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LINGUISTICA

La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano.


La linguistica opera nelle aree di:
• fonologia,
• morfologia,
• sintassi
(che insieme formano quella che tradizionalmente è chiamata grammatica),
• metrica o prosodia (che studia la struttura ritmica e intonativa della lingua),
• semantica,
• lessicologia (che comprende l'etimologia).
I due principali metodi usati dalla linguistica sono:
• linguistica diacronica, detta anche nell'ambito universitario italiano glottologia, che consiste
nell'analizzare i fenomeni linguistici da un punto di vista storico e comparativo;
• linguistica sincronica, che oggi segue generalmente le teorie di Noam Chomsky sulla cosiddetta
grammatica generativa. Essa si basa essenzialmente sulla ricerca di determinate leggi che regolano la
produzione (o la generazione, come si è soliti dire) dei fatti linguistici.

LINGUISTICA DISTINTIVA: La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano: la linguistica


distintiva si occupa di quegli elementi all’interno del linguaggio che comportano una differenza di
significato nella lingua stessa.

IL LINGUAGGIO
E’ una delle principali facoltà che distinguono gli esseri umani dagli altri esseri del mondo animale.
Anche se tale facoltà non è esclusiva della specie umana, è stato infatti dimostrato che anche altri
animali, come ad esempio le api, sono in grado di comunicare tra loro, il linguaggio umano si distingue:
• per la complessità della sua struttura
• è creativo; una delle sue caratteristiche principali consiste nella capacità di formare frasi nuove
e forse mai sentite, non è limitata a un numero fisso di messaggi
• non è trasmesso ereditariamente
E’ un’abilità intrinseca che accomuna gli uomini attraverso la quale possono comunicare i loro messaggi in
un modo naturale e preciso.
E’:
• “naturale”: in quanto si sviluppa negli esseri umani a contatto tra loro senza nessuna istruzione
esplicita. E’ una caratteristica biologica della nostra specie, xke solo gli esseri umani possono
acquisirlo.
• “ una disposizione genetica”, che sparisce ad un certo punto dello sviluppo: in quanto si impara
perfettamente e senza sforzi una lingua nei primi anni di vita e mai in maniera perfetta nell’età
adulta.
Un bambino può infatti imparare una lingua naturale se esposto ad essa nei primi anni di vita, a patto che
egli non riporti deficit specifici (genetici o acquisiti). Il linguaggio specifico a cui si è esposti va imparato
perché le relazioni tra suoni e significati sono assolutamente arbitrari (ogni lingua ha la sua arbitrarietà).
Vi sono 2 concezioni di apprendimento del linguaggio:
- COMPORTAMENTISTA: i bambini imparano a parlare grazie all’esperienza diretta.
- INNATISTA: concezione di Chomsky degli anni 60 che afferma che il linguaggio è una facoltà specifica
ed autonoma.
Tra questi due concezioni si è arrivati al compromesso che la mente umana è fin dalla nascita predisposta
ad apprendere una lingua (non è una tabula rasa ma c’è già una facoltà autonoma), ma può farlo solo se
spronata da elementi esterni (la facoltà può maturare solo col tempo e a contatto con l’esperienza
diretta). Il bambino deve cioè essere circondato da persone parlanti perché se cresce isolato, senza
stimoli linguistici, non impara a parlare.
Il bambino comunque non deve avere deficit specifici: vi sono diverse patologie che causano difficoltà
linguistiche e si distinguono in:
- AFASIE: che vengono causate da malattie o in seguito a traumi cerebrali (patologie acquisite).
- DISFASIE: che riguardano la difficolta di apprendimento e sono congenite.
L’aera del cervello che si occupa degli aspetti del linguaggio è stata riscontrata nell’emisfero sinistro, e
quando questo subisce danni, la competenza linguistica del parlante si modifica o meglio si deteriora.
Una lingua è composta sia dal lessico sia da struttUre precise che ne formano la grammatica e l’essere
umano deve imparare entrambi i componenti del linguaggio. Le strutture grammaticali delle diverse
lingue tuttavia se analizzate in modo astratto sono piuttosto simili tra loro in quanto governate da principi
universali; una lingua può cioè scegliere determinate strutture grammaticali solo tra quelle ammesse
universalmente (non esistono lingue che violino i principi universale). Uno degli obiettivi della linguistica è
trovare questo nucleo in comune; esiste cmq un limite alla diversità delle lingue (TEORIA GENERATIVA).
Una caratteristica importante della competenza grammaticale della madrelingua consiste nel fatto che
non possediamo tale competenza in modo cosciente, la conoscenza grammaticale è quindi una
conoscenza particolare in quanto non siamo consapevoli di come la usiamo (non ne sappiamo i
meccanismi).
La lingua orale e la lingua dei segni sono espressioni naturali in quanto noi le apprendiamo con la crescita
in modo naturale e inconsapevole: la lingua scritta invece è determinata da una convenzione sociale che
va appresa con un’apposita istruzione esplicita di durata variabile. Inoltre essa non accomuna tutti gli
esseri umani come fa la lingua orale (tutte le persone udenti, perché x imparare una lingua una persona
deve essere in grado di sentirla, altrimenti se uno è muto impara in modo analogo il linguaggio dei
segni), ma solo gli adulti istruiti.
Le lingue umane inoltre sono sistemi in costante modificazione, in quanto non esiste una lingua ke non
muti il proprio lessico o la propria grammatica nel corso del tempo attraverso l’uso di se stessa.

LINGUAGGIO E PENSIERO
Il linguaggio per quanto relazionato al pensiero è indipendente da esso e dall’intelligenza di un individuo.
Infatti ci sono casi di persone ke dopo aver subito patologia piuttosto gravi o traumi perdono un’elevata
capacità di linguaggio lasciando però inalterata la loro intelligenza. Oltre o patologie acquisite casi simili si
possono riscontrare anche in persone con affette da patologie congenite, come viene dimostrato da
bambini che presentano ad esempio la spina bifida, una malattia che causa gravi ritardi mentali;
nonostante questo però la loro capacità linguistica è sviluppata nella norma, infatti riescono a raccontare
in modo articolato eventi immaginari, sembrando di intelligenza normale. Altrimenti vi sono casi di
sindrome denominate disturbi specifici del linguaggio (DSL) in cui i bambini hanno un’intelligenza del
tutto normale ma presentano gravi problemi nel linguaggio.
Tutto questo porta ad affermare che non solo l’intelligenza ma anche il pensiero è indipendente dal
linguaggio, e pensare non richiede la formulazione linguistica. Per esempio bambini di età inferiore ai 2
anni, e quindi senza una vera competenza linguistica, possono tranquillamente formare pensieri sensati e
complessi, e questo non sarebbe possibile se ci fosse bisogno di una lingua o di un linguaggio per poter
pensare.
Anche i bambini non udenti non ancora scoperti dalle relative famiglie pensano come chiunque altro;
questo dimostra che i bambini non udenti (come quelli udenti del resto nei primi anni di vita), molto
prima di aver acceso all’input linguistico e a cominciare quindi ad acquisire un linguaggio, pensano, come
è ovvio dal loro comportamento pensato.
Inoltre anche la relazione tra lessico e pensiero dimostra che l’uno non è dipendente dall’altro in quanto
non è necessario avere termini specifici (ovvero parole concrete) per formulare un concetto a livello
mentale; possiamo infatti sfruttare le varie possibilità offerte dalla sintassi per descrivere concetti non
espressi da singole parole. La questione sta nel fatto che una nuova parola all’interno di una lingua non
offre necessariamente un nuovo concetto, ma semplicemente crea un nome con cui descriverlo; per
esempio alcune culture utilizzano parole specifiche per descrivere sentimenti o concetti di astrazione, ma
questo non vuol dire che colui che non utilizza tali parole non comprenda perfettamente il concetto che si
vuole intendere perché esso prescinde dal linguaggio con cui è descritto.

LE BASI BIOLOGICHE DEL LINGUAGGIO


Le basi biologiche del linguaggio sono testimoniate principalmente dal fatto che il meccanismo biologico
del linguaggio ha la proprietà di svilupparsi solo se esposto a stimoli specifici. Questa ipotesi è dimostrata
da 2 esempi documentati riguardanti due bambini cresciuti in isolamento, lontani da stimoli linguistici; il
primo riguarda un ragazzo adolescente (il ragazzo selvaggio di Aveyron) cresciuto in un bosco e allevato
da animali, senza la presenza di esseri umani, mentre il secondo tratta di una ragazza (Genie) cresciuta
in uno stato di cattività e di isolamento che limitava oltre la sua attività mentale anke quella fisica,
rinchiusa nello scantinato di una casa e mai esposta ad alcun tipo di stimolo linguistico.
Entrambi i casi si sono risolti in malo modo in quanto ne Genie ne il ragazzo di Aveyron, sebbene seguiti
da una equipe di medici specializzati nell’insegnamento del linguaggio a bambini muti, non sono riusciti
ad apprendere alcun tipo di sistema grammaticale, ma soltanto alcune parole in modo asistematico.
Questo perché il meccanismo di apprendimento del linguaggio (ovvero il modulo del linguaggio,
responsabile di tutti gli aspetti del linguaggio) subisce cambiamenti durante lo sviluppo (5 anni), cosicchè
l’abilità di acquisire una madrelingua dopo questo periodo critico, diminuisce o scompare completamente.
Un’ altra conferma sull’esistenza del meccanismo biologico proviene da dati su patologie linguistiche di
vario genere. Le afasie come ictus o tumori che colpiscono l’emisfero sinistro del cervello spesso
provocano gravi perdite di diversi aspetti del linguaggio in pazienti in cui l’intelligenza rimane però
intatta.
Questo perché il meccanismo del linguaggio ha una struttura composta da un punto di vista fisiologico;
esistono cioè varie componenti del meccanismo, che sono localizzate in punti diversi del cervello e che
interagiscono a determinare la facoltà linguistica. Inoltre il fatto che la capacità linguistica sia un processo
biologico è stata confermata da un team di ricercatori di Oxford che nel 2001 ha scoperto un gene
direttamente coinvolto nella capacità linguistica, chiamato FOXP2.
GRAMMATICA
NORMATIVA: è l’insieme di regole che si propongono ad una persona per apprendere una lingua o per
migliorarla e adeguarsi alla norma.
LINGUISTICA: è l’insieme di regole, principi e strutture che formano la competenza linguistica del
parlante nativo (gram. Mentale). La grammatica mentale è formata a partire dalla grammatica
universale.

MORFOLOGIA
E’ una componente della grammatica che si occupa dei meccanismi di formazione delle parole.
Cos’è una parola?
Una parola è un atomo per quanto riguarda la sintassi; è cioè l’unità minima che si può inserire in una
frase. Essa inoltre non può essere divisa da regole sintattiche, che sia semplice o complessa (tutte le
parole si comportano cioè come unità indivisibili rispetto alla sintassi.
Le parole possono essere semplici [capo] o complesse [capostazione].
• Semplici: parole come ieri, sempre, ogni sono parole che non si possono ulteriormente
analizzare sul piano morfologico: ogni segmentazione (i-eri, ie-ri, ier-i) non porta ad unità
morfologicamente riconoscibili.
• Complesse: parole invece come capostazione, velocemente, amministrazione possono essere
ulteriormente analizzate (capo+stazione).
Le parole semplici sono date, costituiscono il lessico o dizionario dei parlanti mentre quelle complesse
sono formate tramite regole morfologiche.
Le parole complesse sono le parole derivate, che possono essere prefissate [ex-capo] o suffissate
[capetto] e le parole composte [capostazione]. Sia le parole semplici che le parole complesse possono
essere poi flesse (per genere, numero..).
Da una parola possono derivare altre parole con un significato e, almeno nel caso dei suffissi, una
categoria sintattica diversi da quelli della parola originaria, aggiungendo dei pezzetti che non sono a loro
volta parole ma che hanno un significato: i morfemi ( asociale = morfema negativo a + parola sociale).
Morfema: è la parte più piccola di una lingua, dotata di significato. Un morfema è un segno linguistico ed
è quindi costituito da un significante e un significato. Che cosa definisce l’appartenenza di un morfema ad
una certa lingua? La produttività, cioè l’effettivo utilizzo, oltre alla sola presenza, di quel morfema nella
lingua.
Le parole derivate possono essere formate con morfemi che le precedono, i prefissi (a-sociale) oppure
con morfemi che le seguono, i suffissi (giornal-aio). Le parole possono anche essere formate sia con
prefissi che con suffissi come a-social-ità. In questi casi vi è un ordine in cui si attaccano gli affissi.
Quest’ordine è comprensibile se si considera una convenzione secondo la quale ogni stadio della
derivazione deve corrispondere ad una parola esistente. Alcune parole possono essere formate da un
prefisso e un suffisso che si attaccano contemporaneamente come im-bianca-re, i cosiddetti parasintetici.
I prefissi e i suffissi non si legano a qualsiasi parola ma scelgono la categoria grammaticale cui attaccarsi.
Le categorie maggiori (nomi, verbi,aggettivi) vengono dette classi aperte di parole: non c’è un limite a
quante di queste parole possono esistere in una lingua. La quarta delle categorie grammaticali maggiori è
formata dalle preposizioni che sono classi chiuse di parole, non sono mai il risultato di un processo di
derivazione (non si possono inventare).
La derivazione fatta con affissi che stanno ai margini di una parola (o la precedono o la seguono) è la più
diffusa nelle lingue del mondo. Vi è tuttavia che l’infissazione, il caso in cui un affisso non si inserisce né a
sinistra né a destra di una parola semplice, bensì al suo interno.
Le parole composte sono formate dal meccanismo della composizione: ovvero il processo che determina
la formazione di parole complesse a partire da 2 o più parole, in genere semplici (basso-rilievo). I
composti posso essere nominali o verbali: i più produttivi sono quelli nominali (V+N).
Alcuni composti sono scritti con una sola parola e altri con 2 parole: alcuni sono composti e altri sono
sintagmi. Una delle caratteristiche che distinguono i composti dai sintagmi,è che non si può inserire nulla
all’interno di un composto: tutte le parole sono cioè atomi x quanto riguarda la sintassi. Il sintagma è
unione di 2 o più elementi linguistici in un nesso con propria funzione e significato (far la spesa).
Le semiparole, sono simili alle parole come significato ma non sono parole nel senso che non possono
essere inserite in una frase. Esse sono usate produttivamente per la cosiddetta composizione dotta
(psico=psicologo).
DIFFERENZA FONETICA E FONOLOGIA
Mentre la fonetica si occupa dell’aspetto fisico dei suoni (foni) la fonologia si occupa della funzione
linguistica dei suoni. L’unità di studio della fonetica è dunque il fono mentre quello della fonologia è il
fonema.

FONEMA
Un fonema è un'unità o segmento differenziante, indivisibile e astratta di un sistema linguistico; è la
rappresentazione astratta di un suono. È inoltre una categoria mentale o sonora con funzione distintiva di
significati. Rappresentato con un simbolo dell’alfabeto fonetico (IPA) racchiuso tra 2 sbarre diagonali /v/.
Secondo lo strutturalismo rappresenta l'unità minima di seconda articolazione, la più piccola e senza
significato proprio.

FONO
Manifestazione fisica di un fonema, rappresentato con un simbolo dell’alfabeto fonetico (IPA) tra 2
parentesi quadre [a] .
Un fono considerato come membro di un fonema si chiama allofono.
I parlanti di una lingua specifica percepiscono i fonemi come suoni distintivi della lingua ma non i
foni in generale. Infatti in italiano e spagnolo i foni nasali velari [ŋ] non sono considerati fonemi
della lingua, ma semplicemente varianti combinatorie di /n/ prima di una consonante velare. Ad
esempio, il fono [ŋ] che nella parola panca precede il fono velare [k] è diverso dal fono [n] nella
parola vino, ma entrambi sono allofoni del fonema italiano /n/, cioè vengono riconosciuti in
italiano con lo stesso valore distinitivo: non esistono parole che differiscono solo cambiando [n]
con [ŋ]; quindi le trascrizioni fonetiche sono [‘paŋka] e [‘vino], mentre le trascrizioni fonemiche
sono /’panka/ e /’vino/.

La fonologia è il ramo della linguistica che studia come i suoni linguistici funzionino all'interno d'una
certa lingua, ovvero come si organizzino le unità distinte di suono, i fonemi. Essa fa parte della
grammatica d'una qualsiasi lingua, a differenza della fonetica che è lo studio generale dei suoni linguistici
(o, meglio, dei foni). Essa studia la competenza fonologica che un parlante ha della propria lingua madre,
ossia quel sistema in cui viene stabilita una differenza tra i suoni che distinguono significati e quelli che
non li distinguono.
La fonetica è quella branca della glottologia rivolta allo studio dei suoni linguistici indipendentemente
dalla lingua a cui appartengono. Essa studia le caratteristiche fisiche dei suoni usati nelle lingue naturali.
Si distingue dalla fonologia che ne analizza invece l’aspetto mentale. È compito della fonetica dare forma
fisica alla struttura fonologica. I suoi principali temi di studio riguardano la produzione e la percezione dei
suoni linguistici da parte dell’uomo, e le loro caratteristiche acustiche, viste sia dal lato dell’emittente, il
parlante, che da quello del ricevente, l’ascoltatore (la competenza fonologica è la capacità di produrre e
identificare i suoni per poter decodificare il significato dell’espressione linguistica).

ALLOFONO
Un allofono è una variante fonica di un fonema che in una determinata lingua non ha carattere
distintivo.
In italiano il fono [ŋ] (nasale velare) è allofono del fonema /n/. Per esempio, in panca e valanga il fono
nasale velare [ŋ] è foneticamente differente dalla /n/ di pane ([n], alveolare). In /’panka/ [‘paŋka] e
/va’langa/ [valaŋga] il carattere velare di /n/ è determinato dalla consonante velare che segue ([k] o [g])
si parla dunque di allofono contestuale del fonema /n/. Si può dire [n] e [ŋ] stanno in distribuzione
complementare, cioè in un solo contesto vi può essere uno solo di questi allofoni.

COPPIA MINIMA
Coppie di parole che si differenziano solo per un suono nella stessa posizione (caro, faro).

L’ APPARATO FONATORIO E I MODI DI ARTICOLAZIONE DELLE CONSONANTI


La maggior parte dei foni che produciamo viene prodotta sfruttando l’aria che fuoriesce dai polmoni
durante l’espirazione (flusso d’aria polmonare egressivo, cioè verso l’esterno). L’italiano usa solo questo
tipo di flusso. Il flusso di aria sale dai polmoni alla trachea e all’altezza della laringe (pomo d’Adamo),
dove si trova la glottide, un organo di forma piramidale. La glottide contiene le corde vocali da cui passa
l’aria, le quali possono essere accostate o aperte. Se sono accostate, vibrano con il passaggio dell’aria e
abbiamo suoni sonori, se sono aperte, non vibrano per il passaggio dell’aria e abbiamo suoni sordi. Nel
percorso dalla glottide verso l’esterno l’aria può essere più o meno bloccata: questa è la divisione
fondamentale che si stabilisce tra i suoni linguistici.
Le consonanti sono pronunciate con il flusso dell’aria ostruito in vari modi e misure: esse si distinguono
tra loro in base all’entità della restrizione, che può essere minima, media o totale. Essa determina il modo
e il luogo di articolazione.
A seconda di quali organi siano coinvolti nell’articolazione si hanno i diversi punti di articolazione.
Gli articolatori superiori sono: labbro superiore, denti superiori, alveoli, palato (duro), velo palatino (o
palato molle), parete posteriore della faringe. L’area tra l’ugola e la laringe si chiama faringe.
Gli articolatori inferiori sono: labbra inferiori, lingua: corona (punta e lama della lingua), dorso, radice o
parte posteriore della lingua.
Se i due articolatori si toccano in modo da bloccare completamente, seppur per un istante l’uscita dell’aria
Dalla cavità orale e poi istantaneamente si separano, il suono prodotto, è detto occlusivo (p-b-t-d-k-g),
è un suono momentaneo.
Se nell’articolazione di un suono i due articolatori sono estremamente ravvicinati, ma non si toccano,
lasciando così un piccolissimo passaggio x l’aria, con l’effetto di produrre turbolenza, i suoni vengono
detti fricativi (f-v-s-z- ʃ - ʒ) ; questi suoni sono detti continui, cioè prolungabili.
s: sole, sonora, stanza.
z: casa, sdentato, rosa.
ʃ: scemo, sciagura (sci)
ʒ: garage, abat-jour (j francese).
Se un suono è prodotto col contatto dei 2 articolatori, come nelle occlusive, ma con una separazione
graduale, dopo l’occlusione che permette all’aria di uscire dalla bocca come nelle fricative, i suoni
vengono detti affricati (ts – dz- t ʃ - dʒ).
ts: pazzia, pizza, stazione.
dz: zero, zanzara.
t ʃ : ciao, cieco, cenare (ci)
dʒ: gente, agile (ge, gi).
- I suoni occlusivi, fricativi e affricati, sono detti ostruenti.
I suoni nasali si distinguono da quelli orali perché nei primi il velo è abbassato, così permettendo che il
flusso dell’aria passi attraverso la cavità nasale ed esca dal naso, mentre nei secondi il velo è alzato in
modo tale da bloccare il passaggio dell’aria dal naso. Essi sono sempre sonori e producono vibrazione
delle corde vocali (m- ɱ - n- ɲ- ɳ). Anche le nasali sono occlusive.
m: quando le labbra si toccano e la lingua sta giù (mamma, lemma, mare)
ɱ: quando la lingua ha un contatto con la base dentale e le labbra stanno aperte (anfora, invidia)
n: la lingua tocca il palato e le labbra stanno aperte (naso, lana, danno)
ɲ: gn (ragno, gnomo)
ɳ: quando la lingua sta sospesa in bocca e non tocca niente e le labbra sono aperte (ancora, anguria).
I suoni laterali sono pronunciati con una ostruzione dell’aria nella parte centrale della cavità orale; l’aria
è invece libera di fluire da 1 o ambedue i lati della lingua. (l- ʎ).
ʎ: aglio, scoglio (gli).
I suoni vibranti sono pronunciati facendo vibrare uno degli organi mobili della cavità orale (lingua o
uvula) contro un altro organo in modo tale da creare una leggera ostruzione intermittente del flusso
dell’aria. (unico suono la r che è una polivibrante).
Le laterali e le vibranti formano le liquide.
Vocali, semiconsonanti, liquide e nasali formano la classe delle sonoranti; durante l0articolazione di un
suono sonorante la pressione che viene esercitata nel cavo orale non supera quella esterna.
I suoni approssimanti sono prodotti con l’avvicinamento di un organo articolatore a un altro, senza
tuttavia che la cavità orale sia ristretta in modo tale da produrre turbolenza (hanno una minima
restrizione, minore delle consonanti, maggiore delle vocali) e per questo vengono dette
semiconsonanti.
La palatale j della i e la labiovelare w della u (jeri, womo).

I LUOGHI DI ARTICOLAZIONE
L’ italiano utilizza 7 luoghi di articolazione: non ci sono dunque consonanti interdentali, uvulari, faringali o
glottidali.
Bilabiali: il suono è prodotto tramite l’occlusione, cioè la chiusura delle labbra (p- b- m).
Labiodentali: il suono deve attraversare una fessura che si forma appoggiando gli incisivi superiori al
labbro inferiore (f- v).
Dentali: la parte anteriore della lingua (lamina) tocca la parte interna degli incisivi (t- d).
Alveolari: la lamina della lingua tocca o si avvicina agli alveoli superiori, molti dei suoni sono detti
coronari. (s-z- ts- dz- n- l- r).
Palato-alveolari: la corona della lingua tocca la zona tra gli alveoli e il palato. (anche questo è un suono
coronario xke fatto con la punta) (ʃ- t ʃ- dʒ).
Palatali o anteriori: i suoni prodotti con la lingua che si avvicina al palato; non sono più suoni coronari,
perché fatti col dorso della lingua (ɲ- ʎ- j).
Velari o posteriori: suoni prodotti con la lingua che tocca il velo palatino. (k- g- w- ɳ).
CLASSIFICAZIONE DEI SUONI

Luogo Bilabilali Labio- Dentali Alveolari Palato- Palatal Velari


Modo dentali alveolari i
Occlusive p b t d k g

Nasali m ɱ n ɲ ɳ

Laterali l ʎ

Polivibranti r

Fricative f v s z ʃ ʒ

Affricate ts dz tʃ dʒ

Semiconsonan ʝ w
ti

TRATTI CONSONANTICI

p b t d k g ts dz tʃ dʒ f v s z ʃ m n ɲ l ʎ r w ʝ
Sillabico - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Costituiscono il nucleo di una sillaba;
sono esclusivamente le vocali
Consonantico + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + - -
Sono prodotti con una restrizione maggiore
nella parte centrale dell’apparato vocalico. Sono
esclusivamente le consonanti
Sonorante - - - - - - - - - - - - - - - + + + + + + + +
Per la loro produzione l’aria fuoriesce
dall’apparato vocale piuttosto liberamente.:
vocali, semiconsonanti,liquide,nasali. Le
consonanti sono dette ostruenti.
Sonoro - + - + - + - + - + - + - + - + + + + + + + +
Suoni prodotti con la vibrazione delle corde
vocali. Vocali, semiconsonanti, nasali, liquide.
Continuo - - - - - - - - - - + + + + + - - - + + + + +
Suoni la cui articolazione può essere protratta nel
tempo. vocali,semiconsonanti, liquide,fricative.
Rilascio ritardato - - - - - - + + + + - - - - - - - - - - - - -
Suoni che iniziano con un’articolazione
occlusiva e terminano con
un’articolazione fricativa. Affricate.
Laterale - - - - - - - - - - - - - - - - - - + + - - -
Il flusso d’aria supera l’ostacolo (la lingua) dai
due lati. Sono le laterali.
Arretrato - - - - + + - - - - - - - - - - - - - - - + -
Suoni prodotti con il corpo della lingua arretrato
rispetto alla posizione di riposo. Sono le velari
occlusive e la semiconsonante w.
Anteriore + + + + - - + + - - + + + + - + + - + - + - -
Suoni prodotti con un’ostruzione situata nella
regione alveolare o davanti ad essa.
Coronale - - + + - - + + + + - - + + + - + - + - + - -
Suoni prodotti con la parte anteriore della lingua
(corona) sollevata al di sopra della sua posizione
neutra.
I segmenti possono essere derivati da un insieme di varie proprietà dette tratti. I tratti hanno due
funzioni diverse: una classificatoria e una composizionale. La prima consiste nel definire classi
naturali di suoni: si dice infatti che 2 o + segmenti fanno parte di una classe naturale se la
specificazione della classe richiede un numero di tratti inferiore alla specificazione di uno dei
segmenti. Ogni singolo segmento appartenente a una classe naturale sarà infatti specificato con i
tratti che definiscono la classe + alcuni tratti specifici che servono a distinguerlo da altri segmenti
della stessa classe. La funzione composizionale invece, consiste nello specificare le caratteristiche
che simultaneamente formano un singolo evento articolatorio.
Oltre a questo, si può osservare che i tratti esprimono adeguatamente anche le restrizioni
fonotattiche dei sistemi fonologici. Dato un repertorio segmentale, le restrizioni fonotattiche
stabiliscono quali segmenti possono combinarsi tra loro e quali no, cioè quali sequenze di suoni,
pur non costituendo delle parole, sono sequenze possibili, e quali sono sequenze impossibili.

LE VOCALI
Le vocali invece sono pronunciate in modo tale che l’aria fluisca liberamente all’esterno. Esse non hanno
alcuna restrizione nel passaggio dell’aria né turbolenze né rumore, sono solo vibrazioni sonore, costituite
dalla vibrazione delle corde vocali.
I parametri x classificare le vocali sono:
- l’altezza della lingua (cioè quando si alza o abbassa rispetto alla posizione di riposo)
- l’avanzamento o arretramento della lingua
- l’arrotondamento o meno delle labbra
- la realizzazione di questi movimenti in un modo disteso o rilassato.

Anteriori Centrali Posteriori


Labbra distese Labbra
arrotondate
Alte i u
Medie e o
Medio-basse ɛ ɔ
Basse a

TRATTI VOCALICI

a e ɛ o ɔ i u
Arrotondato - - - + + - +
I suoni pronunciati con le
labbra protese in avanti.
Alto - - - - - + +
I suoni che si producono
alzando il corpo della lingua
dalla posizione di riposo.
Basso + - + - + - -
Suoni che si producono
abbassando il corpo della
lingua dalla posizione di
riposo.
Arretrato + - - + + - +
Suoni prodotti con il corpo
della lingua arretrato rispetto
alla posizione di riposo.

SOPRASEGMENTI: accento (apice verticale usato in fonetica), lunghezza, tono.


PROSODIA: ritmo e intonazione.

FENOMENI FONOLOGICI
La teoria dei tratti, cioè delle caratteristiche “atomiche” dei foni del linguaggio ci permette:
a. di descrivere qualsiasi fono come un fascio di tratti (che sono comuni ad altri foni)
b. di avere delle classi naturali i cui elementi hanno uno o più tratti in comune
E’ importante ricordare che le regole fonologiche riguardano i “tratti” – cioè il livello astratto, fonologico –
e non i “suoni” della lingua, cioè il livello fonetico.

ASSIMILAZIONE:
Uno o più dei tratti che caratterizzano un segmento vengono modificati, per assumere il valore di un altro
segmento, che
può essere immediatamente adiacente o meno.
Questi adattamenti possono essere dovuti alla fisica articolatoria, in quanto gli organi articolatori tendono
ad anticipare
o mantenere una certa posizione, spesso secondo una strategia di minimo sforzo. Ci sono tre tipi di
assimilazione:
a. anticipatoria
b. perseverativa
c. bidirezionale
Inoltre l’assimilazione può essere parziale o totale: parziale nel caso si assimili solo una parte dei tratti,
totale se si
assimila tutto il segmento.
Ci sono casi di assimilazione tra segmenti non adiacenti: alcuni esempi sono dati dai fenomeni di
metafonia e di
armonia vocalica.

DISSIMILAZIONE
Due segmenti che hanno in comune uno o più tratti, vengono resi diversi modificando uno o più valori di
alcuni tratti.
La motivazione di questo tipo di processo è in genere di tipo percettivo, se due segmenti sono dissimili
vengono
percepiti meglio.

CANCELLAZIONE E INSERZIONE
Cancellazione ed inserzione sono spesso determinate dalla tendenza a semplificare la sillaba in maniera
da ottenere la struttura sillabica non marcata: CV. Un nesso non consentito può essere eliminato
cancellando uno dei due segmenti o inserendo un segmento diverso che li separi.
Cancellazione di vocale nel contesto CVVC ; troncamento; cancellazione di consonante.
Inserzione di vocale (epentesi); inserzione di consonante.

COALESCENZA
La coalescenza è la fusione di due segmenti distinti in un segmento unico: anche in questo caso il
“motore” che guida questa tipo di processi è un procedimento di minimo sforzo che semplifica la struttura
sillabica. La coalescenza è interessante perché consente di illustrare fenomeni fonologici complessi, in cui
la forma di partenza e quella di arrivo non sono connesse immediatamente, ma sono collegate da stadi
intermedi che costituiscono ciascuno l’input per l’applicazione di una regola fonologica.

RIDUZIONE E RAFFORZAMENTO
Riduzione e rafforzamento seguono la scala di sonorità/ forza: un elemento è tanto più forte
quanto meno è sonoro. I
due valori di forza e sonorità sono cioè inversamente proporzionali.
Riduzione: degeminazione vocalica e consonantica, coalescenza, alternanza di vocali aperte e chiuse in
dipendenza dalla posizione dell’accento, processi di centralizzazione vocalica (passaggio a schwa), gorgia
toscana come esempio di riduzione consonantica.
Rafforzamento: geminazione, dittongazione, rafforzamento vocalico, rafforzamento fonosintattico.
Fenomeni accentuali e tonali: assegnazione di accenti primari e secondari. Alternanza ritmica. Molti
cambiamenti accentuali avvengono nel processo di derivazione delle parole (vedi lezioni di morfologia)

LA SILLABA
Oltre all'inventario dei fonemi e ai fenomeni cui sono sottoposti, bisogna tenere presente il modo in cui i
segmenti di una lingua si combinano fra di loro. Infatti, gran parte delle differenze tra i sistemi linguistici
del mondo derivano da queste combinazioni. Alcune combinazioni sono possibili in una lingua ma non in
un’altra. L'italiano standard non tollera, ad esempio, all’inizio di parola il nesso [vr] normale per altre
lingue. I parlanti devono avere una tacita conoscenza sul modo in cui si legano insieme i fonemi della loro
lingua.
I fonemi che compongono le parole non sono disposti in maniera casuale, bensì si riuniscono in unità
fonologiche: le sillabe. Diversamente dal fonema, ognuno di noi ha un’intuizione ben precisa su cosa sia
una sillaba: molti giochi verbali dei bambini consistono nell’inserzione sistematica di sillabe nelle parole.
Le sillabe sono formate da una parte centrale, detta nucleo, obbligatoria e di grande udibilità. Il nucleo è
costituito per lo più da una vocale ed è l’elemento minimo, nel senso che una sillaba può essere composta
anche dal solo nucleo. Il nucleo può essere preceduto e seguito da consonanti (tor.ta), che costituiscono i
margini della sillaba (attacco –anche detto incipit o onset - e coda).
Le sillabe si dividono in semplici e complesse.
Le sillabe semplici sono le sillabe CV (costituite da una consonante seguita da vocale), sono le più comuni
e le prime ad essere acquisite dal bambino.
Le sillabe complesse sono le sillabe CCV (consonante-consonante-vocale), che hanno un attacco bi-
consonantico, e le sillabe CVC (consonante-vocale-consonante), chiuse da una coda consonantica. Gli
attacchi complessi, cioè che coinvolgono gruppi di consonanti, sono fonte di difficoltà nelle prime
produzioni linguistiche dei bambini e vengono spesso realizzate con degli errori.
In italiano la struttura della sillaba aperta - CV - non conosce restrizioni combinatorie: qualsiasi
consonante, presa da sola, può infatti combinarsi con una qualsiasi vocale dell'italiano.
Quando l’incipit e la coda occorrono in strutture sillabiche l’ordine con cui si dispongono gli elementi
consonantici nella sillaba non è casuale ma è governato dalla scala di sonorità (6). I foni si collocano
lungo una scala di intensità in funzione del grado di apertura dell’articolazione. Nel punto più alto della
scala ci sono le vocali aperte seguite dalle vocali più chiuse, dalle semivocali, dalle laterali, dalle vibranti,
dalle nasali, dalle fricative, dalle affricate e, all’ultimo posto, dalle occlusive. La sillaba può essere definita
come un’unità fonologica costituita da uno o più foni agglomerati intorno a un picco di intensità. La scala
di sonorità per l'italiano è la seguente.

Gli elementi della sillaba si dispongono pertanto in ordine di sonorità crescente dall'inizio dell'attacco al
nucleo e decrescente dal nucleo alla coda, seguendo il principio di progressione di sonorità.
Qualsiasi tipo di consonante può costituire un attacco sillabico. Invece nel caso in cui ci sono due
consonanti, la seconda, in italiano, può essere solo una liquida (/r/ tre.no e /l/ cla.sse) o una
semiconsonante (/j/ lie.to e /w/ luo.go).
In italiano le vocali alte /i/ e /u/, a differenza delle altre vocali che sono sempre nucleo di sillaba, hanno
la possibilità di comparire sia nel nucleo, che nell'attacco o nella coda. Se si trovano nel nucleo
costituiscono la vocale della sillaba (es. bi. bu. tri. fin. ecc.). In posizione di attacco (es. ie.ri, ecc.),
vengono articolate come semiconsonanti. In posizione di coda (es. poi, cui, ecc.) hanno invece
un'articolazione semivocalica intermedia tra le due precedenti e vengono chiamate semivocali.
La coda può essere occupata, in italiano, solo da liquide e nasali che hanno tutte in comune il tratto
sonorante (/r/ car.ta, /l/ col.to, /n/ con.to, /m/ com.pagno) e semivocali (come per esempio in lau.to e
poi), nonché tutte le consonanti purché si tratti di consonanti geminate (doppie - C1C1V).
Il fonema /s/ ha un comportamento molto particolare. E’ l’unica consonante che può precedere un attacco
costituito da due consonanti (come in strofa). Può violare la scala di sonorità come in scala, spada, stile
dove è l’unica consonante che, in un onset bi-consonantico, può precedere un’occlusiva sorda. Può
trovarsi in coda pur non essendo una sonorante, come in lapsus.
I criteri ortografici dell'italiano prescrivono che parole come bastone, pastrano, astratto debbano essere
sillabate nel modo seguente: ba.sto.ne, pa.stra.no, a.strat.to. Un'interessante proposta di Kaye,
Lowenstamm e Vergnaud (1990) suggerisce invece che /s/ di un nesso consonantico non appartenga
all'attacco della sillaba ma costituisca la coda della sillaba precedente. Dal punto di vista fonologico
quindi, la scansione in sillabe delle parole viste sopra sarebbe la seguente: bas.to.ne, pas.tra.no,
as.trat.to. L'ipotesi varrebbe anche nel caso di /s/ di un nesso iniziale di parola, che non farebbe parte
dell'attacco della parola stessa, ma sarebbe "pronta" a costituire la coda di una qualsiasi parola
precedente. Per esempio, se la parola scarpa è preceduta dall’articolo la i confini sillabici saranno:
las.car.pa. Questo va incontro alla regola della risillabificazione: se una parola è preceduta da un’altra
parola che termina con una vocale, la consonante iniziale di parola si allunga andando ad occupare la
posizione di coda della sillaba precedente. Seguendo la teoria esposta da Kaye, /s/ come segmento
estraneo va a chiudere la sillaba precedente formando un attacco ben formato, senza creare un’altra
posizione, risolvendo, anche, il problema della violazione della scala di sonorità.

LA SILLABA
Finora abbiamo esaminato i segmenti come complessi di proprietà atomiche, combinabili secondo dei
principi generali. Esistono anche delle unità più grandi del fonema, ma più piccole della parola (vedremo
inoltre che il concetto di parola fonologica non coincide con quello morfologico). Tali unità sono dette
sillabe. Teniamo presente che il flusso sonoro che noi percepiamo è continuo, quindi la sillaba,
esattamente come il fonema è un’unità mentale, dal punto di vista fonetico infatti è difficile identificare i
confini di sillaba. Definizione di sillaba; è un’unità fonologica che consiste almeno di un elemento sillabico
detto nucleo La sillaba più frequente, è quella con struttura CV (consonante vocale), ossia di
un’alternanza tra suoni con costrizione di aria e rilascio di aria. Dal punto di vista percettivo è quella più
facilmente udibile (e probabilmente segmentabile). Il materiale che precede il nucleo sillabico si dice
incipit o onset. In italiano l’incipit può essere formato da una o due consonanti: Gli elementi che si
trovano nella sillaba dopo il nucleo sillabico sono detti coda. Quindi la sillaba può constare di tre elementi:
nucleo, onset e coda. Una sillaba che termina con il nucleo sillabico viene detta aperta. Una sillaba che
termina con una coda viene detta chiusa. Principio dell’incipit massimo: quando una consonante ha due
possibilità e può essere coda di una sillaba e onset di un’altra si sceglie sempre la seconda possibilità. La
parola pero avrà quindi la seguente suddivisione: pe.ro e non per.o La seconda regola per la costruzione
di una sillaba è costituita dall’applicazione della scala di sonorità. Data una sillaba C1 C2 V C3 C4, C1
dovrà essere meno sonora di C2 e C3 sarà più sonora di C4. Struttura della sillaba Il nucleo e la coda
formano una subunità detta rima che a sua volta si unisce all’onset per formare la sillaba.
Raddoppiamento sintattico: la consonante iniziale di una parola si raddoppia se la vocale finale della
parola che precede è accentata. NB: eccezione: non accade con /sC/. Le sillabe accentate in italiano
devono essere pesanti, cioè devono contenere una rima che ramifica. La ramificazione può avvenire a
livello del nucleo, e quindi avremo una vocale lunga, che corrisponde cioè a due unità sul piano
temporale. Oppure può ramificare a livello della coda e quindi essere una sillaba chiusa da una
consonante. Da notare che il requisito di pesantezza fornisce una spiegazione per il raddoppiamento
fonosintattico. Quando una parola è tronca, finisce con una vocale accentata. Tale vocale però non può
essere allungata. Viene geminata quindi la consonante che segue e la prima unità consonantica viene
sillabificata con la vocale portatrice dell’accento. Sillabificazione di /s/ seguita da C: la /s/ si sillabifica con
la sillaba che precede, anche se tale sillaba appartiene ad un’altra parola. Perciò viene considerata come
facente parte della coda e non dell’onset.

IL PIEDE METRICO
Il piede metrico è una struttura che domina una o più sillabe. Si tratta di un’unità che contiene almeno
una sillaba. Perché ci serve? Oltre a spiegare i contorni accentuali, è il dominio di applicazione di varie
regole fonologiche. Quindi costituisce un’unità mentale che ci consente di segmentare il flusso sonoro.
All’interno di un piede c’è un’alternanza di sillabe forte e deboli. La sillaba forte in italiano è definita sulla
base dell’accento. In italiano il fatto che una sillaba sia pesante o meno non determina la posizione
dell’accento (es: sottile ma dùttile). Nel piede vi è una e una sola sillaba forte.In italiano la sillaba forte
viene definita sulla base dell’accento. All’interno del piede si possono trovare sillabe deboli (cioè non
accentate nel caso dell’italiano) che possono precedere o seguire la sillaba forte ma molto raramente sia
precedere che seguire. Il piede anfibranco è infatti molto raro.
Parametri di variazione fra le lingue del mondo: la sillaba forte si può trovare, nelle lingue del mondo,
all’inizio o alla fine del piede. In italiano la sillaba forte si trova sempre all’inizio del piede.
I piedi possono essere limitati o illimitati nel numero di sillabe che contengono, se sono limitati arrivano
come massimo a tre sillabe. Il piede forte si può trovare all’estrema destra o all’estrema sinistra della
parola. In italiano il piede forte si trova sempre alla fine della parola. Quindi, se il piede forte è a desta
mentre la sillaba forte è a sinistra, e cioè è la prima sillaba ell’ultimo piede, l’accento in italiano cadrà
sulla terzultima, penultima o ultima sillaba a seconda di come è strutturato l’ultimo piede.
Le lingue perciò si raggruppano in quattro tipi principali per quanto riguarda i fenomeni di accentazione:
lingue con il piede forte a destra e sillaba forte a destra (francese). Lingue con piede forte a destra e
sillaba forte a sinistra (italiano). Lingue con piede forte a sinistra e sillaba forte a sinistra (ceco, polacco).
Lingue con piede forte a sinistra e sillaba forte a destra (winnebago).

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