INTRODUZIONE
- Ogni decisione relativa all'insegnamento risulta da un riferimento più o meno consapevole ad
ipotesi teoriche.
- Numerose discipline riguardano l'educazione linguistica (linguistica educativa, psicologia
dell'educazione, linguistica acquisizionale, linguistica applicata, glottodidattica).
- Una concezione razionalista dell'attività professionale degli insegnanti separa le conoscenze
teoriche dall'azione didattica (a tutto vantaggio delle prime).
- L'azione didattica va motivata da una "teoria attiva" e giustificata da una concettualizzazione
astratta; rapporto di interazione tra teoria e prassi.
- L'insegnamento/apprendimento di una lingua non materna è influenzato dal contesto in cui ha
luogo (comunità, apprendenti, scopi, risorse…).
- Dimensioni di professionalità dell'insegnante di una L2= conoscenze teoriche + capacità
operative e consapevolezza metodologico-didattica.
- "Didattica delle lingue" fa pensare all'insegnamento delle lingue altre, mentre "glottodidattica"
comprende anche la L1; meglio parlare di "linguistica applicata”.
1.2.1. L'INPUT MODIFICATO DEI PARLANTI NATIVI QUANDO COMUNICANO CON I NON
- NATIVI
Ricerche hanno dimostrato come un input modificato assume un ruolo importantissimo
nell’apprendimento di una lingua non materna, soprattutto in seguito all’adolescenza, oltre il quale
l’apprendimento assume caratteristiche parzialmente diverse, in quanto fenomeni di interferenza e
fossilizzazione diventano più frequenti.
N: nativo
NN: non nativo
Nel linguaggio modificato che le due parti utilizzano, dobbiamo distinguere due tipologie:
- un linguaggio semplificato che N adotta affinché la comprensione per NN risulti più facile;
- il cosiddetto foreigner talk, che si caratterizza come linguaggio semplificato ma anche
sgrammaticato (variante dalla norma, quindi scorretta).
La non grammaticità è il risultato di tre processi (Ferguson):
1. OMISSIONE: cancellazione di articoli, copula, inflessioni morfologiche e pronomi;
2. ESPANSIONE: inserzione dei pronomi prima dell’imperativo e frequente richiesta di conferma
della comprensione;
3. CONVERSIONE: cambiamento di un aggettivo possessivo in un pronome possessivo oggetto, la
sostituzione di “non” con “no”.
Ripercussioni didattiche dell'ipotesi del monitor di Krashen evidenziate negli anni Ottanta e Novanta
1. sviluppo di vari approcci didattici applicabili soprattutto a situazioni di insegnamento istituzionale
e a discenti adulti, come ad esempio l'"approccio naturale" (pone il focus dell'insegnamento sul
significato e non sulla forma; nessuna gradazione strutturale dei materiali didattici; clima rilassato e
piacevole in classe).
2. distinzione troppo netta tra acquisizione e apprendimento, che non sono le uniche modalità e
dovrebbero essere considerate interdipendenti (l'apprendimento non è secondario).
3. i concetti di processatore linguistico interno e di filtro affettivo dovrebbero essere maggiormente
differenziati.
4. non sembra necessario postulare una distanza tanto netta tra contesto naturale e contesto
istituzionale di apprendimento
5. nell'apprendimento, la riflessione metalinguistica ha la stessa importanza dell'interazione
(propugnata con la svolta comunicativa)
6. non è la conoscenza della grammatica che consente di capire una lingua, ma il contrario (la lingua
si interiorizza, non si impara e non si studia)
LASS (BRUNER):
Language Acquisition Support System
- Language Acquisition: crea le condizioni perché LAD possa funzionare (motivazione)
- Support: non fonte, modello, ma gestore dell’input
- System: non intervento mono-materiale, monometodologico, mono-personale ma “sistema”
3.3.LA PRAGMATICA
3.3.1. LA PRAGMATICA COME LIVELLO DI SIGNIFICATO ALL'INTERNO DEL SISTEMA
FORMALE: LA TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI.
In seguito agli studi sugli atti linguistici di Austin (1962) e Searle (1969), gli enunciati iniziano ad
essere considerati come l’esecuzione di atti (es. promettere, chiedere informazioni, asserire, invitare,
ordinare etc.). È, quindi, attraverso le loro opere che la teoria degli atti linguistici è entrata nella teoria
linguistica contemporanea e, in seguito, nella glottodidattica. Su questo nuovo modello, si sviluppa
l’idea che la lingua sia costituita da una sequenza di atti linguistici ben identificabili (es. “Vieni qui!”
- ordine). Ogni frase contiene nella sua struttura semantica un verbo performativo che identifica la
natura dell’atto linguistico.
CRITICA: l’ipotesi performativa ha, via via, perso il proprio valore, soprattutto in seguito alla
considerazione che la maggior parte degli enunciati non può essere definita come realizzazione di un
unico e particolare atto linguistico. Altre critiche si riferiscono, invece, al suo atomismo ed
individualismo.
5. LA PEDAGOGIA LINGUISTICA
- Il metodo migliore è un metodo misto che tenga conto delle particolari caratteristiche della
situazione di insegnamento/apprendimento in cui l’insegnante si trova ad operare; tre fasi dal
secondo dopoguerra agli anni Novanta del secolo scorso.
- Nella teoria e nella prassi della glottodidattica e delle altre metodologie ricorrono ciclicamente
due momenti storici (cfr. Christian Puren):
▪ “fase rivoluzionaria” = si parte da ipotesi teoriche nuove per operare un profondo cambiamento
nelle pratiche didattiche; paradigma basato su razionalizzazione e sistematizzazione; ricerca di
coerenza costruita intorno a un problema di riferimento; focalizzazione sul metodo;
▪ “fase gestionale” = teorie e materiali prefabbricati sono visti con sospetto; paradigma basato su
eclettismo e pragmatismo; focalizzazione dell'apprendente.
- Gli approcci metodologici cambiano nel tempo per motivi esterni (culturali, sociali e politici) e
interni (relativi allo sviluppo della ricerca glottodidattica).
- Ipotesi psicolinguistiche o di linguistica acquisizionale (apprendimento), ipotesi linguistiche
(lingua studiata), ipotesi pedagogico-didattiche (insegnamento).
Insegnamento della cultura tramite immersione completa del paese di cui si studia la lingua:
L’ipotesi secondo cui l’“immersione completa” nel paese straniero possa condurre automaticamente
allo sviluppo di una competenza nella cultura2 è destinata a fallire in mancanza di un adeguato
supporto e senza l’attivazione di un atteggiamento riflessivo verso la propria e l’altrui cultura. Il
dialogo interculturale avviene basandosi su un’approfondita riflessione relativa alle norme e ai valori
che regolano i comportamenti, condividendo esperienze, attivando la comparazione e la discussione
di opinioni e punti di vista.
7.5.L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO
Consiste in un tipo di ambiente in cui piccoli gruppi di studenti lavorano insieme al fine di portare a
termine determinati compiti; gli insegnanti fungono da facilitatori. Le caratteristiche più importanti
dell’apprendimento cooperativo sono:
- Gli apprendenti sono preparati a lavorare insieme, stimolando la crescita della fiducia verso il
prossimo;
- Gli apprendenti dividono tra loro i compiti per raggiungere un obiettivo comune, scambiandosi
opinioni e punti di vista;
- Eventuali conflitti vengono discussi per essere risolti.
Secondo Kagan, le strutture di apprendimento cooperativo implementano:
1. Interdipendenza positiva all’interno del gruppo;
2. Responsabilità individuale (contributo all’interno del gruppo);
3. Partecipazione paritetica;
4. Interazione simultanea tra membri di altri gruppi.
Da notare come l’apprendimento cooperativo si rifaccia alla cosiddetta “educazione tra pari”, che
riconosce l’importanza di usare gli apprendenti come “agenti di cambiamento”, facendo leva sulle
loro capacità di provare empatia nei confronti dei compagni.
9.4.CONCLUSIONI
“Bisogno” indica necessità di tipo materiale ma anche di natura sociale, psicologica, affettiva e
comunicativa. Nel campo della didattica linguistica, l’espressione “analisi dei bisogni” si riferisce
alla raccolta e all’analisi di informazioni utili all’organizzazione e alla gestione del corso. Tali
informazioni sono utili nella scelta della lingua, dei contenuti e delle abilità di saper fare da proporre
alla classe.
La presa in considerazione dei bisogni dei destinatari, li responsabilizza perché resi compartecipi dei
processi decisionali del corso. Inoltre, l’analisi dei bisogni offre all’insegnante la possibilità di
pianificare e gestire un corso che risponda alle esigenze e alle preferenze dei discenti, motivandoli e
coinvolgendoli maggiormente.
12.1. IL TESTING
Le prove possono focalizzarsi su:
1. Un elemento linguistico alla volta, accertando così competenze isolate: prove fattoriali o discrete;
2. Competenze globali, che verificano contemporaneamente più di un elemento o livello linguistico,
più di un’abilità primaria: prove integrate.
12.5. CONCLUSIONI
Il criterio essenziale per abituare lo studente ad autovalutarsi è quello della trasparenza delle prove,
ovvero: comprensibilità delle consegne, familiarità con le tecniche e i formati adottati, l’esplicitazione
dei criteri di giudizio, la discussione dei risultati ottenuti. Il discente va aiutato a diventare
consapevole dei suoi bisogni comunicativi, delle sue abitudini e preferenze e va aiutato ad imparare
ad imparare e quindi anche ad autovalutarsi.
13.2. LA HANDLUNGSFORSCHUNG
La ricercazione (ricerca didattica per eccellenza) è una ricerca motivata da uno specifico problema di
natura locale, impostata per risolvere quel problema in quella particolare situazione.
La ricercazione si rifà ad un tipo di ricerca sociologica, la Handlungsforschung, che può definirsi
come indagine comparativa sulle condizioni e sugli effetti di forme diverse di azione sociale (Lewin,
1968). Le tappe consistono in una ripetizione a spirale di cicli di analisi, ricerca sui fatti,
concettualizzazione, pianificazione, esecuzione, ulteriore ricerca sui fatti o valutazione. Gli scopi
sono:
- Indagare su fatti rilevanti per coloro cui la ricerca si riferisce;
- Ricercare soluzioni o cambiamenti nell’ambito di indagine tramite la collaborazione dei soggetti
indagati.
Con Handlungsforschung ci si riferisce al rapporto esistente tra l’approccio scientifico adottato e le
azioni che da esso scaturiscono.