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LINGUISTICA GENERALE – I DIRI – Prof.

Gloria Cocchi
Acquisizione di L1: è stata studiata da altri linguisti prima di Chomsky perché è un fenomeno che ci
appare misterioso. Se pensiamo allo sforzo e difficoltà abbiamo quando impariamo una seconda lingua, ci
sembra impossibile che un bambino piccolo che non sappia fare nulla dal punto di vista pratico, ad
esempio, però per quanto riguarda la lingua non è così e ce ne rendiamo conto con L2: perché se una
famiglia cambia paese e si trasferisce, i bambini che vanno all’asilo imparano sicuramente la L2 prima e
meglio rispetto ai genitori che pure sono motivati, studiano ecc. Questo vale anche per l’acquisizione di
L1, la lingua materna non si insegna; infatti, quando si va a scuola l’italiano lo sappiamo già parlare, a
scuola si insegna a imparare a descrivere la lingua oppure viene insegnato un registro alto, un italiano
standard letterario mentre a casa parla più un linguaggio colloquiale, a volte anche con alcune flessioni
regionali dialettali. Questa competenza della sua lingua si traduce ad esempio nel saper correggere uno
straniero che fa errori in italiano, anche se non gli sa dare una spiegazione. È in grado di dare giudizi di
grammaticalità, legati alla competenza che per definizione è perfetta del parlante nativo. Questa
competenza è un’acquisizione spontanea che avviene senza sforzo, senza impegno e in tempi rapidi.
Mentre per L2 abbiamo qualcuno che è più bravo rispetto a qualcun’altro, per la lingua materna nessuno è
più bravo e nessuno è negato, raggiungiamo tutti lo stesso livello della competenza perfetta del parlante
nativo.
Noi possiamo acquisire qualsiasi lingua, quando veniamo al mondo siamo predisposti per potere imparare
qualsiasi lingua. Non si impara necessariamente la lingua dei nostri genitori biologici e questo lo vediamo
bene se osserviamo il caso di bambini che vengono adottati da famiglie di lingua diversa in tenera età
quando magari ancora non avevano neanche iniziato l’acquisizione. Dai genitori ereditiamo solo il fatto
che in quanto esseri umani siamo predisposti ad acquisire un linguaggio complesso ed articolato come è
quello della specie umana in ogni sua forma, ma quale sarà la forma non è stabilito a priori. Questo
fenomeno di acquisizione ha sempre interessato i linguisti già dal 900; L’apprendimento linguistico è un
apprendimento biologico, non è un apprendimento intellettuale. (vs matematica). L’apprendimento
biologico è ad esempio imparare a camminare, imparare a nuotare e ha una data di scadenza, ogni
bambino ha un suo ritmo biologico. Il periodo sensibile/critico entro il quale bisogna completare
l’acquisizione del linguaggio è intorno ai 12 anni. Cosa vuol dire? Dopo i 12 anni siamo già adulti dal
punto di vista linguistico quindi impareremo con lo sforzo, con l’impegno, con i libri e con differenze tra
bambino e bambino. Quanto più ci si allontana dal periodo critico tanto meglio si impara in maniera
spontanea e tanto più abbiamo possibilità di arrivare a quella lingua straniera come fosse una lingua
nativa. 12 anni è un periodo vago perché la lingua la studiamo in vari punti di vista: fonologia,
morfologia, sintassi; si dice che lo studio della lingua è modulare in quanto ciascuna di queste componenti
interagisce con le altre ma sono anche autonome e indipendenti. Quindi, anche il periodo sensibile,
ottimale per entrare in contatto con la seconda lingua non è lo stesso per tutte le componenti del
linguaggio.
- La componente che si fissa per prima è la FONOLOGIA (suoni della lingua): periodo critico
è 7 anni.
- Per la SINTASSI è 9 anni il periodo critico.
- Per la MORFOLOGIA è 12 anni (infatti è più facile da imparare, anche da più grandi).

Questo vale anche per la L1. Ci sono stati casi di bambini che per motivi fisiologici (sordi) motivi
ambientali (perché sono stati isolati dalla comunità dei parlanti), si è visto che quando sono stati reinseriti
nella comunità dei parlanti è stato molto difficile imparare anche la L1, questo vale anche per i sordi. I
sordi non avendo accesso all’input per un problema uditivo, bisognerebbe che venissero messi in contatto
possibilmente anche prima dei 7 anni con i parlanti della LIS= lingua italiana dei segni, che sfrutta una
modalità visiva e gestuale.

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TEORIE CHE HANNO STUDIATO L’ACQUISIZIONE DI L1:
Il comportamentismo: i principali esponenti sono Bloomfield e Skinner è iniziato attorno al 1930
e ha avuto il massimo auge all’inizio degli anni ‘50, sono stati quelli che hanno riconosciuto l’importanza
dell’input. Teorizzano che un bambino non apprende necessariamente la lingua dei genitori biologici, ma
apprende la lingua che viene parlata attorno a lui, la lingua che gli fornisce l’input. In assenza di input non
si impara a parlare: questo è il caso dei sordi, prima venivano chiamati “sordomuti” perché in assenza di
input uditivi non imparavano nemmeno a parlare anche se non avevano delle ragioni biologiche per non
riuscire a parlare. Ci sono anche i bambini selvaggi: bambini che per ragioni ambientali non sono stati in
contatto con la comunità dei parlanti. Inoltre, i comportamentisti sostengono che l’apprendimento in
genere avviene secondo un sistema di stimolo-risposta-rinforzo. Esempio: il bambino ha lo stimolo della
fame, la risposta è dire “pappa” e il rinforzo positivo è la mamma che gli porta la pappa e così soddisfa lo
stimolo. Se invece di dire “pappa” sbaglia e dice “palla”, la mamma gli porta la palla e lui non soddisfa lo
stimolo della fame. Quindi nel primo caso abbiamo un rinforzo positivo, nel secondo caso abbiamo un
rinforzo negativo. Secondo i comportamentisti la lingua si impara mediante un accumulo progressivo di
abitudini (habit formation): il bambino capisce che si deve dire “pappa” e non “palla” e alla fine dice
sempre “pappa”.

Il cognitivismo (mentalismo o innatismo): principale esponente è Chomsky, che pur riconoscendo


il lavoro dei comportamentisti nell’aver capito l’importanza dell’input hanno detto che l’input non basta,
non è sufficiente a spiegare come un linguaggio così complesso e articolato possa essere appreso in breve
tempo, non riesce nemmeno a spiegare l’enorme creatività che hanno i bambini (i comportamentisti non
tengono conto della creatività del bambino). Chomsky porta avanti l’argomento della povertà dello
stimolo. Questo stimolo che hanno i bambini e queste parole memorizzate sono povere, non bastano, non
sono sufficienti, lo stimolo ci vuole ma non basta perché è povero in qualità e in quantità.
- Lo stimolo è povero in quantità perché le frasi e le parole che il bambino ha sentito in quei
pochi mesi di vita sono di numero limitato, finito; mentre la creatività del bambino è illimitata,
il bambino può produrre cose che non ha mai sentito.
- Lo stimolo è povero in qualità, perché le persone che parlano attorno al bambino fanno errori,
anche i madrelingua fanno errori di esecuzione, le frasi che vengono parlate e pronunciate
attorno al bambino sono frasi spontanee dei parlanti di tutti i giorni che possono contenere
molti errori, false partenze, lapsus…

Quindi oltre allo stimolo, ci deve essere qualcos’altro. Il bambino fa delle generalizzazioni: il bambino è
in grado di generalizzare senza che nessuno glielo abbia spiegato: se il bambino ha appena conosciuto la
parola “giraffa” il bambino è in grado di dire “giraffe” anche se non l’ha mai sentita oppure se nessuno gli
ha insegnato il femminile singolare e plurale; di questo spesso non ce ne rendiamo conto perché il
bambino ha detto correttamente la parola “giraffe”. Quando però non ci azzecca il bambino fa le
regolarizzazioni ci facciamo caso: uomo – “uomi” oppure “romputo”, “piangio”: sono sicuramente
forme che non hanno sentito, però tutti i bambini le fanno. In inglese potrebbe dire “mouses” o “breaked”.
Nel loro errore comunque seguono una logica, non dicono “rompito” perché i verbi in ERE finiscono in
UTO (bevuto, riflettuto).
Interessanti sono le omissioni che fa il bambino. Ci sono tanti elementi che sicuramente il bambino ha
sentito come articoli, ausiliari, preposizioni, congiunzioni, copule: questi elementi vengono omessi dal
bambino. I bambini parlano con un linguaggio telegrafico.

Dunque, le produzioni dei bambini sono molto diverse dalle produzioni degli adulti, l’input è importante e
necessario perché il bambino senza input non parla però non può essere sufficiente. Al di là del fatto che
l’input è limitato e non è neanche di buona qualità, il bambino da un lato produce forme e frasi che non
può aver sentito tipo le frasi inglesi a soggetto nullo “want milk”, le forme irregolari dei participi, dei
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plurali e dall’altro non produce degli elementi che sente in continuazione. Questo significa che il bambino
rielabora quello che sente. L’input entra e viene rielaborato dal cervello del bambino e dalla sua
creatività. Chomsky negli anni ‘50 dice che nella nostra testa ci sia quello che lui chiama facoltà del
linguaggio come LAD (language acquisition device / dispositivo di acquisizione delle lingue). C’è una
parte del cervello che rielabora l’input e fa sì che il prodotto che esce non sia uguale al prodotto entrato in
partenza. È una specie di scatola nera nel nostro cervello, quello che entra viene rielaborato all’interno
della scatola nera. Negli anni 80-90 quando sono venuti fuori i sistemi di diagnostica come la Tac, RM si
è visto che all’interno del cervello ci sono delle zone specifiche che governano il linguaggio. Se il
cervello viene lesionato in quelle aree specifiche si provocano quelle che vengono chiamate le afasie:
danni provocati al cervello che non permettono al parlante di parlare. Quindi Chomsky non aveva torto a
dire che nel nostro cervello c’è una parte del cervello che rielabora l’input. L’idea è che queste zone del
cervello, questo dispositivo di acquisizione delle lingue contenga la grammatica universale (GU). =
regole che valgono per tutte le lingue.
L’acquisizione è facile perché alla fine non dobbiamo acquisire molto, molte cose sono innate, è rapida
per lo stesso motivo, possiamo imparare qualsiasi lingua al mondo perché le lingue sono tutte simili. Dal
punto di vista di L1 le lingue sono tutte facili. Non ci sono a priori lingue più difficili o più facili. Perché
è così facile imparare una lingua e possiamo impararle tutte, anche due insieme? Le lingue si
assomigliano parecchio, è un punto di vista diverso da quello che adottiamo quando impariamo la L2
perché quando ci approcciamo alla L2 ci saltano agli occhi le differenze, le difficoltà.
Chomsky dice che il bambino impara velocemente e senza sforzo perché non parte da zero, ma parte
avendo delle conoscenze innate, nel cervello ci sono delle regole innate che valgono per tutte le lingue. La
GU contiene due ordini di dati, principi e parametri: infatti questo modello si chiama anche “modello a
principi e parametri”. I parametri non sono così tanti. I principi sono tanti, quindi l’acquisizione del
bambino è facile e può avvenire in termini rapidi proprio perché tante cose sono uguali in tutte le lingue e
da quelle partiamo.

- i PRINCIPI: sono le regole uguali per tutte le lingue che non vanno apprese, ma sono innate.
Tutte le lingue hanno la divisione categoriale: nome, verbo, aggettivo, preposizione. Tutte le
lingue hanno un concetto di tempo, concetto di numero, di singolarità e pluralità, hanno delle
strategie particolari per formulare le domande o strategie di negazione.
- i PARAMETRI: Il parametro più studiato è quello del soggetto nullo. Che ogni frase abbia un
soggetto è un principio della sintassi. Il soggetto è ciò di cui si predica qualcosa, ciò di cui si
parla. Questo soggetto in alcune lingue può rimanere silenzioso e foneticamente inespresso
(vado a scuola). Il bambino inizialmente pronuncerà frasi a soggetto nullo come ad esempio
“want milk” poi gli italiani possono continuare a tenere il soggetto nullo ma ad esempio
l’inglese dovrà resettare il parametro. Le lingue a soggetto NON nullo hanno i pronomi
espletivi (it rains) sono pronomi vuoti perché sono semanticamente vuoti, IT RAINS non è
sostituibile da nessun’altro soggetto, IT è come se fosse un segnaposto, cioè la frase deve avere
un soggetto perché l’inglese è una lingua a soggetto pieno. “IT” in inglese è neutro e lo
utilizzano, l’italiano ha il “PRO”, ci va anche se non apporta nessun contributo. Quando il
bambino inizia a rendersi conto di questi elementi, si rende anche conto che deve resettare i
parametri.
Un altro parametro può essere il posizionamento degli elementi della frase, l’ordine delle
parole/elementi. Soggetto verbo oggetto ci sono in tutte le lingue ma l’ordine non è sempre lo stesso.
- L’italiano e l’inglese sono lingue dette SVO (soggetto-verbo-oggetto) = Gianni mangia la mela
- John eats the apple.
- Giapponese è SOV: Gianni la mela mangia.
- Anche lingue come il tedesco e olandese è SOV (soggetto-oggetto-verbo) ordine che hanno
nelle frasi subordinate e non nelle principali.
- L’ordine VSO (verbo-soggetto-oggetto) è tipico delle lingue celtiche e dell’arabo.

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Dei parametri interessanti son anche quelli dell’aggettivo-nome e nome-aggettivo. L’ordine relativo a
nome e aggettivo non è detto che sia lo stesso in tutte le lingue. Ad esempio, l’inglese è uguale all’italiano
per SVO però per questi altri parametri è diverso: in inglese funziona AN aggettivo-nome = A GREEN
TABLE; in italiano (NA) nome-aggettivo = UN TAVOLO VERDE. Vale anche per il NG in italiano
(nome-genitivo = la casa di Gianni) - in inglese è GN (genitivo-nome = John’s house).
Ultimo parametro è PN (preposizione-nome) in italiano è NP (nome-posposizione) in giapponese. I
parametri si fissano con l’esperienza

LE FASI DELL’ACQUISIZIONE DI L1:


Sono più o meno uguali per tutte le lingue comprese le lingue dei segni. Non ci sono lingue facili o
difficili quando le apprendiamo come L1.
- 0-6 mesi il bambino entra nella fase del BALBETTIO: produzione dei suoni inarticolati. Fanno
anche dei suoni che poi la lingua obiettivo scarta. Questa è una fase prelinguistica: il bambino
non sta comunicando un significato. Anche i sordomuti attraversano questa fase.

- Verso i 7-8 mesi, sempre all'interno delle fasi prelinguistiche, il bambino passa alla
LALLAZIONE, in cui il bambino fa le collane di sillabe, sono tutte sillabe uguali formate da
consonante + vocale e lo fa utilizzando la vocale A che è la più facile e aperta e le consonanti
facili da articolare come le nasali (MA, NA) o le occlusive (PA).

- Tra i 12 e 18 mesi inizia la fase linguistica: FASE DELLA SINGOLA PAROLA detta anche
FASE OLOFRASTICA: il bambino con una sola parola intende un’intera frase, il bambino
ancora non è in grado di assemblare le parole insieme. Inizialmente i suoni che vengono usati
sono gli stessi della fase della lallazione che sono i più facili da produrre poi via via si
specializzano e le sillabe si differenziano. Le sillabe saranno formate da consonante-vocale
uguali: MAMMA- PAPPA- TATA- PAPA'. Dal punto di vista morfologico sono quasi tutti
nomi di persone, oggetti presenti nell’universo del bambino, qualche avverbio come “no” o
“più”, possessivo come “mio”. Ci può essere qualche aggettivo di qualità visibili come i colori,
ad esempio, e anche qualche verbo. Dal punto di vista semantico assistiamo a delle
iperestensioni del significato: siccome il bambino conosce poche parole le adatta a coprire un
ambito semantico più grande di quello che quella stessa parola coprirebbe per gli adulti
(chiamano tutte le donne mamma).

- Tra i 18 e 24 mesi il bambino entra nella FASE DELLE DUE PAROLE o FASE
SINTATTICA, qui assistiamo alla prima forma di sintassi: la sintassi è quella parte della
linguistica che studia la formazione di frasi e perché un enunciato lo possiamo definire frase
deve essere formato da due parole o due sintagmi che stanno in relazione di soggetto e
predicato. Viene chiamata anche FASE TELEGRAFICA perché il bambino fa delle frasi
telegrafiche, vengono utilizzate solo le parole lessicali e no parole funzionali (articoli, ausiliari,
copule, congiunzioni, preposizioni). Il bambino utilizza prevalentemente nomi, verbi, aggettivi
e avverbi che sono le parole lessicali, quelle piene di significato semantico.
Inizia quindi a comporre le sue prime frasi unendo soggetto + predicato (Mamma dorme/ Mamma
bella / pappa buona) oppure pappa più (di pappa non ne voglio più). Non direbbero “la mamma” perché
l’articolo non aggiunge nulla di più a quanto già il bambino comunicherebbe dicendo solo “mamma”.
Seguendo i parametri sintattici utilizza l'ordine corretto delle parole, così come l'accordo tra i generi, che
è anch'esso innato.

Quale forma verbale usa il bambino in una prima fase? Il bambino inizialmente non esprime il tempo, ma
esprime l’aspetto dell’azione. I due aspetti principali sono l’aspetto imperfettivo (un’azione non ancora
terminata, non ancora perfetta): un’azione presente, o un’azione futura e l’aspetto perfettivo che codifica
le azioni finite quindi si sovrappone con i tempi del passato.
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Come forme imperfettive il bambino può usare l’infinito (forma senza flessione, senza tempo e senza
accordo), oppure il presente terza persona singolare. Il bambino in un primo momento categorizza più
l’aspetto che il tempo. Il concetto di tempo ancora il bambino non ce l’ha. A un bambino interessa se
un’azione è in corso o se è già finita. L’aspetto perfettivo si esprime con il participio passato senza
ausiliare l’azione finita; quindi, se il bambino dice “tazza rotta” significa che è nel pavimento in pezzi,
non esprime che è stata rotta prima di quando io dico la frase ma esprime il risultato di un’azione
avvenuta nel passato, quindi è un’azione finita. Al bambino non interessa se l’azione è stata compiuta
prima del momento in cui lui parla, gli importa il risultato: se il bambino dice “porta aperta” vuol dire che
qualcuno prima ha aperto la porta nel passato però quello che gli interessa è che nel presente vede il
risultato.
Al participio passato vengono usati i verbi risultativi sono verbi che mostrano nel presente il risultato di
un’azione avvenuta nel passato: tazza rotta, la bambina nel presente vede la tazza che è rotta. La bambina
dice “mamma dorme” (ora) però “mamma dormita” non lo dirà mai perché dormire non è un verbo
risultativo tutt’al più dirà “mamma sveglia”. I verbi usati all’aspetto imperfettivo (eterno presente) sono di
più perché i bambini non grammaticalizzano subito il tempo. I parametri di ordine sono subito attivati
quindi non direbbero “rotta tazza”, e anche gli accordi che per chi impara italiano L2 risultano difficili,
ma i bambini L1 li fanno subito bene, non mostrano errori negli accordi.
Perché il bambino usa la terza persona singolare?
- Spesso coincide con l’imperativo e questa è una forma che il bambino sente molto spesso
perché i genitori si rivolgono a lui con questa forma.
- La terza singolare viene considerata la forma di default, ovvero la forma meno marcata, meno
specializzata. Infatti, i verbi impersonali, senza persona sono alla terza singolare: piove, nevica,
grandina, sembra.
- I bambini non usano i pronomi perché sono parole funzionali e classi chiuse chiamano tutti per
nome, non usa i pronomi. I pronomi sono parole funzionali e una classe chiusa, (infatti io non
posso creare un pronome nuovo on la derivazione o la composizione e non posso prenderlo in
prestito da un’altra lingua e adattarlo alla mia lingua), quindi vengono apprese tardi. Non a
caso anche i bambini inglesi o tedeschi in un primo momento fanno frasi a soggetto nullo. I
bambini non dicono mai 'io' ma tendono a chiamare sé stessi con dei nomignoli, o per nome;
quindi, se lui si dà il nome “Mimmo” dirà “Mimmo mangia”, non danno del 'tu' alle persone,
ma le chiamano per nome, non dice “tu mangi” ma “mamma mangia”, ad esempio. Quindi
chiamando tutti per nome, è coerente che il nome vada in terza singolare.

Anche i nomi inizialmente sono singolari.

L’idea è che i parametri non siano tantissimi e che quindi più proprietà si possano ricollegare allo
stesso parametro. Una delle proprietà che si ricollega al parametro del soggetto nullo è la libera
inversione del soggetto: non è un parametro indipendente perché è collegato al parametro del soggetto
nullo: posso dire “è arrivato il treno”, è una frase grammaticale. Oppure in alcuni contesti posso prendere
il soggetto di una transitiva e mandarlo in fondo e dire “ha scritto la lettera Gianni”: è una frase
grammaticale dell’italiano = in inglese è impossibile perché è una lingua a soggetto non nullo quindi non
posso dire *has arrived the train oppure *has written the letter John, *= frase agrammaticale. Queste frasi
rimarrebbero agrammaticale anche se io mettessi “it” nella posizione di soggetto. *it has arrived the train.
Quindi non è solo una questione di riempire la posizione di soggetto con qualcosa di foneticamente pieno.

Parole lessicali vs Parole funzionali


I bambini nelle loro prime fasi tralasciano le parole funzionali e hanno un linguaggio di tipo
telegrafico per una questione di economia di sforzo. Le parole lessicali sono nomi, verbi, aggettivi e
avverbi. Le parole funzionali sono articoli, ausiliari, congiunzioni, preposizioni e pronomi. Le prime sono
classi aperte, le seconde sono classi chiuse. Classi aperte: io non so quanti nomi, verbi, aggettivi o avverbi
abbia l’italiano perché si formano continuamente parole nuove. Posso inventarmi un neologismo, questo
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si può fare con termini autoctoni italiani utilizzando la derivazione o la composizione oppure si può
prendere in prestito parole inglesi (formattare). Lo stesso vale per i verbi, aggettivi e avverbi, ne possiamo
creare nuovi prendendoli in prestito, adottandoli. Le parole funzionali non sono così, non posso creare o
prendere in prestito articoli, una congiunzione, ausiliari ecc; quindi, sono classi chiuse e le posso contare:
gli articoli sono il, lo, la, i, gli, le, un, uno, una, e le forme apostrofate. Le parole lessicali hanno un
significato semantico: corrispondono ad un oggetto, concetto, azione. Le parole funzionali hanno un
significato grammaticale: non è un significato semantico, l’articolo per esempio ci dà informazioni di
definitezza e di specificità, l’ausiliare ci dà informazione di tempo e accordo (l’ausiliare è
semanticamente vuoto, non da nessun contributo dal punto di vista semantico, da un contributo di tipo
grammaticale), la congiunzione ci dà informazione sul tipo di frase e modalità della frase. La
preposizione è un elemento che da informazioni su relazioni di spazio, di tempo.

SINTASSI:
Studia la formazione delle frasi, la combinazione delle parole nelle frasi. Come per la fonologia l’unità di
base è il fonema, per la morfologia è il morfema, per la sintassi è il sintagma, detto anche costituente
formato da una o più parole che svolge un certo ruolo sintattico (soggetto, predicato, oggetto diretto
oppure altri elementi che chiamiamo aggiunti) e che ha una certa autonomia all’interno della frase in
quanto può essere pronunciato da solo in isolamento, come risposta ad una domanda, può essere spostato
tutto insieme e coordinato.
“Gianni incontrò suo padre per la strada.” = frase formata da 4 sintagmi, ha 4 elementi che
svolgono un ruolo sintattico preciso. Ogni sintagma ha una testa che è la parte principale del sintagma, la
parola più importante del sintagma, quello che lo caratterizza, che determina la sua categoria e la sua
distribuzione (la distribuzione è il posto che il sintagma occupa all’interno della frase). A seconda della
testa si capisce anche la posizione che il sintagma occuperà nella frase in relazione con le altre parti. Ad
esempio, “Gianni” e “il bel ragazzo dagli occhi blu” (come testa ragazzo) occupano la stessa posizione,
quindi hanno la stessa distribuzione.
Gianni = sintagma nominale NP ed è soggetto di frase
incontrò = verbo transitivo.
suo padre = sintagma nominale NP che funge da oggetto diretto della frase. “Padre” è la testa e “suo” è il
determinante.
per la strada = sintagma preposizionale PP. “Per” è la testa perché fa sì che io interpreti quell’elemento
come locativo. “Per la strada” è un locativo. Chi lo rende locativo? La preposizione. Chi determina che
quello deve stare in quel punto e non può essere ad esempio un soggetto di frase? La preposizione, perché
altrimenti prendendo “la strada” da sola potrebbe essere un soggetto di frase  “La strada va dalla piazza
al mercato”.

TEST DI COSTITUENZA:
Per capire quante e quali parole costituiscono un sintagma si applicano i test di costituenza.
- TEST DELLO SPOSTAMENTO Questi sintagmi hanno un ruolo sintattico preciso: soggetto-
oggetto-locativo e hanno un certo grado di autonomia perché posso ad esempio spostarli per
dargli più attenzione tutto insieme: “Suo padre Gianni incontrò per la strada” oppure “Per la
strada Gianni incontrò suo padre”.
- TEST DELL’ISOLAMENTO: “Chi incontrò Gianni per la strada? Suo padre”: non posso dire
“padre” devo dire tutto il sintagma. “Dove incontrò suo padre Gianni? Per la strada”: non posso
dire “la strada” o “per”.
- TEST DELLA COORDINAZIONE: posso coordinare solo due sintagmi e devono essere ello
stesso tipo, infatti, posso dire “Gianni incontrò suo padre e sua madre” (ho coordinato due
sintagmi nominali) ma non posso dire “Gianni incontrò suo padre e madre” perché “madre” è un
nome e “suo padre” è un sintagma nominale = non posso coordinare un sintagma nominale e un
nome, devo coordinare due sintagmi:

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- TEST DELLA DOMANDA: Un sintagma è ciò che può essere pronunciato in isolamento come
risposta ad una domanda. “Dove incontrò Gianni suo padre?”  “per la strada” (devo
rispondere tutto insieme). “Cosa fece Gianni?” non posso rispondere a questa domanda
solamente con “incontrò”, come minimo devo dire “incontrò suo padre”. Il sintagma verbale che
funge da predicato e ha per testa “incontrò” non contiene solo il verbo ma contiene tutto ciò che
segue.
In questo caso il predicato è internamente complesso ma potrebbe esserlo anche il soggetto perché
invece di “Gianni” potevo dire “il fratello di Maria” oppure “il bel ragazzo dagli occhi blu che ho
conosciuto ieri incontrò suo padre per la strada”. Sia il soggetto che il predicato possono essere
internamente complessi o no e possono contenere ben più della testa e avere molti modificatori
obbligatori o no. Per prima cosa io separo ciò che appartiene al soggetto con ciò che appartiene al
predicato. Questo non ci stupisce perché il bambino innanzitutto mette insieme due costituenti: soggetto-
predicato  sono i due costituenti fondamentali della frase. Poi quando siamo adulti siamo oltre la fase
delle due parole e quindi sia il soggetto che il predicato possono essere internamente complessi.

Questi sono i test di costituenza che mi servono per capire quali o quante parole formano il sintagma
quindi per esempio che “per la strada” sta tutto insieme perché se lo pronuncio da solo come risposta a
una domanda o se lo sposto o se lo coordino deve stare tutto insieme.

N.B. “suo padre” è obbligatorio e “per la strada” no: ma questo non solo nella domanda dei test di
costituenza ma anche nella frase di base perché io potevo dire “Gianni incontrò suo padre” ed era una
frase ottima e ben formata dell’italiano. “per la strada” è qualcosa in più e non va bene dire “Gianni
incontrò per la strada”. “suo padre” è quindi obbligatorio, il locativo no. In alcuni sintagmi c’è solo la
testa (Gianni), nella maggioranza dei sintagmi ci sono anche dei modificatori. Ogni sintagma è formato da
una testa (c’è sempre), che è la parola principale, quella che determina la sua distribuzione e categoria +
dei modificatori (non ci sono sempre) = “Gianni” sintagma che sta da solo, non ha bisogno di
modificatori, c’è solo la testa. “suo padre” invece ha bisogno del modificatore perché non posso dire
“Gianni incontrò padre”. Anche “per la strada”: non posso dire “Gianni incontrò suo padre per”. Quindi
in ogni tipo di sintagma che siano verbali, nominali ecc. la testa c’è sempre, i modificatori dipendono
dalla proprietà della testa, infatti, Chomsky enunciò il PRINCIPIO DI PROIEZIONE: ogni parola, ogni
testa proietta le sue proprietà semantiche sulla sintassi. “Incontrare” sappiamo che è un verbo transitivo,
quindi, ha bisogno di due elementi: soggetto + oggetto. Un verbo come “piove” non ha bisogno di nulla.
Un verbo come “dorme” ha bisogno di un elemento. Un verbo come “incontra” ha bisogno di due. Quindi
a seconda del tipo di testa potrà volere o non volere i modificatori.
I modificatori (quelli che formano i sintagmi insieme alla testa) sono di due tipi: ARGOMENTI e
AGGIUNTI. Gli ARGOMENTI sono obbligatori, gli AGGIUNTI sono opzionali, facoltativi. “per la
strada” fa parte del sintagma verbale ma è un aggiunto perché se lo elimino la frase rimane grammaticale.
“suo padre” è un argomento. Da un punto di vista semantico per l’informazione che apporta l’aggiunto può
essere importante perché aggiunge un’informazione, ma dal punto di vista sintattico la frase sta in piedi ed
è grammaticale anche se tolgo l’aggiunto. Se elimino l’argomento la frase crolla.
Il numero degli aggiunti è libero, posso non averne o averne più di uno fino a che ci sono dei limiti
pragmatici: “Gianni incontrò suo padre per la strada alle 5” oppure “Gianni incontrò suo padre per la strada
alle 5 con Mario”. Gli argomenti non sono liberi, dipendono dalle proprietà semantiche della testa, il
numero degli argomenti è determinato dalla struttura argomentale. La struttura argomentale determina il
numero massimo di argomenti che una testa può prendere per saturare quella che viene chiamata “valenza”.
Ad esempio, la struttura argomentale di un verbo è quella che determina quanti argomenti al massimo che
un verbo prende. = può essere chiamata anche valenza o transitività.

I verbi si dividono in grandi gruppi:


 Verbi che selezionano 0 argomenti: i verbi impersonali o zerovalenti: piove.

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 Verbi che selezionano 1 argomento - i verbi intransitivi o monovalenti/monoargomentali:
“Gianni dorme” / “Gianni cammina”. Frase che sta in piedi da sola. “Il bambino è nato”.
 Verbi che selezionano 2 argomenti: i verbi transitivi o bivalenti/biargomentali: “Gianni incontrò
suo padre”, “Gianni ama Maria” (è obbligatorio mettere due argomenti). Mangiare e bere sono
transitivi anche se possono essere usati con un argomento solo. “Gianni mangia la mela”, ma se io
dico “Gianni mangia” o “Gianni beve” sono frasi grammaticali. Sono transitivi anche se possono
essere usati senza oggetto.
 Verbi che selezionano 3 argomenti: i verbi ditransitivi/trivalenti (caso particolare dei transitivi):
dare, regalare  “Gianni dà un libro a Maria.” / “Maria ha messo il libro sul tavolo.”
Questo concetto di transitività o struttura argomentale non è esclusivo dei verbi.
Struttura argomentale dei nomi:
1- nomi transitivi:
I romani distrussero Cartagine = verbo transitivo
La distruzione di Cartagine = il rapporto semantico che c’è tra “distruzione” e “Cartagine” e
“distrussero” e “Cartagine” è esattamente lo stesso. Cartagine è il paziente di “distrussero” e di
“distruzione” e cambia nella sua essenza. Infatti, io posso dire “ho studiato la distruzione di Cartagine”,
ma non ha molto senso dire “ho studiato la distruzione”.

Molti dei nomi transitivi sono nomi deverbali, che derivano da verbi transitivi: “Ho assistito alla cattura del
ladro”. Anche “libro” lo posso considerare un nome transitivo. Se io dico “il libro di storia” la storia è
l’oggetto del libro, oppure “un film d’azione”, l’azione è l’oggetto del film. “conoscenza” o “analisi” sono
nomi transitivi. Professore di inglese: professore è un nome transitivo.

2- nomi intransitivi: tavolo, sedia, uomo, borsa  non hanno un paziente. La maggior parte dei
nomi sono intransitivi.

Struttura argomentale degli aggettivi:


Aggettivi transitivi: Gianni è invidioso di Piero/Gianni invidia Piero = il rapporto semantico che c’è tra
“invidia” e “Piero” è lo stesso che c’è tra “invidioso” e “Piero”. Il sentimento dell’invidia parte da Gianni e
arriva a Piero sia se io lo esprimo con il verbo sia che io lo esprima con l’aggettivo. “invidioso” deriva da
invidiare, quindi è un aggettivo deverbale che deriva da un verbo transitivo.
“Gianni è geloso di Piero”: si comporta come invidioso anche se non deriva da un verbo.
“Gianni è cosciente”: prende un significato diverso se lo uso transitivamente o intransitivamente.
Cosciente nel senso di “consapevole”  “Gianni è cosciente dei suoi problemi” > TRANSITIVO.
“Dopo l’incidente Gianni è cosciente” non è svenuto. > INTRANSITIVO.
Aggettivi intransitivi: bello, simpatico, intelligente, italiano, verde.

Struttura argomentale delle preposizioni:


Quasi tutte le preposizioni sono transitive.
“per la strada”: non posso usare la preposizione da sola, devo accompagnarla a un argomento (elemento
obbligatorio). Sul tavolo (su + il tavolo). In casa.
NEGLI ALBERI “SUL TAVOLO” NON METTERLO TUTTO INSIEME > SU – IL TAVOLO.
Gli esempi di preposizioni intransitive si vedono meglio in inglese: “the light is on/off.” Non c’è l’oggetto
di “on”, è “on” e basta. “The movie is over.”. Ci sono alcuni esempi anche in italiano: “Ho tirato su un
muro” (il muro non è l’oggetto di “su”) “Metto su la pasta” “Vado su” / “Vado giù”.

Nomi e aggettivi tendono ad essere nella maggioranza intransitivi però soprattutto nei nomi ce ne sono
anche di transitivi. Le preposizioni invece tendono ad essere quasi tutte transitive. Dunque, il concetto di
transitività e struttura argomentale non è esclusivo dei verbi, tutte le categorie hanno tutte la stessa

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struttura. Ogni categoria proietta un sintagma. Anche per nomi e aggettivi possiamo avere gli aggiunti: “La
terribile distruzione di Cartagine”, “Gianni è molto invidioso di Piero.”

Il bambino deve imparare velocemente e senza sforzo quindi il presupposto è che ci sia nella nostra testa la
GU (grammatica universale) che facilita questa acquisizione rapida e facile perché molte cose sono già
scritte. L’idea è che ci siano meno regole possibili, che quello che si deve imparare sia poco, che le lingue
si assomiglino tutte e che anche all’interno della stessa lingua i costrutti si assomiglino tutti. Quando si è
parlato di transitivi/intransitivi non sono caratteristiche esclusive dei verbi, ma che tutte le categorie
principali che ogni ha: nomi, verbi, aggettivi hanno tutte la stessa struttura. Ogni categoria proietta un
sintagma (sintagma nominale, verbale, preposizionale, aggettivale) e ogni sintagma è formato dalla testa
più dei modificatori che possono essere obbligatori (argomenti) e facoltativi (aggiunti).
Questo è un passo avanti verso l’avere una teoria che sia il più comprensibile possibile e più semplice.
Anche il discorso della ramificazione binaria: se i verbi, nomi, aggettivi, preposizioni hanno la stessa
struttura sarà più facile per il bambino andare avanti.

STRUTTURA TEMATICA:
Le teste oltre ad avere una struttura argomentale hanno anche una struttura tematica. Determina il tipo di
argomenti e i ruoli semantici degli argomenti. Per esempio, la struttura argomentale mi dice che un verbo
come “mangiare” è transitivo, la struttura tematica mi dice che questi due argomenti che il verbo transitivo
richiede sono dei sintagmi nominali e si devono configurare come uno che ha il ruolo di agente e uno che
ha ruolo di paziente. “Gianni mangia la mela” = Gianni è l’agente e la mela si configura come paziente.
Determina la categoria: per esempio un verbo come “dare” ha tre argomenti di cui due sono dei sintagmi
nominali e uno è un sintagma preposizionale. Alcuni verbi possono richiedere degli argomenti frasali come
“dire”: “Maria ha detto la verità” = due sintagmi nominali oppure “Maria ha detto che Gianni è bello” = un
argomento è nominale “Maria” e “che Gianni è bello” è frasale. La struttura tematica determina la categoria
degli argomenti e il ruolo semantico che intrattengono nei confronti della testa. Quali sono i ruoli semantici
principali?

RUOLI TEMATICI PRINCIPALI: il ruolo tematico è il rapporto semantico che c’è tra la testa e gli
argomenti. “Gianni ha rotto un vetro”: il verbo rompere è un verbo transitivo che vuole due argomenti
nominali “Gianni” e “il vetro”, però la struttura tematica determina anche il tipo di argomenti, che ruolo
devono avere questi argomenti, per esempio il verbo rompere ha bisogno di un argomento che rivesta il
ruolo di agente che non è soggetto (a volte lo è), soggetto è ciò di cui si parla, ciò di cui si predica
qualcosa, l’agente deriva da agire, agente è colui che volontariamente da inizio all’azione. Il paziente è
quello che subisce l’azione e cambia nella sua essenza quindi se io dico “Gianni uccise Piero” = Gianni è
agente perché volontariamente ha dato inizio all’azione, Piero è paziente perché subisce l’azione ed è
cambiato nella sua essenza, prima era vivo e ora è morto. Non basta dire che un verbo come rompere ha
bisogno di due argomenti che siano entrambi nominali, ma uno deve rivestire il ruolo di agente, per essere
agente deve essere animato quindi ad esempio non potrò dire “Il libro ha rotto il vetro” e uno di paziente.

Per un verbo come “vedere” o “amare” i ruoli tematici non sono gli stessi  “Gianni vide Piero” oppure
“Gianni ama Maria” = Gianni può non aver voluto vedere Piero volontariamente, o amare Maria
volontariamente: in questo caso Gianni non è agente ma esperiente perché è quello che sperimenta una
sensazione (esperiente è collegato a verbi di sentimento o di percezione). Il fatto di essere visto Piero non
cambia nella sua essenza; quindi, non lo chiamiamo paziente ma tema (punto di arrivo dell’azione senza
essere modificata nella sua essenza).

Un altro ruolo lo identifichiamo con il ruolo di causa che abbiamo quando l’azione viene iniziata da degli
oggetti inanimati = “Il vento ha chiuso la porta” = Il vento da inizio all’azione ma non è dotato di una
volontà propria, perciò, è causa non agente. La porta continua ad essere il paziente. “L’acqua ha eroso la

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pietra” / “Il terremoto ha distrutto la città”: il terremoto è la causa, la città è stata distrutta quindi in questo
caso è paziente.

Ci sono altri ruoli tematici come il beneficiario/ricevente che è il secondo oggetto dei verbi ditransitivi,
quindi il punto di arrivo dell’azione: “Gianni dà il libro a Maria”  A Maria si qualifica come beneficiario.
Anche gli aggiunti hanno un ruolo tematico perché hanno un rapporto semantico con la testa, ad
esempio, il locativo: “Gianni incontrò suo padre per la strada”.

ORIGINE PUNTO DI ARRIVO


Agente Paziente
Esperiente Tema
Causa

Quelli che danno origine all’azione quindi agente, esperiente e causa sono ARGOMENTI ESTERNI.
Quelli che sono il punto di arrivo dell’azione quindi paziente e tema sono ARGOMENTI INTERNI.
Nei verbi transitivi gli argomenti saranno uno interno e uno esterno. Nei verbi intransitivi (quando ho un
argomento solo) ho due ruoli ha disposizione e un argomento: NON necessariamente questo argomento da
origine all’azione, può anche subirla l’azione: passivi; quindi, NON COMMETTERE L’ERRORE DI
DIRE CHE L’UNICO ARGOMENTO È PER FORZA ESTERNO. L’unico argomento finirà per essere
soggetto di frase anche perché ogni frase deve avere un soggetto: questo è quello che Chomsky chiama
principio di proiezione esteso (EPP) che dice che ogni frase deve avere un soggetto. Se la frase ha un solo
argomento non è detto che questo unico argomento si qualifichi come agente esperiente o causa ma può
qualificarsi come paziente e tema  si vede nei verbi passivi “Piero è stato picchiato”. Piero è il soggetto
però è il paziente. E lo stesso vale per “Gianni è morto.” Se io prendo “Gianni ha cenato” è pur sempre un
verbo intransitivo però Gianni qui è l’agente. Quando ho un argomento solo è soggetto ma soggetto non
coincide con agente né con argomento esterno, il soggetto può essere anche l’argomento interno. NON
SEMPRE SOGGETTO E AGENTE COINCIDONO!!! Il soggetto è ciò di cui si predica qualcosa, è ciò di
cui parlo. L’agente è colui che fa l’azione.

Richard Kayne (1983) ha elaborato la TEORIA DELLA RAMIFICAZIONE BINARIA, Binary


Branching Theory = quando noi facciamo gli alberi sintattici sono tutti rami binari, quando metto insieme i
costituenti per formare la frase li metto insieme due alla volta. Questa teoria è molto più restrittiva, hai
molte meno possibilità di sbagliare. LA STRUTTURA DEL SINTAGMA È ASIMMETRICA (i due
elementi non sono sullo stesso piano). Da cosa lo vediamo?
1) MOTIVO TEORICO: tutta questa teoria è nata per spiegare com’è che un bambino riesca ad
acquisire la sua lingua materna in breve tempo e senza sforzo. Quando il bambino inizia a
mettere insieme le parole inizia con due parole alla volta. Se il bambino ha solo dei percorsi
prestabiliti sbaglia meno. Siccome l’acquisizione di L1 è rapida, veloce e facile, l’idea è che il
bambino non abbia tante scelte da fare, sa che può mettere insieme SOLO due elementi alla volta
sbaglia di meno. Questa teoria è nata per un’esigenza di semplicità: noi sappiamo che
l’acquisizione è facile e rapida e per rendere conto di questa facilità e rapidità l’idea è che il
percorso sia già prestabilito, quello di mettere insieme due elementi alla volta. Questo è relativo
solo alla teoria, quindi abbiamo bisogno di dati empirici per suffragare questa teoria.
2) MOTIVO EMPIRICO: è evidente che il verbo, anche se è transitivo e ha due elementi
obbligatori, non ha lo stesso legame con tutti e due gli elementi che seleziono > il verbo è
strettamente legato a uno di essi, ed è l’argomento interno. I dati empirici ci vengono
dall’acquisizione di L1, in particolare l’acquisizione di L1 in una lingua come l’inglese, in cui
l’espressione di tutti e due gli argomenti di un verbo è obbligatoria. Kayne ha visto che i bambini
quando acquisiscono L1 se sono alle prese con verbi transitivi (biargomentale) scelgono la
combinazione verbo – oggetto e non soggetto-verbo. Noi abbiamo tre elementi SVO.
Supponiamo che il bambino è nella fase delle due parole se la struttura fosse piatta, se tirasse a
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caso dovrebbe dire una volta soggetto-verbo (baby want) e una volta verbo-oggetto (want milk).
Kayne nota che il bambino forma frasi come “want milk” anziché “baby want”, quindi fa frasi a
soggetto nullo. Il primo rapporto che Chomsky chiama Merge (assemblaggio) che il bambino fa
è verbo con il suo argomento interno.
I dati di acquisizione di lingue a soggetto non nullo il bambino sceglie verbo-oggetto. Poi più
avanti a questo costituente già formato aggiungerà con una seconda operazione di Merge
l’argomento esterno.
I secondi dati sono quelli delle frasi idiomatiche, quelle che si ottengono quando si confronta
“Gianni ha tirato un sasso” con “Gianni ha tirato le cuoia”. 1 frase: Gianni si qualifica come
agente, il sasso è paziente. L’idea è che il verbo non assegni i ruoli tematici in maniera
simmetrica, ma assegni prima il ruolo tematico al suo argomento interno e poi tutto insieme
verbo + argomento interno lo assegnano al soggetto e lo si vede nella frase “Gianni ha tirato le
cuoia”: Gianni non lo considero più agente ma lo considero paziente = “John kicked the bucket”.
Quindi non è il verbo che attribuisce simultaneamente i ruoli tematici a tutti e due i suoi
argomenti, il verbo prima seleziona uno dei due argomenti (interno) e gli attribuisce il ruolo
tematico, dopo di che è l’insieme verbo + argomento interno che assegna il ruolo tematico
all’argomento esterno. Quindi il soggetto di frase si qualifica una volta come agente e una volta
come paziente a seconda di quale oggetto è stato scelto. “tirare” nel suo senso proprio vuole un
soggetto agente però io posso dire “Il mio computer ha tirato le cuoia” ma “Il mio computer ha
tirato un sasso” non lo posso dire. La scelta dell’oggetto che determina il ruolo tematico al
soggetto. Le frasi idiomatiche ci fanno capire che una selezione particolare di argomenti interni
fa si che il ruolo tematico del soggetto di frase cambi.

PER RIASSUMERE: i dati dell’acquisizione ci fanno vedere che il bambino per un primo momento
sceglie l’argomento interno e quello esterno lo metterà quando sarà in grado di mettere insieme tre parole. I
dati delle frasi idiomatiche ci fanno vedere che il verbo prima sceglie il suo oggetto e sulla base della scelta
che ha fatto potrà assegnare un ruolo tematico diverso all’altro elemento che poi finirà per essere soggetto,
quello che abbiamo chiamato “argomento esterno” che infatti è esterno a questa prima operazione di
assemblaggio, quella che Chomsky nel ‘95: chiamerà operazione di Merge ovvero un elemento che si
unisce all’altro. Anche Chomsky basandosi sull’idea di Kayne ha detto che Merge è un’operazione binaria,
quindi vediamo che il bambino mette insieme due elementi alla volta.

Perché questa struttura non va bene? Perché va contro la teoria della ramificazione binaria, inoltre non ci fa
vedere che l’elemento dell’aggiunto è MENO IMPORTANTE del sintagma nominale oggetto (NP). Se io li
metto sullo stesso piano (parte del VP) non capisco che uno è fondamentale e l’altro è facoltativo. Non mi
fa capire che il verbo e l’argomento interno sono obbligatori e il sintagma preposizionale aggiunto è
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facoltativo. Non sono sullo stesso piano perché i dati dell’acquisizione di L1 e i dati delle frasi idiomatiche
ci fanno vedere che il verbo si unisce per primo all’argomento interno. La struttura del sintagma è
asimmetrica.

GIANNI INCONTRO’ SUO PADRE:


incontrò: verbo transitivo. Come si struttura? Si parte dalla testa perché è la testa che proietta le sue
proprietà sulla sintassi. La testa si unisce con l’argomento interno. Questo è desunto dai dati
sull’acquisizione: il bambino quando prende il verbo transitivo lo mette insieme al suo argomento interno.
La posizione a destra del verbo la chiamiamo POSIZIONE DI COMPLEMENTO (posizione in cui sta
l’argomento interno). L’argomento esterno che è Gianni non si unisce direttamente al verbo, ma si unisce al
costituente che abbiamo formato e che comprende verbo e argomento interno. Questo costituente Chomsky
lo chiama V’. V0 è la proiezione minima del verbo. V’ è la proiezione intermedia (perché ancora il
sintagma non è completo). Per completare il sintagma faccio una seconda operazione di Merge e unisco
l’argomento esterno NON al verbo, ma al costituente che comprende verbo e argomento interno (V’). La
posizione dove sta l’argomento esterno si chiama SPECIFICATORE. A questo punto siamo arrivati al
livello V’’ detto anche VP, sintagma di V, sintagma verbale ed è la proiezione massima. L’idea di
Chomsky è che la struttura di ogni sintagma verbale abbia 3 livelli:
1 LIVELLO: testa (V0) = proiezione minima.
2 LIVELLO: prima operazione di Merge = unisco la testa con il mio argomento interno che sta nella
posizione di complemento.
3 LIVELLO: ho una proiezione intermedia (V’), il sintagma non è completo perché manca l’argomento
esterno che lo metto nella posizione a sinistra del verbo che si chiama specificatore e arrivo alla
proiezione massima (V’’ / VP).

A questo punto con questa struttura noi dovremmo essere in grado di cogliere la struttura di tutti i possibili
sintagmi verbali dell’italiano ma anche delle altre lingue. Ma non sono tutti così. Le posizioni di
specificatore e complemento che sono le posizioni privilegiate perché ospitano gli argomenti (gli aggiunti
non vanno qui) possono anche essere vuote, i modificatori della testa possono esserci come non esserci.
Non tutte le teste vogliono gli argomenti. Ad esempio, “piove” che è un verbo zero argomentale, senza
argomenti verrebbe:

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N.B. La struttura è comunque a tre livelli, le posizioni ci sono, anche se sono vuote.

Se prendo un verbo intransitivo, una delle due posizioni sarà vuota.


GIANNI CAMMINA
Camminare è un verbo intransitivo: non vuole argomento interno. Gianni si qualifica come agente del
verbo intransitivo. La posizione di complemento rimarrà vuota, quella di specificatore invece sarà piena.

Non è detto che in un verbo intransitivo sia sempre la posizione di sinistra ad essere occupata
(specificatore).
GIANNI MORI’
Gianni si configura come paziente.

Poi Gianni si sposterà perché i sintagmi si spostano ed è anche uno dei test di costituenza: una delle
proprietà del sintagma è quella di potersi spostare (Per la strada Gianni incontrò suo padre). Si sposterà ma
parte dalla posizione di complemento perché Gianni si configura come paziente.

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PER RIASSUMERE: la struttura dei sintagmi è asimmetrica: il verbo non intrattiene lo stesso rapporto con
entrambi gli argomenti. Se così non fosse andremo contro la teoria della ramificazione binaria e i dati ci
dicono che i bambini in maniera spontanea uniscono il verbo con l’argomento interno. Io ho due posizioni
privilegiate che sono adatte ad ospitare gli argomenti. Se ho un verbo transitivo mi serviranno entrambe: ci
sarà un argomento interno ed uno esterno; se ho un verbo intransitivo avrò due posizioni a disposizione e
un solo argomento da sistemare; avrò una posizione vuota ma non è detto che sia vuota sempre quella di
destra perché anche se l’unico argomento finirà per essere soggetto di frase (Gianni cammina e Gianni morì
= Gianni è sempre il soggetto) però il ruolo tematico che riceve può essere anche quello di un paziente,
quindi di un argomento interno.

GLI AGGIUNTI:

GIANNI INCONTRO’ SUO PADRE PER LA STRADA: (foglio)


Sdoppio il ramo intermedio. Per poter ospitare gli aggiunti che comunque fanno parte di questo sintagma
verbale, duplico il nodo V’.

GIANNI INCONTRO’ SUO PADRE PER LA STRADA ALLE 5:

N.B. Il numero di proiezioni intermedie è uguale al numero degli aggiunti +1.

Che vantaggi ha questa struttura? Innanzitutto, rispetta la ramificazione binaria e quando unisco l’aggiunto
non salgo di livello. Quando univo l’argomento interno passavo da 0 a 1, quando univo l’argomento
esterno passavo da 1 a 2, ma quando unisco l’aggiunto ero al livello 1 e resto al livello 1 quindi questo mi
fa capire che è meno importante (non sta in una posizione privilegiata) e che è un elemento in più. Gli
aggiunti li possono mettere anche a sinistra, e quanti ne voglio ad esempio

GIANNI SICURAMENTE INCONTRO’ SUO PADRE PER LA STRADA: (foglio)

Regole della struttura sintagmatica verbale:


1) Prendo la proiezione minima cioè la testa V, unisco il verbo con la posizione di complemento in
cui genero l’eventuale argomento interno (arg.int), se il verbo lo seleziona. Eventuale perché
potrebbe anche non esserci tipo “cammina” o “piove”, ma la posizione di complemento c’è lo
stesso. Con questa prima operazione di Merge ottengo la proiezione intermedia o V’. V +
complemento V’
2) Io prendo lo specificatore nel quale genero l’eventuale argomento esterno (non c’è sempre,
verbi come “morire” o “piovere” non ce l’hanno) e lo unisco al costituente che avevo
ottenuto con la prima operazione di Merge (proiezione intermedia) e ottengo la proiezione
massima. Specificatore + V’  V’’ / VP.

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3) L’aggiunto può stare a sinistra o a destra e rimango allo stesso livello. Questo mi fa capire
che è secondario, infatti rimango sullo stesso livello, quello intermedio. Adj + V’ o V’ +
Adj  V’.

Attenzione!!!!: non mettere aggiunti nelle posizioni dei complementi se questi non ci sono.

GIANNI DORME SUL DIVANO: (sul foglio)

 I verbi come andare, venire, arrivare sono come morire, ingrassare,


invecchiare.
 Quelli che hanno nei verbi composti l’ausiliare avere si comportano come i
transitivi. Quelli che nei tempi composti hanno l’ausiliare essere si comportano
come morire, ingrassare, invecchiare = HANNO SOLO L’ARGOMENTO
INTERNO E NON QUELLO ESTERNO.

STRUTTURA DEL SINTAGMA NOMINALE:

I ROMANI DISTRUSSERO CARTAGINE: distrussero: verbo transitivo. (foglio)

LA DISTRUZIONE DI CARTAGINE: (foglio)


Distruzione è un nome transitivo, se è transitivo vuole dire che ha un argomento interno. L’argomento
interno di nomi e aggettivi è un sintagma preposizionale SEMPRE introdotto da “di”.
Cartagine in “i Romani distrussero Cartagine” si configura come paziente e lo stesso accade nella frase “La
distruzione di Cartagine”, Cartagine è il paziente di “distruzione”, ha subito la distruzione. Quindi il
rapporto semantico che c’è tra “distrussero” e “Cartagine” è lo stesso che c’è tra “distruzione” e
“Cartagine”. Nello specificatore mettiamo un elemento che specifica il nome (da lì viene il nome di
specificatore): si chiama determinante (D). Perché usiamo la categoria “determinante” e non la categoria
“articolo”? Perché l’articolo non c’è in tutte le lingue, non è un principio della grammatica universale. Il
determinante è una categoria molto più ampia che comprende articoli, dimostrativi, i possessivi,
quantificatori (tre libri, alcuni libri). Perché lo chiamo DP e non D? perché i modificatori di una testa hanno
sempre valore sintagmatico, non sono mai delle altre teste ma sono sempre dei sintagmi dei quali può
essere realizzata anche solo la testa.

Mentre nel verbo “distrussero” la posizione di specificatore contiene l’argomento esterno, i Romani,
l’agente. L’articolo “la” per quanto sia un elemento obbligatorio non ha ruolo tematico, quindi non è un
argomento, non posso dire che “la” sia agente di “distruzione”, questo perché in italiano non abbiamo il
genitivo pronominale e quindi l’unica forma di genitivo che ho è il possessivo: “la loro distruzione di
Cartagine”. Questa frase equivale a “loro distrussero Cartagine”.
In questa posizione di specificatore ci può stare un argomento esterno. Meglio in inglese: “The Romans’
destruction of Carthage”.

Regole della struttura sintagmatica nominale:


1) N + complemento  N’
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2) Specificatore + N’  N’’ /NP
3) Adj. + N’ o N’ + Adj.  N’

Tipi di nomi che non hanno le posizioni privilegiate occupate:


GIANNI: (foglio) = nome proprio ha solo la testa nominale. Non ha bisogno di altri elementi per formare il
sintagma (si comporta come piove). Non ha bisogno del determinante = il determinante è un elemento che
determina, che specifica, infatti lo mettiamo nello specificatore.

La maggior parte dei nomi sono intransitivi, quindi vuol dire che la posizione di argomento interno spesso
è vuota: LA SEDIA (foglio). Se io dico “La sedia di cucina”, “di cucina” è un aggiunto.
La posizione di argomento interno è vuota perché è un nome intransitivo, come la maggior parte.

Quando ci può essere la posizione di argomento interno piena e quella di argomento esterno vuota? Si vede
meglio in inglese perché ci sono i bare nouns (nomi nudi), nomi senza articolo usati in senso generico:
“dogs are intelligent”. In italiano diciamo “i cani sono intelligenti”.

LEGGO SOLO LIBRI DI STORIA: libri è un nome transitivo. Libri può essere usato senza articolo con
una lettura generica.

LA MIA ANALISI DEI DATI: – questo è un sintagma nominale, potrebbe essere un soggetto di frase (la
mia analisi dei dati è interessante) oppure un oggetto di frase (tu hai criticato la mia analisi dei dati).
Analisi è un nome transitivo perché “i dati” sono oggetto dell’analisi così come lo sono nella frase verbale
corrispondente “ho analizzato i dati”. “Dei dati” si configura come argomento interno o tema del nome
transitivo “analisi”. I nomi non selezionano direttamente un argomento interno ma questo è mediato
dall’inserzione della preposizione “di” che in questo caso diventa “dei”. Dei dati è da vedersi come tema,
come argomento interno del nome “analisi”. “La mia” è argomento esterno, o agente del nome analisi.

STRUTTURA DEL SINTAGMA AGGETTIVALE:


“Gianni invidia Piero per il suo successo” = invidia è un verbo transitivo

“Gianni è invidioso di Piero” = frase aggettivale. Rapporti semantici sono identici nei due casi: il
sentimento dell’invidia parte da Gianni (esperiente) e arriva su Piero (tema), per il suo successo è un
aggiunto. Come nel caso degli argomenti interni dei nomi, anche quelli degli aggettivi sono introdotti da DI
(di Piero).
>Le copule sono elementi che si acquisiscono più tardi. La copula non è un argomento perché non ha un
ruolo tematico. “È invidioso” non posso metterlo tutto insieme sotto la testa A perché la testa è una sola
parola. Gli elementi sono separabili: Posso dire “Gianni è senza dubbio invidioso di Piero” / “Gianni è
sicuramente invidioso di Piero”. Quindi la copula non fa parte della stessa testa.
La maggior parte degli aggettivi sono intransitivi. “Gianni è bello” non ho l’argomento interno.
Quando la posizione di specificatore (arg.est.) è vuota? Quando lo stesso aggettivo (bello) è usato come
aggiunto e non come predicato.
- Aggettivi predicativi: gli aggettivi costituiscono il predicato della frase. = il ragazzo è bello.
- Aggettivi attributivi: gli aggettivi sono aggiunti del nome = il ragazzo bello è arrivato.
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Regole della struttura sintagmatica aggettivale:
1) A + complemento  A’
2) Specificatore + A’  A’’ /AP
3) Adj. + A’ o A’ + Adj.  A’

STRUTTURA DEL SINTAGMA PREPOSIZIONALE:


Le preposizioni sono quasi sempre transitive: l’oggetto della mia preposizione è il tavolo. Il libro è sul
tavolo: del libro predico la locazione, il posto in cui sta è determinato dalla preposizione. Il libro è
proprio sul tavolo di cucina. Proprio è un aggiunto alla preposizione.
Preposizione intransitiva: si vede meglio nella lingua inglese. The light is on.
Quando il sintagma preposizionale non ha l’argomento esterno? Quando il sintagma preposizionale non è
un predicato; quando è argomento o quando è aggiunto. “Gianni incontrò suo padre per la strada” (per la
strada è un modificatore di “incontrò”). È diverso dire “Gianni è per la strada” (per la strada è ciò di cui
predico di Gianni).
Regole della struttura sintagmatica preposizionale:
1) P + complemento  P’
2) Specificatore + P’  P’’ /PP
3) Adj. + P’ o P’ + Adj.  P’

Chomsky formula TEORIA X-BARRA: (X-bar theory) le regole di struttura sintagmatica sono solo 3, la
struttura di tutti i sintagmi a prescindere dalla loro categoria è la stessa: struttura a tre livelli asimmetrica.
La teoria X-barra può essere visto come uno dei principi di GU.
1) X + complemento  X’ Prendo una testa X che è la proiezione minima, lo unisco con il
complemento dove genero l’argomento interno se questa testa lo richiede (abbiamo visto che nomi,
verbi, aggettivi, preposizioni possono avere un argomento interno). Da questa operazione di Merge io
otterrò la proiezione intermedia (X’).
2) Specificatore + X’  X’’ /XP Prendo lo specificatore in cui genero l’eventuale argomento esterno
richiede (abbiamo visto che nomi, verbi, aggettivi, preposizioni possono avere un argomento
esterno). L’argomento esterno lo costituiscono con il costituente intermedio e ottengo la proiezione
massima o XP (sintagma di X).
3) Adj. + X’ o X’ + Adj.  X’ Se voglio degli aggiunti, posso inserirli o a sinistra o a destra uniti al
livello intermedio e rimango nello stesso livello, cosa che mi fa capire che l’aggiunto è meno
importante.

>LA FRASE È UN SINTAGMA? Per rispondere a questa domanda si devono applicare i test di
costituenza. Test della domanda: sintagma è ciò che può essere pronunciato in isolamento come risposta a
una domanda di tipo aperto. Cosa è successo? Gianni è andato al mercato. Quindi, la frase può essere
pronunciata in isolamento come risposta alla domanda.
La frase si può coordinare con un costituente dello stesso tipo, quindi con un’altra frase: Maria mangia la
mela e Gianni mangia la pera.
Le frasi sono spostabili all’interno di un costituente più lungo. Se avessi i soldi comprerei la macchina.
Comprerei la macchina se avessi i soldi
Quindi la risposta è che la frase è un sintagma perché risponde positivamente ai test di costituenza e può
occupare posizioni riservate ai sintagmi.

Gianni ha detto la verità (posso rispondere con un sintagma nominale) = argomento interno di
dire.
che Maria è bella (occupa la posizione di complemento del verbo dire).
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Anche la frase, quindi, deve uniformarsi allo schema X-barra.

Qual è la testa del sintagma? La frase è un XP e dobbiamo individuare la sua testa X.

Cosa sono ausiliari e copule? Non sono verbi

AUX V

Hanno un significato Hanno significato


grammaticale semantico

Classi chiuse Classi aperte

NO struttura SI struttura
argomentale e tematica argomentale e tematica

Acquisiti tardi Acquisiti presto

Mancano in alcune lingue Universali

Ha mangiato
Mangi-ò
Le informazioni di tipo grammaticale relative al tempo e all’accordo che esprime “ha” sono le stesse che
esprime la flessione finale -ò. Fra “ha” e “mangiato” io posso mettere diversi costituenti tra mangi-ò non
posso aggiungere niente. = “Ha già mangiato”, “Ha sicuramente mangiato”. Quindi “ha” non è un verbo
assestante e non fa parte della testa V.

L’ausiliare è una testa o un sintagma?


Ha: non è un sintagma perché risponde negativamente ai test di costituenza, quindi è una testa. Se è
una testa deve proiettare il sintagma XP. Ausiliare è la testa della frase, rappresenta un insieme di tratti
chiamati flessione, tratti di tempo, accordo. Chomsky ha stabilito che il tempo sia l’informazione
principale che viene data dalla flessione. Il tempo ha una connotazione semantica ben precisa: il tempo
grammaticale significa il rapporto tra il momento dell’evento descritto dalla frase e il momento in cui la
frase è pronunciata. Se io dico “Gianni ha mangiato la mela” vuol dire che quando pronuncio la frase,
l’azione è già avvenuta e la mela è già stata mangiata.
La frase viene vista come una proiezione della testa tempo, la frase è un sintagma temporale, la sua testa
è la testa T, l’ausiliare è una testa di tipo T che esprime tempo e accordo.
L’intuizione (struttura intuitiva) che la frase è l’unione di soggetto e predicato la vogliamo mantenere.
L’idea è che la frase sia sempre unione di soggetto e predicato ma oltre a questi due costituenti c’è
anche la testa T (è una sorta di anello di congiunzione tra soggetto e predicato, infatti una delle
prerogative del soggetto è di accordare).

GIANNI HA MANGIATO LA MELA (foglio).


È un verbo transitivo. Ora è una frase intera. Partiamo dalla testa del predicato.

Devo trovare un soggetto alla frase: la frase è costituita da soggetto e predicato per cui in ogni frase
devo individuare un soggetto, lo dice Chomsky con l’EPP (PRINCIPIO DI PROIEZIONE
ESTESO): ogni frase deve avere un soggetto.
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Il soggetto non è una definizione semantica, il soggetto è una definizione sintattica. Quali sono le
spiegazioni sintattiche?
1) Soggetto è quello che alla fine della derivazione occuperà la posizione di specificatore del
tempo.
2) Soggetto è quello che accorda con la flessione.
3) Soggetto è colui che porta il caso nominativo nelle lingue in cui si vede.
Quindi assistiamo alla salita del soggetto.

Ricorda! PRINCIPIO DI PROEIZIONE. Ogni testa proietta le sue proprietà semantiche sulla sintassi.

>Se ho un verbo transitivo e quindi più di un argomento come faccio a scegliere chi deve salire?
“Gianni ha picchiato Piero”. Perché sale Gianni e non Piero? Il sintagma più esterno è più vicino. Quello
più vicino andrà nella posizione di specificatore di TP. La distanza si misura in nodi dell’albero.

Se passivizzo la frase: “Piero fu picchiato” (foglio) il passivo è un’operazione di detransitivizzazione:


rendo intransitivo un verbo transitivo. Scompare l’argomento esterno. Rimane l’argomento interno. A
questo Piero diventa soggetto di frase. Il paziente può diventare un soggetto di frase purché non ci sia
qualcuno che è più vicino.
PRINCIPIO DI LOCALITA’: muovi l’elemento appropriato più vicino. Il movimento non è mai gratis.
Lo scopo è dare un soggetto alla frase.
>Ci deve essere sempre accordo tra Specificatore e testa T nei tratti.

DIFFERENZA TRA I DUE TIPI DI VERBI INTRANSITIVI


Quando abbiamo un verbo intransitivo, quindi monoargomentale abbiamo due posizioni a disposizione e
un solo elemento che le riempie. Questo elemento non sempre nasce come argomento interno.
I verbi intransitivi si dividono in due grandi gruppi: INERGATIVI e INACCUSATIVI

MARIA HA CENATO (foglio): Maria si configura come un agente, come argomento esterno. Manca
l’argomento interno.

PAOLA È INGRASSATA: Paola ha subito l’azione ed è cambiata nella sua essenza, prima era magra e
ora è grassa. Quindi, si configura come il paziente.

Quelli che hanno ausiliare avere sono INERGATIVI (hanno solo l’argomento esterno, assomigliano ai
transitivi); quelli che hanno ausiliare essere sono INACCUSATIVI (hanno solo l’argomento interno e
assomigliano ai passivi). In altri verbi come andare, arrivare, venire sono inaccusativi.
Anche l’accordo del participio ci dice qualcosa: “Maria ha cenata” non lo posso dire perché il participio
passato non accorda mai con un argomento esterno. I participi passati accordano SOLO con argomenti
interni.

Anche in inglese ci sono verbi inergativi e inaccusativi? SI. In inglese abbiamo un test. In inglese di
solito si dice che non è possibile avere il soggetto post verbale. In italiano invece, lo possiamo avere: “Il
treno è arrivato” – “E’ arrivato il treno”, “Maria ha telefonato” – “Ha telefonato Maria”.
In inglese in queste due frasi:
“There arrive some people”.
“There arrives a man”.
Some people e a man sono il soggetto e lo capiamo dall’accordo del verbo.
Il soggetto post verbale lo posso avere con soggetti indefiniti; quindi, non potrei avere “There arrives
John” (soggetto definito) e si può avere solo con questi verbi inaccusativi.
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Per esempio, non posso dire “There walk some people”.

NON LO CHIEDE ALL’ESAME Perché si chiamano inergativi o inaccusativi? Inaccusativi: perché


il caso accusativo è quello che viene dato all’oggetto sintattico che solitamente ha ruolo tematico
interno. Inaccusativi vuol dire non accusativi, sono verbi che hanno l’argomento interno ma non gli
assegnano il caso accusativo perché è l’unico argomento della frase che finirà per essere soggetto di
frase e il soggetto prende il caso nominativo.
Inergativi: ergativo è stato usato come sinonimo di inaccusativo. Questa etichetta veniva da un gruppo
di lingue chiamate le lingue ergative che si oppongono alle lingue nominative come la nostra.
“L’uomo picchiò la donna e scappò”: chi è che scappò? L’uomo perché l’unico argomento del verbo
intransitivo noi lo consideriamo coreferente al soggetto della frase, prende lo stesso caso dell’agente.
Queste sono le lingue nominative: l’agente prende il nominativo, il paziente prende l’accusativo, l’unico
argomento delle intransitive prende il nominativo cioè lo stesso caso dell’agente.
In altre lingue come l’indi a scappare è la donna, perché l’unico argomento delle frasi intransitive riceve
il caso del paziente.

Se ho un verbo senza ausiliare?


GIANNI MANGIA LA MELA (foglio): devo continuare perché devo avere un po’ la stessa struttura per
tutto e poi “mangia” ha i tratti di tempo e di accordo. Inoltre, Gianni deve qualificarsi come soggetto di
frase e la posizione di oggetto è lo specificatore di T. Gianni nasce come argomento esterno del verbo e
si sposta nella posizione di soggetto perché è qua che si qualifica come soggetto di frase.
Il verbo si sposta a T per controllare i tratti di tempo e di accordo. Gianni è una terza singolare quindi
devo controllare di aver scelto quella giusta.
“Gianni compra la mela” Prima (primi anni 90): sotto la testa V si genera la parte semantica del verbo,
la radice (compr-) e sotto T c’è tempo e accordo (-a). Compr- e -a morfologicamente sono due elementi
che non possono stare da soli, la radice saliva e si fondeva con la flessione, la conseguenza è che il
verbo si trovava in T alla fine della derivazione. Ora il verbo si genera interno in V e si muove insieme
in T. è stata abbandonata la vecchia idea perché non sempre è facile separare desinenza e radice.
Pensiamo ad esempio a “scrissi”, la radice di scrivere è scriv. Se in inglese ho “went”.
IPOTESI LESSICALISTA: sostiene che nel nostro vocabolario mentale non ci siano radici o desinenze;
quindi, non ci sono morfemi ma ci siano delle parole già formate e con quelle io formo le mie frasi.
Tutte le frasi sono TP quindi il verbo porta tratti di tempo e accordo a muoversi e a salire alla testa T.

IL TRENO ARRIVO’ IN RITARDO (foglio).

PRONOMI ESPLETIVI: sono semanticamente vuoti che servono a riempire la posizione di soggetto. I
pronomi espletivi ce li hanno le lingue a soggetto non nullo. L’italiano non li ha.
It rains (piove). Non posso dire *the weather rains, *the sky rains, *the rain rains. Quindi se il verbo è
impersonale it è un espletivo e non è sostituibile con niente.

MANGIO LA MELA (foglio). È un verbo transitivo che ha bisogno di un argomento interno (la mela) e
un argomento esterno (io). Il pronome nullo delle lingue a soggetto nullo si chiama pro che sta per
pronome foneticamente vuoto ma pieno sintatticamente. I SOGGETTI NULLI DELL’ITALIANO
SONO pro.
Per esprimere il soggetto dell’impersonale ogni lingua prende l’elemento meno marcato e meno
caratterizzato. L’inglese che ha il neutro prende IT. Una lingua come francese che non ha il neutro
prende il maschile. L’italiano prende il pronome nullo. “piove” il pro lo inserisco direttamente nello
specificatore di TP. Il pro non lo metto nella struttura tematica perché piove non ha un argomento.

Altro confronto tra inglese e italiano: “Gianni mangia spesso mele” – “John often eats apples”. In
inglese certi avverbi hanno una posizione diversa rispetto all’italiano, tutto il resto è uguale. Perché in
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inglese non si ha lo stesso ordine che in italiano? se mettiamo dei verbi composti la situazione è più
simile. “Gianni ha sempre mangiato mele” – “John has always eaten apples.” L’albero non cambia.
“Gianni mangia spesso mele” – “John often eats apples” = perché qui cambia?
PARAMETRO DEL MOVIMENTO DEL VERBO: i ruoli tematici non cambiano che la frase sia al
presente o al passato prossimo: Gianni è sempre l’argomento esterno e le mele sono sempre l’argomento
interno, l’avverbio è sempre il solito. La grossa differenza è che in italiano nei verbi semplici il verbo
sale, mentre in inglese non sale. In italiano c’è il parametro del movimento V-a-T. In italiano abbiamo
detto che sale per controllare i tratti della flessione con i tratti del soggetto. >Questo non succede in
inglese perché abbiamo solo due forme, se prendiamo il simple past abbiamo addirittura una forma.
Quindi seguendo il principio di economia che si muove qualcosa solo se è necessario.
Tedesco e francese NON a soggetto nullo si comportano come l’italiano (il verbo sale). Se ha un numero
sufficiente di forme diverse, il verbo deve salire per controllare che abbiamo scelto la forma giusta.

Perché il verbo sale? In una lingua come l’italiano dove la flessione è molto ricca e molto forte, il
verbo deve salire alla testa T: questo serve allo scopo di controllare di aver scelto la forma giusta. È
stabilito che la relazione tra Specificatore e testa implica accordo dei tratti e quindi dal momento che un
elemento diventa soggetto di frase, allora anche il verbo deve trovarsi in relazione di specificatore testa
con la posizione del soggetto, quindi deve raggiungere la testa T.

Alcuni verbi come “affondare” hanno una doppia lettura, possono essere transitivi o intransitivi.
1) Il soldato ha affondato la nave: frase transitiva che può essere passivizzata. La nave è un
paziente.
2) La nave è stata affondata (dal soldato). È un passivo. La nave è un paziente che diventa soggetto.
Intendo dire da qualcuno che poi posso esprimerlo oppure no.
3) La nave affondò. (*dal soldato). La nave è sempre un paziente. È INACCUSATIVO sembra che
la nave abbia fatto tutto da sola. Verbo non è più agentivo, manca di ruolo tematico esterno,
come tutti gli inaccusativi.

Rompere è simile ad affondare con la differenza che nella lettura inaccusativa prende il “si”. = “Gianni
ha rotto il vaso”: posso dire “Il vaso è stato rotto da Gianni”, però posso dire anche “Il vaso si è rotto”: il
vaso continua ad essere un paziente perché subisce l’azione e cambia nella sua essenza.

FRASI CON PREDICATI NON VERBALI:


I predicati non verbali possono diventare delle vere frasi se li incasso sotto una testa T in cui metto la
copula.
“Gianni è bello”. Partiamo dalla testa del predicato: in questo caso è l’aggettivo, la copula non è il
predicato perché non ha struttura argomentale e tematica. La copula è una flessione.
I predicati non verbali tradizionalmente vengono chiamati small clauses o frasi ridotte. I predicati non
verbali sono le frasi che fanno i bambini: “mamma bella”. Le small clauses possono essere incassate
sotto una flessione e deriviamo “Gianni è bello” oppure possono essere incassate sotto un verbo
“Considero Gianni bello” (foglio).
“Ho messo il libro sul tavolo”: verbo ditransitivo che ha tre argomenti.
“Gianni ha dato il libro a Maria” (foglio)

I PRINCIPI DEL MOVIMENTO:

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Chomsky parla di DUE OPERAZIONI CHE FORMANO LA FRASE: Merge e Move. Merge è
assemblaggio e Move è movimento, prendo un movimento che già è nella frase e lo muovo.
1) C’è un principio di economia che regola il movimento. Merge è meno costosa (prendo un
elemento e lo aggiungo). Il movimento è più costoso quindi se se ne può fare a meno è meglio.
Last resort (ultima soluzione). In italiano il verbo si muove alla flessione, in inglese no.
2) Si possono muovere i sintagmi, le teste, ma non si può mai muovere la proiezione intermedia.
3) Dove si muove? Sempre verso l’alto a sinistra.
4) Principio di conservazione della struttura: le teste si muovono a posizione di teste e i
segmenti si muovono a posizione di specificatore (soggetto si muove nello specificatore).
5) Principio di località: movimento verso la prima posizione appropriata disponibile.
6) Movimento verso posizione che deve essere vuota/libera. Quando mi sposto devo avere come
obiettivo una posizione vuota, non posso spostarmi dove già c’è qualcosa. Le tracce di
movimento contano come occupanti.

I want to buy a book: I wanna buy a book. Posso anche dire “What do you wanna buy?”
I want John to buy a book: who do you want to buy a book? Ma non posso dire *who do you wanna buy
a book? Perché non posso contrarre “want to” in “wanna”? perché non sono adiacenti, c’è la traccia di
who nel mezzo. La traccia del movimento ha una presenza sintattica.

TESTE

LESSICALI FUNZIONALI
Nome determinante
Verbo flessione/tempo
Aggettivo complementatore
Avverbio preposizione

Teste lessicali: hanno struttura argomentale e tematica, significato semantico, classi aperte.

la verità
Gianni ha detto
che Maria è bella

La congiunzione è una testa perché risponde negativamente ai test di costituenza. Una frase tutta
insieme: cosa ha detto Gianni? Che Maria è bella. Quindi è un sintagma.

DP - HYPOTHESIS
Ogni frase è costituita da NP e VP.
Abney nel 1987 disse che, come il verbo, ha la proiezione estesa nella flessione, anche il nome ha la sua
parte funzionale. Di fatto, il determinante è la parte funzionale del nome. Da Abney 1987 in poi il
determinante non è più stato messo nella posizione di specificatore del nome ma viene visto come la
proiezione estesa del nome, quindi come una testa funzionale che seleziona il nome come suo
complemento. Come la testa tempo seleziona il VP come suo complemento, la testa D seleziona il
sintagma nominale come suo complemento. Questa ipotesi ha molti vantaggi perché realizza un

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parallelismo più forte tra la struttura del nome e la struttura del verbo quindi nella struttura dei due
elementi fondamentali e costitutivi della frase.
X riassumere: tutti i nominali inseriti in delle frasi sono dei DP, sono dei sintagmi del determinante nei
quali il sintagma nominale rappresenta il complemento.
L’articolo non va nella posizione di specificatore del nome perché di solito la posizione di specificatore
è riservata agli argomenti esterni (se la testa in questione li ha). L’articolo non ha ruolo tematico esterno.
Ce l’ha se dico “La loro distruzione di Cartagine”. Non va bene mettere un elemento privo di ruolo
tematico in una posizione che sarebbe una posizione dove si assegna ruolo tematico. Quindi l’articolo è
una testa funzionale D che seleziona come complemento il sintagma nominale.
PREDICATI NOMINALI: “Gianni è un professore di francese”.

“Il mio libro” Il possessivo va nello specificatore del nome perché ha ruolo tematico. Ho una posizione
sia per l’articolo che per il possessivo. Il non ha ruolo tematico, è un elemento funzionale.
Il determinante esprime definitezza e specificità.

I predicati non verbali possono essere anche incassati sotto un altro verbo.
CONSIDERO LUCA UN BRAVO LINGUISTA:
il soggetto della predicazione ha valore argomentale. La testa D seleziona l’articolo come suo
complemento. Luca sale allo specificatore di DP perché? Si comporta come l’oggetto di considero. In
questa posizione è allo stesso tempo soggetto della frase ridotta e oggetto di considero.

MIO FRATELLO È L’INSEGNANTE DI GIANNI:


“di Gianni” è aggiunto
“Mio fratello” lo metto in posizione di specificatore di NP. Poi sale nello specificatore di DP e prima
diventa soggetto del predicato nominale e infine diventa soggetto di frase.
I possessivi sono gli argomenti esterni, la testa D si sposta. Sale perché il possessivo è allo stesso tempo
una testa e un sintagma.

In inglese abbiamo il genitivo sassone. John’s book – my book. John è l’argomento esterno del libro.
I pronomi sono determinanti, sono una categoria funzionale, sono una classe chiusa. (D).  questo,
quello.

Funzione del complementatore: connettere la subordinata alla principale e indicare il tipo di frase.
SPECIFICATORE DI CP:
COSA HAI COMPRATO? (foglio)
Comprare è un verbo transitivo, argomento interno è cosa. COSA è una variabile (elemento che spazia
su una molteplicità di referenti possibili). Le variabili sono dotate di un tratto Wh. Per poter fissare
correttamente la sua referenza io devo spostarlo e metterlo in relazione con una testa che abbia il tratto
interrogativo. Si deve spostare alla posizione dello specificatore di CP.
Cosa succede se non lo muovo?
Cosa hai comprato? = È una vera domanda.
Hai comprato cosa? = la formulo solo in due contesti: per esprimere stupore e se uno non ha capito. Si
chiamano domande ad eco. Non sono vere domande perché non vogliono una vera risposta. Domande
ad eco compaiono in un discorso dialogico.
Una cosa che ci fa capire che le domande ad eco non sono delle vere domande è che non si possono
rendere indirette.
Cosa hai comprato?  ti ho chiesto cosa hai comprato
Hai comprato cosa?  Ti ho chiesto hai comprato cosa*

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Posso interrogare un aggiunto: DOVE HAI COMPRATO IL LIBRO? (foglio). Per sapere dove
generarlo devo rispondere alla domanda. Ho comprato il libro a Urbino.
CHI HA INVITATO GIANNI? CHI parte come argomento esterno di “invitato”. Sale perché bisogna
dare un soggetto alla frase, quindi per ragioni di EPP e si sposta nello specificatore di T e accorda con la
flessione e il secondo movimento lo fa in quanto variabile.

IN INGLESE
Interrogative in inglese: “What have you bought?” in inglese abbiamo due movimenti. In inglese, come
in italiano i sintagmi Wh si spostano alla posizione di specificatore di C per essere correttamente
interpretati come variabili.
PARAMETRO DEL MOVIMENTO T-a-C: in inglese nelle frasi interrogative il tratto interrogativo in
C è talmente forte che attira a sé l’elemento appropriato più vicino, siccome C è una testa, attira la testa
T dove si trova l’ausiliare.
In italiano c’è la testa T che ha i tratti di accordo e attira il verbo e in inglese no.

Mi chiedo se Maria inviterà Gianni: I WONDER IF MARY WILL INVITE JOHN (foglio): in questa
frase l’ausiliare non sale. Nelle interrogative indirette l’ausiliare non sale perché la testa C è già
occupata.

I WONDER WHEN MARY WILL INVITE JOHN (foglio) non c’è la salita dell’ausiliare. In questo
caso l’ausiliare non sale per analogia a quella precedente (c’è una sorta di regola mentale che dice che
nelle interrogative indirette l’ausiliare non sale mai perché la testa C è già occupata).

Più convincente in fasi più antiche dell’inglese è che quella testa era piena. Men shal knowe who that I
am. People will know who I am (inglese moderno). Nelle fasi precedenti dell’inglese c’è un elemento
che riempie la testa C anche nelle interrogative.
IN ITALIANO L’AUSILIARE NON SALE!!!!
DO: abbiamo la coesistenza di due parametri: da un lato abbiamo il parametro del movimento V-a-T.
In inglese il verbo non si muove alla flessione perchè il tratto di accordo della flessione è debole. In
italiano il verbo sale: lo vediamo con l’uso degli avverbi: John always eats apples – Gianni mangia
sempre mele l’italiano è una lingua dalla flessione estremamente ricca con sei forme differenziate. Il
tedesco ha 4 forme differenziate nel presente e 3 nel passato. di mezzo: ha il movimento del verbo
Johann isst immer Schokolade.
Parametro del movimento T-a-C (frasi interrogative): in inglese l’ausiliare sale alla testa C, in
italiano no, in tedesco si. Kommst du? In tedesco l’ausiliare sale e scavalca il soggetto ma anche il
verbo.
Perchè in inglese c’è il do? Perché “eats” non sale a T.

Inglese antico: he heard not that. Saw you my master?


I see
Thou seest
He sees

COSA PENSI CHE GIANNI ABBIA COMPRATO? (foglio) Cosa si qualifica come argomento interno
di comprare e Gianni è l’argomento esterno di comprare e diventa soggetto di frase. CHE è il
complementatore dichiarativo che unisce le due frasi. Pensi è il verbo matrice che seleziona come suo
complemento la frase subordinata, l’argomento esterno è pro. Pensi sale a T perché in italiano il verbo
flesso sale a T e pro diventa il soggetto.
Il principio di località dice muovi l’elemento alla prima posizione appropriata disponibile quindi si
muove nello specificatore di CP intermedio della stessa subordinata. Si fa un movimento per cicli
successivi.
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COSA PENSI DOVE GIANNI ABBIA COMPRATO? (foglio). Entrambe le variabili per essere
correttamente interpretate devono spostarsi allo specificatore di C. In una frase semplice c’è un unico
specificatore di C, se ho due variabili competono entrambe per la stessa posizione e quindi non ci
possono andare entrambe.

CHI: è più economico dire che tutte le frasi sono dei CP e che tutte le variabili devono spostarsi allo
specificatore di C.

COME SPIEGARE L’ALBERO ALL’ESAME: abbiamo la salita del soggetto da specificatore di V a


specificatore di T (EPP).

- Salita del verbo flesso a T


- Movimento della variabile a specificatore di CP.

Altre cose: frase è agrammaticale per la presenza dell’isola Wh, tutte e due le variabili sono generate
nella frase subordinata e competono per la stessa posizione.
- Verbo inaccusativo
- Frase infinitiva

PERCHE’ HAI DETTO CHE PIERO È STATO LICENZIATO? Ammette due risposte
- Perché ha rubato. Risponde al motivo per cui è stato licenziato.
- Perché l’ho sentito dire. Perché è un aggiunto a detto.

“Perché” può essere aggiunto o al verbo matrice o al verbo incassato.

PERCHE’ HAI CHIESTO CHI È STATO LICENZIATO? È GRAMMATICALE.


- Perché lo volevo sapere.
- Per furto  NON posso dirlo.

Perché è aggiunto a “chiesto”, quindi è aggiunto alla frase matrice.


NON posso interrogare due elementi che si trovano nella frase minima (close). Se invece ho una
sentence (periodo) e le due variabili sono generate in due frasi diverse del periodo.

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FRASI INFINITIVE:
Voglio comprare un libro
Volevo comprare un libro
Piero vuole comprare un libro

Le frasi infinitive sono frasi la cui flessione è caratterizzata da dei tratti difettivi di tempo e accordo.
Ogni DP, ogni elemento nominale riceve un ruolo tematico, quindi se Gianni è l’argomento esterno di
volere, non può essere anche l’argomento esterno di comprare.
Il problema del Caso: la flessione difettiva non può assegnare caso nominativo. Il caso che
contraddistingue i soggetti è chiamato Caso nominativo. Il verbo assegna caso al su argomento interno
ma in questo caso assegna il Caso accusativo. Per cui è la testa T che assegna caso nominativo al suo
soggetto. La flessione finita assegna caso nominativo, una flessione dotata dei tratti di tempo e accordo.
Quindi in questo caso è una flessione difettiva, non è in grado di assegnare caso nominativo, questa è la
ragione per cui non posso avere un soggetto di frase.
Verbo finito a tempo e accordo e assegna caso nominativo.
L’idea è che ci sia una categoria vuota che non ha bisogno di caso PRO. Il PRO poi diventerà soggetto
di frase, non ha bisogno di caso nominativo. L’idea è che PRO sia co-referente con il soggetto della
principale. Può essere interpretato o come co-referente della principale o come arbitrario.

INGLESE:
L’infinitivo inglese è formato da due parole “to buy”. To è la flessione dell’infinito perché in inglese a
differenza dell’italiano è possibile che il soggetto dell’infinitiva non sia PRO ma che sia un altro DP
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diverso dal soggetto della principale. I soggetti non ricevono caso nominativo, ma ricevono caso
accusativo. L’accusativo viene assegnato in maniera marcata, eccezionale dal verbo della principale
attraverso il confine di frase.
- John wants Mary to buy a book. In inglese le frasi infinitive possono avere un soggetto che non
sia co-referenziale con la frase matrice.
- John wants to buy a book: I due sono co-referenziali, quello che compra e quello che vuole.

16/11
Cognitivismo: stimolo non basta, un’acquisizione rapida e facile senza sforzo e insegnamento
presuppone che ci sia qualcosa di più, grammatica universale con principi e parametri. Parametro
movimento verbo a flessione, flessione a C ecc…
Numero dei parametri è limitato. Anche i cognitivisti non sono d’accordo fra loro e ci sono due correnti:
- MATURAZIONALISTI l’esponente principale è Radford. Questa capacità di costruire la frase è
soggetta a maturazione non abbiamo tutta la struttura fin dall’inizio, in particolare definisce tre
stadi: stadio precategoriale: coincide con la fase della singola parola, in questo stadio se la
produzione è limitata alla singola parola lui non si pone il problema se è un nome, un aggettivo o
un verbo. Non ci poniamo il problema della categoria. Stadio lessicale: corrisponde alla fase
delle due parole. Queste parole proiettano il loro sintagma, le teste iniziano a unirsi con
argomenti e aggiunti. Lui nota che mancano le parole funzionali, abbiamo solo le parole lessicali
(nomi, verbi, aggettivi, avverbi), abbiamo la parola e la sua proiezione (mamma bella, mamma
dorme) Per il momento è come se la struttura ad albero si stroncasse a VP o AP e non avessimo
CP. Stadio categoriale/funzionale: si sviluppano proiezioni funzionali, proiezioni estese.
Quando si inizia a fare la sintassi mancano le parole funzionali che matureranno in un secondo
momento. La sua struttura si ferma a VP.
- CONTINUISTI Wexler: parlano dell’ipotesi della piena competenza  vuol dire che secondo
loro i bambini hanno tutto disponibile già da subito, non è vero che matura in un secondo tempo.
Ci sono molti dati che affermano questo, che non sia limitata solo alle parole lessicali, solo che
in un primo momento certe teste funzionali decidono di ometterle.

Maturazionalisti:
ASSENZA DI D: assenza dell’articolo: where helicopter?
Want ball
What’s this? Spoon
Did you drop your tea? Drop tea

assenza del pronome: Paula good girl  I am a good girl


Help baby  help me
Mommy help

genitivo sassone: Allison cookie


Lady cup coffee  Lady’s cup of coffee
Kendall see Kendall: mancano i riflessivi. Non dice I see myself

Questo, mio Miscategorizzazione: alcuni determinanti vengono appresi presto. Non vengono visti come
determinanti ma come aggettivi.

ASSENZA DI T: assenza della S Hayley draw it


Lady do

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ausiliari Mommy coming
Him gone  he has gone
Kathry no like celery
Wayne no eating it: Wayne is not eating it

Copula Mommy busy


Hand cold
Me do it

To

Assegnazione di caso nominativo

ASSENZA DI C: mancanza salita ausiliare Kitty go?


You got?  Have you got?
Sintagma wh Mummy doing?  what is mummy doing?
Teddy want bed  Teddy wants to go to bed.
Want car out  I want to take the car out.

Congiunzioni

Want, eat, draw: bare stem.

Wexler è andato a vedere lingue diverse dall’inglese. Ha notato che in una prima fase (fase delle due
parole) c’è una fase che lui chiama FASE DELL’INFINITO OPZIONALE: una fase in cui i bambini usano
molto l’infinito, come se fosse un verbo flesso, un verbo finito. L’infinito esprime l’aspetto imperfettivo,
azione in corso, presente o immediato futuro e può essere usato anche in frasi principali. Forma finita e
infinitiva si alternano. Wexler nota che il bambino non fa a caso, ci sono dei casi specifici in cui il bambino
sa che ci vuole o una o l’altra. Prende in considerazione il francese, il francese ha una negazione doppia:
ne…pas (ne precede il verbo), nel linguaggio colloquiale il ne viene eliminato. Anche i bambini utilizzano
solo il pas come negazione.
Il francese adulto dice je ne mange pas, se la volessi mettere all’infinitivo diventa: je ne veux pas manger.
Il pas segue il verbo flesso e precede il verbo infinito. Se i bambini sanno questo vuol dire che
conoscono il movimento del verbo, sanno che il verbo flesso deve salire.
I bambini francesi usano la forma finita e infinitiva come vogliono però sanno qual è la posizione del pas
per esempio: “manche pas”, oppure “est pas mont, “pas manger la poupee”, “pas tomber bebe”. L’unica
cosa diversa è che usa l’infinito in una frase in cui ci vorrebbe un tempo finito.
Perché il pas si posiziona diversamente in base alle due forme verbali?

Tedesco è una lingua V2: lingua con verbo finito in seconda posizione, verbo flesso.
Caesar tieg e nich: Kriegt er nicht.
Mein Hubsaube had Tiere din.
= bambini hanno usato verbi flessi in seconda posizione.

Ich den Foss habn. = il verbo haben è infinitivo e va in fondo

Tutti i bambini attraversano la fase dell’infinito opzionale dove utilizzano infinito come un verbo flesso per
esprimere l’aspetto imperfettivo in alternanza con forme del presente. Il bambino sapere che i verbi finiti e
i verbi infinitivi hanno una posizione diversa nella struttura.
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Luigi Rizzi adotta una spiegazione, una posizione intermedia tra le due, sostanzialmente hanno ragione tutti
e due. Ha ragione Wexler nel dire che le proiezioni sono disponibili fin dall’inizio ma lui parla di una
speciale parsimonia della teste funzionali, il motivo è che le teste funzionali sono meno salienti da un
punto di vista semantico.
Il bambino si rende conto che il verbo infinito non si può usare in queste frasi nella testa tempo, i bambini
inizialmente non sono sensibili alla categoria tempo.

Maria Teresa Guasti ha studiato l’acquisizione e ha portato dati dell’italiano e si trova d’accordo con
Wexler che i bambini hanno la piena competenza fin dall’inizio. Dopo verbo o preposizione si può usare
solo l’infinito pe cocere, voglio bere: il bambino non usa MAI la forma finita. Altro dato che ci fa capire
che il bambino conosce il movimento del verbo riguarda la posizione dei clitici: lo naccondi, me l’apri,
urilla (pulirla), non poi fammi quetto. Pronomi clitici precedono il verbo flesso e seguono il verbo
all’infinitivo (mangiarlo, farmelo): quindi, il fatto che i bambini sappiano posizionare i clitici nella maniera
giusta ci fa capire che i bambini sono consapevoli che questi verbi hanno posizioni diverse nella struttura.

Hyams: si occupa dell’acquisizione del parametro del soggetto nullo. Lei non prende posizione. Lei dice
che ogni lingua ha dei parametri e inizialmente ci sia un valore predeterminato.
Play it
Eating cereal
Outside cold
In queste prime fasi i bambini inglesi spesso fanno frasi a soggetto nullo. Questo pronome (pro) viene
sempre usato in posizione di soggetto.
Pro want milk
Baby want pro: questo i bambini non lo fanno mai.
Il parametro cambia quando i bambini si rendono conto dell’esistenza dei pronomi espletivi: pronomi
privi di significato come it rains o it’s cold.
Se le frasi con il pronome oggetto sono rare perché nelle lingue a soggetto non nullo si può mantenere
questa scelta? T (+T ; + AGR) ha valore pronominale (mangio, mangi, mangia…) non c’è bisogno del
pronome. Quindi lei è più dalla parte dei continuisti.
Lei si occupa del parametro del soggetto nullo partendo dall’idea che i parametri nascano con un valore
predeterminato. Per il parametro del soggetto nullo il valore di default sarebbe soggetto nullo e infatti i
bambini di lingue non a soggetto nullo fanno molte frasi con soggetto nullo.

DATI MARGHERITA 19-26 mesi


Lei in un primo momento utilizza gli infiniti, usa il participio passato per esprimere un risultato oppure
una forma ambigua tra imperativo e indicativo presente.
19 mesi: bere  infinito compare presto
21 mesi: vo bere
A peccare: pescare
Usa i participi passati otto – uto
Ata tutta: “l’ho mangiata tutta” riferito alla pizza: non dice pizza. C’è l’accordo.
Fatti la nonna: li ha fatti la nonna (riferito ai pantaloni)
Ho fatta: è comparsa la copula

Eni: vieni  imperativo


Ammi: dammi
Viene fuori prima la terza persona singolare e poi la prima persona singolare, tutte le altre molto
dopo.

29
Verso il 23 mese compare il nominativo: viene messo in fondo: foglio voio io. C’è una serie di frasi
con IO. Vengo io, lo pesso io. Per mettere un focus lo dislochiamo a dx.

PARTICIPIO PASSATO compare presto, da una parte viene visto come aggettivale: è rotto
Risultativi: rotto. Nel presente si vede l’azione che è avvenuta nel passato. Il bambino
categorizza l’aspetto: il participio passato esprime l’aspetto perfettivo però dei vari verbi che
conosce come dormire, volere (dormito o voluto non lo direbbe perché non sono verbi il cui
risultato si vede nel presente). TAZZA ROTTA

DETERMINANTE: a un certo punto compare A che è un proto-articolo slegato dal genere.


A MAMMA
A BABBO
A PAPPE

Si passa da zero articoli, al proto-articolo e poi l’articolo. A è slegato dal genere.


Il bambino sente l’esigenza di riempire la testa D. È interessante perché comparendo abbastanza
presto è difficile pensare che il bambino non abbia la testa D come sosteneva Radford.

>Ci sono anche altre prove che fanno capire che conosce la testa D. Dice molto presto “TAZZA
MIA” in italiano si direbbe “la mia tazza”). Si rifà all’analisi dei nomi propri di Longobardi. Nei
nomi propri non si usa l’articolo perché il nome proprio è già definito da solo non ha bisogno
dell’articolo, quindi, sale da N a D. Questo lo fa anche un nome comune come “casa”.
La mia casa
Casa mia
*mia casa

Il mio Gianni
Gianni mio
*mio Gianni

L’idea di Longobardi è che VEDI QUADERNO. Il nome comune tazza sale come un nome proprio.
La bambina quindi ci fa capire che conosce il movimento N-a-D.

ACCORDO NOME-AGGETTIVO compare subito.


ava Ita: brava Margherita.
Mamma beia: mamma bella

Il plurale emerge più tardi: verso i 20 mesi parole tipicamente plurali.


Zine leva: leva i calzini
E fraghe: le fragole
E mane: le mani

Prima che compaia il plurale vero e proprio c’è la FASE DUI chicco dui e pallina dui.
Dui viene da due e vuol dire più di uno. Nelle lingue isolanti come il cinese ci sono delle particelle
che indicano pluralità, visto che non c’è la flessione nominale. La cosa interessante è che le
produzioni dei bambini anche se sono difformi da quello che sarà l’italiano adulto, non sono cose
fatte a caso, sono scelte che fa qualche altra lingua nel mondo.
Poi i plurali iniziano ad apparire stabilmente intorno ai 24 mesi.

203 enunciati fino a 24 mesi


134 senza articoli
30
69 con proto-articolo /articolo.

19 mesi eccoa
Aprirla/aprirlo
O mi piace
O sai babbo
No a voio

La bambina è consapevole che i clitici vanno dopo le forme finite e prima delle forme non finite. Il
clitico appare prima rispetto all’articolo perché hanno una funzione diversa. Aprirla: è un verbo
transitivo a cui manca l’argomento, questo clitico sostituisce l’argomento, l’articolo lo vede come
meno importante: dire palla o dire la palla non aggiunge molto.

PREPOSIZIONI

A toia (da sola)


A mare
A mamma (della mamma)  della A mamma

Dai me: c’è il caso accusativo, ci sono frasi in cui dai sarebbe un ditransitivo. queste preposizioni
rette dai verbi sono omesse.

Pronomi clitici compaiono prima degli articoli perché devono riempire un vuoto semantico, precedono i
verbi flessi e seguono i verbi all’infinito.

ACQUISIZIONE DI L2: si intende l’acquisizione che avviene in un momento successivo, quando la


prima lingua è già formata. Parliamo dei due approcci teorici: comportamentismo e cognitivismo:
comportamentisti: il bambino ripete quello che ha sentito nell’input secondo lo schema di stimolo-
risposta e-rinforzo e così si crea un accumulo di abitudini.
Gli approcci comportamentisti sono nati come reazione al Grammar translation method: le lingue
vive venivano insegnate come le lingue morte: verbo danno le forme grammaticali e una serie di voci
lessicali con la loro traduzione. Gli studenti erano in grado di leggere ma poi non capivano quando
parlavano gli inglesi. Questi metodi si basavano sulla letteratura e sulla lingua scritta. Il
comportamentismo è stata una reazione a questo e dicono:

- Niente di scritto, solo lingua orale.


- Niente spiegazione di regole
- Nessun uso di L1

I comportamentisti danno la colpa della difficoltà di apprendimento alla L1: gli errori sono dovuti al
transfer: il transfer sono le abitudini fissate in L1 che interferiscono con le abitudini di L2. I
comportamentisti vedono l’errore in maniera negativa, se il parlante commette un errore vuol dire che
l’insegnante ha sbagliato perché è andato troppo in fretta. L’idea è che si deve procedere per passi
piccolissimi. Deve costruire L2 così come ha costruito L1. Vengono proposti dei modelli di lingua da
ripetere e da imparare a memoria, in modo che ad un certo punto la produzione sia spontanea. I drills
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sono esercizi meccanici in cui l’apprendente deve cambiare una parola. Viene dato un modello “John
buys a book”, poi viene dato “pen” fino a che diventa meccanico. Se vengono fatti degli errori vuol dire
che l’insegnante ha fatto troppe variazioni, l’errore si deve minimizzare il più possibile, per evitarlo si
deve andare piano, in modo che l’apprendente non debba mai ricorrere alla L1 perché L1 è fonte di
errore.
Questi esercizi non erano efficaci non solo perché questi esercizi prevedono dei passi talmente piccoli
che le innovazioni sono graduali che ci vorrebbero degli anni per acquisire, ma anche perché non ha
senso insegnare una lingua fornendo modelli di testo completamente decontestualizzati. Proponevano
queste frasi fuori dal contesto, il parlante si doveva limitare a ripetere o a fare quelle minime variazioni;
quindi, la sua creatività non c’era, inoltre questo metodo non spiega come possano insorgere degli errori
che non siano dovuti dal transfer da L1. Infatti, se analizziamo gli errori solo una minima parte sono
attribuibili al transfer, il transfer c’è più è grande l’apprendente; quindi, nei bambini piccoli ce n’è di
meno, gli adulti che si approcciano a una L2 ne fanno molti di più. Ma ci sono tanti errori non spiegabili
in base al transfer perché il transfer può essere anche positivo.
Transfer negativo: se le due lingue hanno dei parametri diversi. Per esempio, in italiano siamo abituati a
non esprimere i pronomi soggetto, se imparo in molte frasi mi viene da fare la stessa cosa.
Transfer positivo: SVO in italiano così come in inglese.

Cognitivisti: non tutti gli errori sono dovuti al transfer. Corder dice che almeno alcune delle strategie
adottate per apprendere L2 sono le stesse per L1.
ERRORI EVOLUTIVI: Gli errori che fanno i bambini italiani quando imparano italiano L1 sono in
buona parte sovrapponibili con gli errori che fanno gli stranieri qualunque sia la loro provenienza
quando imparano l’italiano.
Sono errori che fanno parte dell’evoluzione della lingua. Nell’ambito del cognitivismo è stato coniato da
Selinker il concetto di INTERLINGUA, sarebbe una lingua intermedia creato per l’acquisizione di L2.
Si può parlare di interlingua anche nell’acquisizione di L1. Si passa da uno stadio 0 a uno stadio stabile,
lo stadio 0 è quando ancora quella lingua non la parlo; lo stadio stabile è la competenza perfetta del
parlante nativo che per definizione è perfetta, però non si passa da S0 a SS.

S0 → S1...S2...S3...S4...S5 → SS

S1, s2: sono le interlingue: stadi in cui via via la mia acquisizione si approssima sempre di più alla
lingua obiettivo. Quando acquisiamo L1 ci arriviamo.
Quando acquisiamo L2, nel nostro processo di apprendimento tendiamo ad avvicinarci sempre di più
alla lingua obiettivo. L’errore viene visto in maniera molto più positiva, l’errore ci segnala il livello di
interlingua. A seconda del tipo di errori che commetto, l’insegnante si rende conto a che punto sono
arrivata. Quando l’insegnante deve correggere un errore deve rendersi conto del livello
dell’apprendente.
Secondo i cognitivisti l’errore è importante e non è da vedere negativamente perché è una spia che
mi segnala il livello di interlingua. Il comportamentismo non tiene conto della creatività del parlante
come accadeva anche per L1.

A volte adottano delle strategie che non sono quelle della lingua obiettivo però sono sempre delle
strategie compatibili con GU. Un parlante tedesco che ha gli articoli acquisisce l’italiano che ha gli
articoli e in una prima fase non li mette; quindi, non è una cosa che la prendono da L1. Vengono
utilizzate le stesse strategie utilizzate nell’acquisizione di L1 previste dalla GU anche se non da una
L1 o L2.

Un concetto che può essere importante è il concetto di FOSSILIZZAZIONE: vuol dire che
spesso un apprendente L2, soprattutto se siamo oltre il periodo critico, tende ad arrivare a un punto
della sua interlingua e non alla lingua obiettivo e certi errori continuano ad essere fatti anche da
32
persone che ormai si sanno esprimere bene. Gli errori si fossilizzano, questo perché per definizione
quando apprendiamo L1 arriviamo sempre allo stadio stabile, c’è chi ci arriva prima, chi dopo, però
ci arriviamo tutti. Per quanto riguarda L2 non sempre ci arriviamo soprattutto quando l’acquisizione
arriva in un momento più tardivo e a quel punto è anche difficile riuscire a prevenire e correggere
l’errore. L’approccio che seguiremo come per L1 sarà cognitivista, tiene conto della creatività del
parlante, della sua capacità di elaborazione mentale. L’influenza di L1 c’è, però è secondaria e non
è la principale causa di errore. Il parlante ha un accesso diretto alla GU però talvolta le sue scelte
parametriche possono essere mediate da queste caratteristiche fissate per L1, il parametro deve
essere confrontato con i nuovi dati dell’input di L2 per vedere se sono compatibili oppure no.
Lo scopo dell’insegnante di italiano L2 è cercare di riattivare i dispositivi della GU, il
problema è che a volte l’insegnante tende a correggere tutto e questo può essere demotivante per
l’allievo e che spesso dobbiamo stare attenti perché le correzioni hanno probabilità di cadere nel
vuoto; quindi, bisogna cercare di correggere certi elementi che stanno per emergere. Gli errori dei
parlanti non sono selvaggi, sono compatibili con la grammatica universale, a quel punto
l’insegnante per correggere un certo errore deve offrire degli stimoli adeguati al livello di
interlingua raggiunto. Il cognitivismo non vede male gli errori come invece faceva il
comportamentismo che venivano visti come un fallimento da parte dell’insegnante, una strategia
didattica sbagliata. L’errore è importante perché ci segnala il livello dell’interlingua, se sono troppo
avanzati sono inutili, bisogna correggere dei punti in cui il parlante padroneggia almeno in parte
quei fenomeni.

TIPI DI ERRORI DEI PARLANTI L2:


Ci sono tre tipi di errori:
1) ERRORI EVOLUTIVI: ricordano gli errori fatti dal bambino quando acquisisce L1, quindi
una carenza di parole funzionali, articoli, ausiliari, preposizioni. Anche Margherita in una
prima fase saltava gli articoli o gli ausiliari. Anche gli stranieri lo fanno. FISSAZIONE SU
UNA FORMA (default meno marcata): anche in L2 abbiamo uso dell’infinito, nei bambini
c’era la fase dell’infinito opzionale e anche gli stranieri lo usano o la terza singolare.
2) ERRORI DI TRANSFER: ad esempio difficoltà sull’ordine delle parole.
3) ERRORI ORTOGRAFICI e SOCIO-STILISTICI che fanno anche i bambini italiani quando
vanno a scuola. Sono errori di appropriatezza e qui ci possiamo mettere “a me mi piace il
gelato” che nella lingua scritta vengono segnate perché non sono appropriate per il tipo di
lingua che si richiede nel testo scritto: sono ERRORI DI REGISTRO.

ARTICOLO:
Molti errori riguardano l’articolo e l’accordo. La lingua cinese non ce l'ha. Inizialmente i bambini
cinesi non li mettono e, quando li mettono, sbagliano l'accordo nome-articolo.
Le miei maestre
Il scienze
Quando c'è la preposizione non c'è l'articolo e viceversa: Giocare le figurine. Cade in banco.

>È importante notare come questi errori non riflettono gli errori compiuti dai bambini
madrelingua nella loro L1; Margherita o non mette l'articolo, o mette il proto-articolo e se mette
l'articolo lo accorda correttamente.
Questo ci fa capire che a questi ragazzi hanno insegnato i possessivi con tutte le loro forme, i
bambini sanno che ci vuole il possessivo. (errori di un insegnamento troppo frettoloso).

VERBO:
“Gioco scivolare scrivo”: infiniti vengono usati molto dagli stranieri.

33
“Andiamo in giardino gioca”: il bambino italiano non direbbe questa frase: il bambino madrelingua
che impara L1 può usare l’infinito al posto del verbo flesso ma non userebbe mai il verbo flesso
dove ci vuole l’infinito.
 “Devo guarda un bambino” bambino italiano non lo direbbe. Abbiamo la terza persona
singolare che troviamo anche nei bambini L1.
E poi subito andare: potrebbe farlo anche un L1: uso infinito al posto della forma flessa.

PARTICIPIO:
Interessanti sono anche le forme del participio: participio passato è una forma che compare molto
presto e spesso mancano gli ausiliari: spesso gli ausiliari sono anche scambiabili.
Quando no comprato  quando non ho comprato (uso del participio senza ausiliare).
Io dopo uscito  dopo che ero uscito
Chi a comprato oppure
Siamo fatto
Abbiamo tornato

Per quanto riguarda le forme perfettive emergono molto presto, come per L1, la prima fase è quella
di non mettere l’ausiliare, solo il participio passato. Avere al posto di essere ci sono alcune lingue
che lo fanno.

RIFLESSIVO: molti passano da “io alzato” o “io alzo” a “si chiamo”, “si insegui”, “si paso”, “si è
scapato”. È stato insegnato il riflessivo e loro mettono i riflessivi in tutto. poi vengono corretti e di
conseguenza i bambini lo tolgono: “Non siamo ancora divertiti”.

Mi sono andata: riflessivo sovraesteso o un caso indiretto (invece che io sono andata).

Tutti questi sono errori di tipo evolutivo. (mancanza di flessione e parole funzionali \ errori di
accordo non presenti nell'acquisizione di L1 \ sovraestensione della forma di default) o causati a
un insegnamento frettoloso e dall'ipercorrettismo (poiché è stato corretto il ragazzo si corregge da
solo, l'apprendente L2 inizia a sovraestendere una data struttura – è un esempio che testifica come le
correzioni possono spesso essere nocive o cadere nel vuoto).

Errori frequenti nei bambini stranieri e non negli italiani sono gli ERRORI DI ACCORDO:
Margherita li faceva bene  “Io alzato” detto da una femmina.
Nome-aggettivo: “Il regione più popolato”, “un grande lotta”.

ERRORI DEL TRANSFER IN L2:


Gli errori del transfer dei bambini cinesi riguardano le frasi interrogative e, in particolar modo, il
fenomeno del WH-in SITU:

 Il babbo mi ha comprato in Cina che cosa?

Nella lingua italiana, la variabile si deve spostare dalla sua posizione di origine allo SpecCP per
poter essere correttamente interpretato. Lo spostamento del sintagma Whp allo SpecCP è, in realtà,
un parametro che differenzia l'italiano e il cinese. Nella lingua cinese, la variabile -Whp può
rimanere nella sua posizione d'origine senza che essa sia interpretata come una domanda ad eco. -
Infine, il fatto che questo sia un errore di transfer è dimostrato dal fatto che, al contrario degli altri
errori sopra elencati, i bambini rom non hanno mai fatto questo tipo di errore con il sintagma whp.

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ESEMPI BAMBINI ROM:
- Spesso ci sono incertezze nell’uso delle preposizioni o articoli: il orologio, dei occhi, tuoi i
libri.
- Generalizza la terza persona: mia madre scopra tutto (verbi in -are sono la maggioranza e si
generalizza).
- Mancanza dell’ausiliare.
- Una cosa tipica dei rom: mancanza del c’è.
- “Siamo andati a cinema”: o preposizione o articolo.
- “Si siamo divertiti”: problemi con il riflessivo,
- Errori di accordo.
- Noi andare mia zia: uso dell’infinito.

Gli errori sono simili a quelli che fanno i bambini cinesi.

ERRORE DI TRANSFER IN L2:


 Di mio zio la rulot. Vediamo una differenza parametrica nell’ordine delle parole, vediamo
il genitivo prenominale. Molte lingue del mondo hanno il genitivo prenominale, il bambino
ha fatto un misto. In realtà, questo bambino ha mischiato le regole sintattiche delle due
lingue, in quanto in romanè sarebbe stato “La di mio zio rulot”:
Da un lato, il bambino era consapevole che in italiano l'articolo e il nome rimangono
insieme
dall'altro lato, il bambino ha utilizzato la struttura del genitivo prenominale tipica del
romanè.
Anche in questo caso, il fatto che si tratti di un transfer è dimostrato al fatto che i bambini
cinesi non sbagliano mai la costruzione genitiva.

Nei casi di bilinguismo tardivo abbiamo il bilinguismo dominante: una delle due lingue è
dominante. Un’altra riguarda il prestigio che hanno le due lingue coinvolte: da una pare si parla di
bilinguismo elitario o additivo e poi popolare/sottrattivo. Nel bilinguismo elitario o additivo deriva
da addizione, le due lingue hanno lo stesso prestigio, uno vuole acquisire perché questo ti
arricchisce quindi per esempio anche le lingue che acquisiamo in un contesto scolastico abbiamo un
arricchimento o anche per una cultura personale. Avviene in contesti di immigrazione, soprattutto in
casi in cui le persone che emigrano in un altro paese e vedono la lingua madre come meno
importante, una lingua che non serve a nulla.
Sottrattivo può andare a finire che alla fine perde la lingua di cultura, la lingua della propria
famiglia e non è un caso strano.
OPOL: one parent, one language.

CONDIZIONI PER ESSERE BILINGUE:


- Genitori di paesi diversi: OPOL (one parent, one language). Ogni genitore deve rivolgersi al
figlio nella lingua materna. Non è facile perché una delle due lingue è probabile che sia
anche la lingua del paese. Dipende anche da quanto tempo passa il bambino con ciascun
genitore. Se passa più tempo con la madre sentirà più spesso la lingua della madre piuttosto
che la lingua del padre.
- Famiglia che si trasferisce all’estero, il bambino ha l’input bilanciato: in casa parla una
lingua e fuori parla un’altra lingua.

Volterra e Taeschner negli anni 70 hanno cominciato a studiare questi bambini bilingui e
hanno proposto l’ipotesi del sistema unico. La loro idea è che in una prima fase ci sia un sistema
unico, si svolge attraverso 3 fasi:
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1) Un’unica grammatica e un unico lessico senza equivalenti. Secondo queste linguiste
all’inizio il bambino bilingui, le varie parole o le imparano in una lingua o nell’altra.
2) Unica grammatica e si costruiscono gli equivalenti.
3) Si separano le grammatiche.

È molto frequente il code-switching infantile, i bambini mescolano le due lingue, per quanto
un bambino possa essere esposto alle due lingue c’è una grammatica dominante.
Jetzt uva essen: lingua dominante è il tedesco con il verbo in fondo. I bambini in una prima
fase usano l’infinito e l’ordine è quello del tedesco però uva lo dicono in italiano.
Il a gewonnen: francese e tedesco. Le parole funzionali sono quelle che si imparano più tardi
quindi sembrerebbe il francese la lingua dominante.
Weg und dann sind wir arrivati: la lingua dominante è il tedesco: ausiliare in seconda
posizione.

Questi bambini mescolano le frasi, code-switching è frequente in ambiente bilingue. I


bambini sembrano fin da subito in grado di separare i sistemi.
Se il bambino bilingue mescola le due lingue però se è con interlocutori monolingui è in
grado di separare i sistemi.

Vari tipi di interferenze tra le due lingue: prestito, transfer, code-switching. Si possono
verificare a livelli diversi. Quando si parla di prestito si parla di materiale lessicale.
Il PRESTITO è una parola di una lingua che entra in un’altra. Negli ultimi anni molti prestiti
sono entrati nella lingua italiana e molte parole straniere usiamo nelle conversazioni di tutti i giorni.
Da una parte quando si parla di prestiti si parla di prestiti di necessità e prestiti di lusso.
Prestiti di necessità sono parole che non hanno equivalente nella nostra lingua, importiamo
un oggetto e importiamo il suo nome: il kiwi è arrivato in Italia viene dalla Nuova Zelanda,
abbiamo importato il kiwi e abbiamo importato il suo nome.
Prestiti di lusso: prendiamo quando non ce n’è bisogno perché la nostra lingua ha un
equivalente, usiamo perché conferiamo alla lingua dalla quale prendiamo il prestito, un prestigio
maggiore, molti prestiti sono presi dall’inglese. Sono prestiti di lusso: weekend (fine settimana),
performance. Tanti sono prestiti che ne potremmo fare a meno.

Prestiti adattati (adattati all’italiano) e prestiti integrati (parole prese e mantenute nella loro
forma, performare, formattare). Quelli entrati molti anni fa sono generalmente adattati (smoking,
bistecca).
Prestiti stabili (possono essere sia adattati che no) e prestiti occasionali (parola non entrata
nella lingua italiana, entrata in una certa occasione ma non rimane).

Il TRANSFER è la trasposizione di una struttura sintattica: di mio zio la rulot  sono tutte
parole italiane, la struttura ricalca la struttura di L1, il prestito è a livello lessicale, il transfer è a
livello sintattico.
Maar als wij praten in het Holland. L’olandese mette il verbo in fondo. Potrebbe essere
anche l’ordine dell’italiano.

Il CODE-SWITCHING è la mescolanza di entrambe, ci può essere alternanza nel lessico


però c’è anche alternanza nelle strutture sintattiche. Uno dei code-switching più studiati è lo
spanglish è la lingua che viene parlata dagli Stati Uniti dalle persone di origine ispanica, è una
comunità molto numerosa. È un fenomeno tipico dei bilingui, non solo dei bambini, il code-

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switching per anni è stato visto male perché non sanno bene una lingua e allora parlano entrambe le
lingue. In realtà non è così. Ci sono due tipi di code switching:
- Interfrasale. Quando lo switch avviene fra due frasi diverse. Una frase in una lingua e una
frase in un’altra. Può avvenire fra due turni di conversazione.
Oppure può avvenire all’interno della frase dello stesso parlante: “Tell Larry que se calle la
boca”. È lo stesso parlante però lo switch è tra la frase principale e la frase secondaria.
- Intrafrasale: la stessa frase ha parole di entrambe le lingue. Il problema è che se faccio lo
switch metto in gioco entrambe le grammatiche. La Stuhl è stata riparata. (der Stuhl
maschile).

TEORIE DEL CODE-SWITCHING:


Un’autrice che ha scritto molto sul code-switching e si è occupata di lingue distanti si chiama
Myers-Scotton. Ha proposto il MATRIX LANGUAGE FRAME MODEL: il nome dice la lingua
matrice. Secondo lei una sola grammatica è attiva ed è quella della lingua matrice; quindi, lei
propone diversi principi che regolano il code-switching tra i quali la asymmetry principle per il
quale il rapporto fra le due lingue non è simmetrico, una lingua è più importante dell’altra. La
lingua matrice detta l’ordine della frase, fornisce i morfemi funzionali mentre la frase subordinata
fornisce materiale lessicale.
Uniforme structure Principle: struttura della lingua matrice
Morpheme order Principle: ordine delle parole della lingua matrice

Non è detto che tutta una conversazione la lingua matrice sia sempre la stessa, in una frase può
essere una e in un’altra può essere un’altra. In ogni frase ce n’è una che domina. C’è una frase
swahili-inglese:
Lakini a-na so many problems mtu a – me – repeat maranyi ingi.
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>“Ma lui ha così tanti problemi, l’uomo ha ripetuto molte volte”. So many problems è un sintagma
a-me-repeat: A prefisso terza singolare, ME passato prossimo. Ripetere non vuol dire
ripetere la classe, quindi, hanno preso il verbo in inglese. La lingua dominante è il swahili e si vede
da maranyi ingi (volte molte  i modificatori del nome vanno dopo). E ha fornito i morfemi
flessionali. Il parlante ha incassato un’isola e poi ha infilato nella forma complessa del verbo.

Un’altra linguista è Poplack che ha incominciato negli anni 80, lei si occupa dello spanglish. Lei ha proposto
un modello teorico che è la BORROWING HYPOTHESIS: entrambe le grammatiche sono attive. Secondo
lei il code-switching intrafrasale è da ridursi a un prestito, il code-switching non è altro che un prestito di
natura occasionale.
Questa teoria si basa su due vincoli:
- Equivalence Constraint: il code-switching si può fare dove le strutture delle due lingue in
contatto sono equivalenti. Quindi, dobbiamo considerare le strutture di entrambe le lingue.
Dove le lingue condividono lo stesso ordine di parole può avvenire lo switch.

ENG I told him that so that he would bring it fast


CS I told him that pa’ que el la trajera ligero
SP Yo le dije eso pa’ que la trajera ligero

- Free-morpheme constraint: l’idea è che non si possa fare lo switch fra morfemi legati:
Estoy eat-iendo (non si può fare switch tra radice e flessione).

Ultima teoria: MacSwan che negli anni 90 ha ripreso le teorie della Poplack e l’ha rimesso in
chiave chomskiana. Lui dice che non esiste una terza grammatica, per il code-switching basta che
quando si ha lo switch non si violino né le regole di una né le regole dell’altra lingua. Lo switch è
possibile dove le lingue condividono i parametri.

Facciamo un passo indietro…


Secondo Chomsky come avvengono le derivazioni? Abbiamo il nostro lessico mentale che contiene
le parole della nostra lingua.
Metto le parole nella frase dove agisce la sintassi, aggiungendone altre (faccio l’albero) finché si
arriva a un certo punto nel 95 che si chiama: SPELL-OUT (quando pronuncio la frase). Una volta
pronunciata non posso più muovere gli elementi, gli elementi si trovano in un certo ordine però
l’idea di Chomsky è che la derivazione continui: da una parte forma fonetica e forma logica.
Arrivati al punto di spell out la derivazione che si è occupata di inserire e di muoverli, è completa,
invio la mia frase alla forma fonetica secondo le regole fonetiche della mia lingua. La forma logica
(componente interpretativa) continua, solo che gli elementi non posso cambiarli di posto.
Di fatto il principio comune è che la derivazione delle lingue è sempre uguale.

In italiano il verbo si muove a T perché T ha dei tratti forti che devono essere controllati. In
inglese non si muove a T. Il movimento è costoso. In inglese viene fatto a livello di forma logica,
sposto i tratti astratti. Le lingue si differenziano in base alla forza dei tratti, obbligano a fare il
movimento. Lo si fa quando non si vede più.
La sintassi si costruisce mettendo insieme gli elementi, pronuncio la frase, trova il suo ordine degli
elementi.

MacSwan riprende la Poplack dice non ci sono regole del code-switching: ho due lessici, ho il
lessico 1 e lessico 2, ognuno con le sue regole morfologiche. Se io ho un code-switching spagnolo e
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inglese posso pescare da tutti e due perché entrambi i lessici fanno parte del mio repertorio. Non
posso violare le regole di nessuna delle due. A un certo pronuncio la frase, la forma logica sarà
un’interpretazione comune, le parti in inglese della frase le pronuncio con le regole dell’inglese e
una parte con le regole dello spagnolo (forma fonetica 1 e forma fonetica 2).

I punti di switch possono essere tanti, il punto di switch più comune è il DP misto (articolo
in una lingua e nome in un’altra). Se io inserisco un nome inglese in italiano devo dare un articolo.

CHAIR:
Il chair  genere SELEZIONATO/di DEFAULT (maschile).
La chair  genere ANALOGICO: è il genere dell’equivalente all’altra lingua (La sedia).
The sedia
>La parola chair non ha genere. Il chair o la chair sono entrambi accettabili.

BOOK:
Il book  genere ANALOGICO e genere di DEFAULT si corrispondono.
La book: non viene fuori  è un mismatch, è un errore nell’accordo.

Il chair è rotto
La chair è rotta  genere ANALOGICO

The chair è rotta / rotto  chi è più sbilanciato con l’italiano dice rottA.
The sedia è rotta / rotto  gli italiani dicono rottA.
Una volta che hai dato articolo, il genere del nome non si dovrebbe vedere.

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