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Riassunto "Le lingue e il

linguaggio" - Graffi Scalise


Linguistica Generale
Università degli Studi di Milano
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LE LINGUE E IL LINGUAGGIO
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1.CHE COS’è IL LINGUAGGIO?
Linguisitica=studio scientifico del linguaggio umano, disciplina descrittiva (≠grammatica normativa)
• studio scientifico=formulazione di ipotesi generali che rendano conto di una molteplicità di fatti
particolari, in modo chiaro e controllabile
• linguaggio umano=tutti i linguaggi hanno la stessa funzione (sistemi di comunicazione), ma il linguaggio
umano ha una struttura largamente specifica ed è posseduto solo dall’uomo.
Lo scopo della linguistica è quello di spiegare (ricondurre a leggi generali) il comportamento linguistico
degli esseri umani e i meccanismi alla sua base. Come tutte le altre scienze, ha un fine conoscitivo, e non
pratico come la grammatica normativa.
Caratteristiche linguaggio umano:
• discretezza: i suoi elementi si distinguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limiti ben definiti. Forma un
numero infinito di segni, cioè entità dotate di significante e significato mediante un numero limitato di
elementi (fonemi) che non hanno significato ma la capacità di distinguere significati ➔ doppia
articolazione
• ricorsività: permette di costruire frasi infinitamente lunghe inserendo nuove parole. Contrasto tra
competenza (potenzialmente si può fare) e esecuzione (in pratica è impossibile)
• dipendenza dalla struttura: le parole all’interno di una frase non sono determinate dalla parola
immediatamente adiacente, ma sono dipendenti dalla struttura
Linguaggio (capacità degli esseri umani di sviluppare un sistema di comunicazione dotato delle
caratteristiche citate) ≠ Lingua (forma specifica che questo sistema assume nelle comunità).
rapporto tra lingue e linguaggio? Bacone: le lingue sono differenti, ma entro i limiti del linguaggio come
capacità umana specifica, lingue come realizzazioni di un unico linguaggio.
Posizione abbandonata nell’800: nulla in comune tra tutte le lingue del mondo.
Ipotesi più recente: le lingue sono diverse l’una dall’altra, ma questa variazione è confinata in un ambito
limitato di scelte possibili: esistono universali linguistici (ricorsività, dip struttura) e proprietà che
caratterizzano solo alcune lingue.
2.CHE COS’è UNA LINGUA?
Sistema articolato su più livelli: suoni (fonologia), parole (morfologia), frasi (sintassi), Significati
(semantica). Ogni livello ha carattere sistematico, le unità di ogni livello sono interdipendenti.
La linguistica privilegia la lingua orale su quella scritta (esistono lingue solo parlate, si impara a parlare in
modo naturale, la lingua parlata cambia prima di quella scritta). La lingua parlata offre variazione e novità, la
lingua scritta “fissa” la lingua.
2 livelli: astratto e concreto, 3 studiosi che evidenziano 3 distinzioni
• Ferdinand de Saussure - Langue e Parole: la “parole” è attuazione, esecuzione linguistica di un individuo;
la “langue” è potenzialità, sistema astratto, sistema di riferimento collettivo
• Roman Jakobson - Codice e Messaggio: “messaggio” è costruito sulla base delle unità fornite dal “codice”,
che è un insieme di potenzialità ed è astratto
• Noam Chomsky - Competenza e Esecuzione: la competenza è tutto ciò che l’individuo sa della propria
lingua, l’esecuzione è tutto ciò che l’individuo fa (atto di realizzazione).
Livello astratto: Langue (sociale), codice, competenza (individuale)
Livello concreto: Parole, messaggio, esecuzione
COMPETENZE DI UN PARLANTE
• fonologica: sa quali sono i suoni della lingua, come si combinano, identificare accenti ecc
• morfologica: conosce il vocabolario, sa derivare nuove parole
• sintattica: sa che può formare vari tipi di frase
• semantica: sa riconoscere il significato delle parole e istituire relaz. semantiche (sinonimia ecc)
Tutte queste conoscenze fanno parte della grammatica dei parlanti, costruita fin da bambini partendo da dati
linguistici primari.
• La lingua è un codice costruito su unità di base e regole che le combinano, e non sfrutta tutte le possibilità
a livello né di regole né di unità. Una lingua quindi non realizza tutte le possibilità del linguaggio, a livello
di tutte e 4 le competenze.
• qualsiasi unità della lingua intrattiene rapporti sintagmatici con le forme vicine (in praesentia) e rapporti
paradigmatici con le unità assenti che avrebbero potuto trovarsi in quel punto.
• studio diacronico (cambiamenti nel corso del tempo) ≠ studio sincronico (rapporto tra elementi simultanei
senza tener conto dei cambiamenti nel tempo)
• Ogni parola è un segno, unione di significante (forma sonora o grafica) e significato (rappresentazione
mentale dell’oggetto). Le proprietà del segno sono distintività, linearità (si estende nel tempo e implica un
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4.I SUONI DELLE LINGUE: FONETICA E FONOLOGIA
FONETICA: la fonetica articolatoria studia la produzione dei suoni, la fonetica acustica la natura fisica del
suono e la sua propagazione nell’aria, la fonetica uditiva la ricezione del suono.
Un suono è prodotto dall’aria che emessa dai polmoni risale la trachea, attraversa la laringe e le corde vocali,
la faringe, e esce dalla bocca. Per classificare un suono si usano 3 parametri:
1. modo di articolazione: vari assetti che gli organi assumono nella prod. del suono
2. luogo di articolazione: punti dell’apparato vocale in cui il suono si modifica
3. sonorità: data dalle vibrazioni delle corde vocali
• I suoni possono essere classificati in consonanti, vocali e approssimanti. Nelle consonanti il flusso d’aria
viene bloccato o incanalato in una fessura, nelle vocali esce liberamente, nelle semiconsonanti ci sono
proprietà di entrambe.
• combinazioni di suoni: le consonanti possono formare nessi consonantici, ma ci sono limitazioni. Le vocali
possono combinarsi in dittonghi ascendenti (approssimante+voc accentata) o discendenti (voc accentata
+approssimante) o trittonghi.
• L’italiano ha una grafia abbastanza coerente con i suoni, ma si possono riscontrare diverse incoerenze, non
ci sono solo relazioni biunivoche suono-simbolo. Ci possono essere due simboli diversi per un solo suono
(cuore, quando [k]), due suoni scritti con lo stesso simbolo (sera/rosa [s] o [z]), due simboli che indicano
un solo suono (legno [ŋ]).
• trascrizione fonetica: i suoni possono essere semplici (k, Ʒ, t∫) o geminati (k:, Ʒ:, t:∫). Il simbolo IPA per
l’accento è ‘ e si mette prima della sillaba accentata. I confini si indicano con “.” per le sillabe, “+” per i
morfemi e “#” per le parole.
FONOLOGIA: mentre la fonetica si occupa dell’aspetto fisico dei suoni, la fonologia si occupa della loro
funzione linguistica. Unità di studio = fonema. Cerca di scoprire quali sono i fonemi di una lingua, come i
suoni si combinano, e come si modificano in combinazione.
• contesto: un suono ha una sua distribuzione, cioè un certo numero di contesti in cui può comparire. Classi
di suono simili hanno distribuzioni simili.
• fonema: segmento fonico che ha funzione distintiva e non può essere scomposto in segmenti che abbiano
la stessa funzione, è definito solo dai caratteri pertinenti (che abbiano val. distintivo). è un’unità astratta
che si realizza in foni. i fonemi si rappresentano tra // e si collocano a livello di langue, i foni si
rappresentano tra [] e si collocano a livello di parole.
• Regole Fonologiche (di Trubeckoj)
• Quando due suoni ricorrono nelle medesime posizioni e non possono essere scambiati tra loro senza con
ciò mutare il significato delle parole o renderle irriconoscibili, allora questi due suoni sono realizzazioni
fonetiche di due diversi fonemi (varo-faro) - distr. contrastiva
• Quando due suoni della stessa lingua compaiono nelle medesime posizioni e si possono scambiare fra
loro senza causare variazione di significato della parola, questi sono soltanto varianti fonetiche
facoltative di un unico fonema (rema-Rema) - varianti libere
• Quando due suoni di una lingua, simili dal punto di vista artic., non ricorrono mai nelle stesse posizioni,
sono due varianti combinatorie dello stesso fonema (naso-ancora [nazo] [aŋkora]) - distribuzione
complementare
• Allofoni: due foni in distribuzione complementare. sono legati a un determinato contesto. es. /n/ è il
fonema che si realizza negli allofoni [ŋ], [n]…
• Opposizioni fonologiche: bilaterale quando la base di comparazione (parte uguale dei due fonemi) è
propria solo dei membri dell’opposizione es /p/ /b/ in italiano. Altrimenti è multilaterale /p/ /k/. privativa
se un fonema ha le proprietà x e l’altro ha tutte le proprietà x più una /p/ e /b/, /b/ ha in più la sonorità
quindi è il termine marcato. costante se funziona in tutti i contesti, neutralizzabile se in certi è sospesa, es
desonorizzazione a fine parola.
• Tratti distintivi: grazie alle opposizioni privative si formula la teoria del binarismo, secondo cui ogni
elemento si differenzia dagli altri per una serie di scelte binarie (sì o no). I tratti distintivi sono sillabico,
consonantico, sonorante, sonoro, continuo, nasale, stridente, laterale, anteriore, rilascio ritardato, coronale /
arrotondato, alto, basso, arretrato. Ogni fonema viene individuato da un fascio di tratti distintivi.
• Regole fonologiche: collegano una rappr. astratta (fonematica) a una rappr. concreta (fonetica). esempio
k→ʧ/___+i. Per unificare fatti che sono manifestazioni di un unico fenomeno si usano le parentesi.
tonde=facoltatività, graffe=scelta. es g(:)→d(:)Ʒ/___+{i e}. (una velare sonora semplice o geminata viene
palatalizzata in una africana semplice o geminata prima di [i])
• una regola fonologica può essere formulata ricorrendo ai fonemi o utilizzando i tratti distintivi. es
[s]→[+sonoro]/___[+cons][+sonoro] (la sibilante non sonora diventa sonora prima di consonante sonora.
(p95)
• Tipi di regole: possono cambiare dei tratti, inserire dei segmenti, cambiare l’ordine dei segmenti (metatesi)
o cancellare dei segmenti
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• assimilazioni: fenomeno naturale in tutte le lingue del mondo. sono totali quando il segmento che causa
l’assimilazione rende il segmento assimilato totalmente uguale al primo, parziali se l’altro segmento
viene cambiato solo parzialmente. progressive se il segmento che causa l’assimilazione precede il
segmento assimilato, regressive quando lo segue.
- assimilazione totale regressiva: i[n+r]agionevole → i[rr]agionevole
- assimilazione parziale regressiva: in+probabile → improbabile
- assimilazione totale progressiva: mondo → monno
- assimilazione parziale progressiva: dog+[s] → dog[z]
- assimilazioni a distanza (metafonesi o umlaut - nero-niri / armonia vocalica)
- sandhi: regole che si manifestano tra la fine di una parola e l’inizio di quella seguente. es
raddoppiamento fonosintattico (cheffai) o liason ([leza’mi] les amis)
• La sillaba: unità prosodica costituita da uno o più foni agglomerati intorno a un picco di intensità. è
costituita da una vocale, il nucleo sillabico; preceduta da un attacco e seguita da una coda; nucleo+coda
sono la rima. è aperta se priva di coda (CV), altrimenti è chiusa (VC,CVC). regola dell’aplogia: si
cancelli la sillaba finale di parola prima di una parola che inizia con una sillaba con attacco uguale
(esente+tasse=esentasse)
• fatti soprasegmentali (fenomeni che non possono essere attribuiti a un segmento)
• lunghezza: relativa alla durata temporale dei suoni. può essere distintiva
• accento: proprietà delle sillabe. una sillaba tonica è più prominente di una sillaba atona.
• Intonazione: effetto percettivo di tipo melodico di rilevanza sintattica.
• tono: sillaba alta/bassa. In alcune lingue produce cambiamenti di significato.
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5.LA STRUTTURA DELLE PAROLA: MORFOLOGIA
La morfologia è lo studio della struttura interna delle parole.
Parola=unità al cui interno non si può inserire dell’altro materiale linguistico. Ogni parola ha un suo lemma,
forma di citazione che compare nel dizionario (≠forme flesse che compaiono nei testi)
• Classi di parole (categorie lessicali): nomi, verbi, aggettivi, avverbi (classi aperte-si possono sempre
aggiungere nuovi membri) pronomi, articoli, preposizioni, congiunzioni, interiezioni (classi chiuse).
Un’altra divisione è tra classi variabili (parole che assumono forme diverse) e invariabili. Le parti del
discorso possono essere riconosciute in base a criteri distribuzionali. Le categorie possono essere suddivise
in sottocategorie, es nomi (umano, comune, numerabile, animato, astratto) o verbi (transitivi o intransitivi,
regolari o irregolari, progressivi o stativi). Tutte le info associate a una parola nella sua rappresentazione
lessicale servono per il funzionamento dei processi morfologici di quella parola.
• Morfema: unità minima di prima articolazione ancora portatrice di significato con precise funzioni e
quindi riutilizzabile per la composizione di nuove parole (produttività, composizionalità della lingua). es:
in-content-abil-e (4 morfemi). Grammaticali o lessicali, liberi o legati. i grammaticali si dividono in
derivazionali o flessionali
• Morfo: è un morfema inteso come significante (rappr. a livello concreto del morfema) es: content
• Allomorfo: è ciascuna delle varie forme in cui si può presentare lo stesso morfema [iŋ]contentabile
[ir]reprensibile [im]bevibile ([iŋ], [ir], [im] sono allomorfi del morfema {in} perchè esprimono negazione
(non), si può spiegare la loro presenza per motivi fonologici causati dalla consonante successiva.
Il significato di una parola è determinato dalla somma dei significati dei vari morfemi che la compongono; il
parlante arriva a capire il significato di una parola in maniera innata. Si riesce a capire se più morfi sono
allomorfi di uno stesso morfema se si trovano nella medesima posizione nella struttura di una parola e
portano lo stesso significato.
• Flessione, derivazione e composizione: tipi di modificazione che possono subire parole semplici. La
derivazione consiste nell’aggiunta di un affisso (pre-, in-, suf-). La composizione forma parole nuove a
partire da parole esistenti. La flessione aggiunge alla parola di base info relative a genere, numero, caso,
tempo, modo, diatesi, persona.
• morfologia come processo: l’aspetto dinamico della morfologia consiste nella possibilità che una parola
può entrare in una categoria lessicale in seguito a determinati processi. Composizione e derivazione si
differenziano perché la prima combina due forme libere, la seconda una libera e una legata. La
prefissazione non cambia la categoria lessicale della parola a cui si aggiunge, la suffisazione si. Ci sono
anche i processi di conversione (cambiamento di categoria senza aggiungere), reduplicazione, parasintesi
(prefisso+base+suffisso, ma le sequenze separate non sono parole, es ingiallire, svitato)
• Parole semplici (non derivate o composte) ≠ parole complesse.
• Suffissi: si raggruppano in categorie, per esempio i suffissi deverbali, valutativi. possono essere “rivali”,
cioè si spartiscono le basi a cui aggiungersi.
• Allomorfia e supplettivismo: si parla di sup. quando non esiste una precisa regola fonologica in grado di
spiegare l’utilizzo di diversi allomorfi in una situazione piuttosto che un’altra. Ad es. il verbo andare può
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avere radice vad- o and-; non esiste una regola fonologica che spieghi la loro alternanza. L’allomorfia
invece è fonologicamente determinata.
• Morfologia e significato: le parole sono formate da una parte formale e una semantica. La parte fissa è la
parte di significato introdotta dal suffisso (es -aio, -bile), quella variabile è il nome di base (vin-,). La
semantica di una parola complessa è trasparente o composizionale (significato che si ricava dal significato
degli elementi componenti). Una parola con il tempo può acquisire significato idiomatico (non più
dipendente dai componenti).
• In Italiano, la composizione forma soprattutto nomi, tranne quando il composto è formato da 2 aggettivi o
da un aggettivo di colore + nome (verde bottiglia). I composti hanno una testa, dalla quale passano a tutto
il composto le info categoriali, i tratti sintattico-semantici e il genere. Rispetto ai sintagmi, i composti non
sono interrompibili e non sono “visibili” alle normali regole della sintassi (parole complesse all’interno
delle quali la sintassi non puo entrare)
- comp. neoclassici: due forme legate (spesso confissi) o libera+legata. es antropofago
- comp. incorporanti: verbo composto il cui primo costituente è il SN oggetto (to horseride)
- comp. sintagmatici: sembrano di origine sintattica (pipe and slipper husband)
- comp. reduplicati: stessa parola ripetuta, spesso significato intensivo o iterativo
- comp. troncati: taglio del 1 costituente, si concatenano delle sottoparti dei costituenti.
• Composizione e flessione: Ci sono varie possibilità teoriche per la flessione dei nomi composti:
- [P1+P2] + Fless → mezzogiorni, ferrovie, camposanti
- [P1+Fless] + P2 (P1 è la testa) → navi traghetto, mobili bar, capi stazione
- [P1+Fless]+[P2+Fless] → cassepanche, mezzelune, terreferme
- P1+P2 → andirivieni, tritacarne, voltafaccia
- P1+[P2+Fless] → portalettere, guardasigilli, rompiscatole
- [P1+Fless] + P2 (P1 non è la testa) → *maniscritto, *scuole bus
• I composti endocentrici hanno una testa, i composti esocentrici sono senza testa: sono di tipo v+n
(portalettere) p+n (senzatetto) n+a (pellerossa) v+v (saliscendi). I composti dvandva, detti anche composti
di coordinazione, hanno due teste categoriali e semantiche (cassapanca)
• *Regole di riaggiustamento: cancellazione vocale finale della prima parola (vinaio), vocale finale che
diventa o (origine greca-lacrimogeno) oppure i (origine latina-calorifero). Regola di palatalizzazione della
velare in casi di allomorfia (amico-amici). inserimento (gas-gassoso).
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6.LESSICO E LESSICOLOGIA
Ci sono almeno due accezioni di lessico: il lessico mentale dei parlanti e il dizionario. Lessico si oppone a
grammatica così come “memorizzato” si oppone a “costruito tramite regole”. che cosa è elencato e che cosa
è costruito tramite regole? morfema>parola>sintagma>frase
• Lessico mentale: sottocomponente della grammatica dove sono immagazzinate tutte le info (fonologiche,
morfologiche, semantiche, sintattiche) che i parlanti conoscono sulle parole della propria lingua. Ad ogni
parola sono associate informazioni complesse per il suo funzionamento. Le conoscenze dei parlanti
riguardano anche la traduzione verso lo scritto. Non si sa se le parole sono rappresentate come lemmi o
come forme flesse. Per le modalità in cui i parlanti hanno accesso al lm si pensa ai primi suoni/prime
sillabe, o con ausilio di info contestuali.
• Dizionario: si pone a livello della langue, è l’insieme delle parole usate da tutta la comunità linguistica. Vi
è molta diacronia. Per scrivere un dizionario è necessario lemmatizzare le parole (non sempre è facile
attribuire ad una forma una sola categoria - potere, volere, sapere). I dizionari sono costruiti a partire da
“corpora” per lo più scritti. In un dizionario c’è di più di quanto un parlante sappia, ma anche di meno
(arretrato rispetto a neologismi e nuovi significati). ≠enciclopedia: informazioni su tutto lo scibile umano,
non sulla natura delle parole.
• Le entrate dei dizionari non sono solo parole semplici, ma anche altre unità imprevedibili, che non si
possono analizzare in modo regolare: lessicalizzazioni (costruzioni polirematiche): un gruppo di parole
si trasforma in una unità lessicale, che si comporta come una sola parola (espr. idiomatiche,
nontiscordardimé) ≠ grammaticalizzazioni: una unità perde il suo significato lessicale e ne acquisisce
uno grammaticale (mente → suffisso -mente). Sigle: acronimi (lettere o sillabe iniziali-CGIL, TV),
parole-macedonia (polfer, motel)
• Stratificazione del lessico: lo strato [+nativo] di una lingua è quello centrale, quello [-nativo] definisce gli
strati periferici che riflettono vicende storiche, contatti con altri sistemi linguistici. Le distinzioni sono utili
perché spesso affissi diversi scelgono strati lessicali diversi (es.-ity si aggiunge solo a parole [+latino] in
inglese). Di solito radici native si aggiungono ad affissi nativi, e radici dotte ad affissi dotti.
• In ita lo strato [-nativo] è costituito da prestiti (adattati o non adattati) e calchi (prestiti semantici), che
sono forme di interferenza tra sistemi linguistici diversi e possono essere di natura strutturale o
semantica. In un dizionario ci sono anche molte parole che riflettono la stratificazione nella storia, nei
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livelli d’uso (antiquato, dialettale, lettarario,..), e registri stilistici (familiare, ironico, scherzoso, volgare).
Recentemente i dizionari hanno introdotto categorie di uso come fondamentale, di alta disponibilità e di
alta frequenza.
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7.LA COMBINAZIONE DELLE PAROLE: SINTASSI
La sintassi studia i principi in base ai quali le parole possono combinarsi in certi modi e non in altri. Oggetto
della sintassi sono frasi e altre composizioni di parole (testi, sintagmi).
• La valenza verbale: i verbi devono essere accompagnati da un determinato numero di elementi
(argomenti). possono essere avalenti, come i verbi meteorologici; monovalenti, v. intransitivi; bivalenti,
v.transitivi; trivalenti, verbi “di dire” o “di dare”. Oltre agli argomenti in una frase ci sono i circostanziali
(facoltativi, più mobilità posizionale degli argomenti)
• Gruppi di parole = sintagmi: esistono dei criteri per individuare gruppi di parole. criterio del movimento:
le parole che fanno parte di uno stesso gruppo si spostano insieme all’interno della frase; enunciabilità in
isolamento; criterio della coordinabilità: diversi gruppi di parole non sono coordinabili. Ogni gruppo di
parole è costruito intorno ad un elemento, che è la testa del sintagma. Ci sono sintagmi preposizionali (SP),
sintagmi nominali (SN), sintagmi verbali (SV), sintagmi aggettivali (SA). La struttura interna dei sintagmi
si rappresenta con i diagrammi ad albero o con le parentesi etichettate. I sintagmi sono i costituenti della
frase, e possono semplici (costituiti da una sola testa) o molto complessi
- I diagrammi ad albero che indicano la struttura della frase sono indicatori sintagmatici delle rispettive
frasi. Schema x-barra
• Le frasi: tre tipi di entità genericamente chiamati frasi-espressioni di senso compiuto con struttura
predicativa; espressioni di senso compiuto senza struttura predicativa; strutture predicative senza senso
compiuto. Rispetto agli altri gruppi di parole, solo le frasi hanno la struttura soggetto/predicato (in
rapporto di dipendenza reciproca). Frasi semplici, non contengono altre frasi ≠ frasi complesse (periodi).
Le frasi semplici possono essere in rapporto di coordinazione o subordinazione (asimmetria tra le 2 frasi
semplici). Le frasi indipendenti esprimono un senso compiuto, e sono sempre principali. Ma le principali
non sono sempre indipendenti. Punti di vista per classificare le frasi semplici:
- dipendenza (principali o dipendenti); modalità (dichiarative, interrogative, imperative, esclamative);
polarità (affermative o negative); diatesi (attive o passive); segmentazione (dislocate, a tema sospeso,
focalizzate, scisse).
Tra frasi di tipo diverso può esserci una relazione trasformazionale: attive/passive (il c.o. della frase attiva è
il soggetto della corrispondente passiva; il soggetto della frase attiva non va espresso obbligatoriamente nella
passiva). interrogative wh/dichiarative (un argomento del verbo non compare nella stessa posizione della
dichiarativa corrispondente, ma all’inizio della frase)Nelle interrogative wh-, in linea di principio, non c’è un
limite alla distanza a cui si possono trovare pronome interrogativo e verbo a cui è collegato (grazie alla
ricorsività). → grammatica generativa di Chomsky: per descrivere il fenomeno usa le nozioni di movimento
e livello di rappresentazione (ad un liv. astratto i sintagmi sono in determinate posizioni, e poi si muovono
nella posizione in cui li percepiamo). Il movimento appare limitato, può trovare ostacoli.
- Frasi dipendenti circostanziali: temporale, causale, finale, consecutiva, condizionale, concessiva,
comparativa. le circostanziali sono facoltative, non obbligatorie. Frasi dipendenti argomentali: oggettive
o completive (agomento dei verbi o alcuni tipi di nomi), soggettive, interrogative indirette. relative:
restrittive (servono a indicare un sottoinsieme) e appositive (+ info). Per distinguere le completive
nominali e le relative si usano considerazioni derivanti dalla teoria della valenza: una relativa si distingue
perché l’elemento che la introduce (che) svolge anche la funzione di argomento del verbo della relativa
stessa.
- rappresentazione formale: la frase sembra essere una struttura esocentrica, ma un’analisi negli ultimi 20
anni ha proposto, per individuare la testa della frase, di collocarsi ad un livello astratto: la testa è la
flessione del verbo (≠ dal suo contenuto lessicale): la flessione ad un livello astratto è un morfema libero,
mentre è legato al verbo solo ad un livello osservabile.
• Soggetto e Predicato: Livello sintattico→il soggetto è l’argomento che ha obbligatoriamente la stessa
persona e numero del verbo, il predicato è costituito dal sintagma verbale; livello semantico→ agente e
azione oppure esperiente e stato; livello comunicativo→tema e rema (il soggetto è ciò di cui si parla)
• Categorie flessionali: genere, numero, caso, tempo, persona, modo ≠ categorie lessicali, parti del discorso.
Se due parole hanno la stessa categoria flessionale → accordo, se una parola ha una categoria flessionale
perché le è stata assegnata da un’altra parola → reggenza. genere-non c’è corrispondenza tra sesso e
genere; il genere non è indicato soltanto nel nome testa di un SN ma anche negli altri elementi che devono
accordarsi con esso. numero-rapporto indiretto con la categoria della realtà, manifesta il fenomeno
dell’accordo e tra sogg e v permette di individuare il soggetto sintattico. persona- 3, colui che parla-colui
a cui ci si rivolge-colui che non entra nel dialogo, manifesta il fenomeno dell’accordo v sogg. caso-
relazione che un elemento nominale ha con le altre parole della frase; alcune lingue hanno casi morfologici
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(latino, greco, tedesco) altre esprimono le relazioni con l’ordine delle parole, l’uso del morfema
grammaticale libero “a”; alcuni definiscono i casi come relazioni tra sintagmi nominali e verbo,
indipendentemente dal fatto che siano manifestate da una variazione morfologica. tempo-distinzione tra
time e tense; momento dell’enunciazione ≠ dell’evento ≠ di riferimento (quando Gianni era partito da
tempo, piero finalmente arrivò: ev-r-en); categoria dell’aspetto ci permette di distinguere imperfetto,
passato prossimo e passato remoto- l’imp. rimanda a qualcosa di non concluso, quindi ha aspetto
imperfettivo, il pp e pr sono esempi di aspetto perfettivo, cioè compiuto. in più, il pp è compiuto, il pr è
aoristico. modo-espressione dell’atteggiamento del parlante rispetto all’evento descritto dal verbo; ma
nelle frasi dipendenti i modi sono determinati dal verbo della frase principale, quindi hanno solo valore
sintattico. differenza tra modi finiti e non finiti.
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8.IL SIGNIFICATO E L’USO DELLE PAROLE E DELLE FRASI: SEMANTICA E
PRAGMATICA
La semantica è lo studio del significato delle espressioni linguistiche, la pragmatica è lo studio del loro uso.
Il significato di un’espressione è il “segmento di realtà” cui l’espressione in questione si riferisce. La nostra
competenza si manifesta indicando questi segmenti con parole o frasi adeguati. Secondo vari filosofi del
linguaggio, la semantica è un rapporto di denominazione tra linguaggio e mondo, in cui la nozione di verità
ha un ruolo fondamentale. Ma questo quadro non è adatto per il linguaggio naturale: il significato non è
semplicemente un rapporto tra linguaggio e realtà, è molto più complesso e indiretto.
- non c’è corrispondenza globale tra i significati delle varie lingue → le espressioni linguistiche non si
limitano a denominare la realtà, infatti ci sono relazioni tra espressioni linguistiche che un parlante può
cogliere senza fare entrare in gioco il rapporto con la realtà (sinonimia, iponimia)
- molte espressioni linguistiche vengono usate in maniera non letterale (fen. pragmatico)
• significato: modo di indicare la realtà mediante espressioni del linguaggio ≠ denotazione: realtà denotata
dalle espressioni, riguardo il lessema in quanto tale ≠ riferimento: realtà denotata dalle espressioni del
linguaggio riguardo il suo uso in una frase determinata. Ci sono parole che hanno significato, ma non
denotazione e riferimento, sono comprese solo in virtù delle connessioni che intrattengono con altre parole
della lingua (e, o, se..), o parole che si riferiscono a oggetti che non fanno parte di questo mondo ma di
mondi possibili. La semantica non è una teoria della realtà, ma del modo in cui gli esseri umani, tramite il
linguaggio, si riferiscono alla realtà.
• Alcuni lessemi hanno la proprietà di essere ambigui: ci può essere polisemia (una sola entrata nel
dizionario, più significati) o omonimia (più entrate differenti, riferimento a entità molto diverse). In alcuni
casi la polisemia di un termine può essere causata dalle diverse combinazioni sintattiche in cui alcune
classi di parole possono comparire (si è dimenticato di aver chiuso la porta / si è dimenticato di chiudere la
porta - nella prima frase la dipendente comunica una presupposizione di fattività, nella seconda no). ci
sono anche parole che assumono un numero indefinito di significati a seconda dei vari contesti (es. buono)
- creatività del significato
• all’origine di una pluralità di significati di un lessema possono esserci procedimenti come la metafora (uso
traslato di una parola sulla base della somiglianza tra significato fondamentale e significato traslato - vite),
o la metonimia (estensione del significato di una parola ad un altro significato connesso al primo per
contiguità - mano).
• Sinonimia (più lessemi hanno lo stesso significato) ≠ Antonimia (espressione di due significati opposti da
parte di due lessemi, contrari o contraddittori). Iponimia (un lessema include il significato di un altro -
uccello è iponimo di animale) ≠ Iperonimia (lessemi inclusi nel significato di altri - uccello è iperonimo di
airone). Alcune teorie hanno tentato di spiegare queste relazioni di significato usando un sistema che fa
uso della nozione “tratto semantico”. Ma non è stato possibile comporre un inventario finito di tratti
semantici, a differenza dei tratti fonologici. A livello concettuale, l’analisi in tratti ci presenta il lessico di
una lingua non come puro inventario di parole ma come un insieme in cui le parole sono legate
sistematicamente l’una all’altra.
• Semantica Frasale: l’ipotesi principale è quella del principio di composizionalità (il significato della frase
è risultante della combinazione dei significati della parole che la compongono). Ma ci sono casi in cui non
funziona, come ad esempio le espressioni idiomatiche. I casi in cui il principio funziona sono Tautologia
(una frase complessa formata con il connettivo o è vera se e solo se almeno una delle frasi semplici da cui
è formata è vera); Contraddizione (“” e è vera se e solo se le frasi semplici che la compongono sono tutte
vere); Analiticità (Frasi la cui verità o falsità è determinabile solo sulla base dei connettivi frasali e dei
lessemi in esse contenuti); Presupposizione (frase che deve essere vera perché le frasi che la
presuppongono possano avere un valore di verità). Altri esempi di frasi la cui verità o falsità è
determinabile solo in base al loro significato sono quelle contenenti quantificatori (tutti, nessuno,
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qualche…). quando nelle frasi ricorrono due quantificatori ci può essere ambiguità dal punto di vista
linguistico (Ogni ragazzo ama una ragazza), e quando ricorrono anche dei pronomi personali si possono
avere altri effetti di ambiguità. Perché un pronome possa essere interpretato come legato da un
quantificatore, è necessario che esso sia nella portata del quantificatore stesso (ogni ragazzo ama la sua
ragazza).
• L’uso del linguaggio umano consiste nell’esecuzione di determinati atti linguistici: locutori (pronuncia di
determinate parole o sintagmi), proposizionali (riferimento a determinate entità e predicazione di
determinate proprietà in merito ad esse), illocutori (constatazione, ordine, consiglio ecc), e perlocutori
(tentativo di produrre un determinato effetto sull’interlocutore). In ogni atto linguistico tutti questi tipi di
atti sono compresenti. L’unico tipo che non si realizza sempre è quello proposizionale. Le relazioni tra
questi tipi sono varie, ad esempio uno stesso atto proposizionale può comparire in diversi atti illocutori, o
uno stesso atto illocutorio può corrispondere ad atti proposizionali diversi. Inoltre non bisogna confondere
tipi di atti illocutori con le diverse modalità che può assumere una frase. Una domanda non corrisponde
necessariamente a una frase interrogativa → atti linguistici indiretti. Un tipo particolare di atti illocutori
sono quelli contenenti i verbi performativi (hanno valore di realizzazione di azioni mediante il linguaggio -
prometto, dichiaro, …)
• Come può la comunicazione avvenire normalmente nonostante in molti casi i parlanti non usino le
espressioni in modo letterale? → Paul Grice, scambi guidati dalla logica della conversazione. 4 massime:
quantità (fornisci l’informazione necessaria); qualità (sii veritiero); relazione (sii pertinente), modalità (sii
breve e ordinato). In genere i parlanti rispettano queste massime, ma ci sono casi in cui le violano
apparentemente, perché il parlante ha voluto trasmettere un significato diverso da quello letterale →
implicature conversazionali.
!
9.SOCIOLINGUISTICA E DIALETTOLOGIA
Oltre alle stratificazioni sociali e dialettali della lingua, ci sono stratificazioni a livello di formalità, riguardo
il grado di accuratezza e controllo con cui si parla (variazione diafasica), e variazioni dipendenti dal mezzo
usato per comunicare (variazione diamesica). Linguistica teorica (parlante nativo idealizzato, competenza
linguistica, comunità linguistica omogenea, identità) ≠ Sociolinguistica (parlanti reali, competenza
comunicativa, comunità linguistica stratificata, diversità). Entrambe le posizioni sono legittime e dovrebbero
integrarsi.
• Ipotesi di base della sociolinguistica contemporanea: La variazione libera non esiste (non è veramente
libera perché tutte le volte che esistono 2 modi diversi di dire una cosa vuoldire che vi è una scelta, e che
tale scelta linguistica può essere correlata a fattori sociali).
- centralizzazione a Martha’s Vineyard (Labov): isola abitata da pescatori anglofoni, immigrati
portoghesi e indiani e stravolta dal turismo americano. si osserva il fenomeno della centralizzazione di /
a/, verso /ǝ/. La pronuncia /haus/ o /hǝus/ può essere considerata una variazione libera, che diventa una
variabile (le si può attribuire un significato sociale, e deve essere frequente, strutturale e stratificata). In
questo caso, il significato è l’identificazione del gruppo dei nativi dell’isola e avversione agli estranei,
centralizzare significa appartenere all’isola e difenderne i valori.
• Nozioni importanti per l’approccio sociolinguistico:
- Comunità linguistica: insieme di tutte le persone che parlano una determinata lingua (o varietà
linguistica) e ne condividono le norme d’uso. è stratificata, non omogenea. La diversità linguistica
segnala gli atteggiamenti dei parlanti e le loro identità sociali.
- Repertorio linguistico: insieme dei codici e delle varietà che un parlante è in grado di padroneggiare
all’interno del repertorio linguistico più ampio della comunità cui appartiene. Se un parlante dispone di
più varietà puo passare da una all’altra (code switching)
- Competenza comunicativa: capacità che i parlanti hanno di usare la lingua nei modi che sono
appropriati alle varie situazioni. è un fatto individuale, non sociale. Oltre alla capacità di usare un
codice adatto alla situazione, regola tutti gli aspetti extralinguistici implicati nello scambio verbale, e fa
tutt’uno con gli altri codici del comportamento comunicativo.
• Sociologia del linguaggio (delle lingue): si occupa di problemi più su larga scala e con maggiore
attenzione rivolta alla società. è stata definita come lo studio della società in rapporto con la lingua.
(pianificazioni linguistiche, strategie di politica linguistica, riforme ortografiche…)
• Etnografia della comunicazione: sottodisciplina della sociolinguistica che si occupa di un particolare tipo
di relazione tra linguaggio e società. Alla base c’è l’ipotesi che l’interazione verbale sia il luogo principale
della trasmissione degli schemi culturali → studia l’uso del linguaggio nelle interazioni verbali della vita
quotidiana di date comunità linguistiche. (es. pronomi di cortesia (V) e pronomi di solidarietà (T). Il potere
di una persona su un’altra implica una relazione asimmetrica T/V, se i parlanti usano entrambi T è una
relazione simmetrica e solidale, se usano V è simmetrica ma non solidale).

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• Lingue e dialetti: come stabiliamo se due varietà (X e Y) sono due varietà della stessa lingua? alcuni criteri
proposti sono a)di tipo diacronico, cioè se X e Y derivano dalla stessa lingua, b)comprensione reciproca,
c)criterio lessicostatistico o morfologicostatistico, d)presenza di una letteratura. Per essere una lingua, una
parlata deve avere sovraregionalità, essere parlata da ceti medio-alti ed essere scritta e codificata in base a
un corpus riconosciuto di opere. La differenza tra lingue e dialetti non è di sistema, infatti sono entrambi
sistemi linguistici a tutti gli effetti. La dialettologia è lo studio dei dialetti, e ha due aspetti principali:
dialettologia diacronica e geografia linguistica (produzione atlanti linguistici, es Gillieron - Atlas
linguistique de France).
• dialetti in italia: Dante aveva individuato i dialetti dividendo l’Italia con la linea appenninica, invece
oggi la divisione è tra dialetti settentrionali (gallo-italici e veneti), toscano, centro-meridionali e
meridionali estremi. è di fondamentale importanza la linea La Spezia-Rimini (ora Massa-Senigallia) che
divide dialetti del nord da dialetti del sud.
• in una sola area possono esserci + varietà linguistiche: bilinguismo (tutti i parlanti padroneggiano le due
varietà) o diglossia (le varietà sono usate in modo complementare, una è alta e una bassa). Applicando
queste definizioni all’italia, le situazioni possono incrociarsi: (Fishman 1972)
- bilinguismo con diglossia (competenza di ita e dial ma divisione degli ambiti funzionali)
- diglossia senza bilinguismo (competenza dell’ita solo classi alte → instabilità)
- bilinguismo senza diglossia (competenza di entrambi senza differenziare gli ambiti funzionali)
- né bilinguismo né diglossia (solo in comunità minuscole e isolate)
• Lingue pidgin: nascono tra due gruppi che devono comunicare ma non hanno una lingua comune; hanno
finalità per lo più strumentale, e derivano da un mescolanza di elementi indigeni e della lingua
sovrimposta, modificati da fenomeni di semplificazione. Molti dei pidgin finiscono con la fine dei rapporti
di lavoro o commerciali tra i due gruppi, ma se questi rapporti si estendono e c’è una generazione che ha il
pidgin come lingua madre, nasce una lingua creola. (es afrikaans). Il ciclo pidgin-creolo può continuare
nel continuum post-creolo, cioè quando il creolo va verso la fusione con la lingua standard (es. parlata
afroamericani negli USA).
!
10.LA TRASFORMAZIONE DELLE LINGUE: LINGUISTICA STORICA
La linguistica storica o storico-comparativa è lo studio della parentela genealogica delle lingue e del loro
mutamento attraverso il tempo. I metodi della linguistica storica tengono distinti i problemi delle lingue
originarie da un lato, e dell’origine del linguaggio. Non ci si preoccupa di spiegare come e perché nascono
suoni e parole delle lingue originarie, ma di ricostruirli sulla base della comparazione delle lingue da esse
derivate. C’è la rinuncia a qualunque ipotesi catastrofista per spiegare il mutamento linguistico, infatti la
linguistica storica assume una posizione simile a quella di Dante Alighieri: il tempo da solo è sufficiente a
produrre il mutamento linguistico (ogni generazione apprende la lingua dalle generazioni precedenti, ma
l’apprendimento non è puramente passivo: i bambini sviluppano una competenza propria)
• Il metodo comparativo: si fonda sul confronto tra le lingue, con il fine di scoprire se derivano da una stessa
lingua originaria. Il confronto va limitato a parole che sono difficilmente soggette a prestiti da altre lingue,
come i numerali o i nomi di parentela; il metodo si applica individuando una serie di corrispondenze
sistematiche tra fonemi e morfemi in determinate lingue. Per dimostrare l’esistenza di queste
corrispondenze, bisogna mostrare che non si limitano ad una parola, ma si estendono ad altre parole del
vocabolario nativo. Inoltre, bisogna ricostruire il cammino che ha portato dalla parola nella lingua
originaria alle parole nelle due lingue, e individuare gli antenati più recenti (gruppi, famiglie) e l’antenato
più remoto.
• lingue indoeuropee: L’immagine delle relazioni tra lingue genealogicamente apparentate può essere un
albero genealogico (che però esclude le interferenze tra lingue dopo la loro separazione dall’antenato
comune) o la teoria delle onde (vari fenomeni linguistici che si distribuiscono fino a punti diversi).
isoglosse= le linee che determinano le estensioni dei vari fenomeni. Le due immagini sono complementari:
per indicare le proprietà che caratterizzano le differenziazioni tra sistemi fonologico e morfologico di un
gruppo si usa l’albero, per indicare l’estensione che un fenomeno ha avuto nell’ambito della famiglia
indoeuropea si usano onde e isoglosse. Le due immagini suggeriscono anche diverse concezioni della
lingua originaria: rigorosamente omogenea (albero) o distinta in vari gruppi dialettali (onde)
• mutazione (rotazione) consonantica germanica (Legge di Grimm):
- Alle occlusive sorde del sanscrito, greco e latino corrispondono nelle lingue germaniche fricative sorde: /
p/ → /f/ , /t/ → /θ/ e /k/ → /h/
- Alle occlusive sonore del sanscrito, greco e latino corrispondono nelle lingue germaniche occlusive sorde:
/b/ → /p/, /d/ → /t/, /g/ → /k/
- Ai fonemi che sono in sanscrito occlusive sonore aspirate, in greco occlusive sorde aspirate, in latino
fricative sorde, corrispondono nelle lingue germaniche occlusive sonore: /bh/ sans, /ph/ gr, /f/ lat → /b/, /
dh/ sans, /th/ gr, /f/ lat → /d/, /h/ lat → /g/
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→l’ipotesi è che per la prima e seconda serie, occlusive sorde e sonore, i fonemi sanscriti, greci e latini
corrispondano a quelli originali indoeuropei. Per la terza serie, le occlusive aspirate, ci sono più problemi:
sulla base di alcuni studi si ipotizza che i.e. /bh/ → germ. /b/, i.e. /dh/ → germ. /d/, i.e. /gh/ → germ. /g/.
• seconda mutazione consonantica germanica (seconda legge di Grimm): il tedesco (per la precisione l’alto
tedesco, da cui deriva il tedesco standard) sembra fare eccezione rispetto alle altre lingue germaniche:
infatti a i.e. /t/ non corrisponde /θ/ come in inglese, ma /d/ (ing. three, ma ted. drei), e a i.e. /d/ non
corrisponde /t/ ma /ts/. Si ipotizza quindi che il tedesco abbia subito un’ulteriore mutamento consonantico:
i fonemi originari del germanico comune sarebbero /θ/ e /t/, ma nei dialetti alto-tedeschi avrebbero subito
un ulteriore mutamento diventando /d/ e /ts/.
• Il mutamento fonetico: esempi: 1)passaggio dal sistema vocalico latino a quello italiano, in cui le
distinzioni fonologiche di lunghezza sono andate perse e trasformate in distinzioni di posizione di lingua in
senso verticale; 2)Great Vowel Shift, passaggio dall’inglese medio all’inglese moderno: le vocali lunghe
alte sono diventate dittonghi ([fi:v]→[faiv]), le vocali lunghe medie sono diventate vocali alte
([fe:t]→[fi:t]), le vocali medio-basse sono diventate vocali medie ([mæ:t]→[meit]). La grafia è riuscita
raramente a tenere il passo con questi cambiamenti. Questi mutamenti sembrano operare con assoluta
regolarità, per questo è stato coniato il termine “leggi fonetiche”, concetto molto discusso che presenta
non poche eccezioni. Queste eccezioni si dividono in due grandi gruppi, ognuno con altre suddivisioni:
- 1 gruppo (eccezioni dovute all’effetto di altri fattori sull’aspetto fonetico assunto dalla parola che ha
subito il mutamento): Leggi fonetiche concorrenti (es di Verner-nel passaggio da i.e. a lingue germaniche,
le occlusive sorde diventano dapprima fricative sorde; tali fricative sorde, oltre all’originaria fricativa
indoeuropea /s/, diventano sonore se l’accento le segue, rimangono sorde se le precede / anafonesi, /e/
tonica italiana che diventa /i/ davanti a nasale velare e laterale palatale); contesto fonetico; analogia
(meccanismo che crea nuove forme sul modello di forme esistenti, in base allo schema del “quarto
proporzionale”); contaminazione (gli elementi che costituiscono una forma si mescolano con quelli di
un’altra forma - es.greve, neither); assimilazione, dissimilazione, metatesi, aplogia.
- 2 gruppo (introduzione in una lingua di parole nuove per effetto di contatto con altre lingue). 3 tipi di
prestiti: 1)tra lingue culturalmente e cronologicamente sullo stesso piano (es inglese pay che è un prestito
dal francese payer, altrimenti avrebbe presentato la /f/) 2)tra una lingua morta e una parlata (allòtropi,
coppie di parole italiane derivate dalla stessa parola latina, ma entrate una per derivazione popolare e una
per derivazione dotta . pieve-plebe da plebem) 3)tra un dialetto e una lingua standard (es corazza e
rugiada, che non derivano direttamente dal latino)
→Le leggi fonetiche non sono paragonabili alle leggi delle scienze naturali, perché sono limitate nel tempo e
nello spazio. Ma sono prive di eccezioni nella misura in cui il mutamento procede meccanicamente
(neogrammatici), nel senso che sono determinazioni di corrispondenze sistematiche tra suoni in fasi storiche
diverse di una stessa lingua.
• Il mutamento morfologico: avviene secondo vari meccanismi: analogia; retroformazione (es action→act,
le retroformazioni sono create sempre con il modello del quarto proporzionale); grammaticalizzazione (un
lessema diventa un morfema legato es sincera mente → sinceramente, cantare habeo → canterò);
ricategorizzazione (riguarda il cambiamento di genere)
• Il mutamento sintattico: formazione del passato prossimo romanzo-in latino si usava solo il perfetto
(litteras scripsi), poi troveremo costruzioni come litteras scriptum habeo (VI sec dc): questo è già simile
alla forma italiana, ma manca il cambiamento da OV a VO → il latino è una lingua OV ma non ne
manifesta tutte le caratteristiche. Con il passaggio all’italiano queste caratteristiche sono andate perse, e il
tipo VO si è affermato totalmente, implicando anche il cambiamento di ordine tra ausiliare e participio.
• Il mutamento lessicale e semantico: il mutamento semantico è un mutamento nel modo di indicare la
realtà. Le categorie di mutamenti semantici sono: restringimento di significato (fortuna); ampliamento di
significato (virtù); metafora (capire); metonimia (creazione nuovo significato per contiguità con quello
precedente buccam(guancia)→bocca); sineddoche (parte per il tutto-stove); iperbole (da significato forte a
debole) o litote (il contrario); degenerazione o innalzamento; trasformazione di nomi propri in nomi
comuni.

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