Sei sulla pagina 1di 25

Linguistica generale – Rovai

Caratteristiche principali del codice lingua:

Lingua è un codice altamente simbolico con qualche elemento di iconicità. È un codice ridondante in
quanto rende espliciti i rapporti di dipendenza all’interno del linguaggio. Sfrutta questa ridondanza per
creare la sua struttura.
Es: Molte cose sono state distrutte – nome femminile plurale (ripetizione – questi elementi sono insieme
tra loro grazie ad un accordo)

Proprietà fondamentali della lingua:

È detta biplanare, in quanto ha un piano del significante (forma esterna) e uno del significato (contenuto)
che sono messi in relazione.

 Significante immagine acustica (sequenza di suoni) che sul piano concreto si può ricreare in modi
diversi
 Significato qualcosa di astratto che vive nella mente

La lingua si può analizzare attraverso due diversi piani:

1. Langue livello astratto delle regole, norme, strutture che rendono possibili gli enunciati
2. Parole livello concreto, produzione concreta del parlante di singole unità nella realizzazione del
piano linguistico.

Con Chromsky si ha un cambiamento radicale dagli anni ’60 del ‘900 nasce la Linguistica generativa = egli
postula l’esistenza di un linguaggio innato, distinguendo tra

 Competence (langue) ha una dimensione sociale che è innata nell’uomo


 Performance ha una dimensione individuale

Questa distinzione è stata arricchita da Coseriu.

Con Jakobson si parla di lingua come plurifunzionale, che ha sei funzioni:

1. In funzione di un codice si ha una funzione METALINGUISTICA vi sono vari elementi coinvolti


nella propagazione di un messaggio, utilizzando lo stesso codice che si è utilizzato per parlare dello
stesso.
2. In funzione di un emittente si ha una funzione EMOTIVA è il messaggio prodotto e sentito
dell’emittente.
3. In funzione di un ricevente si ha una funzione CONATIVA come ad esempio nei messaggi
pubblicitari dove si invoglia qualcuno a far qualcosa, attraverso forme esortative.
4. In funzione di un canale si ha una funzione FATICA attraverso il canale acustico, dove viaggia il
codice; accertazione che la trasmissione passi e che il canale di fonazione sia aperto.
5. In funzione dell’espressione si ha una funzione POETICA la lingua si concentra sul piano
dell’espressione.
6. In funzione del contenuto si ha una funzione REFERENZIALE

Queste funzioni si combinano insieme, nessun messaggio ha una sola funzione.

Codici semanticamente sono:

 Finiti, ovvero con alcuni significati e basta


 Infiniti, con significati infiniti
Questi però possono essere classificati anche in relazione al piano dell’espressione, ovvero quello fisico e
concreto e il piano del contenuto, ovvero quello di rappresentazione mentale.

In base a ciò esistono due tipi di codici:

 Simbolici non assomigliano al contenuto


 Iconici quando il piano dell’espressione assomiglia o rappresenta quello del contenuto. (Es: il
simbolo della toilette che è trasparente rispetto al piano del contenuto; le emoticon che richiamano
il contenuto, ovvero istituiscono un piano di somiglianza tra quello dell’espressione e quello del
contenuto. Onomatopea = il piano di espressione e di contenuto coincidono, in quanto formano
delle parole che richiamano il contenuto).

La morfologia naturale, scuola di pensiero tra gli studenti linguistici, afferma che ci siano forme di iconismo
nella lingua, come ad esempio la formazione del plurale:

- indonesiano = anak – anakanak (ragazzo – ragazzi) si raddoppia


- inglese = cat – cats forma più complessa

Continuum di iconicità

Icone (segni) 

 + motivato
 - arbitrario
 + trasparenza (somiglia al significato)

Indici  segni che si motivano sulla base del contesto come pronomi e aggettivi dimostrativi; oggi, lì,
domani comprensibili solo se destinatario e emittente condividono lo stesso messaggio.

Diagrammi segni arbitrari non motivati da relazioni di somiglianza tra forma e contenuto. (Es: cassaforte
– alla formazione sono trasparenti, possono cogliere il significato complessivo dal diagramma).

Simboli

 + arbitrario
 - motivati
 + trasparenza

Sistema è il piano delle regole, dei principi secondo i quali funziona la lingua nel suo uso concreto.
Introduce il livello intermedio della

Norma è l’interfaccia tra il piano concreto delle regole e quello astratto degli usi. È più concreta del
sistema in quanto prevede una serie di regole basate su possibilità che di fatto nella lingua non vengono
usate. È molto più ristretta rispetto alla possibilità e può prevedere delle forme non producibili in base a
regole del sistema.

Entrambe sono l’insieme delle forme accettate da una comunità di parlanti che poi vengono impiegate.

Es: italiano – da verbi transitivi derivano aggettivi con i suffissi -abile e -ibile (che può essere X)/ processo
morfologico = leggere – leggibile – letto / sistema = suffisso -abile si attacca ad una base verbale/ norma =
suffisso -abile si attacca ad un nome, come “passo carrabile” carro_abile.

Suffisso -eggiare (fare x) si applica ad un nome/ “primo” _ “primeggiare”/ “secondo” _ “secondeggiare”


possibile per il sistema ma impossibile per la norma.

Prima una parola deve imporsi a livello di norma e poi a livello di sistema.
Errori mettono in evidenza punti di criticità del sistema che portano all’ambiguità. Possono essere:

 Del singolo – non hanno molta importanza, non possono modificare il sistema
 Della sottocomunità – entrano a far parte della norma e modificano il sistema

Lo studio sociolinguistico permette di comprendere come la lingua di diffonde nei vari strati sociali e…

SingoloNormaComunitàSistema

Arbitrarietà (Saussure) i rapporti tra piano dell’espressione e piano del contenuto sono privi di una
ragione naturale. Il concetto è differente dal significato, in quanto il primo di riferisce al referente
extralinguistico oggetto.

 Arbitrarietà verticale = il significato, ovvero l’oggetto linguistico che si associa al referente, e il


significante formano il segno linguistico, il quale non per forza coincide con il referente, ovvero
l’oggetto della realtà esterna. Così come il rapporto tra significato e significante.
 Arbitrarietà orizzontale = tra elementi che stanno sullo stesso piano. Avviene tra:
1) Diversi significanti – i suoni che hanno valore distintivo (fonemi) sono diversi da lingua a lingua,
nonostante abbiano lo stesso apparato fonatorio. Questo perché ciascuna lingua seleziona
alcuni suoni distintivo e altri invece no. A partire da una situazione fisiologica uguale per tutti,
ciascuna lingua poi seleziona i propri suoni. Es: vocali brevi o lunghe in italiano non hanno
valore mentre in inglese sì.
2) Diversi significati – davanti ad una realtà extralinguistica i singoli parlanti operano un processo
di capitalizzazione (classificazione della realtà) per cui si selezionano solo alcuni concetti
creando delle categorie al cui interno associano degli elementi diversi, significati che si
realizzano in relazione ai significanti. Es: italiano – tempo (meteorologico e cronologico)/
inglese – time (cronologico) weather (meteorologico). Italiano – mangiare/ tedesco – essere
(umani) fressen (animali). Anche nella categorizzazione dei nomi – italiano: maschile, femminile
/tedesco: maschile, femminile, neutro.

Le lingue si differenziano in base a cosa devono dire, perché tutte “possono dire”.

Sincronia è un’astrazione della lingua che si occupa di stabilire quali sono i sistemi di quella determinata
lingua in un determinato momento. Sembra dipendere dalla storia. Es: formazione del femminile – giust o -
giustamente.

Diacronia è la successione di stati sincronici ognuno dei quali può essere descritto per capire come
funzionava la lingua in un determinato momento nella sua evoluzione nel tempo. Es: latino.

Fonetica:

1) Articolatoria – come vengono prodotti i suoni, gli aspetti concreti di come viene prodotto un
suono. Entrano in gioco i parametri fisiologici e fisici.
2) Acustica – come vengono trasmessi i suoni, come si propagano
3) Uditiva – come vengono recepiti i suoni dal destinatario

Per determinare la fonologia e la fonetica, ovvero il rapporto tra suono e segno, occorre:

- Scrittura alfabetica
- Scrittura sillabica

Tra parentesi quadre vanno le lettere [], tra gli slashes i fonemi //. Viene utilizzato l’ IPA, ovvero
l’international phonetic alphabet in quanto l’alfabeto standard è uno strumento inadeguato per una
rappresentazione scientifica.
Per classificare i suoni si usano dei parametri:

1) In base alle corde vocali di vibrazione o non vibrazione dei suoni. Se vibrano sono sordi, se
non vibrano sono sonori.
2) In base alle vocali e alle consonanti le prime sono tutti suoni sonori, le seconde sono sia
suoni sordi che sonori.
3) In base al velo palatino parte molle del palato che se sollevato impedisce all’aria di uscire e
emette suoni orali; se abbassato permette all’aria di uscire e produrre suoni nasali.

Se nella fuoriuscita dell’aria si incontrano ostacoli il suono sarà consonantico, mentre se non ci saranno
ostacoli sarà vocalico.

Apparato fonatorio rispetto ai primati, gli umani presentano un abbassamento della laringe che ha fatto
in modo di aumentare la gamma dei suoni pronunciabili dall’apparato fonico umano con conseguente
sviluppo della facoltà del linguaggio.

Vocali la causa del loro timbro riguarda la posizione della lingua che può essere più o meno sollevato o
più o meno avanzato. Nel sistema eptavocalico che in italiano vede 7 vocali si possono dividere in base:

1) altezza,
2) posteriorità e anteriorità.

I suoni anteriori hanno più spazio per essere articolati. Possono essere:

1) palatali (con palato duro)


2) velari (velo palatino)

Altro parametro è l’arrotondamento, Prochelia avanzamento delle labbra che formano vocali
arrotondate [o]; [u]; [с]. Il francese ha una serie di vocali alte e arrotondate [y]; [ ꭀ]; [ꝋ], mentre il turco ha
vocali posteriori non arrotondate.

Central
Anteriore Posteriore
e
Alte i u
Medio-alte e o
Medio-
ɛ ɔ
basse
Basse a

Martinet = le lingue hanno un cambiamento non casuale.

Sistema ī ĭ ē ĕ ā ă ŏ ō ū ŭ
vocalico latino (vinum (mittere) (tempus) (vocem)
)
Sistema i e ɛ a ɔ o u
romanzo (vino) (mettere) (tempo) (voce)
comune
Vocalismo i ɛ a ɔ u
siciliano (pelo- pilu) (croce – cruci)
Tutte le lingue romanze sono partite da un sistema vocalico comune a 7 vocali.

Sistema vocalico simmetrico – italiano

Sistema vocalico asimmetrico ha più timbri sulla serie anteriore che su quella posteriore. Es: francese.

Consonanti vengono classificate per:

1) Sonorità, sonore o sorde in base alla vibrazione delle corde vocali; dipende dalla maggiore o
minore apertura dell’apparato fonatorio.
2) Modo di articolazione, ovvero la modalità con cui l’aria fuoriesce che le rende ostruenti che
prevedono anche suoni sordi e sonoranti quando le corde vibrano spontaneamente:
- occlusivo = ostacolo totale quando dopo la pressione l’ostacolo se ne va e con l’esplosione
si forma il suono.
- Fricativo, ovvero il restringimento del canale articolatorio che produce un suono continuo.
- Affricato, combinazione tra occlusivo e fricativo, inizio occlusivo seguito da fricativo.
- Nasale, il velo palatino di abbassa permettendo la fuoriuscita di aria sia dalla bocca che dal
naso.
- Vibrante, ovvero la vibrazione della punta della lingua in corrispondenza degli alveoli.
- Laterale, aria fuoriesce dai lati della lingua.
- Approssimanti, organi articolatori si avvicinano quasi a chiudere l’apparato fonatorio senza
occluderlo.
3) Luogo di articolazione, ovvero posizione fisica dell’ostacolo che l’aria incontra nella fuoriuscita.
Dall’esterno all’interno:
 Bilabiali
 Labiodentali
 Alveolari
 Palatoalveolari
 Palatali
 Velari
 Uvulari

Fonemi consonantici

Labio- Dentali/ Post-


Bilabiali Palatali Velari
dentali Alveolari alveolari

Nasali m ɱ n ɲ ŋ
Occlusive pb td kɡ
Affricate ͡ ts d͡z ͡ tʃ d͡ʒ
Fricative fv sz ʃ
Vibrante r
Laterali l ʎ
Approssimante j w
Scala di sonorità si basa sull’intensità acustica:

1) Vocali aperte (A)


2) Vocali medie
3) Vocali chiuse
4) Approssimanti
5) Vibranti
6) Laterali
7) Occlusive nasali
8) Fricative sonore
9) Occlusive e affricate sonore
10) Fricative sorde
11) Occlusive e affricate sorde

Scala della forza consonantica si basa sulla forza articolatoria impiegata nella realizzazione dei foni, dalle
consonanti sorde a quelle sonore.

1. Occlusive sorde
2. Occlusive sonore
3. Affricative
4. Fricative …

Prosodia la parte della fonetica che studia l’organizzazione delle unità più grandi rispetto al suono.

I tratti prosodici si definiscono a partire dal confronto/relazione tra suoni diversi perché ad esempio si può
parlare dei tratti della lunghezza vocalica o consonantica solo se ho un elemento di confronto. Non hanno
lo stesso rilievo per tutti i suoni e per tutte le lingue. Sono grandezze fisiche che si misurano per:

1. Durata, ovvero la lunghezza/quantità vocalica/consonantica. In italiano esistono:


 consonanti doppie che hanno una lunghezza maggiore. Es: fato – fatto/caro – carro/
pala – palla. Esistono cinque suoni consonantici in posizione intervocalica che sono
sempre lunghi e si chiamano consonanti doppie/geminate, mentre le consonanti
singole sono scempie.
[λ:] “gli” – laterale palatale (aglio, figlio)
[ʃ:] “sch” – suono palatale (ascia, fascia)
[ɲ:] “gn” – suono palatale (ragno, agnello)
[t:s] affricativa alveolare
[d:z] affricativa alveolare
 vocali lunghe che hanno una durata maggiore rispetto alle altre ma in un contesto
preciso sotto tre condizioni:
1. vocale accentata
2. penultima posizione
3. sillaba aperta
la sillaba accentata tende ad uniformarsi ad una certa durata:
 sillaba chiusa ha tre tempi. Es: andando
 sillaba aperta ha due tempi e dura di più per compressione del terzo tempo. Es:
andata [an’da:ta]
2. Volume, ovvero l’accento che è una grandezza fisica la quale posizione permette la distinzione tra
le parole. Ha valore d’intensità che cambia da lingua a lingua. Ha posizione fissa (l’italiano ha un
accento intensivo e mobile):
 parole ossitone – hanno l’accento sull’ultima sillaba
 parole parossitone – hanno l’accento sulla penultima sillaba
 parole proparossitone – hanno l’accento sulla terzultima sillaba
3. Frequenza si riferisce al tono che distingue suoni acuti e gravi in base alla velocità di vibrazione
delle corde vocali. Il tono può essere discendente, ascendente o piano ma non si deve confondere
con l’intonazione che invece fa riferimento all’andamento melodico degli enunciati. Tono ed
intonazione servono a far capire cosa si vuole ottenere con un certo enunciato, per questo ci sono
lingue in cui il tono fa la differenza tra le parole.

I suoni non si presentano mai soli ma tendono ad aggregarsi e l’elemento immediatamente superiore al
suono è la sillaba unità prosodica (combinazione di più suoni) che è costituita da uno o più suoni
aggregati ad un nucleo di sonorità. La struttura sillabica è composta da:

 (σ) sigma che indica la sillaba


 Attacco che è un elemento facoltativo
 Rima che comprende:
1. Nucleo sillabico che deve collocarsi verso il polo più sonoro della scala di sonorità (vocali)
2. Coda che è un elemento facoltativo

Nell’italiano gli unici suoni che possono fungere da nucleo sillabico sono le sillabe, mentre nelle altre lingue
si accettano anche altre come approssimanti, vibranti, laterali e nasali. Es: ra|ci|sm nasale che funge da
nucleo. La scala di sonorità ci dice qualcosa anche sull’ordine in base al quale i suoni si dispongono. Es:
tron|co inizio suono occlusivo meno sonoro, poi vibrante e infine nasale più sonoro composto da CCVCCV.

486 lingue hanno strutture CV 274 hanno struttura CCV/CVC 151 hanno struttura CCCVCCC (Es:
strada).

La sillaba è più facile da percepire tanto più è presente una diversità tra C e V, l’attacco dev’essere il più
sordo possibile e il nucleo sillabico il più sonoro. Per Jakobson la sillaba ottimale è k t p – a.

Ritmo è scandito da una sequenza di accenti all’interno dell’enunciato.

Alternanza ritmica = ‫ ﹷ‬꙾ (꙾) ritmo trocaico dove il primo è accentuato sulla penultima sillaba, il
secondo non è accentuata e il terzo è un eventuale altro tempo non accentuato.

Le parole monosillabe ossitone hanno un’unica sillaba accentuate ma possono esistere delle sequenze che
prevedono una parola che termina con una sillaba accentata che sono parole ossitone seguite da parole
con consonante con vocale accentata. Es: “finì male” VCV. Esistono anche parole in cui l’accento cade sulla
terzultima sillaba e seguono sempre lo schema di alternanza ritmica. Es: “così poco”. Per quanto riguarda le
consonanti e le doppie consonanti spesso avviene il rafforzamento fonosintattico consiste nel
raddoppiare la consonante:

 nella pronuncia – “così poco” CVCVCCVCV


in parole che si sono create successivamente anche con le abbreviazioni – marinai/marò
 nella morfologia, ovvero in gruppi di parole come “dove sei”
 ortografia, in parole che si sono fuse ma che in passato erano separate – ovvero, ossia, oppure…

in italiano è presente perché si rifà alla struttura dei dialetti come il toscano, contrariamente a quelli
settentrionali che tendono ad indebolire le consonanti. Per i dialetti meridionali che conservano la forza
consonantica bisogna tenere presente:

 l’intensità – la forza articolatoria dell’accento è meno forte


 il punto di partenza per le forme del raddoppiamento è il passato remoto (3° persona singolare che
però non termina come nella forma prestabilita. Es: passò/passau – morì/moriu) e il futuro (1° e 3°
persona singolare).

Fonologia:

Fonemi valori distintivi


Tono non ha valore distintivo e quindi fonologico ma fonetico.

Accento oltre che segnalarlo nella trascrizione fonetica, lo ricordiamo anche nella fonologia, ovvero
come valore distintivo. (Es: ancora)

Quantità si possono distinguere:

1. Vocalica – è una variante combinatoria che non ha valore fonologico. Le vocali sono lunghe solo se
sono accentate, in penultima posizione e hanno sillaba aperta ma dipende anche dal contesto. Es:
fonetica - [ka’de:re] mentre fonologia - /ka’dere/.
2. Consonantica – la distinzione tra consonante scempia (semplice) o geminata(doppia) serve a
distinguere parole diverse come ad esempio [‘fat:o] /’fat:o/. Ha valore distintivo e quindi fonologico
– es: [‘baɲ:o] /‘baɲo/; tranne per alcuni suoni sempre foneticamente geminati ma fonologicamente
scempi: [λ] [ʃ] [ɲ] [ts] [dz] si possono trovare in italiano ad inizio di parola anche se questa
lingua non ammette suoni doppi alla posizione iniziale ma solo quelli scempi. Per questo si
comportano come scempi.

La forma latina è il punto di partenza – AMICUM occlusiva velare sorda

 Italiano ha conservato l’occlusiva velare sorda [amiko]


 Dialetto settentrionale occlusiva sonora
 Spagnolo fricativa velare [amigo]
 Francese completamente eliminata l’occlusiva velare sorda [ami]

LACUM (latino) – lago (italiano) [k] a [g] non si è conservata l’occlusiva

Esiste un gruppetto di parole che ha conservato sia l’occlusiva sorda sia quella sonora:

(latino) POTESTATEM – potestà/podestà/potere/podere.

Vi è un altro gruppo di parole che in italiano antico presentavano la forma forte che poi hanno perso ma
riacquisito successivamente. Questo accadde tra il XII e XIII secolo, quando l’Italia non aveva una forma
determinata, un modello linguistico preciso ma ci si ispirava a quella gallo romantico che farà nascere le
lingue romanze:

(latino) IMPERADORE – imperatore da [d] a [t]

(latino) AGUDO – acuto da [g] a [k]

Morfologia unità di articolazione del contenuto semantico, studio delle parole, dei morfemi che il
parlante registra in termini di parole.

Parola segmento di lettere racchiuso tra spazi bianchi, anche se non tutte le lingue utilizzano spazi
bianchi tra una parola e l’altra. Non esiste un tratto unico per spiegarla:

1. Mobilità
2. Isolabilità
3. Coerenza

Il criterio fonologico della parola è una sequenza di suoni provvista di un unico accento ma on è sufficiente
per le parole composte in cui ci sono due accenti oppure per parole senza accento che si appoggiano alla
parola successiva per accentarsi. Es: porta ombrelli [‘portaom’brel:i].

Le categorie prototipiche sono modi di classificare la realtà in insiemi strutturali in base alla condivisione di
certi tratti. Le parole sono prototipiche come nome, il quale rappresenta bene e contrariamente l’aggettivo
(marginalità) ma vi sono anche quelle meno prototipiche come articoli o preposizioni.
Ognuno di noi ha in mente per ogni parola un’immagine prototipica, uno schema con determinate
caratteristiche. Tutto ciò che non riflette quest’immagine fa comunque riferimento alle parole per mezzo di
categorie cognitive. Es: [melodia] <melodìa> <me lo dia> ha coesione, “me” e “lo” si appoggiano a “dia”.

Macrodistinzione tra:

 Classi aperte – potenzialmente in grado di acquisire nuovi elementi applicando le regole


della morfologia della lingua stessa. Prende parole/morfemi già esistenti per formare
parole nuove o per contatto interlinguistico (nomi, verbi per lo più coniugati perché è più
regolare, avverbi, aggettivi e interiezioni). Es: tavolo – tavolaccio, tavolino…
 Classi chiuse – non acquisiscono altri elementi sotto il profilo sincronico (preposizioni,
pronomi)
 Classi variabili – come la flessione (nome nel genere e numero; verbo, aggettivo,
preposizioni articolate)
 Classi invariabili – non si flettono (avverbi, congiunzioni, preposizioni semplici, nomi, vari)

I criteri si possono incrociare, le combinazioni sono possibili come le categorie variabili di nomi e verbi che
linguisticamente esprimono delle proprietà semantiche e linguistiche (comunicative) che in alcune lingue si
differenziano, mentre in altre no. Es: “smoke” = nome fumo, verbo fumare.

Nome tutti quegli elementi della realtà che verosimilmente restano uguali a sé stessi in un periodo di
tempo. È time stable, ha funzione referenziale che introduce il referente/topic di cui si sta parlando. Ha
proprietà semantiche e discorsive. Sotto l’aspetto morfologico si flette per genere e numero (caso per le
lingue che lo hanno). Possono essere prototipici o meno.

Verbo eventi, mutamenti di stato, coglie situazioni che si evolvono nel tempo, per questo non è time
stable. La sua funzione è predicativa, ovvero di dire qualcosa relativamente al referente/topic, ruolo di
comment. Ha proprietà discorsive e sotto l’aspetto morfologico si flette per tempo, modo, persona, diatesi
(passivo - attivo). Può essere:

 Stativo, meno prototipico che dura nel tempo


 Denotativo di qualità che può essere:
1. duraturo – classe di nomi
2. temporaneo – classe di verbi

Es: il treno (N: TOPIC) è arrivato in ritardo (V: COMMENT).

 Verbi stativi non denotano processi, rimangono stabili (stare, abitare)


 Verbi impersonali (piove, tuona)
 Verbi prototipici i parlanti riuniscono in un insieme elementi più rappresentativi e altri più
marginali che possono passare ad altre categorie (aggettivi che diventano avverbi).

Forma marginale categoria Verbo PARTICIPIO (parlante, scrivente) ha:

 Tratti di genere e numero che sono tipici del nome


 Manca di persona
 Non vi è coerenza nella diatesi

Ha proprietà per passare ad altre categorie, ha alcune proprietà delle preposizioni. Es: problemi della scuola
– problemi riguardanti la scuola (modificatore del nome). Anche in inglese: …using his talent (modificatore
avverbiale).

Il PRESENTE è considerato attivo ma il PASSATO non è sempre passivo. Es: Maria guardava ammirata la
Gioconda – lei stava ammirando-> forma attiva, non è considerato verbo prototipico.
N – AGG - AVV – PREPOSIZIONE- V

Preposizioni deverbali DURANTE (participio presente di durare) – valore semantico = momento


perdutamente stabile partendo da un verbo poco prototipico.

Aggettivo a livello semantico denotano caratteristiche fisiche, il prototipico è time stable e denota
qualità. A livello discorsivo sono modificatore, a livello sintattico non hanno argomenti a meno che non
siano comparativi. A livello morfologico hanno genere e numero e si dividono in comparativo o superlativo.
Il tipo prototipico ammette due tipi di modificazioni:

1. Restrittiva – es: le montagne alte


2. Non restrittiva – es: le alte montagne

Elementi che costituiscono la parola:

Morfemi unità minime dotate di significato autonomo, pezzi di significante che ha un significato.

Es:

in toller abil e
Derivativo in+aggettivo Morfema lessicale Derivativo che apporta Flessivo che esprime la
non - negativo un significato alla parola distinzione tra singolare
– può essere X e plurale – maschile
singolare
Possono essere:

1. Lessicali apportano il contenuto semantico della parola, sono base. Es: gatt-o
2. Grammaticali
o Flessivi – responsabili della flessione per ad esempio genere e numero nel nome. Nei
composti per i parlanti si tende a portare la flessione in fondo alla parola ed eliminarla
all’interno. Es: pesce palle – pesci palla / pomo d’oro -> pomidoro -> pomidori -> pomodori.
o Derivativi – derivare altre parole aggiungendo tratti derivativi del morfema iniziale. Le
parole possono cambiare la classe lessicale di appartenenza. Es: morfema lessicale nazione
-> nazionale (aggettivo) -> nazionalizzare (verbo). Si distinguono:
 suffissi – possono modificare la classe lessicale di appartenenza formando nomi da
aggettivi, avverbi da aggettivi, ecc oppure non farlo come ad esempio nei nomi di
mestiere. Es: giornale -> giornalaio. Suffisso latino -ARIUS che ha esiti diversi: in
toscano -AIO; in francese -IERE (proveniente dal cavaliere della letteratura epico-
cavalleresca); in dialetto centrale -ARO.
 Prefissi – non possono mutare la classe. Es: inglese cranberry – esempio di
morfema unico isolato in cui cran -> crane (gru – uccello) non è riconducibile ad
un’unità significativa sul piano sincronico, mentre a livello etimologico si riconduce
ad una struttura regolare.

Processi:

1. Infissazione inserisce un infisso all’interno del morfema lessicale, è rara in quanto viola la
coesione interna. Es: latino tactus -> tango.
2. Composizione processo morfologico dove si uniscono due morfemi lessicali, ciascuno provvisto
della sua morfologia flessiva. Es: pesce spada. Hanno una testa che rappresenta il significato
complessivo del composto, dandogli tratti grammaticali (il genere). Es: il pesce spada è un pesce. I
composti possono essere:
o Endocentrici – hanno una testa, il proprio centro dentro. La testa può trovarsi:
- a sinistra come in italiano, tranne alcune eccezioni derivanti dal latino come
terremoto da terraemotus, gentiluomo dal latino che ha testa a destra; oppure
dall’inglese come ferrovia da railway.
- A destra come nell’inglese in housewife con l’eccezione di werewolf derivante da
vir-vira; e in tedesco – lingue germaniche.
o Esocentrici – non hanno una testa, un elemento che dia tratti complessivi; cioè il centro del
composto sta al di fuori dello stesso come ad esempio senza tetto e lava piatti. L’italiano e
l’inglese da un punto di vista sintattico sotto questo aspetto sono uguali, mentre dal punto
di vista morfologico no, in quanto in inglese questi composti sono endocentrici.
o Coordinativi – i due elementi coordinativi stanno sullo stesso piano, sono meno utilizzati.
Es: cassa panca e porta finestra hanno due teste.
3. Conversione una parola può cambiare classe lessicale senza alcuna modifica apparente. Es:
aggettivo sostantivato “vecchio” – “il vecchio e il mare”. In inglese è molto usato. Es: “water”
significa acqua ma anche innaffiare.
4. Raddoppiamento riproduzione totale o parziale del morfema lessicale. In italiano ha funzione
espressiva (rafforza). Es: piano – piano piano. Può essere:
- completo
- parziale – della parte iniziale. Es: latino mordo – momordi
5. Parasintesi serve a formare verbi a partire da aggettivi o nomi, è molto diffuso in italiano. Ha una
base + suffisso e prefisso come ad esempio giallo – ingiallire.

Come per i fonemi ci sono gli allofoni, per i morfemi ci sono gli allomorfisono varianti con lo stesso
significato del morfema di base. Es: cat-s [s] sibilante sorda / dog-s [z] sibilante Sonora /fish-es [iz] -> tre
varianti di un unico morfema plurale.

Allomorfia in flessione varianti di morfemi flessivi che però realizzano lo stesso significato. Es: cat-s [s]
sibilante sorda / dog-s [z] sibilante sonora /dish-es [iz] vocale + sibilante sonora -> tre varianti di un unico
morfema plurale. Un caso italiano: articolo determinativo maschile singolare “lo” prima di parole che
iniziano con [s], [ʃ], [ɲ], [w], [j] / articolo determinativo maschile singolare “il” prima di C+V. Le varianti di
allomorfia sono in distribuzione complementare, ovvero in un contesto in cui si trova il/i non troviamo lo/gli
e viceversa. Es: inglese a+C / an+V tra loro complementari nella forma in cui trovi “a” non puoi trovare “an”
e viceversa.

Allomorfia di morfemi derivativi

 Prefissi – si assimila più o meno rispetto al modo di articolazione. Es: in+V -> [in]utile/[in]delebile
=assimilazione parziale. Con suoni sonoranti: [im]possibile/[ir]reale/[il]legibile.
 Suffissi – suono laterale come -ALE e -ARE -> …l…l diventa …l…r come so[l]a[l]e – so[l]a[r]e oppure
…r…r diventa …l…r come pe[r]eg[r]ino – per[l]eg[r]ino oppure anche …l…ale diventa …l…are. In
inglese -AL – AR colonial, linear. Si hanno due eccezioni: globale e colossale che presentano la
laterale nel morfema base e non si può dire [l] e [l] perché hanno lo stesso suono.

Allomorfia del morfema lessicale le possibili partizioni paradigmatiche appartengono a schemi precisi, le
forme meno presenti in italiano si trovano alla 1° persona singolare e alle 3° plurale ma anche alla 1° e 2°
plurale. Es: paradigma dell’indicativo presente del verbo sedere ->

Siedo (sedeo) Fenomeno di dittongazione romantica – “E” breve latina e in sillaba aperta e
Siedi accentata. In italiano è diventata [jɛ] e lo stesso vale per o che diventa [wo].
Siede
Sediamo (sedemus)
Sedete (sedetis)
siedono
Suppletivismo simile all’allomorfia, sono forme diverse che realizzano lo stesso significato. Tutto sta in
quanto le forme siano diverse tra loro. Due forme hanno evidenti rapporti in termini di significato senza
nessuna relazione formale. Es: cavaliere - equitazione - ippodromo -> tre diversi morfemi lessicali che
vogliono dire “cavallo” ma non c’è nessuna somiglianza formale.

Irregolarità morfologica ha un carattere scalare, non c’è differenza netta tra regolarità e irregolarità.

Storage “memoria dichiarativa”, parte della conoscenza linguistica dove sono tutti i morfemi ai quali il
parlante va ad attingere – lessico.

Processing “memoria procedurale”, parte elaborativa della costruzione del messaggio. Regole
grammaticali tramite cui si mettono in ordine elementi di lessico – grammatica.

Il significato di alcune espressioni non può essere dedotto solo attraverso la grammatica. Sono Crucks
grammaticali pezzi di enunciati memorizzati come blocchi unici. Es: tagliare la corda/svuotare il sacco.

Nell’italiano della massima grammaticalità ci sono verbi della prima coniugazione. Nel campo lessicale si
trovano verbi suppletivi del tutto irregolari. Tra i due ci sono forme allomorfe, intermedie.

Lingue germaniche (inglese) – i verbi regolari si assomiglia tutti, quelli irregolari sono tutti diversi ma non in
forma casuale nei preteriti.

o Meno irregolarità:

work - ed Regolare (suffisso in dentale)


Kept - slept Più irregolari (suffisso in dentale sorda dovuta
all’assimilazione con la lettera precedente)
Sold - told Cambia il timbro vocalico, conserva il suffisso in
dentale regolare.
o Più irregolarità

Spoke – broke Irregolarità maggiore, non finisce più in


dentale. Due timbri vocalici del presente contro
il preterito-> speak - spoke
Sang - drank Tre timbri vocalici sing – sang - sung
Was – were – went (da werum) Forme da memorizzare, più vicine allo storage.
Nell’equilibrio tra grammatica e lessico è difficile dire quale prevalga, è più facile intuire la …

o tendenza alla regolarizzazione. Es: learn – learnt ma anche learned/ dream – dreamt ma anche
dreamed. Anche slept è una regolarizzazione, in inglese antico era “slapan” con preterito “slep” –
“sleped”- “slepd”-> slept. Così come sold e told, ma anche spoke e broke.
o Tendenza alla irregolarità.
- i verbi monosillabici che terminano in /iɲ/ hanno il preterito in /seɱ/ (sing – sang – sung)
- i verbi monosillabici che terminano in /iɱk/ hanno il preterito in /seɱk/ (drink – drank –
drunk)

Morfema irregolare italiano – con un certo grado di produttività:

- andai – andiedi (toscano) -> formatasi dai composti latini del verbo dare.
- Persi- perdidi- perdiedi -> dittongazione breve accentata in sillaba – morfema lessicale del verbo
dare. Perd/o morfema lessicale + flessivo / perd/iedi unico morfema flessivo.

Il morfema regolare nel momento in cui si crea tende ad applicarsi a morfemi con dentale.
Paradosso Di Sturtvant il mutamento fonetico opera con regolarità ma provoca irregolarità, mentre il
mutamento analogico opera con irregolarità ma provoca una regolarità.

Tipologia morfologica (affinità strutturali tra le diverse lingue):

le lingue non hanno gli stessi morfemi, ma sulla base di due criteri…

1. Idice di sintesi numero di morfemi che compongono ogni parola


2. Indice di fusione numero di informazioni/significati per ogni morfema.

Es: lupo – morfema lessicale + flessivo. Indice di sintesi 2:1 (due morfemi a parola), indice di fusione 2:1
(due significati da genere e numero).

Si distinguono quattro modalità:

1. Lingue fusive (flessive)l’indice di fusione è elevato (lingue romanze, europee antiche e


moderne – italiano). Es: lupus 2:1 e 3:1
2. Lingue agglutinanti hanno più morfemi per più significati (turco). Da queste si possono
togliere delle parti della parola, in quanto hanno sempre senso. Es: adamlara (agli uomini)
indice di sintesi più elevato delle lingue flessive, indice di fusione 1:1.
3. Lingue isolanti indice di sintesi 1:1, indice di fusione 1:1 (cinese). Tutti i significati sono sparsi
e spezzati, ciascuna delle parole hanno un significato con un morfema. Es: wo wang letaledizhi
(io ho dimenticato il suo indirizzo) contiene morfemi del genere, del tempo e della persona di
verbo e nome.
4. Lingue polisintetiche fondono in una parola quella che nelle altre lingue è una frase, più
morfemi lessicali che hanno ognuno il proprio morfema flessivo (groenlandese). Indice di sintesi
5/5:1, indice di fusione più basso. Es: illuminüppuq – fusione tra nome e verbo. Segue una
morfologia di tipo concatenativo, dove i morfemi vengono disposti lungo una sequenza in un
ordine lineare.
5. Sottogenere – lingue introflessive la flessione avviene all’interno del morfema lessicale
(lingue semitiche come l’arabo). Utilizza una morfologia a pettine dove i morfemi lessicali e
grammaticali si pongono a pettine. Es: kitab – katib – kataba -> radice triconsonantica.

Queste modalità sono delle approssimazioni, di fatti all’interno di una lingua possono esserci tipi
morfologici diversi:
es: andrò -> I will go – la persona il tempo e il modo in inglese vengono distribuite e quindi si hanno
caratteristiche introflessive (l’inglese va verso l’isolante).

Classificazione genealogica: di parentela linguistica

Alcune lingue finiscono per assumere dei tratti simili, nonostante siano di famiglie diverse - lega linguistica
balcanica: Sprachbund quasi tutte le lingue (tranne il rumeno) hanno sviluppato un sistema vocalico a
cinque vocali sul modello greco, hanno perso l’infinito e tratti che appartenevano ad una sola lingua si sono
espansi.

1. Greco
2. Albanese
3. Rumeno – romanza (neolatina)
4. Serbo croato
5. Bulgaro
6. Macedone
7. Sloveno
8. Turco
Sintassi il termine deriva dal greco “sintassio”, ovvero disporre insieme. Fa riferimento alle modalità e
alle regole con cui le lingue uniscono più parole per formare i sintagmi. Nel corso degli anni si sono
sviluppati diversi approcci a riguardo:

1. Quello secondo cui la sintassi sarebbe il punto di partenza di una lingua


2. Quello secondo cui la sintassi non sia un modo autonomo ma risenta di altri moduli linguistici.

“Le strutture della sintassi” (1957) di Chomsky i parlanti hanno una competenza per la quale la lingua si
definisce partendo da cosa sa il parlante. La lingua ha un meccanismo generativo e ricorsivo, nel senso che
una frase senza senso può comunque essere giusta grammaticalmente, questo perché la sintassi non è
legata ad altri modelli linguistici.

Hausee e Fitch (2002) affermano che la capacità di parlare in senso stretto è legato al meccanismo
ricorsivo.
Es: il complemento di moto a luogo può essere rappresentato sia dalla preposizione semplice “a” e da
fonemi d’interfaccia.

La costruzione dei sintagmi si deve relazionare con la semantica. Per individuare gli elementi che presi da
soli hanno significato bisogna utilizzare il “movimento”, ovvero se spostandoli continuano ad avere un
significato e quindi se sono sintagmi.
Es: ieri| il cane | del vicino | ha inseguito | i gatti | in giardino | tutto il giorno.

Ci sono elementi che anche presi da soli conservano un loro significato autonomo. Per quei sintagmi
costituiti da due o più elementi la relazione tra essi non è egualitaria, ha un elemento più importante
ovvero la testa del sintagma elemento che non può essere più eliminato. Es: il cane (testa) del vicino
(può essere eliminato) – sintagma nominale.

Sintagmi preposizionali non possono stare da soli ma la preposizione determina e condiziona l’elemento
con cui si combina.

I sintagmi inoltre possono essere coordinati dalla congiunzione “e” se sono dello stesso tipo. Le diverse
relazioni tra diversi sintagmi si esprimono attraverso:

 Posizione – collocazione
 Accordo – genere e numero. Es: tutte le siepi sono state tagliate – unico sintagma.

Soggetto è il ruolo sintattico che concorda con le forme finite del predicato

Oggetto è il ruolo sintattico che non concorda con le forme finite del predicato.

In una lingua con una morfologia più ricca ci saranno meno vincoli tra soggetto e predicato. In una lingua
ridotta come l’inglese tutto sarà vincolato alla posizione del soggetto. Non sempre la distinzione soggetto e
oggetto è possibile. In inglese il soggetto ha delle caratteristiche:

 Accordo
 Posizione proverbiale
 Movimento nella interrogativa

Es: There are many students -> francese – il y a des etudiants/ il y a-t-il des etudiants?-> Tedesco – es gibt
einen Mann = sono tutti soggetti non distinguibili dall’oggetto.

Ordini marcati come ruoli pragmatici dove il fono è il riferimento allo status dell’informazione:

Topic soggetto noto

Comment predicato verbale (V+O) come struttura informazione della frase


Es: Trump (topic) ha vinto le elezioni (comment)

Dislocazionispostamento di un elemento all’interno della frase. Es: le elezioni le ha vinte Trump – da un


punto di vista informativo Trump diventa comment mentre le elezioni topic. Possono essere:

 A sinistra – frase passiva come “le elezioni sono state vinte da Trump”
 A destra – “le ha vinte Trump le elezioni” / “è Trump che ha vinto le elezioni” dove il comment è
espresso dal soggetto.

Sono tutte frasi simili ma ognuna sposta l’attenzione su un certo elemento piuttosto che su un altro,
rispondendo anche a domande diverse.

Ordini basici - Sistema = caso e accordo bastano, mentre posizione è secondaria/norma = posizione ben
precisa:

Configurazioni di ordine del SOV prevalenti in varie lingue – ordine basico dei costituenti di una frase:

- latino = “ego consolatum petivi” – nominativo concorda col verbo

SVO, sequenza più frequente in una lingua (modo in cui il parlante cerca di comunicare qualcosa ad un
ascoltatore) italiano

Su 1337 lingue, 189 non hanno identificato un ordine. Le altre:

 565 – SOV
 488 – SVO
 95 – VSO
 25 – VOS
 11 – OVS
 4 – OSV

Principio di rilevanza informazionale che mette in prima posizione il topic.

Principio di adiacenza tra verbo e oggetto, entrambi parte del comment vanno posti vicini – i primi due tipi
sono più frequenti in base a questi principi, rispettando la posizione informazionale.

Tipologie:

Universali Assoluti esprimono poche caratteristiche fondamentali e imprescindibili del linguaggio, come
la distinzione tra vocali e consonanti.

Lessicale Berlin & Kay 1969 “Basic Colour Terms” = Sistema dei nomi dei colori è uno delle manifestazioni
più diverse e incoerente. In realtà è riducibile a 11 termini che stanno in un rapporto gerarchico in 98 lingue
che non sono della stessa famiglia né della stessa area.

1. Bianco, nero
2. Rosso
3. Giallo, verde
4. Blu
5. Marrone
6. Viola, arancio, rosa, grigio

Questi termini basici non sono tutti presenti in ogni lingua. Principio di arbitrarietà dal colore rosso si
distinguono, mentre dal verde sono difficili se non inesistenti.

Semantica riguardante il significato che si definisce solo in relazione con altri significati.
Relazioni semantiche in genere creano ambiguità, ovvero le parole possono avere più di un significato.
La lingua per questo motivo è ridondante, arricchita.

Omonimia già esistente in latino prevede due parole che, per ragioni di evoluzione fonetica, hanno la
stessa forma ma significato diverso comprensibile solo in relazione al contesto. Es: letto come verbo o
aggettivo.

Polisemia parole che possiedono almeno due significati: uno principale e altri secondari. Es: scomparire –
principale = sparire mentre secondario = morire.

In certi casi polisemia e omonimia non sono facilmente distinguibili in quanto in passato certe parole erano
polisemiche ma con il tempo sono diventate omonime e viceversa. Es: penna – polisemia originariamente
riferendosi alle penne d’uccello, ora è solo omonima della penna da scrivere.
Esempio importante è “umore” che in origine era legato ai liquidi che influenzavano le emozioni che, sono
se in equilibrio, creavano benessere:
 Sangue
 Bile gialla (kholé) collera
 Bile nera (Melankholé) melanconia
 Flegma flemmatico

Metafora quelle poetiche sono inaspettate e nuove ma nella realtà vengono usate quotidianamente
creando un rapporto di somiglianza tra due domini differenti:

 Source di origine (quella privilegiata e la figura umana – volontà dell’essere umano di


antropomorfizzare il mondo)
 Target di arrivo

Lakoff e Johnson in “Metafore E Vita Quotidiana” parlano del linguaggio metaforico come interiorizzato e,
per questo, non viene percepito. Es: piedi della montagna, nella quale viene associata una figura umana alla
parte bassa di una montagna; capo dello stato come testa e vertice. La metafora pone insieme aspetti
concreti (luce, buio) con altri astratti (intelligenza, ignoranza), così come coordinate spaziali a valori astratti
(morali, stati d’animo…).

Cardona approfondisce lo studio e parla di un dominio concreto che instaura un rapporto di similarità con
uno astratto.

Metonimia rapporto di contiguità all’interno dello stesso dominio, ovvero sono due cose che hanno a
che fare l’una con l’altra come ad esempio una parte del corpo con una caratteristica associata in un
rapporto di vicinanza. Es: “bevo una bottiglia di vino” – ovvero il vino contenuto nella bottiglia/ “ho letto
Leopardi”.

Sinonimia due parole diverse con lo stesso significato, ma non possono essere sempre scambiate in tutti i
contesti come ad esempio le espressioni idiomatiche come “bel viso” o “bella faccia”. È impossibile
trovarne una perfetta perché il significato delle parole si basa su tre livelli:

1. Denotativo – a cosa si riferisce


2. Descrittivo – come descrive l’elemento a cui si riferisce
3. Connotativo – quale valore il parlante attribuisce a quella parola ed è diverso per un termine o per
un altro. Es: banco-neri/juventini/gobbi -> a livello denotativo sono uguali, a livello descrittivo e
connotativo sono diversi.

Antonimia è il contrario della sinonimia. Due parole di significato opposto. Si hanno due tipologie:

1. Di contrarietà – contrari, due estremi tra i quali si collocano significati intermedi. Es: caldo – freddo
2. Di contraddittorietà – contrari che non hanno significati intermedi (o…o come valore disgiuntivo
forte AUT). Es: vivo – morto.

Iperonimo relazione asimmetrica tra due termini che comprendono uno di significato generale.

Iponimia relazione asimmetrica tra due termini che comprendono uno di significato più stresso, che ha
maggiore intenzionalità.

Questi ultimi due seguono una scala che va dal generale allo specifico:

parente genitore padre madre


Animato Animato Animato Animato
Umano Umano Umano Umano
familiarità familiarità familiarità familiarità
ascendente ascendente ascendente
maschile femminile
Tratti semantici elementi che compongono il significato delle parole

L’analisi di questi proviene dallo studio della fonologia

Gatto scapolo
+ animato (tratto importante per il significato) + maschile
Non umano + umano
+ felino + adulto
+ maschile Non sposato
Limiti spesso include significati che non fanno parte del contesto e non definisce il significato
connotativo.

Rappresentazione significato dei verbi:

proprietà temporali inerenti – tipi di azioni che riflette su diversi elementi semantici.

Aktionsart – Vendler (1967) tre diverse proprietà temporali:

1. Dinamicità compatibili con la perifrasi progressiva “stare + gerundio” e con costrutti all’infinito.
Es: camminando/ mangia – sta mangiando. Essere gentile non è uno stato inerente-> imperativo =
sii gentile.
2. Duratività compatibili con costrutto di “per X tempo” e con “cominciare a”. diversi da predicati
non durativi che invece descrivono un tempo preciso.
3. Telicità dal greco “telas” ovvero fine, il predicato telico descrive un evento di un raggiungimento
terminale (es: cadere), diversi da abitare o camminare. Il modificatore è “in X tempo”. Es: film finito
in 2 ore.

Tra loro formano quattro classi di verbi:

1. Stativi non dinamici, durativi e non telici. Es: essere alto, abitare, possedere.
2. Attività dinamici, durativi, non telici. Es: mangiare, correre, parlare.
3. Risultativi dinamici, durativi, telici. Es: asciugare, riempire, costruire.
4. Trasformativi dinamici, non durativi, telici. Es: esplodere.
5. Sottoclasse – semelfattivi dinamici, non durativi, non telici. Es: tossire, starnutire.

Il significato del predicato dipende dagli elementi con cui si compone e dal contesto – ibridismo azionale
predicati che appartengono in base al contesto all’una o all’altra classe. Es: mangiare – Mario ha mangiato
per 5 minuti (attività)/Mario mangia un piatto di pasta in 5 minuti (risultativi).
Telicità configurazionale dipende dal contesto, dalla presenza di un complemento oggetto. Si può
definire anche in base al soggetto (il gatto ha corso in casa – telico risultativo) così come in base al tempo
(Mario sapeva sarebbe finita cosi – stativo) e alla negazione.

Classificazione su base sintattica – ci si riferisce alle combinazioni sintattiche, ovvero il numero di elementi
con cui il predicato si può combinare.

Valenza indica con quanti argomenti si può combinare un predicato. Es: il cane inseguiva il gatto del
vicino – del vicino è un circostanziale, mentre il gatto e il cane sono argomenti del predicato, il quale
necessita di loro. Il numero di argomenti è variabile ma anche limitato, riguarda la ripartizione tra verbi
transitivi e intransitivi:

 Predicati zero valenti non necessitano un argomento (piove, nevica). Non sono classificabili sulla
base della tipologia degli argomenti.
 Predicati mono valenti/argomentali verbi intransitivi, necessitano di un solo argomento, ovvero
del soggetto del predicato (parlare, correre)
 Predicati bivalenti/ biargomentali verbi transitivi, necessitano di due argomenti, ovvero
soggetto e oggetto (assassinare, dipingere)
 Predicati trivalenti/triargomentali  verbi di “dire” e “dare”, necessitano di tre argomenti, ovvero
di ricevente, emissario e oggetto. Sono una sottoclasse dei bivalenti, perché il terzo argomento non
è proprio necessario ed è considerato un secondo argomento.

Si possono ridurre i numeri di argomento trasformando un predicato transitivo ad uno intransitivo, ovvero
da due argomenti a uno. Es: i bambini mangiano la torta (transitivo - due argomenti) – la torta è mangiata
dai bambini (intransitivo – un argomento, perché “dai bambini” diventa circostanziale).
Se in italiano l’argomento somiglia più ad un circostanziale, mentre in inglese ad un oggetto. Es: John gives
Mary a book – passivo = Mary was given a book by John.

Costrutto anticausativo:

1. Diretto predicati in grado di ridurre la valenza da biargomentale a argomentale senza mutazioni.


Es: l’iceberg affondò il Titanic (biargomentale) – il Titanic affondò (argomentale) predicato
immutato. Guarire, bruciare, asciugare, cuocere non necessitano un agente umano, sono predicati
che denotano un processo dinamico e telico.
2. Indiretto richiede una particella – “si”. Es: il vaso si rompe.

La differenza tra i due non è facile, in quanto diventa difficile circoscrivere la classe di predicati, si hanno tre
possibilità:

1. Il cuoco ha bruciato la carne


2. La carne è bruciata
3. La carne si è bruciata

Costrutto causativo si costruisce sintatticamente attraverso il predicato “fare”. Es: la fune fa cadere
Marco.

Mentre un ruolo sintattico come soggetto e oggetto di un argomento può essere cambiato, il ruolo
semantico, ovvero ciò che ha a che fare con il significato di un argomento, la parte che svolge un
argomento all’interno dell’evento descritto dal predicato, non può essere cambiato. Tipicamente il soggetto
ha il ruolo di agente, mentre l’oggetto di paziente. Es: il Titanic è affondato/l’iceberg ha affondato il Titanic
– il Titanic semanticamente rimane il paziente.

Agente partecipante animato, spesso umano e tipicamente soggetto ma non necessariamente. Ha


controllo volontario sull’evento, dinamico, non subisce un mutamento di stato in conseguenza dell’azione.
Paziente spesso oggetto ma non necessariamente, non ha alcun controllo sull’evento descritto dal
predicato, non è dinamico, subisce un mutamento di stato.

Tra questi due estremi, vi sono circa altri quaranta ruoli semantici, i principali sono:

 Efficiente – molto vicino all’agente ma è un’entità inanimata


 Esperiente – può subire o non subire un mutamento di stato
 Tema – affine al paziente ma subisce un mutamento di stato

Agente -> efficiente -> esperiente -> tema -> paziente

Es: me pudet/ me taedet/ es friert mich/ il y a-> soggetto marcato come oggetto – ruoli affini al paziente.

Transitività scissa ambito in cui si manifesta la rilevanza della semantica

 Predicati inaccusativi – selezionano l’ausiliare essere, indicando un mutamento di luogo (andare,


tornare), di stato (nascere, asciugare). Permettono costrutti con il participio passato assoluto,
rendendo possibile pronomizzare con la particella “ne” in soggetto.
 Predicati inergativi – selezionano l’ausiliare avere, indicando un mutamento di stato in predicati
che indicano processi di controllo.

Verbi come “inciampare”, “fiorire” selezionano sia l’ausiliare essere che avere che indicano uno stato.

In francese i predicati che indicano un mutamento di luogo selezionano essere, per il mutamento di stato
sia l’ausiliare essere che avere, mentre per il resto selezionano l’ausiliare avere.

Perché una lingua esista occorrono dei parlanti che la parlino e questa scompare quando l’ultimo parlante
di quella lingua muore. Esiste però un caso documentato nel 1777 in cui è morta la signora di 102 ultima
parlante del Cordico; un altro nel 1888 l’ultimo parlante del Dalmatico anche se alcuni termini vengono
usati tutt’oggi da contadini. Per scomparsa di una lingua non si fa riferimento all’ultimo parlante ma alla
scomparsa di un’intera comunità di parlanti che avviene quando sostituiscono la vecchia lingua con la
nuova. Es: dialetti al posto dell’italiano, o il passaggio dal gallico con la sua definitiva scomparsa al latino. Di
tutte le lingue (7097) 572 sono le lingue istituzionali, ovvero le lingue con una propria grammatica,
letteratura, film, ecc -> lingue nazionali. 1619 sono le lingue in via di sviluppo che spesso hanno una
tradizione letteraria ma non sono considerata nazionali; 2462 sono lingue vigorose; 1524 sono lingue in
trouble e 920 sono lingue morenti.

Tratti di una lingua

 Numero di parlanti che la parla


 Se subisce la concorrenza di altre
 Da che generazione viene parlata (giovani o anziani)
 Se è nazionale
 Se è insegnata a scuola
 Gli ambiti d’uso (ufficiali e non).

I casi in cui i parlanti abbandonano una lingua in cerca di un’altra avvengono attraverso il progressivo
alternarsi di una lingua nel tempo fino ad ottenere una conformazione differente a quella che aveva prima.
Ad esempio, il latino si è trasformato nelle lingue romanze (italiano, francese, spagnolo…) ma attraverso
una transizione che non è lineare, ovvero non vi è un momento preciso in cui è diventata le altre lingue. Lo
è diventata progressivamente attraverso:
 Per quanto riguarda il latino scritto nel 813 d.C per il Concilio di Tours venne chiesto ai parroci di
predicare in lingua romana rustica. Nel 999 d.C sull’epitaffio di un papa tedesco viene scritto
“Lingua teutonicus usus francisca vulgari et voce latina”
 Per quanto riguarda il latino parlato si è sempre più distaccato da quello scritto verso il III e IV a.C,
periodo in cui si sono diffuse le lingue romanze.
 Nel VIII e IX secolo d.C si ha l’iscrizione nella catacomba di Commodilla “Non dicere ille secrita
abbole”.
 Iscrizione del XI sulla basilica di S.Clemente.

Mutamento fonetico:

Assimilazione due termini che diventano uguali in parte o del tutto grazie al fenomeno di
coarticolazione, ovvero fenomeni vicini si possono influenzare l’un l’altro tanto che tratti del suono che
segue possono trovarsi nel suono precedente o tratti del suono che precede possono continuare in quello
che segue. Per questo può essere:

 Regressiva – l’elemento che viene dopo influenza quello che viene prima (direzionalità regressiva).
o Totale – il secondo elemento ha influenzato il primo:

latino – “scriptum” Italiano – “scritto”


pt - [p] tt – [t]
o Parziale – il primo elemento non è del tutto uguale al secondo ma ha acquisito la sonorità:

latino – “latro” Italiano – “ladro”


[tr] occlusiva alveolare sorda [dr] occlusiva alveolare sonora

 Progressiva – l’elemento che viene prima condiziona quello che viene dopo (direzionalità
progressiva).
o Totale – il primo elemento ha influenzato il secondo:

“mondo” Romano (dialetto sud Italia) – “monno”


[nd] [nn] nasale nasale
o Parziale – il secondo elemento non è del tutto uguale al primo ma ha acquisito la sonorità:

“dente” “dende”
[nt] sorda [nd] sonora
 Bidirezionale – condizionamento sia del suono precedente che di quello che segue-> in posizione
intervocalica passano il tratto di sonorità

latino – “lacum” Italiano – “lago”


[k] vibrazione anche nel mezzo anche se non [g]
dovrebbe
 Fricativizzazione – tra due suoni continui anche quello che sta in mezzo prende il tratto di
continuità.

“Fabula” “favola”
[b] consonante che acquisisce tratti vocalici [v] modo di occlusione-> da occlusivo a
fricativo
 A distanza – tra tratti non contigui. Es: plurali irregolari dell’inglese come foot-> feet condizione la
vocale radicale rimanendo solo il morfema lessicale.
 Metafonesi – soprattutto nei dialetti meridionali il valore grammaticale che segnala la differenza tra
maschile e femminile. Es: maschile-> nero – neru (vocale “e” medio-bassa/ vocale “u” alta) – niru
(“i” diventa alta, assimilando l’altezza della “u”) – nirj. Femminile-> nera – nera – nerj.
Dissimilazione suoni inizialmente uguali finiscono per differenziarsi in diacronia, tra suoni non contigui
ma sonoranti e a distanza. Es: peregrinum – pellegrino/arborem – albero dove [r] [r] (vibrante + vibrante)
diventano [l] [r] (laterale + vibrante).

Cancellazione scomparsa di un suono che interessa le vocali soprattutto per l’esposizione in posizioni
estremamente deboli. Può coinvolgere consonanti.

 Di vocali all’interno della parola e subito dopo l’accento. Es: calidum – caldo/dominam – donna.
 Di una sibilante nella formazione di nasale + sibilante. Es: mensem – mese/ insulam – isola.

Inserzione presenza di un suono che non dovrebbe esserci. Fenomeno non frequente. Es: inserimento di
vocale in psicologo – pissicologo/ per sciogliere il suono sm in baptismus – battesimo/ comparsa della “e”
ad inizio di parola, non c’era in latino ma presenta in spagnolo come escuela.

Coalescenza suoni che si uniscono dando vita ad un unico suono che preserva elementi di entrambi i
suoni di partenza. Può coinvolgere vocali. Es: alium – aglio o filium – figlio-> da laterale alveolare e
approssimante palatale [lj] a laterale palatale [λ], ovvero conserva il modo del primo e il luogo del secondo.

Scissione suoni che si scinde in due elementi diversi, come la dittongazione di “i” brevi e “o” brevi. Es:
pedem – piede [ɛ] a [jɛ]/ bonum – buono [ɔ] a [wɔ]-> vocale che diventa una sequenza di approssimante +
vocale in base al suono di partenza.

Metatesi inversione di posizione di due suoni all’interno di una parola. È un fenomeno perlopiù
marginale. Es: formaticum – francese fromage.

Le parole di trafila dotta conservano le forme latine, mentre le parole di trafila popolare no.

Latino Trafila dotta Trafila popolare


pausam pausa posa
nuerum numero novero
Mutamento fonologico:

lacum – lago  dal punto di vista fonologico non cambia nulla, perché il suono [g] era già presenta nel
sistema latino di partenza, cambia solo a livello fonetico nella pronuncia.

Moto fonologico

 Fonologizzazione – aumenta il repertorio di fonemi di una lingua


 Defonologizzazione – diminuisce il repertorio di fonemi di una lingua
 Rifonologizzazione – crea nuovi suoni come valori distintivi di una lingua. Es: filium – figlio il
fonema [λ] non esisteva in latino, viene prodotto dalla codesinenza in italiano.
o Si possono avere fonemi come varianti combinatori e una conseguente perdita della
distinzione tra vocali brevi e lunghe. In italiano la lunghezza fonetica è prevedibile dal
contesto
o Passaggio dall’indoeuropeo al germanico comune.

Legge di Grimm prima rotazione consonantica. Nelle forme indoeuropee si hanno suoni occlusivi come:

[t] di tieyer (tie)


[d] di dekm (deca)
[dh] di dhwöf (porta)

In inglese in partenza tre suoni diversi sono diventati in arrivo tre suoni diversi, cambiando il tratto che
opponeva i suoni. T e D si opponevano fra sorda e sonora e poi tra occlusiva e fricativa, mentre D e H tutto
il contrario:
[ꝋ] di three – occlusiva che diventa fricativa
[t] di ten
[d] di door
Tu-> thou/two-> two/dha-> do
Kom-> hom (occlusive fricative)/ gen-> knee/ ghost-> guest

Eccezioni ci sono suoni che in un certo contesto non ci aspettiamo strutturali. Es: paradigma del verbo
suonare:

suono [wo]
suoniamo [wo] – analogico = non è motivato il mutamento fonetico
soniamo [o] – per livellamento.

Mutamento morfologico:

Analogia altera gli esiti fonetici che ci aspettiamo. Es: 1° singolare di andare imperfetto – andato.

Grammaticalizzazione altera la tipologia del morfema, cioè rende un morfema lessicale (parola dal
significato autonomo) in un morfema grammaticale.

Happer & Traugott “Cline of grammatics” piano inclinato che si spiega in quattro fasi:

1. Content item – parte della parola che ha un significato autonomo


2. Grammatical word – parola che ha ancora un certo grado di autonomia non è legata ad un altro
morfema lessicale
3. Clitico
4. Inflectional affix

Formazione del suffisso derivativo -MENTE che permette di formare i verbi dall’aggettivo e che si unisce alla
forma femminile dell’aggettivo: obstinata (aggettivo) | mente (ancora parola autonoma, ablativo) perfer.

Quello che era il significato autonomo delle parole (mente = mente di un essere umano) oggi si è perso
perché è diventato un affisso grammaticale (inflectional affix) di tipo derivativo che serve a formare avverbi
a partire da aggettivi. Spesso deve quindi essere attaccato all’aggettivo al quale si riferisce per formare
l’avverbio. Non è più un elemento mobile autonomo e attraversa tutte e quattro le fasi progressivamente.

Caso dell’ausiliare avere il latino non aveva l’ausiliare avere ma aveva il verbo habere (possedere, valore
autonomo). Es: qui habet (sintagma verbale) coctum cibum (sintagma nominale)-> coctum è diventato una
parola grammaticale, rielaborato come parte di un sintagma verbale.

Mario ha studiato il latino – quindi oggi sa il latino


Mario studiò il latino – avendolo studiato in passato, adesso non la sa più come prima = evento che si è
concluso nel passato e che non ha necessariamente ripercussioni al momento dell’enunciazione.

Caso in cui si parte da un costrutto infinito + verbo avere  hoc dicere habemus – a partire da un costrutto
si è originato il futuro.

I morfemi o,ai,a sono forme del verbo avere che si sono fissate all’infinito.

Caso di passum (passo)  parola latina con un significato autonomo che oggi viene applicato anche nel
francese “je ne sais pas”. Adesso non ha più valore originale, il suo compito è quello di rafforzare il valore di
negazione.

Ciclo di Jespersen fenomeno di grammaticalizzazione, prende il nome dal linguista danese che aveva
notato la ciclicità di parole autonome che diventano rafforzativi e poi negazioni, infine hanno bisogno di un
elemento che le rafforzi. Es: briciola-> “mica” (piccola quantità) viene trasformato in rafforzativo (non ti
piace mica?) e nel parlato italiano viene usato come negazione (mica male!). In toscano “punti” è
rafforzativo della negazione (non c’era punta gente) e poi negazione autonoma (non c’erano punti), quindi
è stata grammaticalizzata.

Rianalisi spostamento e creazione di un confine di morfema che prima non c’era. Es: humburger indicava
gli abitanti di Amburgo, morfema derivativo + morfema lessicale -> ham = prosciutto e burger = panino –
creazione di confine di morfema. Uso di -OPOLI in italiano e -GATE in USA -> legato allo scandalo, per gli
USA nel 1972 con Watergate a alle intercettazioni.

Mutamenti lessicali:

la creazione di una nuova parola consiste nell’avere un nuovo referente. Può avvenire per contatto con
altre lingue, tramite un prestito o interferenza, ovvero vecchie parole che hanno preso da antiche lingue
come il meridione ha fatto con l’arabo. Tramite anche lessicalizzazione di sigle o parole macedonia, ovvero
amalgami di parole che creano creatività verbale come ad esempio “apericena” che però è diverso dal
composto che invece è formato da due morfemi lessicali completi.

La scomparsa di una parola dipende dalla scomparsa di chi la pronuncia, dall’oggetto a cui si riferiva e con il
tempo questo processo si sta accelerando tanto che negli ultimi anni si ha un impoverimento della lingua
che da 144 mila parole (vocabolario) i parlanti ne usufruiscono solo 5 mila.

Ad un medesimo significante viene assunto un nuovo significato, attraverso slittamenti di significato per
rapporti di somiglianza:

o Metafora – capo ovvero testa ovvero persona più importante del gruppo; sinistra considerata come
parte negativa è ora oscuro, misterioso.
o Metonimia – bucca – guancia-> ha un rapporto di contiguità di vicinanza fisica; cocsa – anca->
coscia.
o Paraetimologia – somiglianza tra significati: hamburger
o Ellissi – contiguità tra significati, tra parole che ricorrono frequentemente insieme tanto che una
delle due può essere omessa ed essere sostituita dall’altra. Es: giornale quotidiano –
quotidiano/sedia a sdraio – sdraio.

Il contatto con lingue straniere porta al calco semantico che provoca una polisemia indotta da un modello
straniero. Es: falchi e colombe sono rispettivamente oltranzisti e moderati e ciò proviene dal modello
inglese “Hawks” e “Doves” che ricorda la guerra in Vietnam per cui gli Hawks erano favorevoli, mentre i
Doves no.

Mutamenti strutturali alterano le categorie linguistiche, causando mutamenti fonologici che hanno
carattere strutturale e che creano distinzioni all’interno della lingua.
Es: il perfetto latino è diventato il passato remoto e anche il passato prossimo italiano; così come i generi
maschile femminile e neutro latini in italiano sono solo maschile e femminile.

Mutamenti non strutturali riguardano il mutamento fonetico che non ha carattere strutturale e non hanno
ricaduta all’interno del sistema.
Es: in latino “bianco” si differenziava tra quello opaco “albus” e quello brillante “candidus”; così come il
“Nero” si differenziava tra opaco “ater” e brillante “niger” in italiano il tratto della brillantezza è andato
perso.

Sociolinguistica si occupa delle varianti linguistiche all’interno di una comunità e risponde a:

 Scolarizzazione
 Età
 Genere
Labov – studioso dell’est Europa, studiò le relazioni tra fenomeni linguistici e contesti sociali negli anni ’60.
Facendo studi sulla pronuncia newyorkese, scopre che varia in base alle classi sociali dei parlanti.

 Le classi medioalte tendono alla pronuncia occlusiva, mentre quando leggono un testo scritto
tendono alla pronuncia fricativa seguendo una forma standardizzata
 Le classi basse tendono alla pronuncia fricativa

Variazione può essere:

 Diafasica – ha esiti diversi in base al contesto


 Diafrastica – ha esiti diversi in base ai diversi stati sociali

L’atteggiamento linguistico di oggi, nella nostra società dinamica, nasce da una consapevolezza esplicita nei
confronti delle forme sbagliate ma come tratto di appartenenza. Es: il suono “da” per “the” che all’interno
di un gruppo mette in risalto l’appartenenza a questo.

Opposizione differenza tra generi maschile e femminile (fattore di genere) studio della pronuncia a
Detroit, dove all’interno di una classe sociale le donne tendevano a dire la forma corretta fricativa <-ing> [ ɳ]
forma standard usata dalle donne, [n] meno prestigiosa. In Italia in famiglia le donne privilegiano l’italiano
al dialetto, questo perché quando i parlanti avvertono l’esistenza di forme più prestigiose queste sono più
usate dalle donne. La madre, nella cura dei loro figli, cerca d’insegnare loro la giusta lingua per metterli in
grado di aver successo.

Fattore di età ed etnia si basa sulla centralizzazione di dittonghi, ovvero quando la vocale più alta tende
verso il centro dell’apparato fonatorio. Es: “right” [‘rait]. L’utilizzo di questi dipende dal senso di
appartenenza al luogo per cui certe forme vengono viste come positive per alcuni mentre negative per
altri.

 Eredi dei primi coloni inglesi – benestanti, legati al mondo agricolo. In questa comunità gli anziani
usano i dittonghi, gli adulti poco, i giovani no. Gli anziani hanno un forte senso di appartenenza,
mentre i giovani vogliono andare via, per cui abbandonano la caratteristica linguistica del paese.
 Comunità d’immigrati – portoghesi pescatori. In questa comunità gli anziani non usano dittonghi,
gli adulti sono coloro che li usano di più e i giovani li usano. Questo perché gli anziani sono poco
integrati mentre i giovani vanno sempre più integrandosi, acquisendo la caratteristica linguistica.
 Nativi americani – confinati. In questa comunità i giovani usano molto più i dittonghi e più degli
anziani inglesi, questo perché hanno un forte senso di appartenenza proveniente dal modello dei
ricchi e da una prospettiva sociale chiusa che rende la caratteristica linguistica del paese una
variante di prestigio ai loro occhi.

Onomastica parte della linguistica che si occupa di nomi propri ma riguarda vicende storiche:

 Toponimi di luogo, tendono a conservarsi a lungo (stato etrusco e germanico)


 Antonimi di persona

I nomi propri di persona sono gli unici segni attribuibili ad un referente.

In generale i nomi propri sono indici per cui un parlante e l’interlocutore condividono un medesimo
contesto e fanno riferimento ad un singolo elemento – iconicità rovesciata nella credenza del parlante
dando un nome ad una persona le si augurano certe cose (fortuna, felicità…), instaurando un legame tra
parola e cosa – nome omen.

I nomi comuni non danno specificità, ma parlano di una classe.

Non è possibile confrontare nomi propri con comuni attraverso la congiunzione “e”, perciò bisogna:
nome comune + nome comune
nome comune + nome proprio
Es: Publio (nome proprio) Ovidio (appartenenza alla casa) Nasone (caratteristica fisica o imprese compiute)
> tipico nome del cittadino libero.

Con l’Editto di Caracalla questo sistema viene messo in crisi, in quanto la cittadinanza viene data a tutti che
sono ormai cittadini liberi. Nel 1200 compare la formula del nome e cognome. Con il Concilio di Trento a
metà del ‘500 la Chiesa chiese di registrare il cognome per evitare matrimoni con consanguinei.

Potrebbero piacerti anche