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PSICOLOGIA DEL LINGUAGGIO E DELLA COMUNICAZIONE

Cosa facciamo con le parole? Comunichiamo delle informazioni, esprimiamo il nostro stato d’animo.

Il linguaggio non serve solo a trasmettere contenuti informativi, ma facciamo anche atre cose:

- Formulare domande e richieste;


- Dare ordini;
- Dare consigli;
- Fare promesse.

Il linguaggio in qualsiasi caso esprime delle intenzioni per raggiungere scopi che comportano un
cambiamento:

- Dello stato cognitivo o emotivo degli interlocutori o


- Dei loro comportamenti

Parole > intenzione > effetti

Ci sono parole che sono rappresentazioni linguistiche di concetti o intenzioni che abbiamo nella mente, che
producono effetti. Ciò che elaboriamo nella mente viene sempre elaborato in diverse maniere
contemporaneamente, ma l’apparato fonatorio ci permette di esprimerne solamente uno alla volta,
causando a volte dei malintesi.

Fare cose con le parole significa anche produrre e comprendere significati non detti ma comunque
facilmente interpretabili. Non è sempre necessario specificare al 100% ogni concetto, alcune informazioni
vengo trasmesse automaticamente ed implicitamente, senza doverle ripetere a voce.

Quando comunichiamo non utilizziamo solo le parole ma un insieme di elementi che viene racchiuso nel
concetto di comunicazione non verbale, facciamo cose con le parole in un’ottica multimodale. Le parole
sono accompagnate da una comunicazione non verbale.

Fare uso della parola significa anche fare molto complesse: attività come dare consigli che è uno delle più
rischiose. Il termine “linguaggio” in psicologia intende la facoltà cognitiva che permette agli esseri umani di
apprendere, comprendere e utilizzare una o più lingue.

La linguistica è una disciplina che studia la lingua, nello specifico:

- Come sono fatte e come funzionano (linguistica generale)


- Come si sono evolute nel tempo, i rapporti con le altre lingue e rapporti tra lingua e cultura
(linguistica storica)

Tutte le lingue storico-naturali (compresi i dialetti) sono la concreta manifestazione del linguaggio verbale
umano.

Sociolinguistica: studia le relazioni tra lingua e società. Studia come i parlanti all’interno di un certo contesto
(culturale o specifico) utilizzano una lingua, che cambia quindi in base al contesto. Studia come si usa la
lingua in base al contesto in cui si interagisce.

- Chiudi la finestra!
- Puoi chiudere la finestra?
- Che ne dici se chiudiamo la finestra?
- Le spiacerebbe chiudere la finestra?
La scelta della forma da applicare dipende da molti fattori:

- Chi sono i parlanti


- Che relazione c’è tra loro
- In quale contesto si svolge l’interazione
- Qual è l’argomento di cui si sta parlando

Parametri della variazione sociolinguistica in termini tecnici:

- Variazione diatopica: variazione legata al luogo in cui si parla una lingua. Es. italia > italiano ma
anche varietà regionali (anguria, cocomero, melone d’acqua)
- Variazione diastratica: variazione legata ai gruppi parlanti. Variazioni di parole nella lingua
popolare. Es in italiano gli anziani dicono pisicologia invece di psicologia
- Variazione diafasica: variazione legata ad una specifica comunicazione comunicativa e al ruolo dei
parlanti, all’argomento di cui si parla, ai contenuti e all’attività (che possono richiedere sottocodici,
per cui linguaggi settoriali specifici che non tutti sanno)
- Variazione diamesica: variazione legata al canale o al mezzo comunicativo utilizzato (orale e uso di
un registro formale, scritto e tendenza a usare il registro formale)

Neuroscienze: si interessano di identificare le basi fisiche del linguaggio, grazie all’utilizzo di tecniche, che
sono cambiate nel corso del tempo. Nel corso del tempo cambiano le tecniche e le conoscenze mediche che
si utilizzando per studiare il cervello. questa disciplina parte dallo studio sull’afasia del XIX secolo, dove si
analizzavano le varie aree della corteccia cerebrale assegnate alla produzione (area di Broca) e
comprensione linguistica (area di Wernicke).

La tecnica di Wada è una procedura utilizzata per testare la dominanza emisferica delle funzioni del
linguaggio in individui senza lesioni cerebrali. Tale tecnica prevedeva di addormentare un emisfero.

Questa tecnica viene sostituita da tecniche neuroimmagine (PET e fMRI) meno invasive.

Psicolinguistica: studia processi psicologici sottostanti all’elaborazione del linguaggio. Attività mentali che
permette all’uomo di acquisire, comprendere e usare la propria lingua.

Disciplina nasce negli anni 50, segna il punto di crisi del comportamentismo. Si comincia ad abandonare
l’idea che fosse possibile ricondurlo a leggi di comportamenti analoghe a quelle proposte per altri
comportamenti meno complessi perché si capisce la complessità del linguaggio.

Studio di Pavlov scopre che il cane salivava non solo alla presentazione del cibo, ma aveva associato l’arrivo
del cibo anche ai fattori periodici che si verificavano prima (passi del padrone, campanello)

Watson, fondatore della psicologia comportamentista, riteneva che quasi tutti i comportamenti fossero
conseguenti al condizionamento e che l’ambiente modella il comportamento rinforzando specifiche
abitudini (dare un biscotto a un ambino quando piange finisce per rinforzare il comportamento lamentoso.
Le differenze tra individui sono dipendenti da esperienze di apprendimento e condizionamento.

Esperimento, si fa un forte rumore che fa piangere il bambino, poi si presenta un topo. Se ripetuto nel
tempo, ogni volta che il bambino vede un topo o qualcosa di simile, inizierà a piangere.

I fondamenti del condizionamento operante…

Chomsky mette in discussione la precedente concezione del paradigma comportamentista, secondo lui
l’apprendimento del linguaggio costituirebbe una forma complessa di condizionamento operante
Egli afferma che il linguaggio è una facoltà geneticamente determinata e che è necessario studiare i rapporti
tra mente e linguaggio. Secondo lui l’essere umano ha una predisposizione innata per l’acquisizione di una o
più lingue.

20-09-23

Anche altre specie animali hanno modo di comunicare:

1- Formiche > comunicano alle compagne il sentiero da seguire, lasciando tracce chimiche
2- Api > “danza” per comunicare alle compagne distanza e posizione della fonte di cibo
3- Cercopitechi verdi > tre gridi di allarme diversi per diversi animali

Differenze linguaggio e sistemi di segnalazione nel mondo animale

- Le lingue usate dagli uomini sono sistemi più complessi rispetto agli altri sistemi simbolici usati da
altre specie
- Ciò che rende speciale la lingua umana è la possibilità di combinare le parole in espressioni
complesse. Potenzialmente posso produrre una quantità infinita di contenuti informativi
- Le combinazioni possibili non sono arbitrarie ma soggette a regole grammaticali. Non posso
combinare a caso.
- La creatività del linguaggio sembra essere una prerogativa della specie umana

Inoltre, gli esseri umani possono:

- Esprimere idee e concetti


- Generare un numero infinito di frasi
- Possono parlare di cose astratte usando le parole
- Possono categorizzare e nominare le cose che pensiamo, suddividerle per tipologie
- Usare il linguaggio con la consapevolezza reciproca di una comune intenzione comunicativa.

A partire dal 1940 molti psicologi allevarono cuccioli di scimpanzé come se fossero bambini per capire se
potessero apprendere e pronunciare le parole. Dopo molti anni, il risultato è stato di pochissime parole
(solo bisillabiche)

Negli anni 60’ gli psicolinguisti intuiscono che questa loro impossibilità era dovuta ad una diversa
formazione della gola che impedisse loro di pronunciare fisicamente le parole

Negli anni 70 hanno provato ad insegnare invece il linguaggio dei segni o la manipolazione dei caratteri
grafici su lavagne magnetiche.

Lo scimpanzè Washoe dopo 4 anni di addestramento alla lingua dei segni riuscì ad apprendere 160 segni
(10k parole). A 18 anni sapeva usare 300 segni e formare combinazioni di 2 segni per esprimere concetti
base come “porta” o “finestra”.

La gorilla Koko riuscì ad apprendere 1000 segni e comunicare con i ricercatori.

Gli animali usano i segni in risposta ad una sollecitazione, lo stimolo non arriva mai da parte loro.

Secondo alcuni studiosi questi risultati indicherebbero che le scimmie antropomorfe possono acquisire un
vocabolario di dimensioni considerevoli, concatenare parole per comporre brevi frasi ed elaborare frasi
grammaticalmente complesse

Altri invece hanno messo in dubbio che scimpanzè e gorilla siano in grado di usare in modo autonomo (e
non solo responsivo).
 I bambini hanno progressione evidente delle capacità sintattiche e lunghezza media delle loro
espressioni aumenta con lo sviluppo. Un bambino di 5 anni ha delle capacità medie e paragonabili a
quelle di una persona adulta.
 Gli scimpanzè hanno capacità di manipolazione verbale costante e senza evoluzione apparente. 40%
dei messaggi verbali sono ripetizione ecoica dei messaggi dello sperimentatore. Quasi mai i primati
iniziano per primi i messaggi. Capacità sintattiche primordiale non sono presenti in nessun caso.
Primati possiedono capacità simboliche (apprendono segni linguistici in modo corretto), ma sono
privi di capacità linguistiche sintattiche

CODICI E REGOLE

Il linguaggio umano è un fenomeno recente sulla scala dell’evoluzione, essendo emerso come

- Sistema parlato non prima di 1/3 milioni di anni fa e


- Come sistema scritto 6000 anni fa

Esistono approssimativamente 4000 lingue, raggruppate in circa 50 famiglie. Nonostante le differenze


esse sono tutte costituite da un insieme di suoni (e di grafemi, quando la lingua viene usata in forma
scritta) combinati sulla base di una sere di regole per poter produrre significati.

Le persone si capiscono quando parlano perché si scelgono le rappresentazioni linguistiche migliori per
poter esporre un determinato concetto. I significati attribuiti alle parole sono solo parzialmente identici,
una parte di essa è personale.

La comprensione reciproca deriva, quindi dalla conoscenza di un codice linguistico che associa a simboli
(morfemi o grafemi) dei significati attratti e dei referenti concreti, e regole combinatorie (le
grammatiche delle lingua naturali)

Le parole sono costituite da:

- Fonemi: unità sonora più piccola che riesco a distinguere dal rumore (g…a…t). non è ulteriormente
scomponibile. Alcuni fonemi sono comuni a tutte le lingue, ma le lingue non hanno fonemi tutti
uguali, e questo è uno dei motivi per cui abbiamo difficoltà ad apprendere lingue diverse. Un
soggetto si abitua ai fonemi della sua lingua e quando poi ne parla un’altra non riesce a distinguere
quelli di un’altra. Esistono delle regole fonologiche > morfemi
- Morfemi: combinazione di più fonemi. Ogni lingua ha le sue regole fonologiche che indicano come i
fonemi possono essere combinati per produrre morfemi. Il suono iniziale ts è accettabile in tedesco
ma non in italiano. I morfemi possono essere lessicali (rimandano ad un contenuto, ad esempio
gatt-) o grammaticali (rimandano a una funzione, ad esempio, -o, -a, -ina, -ine. Rientrano in questa
categoria anche congiunzioni come “ma” o “e”)

Ogni lingua ha regole morfologiche > indicano come i morfemi possono essere combinati per formare
parole. Morfemi -> parole sintattiche -> parole

Le regole sintattiche indicano come e parole possono essere cominbate per formare sintagmi o frasi. In
molte lingue una frase deve contenere sostantivi combinati con verbi o articoli, formando un sintagma
nominale. Oppure deve contenere dei verbi che devono essere combinati con sostantivi o articoli, formando
un sintagma verbale.

Possiamo costruire frasi sintatticamente corrette ma che non hanno significato.


ACQUISIZIONE – SVILUPPO DEL LINGUAGGIO

Lo sviluppo del linguaggio in un bambino è estremamente rapido e visibile. L’acquisizione del linguaggio è
graduale, lo sviluppo passa per tappe per ogni bambino al mondo.

Le fasi evolutive:

- 0 a 4 mesi: i bambini sanno comunicare ma non fanno uso del linguaggio come gli adulti, si affidano
quindi comunicando con pianto/riso o altre forme di vocalizzazioni (sorriso es.). queste espressioni
vengono interpretate dall’adulto.
- 4-6 mesi: inizia il balbettio. Il bambino inizia a combinare dei suoni (spesso vocale e consonante) ma
privi di per sé di significato. Infatti, per questo motivo sono mamma o papà le prime parole, perché
sono parole semplicissime.
- 10-12 mesi: prime parole. Utilizzate singole parole per esprimere concetti oltre la parola in sè =
utilizzo di una parola perno.
- 18 mesi: competenza linguistica limitata ma molto maggiore a quella dei 10 mesi. Utilizzo medio di
50 parole, ma sono in grado di comprendere di più. Si usano prima i sostantivi che i verbi, e si
utilizzano prima parole che fanno riferimento a concetti concreti e reali (non pace es.)
- 18-24 mesi: linguaggio telegrafico. Prime frasi basiche con struttura grammaticale (tira palla).
- 3 anni: frasi semplici complete di tutti gli elementi (dammi la palla) ma priva di elementi accessori
(articoli).
- 5 anni: acquisizione di regole grammaticali che però porta ad un ipercorrettismo, per cui le regole
vengono applicate ad ogni parola, anche se fuori contesto (diciuto e non detto, aprito e non aperto)

In sostanza:

- Prima fase: prelinguistica (da 0 a 12 mesi)


- Seconda fase: monoverbale (da 10 a 24 mesi)
- Terza fase: linguaggio telegrafico (18/24 mesi)
- Quarta frase: acquisizione grammaticale e sintattica (3 anni)

I bambini acquisiscono anche competenze pragmatiche che permettono di comprendere il linguaggio


metaforico, ironico… Permette di comprendere significati di parole utilizzate fuori dal normale contesto

Con il processo di maturazione, oltre a competenze semantiche, sintattiche e pragmatiche, i bambini


acquisiscono anche competenze conversazionali, che permettono loro di gestire adeguatamente gli scambi
comunicativi:

- Parlare senza interrompere


- Completare in modo pertinente una sequenza conversazionale avviata dall’interlocutore
- Utilizzare formule di cortesia da anteporre o da posporre alle proprie richieste

Queste competenze variano in base al contesto culturale in cui si cresce e in base al carattere personale
dell’individuo, ci sono persone che preferiscono aspettare gli altri che finiscano prima di intervenire e altre
persone che preferiscono assicurarsi l’attenzione dell’altro interrompendolo e sovrapponendosi al suo
parlare. Apprendiamo a conversare secondo modalità che sono proprie del contesto in cui viviamo.

Teorie dello sviluppo linguistico

Le abilità linguistiche sono per predisposizione innata o conseguenza di circostanze o del contesto culturale
in cui le persone crescono?

Processo di acquisizione del linguaggio, 3 scuole di pensiero: COMPORTAMENTISTA, INNATISTA,


INTERAZIONASTA
COMPORTAMENTISTA

Come il contesto influisce sulle competenze linguistiche. Secondo Skinner noi apprendiamo il linguaggio così
come noi apprendiamo qualsiasi altro comportamento (parlare= scrivere, allacciarci le scarpe, andare in
bici). Queste abilità vengono acquisite tramite rinforzo (ottenere un premio quando si fa una cosa giusta),
modellamento, estinzione (rimproverare alla pronuncia errata di una parola) e altri fondamenti del
condizionamento operante. Questo processo è un processo cognitivo che si sviluppa seguendo lo stesso
processo di condizionamento osservato per l’acquisizione di atri pattern comportamentali. La prova a favore
di questa tesi è data dall’esistenza dei “bambini selvaggi” (bambini in contesti di deprivazioni sociali e
affettive) che non avevano acquisito competenze linguistiche e che anche dopo tempo di “addestramento”
non erano comunque all’altezza di quella di altri bambini con una vita “normale”.

L’approccio comportamentista non spiega come fanno i bambini a produrre o comprendere delle frasi
grammaticalmente corrette se non le hanno mai sentite prima. Quindi i bambini secondo questo
ragionamento non dovrebbero essere in grado di produrre frasi se non le hanno mai sentite prima.

Approccio quindi che vacilla

INNATISMO

Approccio contrario. Chomsky critica questo approccio ^. Sostiene che l’ambiente che il contesto siano
elementi non necessari e sufficienti a spiegare la ricchezza e la complessità dello sviluppo linguistico. Questo
approccio sostiene che si nasce con una predisposizione perché il cervello umano è dotato di una struttura
(LAD) che faciliterebbe l’acquisizione di un linguaggio (come ragni per tessere tele o gli uccelli per
nidificare). Questo suo modello generativo-trasformazionale sostiene che il linguaggio è creativo, si possono
inventare frasi che devono rispettare però delle determinate regole grammaticali. Applicando una stessa
regola posso produrre dei testi infinitamente lunghi e nuovi, semplicemente ripetendo questa regola.

Prove a sostegno dell’innatismo:

- Linguaggio acquisito rapidamente


- Acquisito senza sforzi, naturalmente
- Acquisizione avviene spontaneamente
- Ipercorrettismo
- Lo sviluppo linguistico ha delle caratteristiche universali comuni a tutte le lingue
- Lallazione(balbettio) che compare anche nei bambini sordi

Fase critica -> dopo l’esperimento dei bambini selvaggi (il livello di acquisizione della padronanza linguistica
dei bambini è notevolmente maggiore di quella dei bambini adulti). Dopo l’adolescenza diventa più difficile
acquisire una seconda lingua.

INTERAZIONISMO

Capacità innata ma ruolo cruciale di interazioni sociali e maturazione cognitiva. Posizione intermedia tra
comportamentismo e innatismo. I genitori adattano le proprie interazioni verbali con i figli in modo da
facilitare loro l’acquisizione del linguaggio, parlando lentamente, scandendo bene le parole, usando frasi
semplici. Genitori costruiscono “impalcature” per abilità linguistiche più complicate. Secondo Bruner è
fondamentale il LAD (language acquisition device) supportato dal LASS (language acquisition support
system) per un adeguato sviluppo delle competenze linguistiche.

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BILINGUISMO

Bilingue= individuo che dalla nascita o successivamente parla 2 o più lingue, indipendentemente dal livello
di padronanza. Se le due lingue vengono apprese dalla nascita si chiama bilinguismo simultaneo.
Bilinguismo perfetto esatta stessa padronanza di diverse lingue, difficilmente realizzabile, sia perché si
possono avere padronanze diverse sia perché solitamente vengono utilizzate in contesti diversi e in modo
non interscambiabile.

In passato si era studiato che il bilinguismo rallentasse lo sviluppo cognitivo sui bambini. Una revisione di
questi studi ha invalidato i vecchi risultati. Al contrario, chi è bilingue sembra avere capacità maggiori.
Raggiungere importanti tappe del linguaggio prima dei coetanei monolingue. I bambini bilingui ottengono
risultati migliori in compiti che richiedono flessibilità (capacità di adattarsi velocemente al cambiamento) e
controllo inibitorio (capacità di inibire l’attenzione sulla lingua attualmente non utilizzata, ma attiva).

10/10/2023

1934, Buhler distingue 3 funzioni fondamentali del linguaggio:

- FUNZOINE RAPPRESENTATIVE O SIMBOLICA: Il linguaggio fa riferimento ad oggetti o eventi del


mondo circostante. Uso il linguaggio per far riferimento ad un evento del mondo reale.
- FUNZIONE ESPRESSIVA O SINTOMATICA: il linguaggio veicola stati d0animo ed espressioni emotive
di un parlante. Linguaggio usato per parlare di me, del mio stato d’animo, delle mie sensazioni
emotive.
- FUNZIONE DI APPELLO O SEGNALE: attraverso il linguaggio, il parlante cerca in vario modo di
coinvolgere l’interlocutore.

Jakobson fa anche lui una sua classificazione:

- FUNZIONE REFERENZIALE: il contenuto del messaggio fa riferimento a qualcosa nel mondo (stessa
simbolica di Buhler)
- FUNZIONE EMOTIVA: attraverso il linguaggio parlo dei sentimenti (sintomatica di Buhler)
- FUNZIONE CONATIVA: il mittente col messaggio influenza il destinatario (tutte e 3 di Buhler)
- FUNZIONE FATICA: funzione che ci permette di controllare che il canale comunicativo sia attivo.
- FUNZIONE METALINGUISTICA: permette di accertare che si usi lo stesso codice linguistico (es.
lingua, linguaggio tecnico).
- FUNZIONE POETICA: riguarda le situazioni nelle quali chi produce un messaggio assegna una
maggiore importanza alla forma rispetto al contenuto stesso.

Modello di Schulz Von Thun

Classificazione proposta da Buhler con alcuni principi desunti dalle ricerche della scuola di Palo Alto. Il
messaggio è un fenomeno caratterizzato a 4 dimensioni:

1- CONTENUTO: aspetti relativi agli oggetti sui quali verte il messaggio.


2- RELAZIONE: aspetti connessi all’opinione che il parlante ha dell’interlocutore e della relazione che
intercorre tra di loro.
3- RIVELAZIONE: chi parla non può fare a meno di rivelare qualcosa di sé, volontariamente o non.
4- APPELLO: quando un individuo produce un messaggio intende solitamente ottenere qualcosa
dall’interlocutore (comportamenti, emozioni, pensieri). Si comunica con qualcun altro solo se si ha
l’intenzione di ottenere effetti.
In alcune tipologie di comunicazione alcuni aspetti prevalgono sugli altri:

- Contenuto: cfr. comunicazione a conferenza


- Relazione: cfr comunicazione intima tra familiari
- Appello: cfr richiesta d’aiuto, chiamata al 118, chiedere bisturi durante intervento
- Rivelazione: cfr racconti autobiografici

Disturbi della comunicazione

Seguendo il modello di Schulz von Thun i disturbi della comunicazione e i conseguenti fallimenti
comunicativi riguardano:

il mittente può inviare messaggi incongruenti in grado di creare uno stato di confusione nel destinatario, il
contenuto del messaggio non coincide con la comunicazione non verbale (“va tutto bene” con faccia triste,
“va tutto male” sorridendo)

i fraintendimenti possono essere causati anche dal destinatario, chi ascolta può non prestare attenzione ad
uno dei 4 aspetti, o concentrarsi solo su 1, interpretando il messaggio diversamente da come viene
concepito.

Schulz von Thun ricorda la distinzione tra i 3 meccanismi in base ai quali il destinatario costruisce la sua
replica:

- La percezione: il sentire o il vedere qualcosa;


- L’interpretazione: l’attribuzione di un significato al percepito;
- Il provare sentimenti: il rispondere con una sensazione al percepito e all’interpretato

Il possedere consapevolezza rappresenta la premessa per una comunicazione.

BISOGNI COMUNICATIVI

La comunicazione umana soddisfa una serie di bisogni che non si limitano a quelli di carattere meramente
pratico/strumentale: come chiedere ed ottenere informazioni, un servizio, un consiglio

Bisogni fisici: la ricerca ha ampiamento dimostrato che la presenza o assenza di comunicazione può incidere
pesantemente sulla qualità della vita degli individui e sulla loro salute fisica. Gli anziani che vivono soli,
anche se non hanno patologie fisiche, muoiono prima di coloro che vivono in un contesto in cui si può
relazionare con gli altri.

Per cui la mancanza di comunicazione in modo rilevante può causare un drastico peggioramento della
qualità della vita.

Bisogni psico-sociali. Attraverso le comunicazioni gli individui sviluppano:

- Senso di identità personale: l’essere inseriti all’interno di una rete di relazioni ci permette di capire
chi siamo, di costruirci un’identità personale e sociale, sia attraverso il modo in cui interagiamo, sia
attraverso i messaggi e le attribuzioni che, sin dalla prima infanzia, ci provengono dalle figure
significative;
- Senso di appartenenza sociali: sperimentando, da un lato, l’essere insieme ad altri, l’essere parte,
dall’altro, il potere di controllare/influenzare gli altri e la consapevolezza di esserne a propria volta
influenzati/controllati

Bisogni cognitivi: attraverso la comunicazione le persone giungono alla categorizzazione del mondo (questa
è una sedia e quello è un tavolo) e alla comprensione del reale (la terra gira, ma non cade, perché la forza di
gravità lo impedisce) indispensabili per orientarsi
Bisogni di tipo emotivo: attraverso la comunicazione, gli individui manifestano le proprie emozioni (sono
dispiaciuto) tentano di influenzare quelli altrui (spaventare, rallegrare) rivolgono agli altri e ricevono dagli
altri riconoscimenti emotivamente connotati (bravo mi piace quello che hai scritto).

I MODELLI DI COMUNICAZIONE

Vengono distinti in base a:

- Direzione comunicazione
- Unità di analisi+
- Il ruolo dei soggetti coinvolti
- Modo di intendere il significato
- La risposta dalla domanda “perché quando le persone parlano si capiscono?”

3 modelli:

- Modello lineare (o del codice)


- Modello interattivo (o inferenziale)
- Modello dialogico

Modello lineare (Shannon-Weaver). La comunicazione è considerata una trasmissione di informazioni con


elementi. Il modello proposto si compone di una serie di elementi e processi disposti in un ordine lineare.

ELEMENTI:

- Una fonte di informazioni (emittente) che codifica un messaggio, che passa attraverso…
- Un canale di trasmissione (vocale o grafico) e viene recepito da…
- Un destinatario (ricevente) che lo decodifica

PROCESSI

- Processi di codifica: traduzione di proposizioni mentali (pensieri) in parole


- Processi di decodifica: trasposizione delle parole del parlante nei corrispettivi pensieri

Fattore che può disturbare la corretta trasmissione dei segnali e interferire sull’esito efficace della
comunicazione: rumore

- Rumore esterno: suon e rumori di diversa natura provenienti dall’ambiente esterno che
impediscono la corretta percezione di quanto viene trasmesso
- Rumore fisiologico: fattori biologici interferiscono con una corretta ricezione (ad esempio acufene o
una situazione permanente o temporanea di ipoacusia)
- Rumore psicologico: forza di natura interne all’emittente o ricevente, in grado di interferire con
l’abilità di esprimere o comprendere un messaggio (es. rabbia, idee fisse, patologie psichiatriche)

Il modello riconosce una perfetta identità tra:

- Significato e significante
- Messaggio di partenza e di arrivo. L’informazione risulta trasparente in virtù di una perfetta
reversibilità tra le operazioni di codifica e di decodifica

Limiti: non tiene conto né della multimodalità della comunicazione, e della dimensione pragmatica del
linguaggio, dell’ambiguità e della polisemia della lingua (riso ha 2 significati), fenomeni quali le implicature
conversazionali (non riesco a dire tutto in una frase, ma l’altro riesce a capire ugualmente tutto), ironia,
linguaggio metaforico.

MODELLO INTERATTIVO

Riconosce il ruolo attivo anche a quello che veniva chiamato il ricevente o destinatario del messaggio, che
produce feedback, emittente e ricevente considerati due soggetti che interagiscono e possono scambiarsi di
volta in volta i ruoli

Sottolinea l’importanza dei processi inferenziali messi in atto dal ricevente che non si limita a decodificare
un messaggio trasparente e univoco, ma ne interpreta attivamente il senso

Introduce la dimensione pragmatica e contestuale della comunicazione, quella frase è inserita all’interno di
uno specifico contesto.

L’emittente e il ricevente non vengono più chiamati così ma parlante e destinatario e sono ruoli
interscambiabili.

MODELLO DIALOGICO

Unità di analisi diventa la sequenza dialogica. La comunicazione non è più uno scambio di messaggi e
feedback, ma una situazione più complessa sul livello dialogico. Si assume che gli interlocutori siano
contemporaneamente emittente e riceventi durante tutta l’interazione, e isolare un solo atto comunicativo
dal precedente e dal seguente, diventa difficile ed errato, inefficace per descrivere e spiegare i fenomeni
comunicativi concreti.

Il significato è qualcosa che viene costruito e negoziato in modo congiunto e collaborativo dai partecipanti
ad una conversazione attraverso l’interazione stessa. La conversazione, intesa come attività dialogica co
prodotta dai partecipanti, diviene lo specifico oggetto di analisi.

Secondo il modello dialogico la comunicazione non va intesa nei termini di qualcosa che una persona fa ad
un’altra ma come un processo in cui i soggetti:

- Creano una relazione interagendo l’un l’altro e


- Contribuiscono congiuntamente a generare il significato dello scambio
CAPITOLO 2

Seconda metà del 900: cresce l’interesse degli studiosi nei confronti di come la lingua viene concretamente
utilizzata dai parlanti nelle interazioni.

Mentre Chomsky si interessa di competence = insieme di conoscenze linguistiche che un


parlante/ascoltatore ideale deve poessere per produrre e comprendere un numero potenzialmente infinito
di frasi della propria lingua, altri studiosi indirizzano la propria attenzione alle performance linguistiche. Tra i
numerosi approcci che si sono interessati allo studio della lingua in uso:

- Speech Act Theory;


- Conversation analysis
- Discourse Analysis.

Non si pone attenzione solo ad aspetti reali, sintattico semantici, ma anche ad aspetti pragmatici.

La pragmatica ha che fare con:

- Competenze richieste di carattere conversazionale: parlare rispettando i turni.


- Adattare quello che si dice e come lo si dice: a specifici contesti (una lezione è diversa da una
chiacchierata con amici; parlare con un bambino è diverso dal farlo con un adulto. Cfr linguaggio
marginali
- Parlare per perseguire obiettivi: cercano di suscitare qualcosa nell’interlocutore.

Attuning: adattare il proprio modo di parlare in base al contesto

Linguaggi marginali: si usano con specifici gruppi di persone (baby talk). Si tende a parkare in modo
speciale, ad esempio, anche con gli stranieri o anziani.

Ricerca università inglese: a 12 studentesse fu chiesto di immaginare una stessa conversazione con un
adulto, un bambino ed uno straniero. Descrivere una mappa per andare da un posto all’altro.

Risultati: tre modi diversi di usare un linguaggio. Linguaggio marginale usato con bambino diverso da quello
usato con lo straniero.

Col bambino si accresceva il tempo per ogni segmento del linguaggio

Fine-tuning: tentativo di porsi sulla stessa lunghezza d’onda di chi ascolta, modulandosi con finezza con il
proprio interlocutore, a livello di:

- Contenuti;
- Modi del parlato (pause, ritmo, voce…) cfr CAT

Ci si può accomodare all’altro per convergenza (diventare più simile possibile al nostro interlocutore, sei lui
parla lentamente io riduco la mia velocità di eloquio) o divergenza (sottolineare la distanza)

Baby-talk: esempio di modulazione fine, strutturata per aiutare il bambino ad apprendere il linguaggio.
Esempio:

- Aumento dei picchi di voce: strumenti per attirare l’attenzione;


- Segmentazione: facilita la comprensione dei diversi pezzi;

perché il bambino diventi soggetti do comunicazione indispensabile:

- Tenere un atteggiamento affettivo di attenzione/tenerezza (baby-talk, motherese)


- Capacità di modulazione fine della comunicazione
Ogni adulto adotta spontaneamente questo tipo di linguaggio marginale, al solo immaginare di parlare con
un bambino.

- Tale linguaggio

Sintonizzazione: insieme di comportamenti finalizzati al raggiungimento di una intenzione comunicativa


congiunta, attraverso cui gli interlocutori si coordinano.

Mutual tuning-in: posizionarsi sulla stessa lunghezza d’onda in termini di:

- Sincronizzazione temporale dei comportamenti che si svilupp……

Parlare per raggiungere i propri obiettivi: persuadere qualcuno della correttezza del proprio punto di vista

Teoria degli atti linguistici: il dire degli individui coincide sempre ed anche con un fare.
John Austin e Searle

Se Wittgenstein parla di usi potenzialmente infiniti, Austin vuole comprendere quanti e quali siano tali usi,
vuole classificarli.

Metodo fenomenologico-pragmatico utilizzato dall’autore in questa opera:

- Fenomenologico: per via dell’attenzione che egli riserva al come certi fenomeni si manifestano nel
linguaggio ordinario caso per caso
- Pragmatico: in virtù dei riferimenti ai contesti d’uso di tali espressioni

La prima teoria di Austin, enunciati constativi o assertivi vs enunciati performativi:

- Constativi o assertivi: li utilizziamo per descrivere le cose (il tavolo è blu, una studentessa si sta
alzando)
- Performativi: prevedono che, quando dico qualcosa, io faccia anche qualcosa. Questi a differenza
dei precedenti, non sanno ai criteri del vero o falso, ma del felice o infelice.

Espressioni:

- Ti ordino di farlo
- Ti chiedo scusa
- Battezza questa nave libertà
- Ti prometto che verrà domani

Sono simili a

- Sono stanca

Mentre le espressioni del secondo gruppo descrivono qualcosa

- La stanchezza del parlante


- Il colore del cielo
- La presenza del sole
- L’azione eseguita

Le espressioni del primo gruppo non descrivono nulla, ma il loro proferimento coincide, invece, con
l’esecuzione di un’azione

Condizione di felicità dell’enunciato formativo: L’esecuzione dell’enunciato da parte di una persona


adeguata, in caso contrario è indebito. Il compimento delle azioni verbali e l’adempimento di una serie di
azioni non verbali di tipo convenzionale
L’infelicità, inoltre, può riguardare enunciati performativi diversi dall’esempio del battesimo, ad esempio, nel
caso di: “Quando rientri da Bangkok, ti porterò dei foulard di seta”

Solo chi è in procinto di partire per la capitale thailandese può rivolgere a qualcun altro una tale promessa.
Se l’enunciato fosse eseguito da una persona che non sta programmando alcun viaggio, esso risulterebbe
infelice.

Analoga infelicità si realizzerebbe se la sua enunciazione avvenisse sotto la pressione o la minaccia di


qualcuno

Verso la seconda teorizzazione: dopo gli anni 50 Austin inizia a pensare che questa classificazione non regga,
iniziando a mettere in discussione i criteri su cui si basava:

- Criterio di ordine grammaticale: per identificare l’appartenenza degli enunciati all’una o all’altra
categoria.
- Criterio semantico: io posso riconoscere gli enunciati in base alla presenza di alcune parole
- Possibilità di identificare un verbo performativo esplicito: quando dico “chiudi la finestra”, il verbo
performativo “chiudi” sottintende il “ti ordino di”
- La verità/falsità constativa da un lato, e criterio felicità/infelicità performativa dall’altro
- Criterio in base al quale si suddividono gli enunciati secondo la contrapposizione del dire e del fare

Criterio di ordine grammaticale: gli enunciati performativi non sono declinati solo mediante la prima
formula canonica che prevede la presenza del verbo alla prima persona del presente indicativo attivo (es. ti
vieto di uscire, ti ordino di chiudere la porta). Austin dice però che per ordinare qualcosa, io debba
necessariamente utilizzare la prima persona singolare. “tu non devi fumare”, grammaticalmente non si usa
la prima persona, ma dal punto di vista della performance il significato è il medesimo di “io ti vieto di
fumare”) “vietato fumare” è la formula canonica

La stessa questione dei performativi accade anche per i constativi. Così come i performativi possono
presentarsi in forme diverse rispetto alle forme canoniche, è ugualmente vero che i constativi possono
presentarsi con il verbo alla prima persona singola del presente indicativo attivo (come i performativi nella
prima forma canonica): io affermo che oggi c’è il sole

Criterio semantico: i performativi possono essere riconosciuti grazie alla presenza di parole operative, una
premessa la riconosco se c’è “Ti prometto”. Queste parole operative però non funzionano sempre: “ti
prometto” / ”Elisabetta promette a Marco che”… quindi chi parla nel secondo caso non promette,
nonostante la presenza della parola promette, ma descrive la promessa

La presenza di una parola operativa non comporta necessariamente che un enunciato sia performativo

Si può ottenere un performativo senza ricorrere a parole operative (invece di ”lo prometto” si può dire lo
farò)

Criterio performativo esplicito: per alcune espressioni è possibile identificare (esplicitare) un verbo
performativo sottostante quando non compare nella struttura di superficie (esci da questa stanza! = ordine)

Per altre espressioni l’attribuzione è più ambigua e dipende dal contesto (domani verrò a trovarti! =
minaccia o promessa)

Criterio dicotomia vero/falso e felice/infelice: l’enunciato constativo: “il cuore si trova nella parte sinistra
del corpo, all’interna della gabbia toracica” lo valuto in linea di principio come vero, ma può essere valutato
anche come:

- Adeguato (e dunque felice): se a pronunciarlo è un insegnante della scuola elementare;


- Altamente inadeguato: se a pronunciarlo è un cardiochirurgo, che deve insegnare a degli
specializzandi come eseguire un complesso intervento alla valvola mitriale

L’enunciato constativo: “l’attuale allenatrice della nazionale maschile di calcio è molto competente” è un
enunciato che non può propriamente dirsi vero o falso poiché presuppone l’esistenza di una persona che
non esiste nel mondo reale
L’affermazione non può dirsi era o falsa quanto piuttosto vuota nulla o infelice (proprio come i performativi)
non esistendo un’allenatrice donna, di lei non si può dire che sia molto competente
l’enunciato “mi dispiace”:
- Può essere considerato come equivalente al performativo esplicito “mi scuso” e quindi sottostare al
criterio di felicità/infelicità performativa
- Costruisce altresì una descrizione, vera o falsa, dello stato d’animo di colui che proferisce tali parole:
sono addolorato/mortificato
Fallacia dicotomia dire/fare
Tutti gli enunciati constativi possono essere ricondotti a enunciati performativi appartenenti alla categoria
dell’affermare. Per austin il dire qualcosa coincide sempre con il compiere contemporaneamente tre distinti
atti: es. Sparale!
- Atto locutorio: atto del dire qualcosa (atto fonetico-fatico-retico). Proferire un enunciato dotandolo
di significato. Dire di spararle
- Atto illocutorio: atto che compiamo nel dire qualcosa ovvero la forza linguistica che assegniamo a
ciò che stiamo dicendo. Es. promettere. Dare l’ordine di spararle
- Atto perlocutorio: atto compiuto attraverso quello che diciamo. Atto compiuto per mezzo del dire
qualcosa. Dire qualcosa produrrà di norma degli effetti sull’uditorio. Egli mi indusse a spararle.
Atti locutori e illocutori hanno luogo simultaneamente, sono di esclusiva pertinenza del parlante.
L’illocutorio, nello specifico, è un atto convenzionale.
Posso invitare caldamente qualcuno a lasciare la stanza, dicendogli di farlo e/o indicandogli l’uscita,
muovendo in aria da destra verso sinistra, l’indice puntato verso la porta.
L’atto perlocutorio è temporalmente successivo alla locuzione e all’illocuzione
Non è di esclusiva pertinenza de lparlant poiché riguarda gi effetti prodotti nell’ascoltatore. Non è
convenzionale, è possibile spaventare (effetto perlocutorio) una persona:
- Minacciandola (parole)
- Brandendole contro un bastone (azioni non linguistiche) ecc…
È possibile che si realizzino delle conseguenze che il parlante non aveva intenzione di produrre o intendeva
non produrre o non si realizzino delle conseguenze che il parlante aveva, invece, intenzione di produrre
Non sempre, dunque, le conseguenze perlocutorie intenzionate dai parlanti generano effetti perlocutorie
conseguenti negli ascoltatori, come pure + possibile al contrario che si realizzino effetti perlocutori.
L’aspetto illocutorio diventa sinonimo di atto linguistico: identificare il tipo di forza illocutoria veicolata da un
enunciato coincide con il riuscire a determinare il tipo di atto linguistico compiuto dal parlante
Le forze illocutorie vengono suddivise da Austin in 5 categorie di azioni linguistiche (o verbi):
- Esercitivi: mi rimanda al fatto che chi pronuncia questo enunciato, agisce una forza su qualcun altro.
Verbi: domandare, consigliare, ordinare, esortare. Domandare perché richiede una risposta, mentre
consigliare quando non è richiesto dall’altro è sinonimo di potere in quanto ci mettiamo in una
posizione superiore all’altro, anche se fatto con buone intenzioni. Prevendono esercizio di autorità
influenza o potere ad opera del parlante
- Commissivi: impegnano a fare qualcosa in futuro (promettere, minacciare, garantire).
- Comportativi: salutare scusarsi. Atti linguistici che devono essere seguiti nelle condizioni specifiche
(ringraziare, sfidare).
- Espositivi: atti attraverso cui il parlante propone argomenti su cui esporsi (affermare, descrivere,
commettere),
- Verdittivi: atto illocutorio, categoria di azioni che hanno a che fare con asserzioni, conclusioni,
giudizi che impegnano il parlante
- Permessivi: impegnano a fare qualcosa a una certa linea d’azione
Mitigatori di forza: forme grammaticali o elementi utilizzati per abbassare la forza illocutoria di un consiglio.
Asserire e affermare vengono divisi perché, se faccio un’asserzione devo trovarmi nella situazione di dover
spiegare a qualcuno il perché faccio quell’asserzione, mentre se dico “Fuori c’è il sole” nessuno dovrà
chiedermi perché lo dico, ed è quindi un’affermazione.
Lezione 17/10/2023
I limiti di questa tassonomia, nel semplificare le cose lasciamo fuori una parte della complessità dei vari atti.
Posso verificarsi casi ambigui o casi di sovrapposizione tra più classi.
Definizione difettosa di atto illocutorio che rende difficile l’applicazione di questo concetto al di fuori di
ambii e considerazione puramente filosofici, una relazione ambiguamente delineata tra forze illocutorie e
verbi formativi
Dopo Austin c’è Searle. Secondo Austin ogni volta che parliamo compiamo i 3 atti. Nell’atto locutorio ci sono
3 altri atti: fonetico, fatico, retico.
Ogni volta che parliamo, quindi un atto linguistico, il contenuto proposizionale (quello che diciamo) è dotato
di una forza illocutoria. Formula = F (p) -> forza di p (contenuto proposizionale).
Uno stesso atto illocutorio può concernere differenti contenuti proposizionali:
- Matteo fuma
- Il treno è in ritardo
- Alessio studia
Uno stesso contenuto proposizionale può esprimersi in atti illocutori diversi:
- Matteo fuma
- Matteo fuma?
- Matteo fuma!
Searle cerca di risolvere la questione della relazione tra forza illocutorie e verbi performativi mediamente
l’introduzione di dure differenti modalità di comunicare una stessa forza illocutori:
- Performativi espliciti: forza illocutoria esplicitata dal verbo enunciato (ti ordino di chiudere la porta)
(ordinare, promettere, consigliare)
- Performativi impliciti: forza illocutoria desumibile dagli indicatori di forza: struttura sintattica, tono
di voce (se è tono ascendente, sarà una domanda o altro, ma non un ordine), avverbi, verbi modali.
Secondo il principio di esprimibilità, esiste sempre una forma enunciativa o, meglio, un verbo performativo
in grado di esprimere la forza dell’enunciato
Sebbene possano darsi numerosi esempi di enunciati costruiti attraverso l’impiego del performativo
esplicito:
- Le ordino di lasciare questa stanza
- Ti prometto che domani verrò
- Ti consiglio di prendere uno sciroppo per la tosse
Oppure implicitamente:
- lasci la stanza!
Searle introduce anche una terza categoria di atti: atti linguistici indiretti (ALI): la cui forza viene compresa
dall’ascoltatore mediamente inferenze che possono essere operate in base ad uno specifico contesto. “puoi
passarmi il sale?” la struttura può ingannare perché formalmente è una domanda ma realisticamente è una
richiesta, chi parla non chiede se l’altra persona è fisicamente capace di passarmi il sale, ma richiede di
passarglielo.
Quindi i performativi espliciti e impliciti sono atti linguistici diretti
Searle elabora una sua tassonomia molto simile a quella di Austin
Un atto linguistico può essere modulato, e che quindi può cambiare radicalmente (consiglio che può
diventare altro)
Quando si parla di modulazione si fa riferimento a 2 direzioni, rafforzando l’atto o mitigandolo.
Queste modulazioni linguistiche vengono fatte per ragioni diverse dal loro utilizzo, possono avere un valore
positivo o negativo in base al contesto.
Rafforzare può essere positivo quando si tratta di un medico che deve dire che un sintomo non è grave
(sono certo che non è nulla di grave, certamente è un nodulo benigno), può essere negativo invece nel caso
di una conversazione conflittuale dove viene applicata un’eccessiva assertività.
Mitigare può essere positivo nei casi di un litigio dove si cerca di mostrarsi gentili e rispettosi nei confronti
dell’altro, ma può essere negativo in cui in un contesto d’esame può essere letto come sinonimo di
sicurezza.
Esistono 3 significati di mitigazione, a noi interessa hedges (il significato principale): la mitigazione che ha a
che fare con la forza illocutoria -> secondo me dovresti lasciarlo.
La mitigazione può essere
- Speaker oriented (assertivi-verdittivi) -> ha a che fare con la modalità epistemica [relazione tra
parlante e il contenuto proposizionale]. Riduco la forza illocutoria della mia frase (riduzione
soggettiva orientata a me). Quindi riduco gli obblighi per il parlante. Evita effetti spiacevoli per sé
(ostilità da parte degli interlocutori) e si può comunicare una credenza personale
- Hearer oriented (direttivi-esercitivi) -> ha a che fare con la modalità deontica [ha a che fare con la
relazione tra interlocutori]. Riduce gli obblighi per l’ascoltatore. Rende soft l’azione per
l’interlocutore.
Nelle conversazioni reali le mitigazioni epistemica e deontica agiscono spesso simultaneamente. Nel caso di
un consiglio ad esempio, che può essere considerato come un caso a metà tra richiesta ed un giudizio,
quindi tra un atto direttivo e assertivo.
ANALISI DELLA CONVERSAZIONE
Attività dialogica in cui due o più partecipanti (interlocutori) si alternano a parlare, adattabile a un’estesa
gamma di situazioni e contesti (amichevoli-conflittuali, occasionali-abitudinari, faccia a faccia, mediati ecc.),
caratterizzata da una considerevole variabilità per quanto riguarda la durata (da pochi minuti a ore), i
contenuti, il registro (più o meno formale o informale) e le finalità perseguite.
In una conversazione l’esito è sempre co-premeditato.
L’analisi della conversazione (AC) è un approccio sociologico allo studio del linguaggio in uso e delle
interazioni sociali, sviluppatosi negli anni ’60 in California (UCLA), a partire dai lavori di Harvey Sacks,
Emmanuel Schegloff e Gail Jefferson.
Incontri fondamentali di Sacks con Goffman e Garfinkel.
Goffman: Teoria Drammaturgia
le persone “recitano” copioni/script per gestire impressioni e la presentazione di sé. Ogni interazione ha
luogo all’interno di una specifica cornice contestuale (frame) e segue regole sue proprie, ossia si svolge
secondo specifiche sequenze di azioni. I contenuti sono infiniti, i modi in cui possiamo costruirli sono
numericamente finiti, dato he seguono regole proprie
Goffman però non utilizza dati reali, ossia sequenze di dati reali audio registrati in contesti ecologici, a
differenza degli analisti della conversazione. Ma ha utilizzato dati costruiti a tavolino. Inoltre, si concentra
sugli aspetti connessi alla salvaguardia e alla tutela della faccia degli interlocutori che non sull’interazione in
sé per sé.
Garfinkel: Etnometodologia
L’ordine sociale è l’esito di interazioni comunicative quotidiane ovvero il risultato delle azioni e dei discorsi
costruiti collaborativamente dagli individui. La società è ordinata secondo cui le persone tra loro parlano e
interagiscono. Garfinkel si concentra sul concetto di co-costruzione dell’ordine sociale, e anche della
conversazione
Goffman si focalizza sulle “regole dei giochi” sociali,
Garfinkel si focalizza sulle contingenze, ossia sugli eventi imprevisti, che violano le regole. Gli
etnometodologi hanno focalizzato la loro attenzione proprio sulle violazioni dalla norma, che sono diventate
oggetto di interesse anche per gli analisti della conversazione.

PECULIARITA’
Lingua e interazione sociale: soggetto di interesse di numerose discipline a partire della metà del 900. Tutta
via l’analisi conversazionale si differenzia dalla semiotica ed etnometodologia sotto molteplici aspetti:
• Assunti teorici -> Ordine = risultato di ciò che gli interlocutori fanno. È funzionare a stabilire l’ordine
(elemento necessario per la corretta recezione di tutte le informazioni fornite dagli altri parlanti)
• Obiettivi analisi -> descrivere come si raggiunge l’ordine mediante le attività di co-costruzione da
parte degli interlocutori. Come questo ordine si organizza a livello globale (struttura base di
apertura-svolgimento-chiusura) e a livello locale
• Dati utilizzati -> registrazioni spontanee, dati ecologici, dati reali (audio o video), no trascrizioni
inventate.
• Preparazione dati -> trascrizione
• Metodo analisi -> induttivo (utilizzato dagli analisti della conversazione), parte da numerose
osservazioni e poi fa delle generalizzazioni. Il metodo induttivo parte di lati, formula una teoria
generale e ritorna ai lati per riconfermarla. Mentre il metodo deduttivo è l’opposto
Quindi
• Attenzione nei confronti della struttura complessiva dell’everyday talk;
• Esame dei dettagli conversazionali (es. sovrapposizioni, interruzioni, silenzi, esitazioni): fenomeni
non accidentali;
• No interesse per categorie di azioni linguistiche entro cui ricondurre la ricchezza delle azioni svolte
dalle persone coinvolte nell’interazione
ASSUNTI TEORICI E OBIETTIVI
- Assunti teorici: conversazioni (eventi ordinati e regolari); ordine e regolarità (risultato di ciò che i
conversanti fanno a livello globale e a livello locale)
- Obiettivi: descrivere ordine e reoglarità delle interazioni sociali e come vengano perseguiti mediante
le attività di co-costruzione ad opera degli interlocutori
Raccolta dati in contesti ecologici
Esclusivo interesse dei ricercatori AC per i dati di esecuzione
I dati reali sono molto più ricchi di dettagli rispetto ai
- dati creati a tavolino
- reports di psicologi e sociologi (osservazione classica)
Le registrazioni, che rispetto alle annotazioni dell’osservatore hanno, tra gli altri, anche il pregio di poter
essere riascoltate, non sono state, tuttavia, in grado di ovviare completamente ai limiti propri
dell’osservazione classica.
Le mie osservazioni non sono oggettive, devono essere in linea con le osservazioni di almeno un altro
analista
Questioni da affrontare:
- scegliere l’universo conversazionale da indagare: conversazioni amicali- familiari oppure
istituzionali;
- decidere cosa ritenere è il dato (es. solo dati verbali o anche quelli non verbali)
della scelta di universo e dati dipende la scelta degli strumenti da utilizzare per la raccolta dei dati
Questioni da affrontare:
Etiche e legali: connesse al diritto dei partecipanti di essere informati, di essere tutelati nella propria
privacy, di ritirare il proprio consenso all’utilizzo dei dati
Tecniche: legate al
• posizionamento della strumentazione,
• tempi della registrazione (quando e per quanto tempo)
• cosa scegliere di registrare e considerare naturale o spontaneo (chi sa di essere registrato
inizialmente non è spontaneo);
• presunta influenza delle strumentazioni. È possibile ridurre l’impatto dell’influenza che questi
strumenti hanno
secondo Wood e Kroger una soluzione creativa in grado di
- salvaguardare l’autenticità e la spontaneità dei fatti
- garantire il rispetto e la tutela della privacy degli individui coinvolti nelle registrazioni
- tutelare legalmente chi raccoglie e usa i dati
potrebbe essere quella di chiedere ai partecipanti: «a general permission for recording without the need to
be informed in advance about the particular occasion on which it will take place or they may consent to
routine recording without requiring that they be informed about the particular sections that will be used
for analysis»
Preparazione dati -> la trascrizione
Alla fase di raccolta del materiale deve seguire la trascrizione, ossia la trasformzione in forma scritta del
parlato (che si accompagna, spesso, nel caso delle videoregistrazioni, ad annotazioni convenzionali di gesti,
comportamenti, movimenti ecc…)
La trascrizione dei dati audio o video-registrati è un’operazione complessa. Inoltre come affermano anche
gli analisti della conversazione, la trascrizione, pur rendendo possibile l’analisi dei dati, non ne costituisce un
suo reale sostituto
Tra i sistemi di trascrizione, maggiormente diffusi e utilizzati dai ricercatori che si occupano dello studio
della lingua parlata c’è sistema convenzionale di tipo fonologico ideato da Gail Jefferson che tenta di
riprodurre/rappresentare, in modo semplice, non solo parole, ma anche fenomeni conversazionali quali, ad
esempio, sovrapposizioni, pause, enfasi, risate, esitazioni ecc.

[…] La singola parentesi quadrata indica, nei turni in progressione di due (o più) parlanti, il
punto di inizio e di fine del parlato
in sovrapposizione.
[[ La doppia parentesi quadrata indica una partenza simultanea.

(.), (..), (…) Uno, due o tre puntini, collocati tra parentesi rotonda, indicano micropause di silenzio
– sia interne al turno di un singolo
parlante sia tra turni di parlanti diversi – rispettivamente inferiori a 2 secondi,
comprese tra 2 e 3 secondi, superiori a 3 secondi.
(0,0) I numeri tra parentesi rotonda indicano una misurazione approssimativa, in decimi di
secondo, delle micro-pause di
silenzio.
(parole) Le parole incomprensibili o dubbie vengono trascritte tra parentesi rotonde

((commento)) Glosse e commenti del trascrittore, relativi ad esempio al contesto, vengono scritti tra
doppia parentesi rotonda.
::: I due punti indicano allungamento di vocale o consonante. Più numerosi sono i due
punti, più esteso l’allungamento.
, La virgola è un marcatore di continuazione, utilizzato per indicare il tono sospensivo.

? Il punto interrogativo indica il tono interrogativo.


! Il punto esclamativo indica il tono esclamativo.
. Il punto fermo indica il tono conclusivo.
mati- Il trattino indica il taglio, la troncatura di una parola in progressione.

PAROLE Il maiuscolo viene utilizzato per le parole pronunciate con un volume alto (ovviamente
rispetto alla base-line del parlante
nella conversazione che si sta trascrivendo).
°parole° Le parole pronunciate con volume basso vengono incluse tra due pallini alti (il simboli
del grado)
parole Le parole (o le porzioni di parola) pronunciate con enfasi vengono sottolineate. A volte
parole l’enfasi è segnalata anche dal
grassetto.
>parole< Parole e porzioni di testo incluse tra i simboli di più grande di e di più piccolo di
indicano discorso accelerato
<parole> Parole e porzioni di testo incluse tra i simboli di più piccolo di e di più grande di
indicano discorso rallentato
= Il segno dell’uguale indica allacciamento di parlato, privo di pause. Si utilizza quando
tra la fine del turno di un parlante e
l’inizio del turno dell’interlocutore non ci sono pause udibili. Si utilizza, altresì, in
presenza di lunghe sovrapposizioni, all’inizio di ciascuna linea di uno stesso turno di
uno stesso parlante, per indicare il mantenimento del piano, ossia per segnalare che
gli interlocutori continuano ad occupare il turno simultaneamente, per più linee
successive.
.hh Respiri udibili.
(h) Risate simultanee al parlato.
à La freccia breve è utilizzata per indicare la linea o il turno in cui il fenomeno indagato si
manifesta.
“parole” Le virgolette di citazione sono utilizzate per il discorso riportato.
In ciascuno dei passaggi che va dagli eventi originali (fenomeni) alla registrazione degli stessi dati alla
trascrizione si verifica una, seppur minima, perdita di dati. Ogni passaggio da una fase all’altra prevede una
minima perdita di dati.
Pallotti ricorda che chi trascrive può optare per una trascrizione:
- larga: solo parole
- stretta: anche i dettagli
la scelta si lega a:
- obiettivi e interessi di ricerca
- abilità di trascrizione
- tipo di dati posseduti
- livello di sofisticatezza degli strumenti di cui si dispone per le registrazioni
Problema osservazione selettiva (problema comune ai metodi di osservazione naturalistica) non viene
completamente eliminato dalle registrazioni meccaniche, ma semplicemente posticipato al momento in cui
il ricercatore trascrive i dati (Ochs, 1979).
Ripetere l’ascolto e/o la visione del materiale originale sembra essere una prassi altamente consigliata, che
conduce spesso alla scoperta di ulteriori dettagli, che possono essere sfuggiti ad una prima trascrizione.
Il font: Il carattere grafico maggiormente impiegato per la trascrizione è il carattere Courier (dimensione 9)
che, diversamente da altri font, ha lettere di uguale dimensione che occupano pertanto uno stesso spazio
(la lettera «i» ha la stessa dimensione della lettera «m»);

ciò rende più facile l’allineamento nei casi, ad esempio, di turni in sovrapposizione:
Organizzazione spaziale: Per la trascrizione di conversazioni tra adulti si predilige il formato verticale detto
«a copione». Quando si trascrivono le conversazioni tra bambini o tra adulti e bambini si preferisce
impiegare una trascrizione su più colonne.
Numerazione: Non solo gli estratti e i turni, ma anche le righe della trascrizione vengono numerate
progressivamente. L’obiettivo è quello di rendere più agevole in fase di analisi il riferimento ai dati. Come si
può dedurre dall’esempio (1), non solo gli estratti e i turni, ma anche le righe della trascrizione vengono
numerate progressivamente. L’obiettivo è quello di rendere più agevole in fase di analisi il riferimento ai
dati. La numerazione è importante perché poi ci permette di capire a quali elementi si fa riferimento
Dopo la trascrizione si passa ad analizzare
Analisi ha come obiettivo à identificare regolarità strutturali (e deviazioni dalle stesse) nella manifestazione
di un fenomeno conversazionale,
Le fasi:
(1) selezione di una collezione di esempi di un particolare fenomeno, occorso in più conversazioni
(2) presentazione di estratti in cui il fenomeno indagato si manifesta
(3) analisi degli estratti e
(4) identificazione di regolarità strutturali.
Analisi degli estratti: a pertinenza osservabile
L’analisi degli estratti (3) si effettua mediante commenti analitici di tipo qualitativo operato riga per riga,
seguendo il principio di pertinenza osservabile: si considera, ad esempio, umoristica solo la sequenza in
cui gli interlocutori ridono in seguito ad una battuta del primo parlante o problematica l’espressione su cui
il parlante stesso o l’interlocutore agiscono delle riparazioni.
Analisi degli estratti -> questione di sequenze

(Terasaki, 1976:45)
La richiesta della madre (linea 1) poteva essere interpretata sia come una genuina richiesta di
informazione, sia come un preannuncio. Il figlio Russ la interpreta come un annuncio (linea 2) tanto che le
domanda: Chi? La madre (linea 3), rivelando di non sapere chi parteciperà, mostra che l’inferenza effettuata
da Russ non è corretta.
Identificazione di regolarità e devianze
Esempio à Galatolo et al. (2016), hanno identificato in apertura di chiamata, la presenza di un fenomeno
ricorsivo e altamente strutturato: le parasitic apologies: scuse fatte dal chiamante o dal chiamato en
passant, sussidiarie rispetto all’attività principale. Tali scuse sono costituite, perlopiù, da 2 componenti:
1. la scusa (ad esempio, mi dispiace) e
2. la ragione per cui ci si scusa (ad esempio, per non averti chiamato prima).
In pochi casi compare anche terzo componente:
3. la motivazione (ad esempio, sono uscito tardi dal lavoro).
Negli esempi analizzati, sia chi si scusa che chi riceve le scuse contribuiscono a rendere le stesse en
passant. Generalmente infatti
- chi si scusa à lo fa al primo slot conversazionale disponibile, mentre la conversazione sta
procedendo o si sta facendo altro;
- chi riceve le scusa à formula minimi riconoscimenti (ad esempio, ah ok), rapide assoluzioni (ad
esempio, non preoccuparti, non importa) oppure non replica.
Sia le scuse, sia le repliche alle scuse tendono a non essere elaborate (occupano uno spazio conversazionale
minimo) e, al contrario, assumono, in questo contesto, il carattere dell’urgenza.

L’analisi vuole dunque identificare


• il modo in cui gli interlocutori contribuiscono alla co-costruiscono dell’evento di volta in volta
indagato (nel caso delle scuse, sia chi si scusa sia chi riceve le scuse contribuisce a rendere l’attività
dello scusarsi un’attività sussidiaria rispetto all’attività principale in corso)
• le regolarità strutturali (nel caso delle scuse, la scusa si compone di norma di due componenti –
scusa + ragione – e la risposta è minima o assente), e le sue devianze (talvolta compare un terzo
elemento, vale a dire la spiegazione).
L’analisi è dunque:
- empirica: perché non fa riferimento a nessuna teoria o idea che noi abbiamo a priori quando ci
approcciamo ai dati
- induttiva: parte dai dati e ritorna ai dati

LE STRATEGIE DI ANALISI:
Oltre all’analisi di sequenze, cioè di estratti in cui un certo fenomeno compare (cfr. punto 3), gli studiosi di
AC sono interessati a (cfr. Fele 2007: 133-142):

- individuare le strutture di base della conversazione. “qualsiasi corpus può essere analizzato per
descrivere il funzionamento della presa del turno o della riparazione o di qualche altra struttura di
base della conversazione.
- scoprire e analizzare specifiche attività (es. studi di Maynard sull’attività di dare buone o cattive
notizie)
- analizzare le sequenze (es. studio delle aperture telefoniche di chiamate di emergenza al 118)
- effetturare confronti longitudiali (cfr. le analisi condotte da P. Ten Have vlte ad invidurare i
cambiamenti nelle conversazioni medico-paziente)
- eseguire analizi dell’eccezione (
- effettuare analisi comparate (cfr. le analisi cross-culturali; es. lo studio di Zorzi Calò sui diversi odi di
interrompere e sovrapporsi di parlanti inglesi ed italiani)
- compiere analisi di casi singoli utili a mostrare la validità do la messa in crisi di certe strutture
(come ad esempio l’alternanza fluida dei turni di parola)

l’obiettivo principali degli analisti è quello di mostrare che le conversazioni sono eventi ordinati e di come
l’interlocutore contribuisce a collaborare e raggiungere o reistabilire l’ordine

Organizzazione complessiva:

- fase apertura: saluti (non è prevista per tutte le conversazioni


- fase centrale
- fase di chiusura: è concordata, può essere più o meno lunga
La cooperazione = esito di complesse attività negoziali, “trattative”, che i conversanti mettono in atto
relativamente alla gestione
- dei contenuti
- dei ruoli conversazionali (ad esempio, narratore-ascoltatore) ed epistemici
ORGANIZZAZIONE LOCALE
I meccanismi di gestione locale dell’interazione
• turn-taking: presa del turno
• repair: riparazione messi in atto dagli interlocutori in risposta ad eventi considerati problematici
Essi agiscono a livello di turni e sequenze conversazionali.
TURNO CONVERSAZIONALE
Il turno conversazionale (TC) è una unità che:
• non corrisponde a un’unica struttura (parola, enunciato, frase)
• non corrisponde a una sola tipologia di azione linguistica (domanda, affermazione, ordine ecc.);
• può avere dimensioni variabili -> una o più TCU

TCU e PRT

• TCU: enunciati, identificati perlopiù su base prosodica e intonazionale, che compongono un intero
intervento del parlante.

• PRT (Punto di Rilevanza Transizionale): Punto finale di ogni TCU

PRESA DEL TURNO


ETEROSELEZIONE

Può essere esplicita o implicita

- Esplicita: sguardo (facile il fallimento), pronome personale, uso del nome o di altri termini di
designazione;
- Implicita

Sebbene secondo le tesi di Sacks e collaboratori, almeno nel contesto delle lingue anglofone, solo il 5%
del totale flusso dialogico proprio di ogni conversazione viene pronunciato secondo modalità non
lineari, non rispettando cioè la regola del parlare uno dopo l’altro, altre ricerche (cfr. C. Bazzanella,
1994) hanno mostrato come siano frequenti le anomalie nel passaggio del turno dall’uno all’altro
degli interlocutori in base alle quali si generano sovrapposizioni, interruzioni, silenzi (ad esempio in
ambito psicoterapeutico non è raro che terapeuta e cliente scelgano di rinunciare alla presa del turno
rimanendo in silenzio), partenze simultanee, indugi ecc.

PARLATO NON LINEARE

Schegloff distingue le sovrapposizioni in problematiche e non problematiche:

- Non problematiche: non c’è lotta per l’appropriazione del turno e i partecipanti non ricorrono a
strategie di risoluzione. Esempio: sovrapposizioni corali, sovrapposzioni terminali, continuatori
(back channelx, invogliare a finire la frase, o completare la parola dell’altro;
- Problematiche: necessitano di riparazioni e si caratterizzano per momentanie rresti nella continuità
o progressività della produzione del parlato. I parlanti registrano l’evento e ricorrono a pratiche di
risoluzione, che solitamente consistono nel:
 ripetere (riciclare) l’inizio del proprio turno
 ripetere parte di quanto detto dall’interlocutore
 usare una generica espressione di richiesta come “huh?”

Più in generale, ogni forma di riparazione successiva a una sovrapposizione ne sottolinea la


problematicità, il carattere potenzialmente distruttivo per l’interazione.

Le pratiche di risoluzione delle sovrapposizioni costituiscono per schegloff elementi propri


dell’organizzazione della presa del turno o l’overlap resolution device una componente integrante
dell’organizzazione del turnk-taking, sebbene di secondo ordine, programmata come risorsa per la soluzione
di problemi generate con la presa del turno

Obbiettivo -> stabilire l’ordine

LE SEQUENZE CONVERSAZIONALI

Unità di organizzazione delle conversazioni, di ordine superiore rispetto all’unità di turno -> sequenza
conversazionale, ossia concatenazioni tipiche e ricorrenti di elementi.

Casi più semplici -> sequenze complementari, dette anche coppie adiacenti del tipo:
- saluto/saluto
- domanda/risposta
- offerta/accettazione

mentre i saluti come altre formule rituali sono collocati in posizioni fisse della conversazione, altri tipi di
coppie adiacenti si collocano in posizioni variabili
le sequenze complementari, composte da coppie adiacenti, sono di norma:
- prodotte da parlanti diversi
- organizzate in una prima parte e in una parte complementare
- tipicizzate (ad esempio l’offerta richiede sempre un’accettazione o un rifiuto);
- generalmente anche adiacenti

caratteristiche delle coppie adiacenti sono:


• la complementarità;
• l’ordine (l’ordine tra due componenti non può essere invertito. Es. una risposta deve seguire una
domanda e non precederla);
• il collegamento discreto (data una prima parte, solo alcune seconde parti possono seguire, sono
ammesse e vengono elettivamente prodotte)

PREFERENZA
È strettamente legato al concetto di sequenza complementare quello di preferenza (cfr. Bilmes, 1988) (la
preferenza è un concetto sociale secondo il quale non tutti i completamenti possibili della prima parte di
una coppia si equivalgono; esistono infatti:
• Alternative preferenziali
• Alternative non preferenziali (linguisticamente marcate). Dobbiamo l’impatto negativo che questa
azione può avere nei confronti dell’altra persona (es. negare un invito)
Alternativa preferenziale
Variano in relazione alla prima parte della coppia complementare:
• Invito: accettazione piena è quella che viene data immediatamente dopo l’invito (tanto che una
pausa temporale che precede l’accettazione rende quest’ultima una accettazione sì, ma riluttante);
• Valutazione: valutazione data in pieno accordo con la prima (un accordo solo parziale, in genere,
precede un’opposizione: sì, sono d’accordo con te però…);
• Complimento: mitigazione dello stesso o da un disaccordo (da parte del soggetto che ha ricevuto il
complimento), spostamento del referente (A: “Ottimo lavoro”, B: “Ottimi strumenti, piuttosto”) o
restituzione (A: “Complimenti!” B: “Merito tuo”).
• Autosvalutazione: disaccordo da parte dell’interlocutore

Non sempre la seconda parte di una sequenza complementare è adiacente rispetto alla precedente; può
accadere, infatti, che fra la prima parte e la parte complementare si diano delle sequenze inserto. Levinson,
per tale ragione, preferisce sostituire al concetto di coppia adiacente quello di rilevanza condizionata (cfr.
Schegloff, 1968)

- Sequenze inserto (servono a dare informazioni aggiuntive alla sequenza complementare)


- Presequenze (pre-offerte, pre-annunci…). Da mettere in atto prima di un’azione linguistica. Si può
utilizzare anche prima di un invito, per capire se l’invitato rifiuterebbe o accetterebbe
effettivamente l’invito, in modo da evitare dinamiche d’imbarazzo
- Post-sequenze (la riparazione). Frasi e forme spesso senza senso (“Ciao ciao ciao..” a fine chiamata)

PRESEQUENZE
• pre-offerte e pre-inviti del tipo: Che fai stasera?
• pre-annunci: «Volevo raccontarti…»
• pre-chiusure: turni generalmente vuoti come “Va be’ ” aventi la funzione di negoziare
concordemente la chiusura
• pre-richieste: “Sai dov’è il mio giornale?”
POST-SEQUENZE
Le più comuni sono le riparazioni che servono a gestire l’interscambio quando eventi problematici si
affacciano sulla scena interazionale. Solitamente si distinguono in base a chi le avvia e chi le conclude. C’è
anche la separazione sollecitata dall’interlocutore.

Il turno riparabile può apparire al destinatario:


- non udibile;
- non comprensibile: [Non capisco quello che vuoi dire]
- disconnesso: [Non riesco a cogliere la pertinenza argomentativa]
- Inappropriato: inadeguato;
- Scortese: come nel caso, ad esempio, delle richieste di un bambino non accompagnate dal “per
favore” cui fanno seguito solitamente gli inviti alla correzione da parte di un adulto

Il destinatario può alternativamente decidere di indicare:


- Con processione la sorgente del problema nel turno precedente del proprio interlocutore
- Genericamente l’esistenza di una qualche difficoltà

INTERESSI RECENTI
Da alcuni anni, un gruppo di studiosi di Analisi della Conversazione sta focalizzando il proprio interesse sulla
questione della gestione epistemica delle conversazioni.
John Heritage (2012a, 2012b; 2014), in particolare, è dell’idea che lo sviluppo sequenziale (e dunque
l’ordine) di una conversazione si realizzi, non solo in virtù delle azioni linguistiche impiegate dai parlanti, che
richiedono adeguati completamenti da parte degli interlocutori (cfr. i concetti di sequenza complementare
e di preferenzialità), ma anche in base alla gestione dei ruoli (status) e delle posizioni (stance) epistemiche
assunte dagli interlocutori nel corso dell’interazione.

Epistemic Status
Epistemic status: ruolo conoscitivo che parlante e/o ascoltatore si riconoscono reciprocamente in relazione
a specifici domini di conoscenza.
Tali attribuzioni, che vengono rappresentate su un immaginario gradiente epistemitco che procede da
posizioni K+ (more knowledgable), fino a posizioni K- (less knowledgeable), passando per posizioni
intermedie, sono effettuate:
- In base all’accesso conoscitivo che il parlante ha rispetto ad un’informazione;
- Ma hanno a che fare anche con i diritti e le responsabilità di conoscere che differiscono da persona
a persona
Il fatto che due individui accedano contemporaneamente a una stessa informazione, ad esempio, non è di
per se garanzai di una “epistemic equality” (cfr. esempio medico-paziente)
Epistemic stance = manifestazione concreta di queste attribuzioni, gestite momento per momento
attraverso i turni di parola. L’epistemic stance riguarda il modo in cui i «parlanti posizionano sé stessi in
termini di epistemic status in e attraverso la costruzione dei turni di parola” (Heritage, 2012b: 33, trad. it.
mia).
Sebbene ci sia spesso congruenza tra status e stance, talvolta tale pertinenza viene a mancare perché il
parlante può:
• resistere, sovvertire o rinegoziare l’espistemic status che gli è stato assegnato (Mondada 2013: 600);
• dissimulare il suo status epistemico utilizzando stance «to appear more, or less, knowledgeable
than they really are» (Heritage 2012b: 33).

Nonostante i limiti di una analisi condotta su conversazioni caratterizzate da una riconosciuta disparità
epistemica tra interlocutori e la necessità di ampliare la tipologia di corpora analizzati, i concetti di epistemic
status e di epistemic stance sembrano ben promettere circa il loro possibile utilizzo nella comprensione
dell’organizzazione sequenziale e delle dinamiche interazionali interne alle conversazioni.

In un piccolo corpus di conversazioni di troubles talk (Riccioni et al. 2014) l’analisi delle dinamiche
epistemiche ci ha permesso di mettere in luce una chiara correlazione tra gli interventi di richiesta esplicita
di un consiglio (che equivalgono da un punto di vista epistemico all’assegnazione per sé di un ruolo
epistemico K- e all’attribuzione all’altro di un ruolo complementare K+) e l’allineamento nel turno
successivo alla formulazione del consiglio (indipendentemente dal fatto che esso sia formulato in modo
mitigato o non mitigato). In altri termini, la negoziazione dei ruoli sembra agire sull’accettazione del
consiglio più di quanto non faccia la sua mitigazione.

ARTICOLO DA LEGGERE (su Mitigation and Epistemic Stance). COSTITUISCE PARTE INTEGRANTE DEL
PROGRAMMA PER TUTTI GLI STUDENTI. TROVATE IL FILE NELLA SEZIONE TEAMS «FILE»

Studi AC non solo legati all’everyday talk e limitatamente a scopi descrittivi. L’AC viene infatti applicata
anche all’analisi del linguaggio in uso in contesti istituzionali, come ad esempio, nei contesti:

• psicologici e psicoterapeutici (vd. Peräkylä, 2003, 2014; Peräkylä et al., 2008);

• medici (vd. Maynard e Heritage, 2005; Gill e Roberts, 2014; Robinson e Heritage, 2014);

• scolastici (vd. Gardner, 2014);

• giudiziari (vd. Atkinson e Drew, 1979; Galatolo e Pallotti, 1998; Komter, 2014).

LEZIONE 25/10/23
Sociologi della scienza Gilbert e Mulkay (1984) usano etichetta Analisi del Discorso: per riferirsi a un
metodo di indagine applicato allo studio del discorso scientifico.
Diversi tipi di testi: discorso su uno stesso oggetto diversamente strutturato e presentato
la costruzione dei discorsi scientifici avviene diversamente, in differenti tipi di testo: articoli scientifici in
senso stretto, articoli scientifici a carattere divulgativo, interviste etc. Si può parlare di un argomento
strettamente scientifico ma il modo in cui viene presentato alle persone inesperte, sarà semplificato.

Foucault: i modi di parlare e di scrivere, ossia di strutturare i discorsi all’interno di una specifica società
svolgono funzioni politiche e ideologiche, influenzando il modo in cui le persone pensano e agiscono come
esseri sociali (Wooffitt, 2005).
Secondo Foucault (1970) tre regole principali usate nella costruzione dei discorsi:
• procedure di esclusione: applicate per escludere (a) qualcuno, (b) alcuni contenuti dal discorso;
• procedure interne al discorso: uso di citazioni o di richiami ad un autore;
• regole di accesso al discorso: chi può intervenire in un certo discorso. Stabiliscono i requisiti che gli
individui devono possedere per essere qualificati ad intervenire in un certo discorso.
Oltre a tali meccanismi
Ogni epoca sarebbe caratterizzata da
- regole che stabiliscono i limiti del dicibile;
- forme della conservazione: modi in cui certe espressioni emergono, persistono, circolano e
scompaiono;
- forme della memoria;
- forme della riattivazione: modi in cui vecchi discorsi vengono riattivati e ricostruiti
- forme dell’appropriazione: chi ha accesso a quali discorsi.

Approccio linguistico
Principale finalità: identificare le regolarità presenti nelle interazioni verbali
Secondo Levinson (1983), l’obiettivo AD: identificare categorie di azioni linguistiche e regole di
concatenazione tra le stesse.
Credenza di fondo: ordine e coerenza conversazionali sono ravvisabili non a livello superficiale ma a livello
profondo -> a livello degli atti linguistici (o mosse interazionali) compiuti mediante il proferimento delle
stesse espressioni.
Per individuare tali azioni, gli enunciati devono essere tradotti; eseguita la traduzione devono poi essere
descritte le regole profonde di ordinamento sequenziale.
Tra la fine degli anni ‘60 e gli inizi degli anni ‘70, Labov aveva già teorizzato che i giudizi di coerenza e
incoerenza sequenziali venissero formulati non in base alle relazioni tra enunciati, bensì in base alle
relazioni tra le azioni eseguite per mezzo degli enunciati.
Secondo Van Dijk (1985) la finalità principale che muove gli studiosi di AD è quella di individuare:
• azioni rilevanti in una certa situazione comunicativa e la
• struttura generale che, in base ad esse,l’evento comunicativo assume.
Scuola americana ed europea di AD
Seguendo la distinzione proposta da Bazzanella (2005), presenteremo alcuni degli studi condotti nell’ambito
delle scuole americana ed europea di analisi del discorso.
Tra le ricerche della scuola americana à la narrazione di eventi personali
Tra le ricerche della scuola europea à la tripletta scolastica
Scuola americana
Tra le più note ricerche degli studiosi appartenenti alla scuola americana di AD, vanno indubbiamente
ricordate di Labov e Waletzky (1967) e Labov, Fanshel (1977) -> narrazioni orali di esperienze personali
Labov-Waletsky (1967)-> isolarono la sequenza narrativa (riconosciuta anche da Fanschel come tipica anche
delle conversazioni di terapia) :

The study of narrative extends over a broad range of human activities: novels, short stories, poetic and
prose epic, film, folk tale, interviews, oral memoirs, chronicles, histories, comic strips, graphic novels and
other visual media. These forms of communication may draw upon the fundamental human capacity
to transfer experience from one person to another through oral narratives of personal experience.
Cfr. Self-disclosure* http://www.magma.analisiqualitativa.com/1001/article_21.htm
Oral narratives of personal experience have provided one of the most fruitful areas for the study of
discourse because the structure of these speech events is unusually clear and well defined (Labov, 2001)

1. abstract: introduzione della narrazione ricorrendo alla struttura conversazionale della presa del
turno (cfr. Sacks, Schegloff, Jefferson 1974 per il concetto di turn-taking e Sacks 1992 per il concetto
di presequenza narrativa);
2. orientamento: fornire informazioni sul tempo, luogo, persone coinvolte e sui loro comportamenti
iniziali (cfr. Labov 1997);
3. complicazione (o sviluppo narrativo) dell’azione che può seguire la potenziale richiesta
dell’ascoltatore: “Che cosa è accaduto dopo?”;
4. valutazione dell’evento centrale che si esplicita mediante l’impiego di specifici meccanismi di
intensificazione, meccanismi retorici, modali ecc. (come ricorda Bazzanella 2005, p. 194) ma anche
attraverso il ricorso a predicati finzionali (del tipo: “Se fosse venuto a trovarmi avrebbe potuto…”).
Paragonando gli eventi accaduti con quelli che sarebbero potuti accadere, chi narra fornisce
necessariamente una valutazione dei primi;
5. risoluzione dell’evento principale;
6. coda che serve a segnalare la conclusione della narrazione e la possibilità per qualche altro –
terapeuta o ascoltatore di una narrazione di qualsiasi genere – di intervenire (cfr. Labov 1981).
Raccontabilità di un evento
Non tutti gli eventi possono essere condivisi: non tutti gli eventi personali
sono raccontabili; quelli raccontabili spesso non lo sono con tutti e in
qualsiasi contesto.
Before a narrative can be constructed, it must be pre-constructed by a cognitive process that begins with a
decision that a given event is reportable.
Some events are more reportable than others. The concept of reportabilty or tellability is relative to the
situation and the relations of the narrator with the audience, the fact that a person ate a banana for lunch
might be reportable only in the most relaxe family setting. Most narratives are focused on a most reportable
event
Credibilità
For a narrative to be successful, it cannot report only the most reportable event. It must also be credible if
the narrative is not to be rejected as a whole by the listener.
• *Oggi sono stato sulla luna e ho incontrato un pettirosso
• Oggi sono stato a comprare una penna in tabaccheria
la scuola europea
sinclaer e Coulthard (1975) studio avanguardista all’interno di contesti scolastici: sequenza base della
lezione. Tripletta: intervento insegnante (domanda), intervento studente (risposta), intervento insegnante
(commento)
The authors identified in classroom discourses a typical sequence made up of three actions: Initiation,
Response and Feedback (IRF)
IRF structure is characteristic of teacher-led discourse, in which the teacher asks a question or provides
information, the student responds or reacts, and the teacher provides some degree of comment or
evaluation (White 2003)
Triplette frequenti in numerose altre attività discorsive, alcune delle quali sono state oggetto di nostre
ricerche
-Scuse:
P: Perché non mi hai chiamato? richiesta
D: Scusami, ma… “scusa”
P: Non importa: “accettazione scuse”
-Consigli:
• inizio: il confidente (chi parla del problema) può chiedere un consiglio, può sollecitarlo o
semplicemente sfogarsi;
• consiglio: il confidante (chi riceve la confidenza) può fornire un consiglio (mitigato oppure non
mitigato);
• reazione: il confidente può allinearsi, allinearsi parzialmente o disallinearsi rispetto al consiglio del
confidante.
P: Cosa posso fare? -> inizio
D: Fossi in te io farei così… -> consiglio
P: Non so…-> reazione
-Dibattiti politici:
- domanda volta a smascherare l’ignoranza dell’avversario politico;
- risposta dell’avversario politico
- correzione e/o valutazione negativa della risposta
- consultazioni medico-paziente
-domanda del medico
-risposta del/della paziente
-ratifica/chiusura del medico
-interrogatori
P: dove si trovava il giorno x? -> domanda
D: io ero a… -> risposta
P: non è vero, le telecamere… -> smentita
PSICOLOGIA DISCORSIVA
Si occupa di applicare i principi dell’analisi del discorso ad argomenti psicologici (domanda esame). I
massimi esperti sono Edwards, Middleton, Potter, Wetherell e Hepburn.
AD: etichetta usata anche per designare un approccio critico nei confronti dei metodi cognitivisti e
sperimentali di fare psicologia, sviluppatosi nell’ambito della psicologia sociale
Attraverso il discorso costruiscono la loro versione della realtà esterna.
La psicologia discorsiva (Discourse Psychology, DP) applica i principi analitico discorsivi ad argomenti
psicologici
Diversamente dalla psicologia tradizionale, la psicologia discorsiva si focalizza sul modo in cui gli individui
nel parlare costruiscono versioni della realtà esterna e dei propri stati psicologici.

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