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Linguistica

Il linguaggio è un’abilità creativa unicamente umana. Esso è regolato da regole grammaticali, che sono
come dei filtri di combinazioni di elementi primitivi (parole), che determinano la composizione di
enunciati e frasi.

La grammatica ci dice quali combinazioni di parole possiamo accettare e quali no.

Con lo studio della ‘Filosofia del linguaggio’ si è avuto modo di varare tutte le possibili ipotesi in merito

alle origini del linguaggio.

Le più discusse sono:

1) Il linguaggio è un prodotto sociale

N.B
2) Il linguaggio è una sorta di organo biologico
La scienze del linguaggio è una scienza esatta.

Linguaggio Lingua

Linguaggio: abilità comunicativa complessa che caratterizza ogni lingua

Lingua: manifestazione particolare di questa abilità.

ORIGINE DEL LINGUAGGIO: prodotto sociale

Alla base della prima ipotesi: c’è l’assunto che il linguaggio sia di fatto, il prodotto delle abilità cognitive
generali degli uomini.

Così come gli uomini si possono accordare tra di loro per istituire, ad esempio, determinate forme di
governo, così si accordano per utilizzare una determinata lingua.

Tuttavia, se il linguaggio è un prodotto socio-culturale, allora ci potremmo aspettare che il grado di


complessità di una lingua specifica sia correlato al grado di complessità della società che la parla.

Eppure NON è così:

• Popolazioni completamente isolate e con un livello di organizzazione sociale comparabile a quello


dell’età della pietra parlano lingue con complessità analoga a quella delle lingue parlate nelle società
industrializzate.

P.s= Ricorda che per complessità ci si riferisce a più domini. Ad esempio, il cinese è una lingua
isolante, ossia priva di morfologia, ma a livello lessicale è tra le più complesse.

Il grado di complessità può quindi variare in funzione di:

Suoni-> Fonologia-Fonetica

Frasi -> Morfologia-Sintassi

Parole-> Pragmatica

Significati-> Semantica

COME SI MISURA LA ‘COMPLESSITÀ’ DI UNA LINGUA?

Bisogna considerare diversi livelli e le specifiche


regole che caratterizzano ciascuno di essi.

Morfosintassi

Fonetica: studio degli aspetti connessi alla produzione di foni- i suoni del linguaggio e le loro proprietà
fisiche.

Fonologia: studio del modo in cui i foni interagiscono all’interno di una lingua, come si combinano…

Ognuno di noi possiede un magazzino di suoni, i quali vengono combinati per formare parole.

Ci sono differenti combinazioni e tipologie di suoni ammessi.

L’abilità di dividere in sillabe le parole è insita nell’essere umano sin dalla tenerissima età.

(Punto di transizione sillabica)

C: consonate

V: vocale

cv-cv-cv: pa-ta-ta = inventario semplice di parole, le più semplici e quelle che vengono prodotte per
prime durante la lallazione (quelle più semplici per chi ha qualche deficit)

cvc-cvc-cv: can-tan-te = parole formate da sillabe di tipo diverso

v-cvc-cv: u-ten-te = ancora più complesso

Morfologia: studio della struttura/forma delle parole

Come combinare i suoni e quale forma le parole possono avere

Es. morfologia isolante (Cinese) VS lingue polisintetiche (Mohawk)


> complex morfologica

Formazione parole:
< complex sintattica

Sintassi: studio di come le parole si combinano tra loro per formare delle frasi.

Ad una minor complessità morfologica corrisponde una maggiore complessità sintattica.

Questo perché c’è una stretta relazione fra sintassi e morfologia e spesso la posizione che una parola
occupa all’interno di una frase determina la forma che quella parola deve avere all’interno di una frase.

La forma differente dipende dalla funzione sintattica che hanno le parole. Es.

◦ Io adoro te

◦Tu adori me

Io: quando soggetto

Me: complemento oggetto => indicano la stessa cosa cioè “il parlante”, ma cambia la funzione quindi
cambia la parola che lo esprime

Anche il verbo cambia, ha una forma differente anche se dice la stessa cosa nella relazione degli
individui.

Il parlante è l’agente dell’evento

L’agente non è il parlante, ma è l’ascoltatore.

In italiano ci sono un minor numero di regole sintattiche che ci limitano nella formazione delle frasi,
perchè il significato viene codificato dalla morfologia e dalla forma delle parole.

Es. morfologia verbale che ci aiuta a capire qual è il soggetto, cosa che non succede in inglese perché
il verbo non cambia quindi il soggetto deve sempre stare prima del verbo.

Tuttavia, in inglese ci sono regole sintattiche più rigide: il soggetto deve sempre precedere il verbo, a
riprova dello stretto legame tra morfologia e sintassi.

Ci sono perciò casi in cui le forme delle parole dipendono dal contesto sintattico, ossia sono le regole
sintattiche che ordinano alle parole di assumere una certa forma, altri casi invece in cui il parlante
sceglie la forma delle parole per esprimere ciò che vuole.

Io potrei dire sia ‘io ammiro gli studenti' e sia ‘io ammiro lo studente’

Lingue come il tedesco: gli articoli sono o all’accusativo o al nominativo => vedo già la differenza della
funzione della parola.

Es.

◦Der Mann verfolgt den Hund

◦Der Hund verfolgt den Mann

Semantica: studio del significato delle parole e delle frasi, sono regole che ci permettono di generare il
significato attraverso la combinazione di parole.

Nella mia memoria ho le parole e i loro significati, poi combino le parole con i loro significati per

creare le frasi con un preciso significato

Pragmatica: studio di come gli individui interpretano le parole e le frasi in un contesto e come queste
risultino appropriate in un contesto e non in un altro.

Come usare le parole o le forme di parole in determinati contesti, come lo status sociale (dare del

Lei, del Voi, usare il condizionale e verbo modale)

Regole precise, non posso violare queste regole. I linguisti, hanno descritto le regole del
funzionamento acontestuale (che non tiene conto del contesto in cui viene usato) ma anche le regole
che ci dicono come gli enunciati debbano essere usati nei diversi contesti (Grayss, maggiore
esponente di questa disciplina e filosofo americano).

Questo studioso ha trovato alcune della massime universali conversazionali ( principi universali che
tutti gli umani seguono mentre sono impegnati in uno scambio conversazionale comunicativo).

Come: sii cooperativo, dì sempre a verità, sii conciso, ecc

Parole che fanno riferimento a regole delle proprietà del linguaggio ma anche alle competenze degli
uomini a usare queste regole.

Un’ulteriore conferma al fatto che non si possa parlare di complessità linguistica in generale (oltre al
rapporto lingua-società), c’è anche il fatto che

• I bambini che acquisiscono il linguaggio lo acquisiscono tutti con le medesime tempo e questo dato
è inconciliabile con l’ipotesi che ci siano lingue più complesse e meno complesse.

• Ci si aspetterebbe che ci siano lingue che permettano di trasmettere contenuti più ricchi, astratti e

complessi rispetto ad altre ma ciò non è vero, l’unica cosa che cambia è che una lingua possa avere o
meno le parole per esprimerlo ma il lessico si può sempre ampliare => variabilità lessicale.

Ci sono domini più o meno ricchi, ma non è una differenza di complessità di principio, basta crearla o
prenderla da un’altra lingua (facendo spread).

ad esempio stop, stoppato… è una parola importata dall’inglese che viola anche una regola
dell’italiano per la quale non si può far terminare una frase con un suono occlusivo).

Quando sono state inventate le automobili e sono stati inventati i posti dove metterle per non far
prendere loro freddo, è stata presa una parola dal francese (garage). Durante il fascismo poi è stato
ripulito il linguaggio per lasciare solo parole italiane e garage è stato sostituito da autorimessa. Quindi
quando una parola manca: o la importiamo, oppure uniamo due parole per formarne una terza.

• Potremmo allora pensare che se il linguaggio è un prodotto culturale allora le varie popolazioni che
parlano lingue diverse dovrebbero anche pensare in modo diverso, ma questo è stato ampiamente
discusso e smentito nel corso di filosofia del linguaggio. (Inuit/Piraha)

Abbiamo detto che la morfologia riguarda la forma delle parole; le parole possono essere scomposte in
più pezzi + piccoli dotati di significato, questi pezzettini sono chiamati morfemi

unità minime dotate di significato e possono essere scomponibili o meno

La morfologia riguarda la forma delle lessico. L’idea è che le parole possano essere scomposte in unità
più piccole, i morfemi, che sono le unità minime dotate di significato.

CANTAVA:

◦-cant- mi dice la relazione cioè che qualcuno canta e qualcosa è cantato; ◦

◦-av- non puà essere usata in isolamento, è un morfema temporale; ◦

◦-a- è il morfema che mi dice chi stava facendo l’azione del cantare e succede nel mondo reale
(non uso il condizionale).

Non tutte le parole sono scomponibili. Ad esempio bar, coca cola, non lo sono e non sono isolabili.

ORIGINE DEL LINGUAGGIO: organo biologico

Un’altra ipotesi è quella di considerare il linguaggio come una funzione organica e che quindi:

• Abbia delle caratteristiche tipiche di altre funzioni organiche, come l’iniziare a camminare, o il tessere
la tela per un ragno.

• Abbia una componente innata e non derivi solo e unicamente dall’esperienza.

• E quindi che questa facoltà sia comparsa «a un certo punto» nella storia evolutiva dell’homo sapiens.

Inoltre se il linguaggio è simile ad una funzione organica, tutti gli individui dovrebbero condividere la
stessa lingua: mentre nel mondo sono parlate circa 7151 lingue, l’effettiva diversità tra le lingue deve
essere spiegata!

Distribuzione all’interno della frase:

lingue

SOV: soggetto-oggetto-verbo

SVO: soggetto-verbo-oggetto

VSO: verbo-soggetto-oggetto

VOS: verbo-oggetto-soggetto

OVS: oggetto-verbo-soggetto

OSV: oggetto-soggetto-verbo

Lingue instabili : non hanno un

ordine fisso.

Distribuzione eterogenea, le proprietà delle lingue non dipendono dall’avere una storia comune del
linguaggio e non dipendono dal fatto che ci sia stato un contatto sociale: per esempio il turco è una
lingua SOV, sicuramente il turco ha avuto una storia comune con l’italiano molto di più che con le
lingue parlate in groenlandia.

La distribuzione delle lingue suggerisce che le proprietà non sono un prodotto socio culturale, perché
altrimenti ci aspetteremmo una distribuzione molto più omogenea.

Chomsky:

• Lingua E (definizione estensionale): insieme delle frasi di quella lingua, insieme degli enunciati.

• Lingua I (definizione intensionale): insieme delle regole sintattiche che sono alla base della
formazione delle frasi di quella lingua.

Osserva che dal punto di vista della lingua I, le lingue sono molto simili: un insieme di regole universali
condivise da tutte le lingue parlate nel mondo.

Ruolo che gioca l’ambiente nel determinare i parametri, variazioni parametriche.

Variazioni parametriche delle regole del linguaggio

- hanno natura ricorsiva

- generano strutture gerarchiche

Ciò ci permette di produrre e comprendere un numero potenzialmente finito di enunciati e spiegare la


variabilità linguistica.

L’ANIMALE PARLANTE cap 1-2

L’abilità di comunicare può essere definita come naturale,


perché si sviluppa negli esseri umani senza che che ci sia
alcuna istruzione esplicita.

Il fatto che solo gli esseri umani esposti al linguaggio lo


acquisiscano, rende il linguaggio una caratteristica
biologica della nostra specie.

E il fatto che una lingua si impari perfettamente e senza


sforzi nei primi anni di vita, e mai in maniera perfetta,
nonostante i grandi sforzi, da adulti, fa del linguaggio una
disposizione genetica che sparisce ad un certo punto dello
sviluppo, come spariscono i denti da latte.

Nelle lingue suoni e significati sono arbitrari, il linguaggio specifico a cui si è esposti va imparato, ma
questo apprendimento avviene senza che ce ne rendiamo conto nei primi anni di vita. Le lingue non
differiscono fra loro solo per il lessico, ma anche per le strutture grammaticali diversese qualcuno
imparasse tutte le parole dell'inglese ma tentasse di disporle secondo la sintassi e la fonologia
dell'italiano, otterrebbe un sistema che potremmo chiamare "inglese maccheronico".

Una lingua è costituita sia da un lessico, sia da strutture precise che ne formano la grammatica.

Sotto le grandi differenze superficiali che si possono notare tra lingue diverse, le strutture grammaticali
sono simili se analizzate in modo sufficientemente astratto: dei principi universali le governano, sia che
si tratti di struttura interna alle parole o alle frasi, sia che si tratti di struttura che governa i suoni o i
significati

La grammatica è infatti un sistema formale in cui alcune strutture sono ammesse e altre no.

Una lingua può cioè ‘scegliere’ fra le strutture grammaticali universalmente possibili.

Una caratteristica fondamentale del linguaggio umano è quella di formare frasi nuove e mai sentite. Il
linguaggio umano è creativo e la creatività si basa su un meccanismo computazionale che è assente
dalla comunicazione animale.

IL LINGUAGGIO UMANO è perciò, UN SISTEMA FORMALE CHE HA UNA BASE BIOLOGICA. In questi
ultimi anni è stato ipotizzato che nel nostro cervello ci sia un modulo del linguaggio, ovvero un
meccanismo responsabile di tutti gli aspetti del linguaggio. Il linguaggio non è altro che il risultato di
entità fisiologiche del cervello.

FONETICA I suoni linguistici

La lingua è costituita da suoni che uniamo per formare parole.

La disciplina che studia le proprietà dei suoni è la fonetica.

La fonologia invece studia come i suoni vengono fusi, percepiti o combinati e si occupa di

dare un modello di come i suoni linguistici vengono immagazzinati nella nostra mente (inventario
linguistico all’interno del nostro magazzino mentale)

In una lingua il canale di trasmissione delle informazioni è il suono= perturbazione, variazioni nella
pressione dell'aria, acqua o un altro materiale (mezzo), causate da movimenti della sorgente del suono
(un corpo in movimento).

Il suono nasce da variazioni di pressione nel mezzo di propagazione


che si trova tra la fonte e l’ascoltatore. Queste variazioni di
pressione sono causate dalla sorgente del suono, ovvero da un
corpo in vibrazione.

Come si propaga la perturbazione?

Percuotendo il diapason il movimento urta una molecola


d’aria (t1), questa si muove ed urta quella che le sta vicino (t2)
e così via. Le molecole dopo essersi messe in movimento
oscillano e tornano alla posizione iniziale.

A muoversi perciò non è un’unica particella che passa dalla


fonte all’ascoltatore, ma c’è una trasmissione di questo
movimento di particella in particella.

Il suono si muove con un movimento simile a quello delle onde, parliamo infatti di onde sonore.

Il suono :

◦è un’onda elastica
◦ha bisogno di un mezzo di propagazione (aria, acqua,
metalli, ecc.) e di una sorgente (corpo vibrante)

◦si propaga longitudinalmente.

Il movimento del suono può essere studiato con un


oscillogramma.

Nell’oscillogramma rappresentiamo la variazione di pressione


nel tempo:

• Condensazione: valore di pressione alto (particelle del mezzo


molto vicine)

• Rarefazione: valore di pressione basso (particelle del mezzo


ben distribuite)

La variazione di pressione non è del suono ma del mezzo, il suono infatti è una perturbazione di un
mezzo di trasmissione.

A livello fisico il suono è caratterizzato da alcune proprietà:

• Periodo (T): è l’intervallo di tempo necessario per compiere una vibrazione completa; si misura in
secondi o millisecondi

• Lunghezza (λ): è la distanza tra due creste o tra due ventri di un’onda; si misura in metri.

• Ampiezza: spostamento massimo delle molecole d’aria rispetto alla condizione d’equilibrio; si misura
in decibel.

• Velocità di propagazione nel mezzo: dipende dalla sua densità, più il mezzo è denso più il suono si
propaga velocemente.

• Frequenza (f): è il numero di vibrazioni complete che avvengono in un secondo; si misura in hertz (Hz)
e determina la proprietà percettiva che distingue i suoni acuti (frequenze alte) da quelli gravi (frequenze
più basse). Intervallo di frequenze udibili dall’uomo: 20-20 000 Hz.

Se il numero di vibrazioni complete in un secondo è basso, si dice che la frequenza è bassa.

Non c’entra quanto è lunga l’onda, ma conta il numero in cui accade un certo evento in un secondo, in
questo caso il numero di volte che le particelle si muovono in un secondo.

• Intensità: permette di distinguere i suoni deboli da quelli forti; si misura in

decibel

La velocità del suono dipende dal mezzo nel quale si trasmette il suono, i mezzi con densità maggiore
rendono la velocità di propagazione del suono maggiore.

La velocità varia in base al mezzo, più è denso il mezzo più veloce si propaga.

Nell’aria: 340 m/s Nell’acqua: 1500 m/s Nell’acciaio 5000 m/s .

Il suono non si propaga mai nel vuoto, laddove non c’è mezzo un mezzo da perturbare non c’è suono
(Boyle).

I suoni linguistici sono suoni o perturbazioni dell’aria che per noi sono informativi.

La fonte dei suoni linguistici è l’apparato fonatorio, o tratto vocale.

Cosa succede quando pronunciamo un suono?

Quando pronunciamo un suono l’aria che sta nei polmoni passa nella trachea, tra le pliche muscolari
(corde vocali, che si trovano nella glottide) che si mettono in movimento, sale nell’epiglottide, nella
faringe.

In seguito entra nella cavità nasale ed orale.

Qui il suo passaggio può essere ostruito e modulato:

• Quando si alza il velum (palato molle) si impedisce all’aria di


passare nella cavità nasale

• Se si tiene il velum abbassato e si chiudono le labbra l’aria


può uscire solo dalle narici

I suoni linguistici sono prodotti dall’apparato fonatorio.

FONETICA = studia le caratteristiche fisiche dei suoni linguistici.

Si divide in:

• Articolatoria: studia come vengono prodotti i suoni linguistici e li classifica

◦Ad esempio, ci dice che quando produciamo la M, blocchiamo il passaggio dell’aria dalla bocca
e creiamo un muro così che l’aria esca dal naso.

• Acustica: studia le proprietà fisiche dei suoni linguistici (non sono semplici e puri), descrive come
analizzare suoni e frequenze.

◦Ci dice quali caratteristiche spettrali hanno i suoni. Quando emetto un suono linguistico
compongo una serie di altre perturbazioni differenti (tante onde con frequenze )

• Percettiva: studia come vengono percepiti i suoni linguistici

◦La differenza impercettibile nella produzione di In nave ed ‘Im’ barca

FONOLOGIA= studia:

• La rappresentazione mentale dei suoni linguistici

• Le conoscenze sistematiche che dicono al parlante come fondere i suoni e come pronunciare le
parole

• La struttura e le proprietà delle sequenze di suoni linguistici

• Quali sequenze di suoni sono ammissibili e quali no in una data lingua (regole fonotattiche):

(buona parola non legale)


sedia vs sbedia vs *bsdia

(l‘asterisco * indica che l‘espressione non è grammaticale).

La fonologia ci dice inoltre come pronunciare una parola quando è seguita da una determinata parola

I SUONI

Per poter parlare dobbiamo saper articolare i suoni della nostra lingua.

Per saper comprendere ciò che ci viene detto dobbiamo saper riconoscere tali suoni e saperli
interpretare.

Questa capacità non è trivale: i suoni sono percepiti in un ambiente ricco di altri segnali acustici.
Inoltre si susseguono in un flusso ininterrotto: tra le parole di un enunciato non ci sono pause.

Continuum= non c’è una transizione netta tra le parole di un dato enunciato.

Percezione categoriale: siamo in grado di distinguere i suoni in unità discrete.

Fenomeno importante perché senza di esso il linguaggio non potrebbe avere un insieme finito di
fonemi che formano l’inventario da cui ogni lingua attinge per costruire il suo vocabolario (ricordate la
distinzione introdotta nella lezione sull’evoluzione del linguaggio fra fonemi, entità astratte, che
possono corrispondere a entità fisiche diverse, i foni).

Sapere come i suoni vengono prodotti guida il processo del loro riconoscimento.

• Un suono non ha un significato, ma determina il significato di una parola quando è distintivo.

Le coppie minime si distinguono solamente per un


segmento; questo concetto riguarda la parola, ma può
riguardare anche coppie di espressioni o di frasi.

• Gli allofoni, invece, sono suoni che non hanno funzione distintiva: si tratta di diverse rappresentazioni
fonetiche dello stesso fonema

Cambia solo la pronuncia ma Due suoni che non si distinguono tra loro per

non il significato della parola.


funzione distintiva= FONI

Se i foni hanno funzione distintiva, ovvero creano

una differenza di significato tra due parole= FONEMI


L’inventario fonologico di
una lingua è l’insieme dei suoni che hanno funzione
distintiva in quella lingua (30 in italiano).

La rappresentazione mentale di tali suoni (fonemi) è parte della competenza fonologica del parlante.

• Entità fisica: [f] [o] [n] [o]

• Segmento sonoro distintivo: /f/ /o/ /n/ /e/ /m/ /a/

FONETICA ARTICOLATORIA

Come abbiamo detto precedentemente, la fonetica articolatoria studia il modo in cui vengono prodotti i
suoni.

Possiamo classificare i suoni linguistici sulla base di:

1. Sonorità

2. Modo di articolazione
3. Punto di articolazione

Sonorità

I suoni possono essere:

• Sordi: durante la produzione di questi suoni non vibrano i fasci muscolari (aria ostruita)

• Sonori: durante la produzione di questi suoni le corde vocali si avvicinano e vibrano. L’aria esce
relativamente liberamente dalla cavità orale. La v di vaso è un esempio di consonante sonora.

organo che contiene le corde vocali


I suoni inoltre vengono classificati come vocalici e consonantici.

Le VOCALI sono suoni molto sonori, prodotti modificando la forma del tratto vocale, che rimane più o
meno aperto durante la loro produzione. Il flusso d’aria è relativamente libero.

Esistono due parametri posizionali per descrivere la posizione della lingua:

• Posizione verticale: alta, media, bassa

• Posizione orizzontale: anteriore, centrale, posteriore

/i/: anteriore, alta, ovvero l’aria fluisce nella bocca mentre la parte
anteriore della lingua è in posizione alta

/u/: posteriore

Anche la configurazione delle labbra concorre alla modulazione delle vocali:

• Distese (i)

• Arrotondate (u)

Quindi le vocali si distinguono per posizione della lingua e configurazione delle labbra.

*La voce rounded riguarda la posizione delle labbra.

Le CONSONANTI possono essere suoni sordi o sonori (comunque meno sonori delle vocali).

Vengono prodotte restringendo o chiudendo una parte del tratto vocale.

La maggior parte delle consonanti non può essere prodotta senza una vocale. I tessuti molli assorbono
alcune perturbazioni con alcune frequenze, altre le risuonano (denti, apparato duro).

Il passaggio dell’aria può essere costretto dai fasci muscolari oppure libero:

• Quando i fasci sono vicini vibrano e producono delle vibrazione dell’aria

• Quando le corde sono allargate l’aria passa e non si creano le vibrazioni armoniche

Il flusso dell’aria può venir modulato oppure bloccato.

Modo di articolazione

Possiamo catalogare un suono considerando le sue proprietà articolatorie:

• Suoni nasali: suoni prodotti quando l’aria può passare nella cavità nasale ed uscire dalle narici
(velum abbassato). Il passaggio dell’aria è bloccato nella cavità orale (in modi differenti: labbra, lingua)

Esempi: mare, invidia

• Suoni orali (velari): suoni prodotti quando l’aria non passa nella cavità nasale (velum alzato)

◦Suoni occlusivi: durante la produzione di questi suoni i due articolatori si toccano e, per un
istante, bloccano completamente il flusso d’aria per poi separarsi istantaneamente. (Alzo i velum
che impedisce all’aria di passare dal naso)

Esempi: pino, cara, dino, tino, bara

◦Suoni fricativi: durante la produzione di questi suoni i due articolatori sono estremamente
ravvicinati e lasciano un piccolissimo passaggio per l’aria producendo una turbolenza.

Esempi: favore, sapore, sbaglio, scena

◦Suoni affricativi: suoni che iniziano con un’occlusione e continuano con un restringimento del
passaggio dell’aria (processo fricativo).

Esempi: pizza, zero->[ts],[ds].

Durante la produzione di un suono affricativo blocchiamo il passaggio dell’aria ed allontaniamo gli


articolatori tenendo il passaggio costretto (pazzo, Zorro)

Punto di articolazione
Le vibrazioni generate dal movimento delle corde vocali vengono modulate: si generano delle vibrazioni
complesse formate da tante vibrazioni componenti.

Il movimento della lingua attenua alcune frequenze che compongono il suono e ne esalta altre:

• Suoni labiodentali: abbiamo questi suoni quando il labbro inferiore tocca l’arcata dentale
superiore.

Esempio: fino, vino

• Suoni bilabiale: abbiamo questi suoni quando si toccano le due labbra.

Esempio: pino

• Suoni velari: abbiamo questi suoni quando il passaggio dell’aria è ostruito perché la lingua si
posiziona sul velum.

Esempio: cara

• Suoni alveolari: abbiamo questi suoni quando non c’è blocco, ma ostruzione; la lingua si posiziona
sulla parte del palato compresa tra la zona velare e quella dentale.

Esempio: sole

• Suoni dentali: questi suoni si realizzano con una chiusura tra la punta della lingua e gli incisivi
superiori.

Esempio: tino

I suoni dunque possono distinguersi per sonorità,


modo e punto di articolazione.

Il tipico suono che produciamo quando siamo


incerti lo emettiamo con lingua in mezzo.

Un cluster consonantico è una sequenza di suoni


difficile da padroneggiare per i bambini che hanno
dei disturbi linguistici.

Fonetica articolatoria

Ricapitolando

I suoni linguistici si distinguono per

Sonorità: sordi, sonori.

punto di articolazione: bilabiale,

labiodentale, dentale, alveolare,

palatale, velare.

modo di articolazione: occlusivo,

fricativo, affricativo, nasale.

Vengono classificati come:

Vocalici, Consonantici

Le vocali si distinguono per posizione

della lingua e configurazione

delle labbra

22
Punto di art Modo di art
[p] panca. [p] panca.
[b] banca. bilabiali [b] banca.
[m] manca. [k] caso.
[g] gaso. occlusive
[n] nave. [t] tare.
[t] tare. [d] dare.
[d] dare. alveolari
[s] sapore [s] sapore. fricative
[z] sbaglio. [z] sbaglio.

[k] caso. [m] manca.


[g] gaso. velari [n] nave. nasali

Sonorità
NON SONORE SONORE
[p] panca. [b] banca.

[k] caso. [g] gaso.


[t] tare. [d] dare.

[s] sapore. [z] sbaglio.

[m] manca.
[n] nave.
L’ANIMALE PARLANTE: cap 3

I suoni che gli esseri umani usano per comunicare sono diversi da qualsiasi altro suono del mondo.

La relazione fra suono e significato è arbitraria, se la relazione non fosse arbitraria, parleremmo tutti la
stessa lingua.

Fonetica

La fonetica studia le caratteristiche fisiche del suono.

I suoni linguistici sono prodotti tramite l’aria, che proviene dai polmoni.

I suoni pronunciati con le corde vocali che vibrano sono detti sonori; gli altri sordi. I suoni sordi fanno
molto meno rumore di quelli sonori.

Una lingua necessita di consonanti per poter fare tutte le distinzioni per distinguere le parole.

SUONI E SCRITTURA
I suoni del linguaggio sono fisici, evanescenti e transitori: non hanno persistenza nel tempo.

Manteniamo una traccia mnestica del suono ma non è più accessibile come un testo scritto.

Gli esseri umani hanno creato un sistema per rendere permanenti le produzioni linguistiche nel tempo:
invenzione di un sistema di letto-scrittura. È da sottolineare però che il linguaggio a differenza della
scrittura non è un’invenzione, è un organo, una funzione organica dell’uomo.

Essendo inventata la scrittura, serve qualcuno che ce la insegni, esistono infatti gli analfabeti ma non
chi non ha il linguaggio, tutti parlano ma non tutti leggono o scrivono.

La scrittura rende le produzioni linguistiche persistenti nel tempo e la sua invenzione è recente:

• Poco prima del 3000 a.C. in Mesopotamia

• 3000 a.C. circa in Egitto

• 1300 a.C. circa in Cina

• 600 a.C. in Messico (Maya)

I sistemi di scrittura:

• Logografici (ideografici): i segni corrispondono a parole (sumero, egizio, maya, cinese, giapponese);

• Sillabici: i segni elementari corrispondono a sillabe (hindi), hanno dei segni per le sillabe quindi
vengono unite le sillabe per formare parole;

• Alfabetici: i segni corrispondono ai fonemi (semitico, greco, latino, italiano), ad ogni suono
linguistico (fonema) corrisponde un segno linguistico (grafema).

Quando impariamo a a leggere e scrivere lo facciamo in un sistema ortografico, un sistema con alcune
regole che sono esplicitate e devono essere imparata.

Es. chine, cane => ho lo stesso suono (k) ma è scritto in modo diverso

-ine => k + i = ch

-ane => k + a = c

Ci sono delle ambiguità nei sistemi ortografici, quindi devo imparare tutte le regole di una data lingua
per capire come pronunciare e quindi scrivere una parola.

Abbiamo però un problema: le ortografie tradizionali delle lingue alfabetiche sono inadeguate per
trascrivere univocamente i suoni linguistici.

↳ Esistono infatti grafemi diversi per uno stesso suono

Esempi: in inglese: kit, cat

in italiano: cane, china

↳ Inoltre gli stessi grafemi possono esprimere suoni diversi

Esempi: in inglese: cat, city, ceiling

in italiano: casa, cisa

Come si pronuncia una parola in una data lingua?

Se vogliamo analizzare il sistema dei suoni di una lingua abbiamo bisogno di un alfabeto in cui suoni e
segni siano in corrispondenza biunivoca, quindi dobbiamo avere un sistema ortografico che presenta
una corrispondenza biunivoca tra un segno e il suono che rappresenta.

L’alfabeto fonetico internazionale

È stato inventato l’alfabeto fonetico internazionale nel quale sono rappresentati i suoni di tutte le lingue
conosciute, distribuiti secondo le loro caratteristiche articolatorie:

• Punti di articolazione,

• Modo di articolazione (come blocco il passaggio dell’aria -fricative, occlusive, affricative-)

• Poi in ogni cella di una lingua si trovano o coppie di suoni o suoni singoli, quando se

ne trovano due :

◦il primo suono rappresenta il suono sordo (non vibrano le corde)

◦il secondo quello sonoro (vibrano le corde).

LE COMPONENTI DEL SUONO

Le rappresentazioni grafiche dei suoni linguistici ne rappresentano le loro proprietà fisiche.

RECAP: I suoni linguistici sono dei suoni, cioè perturbazioni dell’aria.

Quando faccio passare l’aria, la pressione dell’aria esercita una forza e quindi le pliche si aprono, poi le
pliche si riavvicinano e questo accade ciclicamente, con una certa frequenza. Questa frequenza è ciò
che contraddistingue i suoni linguistici in quanto le corde vocali vibrano e producono suoni.

I suoni linguistici sono formati da onde complesse con:

• Componenti periodiche (o armoniche) che dipendono dalla vibrazione delle corde vocali e si
ripetono ad intervalli regolari

• Componenti aperiodiche, generate dalla costrizione del passaggio dell’aria, non si ripetono ad
intervalli regolari, hanno struttura di rumore

Le componenti armoniche hanno frequenze multiple della componente fondamentale.

Le corde vocali vibrano con una certa frequenza:

◦Una corda vibra con una frequenza fondamentale

◦La metà di essa vibra per il doppio della frequenza

◦E così via

↳ Queste vibrazioni caratterizzano il moto perturbatorio dell’aria, che viene percepito come un

suono unico.

↳ Durante il processo di risonanza alcune frequenze vengono risaltate, mentre altre attenuate.

La componente fondamentale determina il tono percepito di un suono: quando sentiamo un suono e


lo classifichiamo come acuto o grave lo facciamo per via della frequenza più bassa con la quale si
muovono le corde vocali.

Il canto polifonico fa suonare la frequenza fondamentale e, a turno, quelle armoniche.

Durante la produzione dei suoni sordi non ci sono vibrazioni fondamentali ed armoniche (perché le
corde vocali non vibrano), ma componenti disarmoniche, ovvero rumori generati dalla turbolenza
dell’aria che passa da passaggi di costrizione creati dagli articolatori.

FONETICA ACUSTICA
La fonetica acustica mette in relazione le proprietà fisiche dei suoni linguistici con le proprietà
articolatorie per cercare un nesso.

Indaga cioè quali relazioni sussistono tra le proprietà acustiche dei suoni linguistici e quelle
articolatorie.

In figura sono rappresentate graficamente le


vibrazioni tipiche del linguaggio umano.

La pressione atmosferica di base è rappresentata


dalla linea orizzontale.

Un oscillogramma esprime la variazione di


pressione nel tempo associata a vari suoni
linguistici.

Osservando l’oscillogramma è possibile trovare caratteristiche fisiche e fonologiche dei suoni.

Phonetician => la parola rappresentata (suono complesso, formato da componenti armoniche e non, le
quali a loro volta contengono altre componenti armoniche secondarie)

F: c’è qualcosa ma molto poco

O: si crea una grande perturbazione, c’è un’elevata intensità.

N: brano le corde vocali quindi c’è un’intesità maggiore perchè l’aria è perturbata ed è anche ostruita quindi intensità
minore rispetto alla vocale in cui l’aria è libera.

T: il passaggio è bloccato, poi lo rilascio e pronuncio la vocale. Mi aspetto una situazione in cui blocco il passaggio dell’aria
e poi un momento in cui c’è intesità acustica che corrisponde alla

Le onde complesse che sono associate ai suoni linguistici, permettono di individuare le componenti
periodiche e quelle aperiodiche.

Una volta individuate, gli studiosi analizzano le diverse intensità delle componenti e tentano di arrivare
a delle componenti armoniche sempre più semplici. (Studi di Fourier)

- Vocali: vibrazioni complesse con componenti periodiche.

Quando pronunciamo un suono vocalico, in realtà pronunciamo un suono complesso che

◦ha una componente armonica associata alla vibrazione delle corde vocali;

◦ha una componente fondamentale, che è la vibrazione caratterizzata dalla frequenza più bassa;

◦ha una serie di vibrazioni armoniche, quando spostiamo la lingua, filtriamo alcune di queste
frequenze e creiamo diversi suoni linguistici che si differenziano, non per tono, ma per timbro.

Quando pronuncio la “a” e la “i” io ho una frequenza fondamentale,


ciò che cambia è come misceliamo gli armonici che sono chiamati
“overtones”.

- Consonanti:

◦Sonore, vibrazioni complesse con componenti periodiche (<vocali)


ed aperiodiche.

◦Sorde, vibrazioni complesse con componenti aperiodiche, a struttura


di rumore.

Ricapitolando, i linguisti, esperti di fonetica acustica, studiano quale corrispondenza sussiste tra le
caratteristiche che hanno le miscele di frequenze armoniche e le caratteristiche articolatorie dei suoni
linguistici.

Ricercano pattern regolari nel segnale acustico che siano riconducibili a fattori articolatori distintivi.

Per farlo viene utilizzata l’analisi spettrografica.

Lo spettrogramma di un suono è un grafico in cui:

• In ascissa viene riportato il tempo

• In ordinata le frequenze delle componenti del suono

Lo spettrogramma rappresenta la frequenza dei suoni nel tempo attraverso colori diversi, che
cambiano a seconda dell’intensità:

- Rosso: intenso

- Blu: non intenso

Tramite l’analisi spettrografica è dunque possibile individuare i foni che formano una parola ricercando
i loro pattern acustici caratteristici.

Definizioni:

Nei suoni sonori troviamo concentrazioni di energia acustica: i formanti.


• Concentrazione di energia acustica
Mentre quando vengono pronunciati dei suoni occlusivi sordi si può in certe bande di frequenza

osservare il colore bianco, il quale indica che quella frequenza ha intensità


• Insieme di vibrazioni armoniche su
quasi nulla.

una fascia di frequenza esaltate da


In ogni formante troviamo pattern caratteristici di pressioni e depressioni di
un processo di risonanza del tratto
energia per ogni frequenza del segnale acustico (fono).

vocale

Le parti colorate sono staccate nettamente rispetto a dove non c’è colore, ossia durante la produzione
dei suoni occlusivi sordi in quanto ho la bocca chiusa e non passa l’aria. Di conseguenza non c’è
‘intensità’.

Dove c’è il bianco: consonante occlusiva sorda, non c’è intensità in quella
frequenza (non faccio uscire aria dalla bocca).

Dove c’è poco colore (sbiadito): consonante sonora, minor intensità rispetto
alle vocali ma comunque rilevante.

Dove c’è molto colore: vocale, intensità associata a tante facce di


frequenza.

Posso paragonare il mio apparato fonatorio ad uno strumento musicale:

elemento vibrante (corde): produce la vibrazione

elemento risonante (casse): entra in vibrazione a causa del precedente, questo elemento rinforza o
attenua alcune frequenze.

Allo stesso modo anche noi siamo in grado di attenuare o esaltare certe frequenze sfruttando il nostro
apparato fonatorio.

FONETICA PERCETTIVA

La fonetica percettiva si occupa dello studio della percezione del linguaggio.

Il riconoscimento del parlato è automatico e non ci costa fatica, tant’è che non possiamo fare a meno
di sentire ciò che ci viene detto o ciò che passa nell'aria.

Possiamo ignorare i suoni non linguistici, ma non quelli linguistici.

Il riconoscimento del parlato è uguale al riconoscimento di tutti gli altri suoni? NO

• È automatico

• Non costa fatica

• È veloce

Distinzione di suoni in sequenze

◦Suoni non linguistici: 1,5 suoni per secondo

◦Suoni linguistici: 20 fonemi per secondo

Identifichiamo parole nel parlato dopo circa 200ms dal loro onset, ossia identifichiamo una parola circa
200ms dopo aver iniziato a pronunciare quella parola.

La co-articolazione, l’invarianza e la trasmissione in parallelo

Durante la produzione di un certo suono co-articoliamo le proprietà del suono successivo.

Cioè produco quel suono in funzione di ciò che verrà dopo e questo ci fa essere più efficienti, più
economici e fare meno fatica.

Esempio: Gina, gita

Percepiamo le due i identiche: siamo insensibili al fenomeno (fenomeno dell’invarianza).

Le manifestazioni acustiche dei fonemi sono variabili (i fonemi cambiano al variare del contesto), ma tale
variabilità non viene percepita.

Il processo di co-articolazione è un vantaggio sia per il parlante, perché parla più velocemente, sia per
l’ascoltatore, perché ha accesso ad informazioni circa l’identità di più segmenti simultaneamente.

Si ha infatti trasmissione in parallelo di informazioni di segmenti realizzati serialmente: questo ci


permette di accedere a più suoni simultaneamente. (Anche se non capisco tanto bene un suono posso
inferire e correggere ciò che ho sentito grazie a come ho sentito una certa lettera)

La percezione categoriale

Malgrado la variazione (i fonemi variano a seconda del contesto), noi percepiamo i suoni

categorialmente, ovvero distinguendoli in categorie distinte.

Il segnale fisico è continuo, la suddivisione in categorie discrete è opera del nostro sistema percettivo.

Il fenomeno di percezione in categorie discrete del continuo è chiamato percezione categoriale.

Due consonanti occlusive; il flusso d’aria viene completamente bloccato mediante una breve
occlusione, cui segue un rapido rilascio.
Differiscono per il tempo di attacco della sonorità – VOT (Voice Onset Time)
Nella [b], sonora, l’aria viene rilasciata subito, tra gli 0 e 20 ms (millisecondi) dall’occlusione;

Nella [p], invece, l’intervallo è più lungo: il VOT avviene dopo i 60 ms.

VOT= voice onset time (intervallo di tempo tra inizio


rilascio ed inizio vibrazione corde vocali)

C’è un piccolo intervallo di incertezza in cui le persone


non sanno bene quello che sentono, ma tendono sempre
ad associare il suono o come ‘ba’ o come ‘pa’.

[b] vs [p]

Se percepiamo i suoni linguistici in modo non categoriale, ma secondo un continuum, allora, se


facciamo ascoltare le sillabe [ba] e [pa] con VOT compreso tra 20 e 60 ms, – e chiediamo cosa
abbiamo sentito, i giudizi dovrebbero posizionarsi lungo un continuum, e non polarizzarsi verso 2
posizioni. Perciò, i giudizi delle persone alla domanda «che suono hai sentito» si dovrebbero
posizionare su un continuum – come nel caso precedente. Tuttavia, non è quello che succede.

LA PERCEZIONE CATEGORIALE DIPENDE DAL LINGUAGGIO?

In passato si pensava che il fatto di percepire le variazioni continue dei suoni in maniera categorica
fosse collegato al possedere il linguaggio. Sono stati condotti parecchi studi su partecipanti che non
avevano accesso al linguaggio e si è scoperto che i bambini, tra 1 e 4 mesi, avrebbero una
percezione categoriale.

Si è ipotizzato che questa fosse un’abilità percettiva innata che dipende dal patrimonio genetico
dell’uomo.

I suoni linguistici li percepiamo sempre in un contesto lessicale, mai in isolamento

Non posso percepire i suoni linguistici consonantici se presi in isolamento.

Es. Sillaba “c” => suono occlusivo, sordo, velare + vocale “o”

Poi posso tagliare la coda vocalica del suono, avendo la a sempre più corta => le persone poi non lo
percepiscono più come suono linguistico ma come rumore metallico.

FONOLOGIA
La fonologia studia le proprietà dei segmenti acustici distintivi e la loro rappresentazione mentale.

I segmenti che hanno funzione distintiva sono chiamati fonemi.

BREVE RIPASSO: foni, fonemi, coppie minime

• Foni: manifestazioni fisiche dei fonemi ([ ])


Pur non avendo un significato proprio
• Fonemi: rappresentazioni mentali di foni con natura distintiva (/ /)
concorrono al significato della parola

= funzione a livello cognitivo


Per individuare i fonemi si confrontano coppie minime di parole che
hanno segmenti diversi nella medesima posizione

Esempi: paro-baro; paro-pero

I segmenti indicati in rosso nelle coppie minime hanno funzione distintiva: sono quindi rappresentati
mentalmente come due fonemi.

La fonologia studia anche i fenomeni soprasegmentali e la loro rappresentazione mentale.

Si chiamano soprasegmentali perché, per essere valutati, richiedono di prendere in considerazione non
solo un fonema ma proprietà godute da più segmenti.

• Il raddoppiamento in realtà è un allungamento della consonante (la lunghezza consonantica è


distintiva in italiano, quella vocalica no).

Esempi: pappa-papa, fatto-fato

Possiamo parlare di lunghezza consonantica se consideriamo la lunghezza dei segmenti adiacenti (per
questo si dice soprasegmentali).

• La lunghezza vocalica, come già accennato precedentemente, non è distintiva in italiano.

Ad esempio: Parola mela, se anche venisse pronunciata con [e] lunga non cambierebbe di significato.

In latino invece risulta creare differenze di significato

Ad esempio: malus (melo), malus (malvagio)

• L’accento è la prominenza di una certa sillaba rispetto alle sillabe adiacenti (sillaba che si rende +
visibile).

↳ Se una certa proprietà è distintiva deve essere di libera interpretazione,

ad esempio: siamo liberi di mettere l’accento sulla sillaba che vogliamo in

ANcora ed anCOra.

In italiano l’accento è, quindi, distintivo perchè ci permette di riconoscere due parole con significati
diversi anche se si scrivono nello stesso modo.

I linguisti scrivono i suoni che hanno l’accento con maiuscolo, se una sillaba è accentuata è forte,

mentre se non lo è, è debole.

Non ci sono delle regole che ci dicono dove deve essere sempre un dato accento, se non fosse libera

non potrebbe essere distintiva.

La distribuzione dell’accento è libera, ma le lingue hanno un’organizzazione del ritmo coerente:

Le lingue possono suonare in modi differenti, ad esempio lingue che suonano come:

• Mitragliatrici => italiano, in cui le sillabe delle parole hanno sempre più o meno la stessa lunghezza
dei fonemi;

• Codici morse => lingue con maggiore variabilità di lunghezza sillabica.

Anche la posizione dell’accento (profilo prosodico di una lingua), aiuta a formare come una lingua suona:
Esempio: Inglese e tedesco => 95% delle parole iniziano con una sillaba forte.

In italiano invece non c’è una regola, si accentua tendenzialmente la penultima.

Queste proprietà hanno funzione distintiva perchè questi fenomeni sono liberi.

Oltre a studiare i fenomeni soprasegmentali, la fonologia studia anche come si fondono i fonemi per
formare una parola e come questi fonemi si realizzano in una forma fonetica, ossia come viene
pronunciato quel fonema dal parlante.

Ci spiega, ad esempio, perché in italiano non abbiamo non abbiamo un suono nasale prima di un
suono labiale, tipo la N davanti alla B.

No inbuto, ma imbuto e viceversa: imtasare no, ma intasare si.

La forma fonetica è la rappresentazione di come le parole devono essere pronunciate:

i/n/ piedi → i[m] piedi

Il fonema n viene realizzato con il punto di articolazione del segmento seguente (p), un bilabiale, quindi
lo diventa anch’esso.

Lo stesso vale quando costruiamo un costituente:

I/n/ piedi -> i[m] piedi ==> suono velare

I/n/ tana -> in tana ==> suono dentale

I morfemi (preposizione) IN non hanno funzione distintiva ma comunque li pronuncio in modo diverso.

Ricapitolando: I fenomeni sono distintivi in quanto distinguono una parola da un’altra.

I fonemi sono rappresentazioni mentali di foni distintivi.

I foni (suoni linguistici) hanno un insieme di proprietà che li distinguono tra loro (sonorità, modo di
articolazione e punto di articolazione).

Es: Paro - Baro

Sono due parole con significato differente, si differenziano per i segmenti iniziali, anche se condividono
proprietà articolatorie:

◦p occlusivo, bilabiale, non sonoro

◦b occlusivo, bilabiale, sonoro

Si distinguono per la sonorità del primo segmento.

Es: Pira - Pura

Lo stesso vale per le parole che si distinguono per le vocali nella prima sillaba, anche se hanno
proprietà simili

◦ i alta, anteriore

◦ u alta, posteriore

E condividono proprietà articolatorie hanno ugualmente un significato diverso.

Si possono fare questi confronti con molte altre parole, è quindi possibile ritrovare dei tratti primitivi
responsabili della distinzione del significato che hanno parole differenti.

Le quali si differenziano magari solo per quel preciso tratto articolatorio.

I linguisti hanno preso il modello di riduzione dei tratti primitivi e hanno ipotizzato che si potesse ridurre
i suoni linguistici attraverso tratti distintivi, che sono responsabili per la distinzione di una coppia
minima di parole.

In altre parole: possiamo ridurre i fonemi ad un insieme di proprietà primitive: i tratti.

Per motivi di economicità posso descrivere un insieme di tratti distintivi in presenti e non presenti (che
si dicono binari), e definire i fonemi come fasci di quei tratti (insieme di tratti).

Fonemi= insieme di tratti articolatori

Teoria dei tratti distintivi binari di Jakobson, Fant & Halle (1952

I tratti distinguono caratteristiche articolatorie ed acustiche.

Problema: le proprietà acustiche sono relazionali, quindi per definizione non primitive.

Esempio: il suono di per sè non è ad esempio stridulo, lo è solo se messo in relazione con altri suoni
adiacenti.

Teoria motoria della percezione fonetica Lieberman et al. 1967

Lieberman propone la teoria motoria della percezione fonetica, spostando l’attenzione sulle
caratteristiche articolatorie dei suoni linguistici.

Durante l’ascolto di un suono linguistico l’ascoltatore si rappresenta internamente i movimenti


articolatori associati alla produzione di quel suono: oggetto della percezione sono dunque, secondo
Lieberman, i movimenti articolatori dei suoni.

I movimenti sono rappresentati come fasci di tratti distintivi.

Ipotesi: le proprietà articolatorie possono essere considerate come insiemi di tratti binari distintivi
attraverso i quali i fonemi, fasci di questi, vengono memorizzati.

Il modello di Chomsky e Halle: Sound Pattern of English (1968)

Questo modello si ispira alla Teoria di Lieberman, che voleva spiegare come i suoni vengono percepiti I
tratti si distinguono per caratteristiche articolatorie:

+ Sonoro: le corde vocali vibrano

+ Sonorante: il passaggio è piuttosto libero

+ Continuo: il flusso d’aria è ininterrotto

+ Laterale: l’aria passa ai lati della lingua (/I/)

+ Nasale

+ Arrotondato: le labbra sono arrotondate

+ Posteriore: il corpo della lingua è arretrato

Esempio: /f/: - sonoro, - sonorante, + continuo, - nasale, - posteriore, - arrotondato

La teoria dei tratti binari distintivi è alla base della fonologia e ci permette di spiegare la competenza
fonologica dei parlanti.

➥ Le regole fonologiche sono conoscenze sistematiche che si basano su una rappresentazione dei
suoni linguistici come fasci di tratti binari distintivi e dicono al parlante come pronunciare una parola.

↳ Questa teoria viene confermata dagli esperimenti*.

Queste conoscenze le apprendiamo quando apprendiamo la nostra lingua madre, per questo quando
impariamo una lingua da adulti non abbiamo l’accento corretto => perchè non abbiamo interiorizzato le
regole fonologiche che devono essere applicate.

Le regole fonologiche sono quelle che hanno un periodo critico più corto (devono essere acquisite
entro una certa età (entro i 20 mesi ca) e ci permettono di avere una competenza nativa della lingua).

*Esperimenti: Miller & Nicely 1955: realtà psicologica della teoria dei tratti distintivi

condotti per indagare la realtà psicologica dei tratti distintivi

La teoria ci dice che i suoni linguistici sono rappresentati come un insieme di tratti che hanno funzione
distintiva.

Sono state presentate delle sillabe che si distinguevano per determinati tratti distintivi:

Ad esempio /ma/ e /na/ => si differenziano solo per un tratto articolatorio (punto di articolazione)

/ma/ è bilabiale, nasale, sonoro

/na/ è alveolare, nasale, sonoro

/ma/-/na/ differenza: = 1

Mentre /ma/ e /ka/ => hanno più tratti distintivi

/ma/ è bilabiale, nasale, sonoro

/ka/ è velare, non nasale, sordo

/ma/-/ka/ differenza: > 1

I soggetti dovevano dire se le due sillabe erano diverse o uguali mentre le ascoltavano in presenza di
un rumore di fondo, che non aveva componenti armoniche.

IPOTESI SPERIMENTALE: il numero di tratti distintivi condivisi è predittivo del numero degli errori.

RISULTATI:

• Tanto più alta l’intensità del rumore, tanti più errori commessi

• Gli errori si distribuiscono secondo la somiglianza delle sillabe in accordo alla teoria dei tratti
distintivi.

• Ad esempio: non distinguono sequenze /ma/ - /na/

distinguono sequenze /ma/ - /ka/

/ka/ è più distante in numero di tratti distintivi da /ma/ rispetto a /na/.

• In generale: distinguono maggiormente sillabe che si distinguono per un maggior numero di tratti
distintivi. Questo perché il numero di tratti distintivi tra ma e ka è maggiore.

Che informazioni portano le parole?


Le parole sono entrate lessicali.

Il lessico è un dizionario mentale, una lista di parole con un insieme di informazioni linguistiche ad esse
associate:

• Classe grammaticale: mi dice a quale categoria appartiene la parola, quindi con quali altre parole
posso combinarla

• Proprietà grammaticali: masch./femm.; sing./plur.;ecc.

• Informazioni semantiche: oggetto/proprietà/relazione tra oggetti denotata da una certa parola

• Informazioni pragmatica: ci dice come usare le parole nei contesti

Le grammatiche prescrittive

Le grammatiche prescrittive non hanno un potere esplicativo, ma si riducono ad una lista di


classificazioni definitorie.

Nominalizzazione di un verbo: il mangiare.

La linguistica non si occupa di come dovremmo parlare, ma di come parliamo.

Le parole sono memorizzate nel lessico con informazioni fonologiche su come devono essere
pronunciate, ma questo funziona perlopiù in isolamento.

Infatti la loro produzione effettiva dipende dal contesto in cui vengono pronunciate:

Esempio: in fiorentino /k/ → [h] / V_V

/k/asa -> la [h]asa; in [k]asa (fiorentino)

La c è occlusiva in casa, ma diventa non occlusiva se preceduta da una vocale.

Ciò è determinato da regole fonologiche, che descrivono i mutamenti che un segmento subisce in un
dato contesto.

Le regole fonologiche determinano come una rappresentazione astratta debba realizzarsi in forma
fonetica concreta.

Esempio: quando uniamo la parola sofia con un’altra, la “s” da sorda diventa sonora.

/s/ofia; filo[z]ofia

↳ Regola fonologica: un certo segmento (fono) A diventa il segmento B nel contesto C;

A → B/C

Il segmento A diviene B nel contesto C

in [k]asa (fono occlusivo) ;

la [h]asa /k/ -> [h] / V_V => quando occorre tra due vocali (nel contesto intervocalico)

Un suono velare sordo e occlusivo(+), diventa velare sordo e non occlusivo(-).

In realtà ci sono altri suoni occlusivi sordi che in fiorentino subiscono lo stesso fenomeno come ad
esempio:

[p] subisce una trasformazione analoga: in [p]asta - la [ɸ]asta /p/ -> [ɸ] / V_V
Tutte le occlusive diventano non

Il suono p è prodotto in modo diverso nei due contesti


occlusive se messe in un

contesto intervocalico

• [k] e [p] sono occlusive sorde e diventano fricative in posizione intervocalica

La regola fonologica può essere generalizzata sfruttando la riduzione dei segmenti in tratti

(+- occlusivo = -continuo)

Cos’è un segmento?
Se parliamo dei suoni con segmento indichiamo il fono o il fonema.

Ma esistono anche segmenti più ampi: la sillaba, la parola.

Segmento non è un termine teorico, ma una definizione che si adatta al


contesto.

Fenomeni fonologici e tratti

Le regole fonologiche ci dicono come dobbiamo realizzare foneticamente i fonemi in un contesto più
ampio.

Un fenomeno fonologico può riguardare suoni diversi. Se però facciamo riferimento ai tratti distintivi,
questi descrivono classi naturali di suoni.

Classi naturali di suoni: insiemi di suoni descritti da un numero di tratti minore rispetto a quello
necessario per la descrizione di ognuno di essi, e definire le regole fonologiche a partire da esse.

Ad esempio, k e p appartengono alla classe naturale dei suoni occlusivi sordi (numero di tratti minore
rispetto a quello che ci occorre per descrivere k e p singolarmente).

I membri delle classi naturali di suoni mostrano gli stessi fenomeni fonologici, come la spirantizzazione
per k, p e t.

I tratti distintivi regolano i fenomeni di produzione e comprensione linguistica.

In italiano:

• In in piedi-in barca un suono nasale-alveolare si trasforma in nasale-bilabiale: la labialità di p/b si


diffonde al segmento adiacente

• In in gola si passa da un suono nasale-alveolare ad uno nasale-velare: la velarità si diffonde al


segmento adiacente

• In tram trentotto si passa da un suono nasale-bilabiale ad uno nasale alveolare: l’alveolarità si


diffonde al segmento adiacente

• In tram bellissimo non notiamo alcuna differenza perché il punto di articolazione di m e b coincide:
sono entrambi bilabiali

↳ Regola fonologica: in italiano un suono nasale deve essere realizzato come suono nasale che ha
come punto di articolazione alfa, nel contesto quando quel suono è prodotto prima di una
consonante che ha punto di articolazione alfa:

NAS → NAS [luogo α] / __ CONS [luogo α]

Le regole fonologiche determinano sia come le parole devono realizzarsi in un contesto di produzione;
sia quale forma possono avere. Inoltre determinano classi di parole possibili.

= [m] e [b] nasali

Le regole fonologiche determinano classi di parole possibili in italiano:

• Lindo

• Ambito

Non c’è niente come “ambido” o “anbito”.

Devo scrivere rispettando le regole fonologiche dell’italiano, un suono


nasale deve avere sempre il punto di articolazione del suono che
segue.

Per questo non posso dire “anbito” o “limdo”.

L’ANIMALE PARLANTE: cap 4

Ogni lingua utilizza un sottoinsieme dei segmenti che l’apparato vocale umano è in grado di produrre.
Tuttavia gli stessi suoni linguistici individuali possono essere combinati in vari modi a seconda del
sistema fonologico in cui si trovano e possono essere accompagnati da sistemi prosodici molto
diversi.

I tratti soprasegmentali
La forma sonora di una lingua suona dipende anche da:

• La lunghezza dei segmenti (suoni singoli o sillabe)

• L’intensità (energia acustica con la quale un segmento viene prodotto, concorre al fenomeno di
accentuazione)

• L’altezza tonale (fa riferimento alla frequenza e alla tensione delle corde vocali)

riguarda la variazione relativa di frequenza fondamentale

Si tratta di elementi distintivi detti soprasegmentali perché determinano proprietà relazionali: un suono
è lungo se confrontato con altri suoni.

• In italiano la lunghezza consonantica è distintiva perché distingue parole differenti (cane e canne).

• La lunghezza delle vocali è invece prevedibile: esistono regole non compulsive che ci dicono
quando possiamo realizzare una vocale lunga in una parola.

N.B. La vocale lunga occorre tipicamente nelle sillabe accentuate, non finali e che non terminano in
consonante

Per esempio: [kasa:le] vs [ka:sa] vs *[kasa:]

In casale la ‘a’ è accentuata e non finale è dunque lunga. In casa c’è lo stesso fenomeno. L’accento in
italiano, solitamente, cade sulla penultima sillaba.

La lunghezza vocalica non è distintiva però concorre alla distribuzione dell'accento.

In altre lingue è distintiva, per esempio, in tailandese: [ò:t]=lamentarsi, [òt]=astenersi

• L’intensità riguarda la forza con la quale un certo segmento viene realizzato e concorre ai fenomeni
di accentuazione*.

• L’altezza tonale distingue parole con significato diverso e riguarda la variazione relativa di frequenza
fondamentale di un certo segmento.

◦Nelle lingue tonali l’altezza tonale è distintiva, l’italiano non è tra queste.

L’altezza tonale è un fenomeno lessicale, quando imparo una parola in una lingua tonale devo imparare
con quale frequenza devo dire questa determinata parola e con quale frequenza fondamentale si
caratterizzano i suoni che formano quella parola.

Da distinguere dall’intonazione che è una caratteristica dell’enunciato e non della parola.

In italiano si parla di intonazione: una stessa stringa di parole può essere pronunciata con profili
internazionali diversi.

Parliamo di focus contrastivo quando vogliamo contrastare una certa parola rispetto ad altre.

In italiano la variazione della frequenza è anche informativa (codifica delle informazioni), non è distintiva
a livello lessicale perchè non distingue significati differenti, ma a livello frasale: infatti si parla di

fonologia dell’intonazione.

Una stessa stringa di parole può essere prodotta con diversi profili intonazionali: nelle domande c’è
movimento, nelle affermazioni il profilo intonazionale è piatto.

Avere l’orecchio assoluto significa saper classificare i suoni, abilità presente maggiormente tra i
parlanti delle lingue tonali.

*L’ACCENTO

Quali sono quei fenomeni che fan sì che una lingua suoni in un determinato modo?

Uno di questi come abbiamo precedentemente detto è l’intensità, la quale è strettamente connessa
all’accento.

L’accento è il rilievo di una sillaba rispetto alle altre e risulta saliente per DURATA, INTENSITÀ e TONO,
proprietà che si manifestano sulla vocale contenuta nella sillaba.

Questi 3 fattori determinano, con peso differente, nelle diverse lingue, l’accento.

In alcune lingue la distribuzione dell’accento non è libera, ma determinata da regole precise; in italiano
invece è libera, quindi l’accento può avere funzione distintiva (come in ANcora/anCOra).

Dato che l’accento distingue parole differenti la sua posizione è specificata nel lessico.

• Sillabe accentuate: forti

• Sillabe non accentuate: deboli

L’accento è un fenomeno che riguarda le SILLABE= raggruppamento naturale di segmenti nei quali
dividiamo una parola.

Questa definizione però è un po’ ambigua.

Vaghezza delle sue definizioni spesso dipende dall’assenza di proprietà fonetiche distintive.

Definizione più esplicativa di tipo acustico:

Ogni parlante sa che le parole della sua lingua possono essere divise in gruppi di suoni (sillabe), senza
che nessuno glielo abbia insegnato. Si tratta perciò di una conoscenza implicita.

La suddivisione in sillabe è un’abilità naturale che viene utilizzata in canzoni, poesie ecc. perché
determina la struttura ritmica di una certa parola. Durante il periodo della lallazione i bambini
cominciano a produrre sillabe prima e

sequenze di sillabe poi.

Una sillaba è un gruppo di suoni raccolto attorno ad un nucleo vocalico, secondo una certa scala di
sonorità, ovvero intensità sonora.

All’interno della sequenza di suoni:

• Vocali: nucleo vocalico

• Suoni con sonorità minima: inizio della sillaba

• Suoni che li precedono: fine della sillaba → come capire quando inizia una nuova sillaba

↳ La scala di sonorità viene usata per dividere la parola in sillabe, impone delle condizioni
sull’esistenza delle parole e prevede che i suoni debbano salire in sonorità rapidamente verso il
nucleo per poi scendere lentamente.

Prendiamo per convenzione che l’intensità vada da 1 a 7.

C: occlusiva sorda, intensità molto molto bassa

O: V_intensità più alta

N: nasale, + sonora delle occlusive ma meno delle vocali

T: occlusiva sorda

R: intensità minore della nasale perchè non vibrano le corde


vocali

O: V_ molto intensa

La parola inizia con un suono che ha intensità minima, poi intesità massima e poi l’intensità decade di

nuovo per poi far crescere l’intensità ancora. Quando torno a un suono con intensità minima, inizia una
nuova sillaba.

L’inizio di una nuova sillaba (segmento) è sempre con un suono con intensità minima, in can-to stacco

la n e la t perchè la t ha intensità più bassa della n.

Provo ad immaginare la parola : CON TRO CA NO

Ca-NO: /n/ è l’inizio di una nuova sillaba perchè non c’è un segmento che lo segue che ha intensità più
bassa.

Quindi in controcanTO = è la T che inizia la sillaba perchè la T ha intensità minore della N (quindi l’inizio
della nuova sillaba è la N).

La vocale sillabica, il NUCLEO vocalico (che ha intensità massima), può essere preceduta da una o più
consonanti che costituiscono l’INCIPIT/attacco.

Il nucleo può essere seguito da una consonante detta CODA.

Perchè non può esistere una parola “conrto” => vogliamo avere prima un suono più sonoro di un
suono meno sonoro, quindi non possiamo creare la sillaba.

Non si può violare la scala di sonorità.

Questa scala è rispettata in tutte le lingue.

Esistono regole che determinano le diverse forme di sillabe utilizzate nelle lingue:

• Occlusive sorde: incipit ✅ coda ❌

• In italiano, in coda, abbiamo solo sonoranti (nasali, liquide, vocali). Le non sonoranti in coda esistono
solo nelle parole prese in prestito da altre lingue

• Se una lingua ammette un’occlusiva sorda in coda, allora ammette anche una sonorante (stop)

Sonoranti = l’aria fluisce più liberamente che nelle fricative: nasali, liquide, vocali (m,n,l,r)

La sillaba non ha una struttura ricorsiva: non posso incastrare una sillaba all’interno di un’altra ed
ottenerne una più complessa.

Tuttavia, i componenti della sillaba hanno delle relazioni gerarchiche.

Sillaba: insieme unitario di segmenti suddivisi in INCIPIT (consonante), NUCLEO (vocale), CODA

(consonante)

INCIPIT - NUCLEO - CODA → struttura gerarchica interna non ricorsiva

Quali rapporti ci sono tra i 3 costituenti?

• L’incipit richiede un nucleo

• La coda richiede un nucleo

• Nucleo e coda formano la RIMA

↳ La rima è un costituente sillabico importante perché determina alcune proprietà importanti della
sillaba, come il posizionamento dell’accento.

La rima determina inoltre alcuni fenomeni fonologici sfruttati nelle produzioni artistiche.

In italiano la maggior parte delle parole ha un pattern di accentuazione chiamato penultimate stress
pattern, ovvero l’accento cade solitamente sulla penultima sillaba.

In inglese, invece, cade perlopiù sulla prima sillaba di una parola: queste differenze creano qualche
problema quando si apprende una lingua nuova

Le proprietà prosodiche

Una lingua è caratterizzata anche da proprietà prosodiche, ovvero proprietà acustiche che dipendono
da ritmo ed intonazione.

Il ritmo è la ripetizione regolare di un certo evento (accento o peso sillabico) nel tempo.

Esistono classi ritmiche diverse:

• Ritmo a mitragliatrice (italiano): caratterizzato dall’occorrenza regolare di determinate unità sillabiche


(CV CV CV)

• Ritmo a codice morse (inglese): le sillabe hanno una lunghezza variabile perché occorrono più
consonanti tra le vocali. Esempio: Tran-sit

Anche la distribuzione dell’accento determina il ritmo di una frase.

Parole e accento

• Tronche: ultima

• Piane: penultima

• Sdrucciole: terzultima

• Bisdrucciole: quartultima

Da cosa dipende la forma fonologica di una lingua?

La forma fonologica di una lingua dipende da:

• Regole fonotattiche e fonologiche: ci dicono come i suoni possono combinarsi tra di loro, o come
devono realizzarsi all’interno di un contesto più grande del singolo suono;

• Tratti segmentali: caratteristiche acustiche determinate da proprietà articolatorie e che descrivono i


singoli suoni: si tratta infatti di tratti primitivi, con valore assoluto;

• Tratti sovrasegmentali: lunghezza dei suoni, accento, intonazione (melodia con la quale una certa
frase deve essere pronunciata), sono tratti relazionali.

Un problema…

Gli enunciati di una lingua non sono costituiti semplicemente da sequenze di fasci di tratti che formano
le parole, ma da sequenze di fasci di tratti che formano parole la cui realizzazione dipende dal contesto
di produzione.

➥ Dobbiamo analizzare la forma fonologica dei morfemi, delle parole e degli enunciati integrando

informazioni segmentali e soprasegmentali.

Es. In inglese: quando incontri una sillaba accentuata, sta iniziando una nuova parola (unità discreta).

Es. In italiano: le sillabe più accentuate sono quelle nella penultima posizione. Quindi quando ascolto

posso inferire che la prossima sillaba appartiene a questa unità discreta, da quella dopo fa parte

della prossima unità discreta fino a quando non incontro un nuovo accento e ancora potrò dire da

dopo la prossima sillaba inizia una nuova parola.

Questo si chiama fenomeno del segmentazione del parlato.

Alcuni di questi fenomeni riguardano i singoli tratti => regole fonologiche e fonotattiche prendono in
considerazione le proprietà del singolo segmento.

Ci sono però altri fenomeni, i quali anch’essi determinano come una lingua suona, che invece
riguardano proprietà sovrasegmentali, cioè prendendo in considerazione i segmenti adiacenti.

I suoni non sono solo la realizzazione fonetica di fasci messi uno di fianco a un altro, sono un insieme
di tratti la cui realizzazione deve tenere conto del contesto in cui sono realizzati.

…più soluzioni

1) Modelli lineari Chomsky & Halle


I primi modelli sono stati chiamati modelli lineari perché si è cercato di codificare le proprietà legate ai
tratti sovrasegmentali a livello dei singoli suoni. Questa non è una soluzione corretta, perché, come
abbiamo visto, questi sono tratti relazionali.

Un modello di tipo lineare, assume infatti che le sillabe sono prodotte mettendo i suoni uno accanto
all’altro e ciò non funziona perchè :

• Alcuni tratti coinvolgono più segmenti e/o sono relativi a tratti che caratterizzano i segmenti adiacenti
(tono/accento)

• Sono sempre relativi al contesto e mai assoluti

“Casa” => ha l’accento su “ca”, la a è perciò lunga, ma non


posso solo scrivere “+ lunga” perchè tale proprietà è
strettamente connessa a cosa ha di fianco.

È necessario un sistema in grado di rappresentare


informazioni che riguardano sia i singoli segmenti e quindi le
informazioni segmentali sia le informazioni che riguardano più
segmenti, soprasegmentali, su piani distinti ma che li faccia
comunicare tra di loro.

2) Modelli non lineari Goldsmith

Secondo il modello non lineare i tratti segmentati e quelli sovrasegmentali rispondono a principi
organizzativi differenti e devono essere rappresentati su piani distinti.

➥Esiste un livello scheletrico che rappresenta le unità segmentali temporali di un enunciato.

Su questi slot temporali vengono rappresentati i suoni, ovvero fasci di tratti che caratterizzano i fonemi.

Sugli elementi della rappresentazione scheletrica


rappresentiamo fasci di tratti. Come se io avessi una serie di
segmenti che devono essere rappresentati nel tempo, e uno
schema temporale sul quale le proprietà di questi segmenti
devono essere rappresentati.

Alcune tratti di questi segmenti possono realizzarsi su un’unità


scheletrica temporali, altri tratti possono realizzarsi su più unità
scheletriche.

La serie di x => serie di segmenti temporali sui quali realizzare


le nostre unità linguistiche.

Se dico 2 lettere in un unico segmento temporale allora saranno


corte.

Come si osserva nel primo esempio se un suono (a) è rappresentato su due unità scheletriche
temporali ciò significa che il suono è lungo. In questo caso infatti l’accento cade sulla a che è
rappresentata su due unità. (fàto)

Nel secondo esempio invece è la t che è lunga, si tratta di un raddoppiamento (lunghezza


consonantica distintiva in italiano) e difatti si legge come fatto per questo si trova su due unità
scheletriche.

Questo schema ci permette anche di rappresentare gruppi consonantici (forma di sillab in cui
nell’incipit e nella coppa di sono più di una consonante).

Es. “Plico”

pl => si realizzano sulla stessa unità temporale

i => è lunga quindi si realizza su 2 unità temporali

I modelli non lineari riescono a render conto dei fenomeni distintivi e permettono di formulare regole
fonologiche come quella che dice che np deve essere realizzato fonologicamente come mp

La rima

Come già detto in precedenza nucleo e coda stanno in una relazione particolare e assieme
determinano proprietà importanti della sillaba.

Nucleo e coda formano la rima

La struttura della rima determina il peso sillabico: una rima è pesante se associata a due unità
scheletriche temporali, mentre è leggera se associata ad un’unità scheletrica temporale.

Sillaba pesante se la rima è pesante

Il peso sillabico determina regole fonologiche importanti come il posizionamento dell’accento.

Dove si posiziona l’accento? Possiamo usare i modelli non lineari anche per capire come avviene il
posizionamento dell’accento in italiano.

• Se ha una rima leggera, una sillaba non può essere accentuata

• Se ha una rima pesante, la penultima sillaba tende ad essere accentuata

Ad esempio:

Cantante: [tan] C_V_C


incipit_nucleo_coda

Cantate: [ta] C_V


incipit_coda

Fonologia dell’intonazione

La fonologia dell’intonazione studia fattori distintivi che si applicano a segmenti frasali.

Le variazioni tonali sono strategie impiegate per comunicare informazioni non direttamente codificate
dal significato delle parole.

La struttura fonologica

Parole Tronche (16%): accento sull'ultima sillaba

- Tronche a due sillabe: paPA:

- Tronche a tre sillabe : luneDI:

- Tronche a quattro sillabe : maturiTA:

Parole Piane (74%): accento sulla penultima sillaba

- Piane a due sillabe: CA:la

- Piane a tre sillabe: ciCA:la, anCO:ra

Parole Sdrucciole (8%): accento sulla terzultima

sillaba

- Sdrucciole a tre sillabe: ANcora

- Sdrucciole a quattro sillabe: antiPA:tico

Parole Bisdrucciole: accento sulla quartultima

sillaba (molto rare)

- Bisdrucciole a quattro sillabe : DONdolano

distribuzione accento in

Italiano

SILLABA

Incipit Rima

15

Piane Tronche Sdrucciole bisdrucciole Nucleo Coda

MORFOLOGIA

Cosa studia la morfologia?

La morfologia studia i processi di formazione delle parole e la loro struttura interna.

Conoscere il significato di una parola (oggetto simbolico che sta in relazione con altri oggetti) significa
conoscere il legame tra la forma di questa parola e l’oggetto da essa denotato.

Si tratta di un legame del tutto arbitrario, è infatti possibile descrivere lo stesso oggetto con parole che
suonano in maniera differente.

Esempio: Mela (ITA), Apfel (D), Apple (E)

Pur essendoci una certa componente simbolica legata ai suoni del linguaggio, la quale determina una
propensione ad associare un certo suono ad un determinato significato -Takete e Maluma- ed
esistendo delle parole che suonano come l’oggetto che denotano -Onomatopee-.

Vi è comunque da considerare l’aspetto della varibailità interculturale e inter linguistica:

Esempio: Il cane abbaia, the dog barks, der Hund bellt

Trattandosi perciò di un legame arbitrario, va necessariamente imparato.

Ma la domanda è: va imparato per tutte le parole?


Quante di quelle che conosciamo, che sappiamo usare competentemente, dobbiamo imparare?

Se sento una parola mai sentita, non posso associargli un significato in base a delle regole. Ma in
realtà è tutto molto più complesso di così.

Non tutte le parole devono essere acquisite secondo il processo di memorizzazione (MBT, contesto,
oggetto che sta in relazione con quella parola).

Quante parole conosciamo dell’Italiano? Conosciamo le forme base e loro variazioni:

Cantare, canto, canti, cantavo, canticchiare, cantante, cantabile, incantabile..etc

Sono tutte singolarmente immagazzinate nel nostro lessico?

Argomento a priori
Non è possibile, il cervello è infatti limitato, pur avendo milioni di neuroni, il modo in cui processiamo
informazioni dev’essere economico.

È perciò più economico immagazzinare solo la forma base e le regole per giungere alla forma derivata.

L’economicità vale in generale per tutti i sistemi combinatori.

Nel nostro lessico mentale perciò memorizziamo:

• Le forme base (come cant-, un’entrata lessicale) associate ad informazioni riguardo l’oggetto di
quella parola

• Le regole di derivazione delle parole a partire dalla forma base

Si tratta di un argomento a priori anche perchè vale per qualsiasi sistema combinatorio.

Ci sono tantissime forme tra loro legate, quindi è più


economico pensare ad un sistema in cui ho una
forma base e poi le regole che posso applicare a
tutte le basi, invece che imparare a memoria tutte le
parole e le loro derivate.

Ottengo lo stesso numero di oggetti di impararli


tutti a memoria, con un numero minore di
informazioni e quindi è più economico.
Argomento empirico
Possiamo infatti inventare parole nuove a partire da parole che già conosciamo, queste non possono
essere già presenti nel nostro magazzino mentale.

Esempio: sbriciolacarta

Inoltre possiamo formare parole complesse anche a partire da parole non esistenti, ma ammissibili:

◦Combinando 2 parole che stanno nel lessico, oppure

◦Combinando parole e morfemi (pezzetti di parola dotati di significato)

Esempio: +aio (venditore dell’oggetto denotato dal nome che modifica)

Libro -> Libraio

Lessema: unità linguistica dotata di significato (anche detta forma base)

Morfema: unità linguistica minima dotata di significato ma che non può essere usata da sola, si deve
per forza attaccare a un lessema.

Lessema libro + morfema aio = persona che vende libri

Queste regole possono essere applicate anche a delle “non parole”, parole inventate che però
rispettano le regole della buona creazione delle parole.

Esempio: Pacio: parola inventata x oggetto immaginario.

Paciaio: venditore dell’oggetto immaginario

Questo ci suggerisce che, nel lessico mentale abbiamo memorizzate:

• Forme base: i lessemi

• Regole per generarne altre ad esse associate

Un’ipotesi, due argomenti

Ipotesi: abbiamo forme base e regole di formazione di nuove forme

Argomenti:

• A priori: economicità

• Empirico: parole nuove composte da altre parole

Le parole

Nelle lingue abbiamo parole semplici (lessemi) e parole complesse.

In realtà le stesse parole semplici possono essere scomponibili in parti.

Esempio: Letter-e

forma base-morfema

I morfemi sono unità minime dotate di significato e che non possono essere prodotte in isolamento.

• I morfemi flessivi contribuiscono ad alcuni aspetti della parola alla quale si applicano, ma non ne
modificano né il significato né la categoria sintattica (es. Letter-a, Letter-e)

• I morfemi derivazionali cambiano il significato e/o la categoria sintattica della parola alla quale si
applicano.

Si distinguono in:

‣ Prefissi: la prefissazione non modifica la categoria lessicale della base (Inizio)

Esempio: Ex-console, In-usuale

‣ Infissi: -pochi in italiano- (All’interno)

Esempio: Cant-icchi-are

‣ Suffissi: la suffissazione può modificare la categoria lessicale della base (Fine)

Esempio: Libr-aio, Letter-ato

Ci sono delle regole che si usano per rendere le parole diverse tramite questi morfemi derivazionali.
Infatti conosciamo l’ordine in cui essi si attaccano alle parole.

Prima prefisso:

◦Corri,

◦Percorri,
La prefissazione non cambia la categoria lessicale della base
◦Percorribile (*corribile)
(fortunato -> sfortunato),

Prima suffisso:

◦Mangi,

La suffissazione, al contrario può cambiare la categoria


◦Mangiabile,

lessicale della base (mangia -> mangiabile).

◦Immangiabile (*immangi)

Ex-con-vive-nte, Con-vive, Con-vive-nte.

* Ex-vive-nte * Con-ex-vive-nte * Ex-con-vive

Il processo di prefissazione è ricorsivo: può essere applicato al risultato di una sua precedente
applicazione.

Esistono lingue dove

1. La suffissazione è molto produttiva (italiano)

2. La prefissazione non esiste (turco)

↳ Le lingue (2) sono anche lingue OV e NP:

Esempio: bar al Maria vedo (N-P)

vedo al bar Maria

Nelle lingue in cui la prefissazione non esiste questa sembra essere una variazione parametrica
perché abbiamo un ordine delle parole nelle quali l’oggetto precede il verbo ed il nome precede la
preposizione che introduce.

Come possiamo spiegare la grande variabilità linguistica?

Per spiegare la variabilità linguistica Chomsky ha sviluppato la Teoria dei Principi e dei Parametri.

Secondo questa teoria esistono:

• Principi universali che governano l’acquisizione del linguaggio e determinano proprietà comuni a
tutte le lingue del mondo

• Variazioni parametriche dei principi universali: le lingue possono variare rispetto ad un dato
fenomeno relativamente ai due valori del parametro Attraverso questi concetti Chomsky cerca di
spiegare la variabilità linguistica.

• Principio: nelle lingue vi sono parole che svolgono una funzione di selezionatore e parole che
svolgono la funzione di selezionato

◦Il verbo è un selezionatore e seleziona un oggetto, il selezionato;

◦La preposizione è un selezionatore e seleziona un nome, il selezionato;

La variazione parametrica ci dice che in alcune lingue il selezionato precede il selezionatore e in altre
avviene l’opposto.

Le regole di derivazione

Le regole di derivazione hanno una forma di tipo funzionale/argomentale.

Esse sono diverse per le diverse parti del discorso. In generale possiamo dire che hanno tutte forma:

Esempio:

Le regole morfologiche hanno delle restrizioni di applicazione:

• Fonologiche

• Sintattiche:

◦N + -ista
-ista si applica ai nomi e non ai verbi -> bar/barista
◦V + -tore
-tore si applica a verbi agentivi -> correre/corridore

che denotano un evento che deve contemplare un agente (significato agentivo)

• Sematiche:

◦*exexmarito -> dal punto di vista sintattico va bene ma non dal punto di vista semantico.

Le violazioni di queste regole possono essere sfruttate ai fini comunicativi (I’m lovin’ it ).

Il progressivo può essere costruito solo con verbi di tipo agentivo, ovvero che denotano un evento nel
quale c’è un agente.

Amatore non significa “che sta amando”, questa è un’altra prova che amare non sia un verbo agentivo.

• Amare: denota stato → descrive uno stato di fatto

• Cucinare: denota evento → c’è un agente

Qual è l’ordine di composizione delle parole?

Oltre ai fenomeni derivazionali, in italiano abbiamo la possibilità di comporre due parole per formare
una parola nuova: composizione

Le lingue mostrano ordini nella composizione, che rispecchiano l’ordine sintattico della modificazione:

• In italiano la modificazione aggettivale segue il nome

Esempio: Un ragazzo intelligente

• In italiano, nelle parole composte, il modificatore segue la base

Esempio: Mela verde (frutto)

Verde mela (colore)

• In inglese il modificatore precede il nome, poi il modificato

Esempio: An intelligent guy

• In inglese, nelle parole composte, il modificatore precede la base

Esempio: Apple pie (torta di mele)

In generale nelle lingue germaniche il modificatore precede la base

Inoltre, strutture diverse sono associate a forme prosodiche diverse (ritmo e intonazione).

Lo strofinaccio è specifico per la cucina e l’appendino in questione ha


la specifica funzione di sostenere lo strofinaccio

Lo strofinaccio, che in questo caso è usato per la cucina, è su un


appendino generico.

Parole con o senza trattino?


• Portalettere
• Porta-lettere
• Porta lettere

Il dubbio che abbiamo sullo scrivere le parole composte con trattino o meno, che ci fa domandare se
abbiamo creato una nuova parola o una semplice espressione, è un dubbio di natura prescrittiva.

Strettamente legato all’abilità di leggere e scrivere, la quale deve essere insegnata a differenza
dell’abilità di parlare.

Per aiutarci possiamo affidarci a delle nostre intuizioni implicite: la regola ortografica ci dice che le
parole devono essere scritte tenendo attaccati i morfemi che le formano.

↳ Una parola è il più piccolo elemento che può essere inserito in una frase all’interno del quale
non possiamo inserire altri elementi.

• Bravo Porta lettere

*Porta Bravo lettere

Dunque, porta-lettere è una parola, indipendentemente da come lo scriviamo.

Parole

Abbiamo detto che, in realtà, anche le parole “semplici” tanto semplici non sono.

Esempio: Ragazzo, Ragazza, Ragazz-i, Ragazz-e *

Condividono una parte comune (lessema/entrata lessicale/forma base) e poi c’è varianza nel
fonema finale.

Forma base e forme derivate: genere e numero

• L’informazione di genere è codificata a livello lessicale: nel lessico abbiamo i lessemi (le parole)
ragazzo e ragazza. (= sono due lessemi distinti)

• L’informazione di numero è codificata a livello morfemico-flessivo: applichiamo un’operazione


morfologica ed otteniamo la forma plurale (ragazzi e ragazze)

*I fonemi i ed e sono due morfemi flessivi

◦FLESSIVI: possono contribuire al significato di una parola senza modificarla sostanzialmente e


senza modificarne la categoria grammaticale cui essa appartiene.

In italiano sono sempre alla fine della parola

Numero -> bello/i - bella/e

Caso grammaticale -> Tu/e -- Io/me

Tempo verbale -> cucino/cucinavo

Aspetto (come un’azione viene descritta nel tempo) -> cucinavo/cucinai

Modo -> cucino/cucinerei

◦DERIVAZIONALI: modificano il significato e/o la categoria grammaticale della parola cui


vengono aggiunti, li usiamo per formare parole nuove dalle parole che già conosciamo

Esempio: DolceAGG, dolcementeAVV

BallaV, ballabileAGG

Qual è la natura delle regole di flessione?

Esempio: Le ragazze istruite hanno aiutato le lavoratrici

La morfologia del nome, del verbo, dell’articolo e dell’aggettivo sono regolate da principi differenti.

• MORFOLOGIA CONTESTUALE: morfologia flessiva dell’articolo, dell’aggettivo e del verbo dipende dal
contesto sintattico in cui questi occorrono, da principi grammaticali.

Il contesto sintattico è essere un articolo, un aggettivo, o un verbo che sta in relazione con un nome

femminile plurale, che determina che questi escano con morfema femminile plurale

• MORFOLOGIA LIBERA: la scelta della morfologia flessiva del nome dipende da una libera scelta del
parlante.

Infatti accordiamo articolo ed aggettivo con il nome, non viceversa.

Ad esempio, nelle frasi:

• Il gatto corre

• I gatti corrono

In questi casi c’è un elemento flessivo che dipende da regole della lingua che si usa.

Ad esempio è il parlante che sceglie se usare gatto o gatti, ma invece aggettivo e articolo si mettono
d’accordo con il nome ma non li decide il parlante. Anche il verbo non dipende da una libera scelta del
parlante, dipende da qual è il soggetto della frase. Il verbo correre si accorda in numero e persona con
il nome che può essere flesso al singolare o al plurale.

Ma tornando al nostro primo esempio: Le ragazze istruite hanno aiutato le lavoratrici

Il parlante sceglie di usare il lessema femminile ragazza alla forma plurale perché decide di parlare di
una pluralità di individui di genere femminile che hanno una certa proprietà codificata da tale lessema.

L’aggettivo istruite e l’articolo le entrano il relazione con la parola ragazze.

Tali relazioni determinano che essi debbano ricevere morfemi flessivi di genere femminile e numero
plurale. L’applicazione di questi morfemi ad articolo ed aggettivo non è dunque a discrezione del
parlante, ma è determinata dalla relazione sintattica che queste parole hanno con il nome che
rispettivamente introducono e modificano.

Attenzione!
In italiano, i nomi hanno morfologia flessiva per il numero plurale, ma non per il genere.

Le distinzioni di genere, al contrario sono codificate a livello del lessema.

• Genere grammaticale: informazione che riguarda con quale forma aggettivi ed articoli devono
accordarsi al nome.

• Genere semantico: informazione che riguarda il genere biologico dell’individuo o dell’oggetto


denotato da quella parola.

➥ L’informazione di genere grammaticale codificata a livello del lessema non corrisponde ad un’informazione di genere
semantico.

Ad esempio, le parole sedia e tavolo hanno generi grammaticali differenti, ma non denotano oggetti con differenti generi
naturali (come invece fanno madre e padre).

Non dobbiamo identificare il genere (grammaticale e semantico) di una parola con il fonema con cui
finisce. In padre e madre, ad esempio, il fonema finale è sempre “e”, eppure le parole sono

associate a generi grammaticali e semantici differenti.

In italiano c’è però una regolarità: il genere grammaticale femminile è prototipicamente il genere di
parole che finiscono con il fonema in “a”, mentre quello maschile di parole che terminano in “o”.
Questo ci suggerisce che le informazioni di genere grammaticale siano codificate a livello lessicale e
vadano dunque imparate.

Il caso

Il caso è un’informazione che segnala la funzione sintattica di una parola all’interno di una frase.

Il contesto sintattico nel quale il pronome viene inserito determina la sua morfologia (accusativo o
nominativo). Quindi il morfema di caso è di tipo flessivo contestuale.

Esempio: - io/tu —> nominativo


Il contesto sintattico nel quale
- me/te —> accusativo
questo pronome è stato inserito
determina la morfologia di quel

pronome.

Tempo, modo e aspetto

• Il tempo indica quando avviene l’evento descritto → tempo

• Il modo indica il modo in cui l’evento descritto dal verbo ha luogo (reale, dei desideri, ad alcune
condizioni, ecc.) → modo

• L’aspetto indica come viene descritto l’evento nel tempo → tempo nello specifico (prossimo, remoto,
trapassato, ecc.)
La flessione di tempo, modo e aspetto dipende dalla libera scelta del parlante.

La morfologia

• Morfologia composizionale: abilità di comporre parole nuove.

• Morfologia derivazionale: abilità di attaccare dei morfemi ad una parola per ottenerne di nuove

• Morfologia flessiva: morfologizza categorie grammaticali che la grammatica richiede che siano
obbligatoriamente espresse; esprime tratti rilevanti per la sintassi

• Morfologia flessiva contestuale: viene determinata dal contesto sintattico in cui le parole
occorrono; parliamo di morfologia di accordo .

Le lingue possono differire nell’insieme delle categorie che devono essere necessariamente espresse.

Quale relazione esiste tra morfologia derivazionale e contestuale?

Modello della SPLIT MORPHOLOGY di Anderson (1977)

Secondo questo modello:

• I processi derivazionali hanno luogo prima che un’espressione venga inserita in una

derivazione sintattica (prima che si inizi a costruire una frase).

• I processi flessivi contestuali hanno luogo nella componente sintattica (durante la

produzione di una frase).

Se ciò è vero, questo sistema predice che in una frase dovremmo trovare un ordine delle

marcature sulla parola, cioè un ordine di applicazione dei morfemi sulle parole.

L’ordine devee ssere:

1) Lessema (estraiamo il lessema dal nostro lessico)

2) Morfema derivazionale (applichiamo una operazione derivazionale)

3) Morfema flessivo (inserisco la parola all’interno di una frase e il contesto sintattico darà

luogo a una certa forma flessiva della parola) richiede che questo verbo esca alla forma canticchiavo).

che determina il caso morfologico.

Ad esempio, per ottenere la frase “Ieri io canticchiavo”:

1. Io cant- (accedo al lessico ed estraggo il lessema)

2. Io cant-icchi (applico un morfema derivazionale)

3. Io cant-icchi-av-o (attacco il morfema flessivo -av e unisco canticchiav- con il soggetto, che

Una frase del tipo “Ieri io cant-avo-icchi” viola questo ordine e per questo è agrammaticale.

La competenza linguistica: innata o acquisita?

Esistono due tesi linguistiche:

• Innatista: la competenza linguistica fa uso di conoscenze innate. Secondo questa posizione


esisterebbero principi universali che fanno sì che le lingue vengano acquisite in un modo o in un
altro sulla base di codificazioni genetiche. (Chomsky)

◦Emergentista: abbiamo delle abilità cognitive più generali che sono innate, a partire da queste,
tramite l’esperienza e il contesto sociale in cui siamo immersi sviluppiamo le nostre competenze
linguistiche (Tomasello)

• Non innatista: la competenza linguistica si basa su conoscenze acquisite durante un processo


cognitivo che fa uso di abilità cognitive più generali. Anche quest’ultime sono il risultato di un
processo d’acquisizione e non sono perciò innate - tabula rasa-

SINTASSI

Le parole formano raggruppamenti naturali (costituenti) che stanno in relazione gerarchica, non lineare,
tra di loro.

Costituente: raggruppamento naturale di parole

Linguaggio come organo?

Se il linguaggio è simile a una funzione organica, allora ci aspettiamo che abbia una componente
innata e non derivi solo e unicamente dall’esperienza.

Quale natura hanno le regole grammaticali?


Se le regole grammaticali derivano dall’esperienza e sono un prodotto socioculturale, allora dovremmo
trovare diversi tipi di regole che sono state generate da diverse convenzioni socioculturali (differenti tipi
di società producono differenti tipi di regole grammaticali).

Pensare che il linguaggio abbia regole basate sull’ordine lineare delle parole sarebbe più plausibile
secondo l’ipotesi che le regole del linguaggio sono un prodotto socioculturale, in quanto sembrano
abbastanza semplici.

Discutiamo l’esempio di regola che determina il significato dei pronomi.

Quali regole determinano il significato di un pronome?

Il pronome è un’espressione anaforica, il cui significato dipende da quello di un’espressione


precedentemente introdotta nel discorso.

Esempio: Lucai è intelligente. Luii ha anche studiato molto.

Il pronome lui si riferisce allo stesso individuo denotato dal nome Luca. I linguisti indicano l’identità di
riferimento di due espressioni - in questo caso Luca e lui - attraverso il coindiciamento, ovvero lui e
Luca hanno un indice i.

Questo indice ci dice che queste due espressioni si riferiscono a uno stesso individuo.

I pronomi ricevono significato attraverso un legame anaforico. Il legame è però soggetto a delle

restrizioni: il pronome e il suo antecedente anaforico devono accordarsi in numero, genere e

persona.

Le regole del linguaggio

Le regole del linguaggio non sono regole prescrittive.

Regole prescrittive: sono oggetto di istruzione esplicita, ci vengono infatti insegnate a scuola.

• Esempi di regole prescrittive:

◦Non si può dire a me mi piace;

◦Nell’antecedente di un enunciato ipotetico controfattuale bisogna mettere un verbo al modo


congiuntivo, e nel conseguente al modo condizionale;

◦I nomi propri non devono essere preceduti da una articolo.

Queste sono regole che ci sono state insegnate e prescrivono come dobbiamo combinare le

parole, ma sono spesso violate dai parlanti.

Le regole del linguaggio hanno natura completamente differente: le regole del linguaggio sono

regole che non ci vengono insegnate, sono implicitamente conosciute da tutti i parlanti nativi di

una data lingua.

“Un cane morde il bambino”

In questa frase abbiamo un certo numero di parole combinate tra loro per ottenere una sequenza che
giudichiamo essere una sequenza corretta di parole della nostra lingua.

È una sequenza finita, grammaticale e che può essere vera o falsa a seconda delle circostanze che

descrive.

Le parole da cui siamo partiti possono essere, in linea teorica, combinate in modi diversi:

1) Un cane morde il bambino.


2) Un bambino morde il cane.
3) *Un morde bambino cane il.

Non tutte le combinazioni sono ammissibili: la frase in 3 è agrammaticale.

Consideriamo come regole del linguaggio le varie possibilità di combinazione di elementi del

linguaggio che danno luogo ad espressioni che sono ben formate, ovverosia che sono esperite

o sentite come frasi grammaticalmente possibili di una determinata lingua da parte dei parlanti.

La grammatica può essere vista come un filtro delle combinazioni possibili di elementi primitivi

(parole, morfemi, suoni…).

Come si «imparano» le regole linguistiche? Il comportamentismo verbale

Potremmo ipotizzare che un bambino, nella fase di acquisizione del linguaggio:

1. Si basi sull’input linguistico a cui è esposto,

2. Cerchi di desumere da quell’input delle regolarità,

3. Formuli delle ipotesi sulle possibili regole,

4. Produca delle frasi ottenute applicando le regole ipotizzate.

- Se la frase prodotta è corretta, avrà un feedback positivo.

- Se la frase prodotta è sbagliata, avrà un feedback negativo e ricomincerà a formulare nuove ipotesi
da testare.

Questo tipo di approccio è un approccio che ha caratterizzato la teoria di acquisizione del linguaggio in
ambito comportamentista e che ha come suo principale rappresentante lo psicologo americano
Skinner (verbal behavior, 1957).

Secondo il comportamentismo, il meccanismo per apprendere il linguaggio è lo stesso usato per

apprendere a giocare a scacchi, a fare i calcoli, ecc.

È un meccanismo del rinforzo dell’associazione tra stimolo e risposta.

I bambini:

• Ricevono un rinforzo positivo (segni di approvazione) per frasi/parole corrette.

• Ricevono un rinforzo negativo (segni di disapprovazione) per frasi/parole non corrette.

Tuttavia, il comportamentismo verbale non può essere corretto perché:

1) Il bambino produce frasi ed espressioni che non ha mai sentito e per i quali non ha mai avuto un
rinforzo;

2) Il bambino non riceve quasi mai feedback negativi quando produce espressioni non grammaticali
perché i genitori e le persone con le quali il bambino interagisce sono interessate ai contenuti delle
produzioni del bambino, e non alla loro forma (questo accade nelle prime fasi dello sviluppo del
linguaggio del bambino).

3) Gli studi hanno mostrato che il feedback negativo non ha effetti

- bambini perseverano nei loro errori-.

Conferenza pronominale
Consideriamo ora le frasi:

1. Charlie Brown dice che lui è stanco.

2. Charlie Brown dice che (prolui) è stanco.

La frase 2 contiene un pronome sottointeso, latente, che non viene pronunciato dai parlanti.

Le frasi 1 e 2 hanno un significato che è molto simile, ma non è esattamente lo stesso.

Chi è “lui"? Ossia, chi è stanco?

Ci sono due possibilità:

A. Charlie Brown dice di se stesso di essere stanco.

B. Charlie Brown dice di un altro individuo che quell’individuo è stanco.

• Nel caso in cui (1) ha il significato riportato in (A) si parla di coreferenza pronominale, ossia il
pronome lui ha lo stesso riferimento (=coreferenza) di un altro sintagma nominale (Charlie Brown)
nella stessa frase, ovvero lui e Charlie Brown denotano lo stesso individuo.

• Nel caso in cui (1) ha il significato riportato in (B) si parla di riferimento disgiunto, ossia il pronome lui
ha un riferimento differente da un altro sintagma nominale (Charlie Brown) nella stessa frase.

La frase 1 — Charlie Brown dice che lui è stanco — può voler dire due cose:

Questo è possibile perché il pronome lui può riferirsi a due individui: a Charlie Brown o a Snoopy.

COREFERENZA PRONOMINALE
RIFERIMENTO DISGIUNTO

• Il pronome lui si riferisce a Charlie Brown


• Il pronome lui si riferisce a Snoopy

• Il pronome ha lo stesso riferimento del sintagma


• Il pronome e il sintoma nominale Charlie Brown si
Charlie Brown

riferiscono ad individui diversi

Consideriamo ora la frase:

3. Lui dice che Charlie Brown è stanco.

Chi è “lui"? Ossia, chi dice che Charlie Brown è stanco?

In questo caso lui può riferirsi solo e unicamente ad un altro individuo, e non può riferirsi a

Charlie Brown stesso.

La frase in (3) non può voler dire «Charlie Brown dice di se stesso di essere stanco».

Nella frase in (3) non ci può essere lo stesso riferimento tra il pronome lui e il nome Charlie Brown.

La frase 3 — Lui dice che Charlie Brown è stanco — può solo riferirsi ad un altro individuo:

SOLO riferimento disgiunto

• In questo caso il pronome ha significato disgiunto.

• Lui e Charlie Brown non sono lo stesso individuo (lui in

questo caso è Snoopy).

• Il pronome può solo riferirsi ad un altro individuo.

Quale regola dice quando un pronome può avere lo stesso riferimento di un nome?

(1) Charlie Brown dice che lui è stanco. [lui può essere Charlie Brown]

(3) Lui dice che Charlie Brown è stanco. [lui non può essere Charlie Brown]

Ipotesi di regola lineare: potremmo ipotizzare che siccome un pronome sta al posto di un nome, deve
prima esserci il nome perché il pronome possa corifervisi.

In realtà questa regola è sbagliata.

(4) Quando lui è stanco, Charlie Brown ha mal di testa. — riferimento congiunto: lui occorre prima di
Charlie Brown, eppure entrambi hanno lo stesso riferimento.

(5) A Charlie Brown lui non rivolge la parola. — riferimento disgiunto: Charlie Brown occorre prima di
lui, eppure non possono essere lo stesso individuo.

Per formulare una regola corretta occorre identificare una struttura gerarchica per decidere quando
un pronome ed un nome possono avere lo stesso riferimento.

Perciè se l’ordine lineare non funziona, allora uso l’ordine gerarchico:


Il costituente

I costituenti:

- sono delle sequenze che formano delle unità naturali di parole.

- sono le unità gerarchiche di base di una frase.

Possiamo identificare i costituenti attraverso delle operazioni sintattiche, ovverosia delle operazioni
che compiamo normalmente mentre parliamo.

Queste operazioni applicano una trasformazione ad un gruppo di parole di una frase: se il risultato
della trasformazione è una frase grammaticale allora il gruppo di parole è un costituente.

Secondo i linguisti, la seconda frase (chiamata frase


scissa) - È Charlie Brown che è stanco - è stata
generata a partire dalla prima per mezzo
dell’applicazione di una regola linguistica.

Le frasi scisse vengono ottenute da delle frasi «normali», spostando degli elementi X, e mettendoli
all’interno di questa struttura:

Possiamo utilizzare la costruzione della frase scissa come un test di costituenza.

Il costituente più grande di tutti è la frase stessa, visto che essa è senza dubbio un gruppo di parole
che forma un’unità naturale.

• L’underscore __ indica la posizione che è occupata nella frase di partenza dalla sequenza di parole X
che viene spostata.

• “dice che tu” non forma un gruppo naturale di parole, infatti la frase scissa è agrammaticale:

È dice che tu che Gianni __ vincerai la gara.

N.B: Solo i costituenti, gruppi naturali di parole, superano il test della frase scissa.

Un gruppo di parole è un costituente relativamente alla frase in cui quel gruppo di parole occorre.

Un gruppo di parole non è costituente a priori, ma in relazione alla frase in cui si trova.

Ad esempio, il pronome lui e il nome Snoopy non sono in assoluto costituenti (non lo sono a priori).

La coreferenza pronominale
Quale regola dice quando un pronome può avere lo stesso riferimento di un nome?

Bisogna identificare il costituente più piccolo che contiene il pronome applicando il test della frase
scissa.

• Frase 1: Charlie Brown dice che lui è stanco.

• Frase scissa: È che lui è stanco che Charlie Brown dice __.

◦in (1) il più piccolo costituente che contiene il pronome è il gruppo di parole “che lui è stanco”. •

• Frase 2: Quando lui è stanco, Charlie Brown ha mal di testa.

• Frase scissa: È quando lui è stanco che __ Charlie Brown ha mal di testa.

◦in (2) il più piccolo costituente che contiene il pronome è il gruppo di parole “quando lui è
stanco”.

Notiamo che in (1) e in (2) il più piccolo costituente che contiene il pronome non contiene il nome
Charlie Brown.

Possiamo ipotizzare che quando il più piccolo costituente che contiene il pronome NON contiene il
nome, il pronome può riferirsi alla stessa persona a cui si riferisce il nome. (Può essere coreferente)

• Frase 3: Lui dice che Charlie Brown è stanco.

• Frase scissa: Lui dice che Charlie Brown è stanco.

◦In (3) il più piccolo costituente che contiene il pronome è tutta la frase.

• Frase 4: A Charlie Brown lui non rivolge la parola.

• Frase scissa: A Charlie Brown lui non rivolge la parola.

◦In (4) il più piccolo costituente che contiene il pronome è tutta la frase.

Notiamo che in (3) e in (4) il più piccolo costituente che contiene il pronome contiene anche il nome
Charlie Brown.

Possiamo ipotizzare che quando il più piccolo costituente che contiene il pronome contiene anche il
nome, il pronome NON può riferirsi alla stessa persona a cui si riferisce il nome. (Riferimento disgiunto)

Acquisizione e povertà dello stimolo

Queste considerazioni che riguardano la natura delle regole grammaticali sono state sfruttate dai

linguisti per sostenere che il linguaggio abbia una componente innata e che ci debba essere una
predisposizione genetica per l’acquisizione e la crescita delle regole sintattiche che ci permettono di
sviluppare la nostra competenza linguistica.

Dal punto di vista della tabula rasa, individuare una regola come quella della coreferenza pronominale
è estremamente complesso perché la cosa più semplice e intuitiva che potrebbe fare il bambino alla
nascita è quella di affidarsi all’ordine lineare delle parole (abbiamo però visto che le informazioni di
ordine lineare non funzionano e sono forvianti).

La natura delle regole grammaticali è estremamente complessa e non è evidente direttamente.

Lo stimolo è troppo povero perché un bambino possa acquisire una regola così complessa dal

punto di vista combinatorio (che fa uso di relazioni di tipo gerarchico-stutturale).

È sorprendente come i bambini riescano a padroneggiare una regola così


complessa.

I bambini monolingue italiano a 3 anni sanno che la frase in (1) non può essere
usata per descrivere la situazione raffigurata in B (esperimento condotto dalla
ricercatrice che ha lavorato

sui fenomeni di coreferenza pronominale nei bambini in diverse lingue del


mondo).

Come abbiamo detto, i linguisti (e Chomsky in particolare) sostengono che le regole siano troppo
complesse per essere apprese da un bambino sulla base degli stimoli a cui è esposto nel tempo breve
in cui le apprende.

Lo stimolo è troppo povero per poter condurre il bambino alla regola giusta. La ragione per cui lo
stimolo sarebbe troppo povero è che la regola viene computata su una struttura astratta che non ha un
riflesso sull’organizzazione fisica della frase.

Quindi, la regola di coreferenza non sarebbe appresa, ma sarebbe invece parte del patrimonio
genetico del bambino (nei nostri geni è codificato come si svilupperà il nostro cervello e come si
svilupperà il nostro cervello determinerà come alcune informazioni verranno processate).

Se la regola di coreferenza fa parte del patrimonio genetico, ci si aspetta che essa sia un universale
linguistico, ovvero sia presente in tutte le lingue parlate dagli appartenenti alla nostra specie.

Questo sembra essere corretto, almeno nelle lingue che sono state studiate finora.

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LEZIONE 18 - COSTITUENTI E SINTAGMI

Test della frase scissa


frase: Snoopy vuole cucinare una frittata.
• voglio verificare che il gruppo di parole “una frittata” sia un costituente.

• test della frase scissa: È una frittata che Snoopy vuole cucinare __

• ottengo una frase grammaticale, quindi “una frittata” è un costituente.

Oltre al test della frase scissa, si possono applicare più test grammaticali per verificare se un gruppo
di parole è un costituente.

Test della proforma


• il test della proforma consiste nel sostituire un gruppo di parole con un pronome. Se posso
sostituire quel gruppo di parole con un pronome, allora quel gruppo di parole è un costituente.

frase: Snoopy vuole cucinare una frittata.


• voglio verificare che il gruppo di parole “una frittata” sia un costituente.

• test della proforma: Snoopy vuole cucinarla.

Snoopy la vuole cucinare.

• ottengo una frase grammaticale, quindi “una frittata” è un costituente.

frase: Snoopy vuole andare a Roma in bici.


• voglio verificare che il gruppo di parole “a Roma” sia un costituente.

• test della proforma: Snoopy vuole andarci in bici. (ci è un pronome clitico).

• ottengo una frase grammaticale, quindi “a Roma” è un costituente.

frase: Snoopy ha parlato di Roma ad un mio amico.

• voglio verificare che il gruppo di parole “di Roma” sia un costituente.

• test della proforma: Snoopy ne ha parlato ad un mio amico.


• ottengo una frase grammaticale, quindi “di Roma” è un costituente.

frase: Snoopy è felice.

• voglio verificare che il gruppo di parole “felice” sia un costituente.

• test della proforma: Snoopy lo è.


• ottengo una frase grammaticale, quindi “felice” è un costituente.

I costituenti possono essere costituenti complessi che contengono al loro interno altri costituenti.
frase: Snoopy vuole cucinare una frittata.
• voglio verificare che il gruppo di parole “cucinare una frittata” sia un costituente.

• test della proforma: Snoopy lo vuole.


Snoopy vuole farlo.

• ottengo una frase grammaticale, quindi “cucinare una frittata” è un costituente.

• si tratta di un costituente complesso in quanto si tratta di un costituente che contiene un altro


costituente: [cucinare [una frittata].

• per alcuni costituenti non abbiamo pronomi in italiano (ciò non vuol dire che quel gruppo di
parole non sia un costituente perché non abbiamo un gruppo di parole per poterlo sostituire).

• in italiano, per alcune classi di espressioni, non abbiamo pronomi (ad esempio le espressioni
temporali).

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Test di enunciabilità in isolamento


• se un gruppo di parole è un costituente può essere pronunciato in isolamento, per esempio
come risposta a una domanda.

frase: Snoopy vuole andare a Parigi in bici con il compagno di corso.

• test: dove vuole andare in bici Snoopy? A Parigi.

• test: con chi vuole andare a Parigi in bici Snoopy? Con il compagno di corso.

• test: come vuole andare a Parigi Snoopy? In bici.

• "a Parigi”, “con il compagno di corso” e “in bici” sono costituenti.

Test di non inseribilità


• se un gruppo di parole è un costituente non possiamo inserire un costituente al suo interno.

frase: Snoopy vuole andare a Parigi in bici con il compagno di corso domani.
• test: Snoopy vuole andare a Parigi in domani bici con il compagno di corso. (questa frase è
agrammaticale)

Test della coordinazione


• solo i gruppi di parole che formano costituenti possono essere coordinati, per esempio
attraverso la congiunzione "e" o la disgiunzione “o”.

• se un gruppo di parole è un costituente, allora posso coordinarlo con un altro gruppo di parole
che è a sua volta un costituente.

- test: Snoopy vuole andare a Parigi in bici o in deltaplano.

- test: Snoopy vuole andare a Parigi e a Roma in bici.

• si possono coordinare solo costituenti dello stesso tipo:

- test: Snoopy vuole andare a Parigi o domani.

• nella nostra grammatica mentale noi sappiamo distinguere fra ciò che è un costituente e ciò che
non lo è.

• sappiamo anche dividere i costituenti in diverse tipologie (i sintagmi nominali, quelli


preposizionali, quelli aggettivali ecc.) e li combiniamo secondo certi schemi che fissano la loro
compatibilità reciproca.

Test dell’ellissi
• possiamo cancellare o elidere gruppi di parole che sono costituenti.

• solo i gruppi di parole che formano costituenti possono essere omessi.

frase: Snoopy will go to Rome and Lucy will go to Rome too.

• test: Snoopy will go to Rome and Lucy will __ too.

frase: Snoopy vorrebbe andare a Parigi ma forse non vorrebbe andare a Parigi.

• test: Snoopy vorrebbe andare a Parigi ma forse non vorrebbe __ .

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