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il linguaggio
Introduzione
L'organizzazione Linguasphere ha classificato le lingue del mondo in 9 ordini di grandezza secondo il numero di parlanti. L'inglese ha pi
di un miliardo di parlanti ed 9; l'italiano 7. La statistica tiene conto anche di chi parla una lingua come seconda lingua, e parte dal
presupposto che tutti gli abitanti di un paese ne parlino la lingua (cosa che non vera ad es per gli anziani italiani che parlano solo dialetto).
Altre classificazioni, pi rilevanti dal punto di vista linguistico:
Genealogica: due lingue sono parte dello stesso gruppo se derivano dalla stessa lingua originaria (o lingua madre, che diverso da
madrelingua), ad es le lingua romanze hanno come lingua madre il latino, e fanno parte anche di una linea genealogica pi ampia,
l'indoeuropeo, che una famiglia linguistica. Unit genealogiche dalla pi ampia alla pi ristretta: famiglia linguistica - gruppi (o classi) sottogruppi (o rami).
Tipologica: due lingue sono tipologicamente collegate se hanno caratteristiche comuni. Non detto che ci sia anche un legame genealogico,
anche se possibile.
Areale: affinit tra lingue genealogicamente non collegate, ma che si parlano in luoghi vicini e quindi si sono influenzate. Lingue di questo
tipo formano una lega linguistica. Ad es cinese e giapponese non hanno la stessa lingua madre, ma si sono influenzate; c' poi la lega
linguistica delle lingue slave, appartenenti a gruppi diversi (pur avendo la stessa famiglia linguistica indoeuropea) ma con caratteri comuni.
3. La classificazione tipologica
Pu essere morfologica o sintattica.
- c' flessione interna: variazione della vocale radicale della parola (esco - uscii). Nelle lingue semitiche, a differenza che nelle indoeuropee,
la flessione interna non riguarda solo alcuni verbi ma tutti, e allora si parla di tipo morfologico introflessivo.
- si suddivide in sottotipo analitico (come in italiano, si possono usare anche pi parole per realizzare una relaz grammaticale: uscii/sono
uscito), sintetico (si usa una sola parola, come in latino: exii) e polisintetico (un'intera frase si pu esprimere con una sola parola, come in
eschimese)
Le lingue possono avere alcune caratteristiche riconducibili a una tipologia e altre a un'altra.
I Greci adattarono l'alfabeto fenicio; da quello greco derivano l'alfabeto latino e il cirillico.
Il sistema di scrittura non connesso all'apparentamento fra le lingue: lingue non apparentate possono usare lo stesso alfabeto e viceversa.
Introduzione
Fonemi: suoni che funzionano linguisticamente, andando a formare parole. A volte si influenzano reciprocamente.
1. Fonetica
Articolatoria: studia la produzione dei suoni.
Acustica: studia la natura fisica e la propagazione dei suoni.
Uditiva: studia la ricezione del suono.
2. I suoni dell'italiano
Vedi schema pag 79.
3. Suoni e grafia
Un sistema grafico coerente quando a un suono corrisponde un solo segno e viceversa. In italiano ci sono alcune incoerenze:
- due simboli diversi per un suono: cuore/quando
- due suoni scritti con lo stesso simbolo: sera/rosa, razza/mezzo, cera/carta
- due o tre simboli si uniscono per rappresentare un solo suono: legno, esci, che, aglio ecc.
- simboli solo grafici, cui in quella parola non corrisponde alcun suono: la i in Giorgio o in scienza, la h
4. Trascrizione fonetica
I suoni possono essere semplici o geminati (=raddoppiati, anche per le vocali).
La lunghezza si indica con : (i due punti) messi dopo il suono da allungare (nel caso delle affricate, che si scrivono foneticamente con due
segni affiancati, : va messo dopo il primo segno).
L'accento si indica con ' (l'apice) messo prima della sillaba accentata. Sui monosillabi si pu non indicare.
Le maiuscole e gli apostrofi non si indicano.
4.1 Confini
A volte si indicano i confini di sillaba (con un punto .), morfema (+) e parola (# a inizio e fine parola).
5. Fonetica e fonologia
Fonetica: studia l'aspetto fisico dei suoni
Fonologia: studia la funzione linguistica dei suoni, indagando:
- quali sono i fonemi di una lingua, cio se a un diverso suono corrisponde un diverso significato (ad es in italiano pronunciare la r o la R
moscia non cambia il significato della parola)
- come si combinano i suoni fra loro
- come si modificano combinandosi
5.1 Contesto
Distribuzione di un suono: certi suoni possono comparire solo vicino a certi altri. Classi di suono simile hanno distribuzione simile.
Terza regola: se due suoni simili a livello articolatorio non si possono mai trovare nelle stesse posizioni, sono varianti combinatorie dello
stesso fonema
5.4 Allofoni
Il fono [s] pu esserci solo in un certo contesto (iniziale di parola prima di vocale, finale di parola, prima di consonanti sorde), e [z] a sua
volta solo in un contesto diverso da quello di [s] (tra due vocali o prima di consonanti sonore). Sono due foni che non possono ricorrere
nello stesso contesto, per sono simili: ecco realizzate le condizioni di una distribuzione complementare. Si dir allora che c' un solo
fonema, /s/, che a seconda del contesto si realizza come [s] o [z].
Analogamente, n velare e n labiodentale possono stare solo in contesti diversi e sono perci allofoni del medesimo fonema /n/.
6. Tratti distintivi
Binarismo: teoria di Jakobson secondo cui ogni fonema si pu definire dicendo se ha o meno un certo tratto distintivo, quindi per scelte
binarie.
Le caratteristiche considerate sono elencate a pag 95.
7. Regole fonologiche
Fanno cambiare un suono in un altro a seconda del contesto (ad es la c che diventa velare o affricata a seconda della vocale che ha dopo).
Si scrivono: A --> B/___C, cio: il suono A diventa il suono B quando vicino a C.
Descrizione strutturale: la parte di regola che descrive la situazione esistente prima che si verifichi il fenomeno
7.1 Parentesi
Nella scrittura delle regole fonologiche, le parentesi:
tonde: racchiudono una condizione facoltativa, ad es se scrivo g(:) intendo "il suono g o il suono g raddoppiato..."
graffe: racchiudono pi suoni fra i quali si pu scegliere, tutti ugualmente buoni per applicarci la regola in questione
8.1 Assimilazioni
Totali: il segmento assimilato sparisce (ad es in+ragionevole --> irragionevole)
Parziali: il segmento cambia (ad es in+probabile --> improbabile).
L'assimilazione poi progressiva se il segmento che la provoca prima di quello che viene assimilato, altrimenti regressiva.
Ci sono assimilazioni diacroniche, avvenute nell'evolversi delle lingue (ad es nel passaggio dal latino all'italiano: factum --> fatto).
Dissimilazione: processo inverso all'assimilazione.
Metafonesi: assimilazione che coinvolge due segmenti non adiacenti.
Armonia vocalica (c' anche quella consonantica): in turco e ungherese, l'assimilazione avviene anche tra parole vicine.
9. La sillaba
Def fonetica: "unit prosodica di foni agglomerati attorno a un picco d'intensit"
Def fonologica: vede una correlaz tra sillaba e parola
In italiano formata da un nucleo sillabico (costituito da una vocale o un dittongo), eventualmente preceduto da un attacco e/o seguito da
una coda. Nucleo + coda formano la rima.
E' aperta se non ha coda, altrimenti chiusa.
Aplologia: cancellazione di una sillaba quando due parole si uniscono a formarne una unica, quindi per composizione (cavalli+leggeri -->
cavalleggeri)
11.1 Lunghezza
Durata temporale dei suoni. In italiano la lunghezza delle vocali non tratto distintivo (com'era in latino), quella delle consonanti s.
11.2 Accento
Propriet delle sillabe e non dei segmenti. In italiano non ci sono regole che rendano prevedibile dove va l'accento. C' qualche regola ma di
tipo morfologico (ad es i verbi al passato remoto 3 persona cant lod...). Nelle lingue con accento fisso, questo non pu essere
ovviamente un carattere distintivo.
Se una parola ha pi accenti, il primario indicato con l'apice e il secondario col pedice.
11.3 Intonazione
Le dichiarative hanno curva melodica con andamento finale discendente, le interrogative ascendente. In italiano le interrogative si
distinguono solo grazie all'intonazione.
11.4 Tono
Una sillaba si pu pronunciare ad altezze diverse. In cinese tratto distintivo.
L'accento pu cambiare
Neutralizzazione: ?!?!?!?!?
4.7 Naturalezza: un fenomeno fonologico presente in molte lingue pi naturale di uno sporadico.
Introduzione
Morfologia: studio delle parole e delle forme che possono assumere. Le parole possono essere semplici, ad es [capo], o complesse (divise in
prefissate [ex-capo], suffissate [capetto], composte [capostazione]). Entrambe possono essere flesse per genere, numero...
1. La nozione di parola
Unit del linguaggio. Non possibile trovarne una definizione univoca, perch incerte lingue ci sono lunghissime parole composte, frasi
concentrate in una parola unica... dove parola s'intende elemento tra due spazi bianchi - ma questa definizione vale solo per le lingue che
hanno una scrittura!
Parola fonologica (tutto ci che si raggruppa attorno a un accento primario), morfologica e sintattica sono diverse (ad es capostazione
morfologicamente una parola, fonologicamente due perch ha due accenti...).
Una possibile definizione considerare parola quell'unit che non pu essere interrotta dall'inserimento di altre unit.
2. Classi di parole
Nome, verbo, aggettivo, pronome, articolo, preposizione, avverbio, congiunzione, interiezione. Alcune classi sono variabili, altre
invariabili; alcune chiuse (non si potranno aggiungere altri elementi), altre aperte.
Nome e verbo sono parti del discorso universali, ci sono in tutte le lingue; le altre no.
Le parti del discorso si possono definire, pi che secondo criteri semantici, secondo pi precisi criteri distribuzionali, cio su come si
"distribuiscono", si associano alle altre parti del discorso: non si possono mettere insieme a caso nomi, verbi, articoli ecc.
3. Morfema
E' la pi piccola parte di una lingua dotata di significato. E' un segno linguistico, dotato di significante e significato. Tale significato pu
essere:
lessicale: che non dipende dal contesto; ad es libr- un morfema lessicale che significa insieme di fogli stampati
grammaticale: esprime una funzione grammaticale e riceve significato anche dal contesto; ad es la -i di libri significa "plurale"; la
preposizione di ha funzioni diverse a seconda del contesto.
Allomorfo: rappresentazione concreta di un morfema, che un'unit invece astratta. Di solito a ogni morfema corrisponde un allomorfo, ma
in certi casi pi di uno: ad es gli articoli i e gli sono due allomorfi, la cui distribuzione determinata dal contesto fonetico.
6. Allomorfia e suppletivismo
Suppletivismo: c' quando in una serie morfologicamente omogenea si trovano radicali diversi, con evidenti rapporti semantici ma non
formali (ad es vado - andiamo). Pu essere:
- forte: l'intera radice diversa
- debole: c' una base comune riconoscibile
L'allomorfia si esprime attraverso un'alternanza motivata fonologicamente, il suppletivismo no. Ovvero: c' una regola per cui "corretto"
diventa "correzione"; e si deduce dal fatto che ci vale per molti altri aggettivi simili: perfetto-perfezione, distratto-distrazione... perci
"corretto" e "correzione" sono due allomorfi. Invece il passaggio da "Arezzo" a "aretino" tipico solo dei nomi etnici, non rappresenta una
regola generale; perci si pu dire che un caso di suppletivismo (debole).
8. Parole suffissate
Classi di suffissi:
Deverbali: formano nomi d'azione o deverbali astratti che rappresentano l'atto espresso dal verbo (ammirare --> ammirazione); in certi casi
diventano concreti (costruire-->costruzione) prendendo il nome di nomi risultato. Uno stesso nome pu essere astratto e concreto a seconda
del contesto.
Agentivi: giornal-aio, post-ino...
Valutativi: accrescitivi, peggiorativi, vezzeggiativi...
Alcuni suffissi prediligono legarsi a certe basi piuttosto che ad altre.
9. Parole prefissate
Soprattutto nomi e aggettivi, seguiti dai verbi. Alcuni sono specifici di ambiti particolari (scientifici...).
Introduzione
C' un lessico dei parlanti e uno dei dizionari.
I morfemi (le parole semplici) di una lingua devono essere memorizzate per essere usate, non si deducono; le parole in gran parte si
memorizzano e un po' si producono, le frasi si inventano seguendo regole.
1. Il lessico mentale
I parlanti hanno conoscenza di un proprio dizionario mentale di parole, del loro funzionamento (declinazione dei verbi ecc) e di come si
traducono i suoni in segni alfabetici.
Non si sa bene se le forme flesse siano sempre derivate tramite regole o in parte memorizzate come sono (spec. le irregolari)
2. Dizionari
Un dizionario si pone a livello della langue. E' formato da lemmi. Si costruisce a partire da corpora scritti (ad es tutto ci che ha scritto
Dante). Un parlante non ne conosce tutte le parole, ma ne conosce altre che nel diz non ci sono.
2.2 Lessicalizzazioni
Espressioni il cui significato non desumibile dalle parti che lo compongono, ad es le espressioni idiomatiche, che infatti sono spiegate sul
dizionario. Tale processo trasforma un gruppo di parole in un'unit lessicale che si comporta come una parola sola.
Grammaticalizzazione: una parola perde il suo significato lessicale per assumerne uno grammaticale (ad es -mente da nome diventa
suffisso)
- adattato: entrato nell'italiano in epoca remota, non pi riconoscibili come straniere. E' possibile formarne composti.
- non adattato: non possibile formarne composti
I dizionari distinguono anche stratificazioni di uso e registro stilistico (antico, dialettale, letterario...); alcuni segnano le parole anche come
fodamentali (2000 parole frequentissime), ad alta disponibilit (legati a oggetti quotidiani) e ad alta frequenza.
4. Dizionari stilistici
Ci sono dizionari monolingui, bilingui, plurilingui, etimologici, sinonimi e contrari...
4.1 Dizionari elettronici
[paragrafo inutile]
4.2 Giochi
[paragrafo inutile]
4.3 Dizionari inversi
Ordinano le parole in ordine alfabetico non secondo la lettera iniziale, ma quella finale --> si ottengono liste di parole che terminano con lo
stesso suffisso.
4.4 Dizionari di frequenza
Lif: lessico di frequenza della lingua italiana contemporanea, mette le parole in ordine di frequenza, specificandone la frequenza nei diversi
tipi di testi (teatrali, romanzi, cinematografici...). Pu servire per le lingue straniere, per privilegiare lo studio delle parole pi usate.
Lip: come il lif, ma raccoglie campioni di parlato di 4 citt italiane. Ne emerge che le parole pi usate nel parlato sono quelle pi radicate
nell'italiano, piuttosto che gli esotismi.
4.5 Concordanze
Liste di testi in cui una parola appare.
Introduzione
Ci sono frasi grammaticali e non. (Non detto che una frase grammaticale abbia anche senso). La sintassi cerca i motivi per cui una frase
suona "ben formata" e un'altra no; anzi, il suo oggetto non solo la frase, ma anche le altre possibili combinazioni di parole (discorsi e testi,
oppure sintagmi, cio gruppi di parole).
1. La valenza
La valenza di un verbo il numero di elementi a cui quel verbo deve essere associato affinch abbia senso. Tali elementi si chiamano
argomenti. Ci sono verbi:
- avalenti: senza nessun argomento (es piovere)
2. I gruppi di parole
Criteri per riconoscere un gruppo di parole (o sintagma):
- movimento: le parole si spostano insieme
- enunciabilit in isolamento: hanno senso anche non in una frase completa, se messi nel contesto opportuno.
I sintagmi hanno una testa, ad es in "a mezzanotte" la testa a, in "il poliziotto" poliziotto. A seconda della testa, si distinguono sintagmi
di tipo preposizionale, nominale, verbale, aggetivale.
Coordinabilit: gruppi di parole di tipi diversi non sono coordinabili.
[Per rappresentazione sintagmi in diagrammi ad albero e parentesi etichettate, vedi pag 168-169]
I sintagmi sono i costituenti della frase, e possono essere sudidvisi in altri sintagmi pi piccoli, fino ai costituenti ultimi.
3. Le frasi
3.1 Frasi e gruppi di parole
Qual la differenza tra frasi e gruppi di parole? Le frasi hanno un soggetto e un predicato, il cui rapporto di dipendenza reciproca (se c'
uno serve l'altro e viceversa). Invece tra la testa del gruppo di parole e gli altri elementi (modificatori) non c' dipendenza reciproca. Quelle
che genericamente chiamiamo frasi sono:
- espressioni di senso compiuto che sono gruppi di parole con struttura predicativa (soggetto e predicato)
- espressioni di senso compiuto che non sono gruppi di parole e non hanno strutt. predicativa
- strutture predicative senza senso compiuto
Proposizione: frase con struttura predicativa.
sola).
- modalit: dichiarative, imperative, interrogative (suddivise in interrogative s-no e interrogative wh, cio quelle che rispondono alle wh
questions..), esclamative.
- polarit: affermative e negative
- diatesi: attive e passive
- segmentazione: in una frase segmentata, un sintagma messo in rilievo rispetto agli altri (ad es "questo signore, Dio gli ha toccato il
cuore")
[utile schema pag 179]
4. Soggetto e predicato
Le definizioni tradizionali sono corrette, ma parziali: non distinguono i diversi livelli di analisi della frase (sintattico, semantico e
comunicativo).
A livello sintattico:
- il soggetto quell'argomento che ha obbligatoriamente stessa persona e stesso numero del verbo.
- il predicato il verbo pi i suoi argomenti, ovvero il sintagma verbale
A livello semantico:
- meglio non parlare di soggetto ma di agente: "colui che compie l'azione"
- non si parla di predicato ma di azione (o di stato, se la frase non esprime un'azione)
- il soggetto sintattico chiamato esperiente
A livello comunicativo:
- non si parla di soggetto ma di tema, nel senso di tema da svolgere
- al posto di predicato si dice rema
5. Categorie flessionali
Genere, numero, caso, tempo, persona e modo.
Accordo: se due parole hanno le stesse categorie flessionali.
Reggenza: se una parola ha una certa cat. flessionale perch le stata assegnata da un'altra parola, che ha cat. diversa (ad es un nome in un
determinato caso perch retto da un certo verbo)
5.2 Caso
Indica la relazione tra un elemento nominale e le altre parole della frase. Esiste in tutte le lingue, ma solo in alcune si esprime
morfologicamente con una categoria flessionale (e allora si parla di casi morfologici). Il numero di casi morfologici varia a seconda della
lingua.
Il genitivo (espresso come caso morfologico o con preposizioni) esprime la relazione di un nome con un altro; pu essere soggettivo o
oggettivo [vedi esempi pag 195]
Momento dell'enunciazione (quando si dice una cosa) e momento dell'evento (quando avvenuta/avverr) sono diversi; a volte c' anche un
momento di riferimento, quello della frase principale, distinto dagli altri due (as es in "quando gianni era gi partito da tempo, Piero
finalmente arriv" si distinguono i 3 momenti).
Aspetto: pu essere imperfettivo (se il tempo imperfetto o trap pross, indica azione incompiuta) o perfettivo (pass pross e remoto, trap
remoto, azione compiuta). Ma va precisato che pass pross descrive un evento passato i cui effetti si sentono ancora nel presente (si dice che
compiuto), il pass remoto non ha pi rapporto col presente (quindi aoristico).
Modo: atteggiamento del parlante rispetto all'evento descritto dal verbo:
Modi finiti:
- indicativo: constatazione
- congiuntivo: desiderio o augurio
- imperativo: ordine
- condizionale: possibilit o irrealt
Modi non finiti (perch non distinguono le persone)
- infinito, gerundio, participio
Introduzione
Semantica: studia il significato delle espressioni linguistiche.
Pragmatica: studia il loro uso.
Cos' il significato? Definirlo come "segmento di realt" cui una frase si riferisce sarebbe parziale, perch:
- ci sono differenze nel modo in cui ogni lingua definisce la realt - eppure quella realt la stessa. Ad es, in inglese wood significa sia
legno che bosco, ma non che un inglese non sappia distinguere i due concetti.
- esistono relazioni di significato interne alla lingua, al di l del rapporto di una frase con la realt: "Gianni scapolo, ma sposato" si
identifica subito come una contraddizione, anche se non sappiamo come sia effettivamente Gianni.
- si usano spesso frasi in senso non letterale.
2. Semantica lessicale
2.1 Ambiguit del significato: omonimia e polisemia
Lessemi ambigui: hanno pi di un significato. Si pu trattare di:
- polisemia: se i significati sono in qualche modo collegati (collo umano e di bottiglia, mano fisica e di vernice...)
- omonimia: i significati non c'entrano nulla (spesso come frequentemente o grosso, vite che si avvita o plurale di vita...)
3. Semantica frasale
Principio di composizionalit: il significato di una frase dipende dalla combinazione dei significati delle parole che la formano. Ci non
vale sempre, ad es nel caso delle lessicalizzazioni.
Analiticit: si presenta in frasi la cui verit o falsit determinabile solo sulla base del significato dei connettivi frasali (e, o...).
Presupposizione: frase che deve esser vera perch le frase conseguenti abbiano un valore di verit. Altrimenti, esse non sono n vere n
false, ma inappropriate.
4.2 I performativi
Certi atti illocutori contengono verbi performativi, cio che, nel momento stesso in cui si pronunciano, compiono un'azione (ad es
"prometto che...")
Introduzione
Stratificazione della lingua:
Diastratica (o verticale): differenze tra strati sociali.
Diatopica (o orizzontale): differenze dialettali.
Diafasica: differenze di formalit.
Diamesica: differenze legate al modo di comunicare (lettera, email..).
2. Sociolinguistica
Mentre la linguistica pone particolare attenzione alla distribuzione contrastiva (ad es quella di [p] e [b]), la sociolinguistica si fonda
sull'ipotesi che la variante libera (ad es [r] e [R] moscia) non esista, perch tutte le volte che esistono due modi diversi di dire una cosa,
significa che c' una scelta, e tale scelta pu essere correlata a fattori sociali.
I modi diversi di dire una cosa non riguardano solo la fonologia, ma tutti i livelli linguistici [vedi esempi pag 225]
2.1 Centralizzazione a Martha's Vineyard
da fare?
Tutti quelli che parlano una certa lingua; ma non omogenea, bens stratificata.
2.3 Repertorio linguistico
Insieme di codici e variet che un parlante sa padroneggiare. Quando un parlante dispone di pi variet (ad es italiano standard e regionale)
pu passare da una all'altra: il code switching.
2.4 Competenza comunicativa
Capacit dei parlanti di usare la lingua nei modi appropriati alle varie situazioni. E' un fatto individuale, non sociale.
2.5 Funzione di presentazione
Parlando trasmettiamo inconsciamente informazioni su di noi (attraverso l'accento ad esempio)
5. Lingua e dialetto
Ci sono numerosi criteri per distinguerli, ma non sempre danno soluzioni univoche; ci sono dialetti che vorrebbero essere riconosciuti come
lingue.
La differenza tra lingua e dialetto non "di sistema": sono entrambi sistemi linguistici a tutti gli effetti. La diff potrebbe stare nell'ampiezza
lessicale, ma anche quella ampliabile.
6. Dialetti in Italia
Dante fu il primo a individuarne 14, nel De vulgari eloquentia. Oggi la suddivisione in dialetti:
settentrionali, divisi in gallo-italici (nordovest e emiliaromagna) e veneti (nordest)
toscani
centromeridionali, tutti gli altri tranne i meridionali estremi (salentino, calabr. meridionale e siciliano).
[I fenomeni che li caratterizzano sono elencati a pag 235]
Alloglossia: si parlano lingue straniere, ad es nelle zone di confine o immigrazione
7. Bilinguismo e diglossia
Bilinguismo: tutti gli abitanti della zona padroneggiano le due variet;
Diglossia: le variet sono usate in modo complementare, e una variet ha uno statuto socioculturale pi "alto" dell'altra.
Le due situazioni possono esserci:
entrambe: ad es sai bene sia italiano che dialetto, ma li usi in ambiti diversi
solo diglossia: solo una parte della popolaz sa l'italiano, il resto solo il dialetto
solo bilinguismo: sai italiano e dialetto ma non ne dividi gli ambiti
nessuna: molto improbabile che si verifichi, perch ci sono sempre differenziazioni interne a una comunit.
Introduzione
Linguistica storica: studia il mutamento delle lingue nel tempo. Sviluppatasi dai primi anni dell'800, cerca di ricostruire i suoni originari,
alla base delle lingue poi sviluppatesi, col metodo della comparazione tra le lingue. Umanisti pre-ottocenteschi credevano che la lingua
cambiasse solo per cause esterne (tipo invasioni barbariche), tranne Dante che sosteneva che il tempo fosse sufficiente a cambiarle: la
posizione riconosciuta tutt'oggi come vera. Ogni bambino che impara la lingua dai genitori ne sviluppa una competenza propria, quindi
diversa; differenze cos lievi, sommandosi nelle generazioni, provocano cambiamenti forti.
Le corrispondenze devono trovarsi in molte parole native; va poi ricostruito il cammino che ha portato la parola a trasformarsi.
Mentre per le lingue romanze abbiamo moltissimi scritti nella loro lingua originaria, il latino, per quelle germaniche non ne abbiamo
nessuno, e tuttavia si pu ipotizzare una lingua originaria proto-germanica (o germanico comune).
Le corrispondenze si cercano tra morfemi e fonemi, non tra parole.
- Effetto di un'altra legge. Ad es, secondo una legge fonetica, il lat. vinco, lingua, familia doveva in italiano trasformare la /i/ breve in /e/.
Ma secondo il fenomeno dell'anafonesi, la /e/ tonica italiana diventa /i/ davanti a nasale velare e a laterale palatale.
- Contesto fonetico. Se certi fonemi sono adiacenti a certi altri, subiscono determinati cambiamenti diversi da quelli previsti dalla legge
generale.
- Analogia: un meccanismo che crea forme nuove sul modello di forme esistenti - quindi un fenomeno morfologico, ma crea apparenti
eccezioni a leggi fonetiche. Ad es "io amavo" dovrebbe essere "io amava" dato che deriva da amabam, ma ha preso la desinenza o per
analogia col presente "io amavo". La forza dell'analogia sta nell'amalgamare le varie forme in un'unica regolarit - e le lingue tendono
sempre a regolarizzarsi, tranne che per le forme irregolari di uso molto comune.
- Contaminazione: gli elementi di una forma si mescolano con quelli di un'altra, ma dove l'elemento di una non corrisponde a quello
dell'altra in modo cos preciso come nell'analogia; pi una mescolanza.
- Assimilazione e dissimilazione v. cap IV
- Metatesi: cambia l'ordine dei segmenti, ad es crocodilus --> coccodrillo
- Aplologia v. cap IV par 9
3. Il mutamento morfologico
Analogia (da "sviolinare" posso inventare "sviolinatore" per analogia con le parole che terminano in -tore)
Retroformazione: fenomeno per cui B sembra derivare da A, ma in realt A che deriva da B. Spesso la confusione accade perch la vera
parola base ha un suffisso in pi rispetto alla derivata.
Grammaticalizzazione: un lessema si trasforma in un morfema legato. Ad es -mente in origine era l'ablativo di mens, e "sincera mente"
significava "con mente sincera"; poi mente ha cominciato ad essere percepita come suffisso.
Ricategorizzazione: per il passaggio dai tre generi latini ai due italiani. Di solito i neutri diventano maschili anche grazie al fatto che accusat
neutro e maschile sono uguali; ma a volte no, come per "foglia".
4. Il mutamento sintattico
Ne sono esempi il passaggio dal latino in cui c'era solo il perfetto agli italiani passato prossimo e remoto; la nascita degli articoli; in inglese,
la divisione tra verbi lessicali (quelli... normali) e i modali (come can).
Il latino una lingua prevalentemente OV (oggetto-verbo) anche se l'ordine delle parole non sempre fisso e non possiamo chiedere a un
antico romano quale ordine gli sembri pi normale^^. Le lingue OV dovrebbero avere altre caratteristiche, come l'essere posposizionali, ma
questo per il latino non del tutto vero, ha piuttosto molte preposizioni; quanto all'ordine NA, non certo fisso, anzi. L'italiano, invece,
una lingua VO e ne possiede regolarmente tutte le caratteristiche.