Insegnare italiano a
stranieri
Riassunto
Avokade power
1. Le variabili nell’apprendimento della L2
Nell’apprendimento della L2 sono molte le variabili in gioco: tali variabili possono dipendere dalle
lingue coinvolte, dai fattori esterni o da caratteristiche individuali del soggetto che apprende.
Naturalmente non si tratta di variabili discrete, ma piuttosto di componenti che si intersecano tra
loro nella creazione di una rete complessa e interdipendente.
Logografici: in cui le unità rappresentate nella grafia sono della prima articolazione del
linguaggio (i “significati”): in cinese, ad esempio, di solito un carattere corrisponde a una
parola (o un morfema). La scrittura logografica è un sistema di scrittura in cui il singolo
elemento (logogramma) rappresenta sia il significante sia il significato;
Fonografici: in cui le unità rappresentate nella grafia sono della seconda articolazione del
linguaggio (“significanti”) e le parole vengono costituite da una sequenza di simboli
grafici. I sistemi di scrittura fonografici possono essere basati su tratti fonologici distintivi
o alfabetici (basati sulla corrispondenza grafema/fonema).
Sillabici: basati sulla corrispondenza fra un grafema e una sillaba.
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Le lingue pro-drop (o “a soggetto nullo”: dall’inglese pronoun “pronome” + to drop “lasciar cadere”), tollerano
l’omissione del pronome personale in posizione di soggetto nella frase dichiarativa, senza che ciò pregiudichi la
grammaticalità e la conseguente piena comprensibilità della struttura linguistica prodotta (es. italiano). Nelle lingue
“non pro-drop” (es. inglese, francese, tedesco) la mancata espressione del soggetto produce stringhe del tutto
agrammaticali e quindi incomprensibili.
una L2 aiuti a rafforzare la L1, invece di inibirla, e aiuti anche a sviluppare quelle abilità logico-
cognitive che Cummins chiama Cognitive Academic Language Proficiency (CALP).
Le principali variabili del contesto sociale che incidono sull’acquisizione di una L2 sono:
1. il contatto con i nativi nel tempo libero
2. il livello di istruzione della famiglia
3. il contesto lavorativo e i rapporti sociali
4. le caratteristiche del progetto migratorio (temporaneo o stabile).
5. La situazione abitativa e socio-economica
6. Il livello di scolarità e il titolo di studio dei componenti la famiglia.
Il soggetto impara una L2 attraverso i testi a cui è esposto e che riesce via via a decodificare. A
partire da questi testi e dalle proprie conoscenze linguistiche pregresse, il soggetto processa
mentalmente il modello linguistico-comunicativo a cui è esposto, li confronta con la L1 e con le
altre lingue note e, dopo una prima fase in cui si limita all'imitazione e alla ripetizione di chunks
non analizzati, passa alla elaborazione di ipotesi sul funzionamento della L2, in base alle quali
metterà in moto lo sviluppo della propria personale interlingua. L'ipotesi dell'input
comprensibile di Krashen mette in risalto il ruolo che questo ha nell'apprendimento della L2,
purché si tratti di un materiale linguistico che il soggetto è in grado di gestire: solo
comprendendo almeno parzialmente i messaggi formulati nella L2 il soggetto potrà rielaborarli
mentalmente, perciò, secondo Krashen, l'input deve essere di complessità lievemente
superiore rispetto a quanto l'apprendente è in grado di comprendere agevolmente.
Più vario e comprensibile è l'input, maggiore è il repertorio di casi con cui l'apprendente si
confronta per verificare le proprie ipotesi sul funzionamento della L2. L'input varia in base al
contesto di apprendimento. Ma l'input comprensibile non basta: secondo l'ipotesi
interazionista,
l'input, oltre ad essere semplificato, modificato e negoziato deve essere anche interattivo.
1.2.4 Le interazioni in L2
In L2, le interazioni possono avvenire con parlanti nativi e non nativi, utilizzando i canali dello
scritto, dell’orale, del trasmesso. Possono avvenire fra pari o fra soggetti con ruoli asimmetrici
(rapporto docente-allievo). Lo stesso QCER sollecita i docenti a promuovere un apprendimento
della L2 che abbia una spendibilità sociale, quindi l'interazione è sia un mezzo, sia un fine in un
approccio didattico finalizzato all'intercomprensione e alla coesione sociale. Le teorie
interazioniste e le ipotesi dell’input modificato e interattivo, mettono in luce l’importanza del
rapporto interpersonale nell’apprendimento; questo permette, infatti, all’apprendente di
negoziare l’input o l’output (“Cosa vuol dire?” “Come si dice?” “Perché è sbagliato dire?” e
favorisce anche i fenomeni innati di “imitazione dell’interlocutore”, determinati a livello
neurologico dai neuroni specchio che garantiscono all’essere umano la sopravvivenza fin dalla
primissima infanzia. Buona parte dell’acquisizione linguistica di L2 si basa anche su fenomeni di
adattamento all’interlocutore e di creazione di automatismi per mezzo della pratica e
dell’imitazione.
L’apprendimento della L2 dopo la prima infanzia in età adulta e in orari specifici piuttosto
limitati nel tempo, comporta una serie di problemi che si aggiungono a quelli di tipo psico-fisico
e neurologico che caratterizzano i vari periodi successivi all’infanzia. È tuttavia possibile
ottimizzare i tempi dell’apprendimento con l’aumento della densità comunicativa in classe e
con un’adeguata organizzazione dell’unità di lavoro che spetta al docente. Molto dipende dalla
motivazione dell’apprendente che in base ad essa saprà sfruttare le opportunità di esposizione
alla L2.
L’esposizione precoce alla L2 è una causa di successo. Le ricerche affermano che l’età ottimale
per imparare la L2 è situata prima dei dieci anni, poiché secondo Eric Lennenberg esiste il
periodo
critico, secondo il quale la capacità di apprendere bene la L2 sembra esaurirsi dopo i dieci
anni.
Altri linguisti avanzano l'ipotesi dell'esistenza di più periodi sensibili. Ogni abilità linguistica
avrebbe una propria soglia critica che corrisponde a particolari momenti dello sviluppo
biologico e cerebrale del soggetto: nella prima infanzia si sarebbe maggiormente predisposti
all’acquisizione delle caratteristiche fonetico-intonativo; nell’adolescenza dei tratti morfo-
sintattici; nell’età adulta del lessico.
1.3.2 Il sesso
Fra le variabili individuali il sesso dell'apprendente può essere messo in relazione con i risultati
dell'apprendimento. Una maggiore attenzione e dedizione allo studio delle ragazze, così come
alcune caratteristiche cerebrali diverse sono possibili cause di un successo lievemente
maggiore nell'acquisizione della L2 osservato da varie ricerche nei soggetti femminili rispetto a
quelli maschili.
Due distinzioni fondamentali riguardano diversi obiettivi che spingono una persona a studiare
una lingua:
• identificarsi nel gruppo sociale della L2 o aderire a un modello linguistico-culturale che si
ammira (motivazione culturale);
• ottenere un vantaggio pratico della L2 (motivazione strumentale)
1.3.4.1. L’ansia
Si tratta di una variabile individuale che può insorgere:
in relazione a un particolare compito comunicativo;
in situazione di test formali (ansia da prestazione);
quando si ha paura di essere giudicati: l'ansia in questo caso è un segnale di paura
profonda
di perdere la faccia di fronte agli altri;
quando si vive negativamente lo shock linguistico culturale, definito da John Schumann
come il disagio e il disorientamento che sperimentano alcuni apprendenti nell'assumere gli
abiti linguistici di un'altra cultura, temendo di rendersi ridicoli anche di fronte a sé stessi e
soprattutto di perdere il piacere di esprimersi agevolmente nella propria L1.
L'ansia è di solito più alta negli apprendenti adulti, nei primi stadi dell'apprendimento o in
situazioni formali; tende ad aumentare con le esperienze negative e a diminuire con la
competenza in L2.
Si distingue fra:
ansia facilitante (o stress positivo), caratterizzato da uno stadio di attenzione vigile che
agevola l'apprendimento;
ansia debilitante (o stressa negativo) che paralizza e inibisce: a questo tipo di ansia fa
riferimento il concetto di filtro affettivo di Krashen, da intendere come una barriera
psicologica che si erge metaforicamente davanti all'apprendente, quasi come un muro
invalicabile che lo blocca e rende vano ogni tentativo di apprendimento.
1.3.5 La personalità
1.3.5.1 Carattere
Alcuni tratti del carattere possono influenzare le modalità e gli esiti dell’apprendimento della
L2:
sicurezza/insicurezza;
livello di autostima;
tendenza all’introversione o estroversione;
tendenza all’imitazione o all’anticonformismo;
inclinazione al rischio;
sensibilità al rifiuto;
egoismo/empatia;
grado di inibizione;
tolleranza verso l’ambiguità.
Con 'attitudine' si intende l'inclinazione individuale verso le particolari abilità messe in gioco
nell'apprendimento linguistico (es. la sensibilità verso i tratti intonativi e prosodici della lingua
che
caratterizza chi ha anche doti musicali e attitudine al ritmo). Non tutti gli studiosi riconoscono
l'esistenza di un'attitudine innata verso la L2, attribuendo il successo dell'apprendimento ad
altri
fattori (ambientali, economici, sociali, ecc.). Altri pensano invece che tale attitudine esista e sia
legata al carattere e anche ad alcune abilità linguistiche più specializzate.
Negli anni 50 furono messi a punto negli USA vari test attitudinali, fra cui quelli di John B.
Carroll
e Stanley M. Sapon che nel 1959 realizzarono il Modern Language Aptitude Test (MLAT) per
adulti
e universitari e nel 1967 ne fecero un adattamento per gli alunni delle elementari (EMLAT). Il
MLAT si basa sul rilevamento delle abilità come la discriminazione fonologica, la sensibilità
grammaticale, le abilità induttive e la memoria associativa.
Dagli anni 70 diminuisce l'interesse per i test attitudinali di questo tipo. Peter Skehan mette in
evidenza che l'attitudine è in parte innata e in parte acquisita, interpretandola come residuo
di una
certa precocità nell'apprendimento della L1, risultato di una esposizione precoce alla L2,
prodotto
di fattori educativi che vanno al di là dell'istruzione scolastica.
1.3.5.3 Intelligenza
Se intendiamo il concetto di intelligenza in senso etimologico, cioè saper scegliere fra più
opzioni
possibili, non c'è da meravigliarsi che la teoria delle intelligenze multiple dello psicologo
statunitense Howard Gardner abbia avuto tanto successo e sia stata anche utilizzata in
relazione
all'apprendimento della L2.
Secondo Gardner esistono in ogni individuo otto tipi di intelligenze:
linguistica: consiste nell'abilità di usare il linguaggio per esprimere cosa c'è all'interno della
mente e per capire le persone;
logica: permette di elaborare lunghe catene di ragionamento, come nella matematica;
musicale: permette di riconoscere e memorizzare toni, ritmi, melodie;
spaziale, che permette di ricostruire mentalmente i luoghi e gli oggetti nello spazio;
cinestetica: è caratterizzata dall'abilità di controllo dei movimenti corporei;
interpersonale: permette di entrare in sintonia con gli altri, capirne le intenzioni e i
desideri, influenzarli, collaborare e interagire con loro;
intrapersonale, che riguarda la capacità di introspezione, la conoscenza di sé, dei propri
punti di forza e di debolezza;
naturalistica, che permette di fare classificazioni.
Ognuno di questi diversi tipi di intelligenza è correlato a particolari aree cerebrali e può
risultare
più congeniale a certi tipi di compiti comunicativi nella classe di L2. Alle teorie di Gardner si
affiancano altre teorie sull'intelligenza. Fra queste la teoria di Robert Sternberg può avere
altre interessanti ricadute sulla didattica della L2. Sternberg considera l'intelligenza di tre tipi:
Lo stile cognitivo può essere definito come il modo preferito dall'individuo di elaborare
l'informazione o di affrontare un compito, dal momento che non esiste un comportamento
ideale
unico. La tolleranza per le ambiguità o il possesso di strategie di evitamento delle difficoltà
rappresentano due stili cognitivi favorevoli all'apprendimento in generale.
Esistono diversi stili cognitivi che possono avere importanti ricadute anche sugli stili di
apprendimento della L2:
1. dipendente dal campo, che porta a elaborare le informazioni tenendo conto dei fattori
contestuali, isolando con difficoltà i fenomeni dal contesto;
2. indipendente dal campo, che indica la capacità di rispondere correttamente e in breve
tempo alle sollecitazioni impreviste provenienti dalla realtà;
3. analitico, tipico di chi preferisce scomporre il compito di apprendimento in unità discrete e
indipendenti;
4. globale, di chi privilegia l'insieme e affronta i compiti nella loro dimensione generale;
5. analitico-mnemonico, di cui è portato a procedere attraverso l'analisi e la scoperta delle
regole oppure attraverso la memorizzazione di parole e segmenti della L2;
6. visivo-tattile-uditivo-cinestetico, indica preferenze di apprendimento attraverso lettura,
attività manuali, ascolto di canzoni o registrazioni, coinvolgimento fisico e visione di filmati.
Lo schema sopracitato ha costituito il punto di riferimento per molti glottodidatti italiani, almeno
fino alla comparsa di modelli più attuali.
Tutte le teorie sull’apprendimento della seconda lingua fanno riferimento ai concetti di:
APPROCCIO: valuta e seleziona dati e impianti epistemologici delle varie teorie e delle varie
scienze di riferimento, individuando le mete e gli obiettivi dell’insegnamento linguistico.
METODO: è la realizzazione di un approccio in termini di procedure didattiche e di modelli
operativi.
TECNICA: è un’attività di classe attraverso cui il materiale linguistico viene presentato agli
studenti e da questi analizzato, elaborato, prodotto.
L’approccio induttivo si realizza in una serie di metodi che hanno sempre come comune
denominatore il fatto che la lingua oggetto prima è colta nella sua globalità; poi, attraverso una
fase di analisi, il discente giunge, per induzione, a produrre la lingua necessaria per nuovi contesti
situazionali.
In un corso di lingua straniera tenuto con il metodo diretto c'è una scarsa strutturazione della
materia: l'insegnante parla esclusivamente in L2, all'inizio indicando e nominando gli oggetti
che si trovano nell'aula, poi presentando brevi dialoghi, con la conseguente mancanza di
ordine nella presentazione degli elementi linguistici e lo scarso rispetto della graduazione delle
difficoltà. Una variante del metodo diretto è costituita dal metodo dell'"immersione totale" o
"intensivo", caratterizzato da una protratta permanenza dell'allievo a contatto esclusivo con la
lingua in apprendimento; in corsi intensivi speciali l'uso della L2 non è limitato all'aula ma si
estende ad ogni momento della giornata.
Non esistono sempre rapporti biunivoci. Un esempio può essere quello del dettato: è una delle
classiche attività che vengono proposte nell'ambito del metodo grammaticale-tradotti per le lingue
moderne con lo scopo di esercitare la capacità di associare la forma fonica a quella grafica delle
parole. Tuttavia, come sostiene Balboni, si tratta di una tecnica che varia di oggetto a seconda delle
lingue in cui viene avviene il dettato. In lingue in cui c’è la grafia riproduce buona parte delle
caratteristiche fonetiche, come in italiano, spagnolo o finlandese, il dettato può essere considerato
come tecnica di fissaggio dell’ortografia, quindi come attività con focus sulla forma; in altre lingue in
cui il rapporto tra grafia e pronuncia è differente (es. tedesco in cui è necessario riconoscere il
valore dei sostantivi per scriverli in maiuscola, oppure il francese in cui le finali di parola di solito
non sono pronunciate, o ancora l’inglese in cui i casi di omofonia e grafia diversa possono essere
risolti solo analizzando il significato contestuale), il dettato è invece incentrato sul senso del
messaggio e in questo senso questa attività è stata recuperata in vari metodi che si rifanno
all’approccio comunicativo.
Una tecnica didattica può essere considerata e analizzata da due punti di vista:
dal punto di vista dell'apprendente è un mezzo per praticare la L2 sotto la guida e il controllo
del docente o anche in autoapprendimento;
dal punto di vista del docente è un mezzo per realizzare la finalità del metodo didattico
adottato e soprattutto per aiutare e facilitare l'apprendimento della L2 dei propri studenti.
Paolo Bolboni: "Una tecnica è un'attività di classe attraverso cui il materiale linguistico viene
presentato agli studenti e da questi analizzato, elaborato, (ri)prodotto; altre tecniche riguardano la
modalità di riflessione sulla lingua o la valutazione".
Lo stesso tipo di indicazioni metodologiche si trovano nei saggi più recenti anche sotto il nome di
"attività", ''compiti'' o "esercizi". Per evitare confusione, alla luce della duplice prospettiva riportata
sopra:
dal punto di vista dell'apprendente parleremo di attività o esercizio;
dal punto di vista del docente parleremo di tecnica o compito, considerando la rilevanza di
gestione del tempo e delle fasi di svolgimento delle attività.
5. Tecniche per lo sviluppo delle abilità di mediazione: esercizi di strategia (varianti semantiche e
opzioni traduttive diverse, analisi comparativa di convenzioni testuali differenti nelle varie
lingue in esame, analisi di testi omologhi in lingue diverse, analisi di film doppiati e sottotitolati
(confronto fra sonoro e sottotitoli, sonoro originale e doppiaggi), interpretazione simultanea,
consecutiva, sussurrata (chuchotage).
Elenco delle tecniche che Balboni propone in relazione alle fasi dell’unità didattica:
• Motivazione: elicitazione ed esplorazione delle parole chiave attraverso brainstorming e
costellazioni (clusters o spidergrams), , esplorazione del paratesto.
• Globalità: guida al primo incontro con il testo scritto/orale/audiovisivo e alla sua
comprensione globale attraverso domande a risposta multipla, griglie, transcodificazioni,
ascolto/ripetizione, ascolto/lettura silenziosa, ascolto/lettura/ripetizione ad alta voce.
• Analisi: cloze, incastro, dettato.
• Sintesi: attività di fissaggio (scritto: trascrizione, riassunto, parafrasi; orale: drammatizzazione
del dialogo), reimpiego creativo mediante attività orali (roleplay, project work) e scritte
(trasformazione di registro e genere, finali alternativi), produzione di testi, giochi.
• Riflessione: rilessione sugli aspetti linguistici o culturali incontrati nel testo attraverso griglie,
tabelle, costellazioni, tecniche euristiche.
• Controllo: domande a risposta multipla, transcodificazione, incastri, cloze, griglie da
completare, produzione di un testo scritto su traccia o di un monologo.
• Rinforzo (di singoli aspetti carenti): ripetizione, drammatizzazione, esercizi strutturali.
• Recupero (di carenze generalizzate): domande inferenziali, cloze, incastri, dialoghi aperti,
riassunti, traduzione, passaggio da un genere comunicativo a un altro.
L’unità di lavoro va intesa come iperonimo che garantisce una maggiore flessibilità e
adattabilità a contesti didattici diversi, articolandosi in tre momenti fondamentali:
1. Introduzione (motivazione e contestualizzazione);
2. Svolgimento (globalità, analisi, sintesi);
3. Conclusione (controllo ed eventuale rinforzo o recupero).
4. La “questione abilità”
Dalla prospettiva didattica e linguistica è emersa la necessità di introdurre ulteriori distinzioni tra le
molte forme di attività connesse alle quattro aree tradizionali e sono state elaborate altre
tipologie.
Rispetto alla produzione orale e scritta, l’apprendente deve possedere skill cognitive, linguistiche,
fonetiche o manuali; rispetto all’ascolto e alla lettura sono necessarie skill uditive o visive,
fonetiche o ortografiche, semantiche, cognitive. Abbracciano invece tutte le aree di attività le
cosiddette study skill. Nella realtà ogni singola capacità non è gestibile a “compartimenti stagni”,
deve essere valorizzata nell’analisi delle tante sfaccettature di ognuna. Cosi, quando si parla di
ascolto, non si può trascurare che la ricca sinonimia presente nell’italiano rifletta una vasta gamma
di modalità diverse del puro sentire o udire; senza considerare che l’ascolto può essere variamente
definito sull’asse conscio/inconscio, al tipo di motivazione o di modalità pragmatica. Leggere può
avere tanti significati: in primis quello etimologico, di “raccogliere” e “scegliere”, poi quello storico
di pratica sociale, quello privato di esperienza individuale e gestuale e persino quello politico di
trasgressione. È possibile individuare un certo numero di tipi e si possono individuare stili e
tecniche ben precisi: dallo scanning al search reading-skimming, dal receptive reading al
responsive reading.
Base comune alle varie forme e modalità di ricezione/produzione di messaggi verbali e secondo il
punto di vista glottodidattico, il sapere linguistico, un sapere trasversale all’interno del quale ogni
abilità viene considerata come processo di ricerca, comprensione, interpretazione/costruzione del
significato del testo. E’ legittimo considerare che tale sapere corrisponde in parte a quella che è stata
chiamata expectancy grammar, può essere verbalizzato in un determinato contesto e secondo una certa
struttura testuale e strettamente legato anche al concetto di thinking for speaking e di emergent grammar
(che evidenzia la dimensione sociale, discorsiva ed esperienziale delle strutture linguistiche e della
grammatica come prodotto della comprensione e della comunicazione e sottolinea come i significati
risultino dinamicamente dal processo di continua rinegoziazione tra gli interlocutori sia segmentabile
secondo i livelli d’analisi de sistemi linguistici di incapacità di:
a) percezione a livello fonologico e grafematico;
b) decodifica delle informazioni veicolate attraverso strategie morfosintattiche;
c) conoscenze semantico-lessicali;
d) capacità di costruzione/decostruzione dei testi secondo i requisiti fondamentali di coesione, coerenza,
unitarietà e completezza e la gestione delle proforme e dei legamenti anaforici o cataforici che ne
garantiscono il funzionamento;
e) conoscenze di regole pragmatiche.
Come si vede nella Scala globale dei livelli comuni di riferimento, da un insieme strutturato di
attività legate al dominio personale, a sfere di relazioni immediate, a bisogni concreti e a compiti
quotidiani si passa gradualmente all’uso di abilità High-Grade e sempre più svincolate dal
contesto.
L’unità didattica deve essere vista come struttura categoriale da proiettare sui rapporti interattivi e
comunicativi, la cui natura dipende strettamente dalle forme del contesto di apprendimento. Nel
modello di unità del QCER l’input testuale è il centro dell’attività di insegnamento in quanto
strumento di comunicazione, interazione e modello di lingua.
Nel delineare il ruolo delle diverse abilità nel sillabo e la relazione tra gli obiettivi glottodidattici e
quelli comunicativi dei testi usati, non si può trascurare che la lingua target è prevalentemente
scritta o parlata.
Nel caso dell’italiano, il fatto che questa lingua sia rimasta a lungo più scritta che parlata ha una serie di
ripercussioni sulla prassi didattica:
• Siccome lo scarto tra grafemi e fonemi è piuttosto ridotto, le attività mirate alla lettura e alla scrittura
possono servire anche da rinforzo e da supporto all’ascolto e alla pronuncia.
• La conservatività dell’italiano offre la possibilità di fare escursioni diacroniche senza temere di offrire
esempi incomprensibili rispetto alla realtà linguistica odierna.
• L’italiano scritto si discosta per molti aspetti dall’italiano contemporaneo di uso medio e spesso
rappresenta modelli poco autentici. (D’altra parte, bisogna considerare che la consapevolezza della
variazione diacronica e diafasica è prevista nelle competenze di livello C1 e C2).
Per quanto riguarda la produzione orale, le attività spaziano dal parlato spontaneo (monologo o
dialogo a catena) a quello supportato da un testo scritto (esposizione basata su appunti o scalette)
dall’abilità della lettura ad alta voce alla descrizione di un’esperienza.
Nella produzione scritta, l’apprendente può compilare un modulo, produrre un testo scritto
specifico o cimentarsi con la scrittura creativa. Ciò che cambia è la capacità di adattare il proprio
stile alla readership e al reader in mind (insieme dei lettori reali e potenziali) e di gestire temi più o
meno familiari o di interesse dell’apprendente.
L’ascolto presenta un altrettanto vasto range di variabilità, sia in termini di testi e supporti
(conversazione tra native speakers, discorsi e avvisi pubblici, mass media, istruzioni per
raggiungere un luogo, ecc.), sia in termini di scopi (selezione dell’idea principale, di specifiche
informazioni, ecc.).
Altrettanto importanti sono tutte le esercitazioni mirate a implementare le abilità euristiche, come
l’utilizzo delle nuove tecnologie che comporta la capacità di utilizzare le conoscenze di cui si è già
in possesso per gestire in maniera efficace quelle nuove. Sono del resto i fattori cognitivi a
determinare il grado di difficoltà potenziale di un determinato compito per un certo apprendente,
dunque, a marcare le differenze interindividuali.
Le caratteristiche specifiche di un’attività mirata possono invece essere manipolate direttamente
dal docente per modificarne il grado di facilità o difficoltà: tra queste vi sono il supporto e la
prevedibilità. Altrettanto cruciale è il tipo di risposta richiesta all’apprendente.
È evidente che, se alcune esercitazioni – come il cloze per la comprensione o il role-taking per
l’interazione – possono effettivamente essere mirate ad attivare un’abilità in maniera più specifica
di altre, tutte sono in realtà destinate a far manipolare materia linguistica coniugando al contempo
fasi e canali differenti di comprensione e produzione.
5.1.1. Facilitatore
Il docente di L2 deve creare tutte quelle condizioni che in una classe di lingua possono aiutare il
discente nel suo sforzo di apprendimento. Facilitare l'apprendimento dell'allievo comporta:
• un uso consapevole delle tecniche di insegnamento;
• una corretta gestione delle tecnologie educative;
• un maturo trattamento psicologico delle relazioni interpersonali.
L’insegnante deve prestare la massima attenzione non solo alla sfera cognitiva del discente, ma
anche a quella psicologica affettiva. La centralità dell'allievo deve essere intesa non solo in
termini di bisogni linguistici da soddisfare, ma anche di stili cognitivi di apprendimento, di
inclinazioni e interessi personali, di atteggiamenti verso l'apprendimento in generale e in
particolare verso la lingua e cultura da apprendere.
Il filtro affettivo dei dissenti deve essere sempre monitorato, l'intervento psico-pedagogico dal
docente deve essere finalizzato a migliorare le condizioni del contesto di insegnamento.
L'insegnante deve generare fiducia in sé stessi, guidare processi di autonomia sempre crescenti,
stimolare processi collaborativi fra gli allievi. L'ambiente classe creato dall'insegnante in
collaborazione con i discendenti deve avere le caratteristiche idonee al perseguimento degli
obiettivi pedagogici. Deve essere un ambiente rilassato.
L’insegnante di lingua deve farsi promotore di pratica e di ricerca-azione non solo per
rimuovere dei problemi inerenti all’apprendimento linguistico individuati all’interno della
classe, ma anche per verificare l’efficacia d’innovazioni pedagogiche-didattiche adottate, per
saggiare nuove tecniche e procedure d’insegnamento.
La ricerca-azione richiede delle rigorose procedure, delle precise e distinte fasi di realizzazione e
vari strumentazioni di raccolta, dati e di osservazione.
Osservare, riflettere e agire rappresentano le tre fasi chiave del percorso base della ricerca-
azione:
• Nella fase di osservazione si pianifica il percorso di ricerca-azione, si raccolgono i dati, si
monitorano gli allievi e l’ambiente d’insegnamento/apprendimento,
• nella fase di riflessione si analizzano e si interpretano i dati raccolti, si valutano e si
capiscono i problemi;
• nella fase di azione si incorporano i risultati dell’indagine effettuata nella prassi educativa
didattica.
L’insegnante di lingua non materna deve sapere svolgere il ruolo di esperto di didattica: deve
identificare e valutare i bisogni linguistico-comunicativi e le motivazioni di apprendimento dei
propri allievi. Sulla base dei bisogni e delle motivazioni di apprendimento deve essere capace di
adattare gli approcci didattici, deve sapere elaborare nuovi curricoli e sillabi o adattare quelli
esistenti. Il docente di lingua deve essere in grado di analizzare criticamente i materiali didattici
e di utilizzarli adeguandoli al contesto di insegnamento/apprendimento, deve essere capace di
progettare nuovi materiali, di ideare e organizzare un'unità di lavoro, di applicare le tecniche
glottodidattiche di promuovere compiti e attività di comunicazione linguistica. Deve essere in
grado di selezionare testi e renderli accessibili e comprensibili sul piano didattico. L’insegnante
di lingua deve sapere reperire e organizzare le risorse didattiche off-line e on-line e saperle
utilizzare in modo appropriate nell'insegnamento linguistico.
Educatore
Chi insegna una seconda lingua non è solo un educatore linguistico, ma deve anche rivestire il
ruolo di educatore culturale. La lingua che si insegna veicola sempre dei contenuti culturali.
Compito dell’insegnante è di offrire la massima varietà possibile in campo linguistico e
culturale.
Nozioni fondamentali quali la competenza plurilingue e la competenza pluriculturale elaborate
dal QCER devono guidare gli insegnanti nella scelta dei propri materiali in modo da riflettere nel
modo più ampio possibile la pluralità linguistica e culturale.
Il contatto tra lingue e culture diverse nella classe deve favorire la comprensione interculturale.
Il docente di lingua attraverso il proprio insegnamento deve promuovere dei valori sociali e
culturali basati sul rispetto per le diversità linguistiche e culturali.
L’insegnante deve fare capire agli allievi che l’apprendimento di un’altra lingua e cultura è fonte
di arricchimento personale. Educare gli allievi a guardare la realtà da prospettive diverse, a
sviluppare interesse e curiosità verso tutto ciò che è distante dai propri parametri culturali sono
compiti fondamentali di ogni insegnante di lingua non materna.
Valutatore
L’insegnante di lingua non materna assolve anche il ruolo di valutatore delle competenze
linguistiche dei propri discenti:
• Deve conoscere ed essere capace di adattare i diversi modi di registrare i progressi degli
apprendenti e di analizzarne i punti di forza e di debolezza;
• Deve vagliare quali sono le modalità di valutazione più efficaci per l’effetto retroattivo a
migliorare l’attività di insegnamento.
• Deve coinvolgere e sostenere gli apprendenti nelle procedure di autovalutazione.
• Deve essere in grado di usare varie forme di valutazione (sommativa, in itinere, formativa,
ecc.)
• Deve essere capace di valutare i lavori degli studenti eseguiti in qualità di progetti (project
work).
Scienze dell’educazione
Comprende le seguenti discipline:
• Pedagogia, disciplina fondamentale per l’insegnante impegnato con tipologie diverse di
discenti. Al centro del processo educativo deve esserci l’apprendente con i suoi bisogni ed
interessi e non l’educatore con i suoi scopi d’insegnamento;
• Didattica generale: in questa disciplina sono stati elaborati i modelli operativi di azione
didattica (es. concetto di unità didattica che ha sostituito quello di lezione tradizionale), il
ruolo delle tecnologie educative che ha portato all’elaborazione di un modello di azione
didattica quadripolare con quattro elementi (allievo, insegnante, lingua oggetto di
insegnamento e tecnologie educative) in rapporto di interazione continua con lo studente al
centro dell’azione didattica.;
• Psicopedagogia e psicodidattica, discipline di origine diadica, cioè che si alimentano dei
contributi della psicologia, della didattica e della pedagogia.
• Scienze psicologiche: Comprendono la psicologia e la psicolinguistica. Le scienze psicologiche
sono di estrema importanza per gli approcci e per le metodologie di insegnamento. Per
esempio, i metodi formalistici strutturalisti sono basati su teorie psicologiche
comportamentistiche, così come sono di impronta psicolinguistica i metodi umanistico-affettivi.
5.3 Conclusioni
I saperi e le competenze di un insegnante di lingua sono compostiti, richiedono un continuo
aggiornamento speculare allo sviluppo conoscitivo delle discipline che costellano la
glottodidattica.
L’orientamento di ricerca per l’insegnante di L2 è sempre finalizzato alla risoluzione dei
problemi pratici dell’apprendimento. L’ambito privilegiato della ricerca-azione è la classe di
lingua.
L’insegnamento della L2 diventa così un tipo di ricerca educativa in cui le ipotesi pedagogiche
sono sottoposte a continua verifica e l’atto didattico è soggetto a un’analisi critica rigorosa.
a. Strumentazione cartacea
b. Strumentazione audio (laboratorio linguistico che si è poi trasformato in laboratorio
multimediale)
c. Strumentazione video (lavagna luminosa e proiettore)
d. Strumentazione audiovisiva (monitor, videoregistratore e lettore DVD)
e. Strumentazione multimediale e informatica (computer multimediale e LIM, Lavagna
Interattiva Multimediale).
Ogni strumentazione deve avere motivazione d’uso a livello a livello scientifico e tecnico e
didattico e non essere usata episodicamente. Alla luce del ruolo sempre più importante delle
tecnologie nell’azione didattica, il classico modello tripolare lingua-discente-insegnante è stato
sostituito da un modello quadripolare lingua-discente-insegnante-tecnologie.
7.3 Ipotesi di lavoro didattico con gli audiovisivi e attività mediante il video
Possibili attività ed esercizi da realizzare dopo che uno studente è stato esposto a un input
audiovisivo:
• Esercizi lessicali mediante la visione delle immagini in movimento o l’uso del fermoimmagine:
descrizione fisica e psicologica dei personaggi, descrizione di oggetti o ambienti.
• Dopo aver selezionato un materiale video si chiede agli apprendenti di attivare un’abilità
integrata come quella di prendere appunti
• Sulla base della visione di brevi filmati si chiede il lavoro di completamento di schede o di
script.
• Lavorando sul codice verbale, un’attività stimolante è quella del doppiaggio che può essere
fatta con le stesse battute degli attori del film o con parole create dagli apprendenti.
• Un’altra attività sui codici audiovisivi è quella di organizzare un lavoro a coppie sulla
componente iconica o sonoro–verbale. Uno studente lavora solo sulle immagini senza il
sonoro, un altro legge il copione scritto a cui sono collegate le immagini e poi i due
apprendenti si scambiano le osservazioni su quello che hanno capito.
• Per sviluppare la capacità di narrare in prima persona si chiede all’apprendente, dopo aver
visto le sequenze filmiche, di scrivere un diario del protagonista del film.
• Un’altra attività utile a riassumere è quella di sintetizzare il contenuto di una sequenza a un
compagno che non l’ha vista.
• Per sviluppare la capacità argomentativa si chiede all’apprendente di scrivere brevi schede
di recensione sul filmato visionato.
• Un’attività per apprendenti di corsi avanzati di lingua è quella di fare un’analisi di come
viene esposta una notizia da vari media come radio, televisione e giornale.
L’ipermedia si distingue dall’ipertesto per il fatto che la strutturazione a rete ramificata delle
conoscenze si serve non solo di testi scritti ma anche di immagini e del sonoro. Le pagine web dei
siti internet hanno tutte una configurazione in ipermedia.
2. Un altro elemento di questo nuovo ambiente interattivo è costituito dai social network. I più
diffusi sono Facebook, Twitter e Myspace. Nel campo dell’apprendimento di L2 segnaliamo:
a) Palabea www. palabea.net
b) Livemocha www.livemocha. Com
c) My happy Planet www.myhappyplanet.com
d) Busuu www.busuu.com/it.
Offrono agli apprendenti l’opportunità di fare pratica di conversazione con utenti madrelingua,
seguire corsi on-line gratuiti, scaricare video e file audio per esercitazioni linguistiche.
Permettono al docente di creare originali attività didattiche molto motivanti per l’apprendente
come webquest, voicethread, blog.
7.8 eLearning
Con e-learning s’intende la possibilità di imparare sfruttando la rete Internet e la diffusione
d’informazioni e di formazione a distanza.