghiottire i problemi in silenzio –
troncare, ma rifletterci perché sennò la situazione si ripresenta con un’altra persona – oppure tentare e
rischiare addirittura il litigio però per discutere del problema. Il depresso o la depressa sono persone che
pretendono troppo da sé stesse, vorrebbero che fosse tutto perfetto, sono persone che vorrebbero salvare
tutti e di conseguenza sono persone molto sensibili quasi di più rispetto alla media, sono persone spesso
molto intelligenti → eccesso di pretese perfezionistiche rispetto a sé stessi. C’è in tutto il corso un
ritornello: gli esseri umani sono limitati e imperfetti, fino a che tra gli imperfetti ci sono quelli meno
imperfetti e anche quelli che arrivano ad essere malati. La persona deve accettare il fatto che non è Dio,
non è un salvatore, l’idea della figura salvifica è un’idea molto forte che le persone hanno → la persona
normale in un certo senso si trasforma in persona con superpoteri. Il supereroe a differenza della divinità è
un normale che in situazioni particolari acquista i poteri. È come se il depresso pretendesse di diventare un
supereroe per accontentare sé stessa e gli altri e poi a un certo punto frana, crolla. Un atto di accettazione
dell’imperfezione di sé è la capacità di dire di no. L’errore è questo → amare significa poter dire di no. È più
facile dire di sì a una persona con cui non abbiamo confidenza, ma alla persona che amiamo dovremmo
poter essere liberi di dire qualche no. Normalmente se si ama si deve essere generosi e disponibili con
quella persona, ma ogni tanto poter anche dire non ce la faccio, e non dire di sì è amore. Vuol dire che si ha
fiducia che l’altro stia con me lo stesso e capisca perché dico di no. Essere sempre compiacenti non è una
cosa sana: fare le cose per fare piacere agli altri non è sempre giusto. Il dovere essere perfetti ci rovina la
vita. Alcune persone diventano depresse non solo per questo ma anche per fatti biologici, ma molto
influisce anche in questo la paura. Anche nell’ansia c’è la smania del controllo → più il genitore è
controllante più si diventa bravi ad ingannarlo. Il genitore eccessivo nel controllo saprà sempre meno degli
altri perché il figlio diventerà scaltro nell’ingannarlo. Mettendosi dal punto di vista del genitore
controllante: il genitore sa benissimo che non riuscirà a controllare il figlio, e quindi si trova anche in una
condizione di ansia. La persona controllante a differenza della meno controllante sta veramente male,
perché pretende di sapere e vedere tutto, va a fare le domande in giro, fa le prove per vedere se le cose
raccontate convergono. Esempio del bambino che impara a camminare: cammina e cade, poi si rialza. Cosa
può fare un genitore? Stargli addosso per non farlo mai cadere e lui non sperimenterà niente, nessun
brivido di libertà. Bisogna rimanere un po’ tranquilli, stargli dietro ma pensare che c’è anche un destino che
è incontrollabile. La persona adulta, deve imparare a calibrare la sua necessità di controllo, dalle minime
alle massime cose dell’esistenza, che sono incontrollabili. Quando si è responsabili di altri, per esempio
persone che hanno un incarico, è chiaro che si pongono il problema dell’altro e devono fare una
mediazione ogni volta diversa tra ciò che si sente di fare e ciò che deve fare. L’ansia non è altro che il
tentativo di controllare, e le persone che non possono farlo sentono continuamente questa smania di
sapere e controllare la vita e le vite degli altri. Una vita piena di assilli e quando la persona è piena di ansie
di controllo è proprio il momento in cui combina le cose che teme di combinare, perché stressandosi così
tanto davvero è distratta e combina anche dei guai, questo perché è indebolita dall’assillo a voler
controllare. Non fidarsi di quello che dice l’altro, cercare i segni perché teme una bugia.

La gelosia per gli ex→ non solo sei geloso o gelosa per i possibili attuali concorrenti ma addirittura sei
gelosa o geloso all’indietro. Gelosia retrospettiva: tentativo di controllo e tentativo di pretendere di
essere l’unica persona importante per tutta la vita e per l’eternità per quella persona. Certo che lo siete
ma IN QUEL MOMENTO, all’indietro NO. Un ex è una persona con cui non stiamo più, però a quell’ex
abbiamo voluto bene. Quindi, ci sarà stato un motivo. “è cambiato”, molto spesso si dice, e questo è
probabile. Gli ex sono stati importanti e forse abbiamo anche coltivato un sogno di vita futura insieme a
loro. Quando l’amore finisce, gli ex nel mondo psichico non vanno più via, non c’è smacchiatore che tenga
→ anche se non ci pensiamo ci sono, l’ex inteso come esperienza diventa un oggetto interno dentro di noi,
una traccia e un segno che fa parte del nostro percorso di vita. Io sono così come sono anche perché sono
stata con quell’ex. La persona attuale che sta con noi non deve lavorare per cancellare gli ex, ma deve
lavorare per farsi raccontare il senso dell’esperienza oppure semplicemente accettare.

4/12/18

Ultima lezione sulla depressione, affrontata in relazione alla malinconia e alla tristezza, concetti correlati ma
ambiti diversi. Uno riguarda la patologia, l’altro la normalità → tristezza è un sentimento normale, e non si
può espellerli da noi stessi. La malinconia è un sentimento agrodolce, non è a tutto tondo negativo, e
riguarda anche qualcosa che fa parte di un ricordo di felicità, perché la felicità e la gioia di solito ci sono
dentro la malinconia → per esempio ricordando momenti felici che non ci sono più. “Gravità” film con
George Clooney e Sandra Bullock > si gioca tutto dal punto di vista psicologico su un ragionamento di
leggerezza, stare sopra la terra, perché sono nello spazio. La terra è un punto lontano e siamo in un
involucro protettivo che è come una specie di utero, e da questo involucro si esce attaccati attraverso un
tubo attaccato alla vita che ci fa fluttuare nello spazio → il tubo ovviamente ricorda il cordone ombelicale.
Queste persone sono in una sorta di territorio indifferenziato originario, una condizione psichica che
appartiene al feto negli ultimi mesi nella pancia della mamma e del bambino nei primi mesi di vita →
significa fluttuare, non avere ancora la percezione di sé nello spazio avere bisogno di braccia che ti alzano.
La malinconia è un sentimento positivo, sano, che ci serve per superare il dolore e la perdita: attraverso la
malinconia io interiorizzo il dolore e la persona che ho perso diventa una persona dentro di me →
elaborazione del lutto che dura circa due anni. Dopo due anni si accetta questa sofferenza e si cerca di
trasformarla in una energia positiva, per poi recuperare la persona che diventa un oggetto interno dentro di
noi. È un aspetto necessario per vivere una vita piena e felice. La depressione è una patologia dell’umore
perché riguarda la staticità dell’umore in un livello sempre basso, è una patologia che porta alla perdita di
senso dell’esistenza fino al desiderio di sparire, di morire e di non esserci più. Senso di colpa che si prova
quando muore una persona cara, specialmente quando muore una persona giovane, una morte prematura
che ci sembra ingiusta → ci prende un senso di colpa per essere vivi e quindi bisogna affrontare anche
questo oltre al dolore. Si diventa tristi all’idea di non saper consolare un genitore triste → esempio del
genitore che è depresso. Alla fine anche il figlio finisce per soffrire. La depressione è un argomento
complesso che coinvolge una reticolarità di rapporti. È impossibile non essere coinvolti se si frequenta una
persona depressa → la persona che sta male si sente su di sé tutte le colpe del mondo, ma anche noi
sentiamo il forte senso di colpa per non riuscire ad aiutarla e per non avere gli strumenti adeguati per farla
guarire. Ci vogliono degli esperti che lavorino per far ritrovare alla persona la gioia di vivere, per far
ritrovare dei desideri. L’ironia: quanto è importante fare ironia su tutti gli aspetti della vita. Fare ironia è
diversa dal sarcasmo: l’ironia è qualcosa di leggero e affettuoso, è ridere su qualcosa che di per sé non
farebbe ridere, è un riso più vicino al sorriso, non è una risata sguaiata come quella del sarcasmo, che è
cattivo e sadico anche.

I sintomi della depressione prevedono anche le idee di morte: pensare a chi non c’è più ma pensare anche
al fatto di dovere morire o di volere morire. Gli aspetti istintuali sono il sonno, non riuscire a svegliarsi la
mattina o non riuscire a dormire. Abbuffarsi o non avere fame. La sessualità, non avere voglia e avere il
desiderio completamente spento. Non riuscire a provare più gioia per gli eventi. C’è anche la depressione
post-parto: in seguito a un evento importante abbiamo un grande cambiamento, dove si accoglie il nuovo
che arriva ma si deve anche salutare quello che c’era prima. Quando una donna aspetta un bambino, in
quel momento il figlio è suo e lo riveste di tutte le sue fantasie, non pensa agli aspetti negativi del bambino.
Una donna si identifica, ha le voglie – sono come i capricci dei bambini - si identifica col figlio che verrà per
poterlo capire psicologicamente ed empaticamente. La mamma si identifica col suo futuro figlio, dovrà
capire i bisogni e le esigenze del figlio. Lei se lo immagina e continua ad essere la figlia di sua madre (nel
caso del primo figlio). Quando nasce il figlio, il figlio è lui e non è come lei se lo era immaginato. Quel
bambino è come se fosse un altro rispetto a quello che era dentro → nel corpo di una donna che ha
partorito per alcuni giorni ci sono una serie di movimenti, degli assestamenti corporei, senti muovere e
questi movimenti nella percezione assomigliano molto ai movimenti del bambino quando era in pancia.
Occorre in questa fase salutare il bambino che era dentro di noi perché abbiamo acquisito il bambino che è
nato, è come in un certo senso se avessimo perso un bambino e ne abbiamo acquisito un altro. Non siamo
più controllanti come quando il bambino era dentro di noi. C’è un disorientamento → è un essere
completamente dipendente da noi. La seconda perdita è non essere più figlia di, ma essere madre di →
tutti intorno a te cambiano atteggiamento. Nell’immaginario quando una donna giovane partorisce il primo
figlio e diventa madre non riceve più le stesse attenzioni che riceveva prima, perché in genere le donne
della generazione precedente provano un sentimento misto: cercano di sottrarre il figlio perché provano
una sorta di invidia per la nuova madre, perché essere madre vuol dire essere giovane, e quindi tenta in
ogni modo di dispensare consigli su consigli su come crescere il figlio, su come educarlo, su quanto dargli da
mangiare… si comincia a presagire che essendo nuova madre si dovrà affrontare delle difficoltà, che non si
è più figlia di e quindi non possiamo più essere libere e ricevere le attenzioni di prima → perdiamo la nostra
identità precedente, dobbiamo ridefinirci. La terza possibile perdita è l’identità di “compagna di” → una
donna che ha partorito nell’immaginario maschile può diventare un’intoccabile dal punto di vista sessuale,
c’è una difficoltà nel vederla come la vedevamo prima. Una donna che ha partorito ha delle richieste nei
confronti dell’uomo, un atteggiamento potrebbe essere “questo bambino disturba i nostri ritmi di coppia,
quindi devo farmi carico del fatto che il bambino non disturbi i nostri ritmi perché lui non si disinnamori”.
Quando i figli sono piccoli ci sono dei sacrifici da fare → per un lungo periodo non possiamo più fare quello
che facevamo prima. La seconda cosa: non è solo la madre di mio figlio, era la mia compagna. Quindi per
l’uomo c’è una sorta di morte del desiderio. La donna appena ha partorito piange fisiologicamente, piange
per circa una settimana e qui sta all’uomo, che si sente spesso escluso da un processo che gli pare riguardi il
rapporto tra la madre e il figlio che è un rapporto biologico: lui non può allattare, lui non può essere incinto.
Invece di sentirsi escluso dovrebbe imparare come fare la sua parte: una studiosa di autismo dice che
l’uomo ha il compito rispetto alla nascita, della seconda nascita. C’è la nascita biologica e quella psicologica:
il taglio del cordone ombelicale psicologico, e lo deve fare il compagno, per aiutare la madre ad uscire fuori
dalla diade (il rapporto a due), perché nella vita esistono sempre i triangoli anche se noi ragioniamo per
coppie → questo perché una coppia è definita sempre da un terzo escluso. Il padre osserva la madre nel
rapporto col figlio e si sente escluso. Il sacrificio estremo, per esempio non fare cose che escludono il
bambino è sbagliatissimo, bisogna continuare a prendersi degli spazi da cui escludere il figlio. Nel momento
della nascita la madre vive in una diade e l’uomo deve riportarla ad essere la sua compagna, la deve
riportare ad essere la sua amante, ed amarla come sua compagna non come madre di suo figlio. Ecco
perché nasce una depressione fisiologica della donna → è una sorta di presagio per la fatica psicologica che
deve affrontare. È sempre meglio che ci siano attorno a un bambino due persone. Dopo la laurea c’è una
piccola depressione o almeno uno stato simile alla depressione che è fisiologico: ci troviamo a dover
affrontare la paura dell’ignoto, non sappiamo momentaneamente cosa fare, ci siamo laureati e dobbiamo
iniziare a definirci di nuovo.

Aspetto negativo dei farmaci: quando vengono prescritti le persone pensano di poter lavorare da soli sulle
dosi. Se uno prende farmaci e i suoi sintomi scompaiono o diminuiscono, non vuol dire che sia scomparsa la
causa del nostro male. Chi prende psicofarmaci, non deve assolutamente smettere o sospendere la cura a
suo piacimento. Ecco perché la somministrazione deve essere sempre seguita da un esperto e non lasciare
il paziente a se stesso. Gli psicofarmaci aiutano e lavorano sul sintomo, invece occorre lavorare non solo su
quello ma anche sulla causa della malattia.

Concetto di complessità → potrebbe essere oggetto di domanda. In filosofia si trova questo concetto. Nasce
originariamente in ambito della biologia → è legato al concetto di autopoiesi. Da un certo punto in poi il
concetto di complessità si è spostato dalla biologia, nell’ambito della fisica e delle discipline umanistiche. È
diventato un modello, un paradigma. Complessità → non è la stessa cosa di “complicato” ← questa è una
cosa difficile e astrusa, che non si capisce. Normalità e patologia hanno dei legami, e questo è complesso,
non complicato. Complesso significa riuscire a leggere un fenomeno attraverso molti punti di vista e
linguaggi. Per avere un concetto complesso di qualcosa, si dovrebbe mettere insieme tutti i punti di vista di
chi descrive l’oggetto e vedere cosa viene fuori. Ci sono delle situazioni però dove si crea un contrasto su
ciò che vede qualcuno e ciò che vede qualcun altro: una persona come la vedo io che sono sua amica e la
vedo tutti i giorni – la stessa persona come la vede la professoressa qualche volta per gli esami. Il concetto
complesso è immaginarsi la persona non solo come la vediamo noi che la conosciamo, ma anche come la
potrebbero vedere gli altri. Solo in questo modo possiamo costruire un’immagine complessa di qualcosa o
di qualcuno: es. per capire com’è una persona bisognerebbe valutare e sentire molti punti di vista. Qual è la
verità di una persona? È data dall’incontro e dalla coesistenza di vari punti di vista, che necessariamente
non sono conciliabili. Come applichiamo la complessità nel corso? Abbiamo collegato vari opposti: interno
– esterno. Mondo interno – mondo esterno. Lo spazio interno e lo spazio esterno sono diversi nella
stessa persona: una persona folle potrebbe vivere solo nel suo mondo interiore, potrebbe non vivere la
soggettività degli spazi ed essere definita soltanto dagli altri. Nel senso comune il bene è bene e male è
male, ma secondo un’ottica complessa le persone possono essere prevalentemente buone o
prevalentemente cattive → anche la persona più buona del mondo avrà sentimenti cattivi sopiti o aspetti
più negativi, così come la persona più cattiva del mondo ha dei sentimenti buoni dentro di sé. Tentativo di
trovare dei legami tra aspetti opposti della realtà: bisogna educare i bambini a vedere sempre il doppio lato
delle cose. Bisognerebbe fare dei ragionamenti con i bambini che li abituino alla complessità → “sei un
bambino molto buono ma questa volta ti sei comportato male”, non “sei buono – sei cattivo”. Un rapporto
complesso significa un rapporto in cui accetti i difetti e le cose che non vanno bene nel rapporto: bisogna
dirle le cose che appartengono al lato negativo, e farle presenti. Quando la persona si comporta male con
noi e finora si era comportata male, dobbiamo cercare nel momento in cui ce l’abbiamo con la persona in
questione che invece negli altri momenti ci stiamo bene, che ci sono dei lati positivi in quel rapporto e non
vedere la situazione in maniera rigida. Dobbiamo cercare di avere dentro di noi questa saggezza che ci fa
accettare le imperfezioni.

18/2/19

Dopo la Guerra la popolazione esce da questa con nuovi bisogni, più raffinati. Nascono nuovi soggetti che
soffrono d’incomprensione e che desiderano di essere soggetti. L’alienato, l’alieno, l’estraneo e non un
essere umano e non differente dai campi di concentramento dove erano numeri, una divisa e che erano
disumanizzati. Nell’uccidere una persona lo si fa disumanizzandola, che non vediamo come persone, di fatti
si parla di metafore con animali che fanno ribrezzo per ragioni arcaiche. Meccanismi formativi – ci si forma
anche a disimparare.
Categorie nosografiche s’intende come vengono articolate le varie sindromi o patologie, le si dividono in
base alle varie concezioni nelle epoche. Vige un criterio descrittivo perché ha una pretesa di oggettività, di
fotografare una situazione mentre la interpretazione si ha una visione soggettiva, è chiedersi il perché
qualcosa accadere. Descrivere non richiede coraggio perché non si rischia, mentre l’interpretare implica il
rischio, ci si mette in gioco rischiando di sbagliare. Interpretazione complessa – comprendere cosa succede
(es: tradimento). Simbiotico (metafora presa dalle piante). Nella storia della medicina questi atteggiamenti
diversi hanno un ritmo alternante, questa è un’epoca descrittiva in cui si ricercano dei rimedi tecnici
farmacologici. Attualmente i disturbi psichiatrici sono divisi secondo i sintomi descrittivi (es: quelli che si
vedono mentre l’essenza è quello che non si vede). Queste categorie non vanno confuse. Psichiatria
dibattuta tra la tensione alla protezione e la prigionia. Incidenza maggiore di donne che consumano
psicofarmaci e si ammalano. Tutte le ansie che erano legate all’accudimento della famiglia un tempo adesso
sono messe di lato da nuove ansie da cui dipendono la felicità e l’infelicità. L’isteria è come se nel 20° secolo
si fosse scissa in varie categorie. L’ansia diventa malata quando è sproporzionata, quando è disturbata,
ovvero esagerata in intensità o durata rispetto a ciò che la provoca allora si hanno due possibili patologie:
DAG, DAP. Disturbi di personalità divisi in termini freudiani: nevrosi e psicosi. Drammatico-emotivo 
borderline di personalità e narcisistico. Questi hanno caratteristiche tipiche di tutti i disturbi e altri specifici
di ognuno. Esistono anche le vittime di narcisismo che spesso diventano più malati del loro oppressore. Nel
borderline si ha la distinzione tra bene e male, territori del bene e territori del male tra cui le figure
divoranti che fagocitano le persone tutte intere, come se tornassero alla situazione fetale dove eravamo
dipendenti da un altro corpo come fosse prigionia. Questo disturbo si può sviluppare nel periodo iniziale di
deambulazione del bambino. Fughe inconcludenti – sta e va via, poi ritorna ma poi va di nuovo via. Parlare
di questi disturbi significa parlare di un microcosmo ma anche di induzioni sociali, i soggetti borderline
hanno un vuoto dentro che cercano di riempire con dei comportamenti compulsivi ma anche condotte
autolesive.
Melancolia, malinconia è un sentimento, esperienza psichica non patologica. È lo sguardo della persona
più complessa. Leopardi – il sentimento di ciò che ci siamo lasciati alle spalle, cornice della gioia così come
buio e luce.
Depressione malattia in cui esistono sentimenti di tristezza predominanti (es: cibo non porta gioia, mi
affogo nel cibo), la normale vita viene interrotta da questa. Caratterizzata da pericolo e pensieri di morte e
tensioni suicidarie, difficoltà nel trovare il senso della propria esistenza. L’amore spesso è peggio perché il
fatto che qualcuno ama il depresso lo fa sentire indegno. Deve andare da specialisti per farsi curare, spesso
sono incompresi. Il loro sguardo ferisce, è una sofferenza troppo profonda.
Nel corso dei secoli sono state articolate.

26/2/19

Due grandi psichiatri:

1. Silvano Arieti – ebreo, di fronte casa sua vennero uccise molte persone (ebrei) che il Sign. Pardo
Roques aveva ospitato credendo di essere al sicuro essendo molto ricco. Ciò passò alla storia come
la strage di Sant’Andrea. Questo psichiatra scrisse “Il Parnasse”, ossia il ruolo importante che nella
comunità ebraica ha il personaggio autorevole.

2. Franco Basaglia – la sua battaglia diede il nome alla Legge Basaglia che apriva eliminava i manicomi
ma bisognava anche mettere in atto una serie di misure; mai attuate.

“La trappola del fuorigioco” di Carlo Miccio – ambientato nel 1975 racconta di un figlio che, con un padre
malato di depressione bipolare schizoaffettiva, si lega molto al calcio in un periodo politico difficile.

Disordini alimentari chiamati anche disturbi dell’alimentazione, sono molti. Anoressia e bulimia spesso si
alternano a periodi nella stessa persona; ortoressia che consiste nella fissazione, mania del cibo sano che
però è giusto entro i limiti possibili.

Lipofobia: accomuna tutti questi disturbi, è la paura del grasso anche se il grasso è importante, perché ad
esempio nei glutei ci permette di sederci. Il problema è l’equilibrio nel cibo e nella nutrizione, il non
esagerare. Tutte le diete iperproteiche sono pericolose.

Viviamo in un mondo in cui vi è il problema della sopravvivenza per fame. Gli esseri umani mangiano troppa
carne, tutto ciò che è esagerato nel cibo può andare bene per un mese ma non di più, tutto per avere un
corpo che corrisponda a dei canoni che sono fluttuanti. I disordini alimentari sono disturbi post miracolo
economico, in un contesto in cui il problema è la sopravvivenza è difficile. Nascono in un contesto di
benessere in cui ti puoi permettere di rifiutare il cibo. Il secondo motivo è rappresentato dalle idee di
perfezione a cui siamo posti che ci impongono un modello estetico da seguire, altrimenti non saremo mai
accettati. Il terzo motivo è tutta la simbolica del cibo e cioè quale significato ha il nutrirsi nella nostra vita. I
cibi non sono qualcosa di neutro.

11/3/19

Disturbi alimentari C’è, come in tutte le malattie, un andirivieni tra normalità e patologia è di
fondamentale importanza è la prevenzione, capire che cosa si può fare con la malattia psichiatrica, a livello
sociale e generale. 
I disordini alimentari sono patologie “di oggi”: l’anoressia è sempre esistita, presente anche nel mito, ma si
noteranno dei picchi di questa malattia in varie epoche, una sorta di “epidemia” delle patologie, mentre nel
passato è vissuta piuttosto sottotono. Questa è l’epoca di non accettazione del limite, del perfezionismo e
della non accettazione di noi stessa: stiamo depredando la terra, la stiamo derubando dei suoi doni non
accettando i limiti delle sue risorse che non sono infinite è stessa cosa avviene con la nostra mente e corpo:
c’è un’ossessione per l’immagine che porta infelicità (non si accettano difetti fisici, un kilo di troppo). E lo
dimostra il picco che la chirurgia plastica sta avendo ai giorni nostri. Questo non vuol dire non avere cura di
sé, anzi: cercare di essere felici anche se non si è perfetti. Esempio: cellulite. Problema che è sorto all’inizio
degli anni 20, dove in un libro si parlava di cellulite nel retro del collo (conseguenza di alcune pettinature). E
allora era considerato un problema angosciante, che oggi invece noi non consideriamo. Questo per far
capire quanto le nostre angosce siano un qualcosa di officioso, di sociale. Sulla base della differenza del
corpo tra maschio e femmina, si sono costruiti i generi: la donna è concava, l’uomo è penetrante; la donna
associata all’angolo ottuso (poco intelligente nonostante sia aperto) e l’uomo all’angolo acuto (sinonimo di
intelligenza, nonostante sia più chiuso). E questa era una convenzione abbastanza esistenziale. Il corpo
della donna è oggetto di continua manipolazione. È apprezzato se giovani, asettico ed è da qui che derivano
tanti problemi. I problemi di disordini alimentari colpiscono al 90% le donne (anche se ci sono anche gli
uomini). Aspetti simbolici dell’alimentazione Il concetto del “bello” cambia da epoca ad
epoca è pubblicità dei Plasmon, bambini che oggi sarebbe considerato grasso e brutto. Cambia anche il
concetto del bello nelle rappresentazioni artistiche (Madonna col Bambini, Gesù, etc). L’alimentazione è in
primis un atto relazionale: mangiare non è soltanto avere del cibo, basta pensare al bambino piccolo che si
nutre col latte è anche nella posizione (delle braccia) c’è la riproduzione della situazione uterina, di
protezione mentre il bambino mangia, c’è la volontà di dare sicurezza nell’abbraccio. Un bambino quando
viene al mondo sente tutto per la prima volta, come il freddo e come anche la FAME: in pancia ha le
sostanze che gli servono, non ha orari per mangiare. non sa quando deve mangiare e lo capisce da alcuni
segnali. Attraverso questi segnali, si impara a riconoscerli: il bambino sa che ha fame e sa che presto
qualcuno andrà a nutrirlo e questo si tranquillizza. Questo è importante, perché significa imparare
a tollerare l’attesa di ciò che verrà. Tollerare l’attesa è importantissimo anche a livello psicofisico: in quanti
sono in grado di sopportare la lontananza della persona amata e sono affetti da gelosia? Il cibo, la fame è il
primo passo che ci fa imparare a tollerare l’attesa, che ci dà dolore a livello fisico e mentale. Perché si parla
in “falsetto” ai bambini? Per avvicinarsi al loro modo che hanno di parlare, alla sua voce e lingua, dal punto
di vista musicale; ma anche perché siamo noi che torniamo bambini. Atto importante è significa che non
tutto è perduto nel passato, facciamo rivivere il nostro passato da bambino, consapevolmente. Quindi, il
bambino mentre sta vivendo una situazione tranquilla, viene preso perché deve mangiare. Posizione del
bambino che viene allattato o mangia dal biberon che appunto riproduce quella uterina: e come si fa a farlo
bene? È un po’ come ricordarsi come ci tenevano, o comunque riproduce la situazione di abbraccio. Il
bambino viene accostato al petto mentre mangia: in modo da sentire il cuore, rumore primario che sentiva
quando era in pancia. Stesso ritmo che si usa quando si culla il bambino, per rassicurare il bambino
neonato, che sente un rumore familiare. Sente anche degli odori, gli stessi del corpo della mamma o del
papà, che gli ricorda il corpo in cui è vissuto 9 mesi. Poi arriva la sostanza liquida, il latte, che gli entra nel
corpo e lo riscalda, nutrendolo. Ovviamente, allattare e dare il latte dal biberon non è uguale: per far uscire
il latte dal seno della madre serve una collaborazione, uno stimolo da parte del bambino, che è un riflesso
innato che tende a sparire nell’età dello svezzamento (se non sparisce, problemi di masticazione). Dunque,
dare da mangiare al bambino, è un’attività complessa, dove il cibo non è nemmeno il protagonista
principale. Se questa collabora zio e non viene fatta come si deve, ci possono essere problemi. Il “come” si
nutre un bambino, dipende anche dalla famiglia dalla quale si viene: ci sono famiglie in cui si pensa che
mangiare troppo sia “da maiali” e quindi non lo fanno mangiare troppo, oppure al contrario. E questo può
dare problemi caratteriali al bambino; se un bambino con un metabolismo veloce che quindi digerisce
subito ed ha sempre fame, in una famiglia che non predilige molto il cibo, avrà un temperamento nervoso,
non sarà mai pienamente soddisfatto nella vita; al contrario, lo stesso bambino vorace in una famiglia dove
il cibo viene visto come il mezzo migliore per risolvere problemi, avrà una pace interiore in tutti i campi
della vita. Stessa situazione inversa per un bambino invece che ha problemi di stomaco, non digerisce bene,
non mangia particolarmente tanto. Preparare del cibo, è un atto di dono verso gli altri: quando una mamma
prepara la minestra al figlio con tanto amore e il figlio la rifiuta, si creano problemi interazionali. Sul cibo,
sin da piccoli si giocano battaglie (bambino che non mangia apposta per fare un dispetto ai genitori e
mangia da altri). Come si assume simbolicamente il cibo Inizialmente si assume cibo liquido. Poi si ha
lo svezzamento: masticare significa distruggere. Il simbolismo riguarda anche chi dà il cibo: masticare come
masticare simbolicamente un uomo, la mamma (per il bimbo piccolo). Svezzamento: momento attivo in cui
masticando, si trasforma la realtà. C’è un incontro attivo, che avviene attraverso il morso. Il
nostro linguaggio è come usiamo i termini legati al cibo? “Divorare un libro”: una persona con disfunzioni
intellettive potrebbe prendere questa frase alla lettera; “ti mangerei di baci”: un bambino ha paura di
essere mangiati di baci e di tornare nella pancia. Per questo hanno paura di figure divoranti, presenti nel
nostro immaginario leggendario. Il mordere come gioco, giocare simbolicamente a mangiare un’altra
persona, lo fanno anche gli animali, è un bambino piccolo, sotto i tre anni, si fa sfuggire il gioco di mano ed
arriva a mordere davvero, perché nei bambini il simbolismo dura poco. I termini del cibo li usiamo anche
per definire caratteristiche immateriali è “quella persona è molto dolce o sciocca”, “ho vissuto una
situazione amara o piccante”. Ed il cibo è una cosa materiale e spessissimo si utilizzano queste metafore
legate all’alimentazione, perché è la prima esperienze relazionale. Cucinare è chi, se sta da solo, mangia in
piedi davanti al frigo, è una persona che soffre di solitudine e non ha cura di sé. Avere cura di sé vuol dire
prepararsi qualcosa di buono, mangiare con calma anche se si è da soli. Cucinare per altri è espressione
di amore, di cucinare per qualcuno è anche un momento di condivisione mangiare insieme a qualcuno. Cibi
di fondamentale importanza simbolica per la nostra cultura (italiana):
Latte è liquido, bianco, e il latte materno ha un sapore diverso da donna a donna, cambia anche l’odore e
cambia a seconda di come mangia (e il bambino riconosce il latte della mamma): ha quindi un forte
simbolismo.
Pane è nelle zone italiane, il pane è molto diverso: sciocco o salato ad esempio. In Toscana è sciapo perché
accompagna cibi molto saporiti. Anche la forma è molto simbolica: intano viene dal grano e simboleggia la
fatica dell’uomo che accompagna la sua produzione. Idea anche della Madre Terra, che si sente depredata
e non ringraziata (le donne quando stendevano la basta si facevano il segno della croce). 
Le forme di pane erano a volte molto grandi, e durava molti mesi prima.
Il pane rappresenta il necessario, l’indispensabile.
Vino è diluvio universale: Noè, quando il diluvio è passato, scende dall’arca, bacia la terra e pianta una vite.
La vite rappresenta l’inutile UTILE: paradosso. Il vino non è necessario alla vita, non si beve sempre e si beve
soprattutto con gli altri (sinonimo di amicizia, relazione). Il vino rappresenta SPIRITO. Uno spiritoso è una
persona gioiosa e intelligente, che ha qualcosa in più. Quindi: il pane rappresentala fatica;
il vino il premio dopo la fatica; il pane riporta al dovere, alla saggezza, il vino al lasciarsi andare. La vita deve
essere saggia, dobbiamo anche lasciarsi andare e concedersi momenti di divertimento e relax. Quindi pane,
vino e latte, sono cibi carichi di tantissimo significato simbolico. Anche nel corteggiamento il cibo è di
fondamentale importanza è due persone che si stanno frequentando, si scambiano tantissimi messaggi
durante la cena e se si vuole si capiscono molte cose l’uno dell’altro. È una forma di approfondimento della
conoscenza. Il cibo quindi, non è un oggetto come un altro, ma è un MEDIATORE:  
- media le relazioni, con le persone;
- media la terra
- dovrebbe essere mediatore anche con il tempo, inteso come le stagioni (sapere qual è il tempo per
determinati cibi, che non possono esserci tutto l’anno). Col tempo si intende con la tradizione, con la
perdita con le persone che non ci sono più: spesso si fa ad esempio il ragù come lo si faceva nella famiglia,
per ricordare quelle persone. 
Proust lega all’odore e al sapore del cibo l’eternità è E come pensava di farlo questo scrittore? Lo si può fare
volontariamente ma anche in modo emozionale, in maniera forte, se si viene rapiti d qualcosa che non si
evoca ma che improvvisamente mi avvolge: un odore appunto. 
Un odore, o un sapore, che ci avvolge ci precipite immediatamente in un altrove, anche se ognuno di noi ha
delle restrizioni (odore o sapore che non si sopporta). C’erano anche credenze assurde, come che la carne
facesse diventare sterili le donne e le verdure omosessuali gli uomini. Le restrizioni possono essere
collettive o individuali. Concludendo: mangiare non è una cosa semplice. Il cibo ha una forte
valenza simbolica, tanto importante come quella materiale: non potremmo mangiare attraverso pillole,
perché c’è soddisfazione o disgusto legato al fatto di magiare qualcosa che ha un sapore, un odore. Il
mangiare in maniera abitudinaria, rassicura le persone fragili del fatto di non morire: persone non riescono
a modificare il modo di mangiare. Attorno al cibo c’è molto di noi è motivo per cui ci possono essere
patologie legate ad esso, perché col cibo possiamo raccontare cose di noi che non riusciamo a fare con le
parole. Esempio: non sono una buona madre? preparo cibo buono a mio figlio.

12/3/19

Anoressia e bulimia → il rapporto con il cibo in questi casi è un sintomo. Ogni patologia ha dei sintomi e
una sua essenza, un significato. I sintomi sono segni, segnali, e il significato non corrisponde ai sintomi (es.
ho mal di testa, sintomo. Cosa sta dietro al mal di testa?). A dà uno schiaffo a B  → sintomo. Interpretazione,
bisogna indagare. La malattia non è un rapporto sbagliato col cibo, ma il cibo è un mezzo per esprimere il
problema → il problema di non mangiare o mangiare troppo è un sintomo di qualcosa che ha un altro
significato e sta dietro. Oggi si pensa che queste due patologie apparentemente opposte (mangia troppo o
poco) in realtà sono due espressioni di uno stesso problema, secondo gli studiosi infatti esiste un tipo di
bulimia restrittiva secondo cui una persona mangia tantissimo e poi vomita. Molte persone hanno il
cosiddetto effetto fisarmonica: ci sono persone che ingrassano e poi dimagriscono per poi ringrassare
continuamente, un effetto ritmico. Significa che questo cibo, in tutto il suo simbolismo, lo usiamo per
esprimere altro → es. un bambino che rifiuta il cibo a casa esprime qualcos’altro. Un bambino che mangia
troppo esprime qualcos’altro. I disturbi alimentari sono di tante specie, per esempio uno degli emergenti
è ortoressia, cioè la fissazione sul mangiare corretto. Ci sono persone che sono alla ricerca costante del
mangiare sano. Nel fare questo ragionamento c’è chi esagera facendolo diventare una vera e propria
fissazione → si arriva ad una sorta di demonizzazione di certi alimenti, come per esempio il burro. Molto
spesso ci troviamo ad essere alienati da una cosa per noi così importante come il cibo. Un’altra
considerazione è che per esempio se prendiamo il pianeta, sappiamo quante popolazioni hanno il problema
della sopravvivenza: che cosa facciamo coi nostri cereali che basterebbero per sfamarle? Li diamo agli
animali che noi poi macelliamo e mangiamo. Mangiamo troppa carne e finiamo per ammalarci, perché il
consumo estremo porta a molte malattie, quindi dovremmo consumarne un po’ meno. Non siamo fatti
però neanche per una dieta vegana, perché siamo onnivori e può portare danni essendo considerata da
molti studiosi una dieta povera. Ortoressia è quella malattia secondo cui il cibo si trasforma in una sorta di
nemico, in questa patologia ci comportiamo come se fossimo medici di noi stessi e come se avessimo una
estrema consapevolezza degli alimenti da mangiare e da non mangiare. Tornando ad anoressia e
bulimia → le trattiamo come se fossero separate ma dovremmo considerarle due volti della solita medaglia.
Anoressia: 9 su 10 sono donne. Si cominciano a vedere alcuni casi di uomini ma sono rari. Non è qualsiasi
disturbo di mancanza di appetito o di non mangiare, ma può dipendere dalla depressione, può succedere in
varie fasi della vita di non avere appetito, ma non è anoressia. Anoressia è smettere di mangiare ma
l’essenza, il sintomo è perché voglio essere magra. L’anoressia insorge nell’età di passaggio tra infanzia e
adolescenza, subito dopo la prima mestruazione o in quel periodo lì. Mentre la bulimia insorge nel periodo
di passaggio tra adolescenza e diventare donna. Per quanto riguarda l’anoressia, occorre dire che questo è
un periodo di grande diffusione della malattia e l’incremento c’è spesso quando c’è una battaglia tra
generazioni diverse di donne per cosa significa essere donna, ovvero sulla divisione di ruoli. Nell’incertezza
di come interpretare il proprio diventare donna è come se alcune ragazze decidessero il loro bloccare il
diventare donna. Biancaneve è una storia che ci racconta quello che succede ad ogni ragazza che sta per
diventare donna: per poter diventare a sua volta donna la bambina ha bisogno di distruggere l’immagine
della madre che era bella come una fata e diventa una strega. Nell’adolescenza le madri per le ragazze sono
delle figure terribili, le criticano in ogni cosa che fanno e la madre che fino a quel momento viene
idealizzata adesso viene distrutta. Le madri delle ragazze anoressiche sono quasi “più perfette delle altre”,
significa cioè che lavorano, cucinano sono sempre disponibili, belle, ovvero le bambine si sentono
schiacciate da questa sorta di modello irraggiungibile. Altra favola di riferimento è La bella addormentata,
in cui il simbolismo è: a una ragazza viene proibito di salire in cima a una torre, dove c’è in cima una
vecchietta che lavora con il fuso (simbolo fallico), lei si punge esce il sangue e tutto viene cristallizzato, tutto
si addormenta, il tempo si ferma, fino a che non arriva il principe che rappresenta l’accettazione della
sessualità e del diventare donna. È come se quando una ragazza è anoressica volesse fermare il tutto al
prima delle mestruazioni: per me diventare donna significa avere un corpo perfetto, e quindi per averlo io
comincio a non mangiare. L’esordio dell’anoressia è subdolo: all’inizio si inizia una dieta, niente di
particolare. In adolescenza esiste un fenomeno che è la dismorfofobia che è la paura di essere brutti (esiste
anche in età adulta) ovvero il non accettare un difetto, il terrore dell’essere brutte. La dieta inizia perché la
persona è insoddisfatta, molto spesso a casa magari ha sentito parlare degli alimenti e di quali si devono o
non si devono mangiare e magari sta esasperando ciò che ha sentito a casa. Generalmente le anoressiche
hanno in comune che da bambine sono state troppo obbedienti, nel senso che è innaturale quando un
figlio o una figlia è eccessivamente obbediente, ovvero zelante che vuole fare sempre tutto
perfettamente. ← queste in realtà sono delle persone fragili e prima di ammalarsi sono descritte come
estremamente obbedienti, e ad un certo punto non fanno altro che ossessionarsi dalla dieta, dal corpo
magro, dal portare all’estremo anche l’aspetto del cibo con la stessa diligenza con cui obbediva da bambina.
Quindi con la sua diligenza vuole essere anche la più brava nel seguire ciò che socialmente le viene detto:
vuole essere la più magra di tutte. Siamo bombardati di messaggi dietetici, di dover essere magre. Quando
si inizia una dieta che cosa fa il nostro corpo: una dieta presuppone una serie di percorsi e deve essere
seguita dal medico, con un equilibrio tra i vari componenti che devono essere consumati in una certa
percentuale. Quando in una dieta si tolgono degli alimenti all’inizio si sta molto male, c’è una sorta di
astinenza, perché il corpo prova quelle angosce da mancanza che provavamo da bambini piccoli. Questo
succede i primi due o tre giorni ma poi il corpo si adatta. I segnali legati al sistema nervoso legati alla
sensazione di fame o non fame cominciano a variare. Dopo essersi pesata varie volte, inizia a gratificarsi e a
sentirsi soddisfatta. Dopo circa una settimana la persona è preda di un senso di esaltazione, non sono
psicologico ma anche fisico. Il corpo si attiva e produce delle sostanze, con un processo neurochimico, che
sono sostanze esaltanti che suppliscono alle energie che uno riceverebbe dal cibo. Ovviamente questa è
una sensazione che si sente nei primi giorni ma non durano per sempre. Dal punto di vista biochimico si
crea una sorta di dipendenza come succede per le droghe: all’inizio per esaltarsi chi è alcolizzato deve bersi
una bottiglia di vino (il momento in cui la sbronza è piacevole). “smetto quando voglio” frase tipica di
qualsiasi tossico, che è convinto ed afferma questa cosa, anche per il fumo della sigaretta, e la persona lo
dice sempre all’inizio. A un certo punto diminuisce, gli basta un po’ meno, mentre poi a un certo punto
ancora per poter avere l’effetto benefico devo assumerne di più. Il digiuno provoca una esaltazione perché
fa fabbricare al corpo sostanze energizzanti che danno un senso di benessere → però mentre all’inizio ne
basta un po’, dopo un po’ bisogna mangiare sempre meno perché altrimenti le sostanze non vengono
prodotte. È una vera e propria situazione di dipendenza, perché non si ha assolutamente il controllo di
questa situazione. Ecco perché una ragazza quando è arrivata al tempo limite non riesce più a tornare
indietro e non riesce ad aiutarsi da sola, il cibo non va giù, allora si deve sopperire con cliniche o
alimentazione forzata. Chi davvero si ammala entra in un percorso che mette a rischio la propria vita. La
persona inizia la dieta, perciò, e nessuno ci trova niente di male, ma il problema è che non si ferma senza
mai sgarrare, continuando in un crescendo. Una delle pubblicità progresso fatta in Svezia molto efficace fa
vedere la ragazza magra davanti allo specchio e nello specchio c’è una ragazza molto magra → ecco che
viene a mancare la percezione di sé. Tra le tante terapie è far disegnare su un grande pezzo di carta alla
ragazza malata quello che crede essere il proprio perimetro del corpo, poi la si fa sdraiare e si disegna la
vera sagoma del suo corpo. Essenza dell’anoressia: volontà di essere perfetta. Qual è oggi la perfezione? La
magrezza. Magrezza = bellezza. → quello con cui ci bombarda la società. Le ragazze anoressiche molto
spesso si vestono a molti strati, ma non basta smettere di mangiare → cominciano a pesare tutti gli
alimenti, cominciano a non fidarsi di ciò che gli viene dato in casa da mangiare, cominciano a fingere perché
vengono ossessionate dall’angoscia di morte dei genitori, fingono e vanno a vomitare, buttano il cibo, dice
che mangia dall’amica, va dall’amica e dice che ha già mangiato a casa. L’inganno è nei confronti di
TUTTI → si inventa delle allergie, delle scuse varie fino a prendere cibi che non le piacciono davvero per
farlo rimanere nel piatto. Spesso cucinano per altri e stanno bene attente che gli altri si rimpinzino e
mangino tutto ciò che loro non mangiano. C’è una fissazione sul cibo come elemento proibito amato ma
odiato per il suo effetto. Mettono in atto il loro escamotage: un eccesso di movimento vestendosi di roba
sintetica per sudare, esagerando con tutto l’esercizio fisico. Vengono assunte sostanze o che fanno
vomitare o purghe, ma anche quintali di cioccolata fondente per poter avere la diarrea ed espellere. Bere
aceto, e altre credenze che mettono in scena per poter vomitare e non mostrarsi malate. Queste ragazze
hanno un grande investimento nell’aspetto intellettuale, ovviamente fino a che non stanno male: sono
bravissime a scuola leggono tantissimi libri e si trovano a voler raggiungere la perfezione in ogni cosa.
Queste ragazze vogliono essere perfette, che vuol dire un corpo inesistente, non sono schiava dei miei
istinti ma li domino fino a sopravvivere alla fame. Meno nutro il corpo più la mia mente diventa alata e
capace di grandi pensieri → a un certo punto poi quando la malattia incombe decade tutto il resto. Dal
punto di vista fisico ci sono altri sintomi: in quelle che vomitano si crea un problema ai denti  → si crea un
problema di carie perché il vomito è acido. Ma l’aspetto più tremendo è il non arrivo o la perdita delle
mestruazioni, che se ne vanno perché non sei più donna. Attorno a tutte queste cose ci sono una serie di
altri sintomi di cui questo è in assoluto il più grave. Quando le mestruazioni scompaiono il livello di angoscia
della ragazza è altissimo ma non riesce a tornare indietro se non è aiutata da qualcuno. Per la bulimia si
parla di orge notturne, orge col frigorifero. Si tratta di riempire un vuoto enorme esistenziale con tutto
quello che si trova, arrivando addirittura fino a 5000 kcal in una notte, e nel segreto il senso di colpa si
consuma vomitando e con un grande senso di vergogna e di autosvalutazione.

18/3/19

Distinzione tra sintomi o semeiotica ed essenza o significato. Dal punto di vista dei segni l’anoressia ha
come sintomo principale il fatto che le persone non mangiano; mentre per quando riguarda il significato si
parla un problema con il proprio corpo, l’idea dipendente e minoritaria del rapporto con gli altri, bisogno di
conferma e di essere accettati, di essere perfetti. Occorre trovare un equilibrio tra il piacere agli altri ed
essere fedeli a sé stessi. Si tratta di ex bambine molto obbedienti, ovvero diverso dal bambino normale che
è obbediente ma sbaglia e disobbedisce anche. Sono bambini che vivono un grande stress, frustrazione.
L’anoressia è una patologia che può portare alla morte, perché ci sono meccanismi anche biologici oltre che
psichici che fanno entrare la persona in un non-bisogno del cibo. L’età dell’insorgenza di questa patologia si
sta abbassando. Altri sintomi: eccesso di motricità, fissazione su integratori per perdere l’appetito, sostanze
per vomitare, l’aceto visto come una sostanza per perdere peso. All’inizio la persona cerca di seguire
l’intellettualismo ma poi quando comincia a stare davvero male non può più reggere. Ci sono state molte
interpretazioni su come nasce; come ad esempio la costellazione familiare della persona affetta (la maggior
parte sono donne). Questa riguarda l’analisi del singolo all’interno di una rete di rapporti, una famiglia nelle
sue diramazioni cercando di andare anche indietro nel tempo alla ricerca di persone che hanno lasciato una
linea psichica nei successori. Nel crescere il figlio si ribella al genitore per diversificarsi da questo ma con il
crescere e facendo figli si sente in colpa. Secondo le scuole sistemiche le persone con questa malattia sono
influenzate dalla storia della loro famiglia e dai suoi componenti, come un problema irrisolto. Quest’ultimo
va ad intaccare il più debole della famiglia, la quale si stringe attorno a lui/lei formando un “cemento
patologico”, ovvero creano un’alleanza “positiva”. Abbiamo un’idea della morte, di augurare la morte come
quando succede un’incidente stradale noi, anche se non siamo d’aiuto, vogliamo guardare. Quando
succede qualcosa di brutto ad un’altra persona riguarda tutti perché tutti abbiamo degli irrisolti che
emergono tramite questi eventi. Idea del capro espiatorio – si creano meccanismi patologizzanti all’interno
della famiglia, ci sono delle responsabilità gruppali e un singolo che prende il peso del problema. Vi è un
padre fuori dal campo, presente e assente, ovvero non c’è quando succede qualcosa; una madre perfetta,
bella colta, magra, comprensiva, c’è sempre nonostante abbia una professione. Le figlie quindi hanno un
problema di rapporto con la figura maschile – ci sono scuole che dicono di partire per un tempo lungo con il
padre; ma anche un problema grosso con la figura materna, perché per diventare donne devono “uccidere”
la madre come la matrigna di Biancaneve. Una madre così è difficile disidealizzarla. La figlia comincia ad
androggizzarsi, diventare magra. Ci sono anche altri casi come la madre non perfetta ma perfezionista che
dice alla figlia come essere, madre invadente e iperprotettiva che diventa quasi un carceriere. Di fatti dietro
l’eccesso di cure c’è anche un eccesso di controllo. Il troppo è un problema, tutte le qualità se in eccesso
sono un difetto.

I disturbi alimentari in rete i social sono una realtà in un mondo globalizzato. Un tempo esisteva la piazza
e vari luoghi comuni. Negli anni ‘2000 sono sorti e proliferati dei siti come forum o pagine di persone con
patologie anoressiche o bulimiche che, facendo gruppo, si fanno forza a vicenda ma anche rafforzano la
voglia di una persona di ammalarsi, in quanto ammalarsi psicologicamente è visto come un tentativo
maldestro di curarsi. Nei siti ci sono anche le persone che ne sono uscite che vengono bannate. Ci sono i siti
promia e proAna. Per riconoscersi ci sono braccialetti rossi per le anoressiche e blu per le bulimiche. Ana è
una sorta di dio, principessa che non esiste, creata da queste persone. All’inizio si parla di persone che
credono in una certa filosofia di vita che controlla gli istinti, per diventare migliori e piacere agli altri. Lo
scopo è quello della ricerca della perfezione fisica e psichica, ovvero essere sempre più capaci di controllare
i bassi istinti come la fame. Quindi magrezza e controllo. Invitano ad entrare dentro solo se si è interessati.
Struttura dei siti: negazione della malattia, dichiarazione delle regole da seguire, un credo come una
religione, dei comandamenti, dei consigli (ricette, trucchi, ecc…), foto del proprio corpo, diario alimentare.
L’indicazione è leggere i comandamenti ogni giorno. Questa sorta di fissazione diventa l’unico senso della
vita, anestetizza. Si trovano i motivi per non mangiare e leggerli come un mantra. Disturbo ossessivo.

“Primo amore” di Garrone – rapporto malato tra uomo inquieto e tormentato e donna positiva e realizzata.
Lui comincia a dirle che lei sta ingrassando, inizia così un rapporto malato e di potere in cui lui anoressizza
lei. Spesso questo succede nei rapporti, in cui uno dei due deve ristabilire la supremazia fino a perdere il
principio di realtà.

19/3/19

Costellazione familiare significa rete tra persone, non implica un ordine gerarchico, in una visione sistemica
ovvero che non implica il singolo ma l'intero gruppo. Spesso si ha una gratificazione di ritorno al narcisismo.
Nell'anoressia il corpo viene usato come libro da far leggere al mondo. Corpo come medium comunicativo.

Anoressia compiacenti, perfezioniste e adattive. Quest'ultimo potrebbe sembrare un aspetto positivo, ma


l'eccesso diventa coformismo, non rispetti più te stesso. Perfezioniste perché vogliono un corpo bello ma la
cosa sfugge di mano, nella scuola, nelle diete, ecc. Compiacenti ovvero voler piacere a tutti, cosa sbagliata
perché è giusto non piacere a qualcuno. Piacersi è importante ma non in tutto, perché altrimenti si diventa
narcisisti. Questa condizione è ambivalente, ovvero ha più di un volto, è complessa (il linguaggio binario
tonico che è ipotono o ipertono), perché da una parte sono dinamiche, dall'altra sono fragili e queste sono
caratteristiche opposte. Sono ambivalenti tra bellezza e bruttezza, all'inizio gli altri vedono il loro star bene
ma poi le vedono sciupate. Non mangiano ma costringono gli altri ad abbuffarsi, perché si puniscono
rispetto agli istinti senza la soddisfazione dei quali si muore. Puniscono il loro corpo attraverso la negazione
del cibo ma dominano gli istinti. Sono trasgressive, stabilendosi regole proprie, ma sono anche
estremamente obbedienti nel loro perfezionismo cadendo nell'eccesso. Di fronte alle anoressiche noi
proviamo attrazione nel guardare perché pensiamo che loro siano in grado di fare qualcosa che noi non
siamo in grado di fare, un fascino ma anche repulsione. Quindi anche i sentimenti nei loro confronti sono
ambivalenti. Il digiuno non viene demonizzato ma dipende; tutte le religioni contemplano dei rituali di
digiuno che è sono una sfida alla morte e richiama la purezza, la levità, l'ascetismo. Praticano il digiuno in
una maniera troppo seria. In antichità il digiuno per la Chiesa Cattolica era diventato troppo frequente e
dilagante tanto che poi è stato vietato. Fin dai tempi antichi, anche secondo il mito di Antigone, l'anoressia
esiste; in altre epoche dilaga e poi ci sono anche epoche in cui le madri incarnano dei modelli di femminilità
a cui le figlie si ribellano. Tra l'anno 1000 e '400 il digiuno e l'essere magre era proprio delle suore ma era
anche uno dei sintomi per essere definite dal Tribunale dell'Inquisizione delle streghe. Le sospette di
stregoneria venivano pesate e se pesavano poco venivano viste come streghe, perché loro volavano per
raggiungere Satana. Molto spesso le accusate di stregoneria erano quelle che successivamente erano
considerate sante. Le suore digiunavano e dopo un po' erano preda di dispercezione, ovvero vivevano delle
estasi dove levitavano e sognavano il Paradiso dove c'erano degli angeli che facevano girotondi. Queste
suore ascetiche usavano la farmacopea, conoscevano le erbe e avevano metodi vari per curare varie
malattie. Le streghe si occupavano di farmacopea, le medichesse rappresentavano già un motivo di
sospetto perché, come distribuivano rimedi, potevano distribuire veleni. Strega = persona con poteri
soprannaturali che fa del bene ma anche del male. Sogna anche lei dei girotondi rovesciati che sono i
Sabbath, rituali antichi pagani (Culto di Demetra, misteri) che erano culti nascosti, dove l'ostia non
consacrata viene usata per offende durante il rito satanico, la croce è al contrario, sono gli stessi riti del
sacro ma opposti. Vi è questa specularità. Caterina da Siena 1300 - la sua storia viene raccontata da
Raimondo da Capua, suo confessore, padre spirituale e carceriere perché lei fu spesso soggetta a vari
processi per stregoneria. Lei faceva digiuno e ascetismo ma per far smettere le dicerie su di lei mangiava
qualcosa di piccolo in pubblico. A 12 anni sua madre la dà in sposa ad un vecchio di carattere rozzo, ma lei
rifiuta di sposarlo e la chiudono in camera senza poter uscire. Si racconta che il padre l'abbia ritrovata in
estasi e l'abbia lasciata uscire, così che poi lei decide di entrare nelle Martellate, ovvero suore che facevano
carità. Quando entra in convento fa digiuno, arriva pure a vomitare. Porge il cibo ai poveri ma lei non
mangia, diventa colta e influente (ipertrofia intellettuale). A 33 anni decide di digiunare e smette di bere e
muore di fame. Colomba da Rieti nel 1400 le scompare il seno e le mestruazioni per tutta la vita.
Margherita da Cortona... tutte mangiavano erbe amare, digiuno, vomito, ecc. Queste donne sante ascetiche
hanno in comune con le anoressiche il fatto di frustrare il proprio corpo (silicio) nella ricerca del dolore,
sofferenza masochista e distruttiva. Ci sono persone distruttive che ripetono sempre lo stesso modello,
ovvero cercare una persona che denigra e che crea un ciclo di dipendenza, è come se il dolore facesse
sentire vivi. Ci sono patologie in cui ci si procura dolore. L'accenno al sadomasochismo è presente in tutti i
giochi erotici, si deve far finta, come negli animali che mostrano il loro affetto nel far finta di mordere. Ma
esiste chi lo fa davvero ed è una forma patologica.

Devereux - psicoanalisi geopolitica clinica -> il torturatore è una persona non normale perché è troppo
obbediente, non si pone il problema critico. I bambini-soldato vengono educati alla disempatizzazione
dell'essere umano. Per andare in guerra bisogna vedere l'altro come un non-umano, diverso da te.

Il fare così tanto del male al proprio corpo, come le anoressiche, è indice di estrema compiacenza,
obbedienza. Il saper resistere è tipico della malattia borderline. Patologia autistica dell'autismo primario
nella quale chi è affetto sbatte la testa forte sul muro.

La mestruazione è vista come un rapporto privilegiato con la natura perché la fuoriuscita di sangue di solito
porta alla morte.

Body art - spesso sono performance di tipo masochista (Abrahamovic).

25/3/19

La vita oltre lo specchio – all’interno dei disturbi alimentari possono esserci motivi adolescenziali, ma anche
di predisposizione. I disturbi iniziano magari da una forza scatenante e sono il modo di manifestazione
interiore, perché non trova una via nel linguaggio e quindi si manifesta attraverso la sofferenza del corpo.
Spesso da parte della famiglia vi è dell’incomprensione sia per l’anoressia ma anche per l’obesità che
rappresenta un’atra faccia del disturbo alimentare. Spesso derivano da problemi relazionali, spesso con la
famiglia stessa dove manca l’ascolto e la consapevolezza dell’ascolto. Quando vi è questo problema si arriva
al cambiamento che porta alla malattia che nascono a volte dalla malattia stessa della famiglia. La cura per
la persona ammalata dev’essere estesa anche alla famiglia. Chi è malato si vergogna, si isola perché la
famiglia pensa che il loro problema sia dovuto ad un loro fallimento, ci si sente frustrati, in colpa e rispetto
alla società giudicati. Rompere il silenzio significa chiedere aiuto all’esterno e sensibilizzare l’opinione
pubblica. Conto molto il rapporto con i pari, l’ascolto. Le persone malate alla fine evitano tutto e tutti e
anche gli amici che poi finiscono per stancarsi e non cercare più la persona malata perché non capiscono.
Bisogna rompere i pregiudizi in una società in cui l’immagine della donna è degradante, dove l’importanza
per l’aspetto fisico è più importante di quello interiore, ideale di bellezza che viene fatto coincidere con la
magrezza, ecc. Il ruolo della società è impositivo. Nei maschi questi disturbi vengono vissuti in maniera
differente ma anche molto simile. La malattia nasce da un vuoto che non si sa come colmare e che
probabilmente rimane anche dopo la cura. L’arte può essere un veicolo di espressione e può essere d’aiuto
per il dialogo con sé stessi. Il malato è come se indossasse una maschera che proviene da un
bombardamento mediatico. Il malato pensa di stare bene ma che gli altri stiano male. Sono ipersuscettibili
e ipersensibili.

1/4/19

La violenza che si esercita nelle relazioni asimmetriche, tra più forte e più debole come bambini o anziani.
In questa violenza c’è una faccia esplicita e una subdola, anche la troppa protezione e custodia è una forma
di violenza. Custode tra guardia carceriera e cura. Ironia come fattore di protezione, anche di fronte alle
esperienze drammatiche, ci aiuta ad oltrepassare il nostro limite. Tutto ciò che fa paura, come
l’allontanamento che riflette tratte violente antiche, è bene che venga visto con distacco tramite l’ironia,
che comporta empatia e anche giudizio per comprendere ciò che l’altro fa. Il personaggio deve chiedersi
perché fa determinate cose. Il corpo racconta moltissimo di noi.

“Antonella Lia – abitare la menzogna” educazione repressiva

Non siamo padroni dei nostri ricordi, anche se è qualcosa che esiste e che ci influenza. Chi è stato torturato
da una parte avrà dolori in tutto il corpo anche se è guarito ma non riesce a ricordare l’esperienza. Ciò può
succedere ad un adulto per i traumi. Solo dai tre anni si può cominciare a dire “io”.

Pedagogia nera nasce quando hai vissuto un trauma ne parli al tuo educatore e ti viene detto che non è
vero, non vieni creduto e questo causa un’ulteriore perdita di autostima e finiamo col credere al genitore.
Questo ci porta ad essere sempre più insicuri fino a provare malessere (patologia). Le regole:

 Gli adulti sono i padroni dei bambini,


 decidono cosa è giusto o no,
 la loro collera è personale ma la buttano sui loro bimbi che diventano la causa dei loro mali.
 Il bambino non viene ascoltato nei suoi bisogni,
 non gli viene permesso di esprimere le sue emozioni.
 L’adulto pretende che il bimbo sia già un bambino.
 Il bimbo che piange è lo specchio dell’adulto,
 la sua emozione, il suo bisogno è un capriccio.
 I genitori vanno sempre difesi,
 si deve privare il bambino della sua volontà,
 va fatto presto per non far prendere coscienza al bambino di cosa realmente stia succedendo.
 Mentire è necessario per educare. I bambini imparano le regole dagli adulti.

I genitori devono essere visti come benefici anche quando manipolano il bambino.

 Bambino: aumento rabbia rimossa e addossata sugli altri,


 aumento di paura, ansia e disperazione,
 perdita di voglia di relazione sociale,
 rimozione dei ricordi,
 idealizzazione dell’idea genitoriale,
 senso di vuoto, di non autenticità, di non esistenza.

Noi da bimbi e anche i nostri predecessori hanno vissuto questo che forma una catena invisibile. Non si
parla solo di vittima e carnefice, ma anche dell’autodistruzione. I genitori che fanno domande retoriche ai
loro bimbi piccoli (“facciamo la pappa?”) danneggiano i bambini, perché questi da così piccoli non
comprendono la retorica e si chiedono “ma se non lo sai tu, io non lo so e se sbaglio a rispondere mi amerai
ancora?”. Queste domande portano il bambino a diventare isterici da più grandi.

Katharina Rutschky maltrattamento infantile da un punto di vista fisico e psicologico (Film “Il nastro
bianco” come nascono le future figure autoritarie come il torturatore che non prova nulla, solo indifferenza.
Sono solo molto obbedienti; mentre le donne che dovrebbero essere le madri sono le capò, ovvero le
vendute al nemico per una legge che è di ordine maschile. È presente il rinuncio alla parola).
Ogni persona violenta è stata a sua volta violentata ma ci si può staccarsi da questo copione. L’idea di
proprietà di qualsiasi essere è quanto di più distante possa esserci dall’amore. Fino agli anni ’70 le donne
erano proprietà che non avevano diritto a proprietà, così come i figli erano proprietà.

Pedagogia di ascolto il genitore deve guidare, insegnare al bambino. L’autorità esiste anche solo senza
bisogno di agire con violenza. Si può agire con una relazione. Bisognerebbe sostituire i termini colpa e
punizione con responsabilità e conseguenze. Le botte non hanno mai risolto nulla, nonostante si continui ad
insegnare ad essere violenti. Anche il genitore che protegge per forza il figlio è violenza nei confronti del
figlio.

2/4/19

Il termine melancolia fa riferimento al nero, alla cupezza, alla notte che sta a significare essere soli → la
notte vuol dire essere indifesi, talmente indifesi da perdere il tono muscolare, ci troviamo distesi sul letto
senza avere forze mentre dormiamo. La malinconia era considerata una patologia prima, ma ha sempre
avuto questo connotato ambivalente che ha portato a rispettare il malinconico → chi è malinconico riesce a
vedere qualcosa di positivo nelle cose negative e qualcosa di negativo nelle cose positive; sotto un certo
punto di vista riesce ad avere un più ampio raggio di visione delle cose. La malinconia è diversa dalla
depressione perché di depressione si soffre e si sta male, è una malattia, è vero che è una ricerca di un
percorso di cura e attraverso essa la persona cerca di ritrovare un senso alla vita, ma è anche una strada in
cui ci si può perdere fino ad arrivare a perdere la volontà di vivere. La malinconia ha attraversato tutte le
discipline, l’arte, la letteratura, la filosofia, la musica… (nel convegno si faranno confronti da punti di vista
diversi). → immagine di Durer sulla malinconia. Due aspetti importanti: l’angelo è fermo, quindi si trova in
un momento di staticità. Sta dicendo che non ha senso fare qualsiasi cosa perché la vita non ha senso o sta
dicendo che sta per attivarsi e quindi si trova in un momento di riflessione? Questi sono i due modi in cui si
può interpretare l’immagine, del resto anche la malinconia è un sentimento ambivalente per natura. C’è poi
un pipistrello, ma dobbiamo ricordare che nel 500 e in particolar modo nell’incisione in questione è
considerato per la sua ambivalenza → intanto per la resilienza di vivere di notte, e poi per la posizione a
testa in giù del feto che nasce (quindi significa anche rinascita). Mano a mano nel 700 e poi a inizio 900,
tutti gli aspetti ambivalenti male-bene della malinconia si sono persi e la malinconia è stata assimilata
sempre di più a mollezza d’animo e non come diceva Leopardi a un sentimento che riesce a far guardare
con uno sguardo più complesso il mondo. Si è teso ad assimilare la malinconia alla depressione e questo ha
fatto sì che le persone si vergognino di essere malinconiche, perché credono che sia un difetto, che sia un
qualcosa che ti non ti permette di produrre e di essere attivo. Non si sa più distinguere tra malinconia e
depressione → sono due cose diverse.

Termine del discorso sull’anoressia → riassunto: anoressia e bulimia sono apparentemente due condizioni
opposte ma sono un’unica condizione che si esprime in due modi diversi. Il rapporto col cibo non è un
rapporto di odio ma strumentale perché attraverso la rinuncia del cibo o un certo modo di assumere e
rimettere cibo, comunicano col mondo. Quindi non hanno un problema col cibo ma un problema di
comunicazione col mondo. Le ragazze che ne soffrono sono state delle bambine ubbidienti, quindi così
compiono il loro primo atto di ribellione → mi ribello all’istinto della fame, necessario ai fini della nostra
sopravvivenza. Avrò un corpo perfetto, sarò bella e perfetta. Per fare questo mettono in atto una serie di
accorgimenti fino a che non si crea un meccanismo biologico che causa dipendenza dal digiuno, che stimola
la produzione spontanea solo inizialmente di alcune cellule che producono energia e benessere, ma che poi
finisce per causare solo danno. È una situazione che dal punto di vista patologico tende ad aumentare nelle
epoche di transizione, in particolar modo quando si definisce cosa significa essere donna in un certo
momento, cioè quando c’è uno scambio tra donne della generazione precedente e in quelle della
generazione attuale. Il digiuno è un rituale che è presente anche in molte culture e in molte religioni. Nel
Medioevo, soprattutto nel tardo del 3-400, abbiamo fatto una serie di esempi di suore che digiunavano ed
erano anche suore le persone che venivano accusate di stregoneria dall’inquisizione. L’ascetismo è stato
valorizzato fino a un certo punto dalla chiesa, fino a che poi queste donne non arrivavano ad utilizzare
l’ascetismo fino a mettere a repentaglio le proprie vite.

Nel 500 600 si cominciano a scoprire le scienze e i loro aspetti cominciando ad adombrarle come sganciate
dalla metafisica, c’è un interesse nascente forte per la fisiologia, la biologia e gli aspetti naturali. La natura
intesa come terra, paesaggio, corpo. C’è un interesse fortissimo per le cose che si differenziano dal normale
fino a sacralizzarle → i nani che venivano tenuti a corte, per esempio. I nani vestiti coi cappelli da giullare,
addirittura c’erano situazioni con case fatte su misura per famiglie di nani. Il nano di corte o il buffone di
corte che spesso era deforme, diveniva alla fine il confidente, il consigliere, la persona di cui più si fidava chi
lo teneva a corte. L’ultimo degli ultimi che diventava il primo dei primi, la figura più vicina al re,
all’imperatore, ancora più dei consiglieri ufficiali. Si cominciavano a schedare le figure più strane per vari
motivi → un grande interesse per figure che avevano un corpo difforme, si parte dai nani o altri esseri
difformi nel corpo, visti come mostri ma mostro vuol dire “una cosa meravigliosa e stupefacente da
guardare”, non aveva in origine il significato che diamo oggi alla parola. C’è anche interesse per esseri
viventi che hanno parti del corpo in più, perchè tutte le stranezze della natura rassicurava sulla propria
normalità. Ci sono delle rassegne di corpi di persone il cui possibile gemello non si era sviluppato ma era
un’appendice del corpo, per esempio. Un interesse enorme per i gemelli siamesi, maschi o femmine,
attaccati per una parte del corpo con degli organi in comune. Di solito con due teste, due identità, ma parti
del corpo in comune che li costringevano a vivere in un unico corpo. Ci sono storie molto famose raccolte
all’epoca: due sorelle che si sposano ciascuna con un marito diverso, e vivono una settimana con un marito
e una con l’altro. Oltre ai nani c’era interesse anche per i giganti. Un’altra storia famosa è quella di due
gemelle siamesi di un paesino della Francia

succede così, in questa epoca, che le ragazze anoressiche diventano ragazze miracolose, cioè che riuscivano
a sopravvivere senza mangiare (naturalmente anche quando dichiaravano che digiunavano da 10 anni non
si trattava di verità) → digiunano o dichiarano di digiunare, ma ne fanno una professione e lo dichiarano
come se fossero angeliche, senza un corpo. Si fanno visitare nelle loro case, di solito case povere, si paga un
biglietto per andarle a vedere e quindi trasformano la disgrazia in fortuna economica. Ci sono stati molti
processi per la bugia del digiuno, come per esempio in Inghilterra, perché una ragazza aveva nascosto della
cioccolata nella gonna. La situazione quindi cambia dal medioevo, dove in termini di digiuno c’era un
collegamento con religione, ascetismo, demonio, perché adesso c’è una sorta di industria dietro al fatto che
le ragazze diventino anoressiche. Nell’800 siamo nel mondo dei circhi → c’è un film che parla di un nano,
protagonista del circo, fidanzato e in procinto di sposarsi con una donna nana. Sono due persone molto
buone, (nel film i buoni sono brutti e deformi). C’è poi un racconto di Kafka, che si intitola “il digiunatore”. Il
digiunatore, come le ragazze anoressiche, aveva qualcuno che lo gestiva e si spostava da stati, paesi, per
farsi vedere come il gigante o come il nano e dichiarava il digiuno. La novella ci fa vedere l’uomo scheletro
dentro la sua gabbia nel suo letto con della paglia e vede passare delle persone che lo guardano con
disgusto (a differenza invece dei tempi passati in cui dava spettacolo e le persone si fermavano a guardarlo
come uomo miracoloso che vive senza mangiare). Prima c’è il narcisismo di far leva su una condizione
negativa per avere dei riconoscimenti, poi a cavallo tra 800 e 900 c’è l’esplosione dell’isteria e la nascita
della psicanalisi (ricorda Anna O., una donna suffragista che ha fondato la figura dell’assistente sociale, era
una donna colta con un ruolo pubblico, però ogni tanto alternava momenti in cui era donna emancipata e
colta alla donna che si sentiva in colpa per essere diversa, vittima di un padre particolarmente dispotico e
ammalato che assisteva giorno e notte. Infatti il primo sintomo che ha è quello della paralisi al braccio, il
braccio in cui si appoggia quando sta al capezzale del padre).

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