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NUOVO MANUALETTO DI LINGUISTICA ITALIANA – M.

DARDANO

Capitolo I – Principi generali e indirizzi di studio


1.1 La linguistica è la scienza che studia il linguaggio e le lingue. Il linguaggio è l’insieme dei fenomeni di
comunicazione e di espressione che si manifestano sia nel mondo umano che al di fuori di esso. La lingua è il
modo concreto e storicamente determinato in cui si manifesta la facoltà del linguaggio.
1.1.1 Linguaggio: capacità di usare un qualsiasi sistema di segni per comunicare  anche gli animali e le
macchine hanno un loro linguaggio, e gli uomini possono comunicare anche con linguaggi diversi da quello
verbale. Il linguaggio verbale umano è però tra tutti il più “potente”, perché è capace di esprimere qualunque
cosa nei modi più vari. Si articola in suoni e si può trasmettere a distanza, in molteplici condizioni (anche
svantaggiose) e può superare anche ostacoli fisici. I linguaggi animali hanno finalità abbastanza elementari
(segnali di territorio, di corteggiamento, di richiamo, ecc.), quello verbale umano presenta una maggiore
varietà di realizzazioni. Varie caratteristiche del linguaggio verbale umano si trovano anche (in modi diversi)
in quelli animali e artificiali.
L’uomo usa anche linguaggi non verbali:
▪ Comportamenti cinetici: gesti, movimenti del corpo, espressioni della faccia, atteggiamento
generale delle persone;
▪ Paralinguaggio: insieme di atteggiamenti che da soli o insieme al linguaggio verbale servono a
esprimere ciò che si sente (tonalità della voce, sospiri, interruzioni, pianto, sbadigli);
▪ Uso dello spazio e rapporto spaziale tra gli individui;
▪ Uso di artefatti, come abiti e cosmetici.
Il linguaggio del corpo, la danza delle api, gli odori emessi da alcuni animali non possono però essere definite
lingue vere e proprie (lingua: modo concreto e storicamente determinato in cui si manifesta la facoltà del
linguaggio).
Lingue storico-naturali: tutte le lingue del mondo, nate nel corso della storia della civiltà umana, che
riflettono situazioni, mentalità e culture diversi, e che si sono manifestate in luoghi e ambienti diversi
(storiche: hanno una storia, un’evoluzione; naturali: contrapposte a linguaggi artificiali.
Potenza del linguaggio umano: con il linguaggio umano, articolato in suoni, si può parlare di tutto, mentre
con quelli animali e artificiali si può parlare solo di alcune cose.
1.1.2 Il segno è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro; si distingue tra:
▪ Segni naturali (o indici): strettamente legati ai rispettivi significati da relazioni di causa-effetto (ad
es. fumo è sempre sego di qualcosa che brucia);
▪ Segni artificiali: sono arbitrari e decisi in base a una convenzione (ad es. lettere alfabeto, colori
semaforo)
I segni di uno stesso tipo si combinano tra loro per creare un codice, che in base al numero di segno che lo
costituiscono e a come questi segni possono combinarsi tra loro può essere:
▪ Codice elementare: es. spia della benzina (2 segni: accesa/spenta), semaforo (3 segni: verde, giallo,
rosso  in realtà può avere segni aggiuntivi, es. freccia verde a sinistra, che possono combinarsi tra
loro)  sono segni globali, che non possono essere “analizzabili in costituenti” e che non presentano
quindi un secondo livello di analisi (neanche se due segni sono accostati, es. luce rossa + freccia
verde a sinistra)
▪ Codice complesso: es. codice Morse (ogni lettera dell’alfabeto è ulteriormente divisibile, cioè
“analizzabile in costituenti” di base, che sono 2, la linea e il punto, che si combinano di volta in volta
in vario numero e disposizione).
 I segni, con i loro rispettivi significati, una volta che sono stati attribuiti a un codice, non possono più
essere cambiati (a meno che non cambi la convenzione che regola il funzionamento del codice).
1.1.3 Quando parliamo a qualcuno compiamo 3 operazioni, per lo più in modo automatico e inconsapevole:
▪ Decidiamo di parlare di qualcosa e cerchiamo di chiarire questo qualcosa dentro noi stessi;
▪ Troviamo un’espressione che sia capace di comunicare tale contenuto;
▪ Dopo aver trovare l’espressione, eseguiamo un controllo per verificare se possa comunicare in modo
adeguato il contenuto scelto.
 Con questo processo compiamo una codificazione, ovvero attribuiamo il codice “lingua italiana” al
contenuto del nostro pensiero. Chi ascolta fa (in automatico) l’inverso, ossia una decodificazione. Di solito il
contenuto prodotto dl locutore e il contenuto ricevuto e interpretato dall’ascoltatore coincidono, ma può
essere che il secondo interpreti quanto abbiamo detto in un modo che non corrisponde alla nostra intenzione
comunicativa. Ovviamente possiamo codificare e decodificare in una lingua solo se la conosciamo.
1.1.4 La lingua serve per comunicare con gli altri, ma ha anche altre importanti funzioni, tra cui:
▪ Parlare con sé stessi;
▪ Far nascere nuovi pensieri;
▪ Inventare un mondo che non esiste;
▪ Affermare i rapporti tra noi e il nostro interlocutore;
▪ Convincere gli altri a fare qualcosa, se abbiamo una buona proprietà di linguaggio (e parliamo quindi
in modo corretto ed efficace);
▪ Compiere un’azione (es. una promessa, un giuramento, un battesimo);
▪ Il linguaggio può parlare di sé stesso  metalinguaggio.
6 fattori della comunicazione di Roman Jakobson: il mittente (o locutore, o parlante) invia al destinatario un
messaggio, che si riferisce a un contesto, ossia alla realtà che ci circonda. Per potersi capire, devono usare lo
stesso codice e devono instaurare un contatto, che è sia un canale fisico che una connessione psicologica tra
i due, che permettere di stabilire e mantenere la comunicazione.

Contesto
(f. referenziale)

Mittente Contatto Codice Destinatario


Messaggio
(f. emotiva) (f. fàtica) (f. conativa)
(f. poetica) (f. metalinguistica)

Possiamo basare la nostra comunicazione su ciascuno di questi 6 fattori  di volta in volta useremo una (o
di solito di più) delle funzioni del linguaggio:
▪ Funzione emotiva: il mittente cerca di manifestare nel messaggio il proprio stato d’animo (modula
la voce, allunga vocali toniche, altera ordine “normale” delle parole);
▪ Funzione conativa: il mittente vuole influire sul destinatario, per convincerlo, per suscitare in lui una
reazione favorevole o sfavorevole (usa il vocativo, l’imperativo, un tono fermo della voce);
▪ Funzione referenziale: il mittente vuole rimarcare semplicemente un fatto in sé, sul contesto (si usa
la frase “normale”);
▪ Funzione fàtica: il mittente verifica che il contatto con il destinatario sia attivo (brevi enunciati come
“Mi senti? Mi stai ascoltando?”);
▪ Funzione metalinguistica: il linguaggio parla di sé, ci si concentra sul codice; il mittente riflette sulle
parole, sulla loro forma, funzione e significato;
▪ Funzione poetica: comunicazione incentrata sul messaggio, con attenzione all’aspetto fonico delle
parole, al parallelismo tra le frasi e le parti di frasi che compongono un testo, alla scelta dei vocaboli
e delle costruzioni  presente tutte le volte che il mittente è molto interessato alla forma del
messaggio, es. nei messaggi pubblicitari. È una componente fondamentale del linguaggio umano,
può essere presente, in varia misura, anche all’esterno della letteratura: nel linguaggio infantile, nella
pubblicità, nella lingua di ogni giorno, con figure retoriche, giochi di parole e di suoni.
1.1.5 Campi di ricerca della linguistica:
▪ Fonologia: studio delle unità distintive minime della lingua, i fonemi;
▪ Morfologia: studio della struttura della parola e descrizione delle varie forme che le parole assumono
in rapporto alle categorie di numero, genere, modo, tempo e persona;
▪ Sintassi: studio delle regole in base alle quali le parole si combinano tra loro e formano delle frasi;
▪ Semantica: studio dei significati delle parole e delle frasi.
Discipline linguistiche:
▪ Linguistica interna: studia il funzionamento e l’evolversi della lingua considerandola
indipendentemente dalla società e dalla storia;
▪ Linguistica esterna: studia l’influsso del mondo esterno (della società e della storia) sulla lingua;
▪ Linguistica sincronica: studia la lingua di un determinato periodo storico;
▪ Linguistica diacronica: studia lo sviluppo di una varietà linguistica nel tempo;
▪ Linguistica storica: cerca di ricostruire le fasi antiche di una o più lingue;
▪ Linguistica comparata: mette in luce i rapporti tra lingue che appartengono alla stessa famiglia;
▪ Linguistica generale (o teorica): analizza il linguaggio verbale umano per accertare i modi generali
della sua organizzazione, le sue funzioni, la sua posizione rispetto ad altre facoltà dell’uomo;
▪ Linguistica applicata: considera l’applicazione dei princìpi della linguistica a varie discipline e tecniche
particolari  insegnamento delle lingue vive (glottodidattica), traduzione, uso degli elaboratori
nell’analisi linguistica;
▪ Sociolinguistica: scienza del comportamento verbale nei suoi aspetti sociologici, studia i rapporti tra
lingua e strutture sociali;
▪ Psicolinguistica: considera i rapporti tra lingua e pensiero, analizzando tra l’altro i problemi della
comprensione del linguaggio, della memoria e dell’apprendimento linguistico del bambino.
La riflessione sul linguaggio e sulle lingue è molto antica, ed era già in nuce con Aristotele (IV sec. a.C.) e la
sua logica delle forme linguistiche. La linguistica moderna si afferma all’inizio dell’800 come scienza
autonoma, grazie allo studio del sanscrito e alla scuola romantica tedesca. Agli inizi del XX sec. nasce la
grammatica comparata, basata su principi rigorosi e sul confronto delle lingue indoeuropee. Si formulano le
leggi fonetiche e vi è l’influsso della teoria evoluzionistica di C. Darwin. Importante è la nascita della
dialettologia, sviluppata in particolare da Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907); lo studio dei dialetti fu integrati
nei metodi e nei risultati dalla cosiddetta geografia linguistica (o geolinguistica), aperta da Jules Gilliéron
(1854-1926). La linguistica generale nasce con Ferdinand de Sassure (1857-1913), le cui idee sono alla base
dello Strutturalismo e hanno trovato vario sviluppo tra il 1930 e il 1950 presso diverse scuole, una cui
caratteristica comune è un’accentuazione della prospettiva funzionalista. Alla fine degli anni ’50 negli USA si
afferma la grammatica generativo-trasformazionale di Noam Chomsky (nato nel 1928). Altri tre indirizzi
hanno avuto grande sviluppo negli ultimi cinquant’anni: la sociolinguistica, la linguistica del testo (considera
il testo come la vera unità dell’analisi linguistica) e la linguistica pragmatica (studia il parlare in quanto forma
di agire linguistico all’interno di una determinata situazione comunicativa).
1.1.6 La grammatica è una disciplina che ha per oggetto la conoscenza sistematica del funzionamento di una
lingua. A seconda del punto di vista e delle finalità che si assumono, ci sono:
▪ Grammatica normativa: grammatica vista come l’insieme delle norme che regolano l’uso di una
lingua, il cui fine è correggere gli errori di chi scrive e proporre un modello di lingua;
▪ Grammatica descrittiva: descrive uno stato della lingua (o di un dialetto) in un determinato
momento storico;
▪ Grammatica storica: considera gli aspetti evolutivi di una lingua;
▪ Grammatica comparata: ramo della linguistica che, sulla base di una serie di corrispondenze
sistematiche tra più lingue, stabilisce tra queste dei rapporti genealogici;
▪ Grammatica generale: cerca di stabilire delle leggi generali che siano comuni a tutte le lingue;
▪ Grammatica strutturale: corrisponde allo strutturalismo;
▪ Grammatica del testo: corrisponde alla linguistica testuale e dipende dalla competenza testuale.
1.1.7 Negli ultimi anni si è sviluppata la linguistica cognitiva, che si propone di analizzare il rapporto tra il
linguaggio e le altre facoltà cognitive dell’uomo. Ha due correnti principali:
▪ Modularistica: sottolinea l’autonomia del linguaggio nei confronti delle facoltà cognitive dell’uomo,
concentrandosi sulle proprietà inerenti ed esclusive che caratterizzano il sistema linguistico;
▪ Olistica: sottolinea l’interazione con le altre facoltà mentali, partendo dal presupposto che vi sono
princìpi di concettualizzazione e categorizzazione universali.
Tra gli studi riguardanti l’intelligenza artificiale, si è diffuso il modello simbolico-funzionalistico, in base a cui
si considera l’uomo come un sistema di elaborazione dati. Un altro recente indirizzo è la tipologia linguistica,
che elabora una classificazione delle lingue sulla base delle loro caratteristiche strutturali ai vari livelli di
analisi (fonologia, morfologia, sintassi). Una recentissima corrente è la linguistica computazionale, che si
propone di elaborare dei modelli informatici che facilitino la ricerca linguistica; una sua fruttuosa applicazione
è la cosiddetta marcatura dei testi.
1.2 Lo strutturalismo: Sassure parte dalla considerazione che la lingua è un sistema complesso in cui tutti i
componenti si condizionano a vicenda. Ogni lingua non è una lunga lista di parole, in cui ognuna corrisponde
a una cosa, un’azione, un’idea. Soltanto in alcuni settori del lessico (come le denominazioni scientifiche di
animali e piante) vi è una corrispondenza esatta tra vocabolo e referente nelle varie lingue. In tutte le lingue
esiste in genere più di una parola per indicare la stessa entità (ossia lo stesso referente), es:
ITALIANO: legno legna legname bosco
FRANCESE: bois

ITALIANO: scala
INGLESE: ladder stairs staircase scale

Ciascuna lingua ha quindi un suo modo di rappresentare, descrivere e interpretare il mondo che ci circonda.
1.2.1 Ciascun segno linguistico possiede due facce: l’immagine acustica (o significante), cioè la successione
di suoni linguistici che lo compongono, e il concetto che esso esprime (o significato).
Quindi: segno linguistico = significante + significato
Il legame che unisce significante e significato è arbitrario  sono convenzioni stabilite dagli uomini. Di solito
ha una motivazione storica, ma per il comune parlante (che non conosce la storia della propria lingua) questo
legame è una convenzione accolta da tutta la comunità linguistica a cui appartiene. In alcuni casi, il significato
di un segno risulta, almeno parzialmente, motivato: succede di solito con i nomi composti (dalla somma dei
singoli significati si può ricostruire il significato complessivo) e i derivati. Il legame tra significante e significato
è parzialmente motivato anche nelle onomatopee, che sono forme di iconismo. Esistono diverse forme di
iconismo:
▪ A livello fonologico, oltre alle onomatopee vere e proprie, abbiamo alcune parole che imitano suoni
reali, come sussurrare, mormorare, strisciare, zanzara.
▪ A livello morfologico, una nozione semanticamente più complessa viene a volte espressa con una
parola più lunga: il comparativo e il superlativo sono in genere più lunghi rispetto all’aggettivo di
grado positivo; in numerose lingue il plurale è formato, rispetto al singolare, con l'aggiunta di una
desinenza o addirittura con la reduplicazione.
▪ a livello sintattico-testuale, si ha un ordine iconico del testo quando la sequenza delle frasi rispecchia
la sequenza cronologica degli eventi.
1.2.2 La lingua è composta da un insieme di elementi tra loro interdipendenti; ciascun elemento ha un valore
e un funzionamento in rapporto al valore e al funzionamento degli elementi che gli sono vicini.
Es. Carlo cantava una bella canzone: la frase è formata da 5 parole o lessemi, i quali possono essere usati in
altre frasi. L’unità-segno più piccola che compone ciascuna parola è detta morfema; ad es. la parola cant-AV-
A è composta da 3 morfemi. Ogni parole si può inoltre scomporre in fonemi; ad es. canzone è formata da 7
fonemi: /kan’tsone/ = /k/ + /a/ +/n/ +/ts/ +/o/ +/n/ +/e/.
In una lingua i fonemi sono di numero finito (in italiano sono 30) e si combinano tra loro per formare i
morfemi, i quali a loro volta combinati formano i lessemi, i quali costruiscono le frasi.
Secondo la linguistica strutturale la lingua è un sistema costituito da più sistemi tra loro correlati:
SISTEMA DELLA LINGUA
SISTEMA FONOLOGICO SISTEMA MORFOLOGICO- SISTEMA LESSICALE
SINTATTICO
Costituito da fonemi Costituito da morfemi (o Costituito da lessemi (monemi
monemi grammaticali) e dalle lessicali)
strutture sintattiche

Ogni sistema rappresenta un livello di analisi. Le unità presenti in un livello si possono scomporre in unità
definite e minime. Alcuni linguisti parlano di doppia articolazione  il significante di un segno linguistico è
articolato in due livelli diversi:
▪ primo livello (o prima articolazione): il segno è scomponibile in unità portatrici di significato che
possono essere reimpiegate per formare altri segni linguistici (morfemi);
▪ secondo livello (o seconda articolazione): si possono individuare segni ancora più piccoli, i suoni, che
non hanno un significato autonomo (fonemi).
1.2.3 I segni linguistici si definiscono per le loro qualità negative, ossia le differenze e i rapporti che
intercorrono tra i vari segni. Gli uni e gli altri si possono analizzare secondo due dimensioni:
▪ lineare o sintagmatica: ogni elemento di una frase è in rapporto con gli elementi che lo precedono e
lo seguono  si occupa di come si combinano i vari elementi di una frase;
▪ associativa o paradigmatica: riguarda i rapporti tra ciascun segno linguistico della frase e i segni che
potrebbero essere al suo posto, ferma restando la regolarità grammaticale dell’insieme.
Quindi, dalla dimensione paradigmatica possiamo attingere i singoli elementi di una lingua, mentre quella
sintagmatica assicura che la combinazione tra questi elementi sia realizzata in base alle regole e alle
restrizioni proprie di ciascuna lingua.
1.2.4 Una qualsiasi parola può essere pronunciata in tanti modi diversi quante sono le persone che ne fanno
uso; può assumere varie sfumature di significato; ma dietro le differenze ha sempre lo stesso significato e lo
stesso significante. Quindi bisogna distinguere ciò che varia e ciò che non varia in una lingua: tra varianti e
invarianti. Sassure una i termini:
▪ langue: sistema di segni di una qualsiasi lingua considerato astrattamente;
▪ parole: aspetto individuale e creativo del linguaggio, che dipende dalle variazioni attuate da ciascun
parlante.
1.2.5 Ogni frase può essere analizzata secondo due modalità:
▪ Analisi sincronica: analizza la frase vedendo come i suoi elementi si presentano in un determinato
momento;
▪ Analisi diacronica: analizza l’origine e la storia di ciascun elemento della frase.
Quindi, si chiama sincronia lo stato di una lingua considerata nel suo funzionamento in un certo periodo
storico, mentre si chiama diacronia l’insieme dei fenomeni di evoluzione nel tempo riguardanti una data
lingua.

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